CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 28 febbraio 2012
613.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
COMUNICATO
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AUDIZIONI INFORMALI

Martedì 28 febbraio 2012.

Audizione di rappresentanti di R.ETE. Imprese Italia, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 55 Realacci e C. 3271 Bratti recanti «Istituzione del Sistema nazionale delle agenzie ambientali e disciplina dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici».

L'audizione informale è stata svolta dalle 12.40 alle 13.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 28 febbraio 2012. - Presidenza del presidente Angelo ALESSANDRI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare Tullio Fanelli.

La seduta comincia alle 14.10.

Decreto-legge 5/2012: Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo.
C. 4940 Governo.
(Parere alle Commissioni I e X).
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 23 febbraio 2012.

Salvatore MARGIOTTA (PD) esprime, a nome del suo gruppo, un giudizio complessivamente

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positivo sul decreto-legge in esame, che contiene una serie coerente di misure dirette a rendere più agevole l'attività delle imprese e dei cittadini e a dare all'Italia un'economia più competitiva e più forte. Ciò nondimeno, ritiene che nel provvedimento non manchino disposizioni che andrebbero meglio ponderate e, in alcuni casi, corrette. In tal senso, annuncia che il Partito Democratico presenterà un contenuto numero di emendamenti allo scopo di migliorare il testo emanato dal Governo.
In particolare, ritiene che, al fine di dare nuovo impulso al mercato immobiliare, andrebbe rafforzata la norma che consente il trasferimento della proprietà dei parcheggi pertinenziali realizzati su aree private separatamente dall'unità immobiliare di cui sono pertinenza. Allo stesso tempo, esprime un giudizio molto positivo sulla introduzione della disciplina relativa alla banca dati nazionale dei contratti pubblici e, pur ritenendo che il testo sia migliorabile in alcuni punti, esprime la convinzione che l'attivazione di tale strumento comporterà significative semplificazioni procedurali a favore delle imprese e altrettanto significativi snellimenti procedurali e maggiore trasparenza nell'attività delle pubbliche amministrazioni.
Qualche perplessità, invece, destano, a suo avviso, le norme contenute dell'articolo 53 sulla modernizzazione del patrimonio immobiliare scolastico e sull'approvazione del relativo «Piano nazionale di edilizia scolastica», laddove esse appaiono di difficile attuazione nei ristretti tempi stabiliti e, soprattutto, nella parte in cui non prevedono un adeguato coinvolgimento degli enti territoriali ai fini della definizione dei piani di dimensionamento degli interventi programmati.
Allo stesso tempo, per quanto riguarda il complesso delle misure di semplificazione in materia ambientale, esprime una valutazione articolata, ritenendo che nel complesso le misure contenute nel provvedimento in esame siano apprezzabili ma non quando incidono sull'effettività dei controlli e sulla capacità degli organi pubblici di vigilare sul rispetto delle norme poste a tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini.
Al riguardo, in via esemplificativa, cita il caso relativo all'emanazione del regolamento di delegificazione della disciplina dell'autorizzazione unica ambientale per lo svolgimento delle attività delle piccole e medie imprese, che esclude ogni possibilità per le Commissioni parlamentari di intervenire su tale materia, nonché quello relativo alla prevista eliminazione della competenza del Ministero dell'ambiente in tema di rilascio delle autorizzazioni relative alla realizzazione e alle attività che si possono svolgere sulle cosiddette piattaforme off-shore.

Elisabetta ZAMPARUTTI (PD) fa notare come il decreto legge in esame presenti alcuni punti di criticità nella parte relativa alle semplificazioni in materia ambientale. In particolare richiama l'attenzione sull'articolo 10 relativo ai parcheggi pertinenziali, esprimendo un giudizio contrario in merito, visto che la liberalizzazione in tale ambito rischia di nuocere sia ai comuni in relazione alla programmazione del traffico sia ai singoli cittadini relativamente alla possibilità di poter usufruire di parcheggi. Ritiene infatti che la norma sottenda la volontà di sanare un serie di contratti che sono stati sottoscritti in violazione delle diverse normative succedutesi nel tempo a fronte di una costante giurisprudenza che ha sempre ritenuto che i parcheggi debbano essere pertinenza di un'abitazione.
Con riferimento all'articolo 14 relativo alla semplificazione dei controlli sulle imprese, fa presente come andrebbe prevista anche l'esenzione della normativa ivi contemplata per i controlli ambientali, in relazione ai quali fa presente la pericolosità dell'introduzione della «collaborazione amichevole» di cui parla l'articolo 14.
Infine esprime criticità sull'articolo 24 nella parte in cui prevede il mantenimento dell'efficacia dei titoli abilitativi alla ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi

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liquidi e gassosi in mare rilasciati alla data del 26 agosto 2010, anche ai fini della proroga dei titoli medesimi.

Ermete REALACCI (PD) sottolinea l'esigenza che, in sede di predisposizione del prescritto parere, la Commissione colga l'occasione per esprimere un giudizio ponderato e consapevole su un provvedimento che presenta numerose criticità. In particolare, sottolinea come fatto grave e negativo che si intervenga con un cosiddetto «decreto omnibus» su materie fondamentali - anche sotto il profilo di un corretto ed efficace svolgimento delle funzioni parlamentari che sono proprie della VIII Commissione -, come ad esempio quelle relative alla disciplina delle autorizzazioni e dei controlli ambientali, o anche quella delle autorizzazioni per la costruzione delle piattaforme off shore, menomando in modo grave ogni possibilità e capacità d'intervento reale della VIII Commissione nell'istruttoria legislativa.
Ugualmente grave, a suo avviso, è da considerare il fatto della estromissione degli organi parlamentari, attraverso la previsione di una norma di delegificazione, da ogni attività relativa alla regolazione e alla disciplina delle autorizzazioni ambientali per lo svolgimento delle attività delle piccole e medie imprese.
Chiede, per questo, al relatore che nella proposta di parere tali questioni che attengono al ruolo e alle funzioni della Commissione siano evidenziate con il dovuto risalto.
Allo stesso modo, chiede che nel citato parere della Commissione siano inserite specifiche condizioni dirette ad evidenziare le incongruenze e le approssimazioni contenute in norme come quelle che dettano i principi ai quali deve ispirarsi l'attività delle pubbliche amministrazioni in materia di controlli sulle imprese, ovvero a denunciare i rischi derivanti dall'introduzione di norme come quelle che escludono i controlli ambientali per le imprese dotate di sistemi di qualificazione di carattere volontario.

Sergio Michele PIFFARI (IdV), dopo avere evidenziato come lo snellimento burocratico sia da considerare uno dei possibili rimedi alla scarsa competitività del Paese, al quale andrebbe sicuramente aggiunto quello rappresentato dalla riduzione dei soggetti coinvolti nei procedimenti amministrativi, esprime apprezzamento per il provvedimento in esame che si muove nella giusta direzione ai fini di un rilancio economico dell'Italia.

Tino IANNUZZI (PD), pur esprimendo un giudizio complessivamente positivo sulle finalità del provvedimento in questione e sul complesso delle misure in esso contenuto, ritiene che le osservazioni critiche svolte dai colleghi Margiotta e Realacci siano ampiamente condivisibili e testimoniano la necessità di apportare significativi miglioramenti al testo in esame.
Si sofferma, quindi, sulle disposizioni che recano misure di semplificazione in materia di appalti pubblici, esprimendo, anzitutto, il proprio rammarico per il fatto che il Governo ha rinunciato a presentare e a discutere in Parlamento, in un dialogo costruttivo e serrato con le Commissioni parlamentari competenti, un provvedimento omogeneo di revisione organica della normativa sugli appalti pubblici ed ha ancora una volta preferito inserire modifiche puntuali e disorganiche alla disciplina normativa vigente, che rischiano di avere un impatto negativo - in termini di stabilità e chiarezza normativa - sull'attività degli operatori del mercato e delle pubbliche amministrazioni.
Svolge, quindi, alcune osservazioni critiche sul contenuto di specifiche misure, soffermandosi in particolare su quelle che consentono alle stazioni appaltanti di ampliare l'elenco dei requisiti economico-finanziari o tecnico -organizzativi richiesti per la partecipazione alle gare d'appalto, anche al di là di quelli di cui è prevista l'inclusione nella citata banca dati dei contratti pubblici. A suo avviso, infatti, tali norme risultano in aperta contraddizione con il principio di tassatività delle

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cause di esclusione dalle gare d'appalto, oltre a portare con sé il rischio, non meno grave, di allungamento dei tempi delle procedure o di comportamenti poco trasparenti da parte delle stazioni appaltanti.
Allo stesso modo, esprime perplessità sul contenuto delle norme, già evidenziate dal collega Margiotta, sull'approvazione del «Piano nazionale di edilizia scolastica», giacché a suo avviso più che di nuovi strumenti programmatori, c'è bisogno prima di tutto di indicare e reperire risorse adeguate alle effettive esigenze del settore. Inoltre, destano a suo avviso perplessità le disposizioni che consentono la permuta di beni immobili di proprietà pubblica a uso scolastico suscettibili di valorizzazione e dismissione in favore di soggetti pubblici o privati, senza mantenimento del vincolo di destinazione pubblica, con immobili già esistenti o da edificare e da destinare a nuove scuole.
Conclude, quindi, ribadendo la necessità che la Commissione rivendichi con forza di fronte al Governo il proprio diritto-dovere di interloquire in modo approfondito e incisivo, nelle materie di propria competenza, ai fini della predisposizione dei testi di legge, non essendo accettabile che essa venga, di fatto, posta ai margini di un dibattito che, anche per il contenuto disomogeneo e disorganico del provvedimento in esame, si svolge in altre sedi e con interlocutori diversi dalle Commissioni competenti per materia.

Alessio BONCIANI (UdCpTP), relatore, nel ricordare che le Commissioni di merito esamineranno nella giornata di domani gli emendamenti presentati trasmettendo successivamente alle Commissioni competenti in sede consultiva il testo come eventualmente modificato sul quale quindi la Commissione si pronuncerà nella seduta di giovedì, si impegna a valutare attentamente i rilievi evidenziati nel corso del dibattito odierno.

Angelo ALESSANDRI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione internazionale per il controllo dei sistemi antivegetativi nocivi applicati sulle navi, con allegati fatti a Londra il 5 ottobre 2001, e sua esecuzione.
C. 4945 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Alessio BONCIANI (UdCpTP), relatore, fa presente che la Commissione è chiamata ad esprimere il parere alla III Commissione sul disegno di legge C. 4945, recante Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione internazionale per il controllo dei sistemi antivegetativi nocivi applicati sulle navi (Convenzione AFS), con allegati fatti a Londra il 5 ottobre 2001, e sua esecuzione.
Al riguardo, osserva, anzitutto, che si tratta di un provvedimento di sicuro interesse per la VIII Commissione, grazie al quale l'Italia si conferma fra i Paesi che più hanno a cuore la tutela dell'ambiente marino. La ratifica della Convenzione AFS costituisce, inoltre, un piccolo ma significativo passo verso la costruzione di un moderno sistema dei trasporti che sempre più pone l'obiettivo della sostenibilità ambientale, accanto a quelli della sostenibilità economica e sociale.
Passa, quindi, all'illustrazione del provvedimento in esame, precisando anzitutto che il conseguimento dell'obiettivo della Convenzione AFS, che è quello di prevenire e limitare i danni all'ambiente marino provocati dall'utilizzo delle sostanze antivegetative, è perseguito attraverso il divieto dell'utilizzo di sistemi anti-incrostazione o antivegetativi a base di composti organostannici (a base di stagno) contenuti, in particolare, nelle vernici a base di tributile (TBT).
Come dimostrato dai risultati di studi e ricerche ormai generalmente accettati, tali vernici antivegetative persistono nell'acqua costituendo una seria e grave minaccia per la vita marina e l'ambiente in generale.

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Detto questo, ricorda, inoltre, che il termine di entrata in vigore della Convenzione AFS era stato fissato ad un anno dalla ratifica di 25 Stati che rappresentassero il 25 per cento del tonnellaggio mondiale. Sulla base di tale previsione, la Convenzione AFS è entrata in vigore il 17 settembre 2008 e, al 30 settembre 2010, erano 48 gli Stati che avevano depositato gli strumenti di ratifica della Convenzione stessa.
Aggiunge, infine, che alla medesima data del 30 settembre 2010, i Paesi dell'UE che avevano ratificato la Convenzione erano i seguenti 20: Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia, Regno Unito.
Viene, quindi, al contenuto specifico della Convenzione, rilevando anzitutto che essa si compone di 21 articoli e 4 Allegati.
Particolare rilievo assume l'articolo 1, in base al quale gli Stati Parte si impegnano a ridurre o a eliminare tali effetti negativi sull'ambiente marino e sulla salute umana e ad incoraggiare il continuo sviluppo di sistemi anti-vegetativi efficaci e sicuri dal punto di vista ambientale. Gli Stati Parte inoltre, si impegnano a cooperare al fine di garantire una efficace messa in opera, l'osservanza e applicazione effettiva della Convenzione.
In base al successivo articolo 3, la Convenzione si applica alle navi che battono la bandiera di uno Stato Parte o che operano sotto la sua autorità e alle navi che, non rientrando in queste tipologie, entrano in un porto, in un cantiere o in un terminale offshore di uno Stato Parte.
L'articolo 4 prescrive che ciascuna Parte sia tenuta sia tenuta a proibire e/o limitare l'applicazione, riapplicazione, installazione o uso di sistemi antivegetativi nocivi - come indicati dall'Allegato 1 - sulle proprie navi e sulle navi degli Stati che non sono Parte della Convenzione quando si trovino nei loro porti, cantieri o terminali offshore.
Le eventuali nuove misure di controllo stabilite per altri sistemi anti-vegetativi dovranno essere applicate sulle navi dal momento del rinnovo del sistema antivegetativo in uso, ma comunque non oltre 60 mesi dalla sua precedente applicazione a meno che il Comitato per la Protezione dell'Ambiente Marino (MEPC) dell'Organizzazione marittima internazionale delle Nazioni Unite (IMO) non disponga altrimenti.
Gli Stati Parte hanno altresì l'obbligo, ai sensi dell'articolo 5, di imporre sul proprio territorio che la raccolta, la movimentazione, il trattamento e lo smaltimento dei residui derivanti dall'applicazione o dalla rimozione dei sistemi anti-vegetativi nocivi considerati dall'Allegato 1 avvenga in maniera ambientalmente sicura e compatibile, tenendo conto delle regole e standard internazionali applicabili.
Ricorda, inoltre, che gli Stati Parte, ai sensi dell'articolo 8, sono tenuti a promuovere e facilitare la ricerca tecnico-scientifica e il monitoraggio degli effetti dei sistemi anti-vegetativi nonché la disponibilità, su richiesta di altri Stati Parte, delle informazioni relative.
La Convenzione disciplina altresì le ispezioni sulle navi e la rilevazione delle violazioni. Le ispezioni delle navi possono avvenire, ai sensi dell'articolo 11, in qualsiasi porto, cantiere navale o terminale off-shore di una Parte. L'Amministrazione da cui dipende la nave ha l'obbligo di istituire un sistema di divieti e sanzioni per le violazioni della Convenzione - del sistema sanzionatorio nazionale dirò più avanti - che sia adeguatamente severo da avere un effetto deterrente. Sull'Amministrazione grava, inoltre, ai sensi dell'articolo 12, l'obbligo di condurre indagini sulla violazione che sia stata riportata da una Parte e, in caso dell'avvio di un procedimento e della comminazione di sanzioni, di informarne la Parte stessa nonché l'IMO.
Le procedure di modifica della Convenzione - attraverso un percorso «interno» all'IMO, o attraverso una conferenza internazionale ad hoc - sono disciplinate dall'articolo 16, mentre l'articolo 17

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specifica le modalità per la ratifica, l'accettazione, l'approvazione o l'adesione della Convenzione.
Quanto al contenuto del disegno di legge di ratifica, fa presente che è composto da sei articoli.
Gli articoli 1 e 2 contengono le disposizioni riguardanti, rispettivamente, l'autorizzazione all'adesione e l'ordine di esecuzione.
L'articolo 3 affida, quindi, la responsabilità delle ispezioni e dei controlli previsti dagli articoli 10 e 11 della Convenzione, nonché del rilascio dei certificati, ai Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministero delle infrastrutture e trasporti, che provvedono attraverso organismi di classifica riconosciuti dall'Italia e tramite il Corpo delle capitanerie di porto - Guardia Costiera.
L'articolo 4 reca, invece, le sanzioni relative alle violazioni delle disposizioni contenute nella Convenzione.
In particolare, il comma 1 prevede la pena dell'arresto da due mesi a due anni o dell'ammenda da 1.500 a 15.000 euro per il comandante di una nave che applichi, riapplichi, installi o utilizzi sistemi di pulizia nocivi in violazione dell'articolo 4 della Convenzione e dell'Allegato 1 della medesima, nonché dell'articolo 4 del Regolamento (CE) n. 782 del 2003 del Parlamento europeo e del Consiglio. Il comma 2 prevede la medesima sanzione per il proprietario e l'armatore della nave nel caso abbiano concorso alla violazione di cui al comma 1. Il comma 3 precisa che, per il comandante di nazionalità italiana della nave, la condanna per il reato di cui al comma 1 comporta la sospensione del titolo professionale, la cui durata viene determinata ai sensi di quanto previsto dall'articolo 1083 del Codice della navigazione. Il comma 4 inibisce l'attracco a porti italiani ai comandanti di navi di nazionalità non italiana che abbiano subito condanne in relazione al reato di cui al comma 1. Tale sanzione è determinata, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per un periodo variabile commisurato alla gravità del reato commesso ed alla pena inflitta. Il comma 5 dispone l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 1186 del Codice della navigazione alle visite e alle ispezioni delle navi previste dall'articolo 11 della Convenzione. Il comma 6 prevede, infine, l'applicazione dell'articolo 1193 del Codice della navigazione nell'ipotesi di rilascio di un certificato internazionale del sistema antivegetativi nocivi applicati sulle navi, di cui all'Allegato 4 della Convenzione.
L'articolo 5 reca invece le disposizioni relative alla copertura degli oneri finanziari derivanti dall'Adesione alla Convenzione. Si tratta, peraltro di oneri assai modesti ammontanti ad una spesa annua di 7.740 euro, a decorrere dal 2012, che, come precisato nella relazione tecnica allegata al provvedimento, sono necessari a garantire la partecipazione almeno due volte all'anno di dirigenti e di funzionari del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alle riunioni del MEPC ed in particolar modo alle riunioni dei gruppi tecnici previsti dalla Convenzione.
Conclude, quindi, ribadendo il giudizio positivo sul provvedimento in esame e sottolineando il fatto che esso testimonia concretamente la possibilità di adottare politiche pubbliche capaci di coniugare i temi e i valori della tutela dell'ambiente e della sostenibilità ambientale delle attività umane con quelli del miglioramento della qualità dei prodotti e dello sviluppo dell'innovazione e delle ricerca in campo industriale.
La Convenzione è stata, infatti, un passo decisivo - dopo le campagne ambientaliste contro l'uso di vernici antivegetative a base di tributile (TBT) - anche per spronare l'industria chimica a sperimentare nuove soluzioni ed oggi essa è in grado di produrre sistemi vegetativi alternativi capaci di garantire, insieme, sostenibilità ambientale e qualità ed efficacia dei prodotti per il trasporto marittimo.

Angelo ALESSANDRI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.40.

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SEDE REFERENTE

Martedì 28 febbraio 2012. - Presidenza del presidente Angelo ALESSANDRI.

La seduta comincia alle 14.40

Decreto-legge 2/2012: Misure straordinarie e urgenti in materia ambientale.
C. 4999 Governo, approvato dal Senato.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Tommaso FOTI (PdL), relatore, rileva che il decreto-legge all'esame della Commissione, già approvato dal Senato, reca misure straordinarie e urgenti in materia ambientale ed originariamente affrontava tre temi: la disciplina relativa alla gestioni dei rifiuti in Campania, l'introduzione, a regime, del divieto di commercializzazione di shopper non biodegradabili previsto dalla legge finanziaria per il 2007; l'esclusione dei materiali di riporto dall'applicazione della normativa sui rifiuti per accelerare il processo di infrastrutturazione del Paese.
Il testo approvato dal Consiglio dei Ministri era composto di quattro articoli. Nel corso dell'esame al Senato sono stati introdotti otto nuovi articoli e ne sono stati modificati tre. Le modifiche introdotte riguardano principalmente disposizioni aggiuntive, ad esempio, in tema di smaltimento tramite termovalorizzatore della frazione secca dei rifiuti in Campania, di snellimento delle attività di gestione dei rifiuti degli imprenditori agricoli e di recupero dei materiali vegetali agricoli e forestali, di semplificazione delle procedure autorizzative per i piccoli impianti di compostaggio, di promozione del recupero dei rifiuti inerti e di sviluppo degli acquisti verdi.
Venendo, quindi, al contenuto del provvedimento all'attenzione della Commissione, fa preliminarmente presente che l'articolo 1, nel solco dei decreti-legge emanati in questa legislatura dal precedente Governo per fronteggiare e superare la cronica situazione emergenziale relativa alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti nel territorio della regione Campania, modifica diverse disposizioni contenute negli stessi. Scopo condivisibile di tali modifiche è quello di ricondurre finalmente la situazione ad una gestione ordinaria, con la progressiva riassegnazione delle competenze alle autorità locali, ma all'interno di un quadro di riferimento normativo nazionale che appare ancora necessario (ivi compresa la proroga della gestione commissariale), soprattutto allo scopo di conseguire l'obiettivo strategico dell'approntamento di un adeguato ed efficiente sistema impiantistico per la gestione dei rifiuti in quella regione.
In particolare l'articolo 1, commi da 1 a 3, reca misure volte a fronteggiare la situazione di criticità nella gestione dei rifiuti nella regione Campania e misure che riguardano la realizzazione di impianti di digestione anaerobica della frazione organica derivante dai rifiuti presso gli impianti STIR o in altre aree confinanti, nonché il potenziamento delle funzioni dei commissari straordinari regionali per la realizzazione delle discariche; la possibilità di aumentare la capacità ricettiva degli impianti di compostaggio nazionali.
Più precisamente, la norma prevista al comma 1, che autorizza la realizzazione dei previsti impianti di digestione anaerobica della frazione organica derivante dai rifiuti nelle aree di pertinenza degli impianti STIR - ovvero, in presenza di comprovati motivi di natura tecnica, in altre aree confinanti -, ripropone, ampliandola, quanto disposto dalla normativa previgente, specificando, tuttavia, che la sua finalità è di garantire la complementare dotazione impiantistica ai processi di lavorazione effettuati negli stessi STIR.
Osserva, al riguardo, che, secondo quanto rilevato nella relazione illustrativa del provvedimento in esame, «in questo modo, sarà possibile consentire lo smaltimento tramite termovalorizzatore della

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parte secca dei rifiuti ottenuta mediante gli impianti di digestione anaerobica della frazione organica realizzati in prossimità degli STIR». Tale intervento si inquadra, sempre secondo la relazione, fra le «soluzioni in grado di alleggerire la situazione degli STIR campani che verrebbero così posti nelle condizioni di miglior operatività».
Il successivo comma 2 dell'articolo 1 in commento modifica, invece, in più punti l'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 196 del 2010, che riguardava la nomina da parte del presidente della regione Campania di commissari straordinari per la realizzazione di discariche, nonché di impianti di smaltimento dei rifiuti, e disciplina funzioni e poteri dei commissari medesimi.
In particolare, la lettera a) del comma 2 in esame dispone il prolungamento da 12 a 24 mesi del mandato dei commissari straordinari. La lettera b) dispone, l'ampliamento dei poteri e dei compiti di tali commissari straordinari, in particolare prevedendo: la possibilità di espropriare (e non solo di individuare, come invece previsto dal testo previgente) ulteriori aree, anche fra cave abbandonate o dismesse, per realizzarvi siti da destinare a discarica; assegnando ai commissari il compito di provvedere alla conseguente attivazione (delle discariche) ed allo svolgimento di tutte le attività finalizzate ai compiti predetti (individuazione, espropriazione ed attivazione dei siti da destinare a discarica); assegnando agli stessi il potere di provvedere ai compiti affidati dalla norma, anche esercitando in via sostitutiva le funzioni attribuite in materia alle province e ai comuni interessati ed in deroga agli strumenti urbanistici vigenti nonché operando con i poteri di cui all'articolo 2, commi 1, 2, 3 e potendosi avvalere delle deroghe di cui all'articolo 18 del decreto-legge n. 90 del 2008, ferme restando le procedure di aggiudicazione di cui al primo periodo del comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 196 del 2010 (che prevede l'aggiudicazione mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara ai sensi dell'articolo 57 del decreto legislativo n. 163 del 2006), con oneri a carico dell'aggiudicatario. La lettera c) prevede, poi, che la procedura per il rilascio dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale) per la realizzazione degli impianti contemplati dal comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 196 del 2010 (vale a dire discariche e impianti di trattamento o di smaltimento dei rifiuti nella regione Campania) sia coordinata nell'ambito del procedimento di VIA (valutazione dell'impatto ambientale) e il provvedimento finale sostituisca anche l'autorizzazione integrata. La lettera d) infine, modificando il comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 196 del 2010, chiarisce che la norma attribuisce a tutti i commissari previsti da tale comma lo svolgimento in luogo del Presidente della Regione delle funzioni già attribuite al Sottosegretario di Stato istituito con il citato decreto-legge n. 90 del 2008.
Il comma 3 dell'articolo in esame proroga, quindi, dal 31 dicembre 2011 al 31 dicembre 2013 il termine entro il quale, nelle more del completamento degli impianti di compostaggio nella regione Campania, e per le esigenze della regione stessa, gli analoghi impianti in esercizio sul territorio nazionale possono aumentare la propria autorizzata capacità ricettiva e di trattamento sino all'8 per cento.
Da ultimo, segnala che durante l'esame al Senato è stato soppresso il comma 4, recante l'autorizzazione all'utilizzo da parte della regione Campania delle risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale, per l'acquisto del termovalorizzatore di Acerra ai sensi del sopra citato decreto-legge n. 195 del 2009 e il trasferimento alla stessa regione delle risorse necessarie. In proposito, faccio presente che, durante l'esame al Senato, è stata altresì introdotta la norma (comma 4 dell'articolo 1-quater del provvedimento in esame) che proroga al 30 giugno 2012 il termine per il trasferimento della proprietà del termovalorizzatore di Acerra.
I successivi commi 3-bis e 3-ter dell'articolo 1 del decreto-legge in esame dettano invece disposizioni relative al Programma

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nazionale di prevenzione dei rifiuti ed alle relazioni al Parlamento sulla gestione dei rifiuti su tutto il territorio nazionale. In particolare, la lettera a) del comma 3-bis anticipa, dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2012 il termine previsto dal Codice ambientale per l'elaborazione, da parte del Ministero dell'ambiente, di un Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti e delle indicazioni affinché tale programma sia integrato nei piani regionali di gestione dei rifiuti. La successiva lettera b) prevede, inoltre, a decorrere dal 2013, la presentazione alle Camere, da parte del Ministero dell'ambiente, di una relazione annuale recante l'aggiornamento del Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti e contenente anche l'indicazione dei risultati raggiunti e delle eventuali criticità registrate nel perseguimento degli obiettivi di prevenzione dei rifiuti.
Il successivo comma 3-ter prevede, inoltre, al fine di attuare pienamente le norme del Codice ambientale e di prevenire il determinarsi di nuove situazioni di emergenza nel territorio nazionale, la presentazione alle Camere, da parte del Ministero dell'ambiente (sentita la Conferenza unificata), di una relazione annuale sulla gestione dei rifiuti, recante l'indicazione: dei dati relativi alla gestione e alla connessa dotazione impiantistica nelle varie aree del territorio nazionale; dei risultati ottenuti nel conseguimento degli obiettivi prescritti dalla normativa nazionale e comunitaria; delle eventuali situazioni di criticità e delle misure atte a fronteggiarle.
L'articolo 1-bis del provvedimento, introdotto durante l'esame del provvedimento al Senato, reca quindi, al comma 1, una serie di novelle agli articoli 183 e 185 del Codice ambientale che perseguono l'obiettivo di restringere l'ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti al fine precipuo di agevolare lo svolgimento delle attività agricole ed il riutilizzo di materiali vegetali agricoli e forestali. In particolare, la lettera a) del comma 1 introduce la lettera ff-bis) al comma 1 dell'articolo 183 del Codice ambientale, recante la definizione di «digestato da non rifiuto», inteso come prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di prodotti o di sottoprodotti di cui all'articolo 184-bis che sia utilizzabile come ammendante ai sensi della normativa vigente in materia. La lettera b) del comma 1 novella la lettera f) del comma 1 dell'articolo 185 del Codice ambientale al fine di escludere, dall'applicazione della disciplina sui rifiuti di cui alla parte quarta del Codice stesso, gli sfalci e le potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico e privato, che saranno utilizzati per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggino l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana, a condizione che siano configurabili come sottoprodotti ai sensi dell'articolo 184-bis del medesimo decreto. Al riguardo, evidenzia che tale disposizione è pressoché identica a quella contenuta nell'articolo 1 della proposta di legge n. 4240, approvata in prima lettura dalla Camera nella seduta del 16 febbraio 2012. La lettera c) del comma 1 novella la lettera b) del comma 2 dell'articolo 185 del Codice ambientale relativo alle esclusioni dall'ambito di applicazione della normativa sui rifiuti. La novella in esame prevede un'ulteriore condizione all'eccezione prevista dalla lettera b) del comma 2 dell'articolo 185, che incide sulla destinazione del digestato o del compost ottenuti. In base a tale novella, quindi, i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002 e destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio, rientrano nel novero dei rifiuti quando il digestato o il compost prodotti non sono destinati all'utilizzazione agronomica nell'ambito di una o più aziende agricole consorziate che ospitano l'impianto. Sono invece esclusi dall'ambito di applicazione della disciplina dei rifiuti ad opera dalla lettera f) del comma 1 qualora destinati all'utilizzazione agronomica nell'ambito di una o più aziende agricole consorziate che ospitano l'impianto. La norma in esame di fatto esclude dal novero dei rifiuti i sottoprodotti derivanti dagli scarti di origine animali che vengono compostati o digestati

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per essere utilizzati dalla medesima azienda, in quanto per tali prodotti non ricorre la definizione di rifiuto che prevede la volontà del detentore di disfarsene. La lettera d) del comma 1 reca una modifica formale che consente di adeguare il riferimento normativo richiamato dalla lettera c) del comma 2 dell'articolo 185 del Codice ambientale, tenendo conto dell'avvenuta approvazione del regolamento (CE) n. 1069/2009.
Il comma 2 dell'articolo interviene, quindi, sulla disciplina dei trasporti di rifiuti pericolosi e non pericolosi effettuati dagli imprenditori agricoli con una serie di disposizioni aventi l'obiettivo di semplificare gli adempimenti per tali operatori. In particolare, la lettera a) del comma 2 novella il comma 9 dell'articolo 39 del decreto legislativo n. 205 del 2010 (decreto correttivo del Codice ambientale) al fine di prevedere in via definitiva (e non, come previsto dal testo vigente, in via transitoria fino al 2 luglio 2012) l'esclusione dal SISTRI per gli imprenditori agricoli che producono e trasportano ad una piattaforma di conferimento, oppure che conferiscono ad un circuito organizzato di raccolta, i propri rifiuti pericolosi in modo occasionale e saltuario. Le successive lettere b) e c) provvedono inoltre a triplicare (elevandola a 300 kg. o litri) la soglia annua contemplata dalle lettere a) e b) del medesimo comma 9 dell'articolo 39 per poter considerare i citati trasporti e conferimenti come occasionali e saltuari. La lettera d) del comma 2 in esame introduce, inoltre, un comma 9-bis all'articolo 39 del citato decreto legislativo n. 205 del 2010 finalizzato a stabilire che i trasporti di rifiuti pericolosi e non pericolosi di propria produzione effettuati direttamente dagli imprenditori agricoli professionali verso i circuiti organizzati di raccolta e le piattaforme di conferimento non sono considerati svolti a titolo professionale, nonché ad esonerare, conseguentemente, gli stessi imprenditori agricoli dall'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali.
Il comma 3 introduce, quindi, una disciplina speciale, applicabile nelle isole con popolazione residente inferiore a 15 mila abitanti, secondo la quale alcuni materiali agricoli (paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso) possono, nei limiti delle loro proprietà fertilizzanti scientificamente riconosciute, essere utilizzate, presso il luogo di produzione o in altro luogo idoneo limitrofo (sempre che diversi dalle aree in cui risultino superate le soglie superiori di valutazione della qualità dell'aria) mediante processi o metodi, ivi inclusa la combustione, che in ogni caso non danneggino l'ambiente né mettano in pericolo la salute umana.
Il comma 4 consente, infine, la rimozione e l'utilizzo per la produzione di energia o per il riutilizzo a fini agricoli delle biomasse vegetali di origine marina e lacustre spiaggiate lungo i litorali, alle seguenti condizioni: rilascio della prevista autorizzazione regionale (senza la necessità di espletare ulteriori valutazioni di incidenza ambientale); sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 184-bis del Codice ambientale (rispetto delle norme tecniche di settore e utilizzo di processi o metodi che non danneggino l'ambiente né mettano in pericolo la salute umana).
La norma in esame sembra finalizzata principalmente a risolvere il problema, avvertito in numerosi Comuni costieri, della sistemazione della posidonia oceanica spiaggiata, i cui accumuli sulle spiagge possono influenzare negativamente le attività turistico-balneari, e la cui rimozione - essendo tale materiale qualificato come rifiuto - incide in alcuni casi in maniera ragguardevole sui bilanci di molti Comuni costieri che, ogni anno, effettuano la raccolta, il trasporto e il conferimento in discarica di migliaia di tonnellate di biomasse.
Il successivo articolo 1-ter del provvedimento d'urgenza in esame reca, quindi, norme di semplificazione in materia di trattamento di rifiuti per favorire il cosiddetto «compostaggio di prossimità».
In particolare, il comma 1 prevede l'esclusione delle attività di trattamento tramite compostaggio aerobico o digestione anaerobica dei rifiuti urbani organici

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biodegradabili dal regime autorizzatorio previsto per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti dagli articoli 208 e seguenti del Codice ambientale. Lo stesso comma prevede peraltro che tale esclusione si applica solo qualora siano rispettate le seguenti condizioni: i rifiuti oggetto del trattamento sono costituiti da rifiuti biodegradabili di cucine e mense e da rifiuti dei mercati e da rifiuti biodegradabili prodotti da giardini e parchi; la quantità totale non eccede 80 tonnellate annue; il trattamento è eseguito nel territorio comunale o di comuni confinanti, che abbiano stipulato una convenzione di associazione per la gestione congiunta del servizio; il prodotto ottenuto è conforme all'Allegato 2 del decreto legislativo n. 75 del 2010; il prodotto è utilizzato sul medesimo territorio; i rifiuti sono stoccati prima del trattamento per non oltre 72 ore nel caso di rifiuti biodegradabili di cucine, mense e mercati e per non oltre 7 giorni nel caso dei rifiuti biodegradabili di giardini e parchi; gli impianti sono gestiti sotto la responsabilità di un professionista abilitato, secondo modalità stabilite con Decreto Ministeriale da emanare entro 90 giorni.
Il comma 2 prevede che la realizzazione e l'esercizio degli impianti di cui al comma 1 siano soggetti unicamente a denuncia di inizio attività (DIA), ai sensi del Testo unico dell'edilizia (decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001), e all'osservanza delle prescrizioni in materia urbanistica, delle norme antisismiche, ambientali, di sicurezza, antincendio e igienico-sanitarie, delle norme relative all'efficienza energetica nonché delle disposizioni contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004).
L'articolo 1-quater infine, anch'esso introdotto durante l'esame del provvedimento al Senato, detta norme finalizzate a favorire la realizzazione di impianti per la gestione dei rifiuti nella regione Campania.
In particolare, i commi 1 e 2 dell'articolo sopprimono le disposizioni relative alla realizzazione del termovalorizzatore di S. Maria La Fossa (CE). Nel dettaglio, il comma 2 modifica il comma 3 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 90 del 2008, ove veniva prevista la realizzazione del termovalorizzatore di S. Maria La Fossa, sopprimendo ogni riferimento a tale impianto, mentre il comma 1 modifica conseguentemente la rubrica dell'articolo 5 provvedendo ad espungere anche dalla stessa il riferimento a tale termovalorizzatore.
Il successivo comma 3 modifica, invece, l'articolo 8-bis del decreto-legge n. 90 del 2008 vigente, che prevede l'attribuzione degli incentivi CIP6 per i termovalorizzatori della regione Campania, ivi compreso quello di S. Maria La Fossa.
Il comma in esame prevede peraltro che l'attribuzione degli incentivi CIP6 non riguardi più l'impianto di S. Maria La Fossa e sia assegnata all'impianto previsto dal comma 1-bis dell'articolo 8 del decreto-legge n. 90 del 2008, vale a dire all'impianto da realizzare nel comune di Giugliano.
Il comma 4 dell'articolo in commento proroga quindi al 30 giugno 2012 il termine per il trasferimento della proprietà del termovalorizzatore di Acerra.
La suddetta proroga va messa in relazione sia al mancato perfezionamento ad oggi delle numerose procedure propedeutiche al trasferimento dell'impianto e alla definizione del complesso contenzioso giudiziario pendente su tale impianto, sia, probabilmente, anche all'avvenuta soppressione della norma, secondo quanto disposto dal comma 4 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame, che consentiva alla regione Campania di utilizzare i cosiddetti fondi FAS per procedere all'eventuale acquisto del termovalorizzatore di Acerra.
Il comma 5, sostituisce infine il comma 6-bis dell'articolo 10 del decreto-legge n. 195 del 2009 al fine di eliminare il riferimento al comune di Villa Literno o ad altri possibili siti alternativi, per cui ai sensi della nuova formulazione prevista dal comma in esame l'impianto di recupero e smaltimento dei rifiuti «già prodotti e stoccati per la produzione di energia mediante l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili a salvaguardia della salute della popolazione e dell'ambiente»

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previsto dall'articolo 8, comma 1-bis, del decreto-legge n. 90 del 2008, deve essere realizzato nel territorio del comune di Giugliano, conformemente alla pianificazione regionale.
L'articolo 2, modificato nel corso dell'esame al Senato, reca la proroga del termine relativo all'entrata in operatività del divieto definitivo di commercializzazione dei sacchi non biodegradabili per l'asporto merci (cd. shopper) fino all'emanazione - entro il 31 luglio 2012 - di un apposito decreto, di natura non regolamentare, adottato dai Ministri dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello Sviluppo economico, sentite le competenti Commissioni parlamentari e notificato all'Unione Europea.
In particolare, si prevede che, a decorrere dal nuovo termine fissato dal decreto, sarà possibile commercializzare: sacchi monouso realizzati con polimeri conformi alla norma armonizzata Uni En 13432:2002, secondo certificazioni rilasciate da organismi accreditati; sacchi riutilizzabili di spessore superiore a 200 micron (uso alimentare) o 100 micron (altri usi), se dotati di maniglia esterna; sacchi riutilizzabili con spessore superiore a 100 micron (uso alimentare) o 60 micron (altri usi), se dotati di maniglia interna. Segnala che la previsione di quest'ultima tipologia di sacchi è stata aggiunta alle altre due, con una modifica al testo originario da parte del Senato, allo scopo di ampliare alquanto i tipi di sacchi commercializzabili.
Annota, inoltre, che il citato decreto interministeriale, che dovrà rispettare la gerarchia delle azioni da adottare per il trattamento dei rifiuti prevista dall'articolo 179 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cd. Codice ambientale), potrà individuare le eventuali ulteriori caratteristiche tecniche dei sacchi ai fini della loro commercializzazione e, in ogni caso, le modalità di informazione ai consumatori.
Al riguardo segnala che la relazione illustrativa che accompagnava il disegno di legge originario (S. 3111) motivava le ragioni della necessità della proroga del divieto di commercializzazione con la considerazione che l'assenza della sperimentazione e dei provvedimenti necessari al raggiungimento del divieto di commercializzazione determinavano dubbi interpretativi e difficoltà nell'applicazione operativa dello stesso, con particolare riferimento sia agli aspetti tecnico scientifici (quali l'assenza di una puntuale definizione del concetto di biodegradabilità), sia alla genericità del divieto contenuto nella normativa, sia, infine, alle conseguenze del mancato rispetto del divieto medesimo.
Nel corso dell'esame al Senato, è stato altresì introdotto all'articolo 2 un comma 3 recante una disposizione volta a favorire il riutilizzo del materiale plastico proveniente dalla raccolta differenziata che prevede che i sacchi riutilizzabili - cioè non biodegradabili realizzati con polimeri non conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002 - debbano contenere una percentuale di almeno il 10 per cento di plastica riciclata (uso diverso) e del 30 per cento (uso alimentare). È prevista, inoltre, la possibilità di aumentare, annualmente, tali percentuali con decreto del Ministero dell'ambiente, sentiti il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggi in plastica (COREPLA) e le associazioni dei produttori.
Il comma 4 introduce, quindi, un regime sanzionatorio nei confronti di coloro che violano il divieto di commercializzazione dei sacchi non conformi alle disposizioni dell'articolo in esame, che entrerà in vigore a decorrere dal 31 luglio 2012. In particolare viene prevista l'irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma che va da 2.500 euro a 25.000 euro, aumentabile fino al quadruplo del massimo edittale qualora la violazione del divieto riguardi quantità ingenti di sacchi per l'asporto o un valore della merce superiore al 20 per cento del fatturato del trasgressore. Le sanzioni saranno quindi applicate ai sensi della legge n. 689 del 1981 «Modifiche al sistema penale» e, fermo restando quanto previsto in relazione ai poteri di accertamento degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria

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dall'articolo 13 della citata legge n. 689, all'accertamento delle violazioni sono preposti, d'ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa o di tutela ambientale e dei consumatori.
Da ultimo, il rapporto che il funzionario o l'agente che ha accertato la violazione ha l'obbligo di predisporre, previsto dall'articolo 17 della stessa legge n. 689 del 1981, dovrà essere presentato alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia nella quale è stata accertata la violazione.
L'articolo 3 reca disposizioni sui materiali di riporto e altre disposizioni sui rifiuti. In particolare i commi da 1 a 4 dell'articolo 3 recano norme riguardanti i materiali di riporto cosiddetti storici, ossia quelli utilizzati in passato, che sono inclusi nella definizione di «suolo» e, pertanto, esclusi dall'applicazione della normativa sui rifiuti.
Più precisamente, il comma 1 reca una norma di interpretazione autentica dell'articolo 185 del Codice ambientale in base alla quale, ferma restando la disciplina di bonifica dei suoli contaminati prevista dagli articoli 239 e seguenti del Codice, i riferimenti al «suolo» contenuti nei commi 1, lett. b) e c), e 4 dell'articolo 185 devono intendersi riferiti anche alle matrici materiali di riporto incluse nell'Allegato 2 alla Parte IV dello stesso Codice, che disciplina i criteri generali per la caratterizzazione dei siti contaminati. La relazione illustrativa al disegno di legge originario precisava che l'urgenza di tale interpretazione autentica derivava soprattutto dalla necessità di dare piena applicazione alla direttiva 2008/98/CE, al fine di confermare espressamente che nel più ampio concetto di «terreno», suolo e sottosuolo, deve ricomprendersi anche la matrice ambientale «materiale di riporto» quando: tale matrice non sia contaminata e, una volta escavata, venga utilizzata nello stesso sito (articolo 185, comma 1, lettera c); sia contaminata ma non venga scavata rimanendo in situ (articolo 185, comma 1, lettera b); una volta scavata e non contaminata, se ne debba valutare l'eventuale utilizzazione anche al di fuori del sito in cui sia stata escavata (articolo 185, comma 4).
Ai fini dell'applicazione dei commi da 1 a 4 dell'articolo 3, il comma 2, inserito durante l'iter al Senato, definisce pertanto quali «matrici materiali di riporto», i materiali eterogenei utilizzati in passato per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all'interno dei quali possono trovarsi materiali estranei, quali residui di lavorazioni industriali e residui in generale, come, per esempio, materiali di demolizione e materiali terrosi. Con il comma 3, modificato nel corso dell'iter al Senato, viene previsto che, qualora non venga emanato il decreto interministeriale - previsto dall'articolo 49 del decreto-legge n. 1 del 2012 (cd. decreto liberalizzazioni) in corso di esame al Senato - per la regolamentazione dell'utilizzo delle terre e rocce da scavo, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in commento, le matrici materiali di riporto eventualmente presenti nel suolo escavato non contaminato di cui all'articolo 185, comma 4, del Codice, saranno considerate sottoprodotti qualora ricorrano le condizioni indicate nell'articolo 184-bis dello stesso Codice, ai fini della loro valutazione nell'utilizzo in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati.
Da ultimo il comma 4, introdotto durante l'esame al Senato, modifica la definizione di «sito» recata dall'articolo 240, comma 1, lettera a), del Codice, ai fini dell'applicazione del Titolo V della parte IV del Codice riguardante la bonifica dei siti contaminati, includendo espressamente nelle matrici ambientali anche i materiali di riporto.
Il comma 5 novella il comma 2 dell'articolo 182-ter, del Codice dell'ambiente, al fine di adeguare la norma in vista della soppressione delle Autorità d'ambito territoriale ottimale (AATO) prevista dall'articolo 2, comma 186-bis, della legge 191 del 2009. Il testo del comma 2 viene infatti integrato prevedendo che in luogo delle

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AATO provvedano agli adempimenti previsti le autorità competenti individuate dalle regioni ai sensi del citato comma 186-bis.
Il comma 6, lettera a), integra la definizione di rifiuto organico recata dall'articolo 183, comma 1, lettera d), del Codice dell'ambiente, prevedendo che in essa siano compresi i manufatti compostabili certificati secondo la norma UNI EN 13432/2002 recante «Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione.
Il comma 6, lettera b), integra invece la definizione di autocompostaggio recata dall'articolo 183, comma 1, lettera e), del Codice dell'ambiente, al fine di estenderla anche alle utenze non domestiche.
I commi 7, 8 e 9 recano misure volte a: prorogare gli effetti delle autorizzazioni in essere riguardanti gli impianti di miscelazione di rifiuti speciali; permettere la miscelazione degli oli usati nel rispetto dei requisiti indicati nella norma; consentire la raccolta di materiali o indumenti usati ceduti da privati da parte delle associazioni di volontariato da destinare al riutilizzo e alla raccolta differenziata. Anche in questo caso le disposizioni in essi contenute riproducono con qualche modifica il contenuto della proposta di legge n. 4240 (Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di sfalci e potature, di miscelazione di rifiuti speciali e di oli usati nonché di misure per incrementare la raccolta differenziata), approvata in prima lettura dall'Assemblea della Camera nella seduta del 16 febbraio 2012.
Il comma 10 novella l'articolo 264 del codice dell'ambiente aggiungendovi un comma 3 destinato a semplificare le procedure per l'integrazione e la modifica degli allegati alla parte IV del medesimo decreto. Viene infatti previsto che all'integrazione e modifica degli allegati alle norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati del Codice si provveda con decreti interministeriali, adottati: dal Ministro dell'ambiente di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico, previo parere dell'ISPRA, sentita la Conferenza unificata.
Il comma 11 prevede alcune novelle al decreto legislativo 49 del 2010 di attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni. In particolare viene modificata la definizione di «alluvione» recata dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del citato decreto, al fine di chiarire che non sono considerati alluvioni gli allagamenti causati da impianti fognari e, in tal modo, riallineare la norma nazionale alla corrispondente definizione recata dalla direttiva europea, e viene corretto un errore materiale insito nell'Allegato l, parte B, punto 1 del decreto, ove si fa erroneo riferimento ai «riesami svolti a norma dell'articolo 13», mentre tali riesami sono disciplinati dall'articolo 12 del medesimo decreto.
Il comma 12 novella il comma 29 dell'articolo 14 del decreto-legge 201 del 2011 (c.d. salva Italia) relativo alla facoltà, per i comuni, di prevedere l'applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva in luogo del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi istituito, a decorrere dal 1o gennaio 2013, dal medesimo articolo 14. Viene così previsto che tale applicazione sia possibile non solo nel caso (attualmente previsto) in cui i comuni abbiano realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico, ma anche per i comuni che hanno realizzato sistemi di gestione caratterizzati dall'utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso.
I commi da 13 a 16 recano disposizioni riguardanti i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) per la cui raccolta la normativa vigente reca una specifica regolamentazione. In particolare, si provvede a modificare la disciplina riguardante, per un verso, il raggruppamento dei RAEE prodotti dai nuclei domestici finalizzato al loro trasporto ai centri di raccolta e, per l'altro, la realizzazione e la gestione dei centri di raccolta medesimi. I commi 13 e 15 sostanzialmente riprendono il contenuto degli articoli 1, comma 2, e 8 del decreto del

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Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 marzo 2010, n. 65, provvedendo pertanto a una legificazione di tali disposizioni che, vengono contestualmente abrogate dal comma 16 dell'articolo in commento.
In particolare, il comma 13 dispone che rientra nella fase della raccolta, così come definita dall'articolo 183, comma 1, lettera o), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il raggruppamento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) finalizzato al loro trasporto presso i centri di raccolta, effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita o presso altro luogo risultante dalla comunicazione di cui all'articolo 3 del citato decreto ministeriale n. 65/2010 nel rispetto delle seguenti condizioni: a) il raggruppamento deve riguardare esclusivamente i RAEE domestici; b) i RAEE domestici sono trasportati presso i centri di raccolta con cadenza trimestrale, anziché annuale come previsto nella disciplina vigente, e, comunque quando il quantitativo raggruppato raggiunga complessivamente i 3500 Kg.; c) idoneità del luogo di raggruppamento ad accogliere i RAEE che deve essere luogo non accessibile a terzi e pavimentato. Si prevede altresì che i RAEE siano protetti dalle acque meteoriche e dall'azione del vento a mezzo di appositi sistemi di copertura anche mobili, e raggruppati avendo cura di tenere separati i rifiuti pericolosi, nel rispetto del divieto di miscelazione previsto all'articolo 187, comma 1, del Codice ambientale. Viene confermata, inoltre, la necessità di garantire l'integrità delle apparecchiature, adottando tutte le precauzioni atte ad evitare il deterioramento delle stesse e la fuoriuscita di sostanze pericolose.
Il comma 17 novella i commi 27 e 29 dell'articolo 3 della legge n. 549 del 1995 relativi al tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi istituito dal comma 24 del medesimo articolo. In particolare è elevata dal 20 per cento al 50 per cento la quota del gettito derivante dall'applicazione del tributo che affluisce in un apposito fondo della regione destinato a favorire una serie di attività principalmente connesse ai rifiuti e alla bonifica dei siti, e vengono eliminati i limiti massimi delle aliquote per chilogrammo di rifiuto conferito in discarica.
Il comma 19 riscrive, integrandolo, il punto 5 dell'Allegato D alla parte IV del decreto legislativo 152 del 2006 relativamente alla caratteristiche di pericolosità dei rifiuti.
L'articolo 3-bis reca modifiche agli articoli 183 e 195 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di gestione del compost. In particolare il comma 1 novella la definizione di «compost di qualità» recata dall'articolo 183, comma 1, lettera ee), del Codice dell'ambiente, prevedendo che il compost di qualità deve rispettare esclusivamente i requisiti previsti dall'allegato 2 del decreto legislativo 75 del 2010 per gli ammendanti. Il comma 2 integra il disposto dell'articolo 195 del codice medesimo (che disciplina le competenze statali in materia di gestione dei rifiuti), inserendovi un comma 4-bis che accoglie una disposizione transitoria da applicare nelle more dell'adozione dei decreti statali previsti dalla lettera c) del comma 2 dell'articolo 195 e finalizzati alla «determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi». In base al comma in esame, nelle more dell'adozione di tali decreti viene consentito alle Regioni e alle Province autonome di adottare disposizioni regolamentari e tecniche che restano in vigore fino alla loro entrata in vigore. Il comma prevede altresì che, fino alla medesima data, sono fatti salvi gli effetti delle disposizioni regolamentari e tecniche e dei relativi adeguamenti già adottati dalle Regioni e dalle Province autonome.
L'articolo 3-ter reca misure volte ad agevolare i cosiddetti acquisti verdi e per incentivare lo sviluppo del mercato dei materiali da riciclo da recupero. Le finalità che l'articolo si prefigge vengono perseguite, per un verso, attraverso la previsione di direttive statali per la definizione e l'aggiornamento dei capitolati speciali per le opere pubbliche e, per l'altro, attraverso

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la possibilità di stipulare accordi e contratti di programma tra amministrazioni e imprese che prevedano l'impiego di materiali provenienti dal riciclo e dal recupero nella realizzazione delle opere infrastrutturali e nell'acquisto di beni.
Il comma 1 provvede, pertanto, ad aggiungere la lettera s-bis) al comma 1 dell'articolo 195 del codice ambientale allo scopo di prevedere che lo Stato adotti direttive per la definizione e l'aggiornamento dei capitolati speciali d'appalto per le opere pubbliche, in modo da privilegiare l'impiego di: a) prodotti ottenuti dal riciclo degli pneumatici fuori uso, rispondenti agli standard ed alle norme tecniche di settore, ove esistenti; b) aggregati ottenuti dal riciclo di rifiuti non pericolosi da costruzione e demolizione. Si prevede che le direttive statali per la definizione e l'aggiornamento dei capitolati speciali d'appalto per le opere pubbliche siano adottate entro il 31 dicembre 2012 con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata.
I commi 2 e 3 novellano l'articolo 206 del Codice modificando la disciplina degli accordi e dei contratti di programma che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le altre autorità competenti possono stipulare con imprese di settore, soggetti pubblici o privati ed associazioni di categoria, al fine razionalizzare e semplificare le procedure nella gestione dei rifiuti.
In tale ambito, il comma 2 provvede a novellare la lettera i) del comma 1 dell'articolo 206 al fine di consentire la stipula di accordi di programma aventi ad oggetto l'impiego da parte dei soggetti economici e dei soggetti pubblici dei materiali recuperati dalla raccolta differenziata di tutti i rifiuti e non solo di quelli urbani come prevede il testo vigente.
Il comma 3, invece, aggiunge la lettera i-bis) al fine di prevedere che gli accordi e i contratti di programma abbiano ad oggetto l'impiego, da parte degli enti pubblici, delle società a prevalente capitale pubblico e di soggetti privati, dei materiali e prodotti provenienti dal recupero dei rifiuti, sia nella realizzazione di opere infrastrutturali che nell'ambito dell'acquisto di beni, dando priorità ai materiali e prodotti ottenuti dal riciclaggio degli pneumatici fuori uso (PFU), dei rifiuti non pericolosi da attività di costruzione e demolizione che risultino conformi agli standard ed alle normative di settore, ove esistenti, nonché dal trattamento delle tipologie di rifiuti elettrici ed elettronici (RAEE) dei rifiuti di imballaggi che presentino particolari difficoltà di riciclo. Il comma 3 dispone, infine, che gli accordi ed i contratti di programma aventi a oggetto l'impiego di materiali e prodotti provenienti dal recupero dei rifiuti, ove necessario e fattibile da un punto di vista tecnico ed economico, possono prevedere delle percentuali minime di impiego di materiali e prodotti recuperati rispetto al fabbisogno totale di spesa.
L'articolo 3-quater, introdotto nel corso dell'esame al Senato, è volto a dimezzare le garanzie finanziarie che le imprese in possesso delle certificazioni ambientali EMAS e ISO 14000 devono prestare ai fini della spedizione transfrontaliera dei rifiuti e del rilascio dell'autorizzazione per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.
In particolare, il comma 1, con una novella all'articolo 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006, riduce le garanzie finanziarie che le imprese devono prestare ai fini del rilascio dell'autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.
L'importo di tali garanzie è ridotto del 50 per cento per le imprese certificate EMAS ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 e del 40 per cento per quelle in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma UNI EN ISO 14000.
Il comma 2 dispone, invece, l'immediata applicabilità a decorrere dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, delle riduzioni delle garanzie finanziarie da prestare per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti previste dall'articolo 194, comma 4, lettera a), del Codice. L'operatività di tale disposizione

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è infatti attualmente demandata all'emanazione di un decreto interministeriale.
L'articolo 3-quinquies, anch'esso introdotto durante l'iter al Senato, reca disposizioni in materia di misure di compensazioni ambientali. In particolare l'articolo prevede che in tutti i casi nei quali possono essere imposte, dalle autorità competenti e nei modi consentiti dalla normativa vigente, misure di compensazione e riequilibrio ambientale e territoriale in relazione alla realizzazione di attività, opere, impianti o interventi, esse non possono avere carattere esclusivamente monetario.
In caso di inosservanza di tale disposizione, oltre agli oneri necessari alla realizzazione delle misure di compensazione e riequilibrio ambientale e territoriale, il soggetto onerato è tenuto a versare una somma di importo equivalente che affluisce ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per le esigenze di tale Ministero.
L'articolo 3-sexies, inserito durante l'esame del provvedimento al Senato, prevede che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) pubblichi sul proprio sito istituzionale l'andamento effettivo dei flussi di riassegnazione di somme riguardanti politiche ambientali, con un aggiornamento almeno trimestrale, in tutti i casi in cui la normativa vigente prevede la riassegnazione di fondi a capitoli dello stato di previsione del MATTM o a Fondi istituiti con legge funzionali all'attuazione di politiche ambientali da parte dello stesso MATTM.
Inoltre, entro il 30 giugno di ciascun anno, il Ministro dell'ambiente è tenuto a presentare al Parlamento una relazione illustrativa su tale andamento che quantifica i fondi effettivamente riassegnati.

Angelo ALESSANDRI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.15.