CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 21 febbraio 2012
609.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 21 febbraio 2012. - Presidenza del vicepresidente Franco NARDUCCI.

La seduta comincia alle 11.

DL 216/2011: Proroga di termini previsti da disposizioni legislative.
C. 4865-B Governo, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.
(Parere alle Commissioni riunite I e V).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Mario BARBI (PD), relatore, ricorda che la Commissione affari esteri della Camera è chiamata nuovamente ad esprimersi sul decreto-legge n. 216 del 2011, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, a seguito delle modifiche apportate dall'altro ramo del Parlamento.
Osserva preliminarmente che, nel corso dell'iter del provvedimento presso il Senato, la Corte internazionale di giustizia ha chiuso la controversia che opponeva la Germania all'Italia sulla questione dei risarcimenti rivendicati dagli internati italiani per cui, sulla base delle considerazioni svolte in prima lettura, risultano venute meno le motivazioni addotte a sostegno della proroga prevista dall'articolo 7, comma 1. Al riguardo, auspica che tale norma a carattere eccezionale possa essere al più presto espunta dall'ordinamento, tornando a sollecitare il Governo ad aderire al più presto alla Convenzione internazionale in tema di immunità degli Stati.
Rileva che allo stesso articolo 7, recante proroghe in materia di politica estera, il Senato ha invece ritenuto di aggiungere un secondo comma che porta da sei a sette mesi l'intervallo temporale finalizzato alla riorganizzazione dell'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane (ex ICE) istituita dall'articolo 22, comma 6, del decreto-legge n. 201 del 2011. Pur valutando l'esiguità della proroga, ribadisce l'esigenza di accelerare il più possibile tale riorganizzazione affinché il sistema produttivo italiano possa finalmente giovarsi di un adeguato supporto internazionale.
L'altra modifica di competenza della III Commissione apportata dal Senato riguarda l'articolo 25-bis, in materia di indennizzi dei beni dei cittadini italiani in Libia, introdotto in Assemblea nel corso della prima lettura e quindi non precedentemente esaminato in sede consultiva. Tale modifica limita al 2012, rispetto all'iniziale previsione sino al 2014, la proroga della corresponsione agli aventi diritto (soggetti titolari di beni, diritti ed interessi sottoposti in Libia a misure limitative a seguito di provvedimenti adottati dalle autorità libiche) di un ulteriore indennizzo pari a 50 milioni di euro annui.
Ricorda che la questione risale all'approvazione del disegno di legge di ratifica del Trattato di amicizia italo - libico, nel corso del cui esame presso la Camera dei deputati fu inserita una norma a favore degli italiani costretti a lasciare la Libia a seguito dell'avvento al potere del colonnello Gheddafi. A questo proposito, il Senato ha altresì provveduto a specificare l'incidenza di tale onere aggiuntivo sul meccanismo dell'addizionale all'imposta sul reddito delle società introdotto dall'articolo 3 della legge n. 7 del 2009, individuando per l'anno 2012 l'aliquota del 5,8 per mille del patrimonio netto.
Coglie l'occasione per segnalare l'opportunità che la Commissione torni ad approfondire lo stato di vigenza del predetto Trattato e più in generale le prospettive dei rapporti bilaterali con la Libia, sulla scorta delle indicazioni formulate dal Ministro degli esteri in occasione della sua ultima audizione sulla regione mediterranea.
Formula, conclusivamente, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

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La Commissione approva la proposta di parere favorevole, così come formulata dal relatore.

La seduta termina alle 11.10.

INDAGINE CONOSCITIVA

Martedì 21 febbraio 2012. - Presidenza del vicepresidente Franco NARDUCCI.

La seduta comincia alle 11.10.

Indagine conoscitiva sugli obiettivi della politica mediterranea dell'Italia nei nuovi equilibri regionali.
(Deliberazione).

Franco NARDUCCI, presidente, propone lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sugli obiettivi della politica mediterranea dell'Italia nei nuovi equilibri regionali, sulla base del programma convenuto in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, in relazione al quale è stata acquisita l'intesa con il Presidente della Camera, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del regolamento (vedi allegato 2).

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di deliberazione dell'indagine conoscitiva.

La seduta termina alle 11.15.

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI

RELAZIONI AL PARLAMENTO

Martedì 21 febbraio 2012. - Presidenza del presidente Furio COLOMBO.

La seduta comincia alle 13.10.

Relazione sull'attività svolta dal Comitato interministeriale dei diritti dell'uomo nonché sulla tutela e rispetto dei diritti umani in Italia (anno 2010).
Doc. CXXI, n. 4.
(Seguito esame istruttorio e rinvio).

Il Comitato prosegue l'esame istruttorio della relazione in titolo, rinviato nella seduta del 14 febbraio scorso.

Furio COLOMBO, presidente, ricorda che nella seduta del 14 febbraio scorso si era reso necessario rinviare lo svolgimento della relazione dell'onorevole Touadi ad altra seduta; e che lo stesso onorevole Touadi si era fatto portavoce di una proposta condivisa anche dagli onorevoli Volontè e Pianetta di audire il Presidente del Comitato interministeriale dei diritti dell'uomo.

Jean Leonard TOUADI, relatore, rileva che tra le istituzioni nazionali che si occupano dell'attuazione dei diritti umani in Italia, un ruolo fondamentale è svolto dal Comitato interministeriale dei diritti dell'uomo (CIDU) presso il Ministero degli affari esteri, istituito con il decreto del Ministro degli esteri del 15 febbraio 1978, n. 519 ed i cui compiti e struttura sono stati ridefiniti nel 2007.
Ricorda che il Comitato interministeriale, competente in ordine al coordinamento dell'attività governativa in materia di promozione e tutela dei diritti dell'uomo, svolge alcuni compiti assai delicati, tra i quali quello di esaminare sistematicamente ogni misura attuativa di impegni assunti dall'Italia in virtù di convenzioni internazionali in materia di diritti umani. Il Comitato promuove, inoltre, l'adozione dei provvedimenti necessari ad assicurare il pieno adempimento degli obblighi internazionali, segue l'attuazione delle convenzioni internazionali e cura la preparazione dei rapporti periodici che l'Italia è tenuta a presentare alle organizzazioni internazionali. Sottolinea

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che questa missione è particolarmente rilevante per la cogenza costituzionale che nel nostro ordinamento assume l'adesione alle predette convenzioni.
Rileva che il Comitato interministeriale dei diritti umani ha altresì il compito di svolgere le cosiddette attività di follow-up, tra cui la preparazione delle risposte italiane ai commenti, alle osservazioni ed ai quesiti emersi, formulati dagli organi di controllo istituiti nell'ambito dei principali strumenti giuridici convenzionali in materia di diritti umani.
Osserva che le posizioni del Comitato non possono non riflettere quelle dell'Esecutivo di cui è espressione. Ricorda che del Comitato fanno parte alti funzionari ministeriali, dell'ANCI, dell'ISTAT, della Commissione italiana per l'UNESCO, del Comitato UNICEF per l'Italia, della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, della Società italiana per l'organizzazione internazionale, dell'Unione delle province d'Italia, unitamente a tre eminenti personalità del mondo accademico e scientifico, nominate dal Presidente del Consiglio, dal Ministro degli affari esteri e dal Ministro per i diritti e le pari opportunità per un periodo di tre anni. Da ciò si evince la natura multidisciplinare dell'organismo.
Ritiene che il limite specificamente attinente a questa relazione, riferita al 2010, deriva dall'essere stata presentata da un ministro del precedente Esecutivo, in un contesto politico oltre che temporale del tutto diversi dall'attuale: un gap che rischia di svuotare la discussione sul documento, riducendola ad un mero adempimento burocratico. Di qui la già formulata richiesta di un'audizione del presidente del CIDU sia per un supplemento informativo che per un sollecito della presentazione della relazione per il 2011.
Il documento, presentato al Parlamento l'11 novembre scorso, intende fornire, in una veste sintetica, i risultati del lavoro svolto per la predisposizione dei numerosissimi rapporti e documenti contemplati dagli strumenti pattizi internazionali per la promozione e la tutela dei diritti umani, ratificati dal nostro Paese. Il Rapporto sull'attività nel 2010 si compone di una prima parte, riguardante i rapporti con gli organismi internazionali di monitoraggio sui diritti umani. In quattro distinti punti vengono illustrati i rapporti con gli organismi delle Nazioni Unite, del Consiglio d'Europa, dell'OSCE, dell'Unione europea, mentre in un quinto punto vengono sintetizzate le risposte ai questionari in materia di diritti umani.
Una prima sezione della Parte I è incentrata sulla redazione dei rapporti periodici sull'applicazione in Italia delle convenzioni delle Nazioni Unite in materia di diritti umani: il Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) ed il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR), nonché sulla preparazione della discussione del Rapporto relativo alla Convenzione sulle donne (CEDAW). La sezione C della Parte I riferisce invece sulla revisione periodica universale (UPR), attraverso la quale il Consiglio dei diritti umani dell'ONU analizza l'effettivo adempimento da parte degli Stati Membri, dei loro obblighi ed impegni relativi ai diritti umani.
Osserva che la Commissione affari esteri, grazie anche al prezioso lavoro del Comitato permanente per i diritti umani, è perfettamente a conoscenza dei meccanismi della revisione periodica universale e dell'importanza che essa riveste nel misurare la credibilità e la qualità del rispetto dei diritti umani anche per un Paese di antica civiltà giuridica.
Ricorda in proposito che il 2010 è stato un anno cruciale per l'Italia perché dall'8 al 19 febbraio il nostro Paese si è trovato «sotto esame» presso il Consiglio dei diritti umani. Sono state rivolte all'Italia 92 raccomandazioni: di queste 78 sono state accettate dal Governo, due accolte parzialmente e 12 respinte. Giudica la parte sulla revisione periodica universale come la più interessante della relazione, soprattutto per il fatto che le raccomandazioni accettate possono essere oggetto di approfondimento da parte del Comitato. Sottolinea, inoltre, che l'elevata percentuale di accoglimento delle raccomandazioni è indice di un apprezzabile atteggiamento costruttivo.

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La Relazione evidenzia come l'esame delle raccomandazioni sia stato condotto mantenendo un «approccio aperto e costruttivo»: la visione che ispira infatti il Governo italiano - e che personalmente condivide - è che l'UPR non è un «tribunale nato per processare gli Stati sotto il profilo del rispetto dei diritti umani» quanto «uno strumento per spingere i Governi a fare concreti passi avanti su questo terreno».
Non sono state accolte, invece, quelle raccomandazioni che, come riporta la Relazione, avrebbero implicato «modifiche di carattere legislativo» o l'«attuazione di tipologie di intervento non compatibili con la vigente distribuzione di competenze e responsabilità fra Stato ed autonomie territoriali» o ancora «frutto di una mancata comprensione dei fondamenti del nostro ordinamento».
Tra i principali temi che sono stati oggetto delle raccomandazioni rientrano: il trattamento dei migranti (13), la questione delle minoranze (10), soprattutto dei Rom e dei Sinti con particolare riferimento al Piano del Comune di Roma, e la discriminazione razziale e la xenofobia (11).
La Relazione evidenzia come dieci delle undici raccomandazioni in tema di lotta alle discriminazioni razziali siano state accolte dall'Italia, recependo una vasta gamma d'indicazioni per contrastare il razzismo, la discriminazione e la xenofobia.
In particolare sono state intelligentemente accolte le proposte avanzate dal Canada e dai Paesi Bassi intese ad ampliare i contenuti del nostro Piano d'azione nazionale contro il razzismo, mentre è stata respinta la raccomandazione intesa ad introdurre lo specifico reato di tortura nel nostro ordinamento penale, ritenendo sia già variamente e fortemente sanzionato in Italia, come in altri Stati dell'Unione europea in relazione al compimento di molteplici reati e circostanze aggravanti che ne delineano una fattispecie piuttosto ampia. Osserva in proposito che si tratta di una questione annosa, dal momento che da tempo è all'esame del Parlamento un'iniziativa legislativa in proposito.
Sono state altresì accolte le raccomandazioni riguardanti l'istituzione di un'autorità indipendente per la promozione e la protezione dei diritti umani. Al riguardo confida che la Camera dei deputati possa ulteriormente migliorare il testo in materia licenziato dall'altro ramo del Parlamento, istituendo un'autorità, snella ed efficiente, effettivamente indipendente dal potere esecutivo, in stretto collegamento con gli indirizzi politici elaborati dal Parlamento in tema di promozione e salvaguardia dei diritti umani.
Osserva che la Relazione sottolinea, a suo avviso in maniera forse un po' troppo autocelebrativa, come l'Italia abbia affrontato «l'intero procedimento di revisione periodica universale in modo positivo, fornendo risposte non equivoche ed ampiamente favorevoli alle raccomandazioni ricevute, contribuendo, ancora una volta, ad avvalorare l'immagine di un paese sensibile ai problemi concreti, attrezzata per farvi fronte».
Con riferimento alla questione dei respingimenti, soprattutto alle operazioni svoltesi in acque internazionali al largo di Lampedusa il 6 maggio ed il 6 luglio 2009, la Relazione ribadisce che tali interventi, nel rispetto del principio di non refoulement, costituiscono «anche una forma di lotta contro la tratta ed il crimine organizzato». Esprimendo talune perplessità in proposito, ricorda che tra pochi giorni la Corte europea dei diritti dell'uomo si pronuncerà sulla ipotesi di violazione da parte dell'Italia dell'articolo 33 della Convenzione di Ginevra.
Per quanto attiene alla richiesta dei Relatori speciali delle Nazioni Unite circa il «Piano nomadi» del Comune di Roma, il documento riassume la posizione italiana che ha respinto i rilievi di «deficit procedurale di consultazione» e contesta il carattere «forzoso» della riallocazione del campo di Casilino '900, «in quanto avvenuta sempre nel rispetto delle principali salvaguardie procedurali».

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In relazione alla richiesta dell'Ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite sull'attuazione della Convenzione per la protezione delle persone con disabilità, sottolinea con decisione che dalla Relazione non appare chiaro se il Governo abbia effettivamente provveduto all'istituzione dello specifico Osservatorio nazionale della condizione delle persone con disabilità, previsto dalla legge di ratifica del 2009.
Quanto alle attività di impulso svolte dal CIDU nel 2010 in merito agli adempimenti necessari per l'attuazione degli obblighi internazionali ed ai suoi contatti con le Istituzioni, la relazione menziona in particolare la predisposizione del XVI-XVIII rapporto sull'applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della discriminazione razziale (CERD).
Un altro aspetto rilevante su cui si sofferma questa parte della Relazione è il ruolo svolto dalla CIDU nell'elaborazione del disegno di legge governativo per l'istituzione di una Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti fondamentali.
Giudica un punto qualificante ed innovativo del documento l'esame delle relazioni con la società civile. In proposito il documento ricorda come il CIDU abbia dedicato attenzione prioritaria al coinvolgimento delle ONG e, in particolare, segnala il coinvolgimento diretto del Gruppo di monitoraggio sulla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, nonché i contatti e l'incontro del dicembre 2010 con le ONG attive in materia di questioni di genere.
In conclusione, ricollegandosi a quanto accennato in apertura, conferma la richiesta di audire il presidente del CIDU, per sapere di più sugli interventi che il Comitato stesso ha adottato nell'anno appena trascorso - che è stato un anno di rivolgimenti epocali come ricorda il recente rapporto di Amnesty International sulle «primavere arabe» - e su quelli che saranno gli indirizzi strategici che si intende promuovere nel corso del 2012, che si annuncia denso di ulteriori sviluppi e prospettive sul versante della promozione dei diritti umani, in tutte le aree nevralgiche del Pianeta.

Furio COLOMBO, presidente, evidenzia il tono di pur legittima memoria difensiva della Relazione in esame, che schiva sistematicamente i temi specifici, come dimostra emblematicamente la trattazione del caso di Lampedusa, ben noto ai parlamentari che vi hanno effettuato sopralluoghi. Considera al riguardo molto gravi i termini liquidatori riservati a tale caso, se si pensa al numero elevatissimo di vittime che la politica dei respingimenti in mare ha provocato.

Matteo MECACCI (PD) sottolinea come la Relazione in esame risulti particolarmente datata sia sotto il profilo cronologico che sotto quello politico. Auspica un'interlocuzione politica diretta sul tema con il nuovo Ministro degli esteri, così come ha già fatto la Commissione straordinaria presso l'altro ramo del Parlamento.

Renato FARINA (PdL), prendendo spunto dalle osservazioni del collega Mecacci, invita a guardare al futuro piuttosto che al passato. Considera comunque positivamente che il Governo abbia accolto la maggior parte delle raccomandazioni ricevute in sede ONU e ricorda come ogni Paese abbia dei conti aperti nel campo dei diritti umani. Non nega i casi gravissimi che si sono verificati in relazione ai respingimenti e che hanno determinato una situazione intollerabile, ma fa presente che non si può tralasciare la questione obiettiva dell'impossibilità di consentire l'assoluto accesso libero al territorio nazionale che sarebbe incompatibile con gli standard della vita sociale. Ritenendo saggio uscire dagli schematismi che spesso aduggiano la trattazione del tema in oggetto, segnala l'opportunità di soffermarsi sulle violazioni dei diritti umani che avvengono nelle carceri.

Mario BARBI (PD), nel giudicare insoddisfacente la Relazione in esame, ritiene

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che non avrebbe potuto essere diversamente dal momento che il soggetto estensore è parte in causa. Considera pertanto questa un'ulteriore prova della necessità di dotarsi - come più volte auspicato anche nell'Osservatorio Governo-Parlamento di cui lamenta la mancata convocazione in tempi recenti - di un organismo terzo. A suo avviso, è quindi da modificare il fondamento legislativo della relazione in titolo. Nel richiamare l'aggravante della discontinuità politica, insiste sull'esigenza, rivolgendosi in particolare al collega Farina, di una riflessione retrospettiva, dal momento che, anche se la questione dei respingimenti può considerarsi un capitolo chiuso, ne sono derivate gravi conseguenze cui porre riparo. Quanto al tema delle carceri, rileva come vi sia oggi maggiore attenzione e come quindi non mancherà un riferimento ad esso nella relazione per il 2011. Segnala, infine, l'estrema gravità della persistente mancata previsione nel nostro ordinamento del reato di tortura, anche alla luce di un recente caso giudiziario in cui episodi di maltrattamenti da parte di appartenenti alla forza pubblica non sarebbero stati puniti proprio per l'asserita assenza della fattispecie.

Furio COLOMBO, presidente, si associa alle considerazioni che il collega Barbi ha rivolto al collega Farina, di cui peraltro condivide le preoccupazioni in materia carceraria, pur ritenendo che non si possa invocare un male per spostare l'attenzione da un altro male. Giudica inaccettabile sul piano giuridico il paragrafo della Relazione relativo al reato di tortura, osservando come il documento nel suo complesso risulti inaccettabile anche sotto il profilo fattuale. A questo proposito, richiama a titolo d'esempio la questione dei campi nomadi che portò alle dimissioni del prefetto della capitale. Ribadisce che si tratta di una pur comprensibile memoria difensiva di un certo governo in una certa fase della storia italiana. Chiede quindi al relatore quali siano le sue proposte per proseguire nell'esame dell'atto in titolo.

Enrico PIANETTA (PdL) ricorda la proposta più volte richiamata di audire il presidente del Comitato interministeriale per i diritti umani.

Furio COLOMBO, presidente, ritenendo inopportuni approfondimenti ripetitivi, rende comunque noto che è allo studio del nuovo Ministro degli esteri la riconvocazione dell'Osservatorio Governo-Parlamento e che il Ministro stesso è interessato ad un'audizione presso le Commissioni affari esteri delle due Camere sulla materia dei diritti umani, precisando che quella svolta presso la Commissione straordinaria del Senato ha avuto luogo nell'ambito di un'indagine conoscitiva a carattere generale e non programmatico.

Jean Leonard TOUADI, relatore, ringrazia i colleghi per l'ampia discussione che conferma come i diritti umani abbiano grande valenza per la proiezione internazionale dell'Italia, al pari della cooperazione allo sviluppo. Concorda su un certo anacronismo riscontrabile nella Relazione, ma sottolinea l'attualità delle questioni che ne sono oggetto, come quella dei flussi migratori dalla Libia e del connesso diritto di asilo, in vista dell'imminente visita del Ministro dell'Interno, oppure quella del Piano del Comune di Roma per i Rom e i Sinti che si è arenato. Nel manifestare vivo apprezzamento per l'opportunità di ascoltare in proposito il Ministro degli affari esteri, ritiene comunque opportuno procedere anche all'audizione del presidente del CIDU che, nelle more dell'istituzione di un organismo indipendente, è chiamato a relazionare al Parlamento. Sarebbe a suo avviso molto utile cogliere questa occasione anche per porre l'esigenza di un diverso approccio metodologico nella stesura della relazione che, nell'attuale versione, rivela una stridente contraddizione tra l'accettazione delle raccomandazioni ONU ed il tono complessivamente autocelebrativo. Quanto all'esito finale dell'esame, si riserva di consultare i rappresentanti dei gruppi al fine di valutare i termini di un eventuale atto di indirizzo.

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Furio COLOMBO, presidente, ringraziando il relatore per l'impegno assunto, rinvia il seguito dell'esame istruttorio ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.

COMITATO PERMANENTE SUGLI OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO

Martedì 21 febbraio 2012. - Presidenza del presidente Enrico PIANETTA.

La seduta comincia alle 14.

Relazione sull'attuazione della politica di cooperazione allo sviluppo, per l'anno 2010.
Doc. LV, n. 5.
(Esame istruttorio e rinvio).

Il Comitato inizia l'esame istruttorio del provvedimento in titolo.

Enrico PIANETTA, presidente e relatore, sottolinea che la relazione sull'aiuto italiano allo sviluppo nel 2010, pur con il consueto ritardo, ribadisce che gli obiettivi generali e i principi ispiratori della cooperazione allo sviluppo, parte integrante della politica estera italiana, si inquadrano nell'ampio contesto degli accordi e delle decisioni assunte a livello internazionale e comunitario.
Rileva che le risorse destinate alla cooperazione hanno subìto una diminuzione già a partire dalla metà degli anni Novanta, come ha ricordato anche il nuovo Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, Andrea Riccardi nell'audizione davanti alle Commissioni affari esteri di Camera e Senato del 25 gennaio 2012.
L'Italia, in rapporto agli altri paesi europei stanzia per la cooperazione mediamente lo 0,18 per cento di PIL ed è molto lontana dallo 0,7 per cento che i paesi donatori si erano impegnati a raggiungere entro il 2015. Il picco più basso di aiuti è stato raggiunto dall'Italia nel 2010, venendo in tal modo ad occupare il penultimo posto (all'ultimo, la Corea del Sud) tra i paesi dell'area OCSE: 2,26 milioni di euro pari allo 0,15 per cento del PIL.
Osserva che il 75 per cento dell'aiuto pubblico allo sviluppo (APS) è stato destinato nel 2010 alla cooperazione multilaterale. Tra i molteplici settori di intervento, quelli che hanno maggiormente assorbito le risorse hanno riguardato: la riduzione o la cancellazione del debito, le attività in materia di educazione, gli aiuti multisettoriali, gli aiuti umanitari inclusi quelli erogati in occasione di disastri.
Ricorda che nel 2009 il DAC (Development Assistance Committee) dell'OCSE aveva sollecitato una svolta nella politica di cooperazione italiana. All'interno della peer review riguardante l'Italia, il DAC aveva infatti formulato una serie di raccomandazioni, tra le quali quelle di approvare una nuova normativa in materia di cooperazione allo sviluppo, di potenziare le risorse umane in essa impiegate, di attribuire la responsabilità della cooperazione ad una figura governativa, di rispettare gli impegni assunti a livello internazionale e di attuare una politica di sensibilizzazione dell'opinione pubblica.
In linea con quanto indicato dall'OCSE, ed anche assolvendo agli impegni assunti con il Parlamento che aveva approvato atti di indirizzo in tale direzione, il Governo ha messo in atto una serie di cambiamenti di seguito illustrati.
La relazione ricorda che nel 2010 è stato attivato il Tavolo interistituzionale per la Cooperazione allo Sviluppo, a livello di Direttori Generali del Ministero degli Esteri e delle Finanze, al quale partecipano anche soggetti privati, per creare un «sistema Italia» della cooperazione allo sviluppo, che riduca dispersioni e duplicazioni. Il Tavolo Interistituzionale ha anche il compito di favorire la coerenza italiana delle politiche per lo sviluppo, in linea con la concezione «whole of country» introdotta dalla Presidenza italiana del G8 nel 2009.
Con le linee guida triennali 2011-2013, adottate alla fine del 2010, sono poi state

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accorpate in un'unica categoria le due categorie di paesi prioritari (di 1o e 2o grado) e si è delineata una riduzione del loro numero. L'OCSE-DAC ha valutato positivamente l'iniziativa italiana di concentrarsi su 35 paesi prioritari in via di sviluppo (21 dei quali classificati come «priorità 1») e di portare progressivamente a termine gli interventi in altri 37 paesi, consentendo un miglioramento della programmazione e una riduzione della frammentazione degli aiuti.
Nel 2011 è stato predisposto un secondo Piano programmatico per l'efficacia degli aiuti che tiene conto delle raccomandazioni formulate negli appositi fori internazionali e, particolarmente, in vista del foro di Busan. Il Piano elenca le azioni da completare (secondo il modello di programmazione STREAM per i paesi prioritari e quelli in exit strategy), oltre a nuove azioni.
A seguito della riforma organizzativa del Ministero degli esteri, avvenuta nel 2010, è stato istituito un apposito ufficio presso la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, al quale sono attribuiti la valutazione in itinere ed ex post delle iniziative di cooperazione e retroazione dei risultati e la visibilità dell'impegno italiano. Il potenziamento della funzione di valutazione era stato specificamente raccomandato nella Peer Review dell'OCSE del 2009.
La Peer Review raccomandava anche l'adozione di una normativa aggiornata in sostituzione della legge n. 49 del 1987, che da tempo si era dimostrata obsoleta.
Già a partire dagli anni Novanta, infatti, si sono susseguiti numerosi interventi legislativi nel tentativo di rendere più adeguata la normativa del 1987, che ne hanno però pesantemente alterato il regime di specialità. Allo stesso tempo, ma senza successo, come è noto, si sono succeduti tentativi di attuare una riforma dell'intero sistema della cooperazione, oggetto anche di una apposita indagine conoscitiva al Senato nella XV legislatura.
La gran parte delle risorse finanziarie degli aiuti italiani è diretta verso i paesi prioritari dell'Africa sub-sahariana. Mentre la Relazione, riguardante l'anno 2010, riferisce che il 45 per cento circa di tali risorse, pari a circa 343 milioni di euro, è stato indirizzato a tale regione, osserva che le Linee guida 2011-2013 hanno indicato una riduzione del peso dell'Africa sub sahariana che è passata al 42 per cento degli aiuti (a vantaggio di Balcani, Medio Oriente e Asia orientale).
La Relazione 2010 precisa che nei cinque anni precedenti, le somme destinate a quell'area geografica sono state superiori a un miliardo di euro. Solo nel 2010, al netto dei contributi volontari agli organismi internazionali e delle somme attribuibili a cancellazione o conversione del debito, l'Italia ha erogato circa 59 milioni di euro a dono e 4,4 milioni di euro sotto forma di credito d'aiuto ai paesi dell'Africa subsahariana. Tra i maggiori riceventi vi sono il Mozambico, l'Etiopia e la Somalia; a seguire, Sudan e Kenya.
Anche l'Europa balcanica costituisce, per ragioni storiche e geopolitiche, un'area di primaria importanza per l'Italia e la sua politica di cooperazione. I paesi prioritari per l'aiuto bilaterale sono Kosovo, Macedonia, Bosnia Erzegovina, Albania e Serbia. Oltre ad interventi nei singoli paesi, la Relazione informa che sul piano regionale è proseguito il programma triennale SEENET - fase II per un valore di oltre 8 milioni di euro a carico del Governo e di 2,7 milioni di euro a carico di diverse regioni italiane. Il programma prevede azioni verticali di valorizzazione del turismo culturale, della realtà rurale e dell'ambiente, sostegno alle PMI e alla pianificazione territoriale e dei servizi sociali.
Altrettanto rilievo riveste l'area del Nord Africa e del Medio oriente. Nel 2010 sono proseguiti i diversi programmi - finanziati con risorse a dono, a credito d'aiuto o generate dalla conversione del debito - rivolti ai settori prioritari per lo sviluppo umano, sociale ed economico. Per lo stesso anno, l'Egitto si è confermato come partner privilegiato, seguito da Tunisia, Territori Palestinesi, Libano, Iraq, Yemen e Siria.
Quanto all'America Latina, la Relazione ribadisce che le attività italiane di

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cooperazione sono soprattutto volte a sostenere lo sviluppo socio-economico di quei paesi sudamericani che - malgrado dati che rivelano uno sviluppo soddisfacente della regione - permangono fra i più arretrati: i paesi indicati come prioritari nelle Linee guida 2009-2011 sono stati: Bolivia, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Perù. Nel 2010 la regione dell'America Latina si è collocata al secondo posto come quantità di aiuti ricevuti sul totale dell'APS bilaterale italiano, in virtù anche alle iniziative intraprese dal nostro paese a seguito del terremoto di Haiti.
Anche in vista dell'adozione di un atto di indirizzo ritiene utile procedere al più presto all'audizione del Direttore generale Belloni.

Mario BARBI (PD) condivide l'opportunità di sentire al più presto il competente Direttore generale anche in relazione alle altre questioni aperte, inclusa la proposta di regolamento comunitario esaminata nella seduta del 14 febbraio scorso. Ritiene occorra privilegiare la dimensione politica prospettica. Suggerisce anche un'audizione di organizzazioni non governative e rappresentanti della società civile in una forma al tempo stesso rappresentativa, ma non dispersiva.
Osserva che la relazione è così ponderosa che è difficile darne un giudizio sintetico, considerandola in ogni caso senz'altro esauriente e razionalmente strutturata. Sottolinea che andrebbe approfondito l'aspetto dell'approccio globale, che proprio l'Italia ha promosso in sede di G8. Tale nozione comincia ad affermarsi rispetto a quella più tradizionale dell'aiuto pubblico allo sviluppo, per andare oltre l'aiuto, ma non senza di esso. Rileva come, stante il livello minimo del nostro APS, sia ancora maggiore il nostro interesse a far valere e tentare di quantificare l'azione integrata del sistema - Paese. Ritiene che il filo conduttore del lavoro del Comitato ne verrebbe confermato, proprio nel raccordo tra livello nazionale e livello multilaterale.

Renato FARINA (PdL) esprime apprezzamento e condivisione per la relazione svolta dal presidente Pianetta.

Enrico PIANETTA, presidente e relatore, concorda con le finalità indicate dal collega Barbi circa la prossima audizione del Direttore generale Belloni. Assicura che si farà interprete di una sollecitazione in tal senso presso il Ministero degli esteri. Ribadisce l'obiettivo di acquisire maggiore efficacia nella gestione della cooperazione allo sviluppo. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame istruttorio ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.30.

SEDE REFERENTE

Martedì 21 febbraio 2012. - Presidenza del vicepresidente Franco NARDUCCI.

La seduta comincia alle 14.30.

Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione internazionale per il controllo dei sistemi antivegetativi nocivi applicati sulle navi, con allegati, fatta a Londra il 5 ottobre 2001, e sua esecuzione.
C. 4945 Governo.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Mario BARBI, relatore, osserva che la Convenzione internazionale per il controllo delle vernici antivegetative sulle navi (cd «Convenzione AFS») è stata adottata a Londra, il 5 ottobre 2001, presso la sede dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO), al fine di prevenire e limitare i danni all'ambiente marino provocati dall'utilizzo delle sostanze antivegetative. Tale obiettivo è perseguito attraverso il divieto dell'utilizzo dei composti organo-stannici (composti organici a base di stagno) usati come sistemi antivegetativi sulle navi, contenuti,

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in particolare, nei rivestimenti a base di tributile (TBT).
L'attenzione è posta sulle vernici antivegetative utilizzate come rivestimento per lo scafo dell'imbarcazione al fine di prevenire la formazione di organismi indesiderati, quali alghe e molluschi, che provocano danni materiali allo scafo e un appesantimento dello stesso con conseguente incremento nel consumo di carburante.
Ricorda che nel passato, come rivestimento degli scafi sono stati utilizzati calce e arsenico, prima che l'industria chimica, a partire dagli anni Sessanta, realizzasse le moderne vernici antivegetative con componenti metallici, che, come dimostrato da recenti studi, persistono nell'acqua costituendo una seria e grave minaccia per la vita marina e l'ambiente in generale.
L'Unione europea, proprio basandosi sulle disposizioni introdotte dalla Convenzione AFS, nel luglio 2003 ha a sua volta adottato il citato regolamento (CE) n. 782/2003, che vieta l'applicazione delle vernici a base di TBT su ogni tipo di scafo a partire dal 1o luglio 2003 e la loro presenza a partire dal 1o gennaio 2008. Tale regolamento è stato successivamente integrato dai regolamenti (CE) n. 536/2008 della Commissione, del 13 giugno 2008, e n. 219/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2009.
Al 30 settembre 2010 sono 48 gli Stati che hanno depositato gli strumenti di ratifica della Convenzione AFS.
La Convenzione AFS è entrata in vigore pertanto il 17 settembre 2008: dodici mesi dopo la ratifica di 25 Stati che rappresentano il 25 per cento del tonnellaggio mondiale.
I Paesi dell'UE che al 30 settembre 2010 hanno ratificato la Convenzione sono i seguenti 20: Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia, Regno Unito.
L'Accordo si compone di 21 articoli e 4 allegati.
Particolare rilievo assume l'articolo 1, in base al quale gli Stati Parte si impegnano a ridurre o a eliminare tali effetti negativi sull'ambiente marino e sulla salute umana e ad incoraggiare il continuo sviluppo di sistemi anti-vegetativi efficaci e sicuri dal punto di vista ambientale. Gli Stati Parte inoltre, si impegnano a cooperare al fine di garantire una efficace messa in opera, l'osservanza e applicazione effettiva della Convenzione.
L'IMO è chiamata a svolgere un ruolo significativo in materia di raccolta e circolazione tra gli Stati Parte delle informazioni sull'applicazione nazionale della Convenzione. In particolare, ciascuno Stato è tenuto a comunicare all'IMO l'elenco dei verificatori nominati, degli organismi riconosciuti e dei poteri loro conferiti (articolo 9).
La Convenzione disciplina le ispezioni sulle navi e la rilevazione delle violazioni. Le ispezioni delle navi possono avvenire in qualsiasi porto, cantiere navale o terminale off-shore di una Parte (articolo 11).
L'Amministrazione da cui dipende la nave ha l'obbligo di istituire un sistema di divieti e sanzioni per le violazioni della Convenzione che sia adeguatamente severo da avere un effetto deterrente.
Il disegno di legge è composto da sei articoli. Accanto alle consuete disposizioni sull'autorizzazione alla ratifica e l'esecuzione dell'accordo, l'articolo 3 affida la responsabilità delle ispezioni e dei controlli previsti dagli articoli 10 e 11, nonché del rilascio dei certificati, ai Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministero delle infrastrutture e trasporti, che provvedono attraverso organismi di classifica riconosciuti dall'Italia e tramite il Corpo delle capitanerie di porto - Guardia Costiera.
L'articolo 4 reca le sanzioni relative alle violazioni delle disposizioni contenute nella Convenzione.
Il comma 1 prevede la pena dell'arresto da due mesi a due anni o dell'ammenda da 1.500 a 15.000 euro per il

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comandante di una nave che applichi, riapplichi, installi o utilizzi sistemi di pulizia nocivi in violazione dell'articolo 4 della Convenzione e dell'allegato 1 della medesima, nonché dell'articolo 4 del Regolamento (CE) n. 782/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Il comma 2 prevede la medesima sanzione per il proprietario e l'armatore della nave nel caso abbiano concorso alla violazione di cui al comma 1. Il comma 3 precisa che, per il comandante di nazionalità italiana della nave, la condanna per il reato di cui al comma 1 comporta la sospensione del titolo professionale, la cui durata viene determinata ai sensi di quanto previsto dall'articolo 1083 del codice della navigazione. Il comma 4 inibisce l'attracco a porti italiani ai comandanti di navi di nazionalità non italiana che abbiano subito condanne in relazione al reato di cui al comma 1. Tale sanzione è determinata, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per un periodo variabile commisurato alla gravità del reato commesso ed alla pena inflitta.
L'articolo 5 reca invece le disposizioni relative alla copertura degli oneri finanziari derivanti dall'Adesione alla Convenzione. Il comma 1 autorizza la spesa di 7.740 euro annui, a decorrere dal 2012, da reperire a carico dei fondi ascritti (triennio 2012-2014) nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle Finanze, con parziale utilizzazione dell'accantonamento relativo al Ministero degli Affari esteri.

Franco NARDUCCI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Come di consueto, se non vi sono specifiche segnalazioni da parte dei gruppi, si intende che si sia rinunziato al termine per la presentazione degli emendamenti. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione tra il Governo di Mauritius e il Governo della Repubblica italiana per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, fatto a Port Louis il 9 dicembre 2010.
C. 4946 Governo.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Guglielmo PICCHI (PdL), relatore, ricorda che il Protocollo in esame mira all'aggiornamento del testo in vigore della Convenzione tra Italia e Mauritius per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, firmata il 9 marzo 1990.
In particolare, l'articolo 1 del Protocollo sostituisce il paragrafo 3 dell'articolo 2 del vigente testo della Convenzione, onde attualizzare il novero delle imposte cui la Convenzione va applicata, che nel nuovo testo saranno rispettivamente, per Mauritius l'imposta sul reddito, mentre per il nostro Paese l'imposta sul reddito delle persone fisiche, l'imposta sul reddito delle società e l'imposta regionale sulle attività produttive, ancorché riscosse mediante ritenuta alla fonte.
L'articolo 2 modifica il paragrafo 1 dell'articolo 3 della Convenzione originaria, al duplice scopo di fornire una più puntuale definizione, anche in base al diritto internazionale, dei diritti sovrani dell'Italia sulla zona economica esclusiva situata al di fuori del mare territoriale, nonché di aggiornare la denominazione delle autorità competenti dei due paesi per l'applicazione della Convenzione, che divengono ora, nel caso di Mauritius il Ministro incaricato delle finanze o un suo rappresentante debitamente autorizzato, e per quanto riguarda l'Italia il Ministero dell'economia e delle finanze.
L'articolo 3 aggiunge un paragrafo all'articolo 9 della Convenzione originaria, che è dedicato alle fattispecie impositive nel caso di associazione di imprese: il nuovo paragrafo contempla il caso di imprese associate, una delle quali si veda

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assoggettata a tassazione nel proprio Stato di origine in relazione a utili sui quali un'impresa associata dell'altro Stato contraente è stata pure ivi sottoposta a tassazione: in tal caso l'altro Stato contraente, conformemente alla procedura amichevole di cui all'articolo 25 della Convenzione, procede ad apposita rettifica dell'imposta applicata su quegli utili nel proprio territorio.
L'articolo 4 del Protocollo procede alla sostituzione dei paragrafi 2 e 3 e alla soppressione del paragrafo 4 dell'articolo 23 della Convenzione originaria, che riguarda la metodologia per l'eliminazione delle doppie imposizioni. La nuova formulazione aggiorna tale metodologia, fissando anche i limiti alla deducibilità dell'imposta nei due paesi in riferimento a elementi di reddito imponibili nell'altro Stato.
L'articolo 5 del Protocollo novella l'articolo 26 della Convenzione originaria, che riguarda gli scambi di informazioni tra le competenti autorità delle Parti ai fini dell'applicazione della Convenzione medesima. La nuova formulazione, in sostanza, mira a rendere più penetrante l'azione di raccolta delle informazioni in campo fiscale, prevedendo che lo Stato contraente oggetto di una richiesta utilizzi i poteri a sua disposizione anche qualora le informazioni in questione non siano rilevanti per i propri fini fiscali interni, e si esplicita anzi che tale ultima eventualità non possa essere invocata per rifiutare di fornire quelle informazioni.
Particolare rilievo assume poi la nuova formulazione normativa che riduce la portata del cosiddetto segreto bancario, stabilendo che lo Stato richiesto non potrà rifiutare di fornire le informazioni con la sola motivazione che esse siano detenute da una banca, da un'istituzione finanziaria o da un mandatario operante in qualità di agente o fiduciario.
L'articolo 6, infine, prevede le procedure per l'entrata in vigore del Protocollo in esame, che costituirà parte integrante della Convenzione e che resterà in vigore per tutto il periodo di vigenza della medesima.
Sottolinea infine che il disegno di legge non contiene norme di copertura finanziaria poiché, come riportato nella relazione illustrativa, la ratifica del Protocollo non comporta mutamenti rilevanti di gettito per il nostro Erario.

Franco NARDUCCI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Come di consueto, se non vi sono specifiche segnalazioni da parte dei gruppi, si intende che si sia rinunziato al termine per la presentazione degli emendamenti. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.50.

INTERROGAZIONI

Martedì 21 febbraio 2012. - Presidenza del vicepresidente Franco NARDUCCI. - Interviene il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giampaolo D'Andrea.

La seduta comincia alle 14.50.

5-05745 Renato Farina: Sulla libertà religiosa in Vietnam.
5-05876 Renato Farina: Sulla libertà religiosa in Vietnam.

Franco NARDUCCI, presidente, avverte che le interrogazioni in titolo, vertendo sulla stessa materia, saranno svolte congiuntamente.

Il sottosegretario Giampaolo D'ANDREA risponde congiuntamente alle interrogazioni in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

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Renato FARINA (PdL), replicando, si dichiara soddisfatto in particolare per la promessa della menzione della questione nel corso della prossima visita in Vietnam del Ministro degli affari esteri, auspicando che ciò avvenga sia con il suo omologo che con il Premier vietnamita. Manifesta quindi viva preoccupazione per la notizia diffusa dal sito dissidente birmano Mizzima News, non smentita, che in sede ASEAN Laos e Vietnam starebbero lavorando ad una dichiarazione che subordinerebbe i diritti individuali alla ragion di Stato perché la libertà religiosa trascinerebbe verso l'anarchia. Considera poi che talune rassicurazioni diplomatiche non risultano molto attendibili, se si pensa che l'ultimo rapporto del Dipartimento di Stato statunitense sulla libertà religiosa classifica il Vietnam nella seconda fascia più a rischio, mentre la Commissione operante sempre negli USA su tale materia ne avrebbe addirittura consigliato l'inclusione nella prima fascia. Ricorda altresì il comune impegno con il collega Mecacci per la difesa dei diritti dei Montagnard.
Nel rilevare, poi, che la cooperazione italiana considera strategica l'area del Sud-Est asiatico, invita a prevedere nella destinazione degli interventi la necessità di tutelare la libertà di coscienza, nello spirito della mozione Mazzocchi approvata dalla Camera nel gennaio 2011.

5-06168 Touadi: Sul contributo italiano al rifinanziamento della Global Partnership for Education.

Il sottosegretario Giampaolo D'ANDREA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).

Jean Leonard TOUADI (PD) replicando, ringrazia per la puntuale ed analitica informazione che purtroppo conferma l'allarme delle ONG circa le risorse disponibili per il 2012. Si augura che la possibilità di reperire altre risorse in futuro possa avverarsi, anche in vista dell'adempimento, scadenzato al 2015, degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio che raccordano l'educazione all'empowerment delle donne. Ricorda come molti Stati a basso reddito abbiano accresciuto gli iscritti alle scuole elementari basandosi su finanziamenti esteri che oggi la crisi mette in dubbio. Insiste sull'importanza del capitale umano nei processi di sviluppo per cui le spese nell'educazione sono in realtà degli investimenti destinati anche ad aprire nuovi mercati alle economie occidentali in affanno. Osserva quindi che non si tratta di fare filantropia, ma di rafforzare l'economia globale.

Franco NARDUCCI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

La seduta termina alle 15.10.