CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 11 gennaio 2012
588.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
Pag. 34

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI

RISOLUZIONI DEL PARLAMENTO EUROPEO

  Mercoledì 11 gennaio 2012. — Presidenza del presidente Furio COLOMBO.

  La seduta comincia alle 13.30.

Esame istruttorio della Risoluzione del Parlamento europeo del 5 luglio 2011 sulla Costituzione ungherese rivista.
(Doc. XII, n. 809).

(Esame istruttorio e rinvio).

  Il Comitato inizia l'esame istruttorio della risoluzione in titolo.

  Furio COLOMBO, presidente e relatore, rileva che il tema in esame è delicato per le sue implicazioni ed estremamente rilevante perché concerne il rispetto dei fondamentali princìpi dell'Unione europea in tema di libertà e democrazia da parte di uno Stato membro.
  Manifesta apprezzamento per lo sforzo compiuto dal Parlamento europeo per porre in evidenza come la situazione ungherese stia mostrando significativi scostamenti rispetto alla tradizione costituzionale europea e nello steso tempo giudica troppo timide le prese di posizione assunte finora nelle altre sedi comunitarie.Pag. 35
  Osserva che occorre una riflessione su come orientare i lavori del Comitato sul tema, tenendo conto dei rapporti con la Commissione esteri nel suo complesso, del coinvolgimento del Governo e dell'eventuale contributo della Commissione affari costituzionali.
  Ricorda che, a seguito della Risoluzione del Parlamento europeo, approvata lo scorso 5 luglio, sulla Costituzione ungherese rivista, la Commissione europea ha avviato l'esame di tale nuovo testo costituzionale in relazione al rispetto dei principi fondamentali dell'Unione, in conformità con l'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea. In particolare, la Vicepresidente della Commissione e Commissario europeo per la giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza, la lussemburghese Viviane Reding, ha inviato lo scorso mese di dicembre una lettera alle autorità ungheresi con la richiesta di urgenti chiarimenti su alcune disposizioni adottate.
  Osserva che con l'entrata in vigore della nuova Costituzione lo scorso 1o gennaio l'attenzione europea si è ulteriormente concentrata su quanto avviene in Ungheria. Diversi gruppi politici hanno manifestato l'intenzione di sollevare nuovamente il caso nel corso della prossima seduta plenaria del Parlamento europeo il 16 gennaio e autorevoli organi di informazioni, europei e anche americani, hanno espresso fortissime preoccupazioni rispetto alla nuova Costituzione ungherese.
  Nel Paese intanto si è svolta un'imponente manifestazione di protesta il 2 gennaio e iniziative di sostegno si sono tenute in molte città europee. Il presidente della Corte suprema, già giudice della Corte europea dei diritti dell'uomo, Andras Baka, ha dovuto lasciare la sua funzione, a causa della modifica dei requisiti per l'incarico apportata dal nuovo testo costituzionale, e con lui numerosi magistrati in ragione dell'introduzione di un limite di età sensibilmente inferiore rispetto a quello precedentemente fissato, ricordando come simili disposizioni nel nostro Paese siano state adottate dal regime fascista.
  La situazione politico-costituzionale che si sta determinando in Ungheria ha quindi assunto un rilievo istituzionale, che rende opportuno un approfondimento da parte del Comitato permanente sui diritti umani. Precisa che la risoluzione in esame è frutto della rielaborazione di precedenti proposte sottoscritte da rappresentanti di quattro gruppi parlamentari al Parlamento europeo (Socialisti e Democratici, Alleanza dei Democratici e Liberali, Verdi/Alleanza libera europea, Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica) e che gli esponenti delle altre forze politiche presenti nel Parlamento europeo, vale a dire quelle di centro-destra, si sono espressi sostanzialmente in maniera contraria sul testo approvato dal Parlamento europeo.
  Osserva che la risoluzione parte dalla considerazione che l'Unione europea si fonda sui valori della democrazia e dello Stato di diritto e sul rispetto inequivocabile dei diritti e delle libertà fondamentali, come sancito nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e nella Convenzione europea per i diritti dell'uomo (CEDU), sottoscritta anche dall'Ungheria.
  Dal punto di vista procedurale si precisa che, mentre l'elaborazione e l'adozione di una nuova costituzione rientra tra le competenze degli Stati membri, essi e l'Unione europea hanno il dovere di assicurare che lo spirito e la lettera delle costituzioni adottate non siano in contrasto valori dell'UE, la Carta dei diritti fondamentali e la CEDU. A dimostrazione di ciò la risoluzione cita il fatto che diversi degli attuali Stati membri dell'Unione europea hanno dovuto rivedere e modificare le loro costituzioni per aderire all'UE o adattarle ai successivi requisiti dei trattati UE, in particolare su richiesta della Commissione.
  Rammenta che il nuovo testo costituzionale è stato approvato dal Parlamento ungherese il 19 aprile del 2011 con il solo voto favorevole dei partiti di centro-destra – Fidesz (Alleanza dei Giovani Democratici) e KDNP (democristiano) – risultati nettamente vincitori alle elezioni dell'anno precedente, avendo ottenuto un numero di Pag. 36seggi parlamentari, il 68 per cento, sufficiente per modificare la Costituzione senza il consenso dell'opposizione. I rappresentanti dei principali partiti di opposizione, socialisti (MSZP) e verdi liberali (LMP), non hanno partecipato al voto in segno di protesta, mentre i deputati del partito estremista di destra – e antisemita – Jobbik, non facente parte del Governo, hanno espresso un voto contrario dettato dal contrasto politico e non certo frutto di un'ispirazione morale.
  Segnala in proposito che l'Ungheria era fino a quel momento l'unico Paese dell'ex blocco sovietico che non aveva adottato una nuova Costituzione, mantenendo, pur con numerose modifiche, il testo del 1949.
  In relazione alle modalità del processo costituzionale ungherese la risoluzione del Parlamento europeo sottolinea che esso è stato caratterizzato da una mancanza di trasparenza e l'elaborazione e l'adozione della nuova Costituzione sono state completate in tempi eccezionalmente brevi che non hanno lasciato abbastanza tempo per un completo e sostanziale dibattito pubblico sul progetto di testo, mentre un processo pienamente riuscito e legittimo dovrebbe essere basato su un consenso quanto più ampio possibile.
  La risoluzione richiama e condivide le preoccupazioni espresse dalla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (Commissione di Venezia) per quanto riguarda sia la trasparenza, il carattere inclusivo e la tempistica del processo di adozione, sia le modifiche del sistema di controlli ed equilibri, in particolare le disposizioni riguardanti la nuova Corte costituzionale e quelle che potrebbero mettere a rischio l'indipendenza della magistratura ungherese.
  Tra i punti critici del testo della nuova costituzione sono evidenziati il rischio di discriminazione nei confronti di alcune categorie della società, in particolare le minoranze etniche, religiose e sessuali, le famiglie monoparentali, le persone che vivono in unioni di fatto e le donne, e l'assenza di disposizioni rispetto ad alcuni obblighi assunti a livello internazionale, ad esempio in materia di divieto della pena di morte.
  Particolare apprensione suscita la formulazione del preambolo, ritenuta ambigua, rispetto agli obblighi dello Stato ungherese nei confronti delle persone di etnia ungherese che vivono all'estero, in quanto potrebbe creare una base giuridica per azioni che i Paesi vicini potrebbero considerare come ingerenza nelle loro questioni interne, determinando tensioni nella regione.
  Viene inoltre evidenziato che la nuova Costituzione prevede l'ampio uso di leggi cardinali, la cui adozione è soggetta alla maggioranza di due terzi, anche per temi come aspetti specifici del diritto familiare e i sistemi fiscale e pensionistico, che rientrano normalmente nei poteri decisionali del Parlamento, mettendo così a rischio il principio democratico in relazione alle future elezioni.
  Perplessità analoghe suscita l'istituzione di un organo non parlamentare, il consiglio del bilancio, con limitata legittimità democratica, che avrà il potere di veto sull'adozione del bilancio generale da parte dell'Assemblea Nazionale, determinandone il possibile scioglimento da parte del Capo dello Stato.
  Sulla base di queste e di altre considerazioni la risoluzione si chiude con due inviti rivolti, rispettivamente alle autorità ungheresi e alla Commissione europea.
  Nel primo caso si invita, tra l'altro, a cercare un consenso e perseguire un'autentica inclusione politica e sociale per l'elaborazione delle leggi cardinali, elaborazione che dovrebbero in ogni caso fornire esclusivamente un quadro di riferimento che consenta ai futuri governi e parlamenti democraticamente eletti di adottare decisioni autonome su tali politiche.
  Si invita inoltre a rivedere alcuni aspetti del testo costituzionale per assicurare: pari protezione dei propri diritti ad ogni cittadino; il rispetto dell'integrità territoriale e della sovranità dei paesi in cui sono presenti minoranze di lingua ungherese; l'indipendenza della magistratura e Pag. 37del sistema giudiziario; il rispetto degli obblighi internazionali dell'Ungheria in materia di pena di morte, ergastolo senza possibilità di libertà condizionale e discriminazione fondata sull'orientamento sessuale.
  La Commissione viene invitata ad effettuare un'analisi approfondita della nuova Costituzione e delle leggi cardinali da adottare in futuro, per controllare che esse siano coerenti con l’acquis comunitario e in particolare la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea nonché con la lettera e lo spirito dei trattati.
  Richiama, infine, l'attenzione sugli attacchi alla libertà di informazione che si stanno verificando in Ungheria e sottolinea come la discriminazione razziale, religiosa e verso determinati stili di vita abbia già trovato, in un certa maniera, attuazione nei confronti dei Rom, che rappresentano un segmento debole della società rispetto a cui tradizionalmente traggono origine politiche aggressive che poi si diffondono verso altri settori.
  Alla luce delle considerazioni svolte, ritiene che il Comitato debba seguire con estrema attenzione la questione oggetto della risoluzione in esame ed approfondirne l'analisi, anche attraverso lo svolgimento di opportune audizioni, ad esempio del giudice emerito della Corte europea dei diritti dell'uomo Vladimiro Zagrebelsky, che è intervenuto sulla materia, ovvero di altri esperti del Consiglio d'Europa, dell'OSCE e dell'Unione europea, riflettendo sugli aspetti procedurali.

  Renato FARINA (PdL) ritiene che occorra in primo luogo approfondire quali siano le modalità corrette per esaminare in sede parlamentare disposizioni inserite nella Costituzione di uno stato estero, votata da un Parlamento liberamente eletto, senza correre il rischio di operare delle indebite interferenze.
  Quanto al merito del testo costituzionale ungherese, invita a fare distinzione tra i diversi aspetti ivi contenuti, con particolare riferimento alle enunciazioni che caratterizzano l'identità di un popolo e che sono volte legittimamente a contrastare il relativismo culturale. Sottolinea infatti che è in atto un processo culturale, denunciato già molti anni fa da Pier Paolo Pasolini, che tende ad omologare le culture eliminando le loro specificità. Giudica in proposito molto positivo, ad esempio, che la nuova costituzione ungherese menzioni il diritto del concepito.
  Invita a concentrare l'attenzione sul momento applicativo della nuova Costituzione, ritenendo che eventuali aspetti critici possano essere in quella sede rilevati in relazione agli obblighi intenzionali assunti volontariamente dall'Ungheria. Ritiene che l'eventuale audizione di esperti debba essere effettuata a largo raggio e non limitarsi a pur autorevoli personalità, come quella proposta dal presidente Colombo, che sono ben note per posizioni già precostituite.

  Matteo MECACCI (PD) dissente dall'ultima affermazione del collega Farina, osservando che non appare corretto presumere la parzialità di una figura autorevole e sicuramente esperta della tematica del rispetto dei diritti umani a livello europeo. Giudica corretta la procedura delineata dal presidente Colombo per l'esame di un atto del Parlamento europeo e per un successivo approfondimento della problematica connessa. Ritiene, inoltre, che le numerose riserve sul nuovo testo costituzionale ungherese espresse in diverse ed autorevoli sedi, come il Consiglio d'Europa, l'OSCE e la stessa Unione europea, confermino l'opportunità di un esame del caso in sede di Comitato permanente sui diritti umani.
  Invita pertanto a proseguire il lavoro istruttorio, evitando il dibattito ideologico sui singoli punti. Ritiene, infatti, che su temi specifici sia comprensibile avere visione diverse, ma che la loro costituzionalizzazione appare come un forzatura che pregiudica l'eventuale differente approccio da parte di future maggioranze parlamentari.

  Enrico PIANETTA (PdL) sottolinea la delicatezza di affrontare nell'ambito del Pag. 38Parlamento italiano l'esame di decisioni adottate da altri parlamenti nazionali. Invita pertanto a concentrare, in una prima fase, l'attenzione sugli aspetti procedurali, a partire dalla consultazione della Commissione affari costituzionali prospettata dal presidente nella sua relazione, e a procedere solo successivamente all'eventuale analisi delle norme costituzionali approvate.

  Mario BARBI (PD) osserva che la questione in esame si presenta nello stesso tempo come rilevante e delicata, in ragione degli importanti nodi politici che sono implicati dal nuovo testo costituzionale e del rapporto tra Unione europea ed Ungheria. Evidenzia, in proposito, il fatto che occorre esaminare con cura quali sono le motivazioni e le basi giuridiche per intervenire rispetto alle norme di rango costituzionale di un Paese membro. Ritiene in ogni caso utile audire anche personalità magiare, sia in rappresentanza delle autorità di governo che esponenti dell'opposizione.

  Fiamma NIRENSTEIN (PdL) rileva che la storia politica delle relazioni internazionali a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale si basa essenzialmente sul dovere di intervenire nei casi di violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Nello specifico caso ungherese non vi è quindi il rischio di ingerenza, ma semmai il dovere di approfondire la questione per dissipare qualsiasi dubbio circa l'implementazione di talune misure.
  Giudica utile in proposito una missione a Budapest per un confronto diretto con le forze politiche e parlamentari.

  Furio COLOMBO, presidente e relatore, citando fonti giornalistiche, ricorda le recenti sentenze della Corte costituzionale ungherese in difesa della libertà di informazione minacciata da provvedimenti governativi, le dure prese di posizione sulle presunte ingerenze straniere espresse dal primo ministro Orban e le successive ritrattazioni causate dalla necessità di garantirsi l'aiuto internazionale per affondare il grave dissesto finanziario.
  Segnala poi che, come già accennato nella sua relazione, l'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea prevede esplicitamente meccanismi di censura nei confronti degli Stati membri che violino i princìpi di libertà, democrazia e rispetto dei diritti umani.
  Nell'imminenza dell'inizio dei lavori plenari della Commissione, rinvia il seguito dell'esame istruttorio ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.20.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 11 gennaio 2012. — Presidenza del presidente Stefano STEFANI. – Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Marta Dassù.

  La seduta comincia alle 14.20.

Variazione nella composizione della Commissione.

  Stefano STEFANI, presidente, comunica che è entrato a far parte della Commissione il deputato Pietro Cannella, componente del gruppo PdL.
  Ricorda che, in questi giorni, è venuto a mancare il collega Mirko Tremaglia, deputato dalla VI legislatura e componente ininterrottamente dal 1976 della Commissione affari esteri e comunitari, di cui è stato Presidente nella XII legislatura (1994-1996). Crede di interpretare il sentimento di tutti i colleghi, evidenziandone la straordinaria tempra umana e politica e l'intenso impegno parlamentare profuso con grande generosità soprattutto nella promozione del ruolo degli italiani nel mondo.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di riconoscimento degli studi, titoli e diplomi di istruzione media, diversificata e professionale per il proseguimento degli studi di istruzione superiore, tra i Governi della Repubblica italiana e della Repubblica Pag. 39Bolivariana del Venezuela, sottoscritto a Caracas il 27 luglio 2007.
C. 4792 Governo.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Gennaro MALGIERI (PdL), relatore, illustra che l'accordo in esame mira a venire incontro alle legittime esigenze nutrite dalla nostra comunità residente in Venezuela sanando la carenza di una disciplina bilaterale del riconoscimento degli studi, dei titoli e dei diplomi di livello medio per il proseguimento degli studi di livello superiore in Italia ed in Venezuela.
  Attualmente i diplomi conseguiti presso i nostri istituti in Venezuela non ricevono alcun riconoscimento legale da parte delle autorità venezuelane, acuendo il rischio di una diminuzione delle iscrizioni presso queste istituzioni scolastiche, a detrimento della diffusione della lingua italiana, in un Paese che conta circa un milione di oriundi.
  Il presente Accordo è inteso a consentire agli studenti italiani, che ottengano il diploma di maturità superiore nelle scuole italiane di iscriversi negli atenei venezuelani venezuelane, senza ulteriori prove da sostenere, ad esclusione un esame di lingua spagnola.
  Gli articoli 4 e 5 dell'accordo sono finalizzati all'esigenza di garantire l'acquisizione di un'adeguata conoscenza linguistica, in modo da agevolare l'accesso alle università dei rispettivi paesi per tutti coloro che siano in possesso di un titolo di studio venezuelano o italiano.
  Pertanto, in base all'Accordo, gli studenti con il titolo di baccelliere (undici anni), poiché frequentano un anno aggiuntivo presso le istituzioni scolastiche italo-venezuelane o presso gli atenei venezuelani, sono esonerati dalla prova di conoscenza della lingua italiana, mentre gli studenti in possesso di un diploma delle scuole tecniche (dodici anni) non devono frequentare l'anno aggiuntivo, ma sostengono la prova di conoscenza linguistica.
  I possessori di un diploma italiano (sia licei che istituti tecnici) non sono quindi tenuti a frequentare l'anno aggiuntivo, ma devono superare soltanto la prova di conoscenza della lingua spagnola.
  L'articolo 7 fa salva l'autonomia didattica degli atenei, poiché l'accordo si limita a riconoscere i titoli che consentono l'accesso alle prove d'ingresso delle istituzioni universitarie dei due Paesi, senza che ciò comporti comporta l'obbligatoria ammissione dei candidati.
  L'articolo 9 dell'Accordo prevede l'istituzione di una Commissione, composta da due rappresentanti dei Ministeri dell'istruzione dei rispettivi Paesi e da un rappresentante scelto di comune accordo tra le Parti che coordina la Commissione nelle attività di informazione, di valutazione e di controllo dei risultati dell'Accordo.
  Per quanto attiene agli oneri da porre a carico del bilancio dello Stato, come documentato nella relazione tecnica allegata al provvedimento, essi ammontano a 5.100 euro annui ad anni alterni a decorrere dal 2012 (anno in cui la Commissione si riunirà in Venezuela).
  L'intesa – già ratificata dal governo di Caracas – risponde alle aspettative di rafforzamento della collaborazione culturale, scientifica e tecnologica con un paese chiave del sub-continente latino-americano, fortemente segnato dalla storica presenza di una vivace e qualificata comunità di connazionali, dedita prevalentemente alle attività economico-commerciali (costruzioni in particolare), industriali (meccanico, edile, alimentare) ed alle libere professioni: ricordo infatti che attualmente la collettività italiana è la più consistente in America latina dopo quella del Brasile e dell'Argentina con circa 200.000 connazionali residenti (anche se solo 115.000 risultano iscritti alle anagrafi consolari).

  Il sottosegretario Marta DASSÙ concorda con il relatore circa l'opportunità di procedere celermente nell’iter di esame del provvedimento, considerato che il Venezuela ha già provveduto alla ratifica il 25 ottobre 2010 e ha concluso accordi analoghi con quasi tutti gli Stati membri Pag. 40dell'Unione europea. Richiamando gli accordi in materia culturale già siglati da Italia e Venezuela nel 1987 e nel 1990, sottolinea l'importanza dell'Accordo in titolo per i connazionali che intendono proseguire i propri studi nelle scuole italiane, ad oggi non riconosciute dal sistema scolastico venezuelano.

  Fabio PORTA (PD) ritiene che la ratifica del disegno di legge in titolo costituisca un segnale importante per le comunità italiane in Venezuela, già chiamate a fronteggiare una situazione assai difficile causa della diffusa criminalità. Ricordando un recente accordo raggiunto con il Brasile finalizzato ad accogliere in Italia circa settemila specializzandi, sottolinea la rilevanza di simili iniziative sul piano dell'impatto culturale e politico a fronte di moderati oneri finanziari.

  Fiamma NIRENSTEIN (PdL), pur comprendendo il beneficio che dalla ratifica del provvedimento in esame deriverebbe ai connazionali residenti in Venezuela, ritiene che non possa essere taciuto il ruolo, peraltro evidenziato dal relatore, che tale Paese sta giocando negativamente nel contesto latinoamericano anche in termini di visione di politica internazionale e di impatto sulla cultura dei diritti umani. Nel fare presente che in questi giorni il presidente iraniano Ahmadinejad è in visita a Caracas e che l'interscambio tra Iran e Venezuela, cresciuto dal 2007 fino ai 40 miliardi di dollari attuali, si fonda anche sul commercio di uranio grezzo, ritiene che la Commissione non possa trascurare questi profili. Richiama al riguardo il precedente della ratifica del Trattato tra l'Italia e la Libia del regime gheddafiano, su cui espresse voto contrario dissociandosi dalla maggioranza parlamentare.

  Gianni VERNETTI (Misto-ApI), pur concordando sull'opportunità di normalizzare e rafforzare le relazioni italo-venezuelane nell'interesse della comunità dei nostri connazionali, condivide le perplessità nei confronti del ruolo che il Venezuela sta giocando nel continente latinoamericano. In generale, osserva come tale Paese sia divenuto nel tempo un esportatore di instabilità, come testimonia la situazione in Colombia. Preannunciando il voto favorevole del suo gruppo, ritiene che la diplomazia italiana debba tenere conto del contesto complessivo in cui si colloca il provvedimento.

  Enrico PIANETTA (PdL) rileva l'opportunità di operare innanzitutto per la tutela degli italiani nel mondo e, pur nella piena condivisione delle criticità sollevate dai colleghi Nirenstein e Vernetti, preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sul disegno di legge in titolo.

  Franco NARDUCCI (PD) sottolinea come vi sia oggi convergenza nel giudizio sulla natura e sul ruolo della presidenza di Chavez, nei cui confronti però il precedente Governo ha manifestato in più occasioni la propria amicizia. Occorre tuttavia non perdere di vista il ruolo svolto dalle scuole italiane in Venezuela quali snodi fondamentali attorno ai quali ruota la vita delle nostre comunità, come ha avuto modo di verificare la delegazione della Commissione recatasi a Caracas nel febbraio 2009, di cui ha fatto parte. Ritiene quindi prioritario procedere alla rapida ratifica del disegno di legge tenendo conto delle difficoltà cui i nostri connazionali sono andati incontro per essersi spesso attestati su posizioni di forte critica al governo venezuelano.

  Gianpaolo DOZZO (LNP) esprime sorpresa per taluni rilievi critici sollevati dai colleghi sul regime del presidente Chavez se si considera che nel corso della precedente legislatura l'allora presidente della Camera Bertinotti si era recato in visita al Parlamento venezuelano ed aveva pronunciato un discorso elogiativo. Concorda, pertanto, sull'opportunità di ratificare il provvedimento in titolo tenendo conto dei problemi e dei rischi che i nostri connazionali hanno corso in quel Paese.

  Gennaro MALGIERI (PdL), relatore, considera opportuno tenere distinto il profilo politico relativo alla natura della presidenza Pag. 41Chavez da quello oggetto dell'Accordo. Richiamando quindi tutte le contraddizioni che hanno segnato l'ascesa di quel leader e l'andamento delle sue relazioni internazionali, ribadisce la necessità di operare nell'interesse prioritario delle comunità degli italiani residenti in Venezuela.

   Stefano STEFANI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Come di consueto, se non vi sono specifiche segnalazioni da parte dei gruppi, si intende che si sia rinunziato al termine per la presentazione degli emendamenti. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.50.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  Mercoledì 11 gennaio 2012. — Presidenza del presidente Stefano STEFANI. – Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Marta Dassù.

  La seduta comincia alle 14.50.

  Stefano STEFANI, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

5-05882 Evangelisti: Sulle linee programmatiche delle politiche per la cooperazione allo sviluppo.

  Fabio EVANGELISTI (IdV) illustra l'interrogazione in titolo richiamando la risposta che il sottosegretario De Mistura aveva fornito in merito alla sua interrogazione n. 5-05808 offrendo rassicurazione sul carattere prioritario riconosciuto dal Governo al settore della cooperazione allo sviluppo.

  Il sottosegretario Marta DASSÙ risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1), ribadendo la piena disponibilità del Direttore Generale per la Cooperazione allo Sivluppo, Ministro Belloni, ad essere audita sulle Linee guida deliberate in dicembre.

  Fabio EVANGELISTI (IdV), in sede di replica si dichiara soddisfatto per la risposta fornita dal rappresentante del Governo, sottolineando, tuttavia, l'opportunità di cogliere a pieno il significato politico proprio di un documento strategico pluriennale in tema di cooperazione allo sviluppo, evitando un approccio soltanto tecnico-amministrativo, seppur di elevatissimo livello, in una materia che rappresenta parte rilevante della politica estera del Paese.

5-05883 Tempestini: Sulla candidatura italiana al Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite per il biennio 2017-2018.

  Francesco TEMPESTINI (PD) illustra l'interrogazione in titolo che riguarda una questione non prioritaria per i mezzi di informazione ma che è evidentemente cruciale per la politica estera dell'Italia. Segnala anche che l'interrogazione ha avuto origine dalla rilevazione di talune imprecisioni nella stesura dei documenti di bilancio relativi al 2012 che hanno genericamente fatto riferimento all'obiettivo della candidatura italiana al Consiglio di sicurezza.

  Il sottosegretario Marta DASSÙ risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Francesco TEMPESTINI (PD), replicando, si dichiara soddisfatto dalla risposta fornita che richiama il tema del seggio dell'Unione europea presso il Consiglio di sicurezza. Auspica che per il futuro non Pag. 42abbiano a ripetersi indicazioni generiche di obiettivi politici rispetto ad imputazioni contabili anche rilevanti che rischiano in tal modo di risultare fuorvianti, auspicando un impegno del Governo in tal senso.

  Stefano STEFANI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni in titolo.

  La seduta termina alle 15.05.

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