CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 2 novembre 2011
555.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e V)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Mercoledì 2 novembre 2011. - Presidenza del presidente della I Commissione Donato BRUNO. - Intervengono il Ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli e il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Bruno Cesario.

La seduta comincia alle 15.

Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale.
C. 4205 cost. Cambursano, C. 4525 cost. Marinello, C. 4526 cost. Beltrandi, C. 4594 cost. Merloni, C. 4596 cost. Lanzillotta, C. 4607 cost. Antonio Martino, C. 4620 cost. Governo e C. 4646 cost. Bersani.
(Seguito dell'esame e rinvio).

Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 5 ottobre 2011.

Renato CAMBURSANO (IdV) rileva come ciò che sta accadendo in Italia e nel resto del mondo in questi giorni dovrebbe far assumere una responsabilità aggiuntiva rispetto a quella finora dimostrata: l'urgenza e la drammaticità della situazione lo richiedono.
Fa, quindi, presente di aver preannunciato una proposta al presidente della V Commissione, onorevole Giorgetti, affinché il Parlamento, il Governo e le forze politiche possano dare un segnale ai mercati in questa fase, seppure tardivo e parziale: «tagliare» i tempi di approvazione del provvedimento in esame. È vero, come è stato detto, che la politica non dovrebbe dipendere dai mercati ma purtroppo è proprio quanto sta accadendo in questi giorni.
Ricorda di aver presentato una proposta di legge in materia di debito pubblico il 23 marzo scorso, alcuni giorni dopo l'approvazione del Patto euro plus e successivamente ad alcune audizioni svolte dalla Commissione Bilancio. Ricorda, anche in base alla propria esperienza personale, come la filosofia che è alla base delle operazioni di borsa è quella di cogliere, talvolta, più i messaggi che la sostanza delle misure adottate dai Paesi. La proposta di legge da lui presentata era quindi volta a sollecitare il Parlamento ad approvare in tempo utile un provvedimento

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sulla materia. Se già allora fosse stato approvato sarebbe stato dato un segnale di maggiore credibilità da parte del Paese, nella direzione di un crescente impegno verso il risanamento dei conti pubblici: il messaggio da dare ai mercati sarebbe stato efficace.
Fa presente come in Italia, di fatto, si viva al di sopra delle proprie possibilità. Occorre, quindi, in questa fase cercare di arrivare all'approvazione dei provvedimenti in esame nei tempi più brevi possibili e con un consenso quanto più trasversale da parte delle forze politiche. La sua personale proposta è quindi quella di dare mandato ai presidenti delle Commissioni I e V, che sono anche relatori sul provvedimento in esame, di definire una prima stesura di testo che tenga conto degli esiti della discussione generale svolta e di quanto finora emerso.
Ritiene, infatti, sia stata da più parti evidenziata l'inopportunità di modificare o integrare l'articolo 11 della Costituzione e di introdurre il principio del pareggio di bilancio nell'ambito dell'articolo 53 della Costituzione. È apparso, infatti, più opportuno intervenire unicamente sugli articoli 81 e 119 della Carta costituzionale.
Evidenzia inoltre che, per fare in modo che il pareggio di bilancio non sia solo un mero principio, occorre tenere conto di due regole fondamentali. In primo luogo, tutto ciò che attiene all'andamento del ciclo economico deve essere assorbito nel pareggio di bilancio, senza una rincorsa alla spesa. Al contempo, la deroga per la ricerca e gli investimenti dovrebbe far parte del testo che auspica che i presidenti vorranno definire al termine della discussione di carattere generale. Occorrerà poi valutare se applicare il principio del pareggio di bilancio solo allo Stato e alle regioni, ovvero anche alle autonomie locali.
Ricorda come vi siano stati molti input e come siano emerse alcune indicazioni prevalenti.
Auspica, pertanto, che possa essere definito un testo da parte dei presidenti su cui si raggiunga un'ampia convergenza, così riducendo di molto i tempi dell'iter parlamentare.

Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI) intende, in primo luogo, evidenziare come i tempi delle decisioni da parte della politica non appaiono coerenti ed adeguati rispetto alla velocità ed alla gravità della crisi. Ricorda come le Commissioni riunite Affari costituzionali e Bilancio siano state convocate l'11 agosto scorso per adottare una riforma costituzionale che potesse rassicurare i mercati. Da allora, solo oggi - per la prima volta dopo tre mesi - un ramo del Parlamento affronta tale tematica nel concreto, nonostante si tratti di una delle poche riforme costituzionali in cui si possa realizzare un'ampia convergenza delle forze politiche in Parlamento. A suo avviso, occorreva dare urgenza al disegno di legge del Governo che, invece, è stato presentato alle Camere un mese dopo l'audizione dell'11 agosto. Le proposte di iniziativa parlamentare sono, infatti, tutte precedenti al provvedimento governativo.
Ribadisce, pertanto, l'incapacità del sistema politico e, in particolare, del Governo in carica, di adottare misure adeguate alla crisi economica in atto.
Si associa al percorso delineato dal collega Cambursano, in base al quale i presidenti delle Commissioni, che sono anche relatori, in considerazione della particolare importanza della materia trattata, potrebbero proporre un testo che giunga ad una rapida approvazione. Sarebbe un segnale politico importante del Parlamento, tanto più rispetto ai tempi dimostrati dal Governo.
Evidenzia in ogni modo come, nonostante una relativa convergenza dei progetti di legge in discussione, occorra una riflessione attenta. Ci si trova di fronte ad una norma costituzionale che, nelle intenzioni del legislatore, aveva il compito di gestire la finanza pubblica orientandola verso il pareggio e tenendo conto della responsabilità nei confronti delle generazioni. Tuttavia, il quarto comma dell'articolo 81 della Costituzione, da un certo

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punto in poi è stato «forzato» con un certo cinismo da parte dell'intero sistema politico italiano, tanto che in quegli anni in cui vi era una maggioranza molto ampia in Parlamento il rapporto tra deficit e PIL ha raggiunto il 22 per cento. Il debito è stato ampiamente utilizzato per coprire le maggiori spese o le minori entrate fino a quando è stata «imposta» la disciplina comunitaria sul livello di indebitamento.
Sottolinea come la distorsione in Italia sia stata aggravata dal fatto che in quegli anni non sono state realizzate le infrastrutture necessarie per rendere il Paese più efficiente e modernizzato: sono state solo consumate risorse senza avere risultati concreti.
Rileva come le leggi di contabilità che sono state quindi approvate e, in particolare, la legge n. 468 del 1978, unitamente alle modifiche dei regolamenti parlamentari, che hanno cercato di rendere più stringente l'obbligo di copertura finanziaria, sono state anch'esse forzate. La legge finanziaria doveva servire a riportare il bilancio all'equilibrio, ma è stata negli anni dilatata e distorta.
Evidenzia come le manovre siano state fatte in quegli anni non sulla spesa vera ma sul tendenziale. Non è mai stato adottato un sistema di zero based budgeting che era alla base della legge n. 468 del 1978, della legge n. 362 del 1988 e degli interventi successivi. Non si è neanche ritenuta opportuna l'introduzione della cosiddetta golden rule, volta a consentire il debito solo se finalizzato a spese di investimento. Tale principio è stato solo vagamente inserito nel 2001 per i livelli sub-statali. Con il Trattato di Maastricht e con il Patto di stabilità e crescita l'Unione europea ha poi reso più stringenti i vincoli di bilancio. Lo stesso Patto euro plus può considerarsi di fatto già incorporato nel nostro ordinamento attraverso il rinvio dell'articolo 11 della Costituzione. Tale Patto non implica, infatti, un adeguamento delle Costituzioni nazionali al principio del pareggio di bilancio proprio perché si ritiene che si applichi automaticamente.
Tuttavia, ritiene che una modifica dell'articolo 81 sia comunque importante e necessaria perché determinerebbe quella cesura culturale. In tal modo, infatti, vi sarebbe una presa di coscienza collettiva del pareggio di bilancio come vincolo costituzionale e delle conseguenze che inevitabilmente esso comporta, a partire da mutamenti profondi nella gestione della finanza pubblica e nella consapevolezza delle responsabilità che graverebbero anche nei confronti delle nuove generazioni.
Sottolinea come le generazioni di mezzo saranno quelle gravate da un doppio carico: non avranno i benefici pensionistici che vi sono stati finora e subiranno i costi delle misure di risanamento da intraprendere. Occorre, infatti, avere consapevolezza del fatto che sui cittadini dei prossimi quaranta anni graverà in modo pesante la gestione del debito, considerando che ciò comporterà tensioni sociali ed una fase di grande complessità.
Si sofferma, quindi, sulle audizioni svolte dalle Commissioni I e V sui provvedimenti in titolo che hanno riguardato, in primo luogo, la questione relativa alla possibile antinomia della disciplina costituzionale del pareggio di bilancio rispetto alla tutela dei diritti fondamentali. È stato da più parti sottolineato come tale antinomia potrà essere evitata se le future politiche di bilancio avranno la capacità di modificare la propria struttura determinando una gerarchia di priorità. In particolare, il bilancio dovrà avere l'elasticità di garantire in primo luogo i diritti fondamentali, incidendo, se necessario, su rendite e prerogative. Sottolinea come la sfida che attende il sistema politico rispetto alla capacità di gestione sarà più ardua e diversa dal passato.
Ricorda come un'altra questione che è stata affrontata nel corso delle audizioni riguarda il rischio che, sotto il profilo economico, il vincolo del pareggio di bilancio possa determinare nel tempo un blocco nella capacità di crescita del Paese. Ritiene che questo possa anche essere vero, ma, come è emerso, se questo avverrà vi sarà il tempo di intervenire nuovamente sulla Costituzione. La priorità, in

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questa fase, è quella di «rompere» con la storia italiana di una finanza fondata sul debito, presidiando con tutti gli strumenti possibili la tenuta del bilancio.
Chiede quindi quale rapporto vi sia tra il vincolo di bilancio e l'attuazione del federalismo fiscale e, in particolare, se, come probabile, ad una fase recessiva debba coincidere una fase di maggiore accentramento. Segnala in proposito che si potrebbe verificare una crisi strutturale del processo di federalismo, poiché esso, a suo avviso, presuppone un ciclo di crescita al fine di sostenere i territori a minore capacità fiscale. Rileva quindi la necessità di adeguare profondamente tale processo al nuovo quadro finanziario ridefinendo, tra l'altro, la gerarchia delle priorità della spesa. Osserva, in proposito, che occorrerebbe riflettere su un'allocazione delle risorse che tenga conto di ciò che è necessario di volta in volta in una determinata fase del ciclo economico, piuttosto di ciò che dovrebbe essere garantito sempre e comunque. Sottolinea quindi la necessità di una maggiore condivisione politica nella ripartizione delle risorse che richiederà una maggiore flessibilità nella spesa e nella fissazione del vincolo di pareggio di bilancio. All'uopo evidenzia la necessità di rivedere la legislazione contabile e gli strumenti di revisione della spesa. Con riferimento agli indicatori macroeconomici da utilizzare nell'attuazione della riforma in discussione, pur condividendo l'opportunità di una depurazione dei dati alla luce degli effetti del ciclo economico, rileva che gli indicatori non potranno che essere quelli definiti in sede europea. Rileva quindi la necessità di sottrarre alla maggioranza contingente la flessibilità nell'attuazione dell'introducendo principio del pareggio di bilancio, introducendo a tal fine uno strumento legislativo rinforzato. Sottolinea inoltre la necessità di una maggiore riflessione sul profilo della giustiziabilità, che rappresenta il punto debole delle proposte di riforma dell'articolo 81 della Costituzione, affidando alla Corte dei conti sia la possibilità di un ricorso in via diretta alla Corte costituzionale, sia il compito di filtrare eventuali richieste in tal senso provenienti da una minoranza parlamentare, allo scopo di evitare una eccessiva politicizzazione delle eventuali violazioni del novellato articolo 81, sia un eccessivo intasamento della Corte costituzionale. Ritiene come si potrà individuare una convergenza sulla natura rinforzata della nuova legge di contabilità. Rileva la necessità di una maggiore riflessione sull'eventuale introduzione di vincoli quantitativi al bilancio direttamente in Costituzione, sottolineando in proposito l'opportunità di evitare un eccessivo irrigidimento che non tenga conto delle diverse fasi del ciclo economico. In proposito ritiene preferibile una fissazione di tali vincoli nell'ambito della legge di contabilità rinforzata. Con riferimento alla maggioranza richiesta per approvare e modificare tale legge evidenzia come tale scelta dovrà tener conto del sistema elettorale adottato. Con riferimento all'estensione anche alle regioni e agli enti locali del vincolo di bilancio, sottolinea come, a suo avviso, sarebbe utile procedere ad duna modifica dell'articolo 117 della Costituzione, affidando allo Stato la competenza esclusiva sul coordinamento della finanza pubblica. In proposito osserva come l'autonomia degli enti sia stata posta a presidio dei diritti dei cittadini e non dei diritti degli enti territoriali medesimi. Sull'obbligo al pareggio di bilancio per le regioni e gli enti locali, pur avendo avanzato una proposta in proposito evidenzia come ciò potrebbe comportare un ulteriore degrado delle infrastrutture di base del Paese a detrimento in particolare di quella generazione intermedia cui si chiede di accollarsi sia il peso della crisi che il pagamento dei debiti pregressi. In definitiva rileva che comunque vi sono le condizioni politiche per arrivare rapidamente all'adozione di un testo condiviso.

Marco CAUSI (PD) sottolinea come nell'attuale fase di crisi sia maggiormente necessario effettuare interventi condivisi e coerenti dal punto di vista temporale piuttosto che l'adozione di singole misure. Ritiene in proposito che la riforma dell'articolo 81 della Costituzione rappresenti

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l'unica occasione per dimostrare entrambe le condizioni richiamate, lamentando tuttavia che il Governo non si sforzi di individuare ulteriori occasioni del genere. Manifesta quindi la disponibilità del Partito democratico a contribuire sulla riforma in discussione. In proposito fa presente di aver ricevuto dagli onorevoli Cambursano e Lanzillotta, per conto delle rispettive forze politiche, l'incarico di effettuare una sintesi delle posizioni condivise dalle forze di opposizione. A tal proposito osserva preliminarmente l'opportunità di agire solo sull'articolo 81, evitando interventi sull'articolo 53 della Costituzione. In secondo luogo, pur rilevando l'assenza di differenze sostanziali sul versante terminologico, sottolinea che sarebbe preferibile l'adozione del criterio del saldo strutturale, da individuare attraverso il documento di economia e finanza cui la necessità di una maggioranza speciale conferirebbe peraltro un maggiore valore politico. Ricordando la condivisione emersa anche nel corso delle audizioni sull'opportunità di una modifica limitata al testo costituzionale, ritiene quindi preferibile un'azione più incisiva nell'ambito della nuova legge di contabilità. Fa presente che il suo gruppo e le altre forze di opposizione insistono molto sulla necessità di un maggiore coordinamento sui vari livelli di Governo, richiamando in proposito, tra le diverse posizioni proposte, l'audizione del professor Giarda in cui si segnalava la possibilità di una sorta di regionalizzazione del vincolo, ovvero l'esplicitazione di un limite massimo cui le regioni dovrebbero attenersi. Ritiene in ogni caso problematica la fissazione di norme eccessivamente dettagliate mentre, a suo avviso, sarebbe utile rafforzare gli strumenti di coordinamento già in vigore. Evidenzia quindi la necessità di una revisione dell'articolo 117 nel senso già auspicato dall'onorevole Lanzillotta al fine di assegnare alla competenza esclusiva dello Stato il coordinamento della finanza pubblica e le politiche di stabilizzazione del ciclo economico. Con riferimento alla possibilità di prevedere deroghe al principio del pareggio del bilancio, pur ricordando che la proposta del Partito democratico prevedeva la necessità di una legge approvata a maggioranza assoluta, ritiene che sarebbe possibile una delibera non legislativa della stessa tipologia di quella di approvazione del documento di economia e finanza. Con riferimento alla definizione dello stato di necessità, ritiene che occorra tener conto anche dei livelli essenziali delle prestazioni, richiamando in proposito l'intervento del professor Giarda che ha rilevato l'opportunità che lo Stato si faccia comunque carico delle prestazioni che chiede agli enti locali di erogare. Mentre non rileva particolari criticità rispetto al terzo comma del nuovo articolo 81, ritiene che occorre riflettere ulteriormente sulle maggioranze previste. Raccomanda quindi di prendere in considerazione la proposta già avanzata dall'onorevole Lanzillotta di affidare alla Corte di conti la possibilità di un ricorso diretto alla Corte costituzionale in caso di presunta violazione dell'articolo 81, nonché una funzione di filtro rispetto ad eventuali richieste in tal senso di una minoranza parlamentare. Richiamando l'intervento dell'onorevole Lanzillotta, evidenzia l'opportunità dell'introduzione di meccanismi di controllo sulla finanza regionale, evitando che le regioni sfuggano ai vincoli di bilancio. Invita quindi a riflettere sulla introduzione di una autorità di controllo, tenendo tuttavia conto del fatto che tale ruolo potrà essere svolto in un futuro assai vicino dalle istituzioni europee.

Giuseppe CALDERISI (PdL) ritiene che il principio del pareggio di bilancio debba essere introdotto nella Costituzione non solo e non tanto perché l'Unione europea chiede all'Italia regole per garantire la sostenibilità del suo debito pubblico, ma perché è un principio in sé giusto e necessario. Occorre peraltro essere consapevoli che l'adozione di un tale principio a livello costituzionale non è una mera questione di legislazione contabile, ma comporta conseguenze che riguardano la concezione stessa della democrazia e la forma dello Stato, in quanto si modifica la costituzione fiscale, con la quale si definiscono

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le regole fondamentali per le attività economiche e finanziarie degli apparati pubblici, nonché le relazioni tra autorità e libertà e tra diritti individuali, diritti sociali e doveri fiscali, vale a dire il nucleo essenziale dei sistemi politici. Si tratta insomma di rivedere l'assetto istituzionale, vale a dire le relazioni tra gli attori istituzionali del sistema e in particolare quelle tra il Governo e il Parlamento, il quale ultimo, per inciso, nasce, come istituzione, proprio per controllare l'utilizzo che il sovrano fa delle risorse prelevate con la tassazione.
Sottolinea che la regola del pareggio di bilancio è necessaria innanzitutto per assicurare l'equità intergenerazionale, che oggi non è garantita in quanto le generazioni più vecchie stanno godendo di benefici il cui onere finanziario ricade sulle generazioni più giovani. L'equità tra le generazioni è un principio di ordine etico-morale enunciato già nelle teorie economiche classiche. Tale principio è stato però dimenticato, quando, per un insieme di ragioni storico-contingenti legate alle vicende politiche interne ai singoli Stati, le teorie keynesiane hanno preso il sopravvento nelle prassi politiche di spesa. I vincoli morali sono venuti meno e oggi è necessario surrogarli con vincoli giuridici.
Evidenzia che l'obiezione principale contro le politiche keynesiane di spesa in disavanzo sta nel fatto che, nel concreto funzionamento dei sistemi politici contemporanei, il ricorso al debito non è stato anticiclico e quindi limitato alle fasi di ciclo economico avverso, come richiesto dal modello teorico, ma è proseguito anche nelle fasi di espansione economica: questo perché l'orizzonte temporale considerato dal modello teorico è spesso più lungo del ciclo elettorale e quest'ultimo si caratterizza per la crescita del debito soprattutto sotto le elezioni. Nel concreto, quindi, il ricorso alla spesa in disavanzo ha portato a conseguenze non volute dalla stessa teoria keynesiana, la quale non ha mai sostenuto che il disavanzo possa o debba essere permanente, ma ne ha invece prescritto il rientro nelle fasi espansive dell'economia. Questo schema si è rivelato però impraticabile.
Per quanto riguarda le cause della formazione del debito pubblico italiano, ricorda - anche richiamando la propria lunga esperienza personale di parlamentare eletto per la prima volta nel 1972 - che le leggi di spesa erano per lo più approvate nelle commissioni all'unanimità, nella generale indifferenza al problema della copertura finanziaria ed anzi con la precisa messa in opera di espedienti tesi ad aggirare i vincoli posti dall'articolo 81 della Costituzione. La crescita del debito pubblico italiano è pertanto responsabilità di tutte le forze politiche presenti in Parlamento, e in primo luogo delle due maggiori: quella democristiana post-degasperiana e quella comunista. Questa prassi, continuata per decenni, ha portato l'Italia a una situazione che, dal punto di vista della teoria keynesiana, è paradossale: quello di costringere il Paese a politiche di contenimento della spesa a servizio del debito proprio nel momento in cui è in corso una crisi economica recessiva e la teoria vorrebbe quindi che si ricorresse a nuovo debito per sostenere la domanda. L'introduzione di un vincolo per l'equilibrio di bilancio, semmai accompagnato da una clausola di flessibilità per far fronte ai cicli avversi, non è pertanto l'abbandono delle teorie keynesiane, ma un modo per proteggere queste ultime dalla cattiva attuazione pratica.
Sottolinea che il percorso compiuto dall'Italia negli ultimi decenni - sul quale non si sofferma, limitandosi a richiamare i passaggi principali - ha mostrato l'obsolescenza dell'attuale testo dell'articolo 81 della Costituzione, il quale ha di fatto esaurito la sua efficacia perché sono nel frattempo mutati i caratteri di fondo del sistema istituzionale. Occorre quindi stabilire una nuova costituzione fiscale, non solo per reagire e prevenire le turbolenze dei mercati, ma anche per aggiornare la costituzione fiscale ai nuovi assetti istituzionali del Paese.
Osserva, al riguardo, che l'introduzione nella Costituzione del principio del pareggio

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di bilancio pone la questione relativa a come assicurare il rispetto del principio stesso: infatti, mentre l'attuale articolo 81 pone un vincolo relativo a ciascuna singola legge di spesa, il nuovo articolo 81 porrà un vincolo relativo all'intero esercizio finanziario. Occorre pertanto che il Governo sia dotato di poteri nuovi e conseguenti, a cominciare da quello di poter valutare la compatibilità di ogni iniziativa normativa di spesa con il quadro della finanza pubblica e con il rispetto dell'equilibrio contabile, come del resto accade negli altri principali Paesi europei. Mentre infatti i parlamenti sono nati, storicamente, per controllare la tassazione e la spesa degli esecutivi, in Italia, paradossalmente, è il Governo a dover controllare le decisioni di spesa del Parlamento, il che lo rende incapace di perseguire una propria politica economica. Tra l'altro, l'attribuzione al Governo di un potere di veto sulle iniziative legislative di spesa del Parlamento avrebbe come effetto collaterale vantaggioso quello di rilanciare il ruolo del Parlamento nel controllo sulla qualità e quantità della spesa pubblica, che oggi è di fatto marginale.
Ritiene pertanto opportuna la istituzione, sulla base di una previsione costituzionale, di una commissione bicamerale, composta in misura paritaria da maggioranza e opposizione, per il controllo della finanza pubblica. A suo avviso, questa soluzione permetterebbe di evitare di rinviare ad istituzioni esterne al Parlamento la decisione sulla legittimità costituzionale degli atti compiuti che abbiano portato alla violazione dell'obbligo del pareggio di bilancio.
Formula, infine, alcune concrete proposte di modifica del testo. In primo luogo, l'autorizzazione parlamentare al ricorso al debito dovrà riguardare non solo gli eventi straordinari, ma anche le fasi recessive dell'economia. L'autorizzazione dovrebbe inoltre fissare un tetto massimo al ricorso al debito e un termine per il rientro del disavanzo. Quanto alla forma della autorizzazione parlamentare, ritiene che questa non dovrebbe essere una legge, ma una deliberazione delle Camere, eventualmente anche una deliberazione del Parlamento in seduta comune. In ogni caso, è indispensabile prevedere meccanismi per assicurare il recupero sia dei disavanzi autorizzati, sia di quelli che si dovessero comunque formare ed emergere a consuntivo: ad esempio si potrebbe prevedere che il Governo debba, in questi casi, presentare, insieme al rendiconto, anche un piano di rientro volto a far rientrare il debito in un tempo ragionevole e ristretto.
Ritiene, ancora, necessario superare la concezione della legge di bilancio come legge formale con la quale non sia possibile intervenire sulla legislazione di spesa. La legge di bilancio deve anzi diventare uno strumento con il quale intervenire sulla legislazione sostanziale di spesa per conseguire il pareggio di bilancio.
Quanto alla collocazione del principio nel testo costituzionale, ritiene che esso, in considerazione della sua rilevanza, potrebbe certamente essere inserito tra i principi fondamentali di cui agli articoli da 1 a 12, anche per risolvere il problema del possibile contrasto con altre parti della Costituzione che impongano spese a tutela di diritti o di livelli di prestazioni da garantire su tutto il territorio. Al riguardo, sottolinea - anche in risposta all'intervento del deputato Causi - che non c'è un nesso diretto tra il vincolo del pareggio di bilancio e la composizione della spesa pubblica: il principio non comporta infatti di per sé effetti sulla tutela dei diritti fondamentali costituzionalmente protetti e dei livelli essenziali delle prestazioni, potendo ogni livello di tutela essere garantito con il bilancio in pareggio.
Per quanto riguarda la collocazione, nel sistema delle fonti, della legge di contabilità, ritiene che questa dovrebbe essere più forte delle leggi ordinarie, anche se, a suo avviso, la maggioranza di due terzi dei componenti delle Camere è eccessiva: potrebbe bastare la maggioranza assoluta.
A suo avviso, poi, è necessario intervenire anche sull'articolo 117 per assumere la materia della armonizzazione dei bilanci pubblici tra quelle di legislazione esclusiva dello Stato.

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Ritiene, poi, che il vincolo del pareggio di bilancio debba riguardare il complesso delle amministrazioni pubbliche, ma anche i singoli enti ricompresi nel conto delle amministrazioni pubbliche.
Si dice poi contrario all'adozione della golden rule, in ragione della incertezza delle spese qualificabili in quanto spese di investimento, salvo forse quelle il cui carattere di spese di investimento è evidente, come le spese per infrastrutture a impatto strategico non finanziabili con le ordinarie risorse di bilancio. È pertanto, a suo avviso, necessario modificare l'ultimo comma dell'articolo 119 della Costituzione per escludere la possibilità che gli enti territoriali ricorrano a al debito per finanziare le spese di investimento.
Ancora, ritiene necessario, come già accennato, attribuire al Governo il potere di veto sulle iniziative legislative del Parlamento che comportino spese e istituire una commissione parlamentare a composizione paritaria tra maggioranza e opposizione di controllo sulla spesa pubblica, la quale sia adeguatamente supportata sul piano tecnico.
Infine, dichiara di non condividere la proposta di stabilire nella Costituzione un limite massimo alla pressione fiscale per evitare il rischio che il vincolo di pareggio spinga verso la ricerca di nuove entrate. A suo avviso, si potrebbe invece prevedere che il Parlamento fissi ogni anno, in anticipo rispetto alla manovra di bilancio, tale limite massimo: è già previsto, ma di fatto non si fa.
Conclude auspicando che l'esame del provvedimento proceda nel modo più celere possibile e che si possa addivenire quanto prima all'approvazione di un testo il più possibile condiviso.

Mario TASSONE (UdCpTP) fa presente che non potrà associarsi al coro di approvazione per l'introduzione del principio del pareggio del bilancio, esprimendo al riguardo interrogativi derivanti anche dalle audizioni svoltesi nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui progetti di legge in esame. A suo avviso, infatti, sarebbe necessario un ulteriore approfondimento sulle implicazioni dell'introduzione nella Costituzione del principio di pareggio del bilancio, evitando che all'esame dei progetti di legge in materia sia riconosciuta una corsia preferenziale. Esprime, in proposito, sofferenza e preoccupazione per una riforma costituzionale che si accompagna a numerose altre iniziative volte a modificare altre disposizioni della Carta fondamentale, richiamando in particolare i disegni di legge relativi alla modifica dell'articolo 41 della Costituzione, alla revisione dei requisiti previsti per l'elettorato attivo e passivo e alla soppressione delle province. Nel segnalare l'assenza di un disegno di riforma organico, rileva con preoccupazione come il disegno di legge di iniziativa governativa non intervenga solo sull'articolo 53 e sull'articolo 81 della Costituzione, ma comporti anche un ripensamento delle disposizioni attinenti alle relazioni fra lo Stato e gli enti territoriali di cui agli articoli 117 e 119 della Costituzione. Esprime, inoltre, dubbi sulla formulazione dei progetti di legge in esame, pur dichiarandosi certo dell'impegno dei presidenti in qualità di relatori per individuare una formulazione più convincente. In particolare, ritiene che debbano valutarsi le implicazioni della riforma rispetto al federalismo fiscale. Nel richiamare le considerazioni già espresse in occasione dell'approvazione della legge n. 42 del 2009, reputa necessario decidere se si vuole garantire una effettiva realizzazione del federalismo fiscale, osservando, ad esempio, come i recenti orientamenti del Ministero dell'economia e delle finanze in materia di dismissioni immobiliari sembrino porre in dubbio i contenuti del decreto legislativo relativo al cosiddetto federalismo demaniale. Nell'evidenziare come l'attuale situazione finanziaria dell'Unione europea derivi anche dalla mancata armonizzazione delle politiche economiche e finanziarie di Paesi che hanno storie e situazioni profondamente diverse tra loro, ritiene che sarebbe erroneo scambiare la riforma dell'articolo 81 della Costituzione per una soluzione all'attuale congiuntura economica. A suo giudizio, deve tenersi distinto il piano dei

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principi costituzionali da quello delle politiche economiche volte a far fronte all'attuale situazione di crisi, dovendosi evitare l'adozione di riforme costituzionali che necessitino di un rodaggio in vista di futuri interventi in materia. Sottolinea, quindi, come la soluzione all'attuale situazione di crisi non possa trovarsi nella costituzionalizzazione del principio di bilancio, osservando come l'esigenza di far fronte a vincoli sempre più penetranti derivanti dalla normativa dell'Unione europea rischia di portare a esiti contraddittori, come avviene nel disegno di legge del Governo, che riconosce il principio dell'equilibrio di bilancio individuando tuttavia eccezioni, i cui confini non sono sufficientemente precisati, che rischiano di smentire totalmente il principio stesso. Nel segnalare, inoltre, come la definizione dei cicli economici sia una materia essenzialmente economica e difficilmente può tradursi in una disposizione normativa, evidenzia come non debba demonizzarsi la costituzione del debito pubblico, osservando come la rigida applicazione del principio del pareggio di bilancio nel dopoguerra avrebbe potuto sostanzialmente impedire la ricostruzione il rilancio del nostro Paese. Evidenzia, altresì, come negli ultimi anni si sia progressivamente persa la cultura dei controlli, sottolineando come sia necessario anche un ripensamento anche dei controlli sugli enti territoriali e, in particolare, sulle regioni. In questo senso, nell'evidenziare come la Corte dei conti nel corso della sua audizione, abbia colto l'occasione per richiedere un rafforzamento del proprio ruolo, ritiene necessaria una riflessione in ordine alle possibili misure per potenziare i controlli in materia di finanza pubblica. In definitiva, pur dichiarando di non avere certezze su queste materie, ritiene che la mera enunciazione del pareggio di bilancio come norma costituzionale non basta a garantire il raggiungimento di tale obiettivo, che può raggiungersi solo attraverso un quadro più ampio di interventi che passi anche attraverso una revisione del ruolo delle regioni nelle materie della sanità, dell'istruzione e della tutela dell'ambiente. Non condivide pertanto l'entusiasmo che anima il disegno di legge governativo e le proposte di legge di iniziativa parlamentare, invitando ad una riflessione attenta e approfondita. Giudica, inoltre, pericoloso indicare al Paese un percorso per la soluzione dell'attuale situazione di crisi che non consentirà di raggiungere gli obiettivi sperati. Da ultimo, ritiene che debbano essere approfonditi i rapporti tra l'enunciazione del principio del pareggio del bilancio e il riconoscimento dei diritti essenziali, osservando come esiste una contraddizione in termini tra la garanzia dei diritti inviolabili e l'assolutizzazione dell'obiettivo dell'equilibrio finanziario.

Lino DUILIO (PD), nel richiamare le considerazioni svolte dal collega Causi, sottolinea preliminarmente la rilevanza degli spunti di riflessione forniti dall'indagine conoscitiva relativa ai progetti di legge in esame, auspicando una ampia pubblicizzazione dei contenuti forniti dagli auditi in quella sede. Quanto al merito dei progetti di legge in discussione, osserva come in questa sede, parafrasando Benedetto Croce, non possiamo non dirci favorevoli al pareggio di bilancio, ritenendo tuttavia come l'introduzione nella nostra Costituzione del principio del pareggio di bilancio non rappresenterebbe una vera e propria cesura culturale, dal momento che i costituenti - in particolare, Einaudi - si proponevano l'obiettivo di garantire il tendenziale equilibrio del bilancio attraverso la disposizione del vigente articolo 81 della Costituzione. Nel segnalare come con la prospettata revisione costituzionale ci si proponga di fissare nella Costituzione norme che inducano comportamenti più virtuosi da parte dei decisori politici, ritiene che ci si debba interrogare sul tenore del principio da introdurre anche al fine di decidere in ordine ai futuri controlli sul rispetto del principio medesimo. Nel dichiararsi contrario all'individuazione di disposizioni troppo puntuali nell'ambito della Costituzione, reputa che la fissazione di un principio di carattere generale limiterebbe sensibilmente il numero dei possibili

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ricorsi alla Corte costituzionale per violazione del principio dell'equilibrio del bilancio, osservando che, almeno in una fase transitoria, prima di un ampio intervento di riforma in materia, i controlli possono essere affidati alla Corte dei conti. Quanto al contenuto del principio del pareggio di bilancio, osserva che l'equilibrio tra le entrate e le spese consentirebbe di uscire dalla crisi solo in presenza di un andamento positivo del PIL, in controtendenza, quindi, rispetto all'ultimo decennio, nel quale la crescita dell'economia è stata in media inferiore allo 0,5 per cento. Richiamando le considerazioni del professor Giarda in materia, ritiene che ci si debba interrogare sul carattere ciclico o strutturale di tale andamento, in quanto qualora di trattasse di un dato strutturale, l'inserimento di una rigida regola in materia di pareggio di bilancio che non contempli una golden rule creerebbe inevitabilmente problemi alla crescita. In questa ottica, rileva come quella di Keynes sia l'ultima grande teoria generale dell'economia, osservando come anche le politiche anticicliche di stop and go non abbiano dato buoni risultati, e si chiede quindi attraverso quali strumenti potrà provvedersi al finanziamento delle spese infrastrutturali di carattere strategico qualora il tasso di crescita dell'economia si mantenga stabilmente sui bassi livelli registrati negli ultimi anni. Rileva, inoltre, come le questioni di bilancio attengano strettamente al funzionamento della democrazia osservando, come giustamente il professor Carabba abbia parlato in proposito di una «democrazia del bilancio». In questo contesto sottolinea come le regole di bilancio e, quindi, la fissazione di un principio di equilibrio finanziario attiene ai mezzi e non ai fini dell'azione politica, dichiarando quindi di non comprendere le ragioni per l'inserimento del principio in discussione nella parte prima della Carta costituzionale, che attiene alla fissazione dei diritti fondamentali. A questo riguardo rileva, altresì, che in questi ultimi mesi si sta procedendo in modo disorganico a revisioni costituzionali, con ciò realizzando errori che rischiano di determinare guasti irreparabili in un testo che è il frutto di una lunga e ponderata elaborazione da parte dei costituenti. Ritiene, pertanto, che sarebbe un grave errore procedere frettolosamente in una materia così delicata, evidenziando peraltro come anche la riforma costituzionale francese sia ancora lontana dalla sua approvazione definitiva. Segnala, quindi, la necessità di lavorare all'elaborazione di un testo condiviso che raccolga gli stimoli emersi nel corso dell'attività istruttoria e che porti all'individuazione di un giusto equilibrio tra le diverse esigenze coinvolte dall'introduzione del principio di equilibrio finanziario. In questa ottica, ricorda come il pareggio del bilancio rappresenti un principio tipico dello Stato liberale, che prevedeva un limitato intervento pubblico, ricordando tuttavia come l'evoluzione nella direzione dello Stato sociale abbia prodotto risultati senz'altro positivi per il benessere e lo sviluppo economico. Ritiene pertanto, ingenerose le critiche rivolte, sull'onda di superficiali valutazioni giornalistiche, all'attuale livello del debito pubblico, osservando come l'indebitamento progressivamente accumulatosi abbia consentito al nostro Paese di arrivare ad essere uno degli Stati più sviluppati al mondo. In questo contesto, sottolinea come le spese in conto capitale rappresentino un indispensabile strumento per garantire la realizzazione di interventi dei quali beneficeranno anche le future generazioni e ritiene, pertanto, che sarebbe un errore la radicale esclusione del ricorso all'indebitamento per il loro finanziamento.
Occorre quindi valutare attentamente come formulare il principio del pareggio di bilancio. Richiama la seduta dell'Assemblea costituente del 24 ottobre 1946 in cui Luigi Einaudi evidenziava come il quarto comma dell'articolo 81 fosse la garanzia della tendenza al pareggio di bilancio e, diceva allora, «non si debbono fare spese che per il momento la finanza nazionale non può sopportare. Ed è bene che, anche dal punto di vista giuridico, il principio sia presente sempre alla mente di coloro che propongono delle spese

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nuove: il Governo deve avere la preoccupazione che il bilancio sia in pareggio e la stessa esigenza non può essere trascurata da una qualsiasi forza che si agita nel Paese e che avanza proposte che comportino maggiori oneri finanziari».
Rileva, pertanto, come dagli atti dell'Assemblea costituente fosse chiara la ratio dell'articolo 81; se, tuttavia, si fosse seguita tale impostazione non si sarebbe in questa situazione.
Ricorda, tra l'altro, come esponenti del Governo in carica avessero rassicurato in merito al fatto che, anche per gli elevati risparmi delle famiglie che caratterizzano l'Italia, fino al 2016 non sarebbero state necessarie altre manovre. Come è noto, così non è stato e, anche nelle ultime misure adottate, è stata vista la vulnerazione del quarto comma dell'articolo 81, considerato che spesso si continua a considerare nel bilancio non le entrate effettive ma le speranze di entrate, le illusioni di entrate. Richiama, ad esempio, la quantificazione di 4 miliardi di euro che era stata fatta dal Governo quale esito di una indeterminata lotta all'evasione che invece, come è noto, va considerata a bilancio pari a zero per computarla solo una volta ottenuto l'effettivo incasso.
Auspica, in ogni modo, che si possa diventare più virtuosi con l'approvazione del provvedimento in discussione. Ritiene opportuno, al riguardo, definire una disposizione di carattere generale da inserire nella Costituzione, rinviando alla legge ordinaria la declinazione del principio della parità di bilancio. Concorda, in particolare, sulla formulazione proposta relativamente all'equilibrio annuale tra entrate e spese, prevedendo che il disavanzo possa essere legato solo all'andamento del ciclo economico e ad eventi eccezionali, con la compensazione negli anni successivi.
Ritiene, altresì, che vadano considerati anche tutti gli enti sub-nazionali con capacità di spesa previsti dall'articolo 114 della Costituzione. A livello dell'Unione europea, infatti, il riferimento è al bilancio della pubblica amministrazione in senso allargato.
Ritiene nel merito di particolare interesse quanto evidenziato dal professor Giarda nel corso dell'audizione svolta in ordine alle istanze di compensazione, con la determinazione di una casistica di interventi possibili in cui se opera una regione non opera l'altra.
Rispetto alle perplessità manifestate nel corso della discussione rispetto alle previsioni delle lettere m) e p) dell'articolo 117 della Costituzione, riguardanti i livelli essenziali e le funzioni fondamentali, ritiene necessario riparametrare in primo luogo l'azione dello Stato, il quale deve intervenire per finanziare i diritti soggettivi e le funzioni fondamentali previste dalla Costituzione, definendo il livello essenziale delle prestazioni e adattando i finanziamenti.
Concorda sull'opportunità di prevedere un filtro di controllo preventivo a livello di Corte dei conti. Ricorda altresì che la proposta di istituire una Commissione bicamerale evocata dal collega Calderisi era già contenuta nelle conclusioni dell'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione bilancio nella scorsa legislatura, deliberata dopo una legge finanziaria che era apparsa all'evidenza ipertrofica.

Giuseppe CALDERISI (PdL) ricorda come tale proposta fosse già prevista nell'ambito delle modifiche ai regolamenti parlamentari presentate dal suo gruppo che, tuttavia, il Presidente della Camera, in qualità di Presidente della Giunta per il regolamento, non ha mai messo all'ordine del giorno.

Lino DUILIO (PD) sottolinea come occorrerà prevedere ben altro nell'ambito di una discussione più ampia e complessiva, che riguardi anche il ruolo del Parlamento nella sua funzione di controllo sui documenti di bilancio. Auspica, quindi, che oltre alla definizione del principio costituzionale del pareggio di bilancio si discuta quanto prima anche delle questioni più ampie ed organiche.

Renato CAMBURSANO (IdV) evidenzia come dalla discussione emerga tutta l'urgenza

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della modifica costituzionale, ma al tempo stesso la costatazione della difficoltà di trovare tempestivamente una soluzione adeguata. Personalmente, riteneva che l'approvazione del provvedimento in titolo potesse rappresentare un tassello importante tra le cose da fare in un momento così drammatico, come evidenziato dallo stesso Presidente della Repubblica. Lo stesso presidente Giorgetti, il 24 ottobre scorso, aveva sottolineato come da parte di altri Paesi europei, come la Germania, fosse stato chieste informazioni sull'andamento dei lavori relativi al provvedimento in titolo. Si tratta pertanto di una misura attesa seppure non sufficiente.
Concorda sull'opportunità di non procedere «a pezzi» nelle modifiche della Carta costituzionale, ma occorre prendere atto che nel frattempo si è pensato ad altro. Sottolinea pertanto come la sua proposta non fosse una scorciatoia quanto piuttosto uno strumento per approvare rapidamente una misura in grado di contribuire a dare credibilità al Paese, che è la prima cosa che è venuta a mancare.
Occorre quindi vedere se si riesce a coniugare i tempi con la sostanza o se ciò che conta è solo discutere. Altri Paesi hanno già approvato tale modifica e in Italia si sono già persi sette mesi rispetto a quando ci si era impegnati a dare delle risposte.
Intervenendo nel merito della questione oggetto dei provvedimenti in titolo, richiama l'audizione del professo Bruni svolta dalla Commissione bilancio il 16 marzo 2011, il quale individuava nell'irresponsabilità intertemporale una delle ragioni dell'accumulo del debito pubblico e tra le cause più note individuava il funzionamento del sistema elettorale che premia chi spende di più piuttosto chi tiene sotto controllo la spesa.
Evidenzia come dal complesso delle disposizioni costituzionali emerga un obbligo di tutela intergenerazionale. Recentemente la Camera dei deputati ha approvato all'unanimità una modifica costituzionale che va in tale direzione e in tale quadro può intendersi anche l'articolo 81 a condizione di reinterpretarlo nel senso più estensivo.
A livello contabile, un principio di tutela intergenerazionale, più direttamente riconoscibile, consiste nel tendenziale divieto di peggiorare stabilmente il patrimonio collettivo.
Richiama quindi gli esiti del Patto euro plus, in cui l'obiettivo indicato è quello di garantire un uniforme equilibrio finanziario strutturale negli Stati membri dell'Unione europea. Tale esigenza è direttamente connessa all'avanzamento del processo di integrazione europea che dal 1992 ha condotto alla creazione di un'unione monetaria e ad un coordinamento crescente delle politiche economiche dell'eurozona. Il coordinamento ed i vincoli sono sempre più stringenti dopo la crisi finanziaria che ha messo a rischio l'euro; in questa ottica, la regola del pareggio di bilancio potrebbe essere letta come un primo passo per trasferire la politica fiscale e di spesa a livello sovranazionale. Richiama l'articolo 310 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che prevede che il bilancio dell'Europa unita debba risultare in pareggio.
Ritiene, pertanto, ancora più evidente come il dibattito sulla riforma delle regole di bilancio non possa prescindere da una contestuale riflessione sulle prospettive di sviluppo della integrazione sovranazionale. Ricorda come Francia e Germania, il 16 agosto 2011, abbiano inviato al Presidente del Consiglio dell'Unione europea un quadro di proposte che prevedano l'istituzione di un Governo economico per l'Europea, l'Eurocouncil, e l'introduzione di un'effettiva tassazione sulle transazioni finanziarie nonché l'obbligo di pareggio di bilancio da inserire nelle Costituzioni di tutti i Paesi aderenti all'euro.
Ricorda come la Spagna abbia approvato in una sola settimana il nuovo testo dell'articolo 135 della Costituzione. In Italia, l'inserimento nella Costituzione di tale principio richiede che siano affrontate alcune questioni preliminari.
Ricorda come già il collega Duilio abbia richiamato i lavori dell'Assemblea costituente

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e gli interventi di personaggi illustri quali Einaudi, Mortati, Vanoni sulla formulazione dell'articolo 81. In proposito, è stato introdotto l'obbligo per la legge di indicare i mezzi per fare fronte a nuove o maggiori spese, ricordando come solo dopo alcune obiezioni il verbo «provvedere» è stato sostituito con quello «indicare». Non è stato inserito, invece, alcun vincolo esplicito al pareggio di bilancio, sebbene si potesse cogliere nell'intenzione di alcuni Costituenti la richiesta di includere gli strumenti in grado di tutelare il principio del pareggio, attribuendo a questo un'efficacia maggiore rispetto ad una semplice garanzia dell'equilibrio formalmente determinato dal bilancio approvato. Richiama l'intervento di Vanoni sull'approvazione finale del quarto comma dell'articolo 81.
Sottolinea quindi la necessità di affrontare alcune questioni preliminari. Nella Carta costituzionale la finanza pubblica è trattata in due punti, entrambi posti nella Parte seconda della Costituzione. Ritiene quindi che tale debba essere la collocazione della modifica che si sta discutendo: nell'articolo 81, relativo al bilancio dello Stato, inserito nel Titolo I nella sezione relativa alla formazione delle leggi, nell'articolo 119 nell'ambito del Titolo V, relativo a regioni, province e comuni. Ritiene, al riguardo, che una modifica costituzionale ispirata alle regole europee debba riguardare sia il livello centrale, sia le autonomie territoriali. Ricorda che la propria proposta di legge atteneva solo all'articolo 81, ma ritiene opportuno integrarla con una modifica che riguardi anche l'articolo 119.
Evidenzia come l'equità intergenerazionale, valore tra i primi nelle motivazioni che sollecitano una gestione sana della finanza pubblica, o l'adesione ai principi economico-finanziari che derivano dall'appartenenza all'Unione europea, hanno suggerito un richiamo alla prima parte della Costituzione. Tuttavia, la Costituzione italiana, diversamente da quella tedesca o francese, ha recepito solo indirettamente - attraverso l'articolo 11 - l'adesione all'Unione europea, mentre i vincoli derivanti dai trattati sono citati nella Carta ma nella seconda parte, all'articolo 117, come condizionamento nell'esercizio delle potestà legislative di Stati e regioni.
Rileva come il termine «pareggio di bilancio» sia intuitivo, ma nasconda riflessi tecnici piuttosto complessi e non facilmente traducibili nel linguaggio costituzionale. La platea di enti coinvolti, la definizione del saldo di riferimento, i criteri economici e contabili di calcolo, la natura ex ante o l'esplicitazione di un vincolo ex post, la problematicità di tali elementi suggerirebbe di privilegiare un testo costituzionale di principio, rinviando la trattazione degli aspetti più tecnici alla legislazione di attuazione. L'opportunità di una formulazione costituzionale di principio deriva dalla considerazione che la dizione costituzionale è, e deve rimanere, la punta di un iceberg simbolo di un commitment per il rigore finanziario in grado di condizionare comportamenti e modalità di gestione delle risorse pubbliche.
Osserva come l'introduzione di un vincolo costituzionale non può essere considerato sostitutivo del patto di stabilità e crescita o della disciplina di mercato, ma dovrà essere un modo per rafforzarne l'operare. Richiama quindi l'audizione del professor Bruni secondo cui occorre affrontare la tendenza all'eccessivo indebitamento pubblico che risulta dalla incertezza della politica e dalla scarsa credibilità degli impegni della politica di bilancio. Osserva che la costituzionalizzazione del vincolo del pareggio di bilancio non potrà da sola essere sufficiente nei prossimi anni per garantire la sostenibilità del debito pubblico italiano. Con riferimento al metodo di calcolo da adottare nella definizione del pareggio, ricorda innanzitutto la necessità di partire dal perimetro del settore pubblico, ricordando in proposito come il disegno di legge governativo fissi tale perimetro nell'ambito delle pubbliche amministrazioni, separando la disciplina del bilancio dello Stato da quello degli enti territoriali, a cui l'attuale formulazione dell'articolo 119 consente il ricorso all'indebitamento per le spese di investimento.

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Rileva che nel disegno di legge governativo sembrerebbe configurarsi una diversa disciplina per lo Stato e per gli enti territoriali, consentendosi solo al primo il ricorso alla possibilità di derogare al principio del pareggio in caso di ciclo economico negativo. Osserva come ciò trascurerebbe i problemi derivanti dagli effetti negativi del ciclo economico per il complesso degli enti, salvo che lo Stato non si assuma l'onere di correggere tali effetti al fine di garantire i livelli essenziali delle prestazioni. Con riferimento al saldo da indicare al fine del conseguimento del pareggio nel nuovo articolo 81, fa presente come il richiamo ad una pluralità di saldi rischierebbe di pregiudicare l'idea di semplicità richiesta per le regole fiscali. Rileva quindi come un altro profilo problematico sia quello di come richiamare la correzione ciclica presente anche nelle regole sovranazionali. In particolare evidenzia la necessità dell'assunzione di un parametro unico al fine di evitare pericolose divergenze metodologiche, soprattutto a livello di enti territoriali minori. In tale quadro, sottolinea come occorra coordinare la riforma in esame con l'attuazione del federalismo. Tale coerenza dovrebbe a suo avviso essere assicurata dalla legge di attuazione della novella costituzionale, da approvarsi con una maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, di cui all'articolo 1 della proposta governativa, indicando il livello a cui dovrà operare la compensazione ai fini del pareggio di bilancio. Rileva quindi la necessità di una modifica anche dell'articolo 117 della Costituzione per affidare alla competenza esclusiva dello Stato sia l'armonizzazione dei bilanci pubblici sia il coordinamento della finanza pubblica e il sistema tributario, nonché dell'articolo 119 nella parte in cui consente agli enti territoriali di ricorrere all'indebitamento per finanziare le spese di finanziamento. In proposito, sottolinea come dovrebbe essere in ogni caso previsto il divieto che l'eventuale indebitamento degli enti possa essere utilizzato per conferimenti a società partecipate al fine di evitare fenomeni elusivi della norma costituzionale. Ritiene quindi che la legge di attuazione dovrebbe contenere inoltre una definizione precisa degli investimenti che è possibile finanziare anche in deroga al principio del pareggio, richiamando in proposito la recente audizione del professor Bruni che ha segnalato l'opportunità di inserire nella Costituzione la possibilità che la legge attuativa preveda una speciale procedura per la definizione di alcune spese di investimento. Ricorda che nel 2005 la riforma del patto di stabilità e crescita è stata completata proprio per consentire l'operatività di stabilizzatori automatici nelle fasi avverse del ciclo economico e rileva l'opportunità che anche a livello nazionale si preveda nella riforma costituzionale margini di flessibilità nell'applicazione del vincolo del pareggio la cui definizione puntuale dovrà essere rimandata alla legge attuativa. Osserva che la nostra Costituzione ha consentito una stagione dissennata della finanza pubblica e che quindi sarà comunque opportuna l'introduzione della regola del pareggio di bilancio, evidenziando in proposito la necessità di rafforzare il controllo sul versante della spesa. Richiama quindi la recente audizione del professor Nuzzo che ha ricordato come un debitore che non controlla la propria spesa è considerato inaffidabile e quindi non ottiene credito o lo ottiene a costi nettamente maggiori. Ricorda infine la questione della giustiziabilità delle introducende norme costituzionali, evidenziando in proposito il rischio di coinvolgere la Corte costituzionale in un continuo contenzioso nonché la delicatezza di un intervento sulle norme per adire la Corte medesima. Ritiene preferibile un organismo indipendente di controllo sui conti pubblici.

Roberto SIMONETTI (LNP) preliminarmente ricorda che il federalismo fiscale è stato costruito nel quadro della Costituzione vigente e ritiene comunque necessario rivedere i meccanismi di attuazione delle lettere m) e p) dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione. In proposito osserva che lo Stato dovrebbe garantire agli enti locali le risorse necessarie

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per le funzioni fondamentali assegnate, escludendo che siano i cittadini a dover pagare i costi di finanziamenti insufficienti. Evidenzia, quindi, come il principio del pareggio di bilancio dovrebbe essere poi realizzato anche nelle materie a legislazione concorrente tra lo Stato e le regioni e che sarebbe opportuno chiarire a quale livello di governo spetta in concreto la fissazione di norme volte al rispetto di tale vincolo. Richiama, in proposito, i suggerimenti del professor Giarda che potranno costituire un'utile base di riflessione per le proposte emendative che il suo gruppo si accinge a presentare.

Raffaele VOLPI (LNP) sottolinea come in Germania, malgrado i continui richiami che il Governo tedesco indirizza a Paesi ritenuti meno virtuosi, cinque länder versano in una situazione di dissesto finanziario e la stessa Legge fondamentale prevede il conseguimento del pareggio di bilancio nel 2016 per la Federazione e nel 2020 per il comparto dei länder. Con riferimento alla riforma costituzionale in discussione, sottolinea come essa dovrebbe essere adottata al di fuori di una logica contingente e come essa vada fatta tenendo conto delle esigenze del Paese più che delle pressioni internazionali. Sottolinea inoltre che l'intervento deve essere contenuto nei limiti di ciò che il legislatore italiano ritiene opportuno e che dovrebbe essere adeguatamente sintetico come opportunamente si riscontra nel disegno di legge di iniziativa governativa. Ritiene sbagliato inserire un riferimento diretto ai vincoli di bilancio previsti a livello di Unione europea, poiché la fonte primaria dell'ordinamento italiano rimane la Costituzione repubblicana e quindi non ritiene necessario il richiamo ad una sovrastruttura. Osserva inoltre come non sarebbe a suo avviso corretto inserire norme di eccessivo dettaglio per le ipotesi in deroga al principio del pareggio né parametri numerici puntuali. Rileva inoltre come la previsione di un quorum più elevato per il ricorso a tali deroghe non le renderebbe di per sé necessariamente giuste sotto il profilo economico. Nel richiamare l'intervento svolto dall'onorevole Simonetti, sottolinea l'importanza del principio di responsabilità al fine di coordinare la riforma dell'articolo 81 della Costituzione con le norme sul federalismo fiscale.

Pier Paolo BARETTA (PD), con riferimento ai profili di merito degli interventi già svolti, sottolinea come il suo gruppo mette a disposizione della discussione la proposta di legge a prima firma dell'onorevole Bersani, evidenziando come dall'andamento della seduta odierna e delle audizioni che si sono svolte è emersa la possibilità di procedere in maniera condivisa alla modifica della Costituzione, purché si accetti di adottare un metodo di confronto e di reciproca attenzione e non di scontro come nel caso della riforma dell'articolo 41. Evidenzia quindi l'importanza di un rafforzamento anche della legge ordinaria di contabilità, cui il suo gruppo guarda con interesse anche a prescindere dalla riforma complessiva dell'articolo 81, pur rilevando come ciò non soddisferebbe le richieste che provengono dalle istituzioni europee. In questa ottica, ritiene che l'intervento sulla Costituzione dovrebbe essere ispirato ai criteri di flessibilità e leggerezza coerenti con l'impianto della Carta costituzionale. Nell'attendere le proposte che proverranno dai relatori, annuncia che il suo gruppo ritiene più corretta la strada del confronto sulle proposte emendative, ribadendo la prevalenza delle condizioni per addivenire ad una sintesi complessiva, pur nel rispetto delle prerogative di ciascuno. Pur ribadendo la disponibilità ad addivenire in tempi rapidi ad una conclusione dell'esame della riforma costituzionale, esprime la preoccupazione che si possa sprecare un'occasione che dovrebbe invece essere un momento di assunzione di responsabilità del Parlamento quale contributo alla soluzione della crisi. Ritiene che un simile atteggiamento avrebbe un forte valore politico che potrebbe andare nella direzione giusta di rassicurare i mercati internazionali e le istituzioni europee.

Roberto ZACCARIA (PD) ritiene giusta l'indicazione di metodo del deputato

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Volpi: le modifiche della Costituzione andrebbero discusse al di fuori delle contingenze che le rendono necessarie. Certamente serve un accordo sul metodo delle riforme costituzionali, per evitare che l'iter dei provvedimenti di revisione costituzionale ad un certo punto si arresti, come accaduto per il disegno di legge di modifica degli articoli 41, 97 e 118 della Costituzione e per quello di revisione del titolo IV della parte seconda.
Quanto al provvedimento in esame, è importante, a suo avviso, innanzitutto chiarire, come ha fatto il professor Luciani nella sua audizione, che il vincolo che impone oggi all'Italia di introdurre nella Costituzione il principio del pareggio di bilancio è di natura politico-istituzionale, deriva cioè dalla partecipazione volontaria del Paese all'Unione europea: è importante sottolinearlo perché nella revisione della propria Costituzione occorre che ogni Paese sia pienamente libero.
Quanto alla collocazione del principio all'interno della Costituzione, condivide la posizione espressa dai professori Giarda, Carabba e Lupo, che hanno espresso l'avviso che sarebbe meglio limitarsi a intervenire sugli articoli 81 e 119, senza toccare la prima parte della Costituzione o addirittura i principi fondamentali: questo per evitare il rischio che i diritti sociali appaiano in qualche modo condizionati dal principio del pareggio di bilancio, fermo restando che il problema del costo dei diritti non può essere ignorato.
In ogni caso, una revisione dell'articolo 81 appare opportuna, atteso che - come ricordato dal professor Giarda - i vincoli alla legislazione posti dall'attuale articolo 81 della Costituzione non hanno impedito la formazione di un enorme debito pubblico.
Concorda poi con il professor Brancasi sul fatto che la revisione costituzionale dell'articolo 81 deve concentrarsi sul problema strutturale dei vincoli da stabilire per impedire in futuro la formazione di nuovo debito, e non sul problema congiunturale del rientro del debito pubblico attuale. Quanto allo strumento per porre questi vincoli, concorda che debba essere una legge di rango superiore alla legge ordinaria, e quindi approvata con una maggioranza superiore a quella semplice, anche se la maggioranza dei due terzi appare eccessiva. Sarebbe inoltre opportuno precisare nella stessa Costituzione che si tratta di una legge non modificabile se non in modo espresso dalle leggi successive.
Per quanto riguarda il testo del Governo, a suo avviso, è necessario precisare che i controlli volti ad evitare la formazione di disavanzi dovranno essere il più possibile preventivi, in quanto i controlli successivi rischiano di essere tardivi. Il riferimento alle «altre leggi» contenuto nel quarto comma dell'articolo 81 dovrà venire meno, anche per evitare confusione. Quanto al ricorso al debito per spese di investimento, ritiene che si possa pensare di permetterlo per alcuni investimenti qualificati, che incrementino il patrimonio del Paese. È poi necessario garantire il raccordo tra il bilancio preventivo e quello consuntivo, per evitare che il ricorso all'indebitamento, non previsto e autorizzato in sede di preventivo, risulti alla fine a consuntivo. Infine, si dovrebbe rivedere l'articolo 119 per attribuire alle regioni un potere di coordinamento interno degli enti locali a garanzia del rispetto del principio di pareggio a livello di bilancio regionale.
In conclusione, ritiene che, attraverso uno sforzo concentrato su poche modifiche essenziali di miglioramento del testo, si possa addivenire in tempi brevi ad un testo da portare all'esame dell'Assemblea.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte, d'intesa con il presidente della Commissione bilancio, che i lavori delle Commissioni riunite proseguiranno domani alle ore 10.20 con l'adozione del testo base. Il termine per la presentazione degli emendamenti è stato stabilito nell'ambito dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni, alle ore 14 di lunedì 7 novembre prossimo. Rinvia, quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 18.20.