CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 11 aprile 2012
636.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e XI)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Mercoledì 11 aprile 2012. - Presidenza del presidente della I Commissione Donato BRUNO, indi del vicepresidente della I Commissione Jole SANTELLI. - Interviene il ministro per la pubblica amministrazione e per la semplificazione Filippo Patroni Griffi.

La seduta comincia alle 13.05.

Modifiche agli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, in materia di trattamenti economici erogati a carico delle finanze pubbliche.
C. 4901 Dal Lago e C. 5035 Bressa.

(Esame e rinvio).

Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

Pierluigi MANTINI (UdCpTP), relatore per la I Commissione, premesso che la sua relazione si incentrerà sulla ricostruzione del quadro normativo vigente sulla materia, mentre il relatore per la XI Commissione si soffermerà sulla descrizione delle proposte di legge in esame, ricorda che si tratta di proposte che intervengono su una materia - quella dei trattamenti economici erogati, anche indirettamente, a carico delle finanze pubbliche - interessata negli ultimi anni da più interventi legislativi successivi, non sempre coordinati tra loro.
Da ultimo su questa materia sono intervenuti gli articoli 23-bis e 23-ter del decreto legge n. 201 del 2011, i quali due articoli sono stati successivamente modificati, rispettivamente, dal decreto legge n. 216 del 2011 (cosiddetto «proroga termini») e dal decreto-legge n. 29 del 2012, che è in corso di conversione.
È bene quindi ricordare quale sia il quadro normativo vigente, con riferimento almeno ai citati articoli 23-bis e 23-ter.
L'articolo 23-bis - come modificato dall'ultimo decreto-legge «proroga termini», che ne ha rinviato al 31 maggio 2012 il termine di attuazione - rimette a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l'individuazione di fasce alle quali riportare le società non quotate, direttamente controllate dal Ministero stesso ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile e la determinazione, per ogni fascia, del compenso massimo al quale i consigli di amministrazione di dette società devono fare

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riferimento per la determinazione degli emolumenti da corrispondere, ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile, agli amministratori investiti di particolari cariche.
Il limite ai compensi opera anche per le società non quotate controllate dalle società direttamente controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze in quanto i Consigli di amministrazione di tali società, nella determinazione degli emolumenti degli amministratori investiti di particolari cariche, non potranno superare il limite massimo sancito per le società controllanti.
L'articolo 23-ter prevede invece la definizione del trattamento economico di chiunque riceva emolumenti o retribuzioni dalle pubbliche amministrazioni, rinviando per l'attuazione a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi, previo parere delle Commissioni parlamentari, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
Le Commissioni riunite I e XI hanno esaminato lo schema del decreto in questione a partire dal 14 febbraio scorso, esprimendo, il 29 febbraio scorso, un parere favorevole con premesse molto articolate. Si è quindi in attesa dell'emanazione del decreto, che al momento risulta al relatore essere al vaglio della Corte dei conti.
In base al comma 1 dell'articolo 23-ter la definizione del trattamento economico di chiunque riceva emolumenti o retribuzioni dalle pubbliche amministrazioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, compreso il cosiddetto personale non contrattualizzato, deve essere effettuata adottando come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del Primo presidente della Corte di cassazione.
Le pubbliche amministrazioni che rientrano nel campo di applicazione della norma sono quelle indicate all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 165 del 2001, comprese, come detto, quelle il cui personale non è contrattualizzato ai sensi dell'articolo 3 del medesimo decreto legislativo: non tutte però le pubbliche amministrazioni indicate dal comma richiamato, ma solo quelle statali.
Il comma richiamato stabilisce che per amministrazioni pubbliche si intendono «tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300».
L'articolo 23-ter si applica, pertanto, a quelle tra le amministrazioni anzidette che sono qualificabili come statali, e non a tutte.
Quanto al personale in regime di diritto pubblico, cosiddetto non contrattualizzato - di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001 -, esso è costituito da magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato; personale militare e Forze di polizia di Stato; personale volontario di leva; personale della carriera diplomatica; personale della carriera prefettizia; personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; personale della carriera dirigenziale penitenziaria; professori e ricercatori universitari.
L'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 fa riferimento inoltre anche ai «dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287». Tali materie sono, rispettivamente l'esercizio della funzione creditizia e la materia valutaria;

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l'ordinamento della Commissione nazionale per le società e la borsa, l'identificazione dei soci delle società con azioni quotate in borsa e delle società per azioni esercenti il credito, l'attuazione delle direttive CEE in materia di mercato dei valori mobiliari e la tutela del risparmio; e la tutela della concorrenza e del mercato.
Si tratta quindi delle materie nelle quali operano la Banca d'Italia, la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) e l'Autorità garante per la concorrenza e il mercato.
L'articolo 23-ter specifica poi - al comma 1 - che il trattamento economico cui far riferimento ai fini del tetto deve essere quello onnicomprensivo, cioè comprensivo di tutte le somme comunque erogate all'interessato a carico del medesimo o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti da uno stesso organismo nel corso dell'anno.
Si prevedono disposizioni riguardo alle somme che possono essere corrisposte ai dipendenti delle amministrazioni suddette che siano chiamati a svolgere funzioni direttive, dirigenziali o equiparate, anche in posizione di fuori ruolo o di aspettativa, presso Ministeri o enti pubblici nazionali, comprese le autorità amministrative indipendenti: tali dipendenti - se conservano il trattamento economico riconosciuto dall'amministrazione di appartenenza - non possono ricevere, a titolo di retribuzione, indennità, o anche solo per il rimborso spese, un importo superiore al 25 per cento dell'ammontare complessivo del trattamento economico già percepito.
L'articolo 23-ter prevede poi che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo della disposizione possa prevedere deroghe motivate per le posizioni apicali delle rispettive amministrazioni e fissa un tetto massimo a titolo di rimborso spese. Come i colleghi ricordano, al momento di adottare lo schema di decreto trasmesso alle Camere per il parere il Governo non ha inteso avvalersi di questa possibilità.
Infine, l'articolo 23-ter dispone la destinazione al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato delle risorse annualmente derivanti dall'applicazione della disciplina.
Nel corso della discussione sullo schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri più volte ricordato sono stati evidenziati diversi profili critici della disciplina in questione, dei quali è stato dato conto nelle articolate premesse del parere espresso dalle Commissioni il 29 febbraio scorso.
Innanzitutto, è stato evidenziato un problema in relazione alla platea dei destinatari della misura di taglio delle retribuzioni. L'articolo 23-ter infatti si applica soltanto a una parte delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, vale a dire alle amministrazioni statali, il che rischia di dar luogo ad una ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti chiamati a svolgere prestazioni simili. Per altro verso, la disciplina dell'articolo 23-ter sembra applicabile ad alcune, ma non a tutte le autorità amministrative indipendenti.
Nel parere espresso da queste Commissioni si è fatto espressamente riferimento - anche se solo nelle premesse - alla necessità di modificare l'articolo 23-ter per definirne un ambito di applicazione il più coerente possibile, anche prevedendo che la disciplina da esso recata costituisca indirizzo al quale le Regioni devono conformare il proprio ordinamento.
La proposta di legge C. 5035 si muove appunto in questa direzione. Per contro, nel decreto-legge n. 29 del 2012, in fase di conversione, che reca disposizioni urgenti di integrazione - tra l'altro - della disciplina dell'articolo 23-ter in questione, questa modifica non è prevista.
L'altro profilo critico emerso nel corso del dibattito sullo schema di decreto più volte richiamato è determinato dal fatto che, per come è formulata, la disciplina sui tetti alle retribuzioni - che si applica anche a tutti i trattamenti economici in essere, e non solo quindi a quelli che saranno definiti nelle prossime tornate contrattuali - sembra ledere un principio consolidato dell'ordinamento e della giurisprudenza,

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quello del divieto di reformatio in peius dei trattamenti retributivi, oltre che un principio di tutela del ragionevole e legittimo affidamento del singolo dipendente pubblico nella permanenza delle norme e degli atti, anche contrattuali, che regolano il proprio trattamento economico e la sua progressione.
Infine, è stato fatto presente - in particolare dal deputato Cazzola - che l'introduzione del limite delle retribuzioni pubbliche comporterà molto probabilmente, e forse necessariamente, la «riparametrazione» di tutti i trattamenti, anche di quelli inferiori al limite massimo, determinando un complessivo ridimensionamento degli stipendi di tutti i lavoratori pubblici, fino ai livelli più bassi, il che - oltre ad aggravare oltre modo il problema anzidetto della lesione dell'affidamento del singolo dipendente - comporta una pesante intromissione del potere legislativo all'interno di una materia che nel nostro ordinamento è stata rimessa, di regola, alla determinazione delle parti sociali e all'autonomia contrattuale.

Giuliano CAZZOLA (PdL), relatore per la XI Commissione, nel fare rinvio - per quanto concerne gli aspetti di carattere generale - all'inquadramento sistematico svolto dal relatore per la I Commissione, procede ad illustrare i contenuti delle due proposte di legge abbinate, cercando di evidenziare - quando necessario - le differenze tra i due testi. Sotto questo profilo, ritiene preliminarmente opportuno rilevare che la proposta di legge n. 4901, che è composta di un solo articolo, interviene, con il metodo della novellazione, sugli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, sostituendo interamente il primo e disponendo l'abrogazione del secondo e, pertanto, unificando in un unico contesto normativo la disciplina dei limiti del trattamento economico onnicomprensivo di chiunque riceve a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni; al contrario, la proposta di legge n. 5035, anch'essa di un solo articolo, non interviene sul citato articolo 23-bis, limitandosi ad apportare - sempre con il metodo della novellazione - alcune modifiche all'articolo 23-ter del medesimo decreto-legge n. 201.
Prima di evidenziare le specifiche misure di merito previste dalle due proposte di legge abbinate, ritiene, peraltro, necessario chiarire l'aspetto della platea dei soggetti destinatari delle disposizioni stesse. Fa notare, infatti, che, a differenza della normativa vigente, la proposta di legge n. 4901 stabilisce un regime uniforme in materia di limiti all'erogazione di emolumenti o retribuzioni, a carico delle finanze pubbliche, indipendente dalla natura privatistica o pubblicistica del soggetto erogatore, purché rientrante nella platea dei soggetti conferenti indicata dalla novella recata dall'articolo 1, costituita da: pubbliche amministrazioni statali di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165; agenzie; enti pubblici anche economici; enti di ricerca; università; società non quotate a totale o a prevalente partecipazione pubblica nonché loro controllate; società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo (RAI); testate giornalistiche che beneficiano in forma diretta o indiretta di finanziamenti pubblici.
Osserva poi che concorre a definire l'ambito di applicazione di tale regime un criterio ulteriore rispetto a quello del soggetto erogatore, che risulta dall'indicazione dei seguenti soggetti percettori: magistrati ordinari, amministrativi e contabili; avvocati e procuratori dello Stato; personale della carriera diplomatica; personale della carriera prefettizia; presidenti e componenti di collegi e organi di governo e di controllo di società non quotate; presidenti delle autorità indipendenti; dirigenti pubblici; dirigenti di banche e di istituti di credito disciplinati dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993. Fa presente, quindi, che, rispetto alla proposta di legge n. 5035, che include per espresso richiamo tutto il personale in regime di diritto pubblico cosiddetto «non contrattualizzato», non risultano esplicitamente comprese nella

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disciplina prevista dalla proposta n. 4901 alcune categorie di personale in regime di diritto pubblico, salvo verificarne la riconducibilità alla categoria generica «dirigenti pubblici» indicata nella disposizione (in particolare, si tratta del personale militare e delle Forze di polizia di Stato, del personale volontario di leva, del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del personale della carriera dirigenziale penitenziaria). Inoltre, rileva che, poiché la proposta di legge n. 4901 non include le autorità indipendenti tra i soggetti erogatori indicati nel primo periodo dell'articolo 1, mentre nel secondo periodo menziona, tra i soggetti percettori, solo i presidenti delle stesse autorità, risulta escluso dall'ambito di applicazione dello stesso articolo tutto il personale dipendente delle medesime autorità, salvo quello della Banca d'Italia - nonché della CONSOB e dell'ISVAP - che potrebbe risultare incluso in virtù del rinvio al decreto legislativo n. 385 del 1993, contenuto nel secondo periodo del comma 1. Ancora, osserva che, rispetto alla medesima proposta di legge n. 5035, la proposta di legge n. 4901 non include le regioni, in quanto il riferimento all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è effettuato, per le pubbliche amministrazioni, limitatamente a quelle statali. Segnala che tra i soggetti erogatori, inoltre, solo la proposta di legge n. 4901 menziona le testate giornalistiche che beneficiano in forma diretta o indiretta di finanziamenti pubblici e, tra i soggetti percettori, i dirigenti delle società o aziende che beneficiano in forma diretta o indiretta di interventi pubblici in funzione anticrisi. Nel fare rinvio aglispecifici approfondimenti che la documentazione prodotta dagli uffici effettua per alcune categorie di soggetti, erogatori o percettori, indicati dalla proposta di legge n. 4901, osserva che gli elementi di complessità che emergono da tali approfondimenti richiederanno una riflessione attenta da parte delle Commissioni riunite, laddove si decidesse di compiere la scelta di adottare tale provvedimento come testo base, in quanto occorre assicurare la massima omogeneità dell'ambito di applicazione e, dunque, della platea di soggetti destinatari delle relative norme.
Passando, poi, al regime previsto dalla proposta di legge n. 4901, rileva che essa prevede che il trattamento economico onnicomprensivo di chiunque riceve a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo non possa «superare il trattamento annuo lordo spettante ai membri del Parlamento»: quindi, la proposta di legge adotta un termine di raffronto differente da quello riscontrabile nella legislazione vigente, oltre che nella proposta di legge n. 5035, costituito dal trattamento economico annuale complessivo del Primo Presidente della Corte di cassazione.
Fa notare, peraltro, che, mentre il trattamento economico percepito a titolo di lavoro, per il quale è posto il limite da parte della proposta di legge n. 4901, è definito «onnicomprensivo», tale aggettivo non è ripetuto con riferimento a quello spettante ai membri del Parlamento (tanto che nella relazione illustrativa si afferma l'intenzione di abbassare, per tutte le categorie di soggetti che direttamente o indirettamente gravano sulle finanze pubbliche, «il limite massimo percepibile, rapportandolo allo stipendio dei parlamentari, cioè a 63.000 euro lordi annui»): poiché la ratio della disposizione è quella di porre un limite a trattamenti economici onnicomprensivi, una linea interpretativa coerente sembrerebbe, a suo avviso, essere quella di ritenere che il parametro di riferimento sia quello del trattamento economico onnicomprensivo percepito dagli stessi parlamentari. Osserva che, del resto, il riferimento allo «stipendio» contenuto nella relazione illustrativa non sembra, immediatamente e in senso proprio, riferibile agli emolumenti dei parlamentari che, ferme restando alcune differenze tra Camera e Senato, si compongono di diverse voci, nessuna delle quali costituita da «stipendio». Al contempo, sottolinea che l'importo indicato nella relazione illustrativa della citata proposta di legge n. 4901, cioè 63.000 euro lordi annui, non trova

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riscontro negli importi lordi delle varie voci che compongono il trattamento economico lordo complessivo dei parlamentari.
Passando alla analitica descrizione della proposta di legge n. 5035, rileva - come detto in precedenza - che la modifica del comma 1 dell'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, da essa prospettata, amplia l'ambito dei soggetti pubblici conferenti emolumenti o retribuzioni, rispetto a quello che risulta dalla formulazione del testo vigente: tale novella, come espressamente evidenziato nella relazione illustrativa della proposta di legge, raccoglie un rilievo contenuto nel parere delle Commissioni riunite I e XI della Camera dei deputati sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (n. 439) concernente la definizione del limite massimo del trattamento economico annuo onnicomprensivo per i pubblici dipendenti, che segnalava la necessità di «un intervento correttivo della disciplina recata dall'articolo 23-ter, per definire, al fine di evitare ingiustificate disparità di trattamento, un ambito di applicazione il più coerente possibile, disponendo, altresì, che la disciplina medesima costituisca un indirizzo al quale le regioni devono conformare il proprio ordinamento».
Osserva che, mentre il testo vigente del citato articolo 23-ter prevede che le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, siano solo quelle statali (e quindi le amministrazioni dello Stato nonché quelle ad esse espressamente ricondotte dallo stesso comma 2, cioè gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo), la novella sopprime l'aggettivazione «statali» riferita alle pubbliche amministrazioni, ampliandone la platea, e vi include le autorità indipendenti. Pertanto, rileva che, per effetto della soppressione dell'aggettivo «statali», rispetto al testo vigente il limite del trattamento economico è esteso a tutti i soggetti indicati nella citata disposizione di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ovvero regioni, province, comuni, comunità montane, e loro consorzi e associazioni, istituzioni universitarie, istituti autonomi case popolari, camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, amministrazioni, aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale, agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), agenzie di cui al decreto legislativo n. 300 del 1999, CONI, fino a che non sarà effettuata la revisione organica della disciplina di settore. Con specifico riferimento alle Agenzie fiscali e all'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, segnala, peraltro, che l'intervento inclusivo effettuato dalla disposizione in esame trova un precedente, sia pur non formulato in termini espressi, nell'articolo 35, comma 6, del decreto legge n. 1 del 2012, che stabilisce, per i dirigenti di tali enti, una disposizione derogatoria al regime generale di blocco del trattamento economico fino al 2013.
Come in precedenza evidenziato, fa presente che la proposta di legge n. 5035 mantiene, altresì, fermo il parametro di riferimento del trattamento del Primo presidente della Corte di cassazione, sostituito, invece, dalla proposta di legge n. 4901, con il trattamento annuo lordo dei componenti del Parlamento; è, altresì, mantenuto fermo, come nella proposta di legge n. 4901, il riferimento della normativa vigente al «trattamento economico onnicomprensivo», che, negli stessi testi, assume la sostanza di «emolumenti o retribuzioni». Segnala, inoltre, che il nuovo comma 2 dell'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201, come modificato dalla proposta di legge n. 5035, introduce novelle dirette a: uniformare la platea dei soggetti pubblici conferenti; ampliare le somme che possono essere corrisposte ai dipendenti dei suddetti soggetti pubblici che siano chiamati a svolgere funzioni direttive, dirigenziali o equiparate, anche in posizione di fuori ruolo o di aspettativa,

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presso autorità e pubbliche amministrazioni; introdurre una disposizione di garanzia del trattamento economico onnicomprensivo dei titolari e degli altri addetti degli uffici di diretta collaborazione, qualora siano interni all'amministrazione, in base alla quale il relativo importo deve comunque risultare non inferiore a quello che percepirebbero in applicazione delle disposizioni di legge o di contratto che ne determinano, in via ordinaria, la disciplina retributiva.
Rileva, infine, che la proposta di legge introduce al citato articolo 23-ter un nuovo comma 4-bis, che prevede che le regioni adeguano i propri ordinamenti alle norme contenute nell'articolo. Al riguardo, fa notare che l'organizzazione degli uffici regionali e degli enti pubblici regionali costituisce materia di competenza delle regioni ai sensi dell'articolo 117, comma quarto, della Costituzione, cioè residuale: la giurisprudenza costante della Corte costituzionale riconduce a tali materie la disciplina delle modalità di accesso all'impiego, spettando alla competenza legislativa esclusiva dello Stato disciplinare gli ambiti privatizzati del rapporto di lavoro pubblico in quanto riconducibili alla materia «ordinamento civile». Rileva, peraltro, che le esigenze di uniformità che emergono dalla giurisprudenza non escludono che specifici aspetti del rapporto di impiego, disciplinati dalla legge statale, non siano applicabili, e quindi vincolanti, anche per le regioni: uno di questi aspetti, ad esempio, attiene al trattamento economico dei dirigenti, disciplinato dall'articolo 24 del decreto legislativo n. 165.
In conclusione, ritiene che le proposte di legge abbinate intervengano su argomenti di assoluto rilievo, che le Commissioni riunite dovranno approfondire con la necessaria attenzione, per assicurare che un intervento normativo sulla materia possa essere immune da eventuali censure di illegittimità e possa esplicare i propri effetti in maniera certa ed efficace, tenendo conto anche delle considerazioni di natura costituzionale e ordinamentale svolte puntualmente dal relatore per la I Commissione, nel cui ambito si inquadrano quelle svolte nella propria relazione. Prima di procedere, dunque, alla scelta di un eventuale testo da adottare come testo base o alla possibile unificazione dei due provvedimenti abbinati, giudica essenziale che il dibattito di carattere generale si svolga in modo da consentire ai relatori di acquisire ogni possibile elemento di riflessione su una materia che presenta - come già visto nel corso dell'esame dello schema di decreto attuativo delle disposizioni di cui al più volte citato articolo 23-ter - una serie di problematiche di estrema delicatezza.

Il ministro Filippo PATRONI GRIFFI si riserva di intervenire eventualmente in sede di replica.

Jole SANTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.35.