CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 4 ottobre 2011
541.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Martedì 4 ottobre 2011. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Bruno Cesario.

La seduta comincia alle 15.

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2010.
C. 4621 Governo, approvato dal Senato.

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2011.
C. 4622 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame congiunto dei provvedimenti, rinviato, da ultimo, nella seduta del 28 settembre 2011.

Massimo VANNUCCI (PD) osserva preliminarmente che lo scopo dell'esame in Commissione è quello di avviare un'interlocuzione con il relatore ed il Governo al fine di definire eventuali profili problematici dei provvedimenti ed acquisire opportuni chiarimenti ed avverte, pertanto, che, nel proprio intervento, si soffermerà su aspetti di carattere tecnico attinenti al contenuto dei disegni di legge in esame, rinviando considerazioni di carattere più generale all'esame in Assemblea. Con specifico riferimento al disegno di legge relativo al rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per il 2010, osserva che il provvedimento presenta gravi limiti sotto il profilo della leggibilità, richiamando le considerazioni critiche formulate in occasione del giudizio di parificazione dalla Corte dei Conti. A questo riguardo, sottolinea, in primo luogo, come l'accumulo dei residui attivi e passivi, che hanno raggiunto livelli senza precedenti, renda ardua la comprensione dei dati di bilancio. Analogamente, ricorda come la Corte dei Conti abbia evidenziato criticamente

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il ricorso a capitoli di contenuto promiscuo e l'utilizzo in via operativa di capitoli relativi a fondi, sottolineando come tali strumenti impediscano di comprendere in modo puntuale l'effettiva destinazione delle risorse. Sul versante della spesa, rileva che per la prima volta un Governo sostenuto da una maggioranza di centro-destra riesce a conseguire una riduzione delle spese finali rispetto all'esercizio precedente, segnalando, tuttavia, la necessità di verificare puntualmente quali siano le cause di tali riduzioni di spesa. Su un piano generale, comunque, osserva che le spese totali, al netto di quelle riferite al debito pubblico, ammontano ad oltre 457 miliardi di euro, a fronte di entrate finali, che, al netto dell'accensione di prestiti, ammontano a circa 505 miliardi di euro. Nel segnalare come sul lato delle entrate continui a registrarsi un preoccupante incremento della categoria relativa ai giochi, ritiene necessario un approfondimento delle valutazioni in ordine all'andamento della spesa. A tale riguardo, nel richiamare il contenuto di un articolo pubblicato ne Il Sole 24 ore del 29 giugno scorso, evidenzia come il livello della spesa primaria nel nostro Paese sia sensibilmente inferiore a quello registrato in numerosi altri Paesi caratterizzati da uno Stato sociale analogo al nostro e, pertanto, ritiene difficile operare ulteriori tagli non selettivi senza incidere sul livello delle prestazioni riconosciute ai cittadini. Alla luce di questa considerazione, ritiene che debbano valutarsi con attenzione i dati relativi all'andamento delle spese nelle singole missioni e nelle singole categorie, rilevando in primo luogo come la riduzione della spesa in conto capitale rappresenti un indizio non positivo, in quanto la contrazione degli investimenti incide negativamente sulla futura dotazione patrimoniale. Per quanto attiene alle singole categorie di spesa, ritiene positiva la riduzione della spesa per consumi intermedi, pur giudicando necessario approfondire le ragioni di tale contrazione. Valuta, invece, negativamente i dati relativi alla riduzione dei trasferimenti alle famiglie e alle istituzioni sociali private, sottolineando come una corretta politica di riduzione della spesa avrebbe dovuto in primo luogo colpire gli sprechi, anziché i trasferimenti. Per quanto attiene, poi, alle principali missioni, chiede in primo luogo al rappresentante del Governo di voler chiarire le ragioni dell'incremento di oltre il 4 per cento delle somme destinate alle relazioni finanziarie con le autonomie territoriali, a fronte di ripetuti interventi di contenimento dei trasferimenti agli enti territoriali. Osserva, invece, come quasi tutte le altre principali missioni di spesa registrino in sede di rendiconto una riduzione rispetto all'esercizio precedente, esprimendo preoccupazione per l'andamento delle spese relative alla missione Diritto alla mobilità, che registra una riduzione di quasi il 30 per cento rispetto all'esercizio precedente, in una situazione già drammatica per il trasporto pubblico locale. Ritiene, inoltre, opportuno verificare le ragioni della crescita delle risorse destinate alle politiche previdenziali, che segnano un aumento del 3,5 per cento rispetto all'esercizio 2010, osservando come sarebbe stato lecito attendersi una riduzione delle spese, in considerazione degli interventi legislativi adottati in materia negli ultimi anni. Reputa inoltre che sarebbe opportuno chiarire più puntualmente il contenuto della missione Politiche economico-finanziarie e di bilancio, al fine di valutare la portata della riduzione di spesa registrata da tale missione. Per quanto attiene alla spesa per interessi, osserva che la sua flessione rispetto ai dati assestati relativi al 2010 è essenzialmente frutto della iniziale sovrastima delle previsioni di spesa, rilevando che anche nell'esercizio in corso le previsioni iniziali sono state oggetto di revisione in sede di assestamento, con una riduzione di oltre 6 miliardi di euro. Con riferimento alla gestione dei residui, fa presente che nell'esercizio 2010 i residui di nuova formazione ammontano a quasi 80 miliardi di euro per quanto riguarda i residui attivi e a oltre 66 miliardi di euro per quanto attiene ai residui passivi, ribadendo come tale andamento infici gravemente la credibilità dei dati di bilancio.

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Giulio CALVISI (PD) ricorda che il giudizio politico del suo gruppo sui disegni di legge in esame è chiaro e negativo dal punto di vista politico. Sottolinea infatti come, malgrado una tenuta dei conti, il debito continui a fare registrare un incremento, mentre la crescita rallenta ulteriormente. Osserva come vi sia un limite nella lettura dei documenti in esame, già peraltro evidenziato dalla Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione del bilancio, costituito dal fatto che il disegno di legge di assestamento non sconta gli effetti delle manovre di luglio e di agosto, mentre evidenzia un livello molto elevato di residui attivi e passivi. Con riferimento al disegno di legge di rendiconto, evidenzia come si precisi che le entrate sono complessivamente diminuite nel 2010 dello 0,5 per cento rispetto al 2009, malgrado il prodotto interno lordo nel 2010 sia cresciuto nel 2010, mentre era decresciuto nel 2009. Si associa quindi alla richiesta, già avanzata dall'onorevole Duilio, di precisare meglio il contenuto delle tasse e imposte sugli affari, aumentate del 4 per cento, specificando in particolare se, oltre all'imposta sul valore aggiunto, siano state considerate anche altre. Con riferimento alle entrate extratributarie, osserva che l'assestamento proposto è nel senso di procedere quasi ad un raddoppio della voce, con riferimento al bilancio di competenza. Osserva tuttavia che, trattandosi per lo più di entrate che derivano dall'accertamento tributario, tali entrate non possono essere considerate attendibili e il bilancio di cassa registra infatti un sostanziale allineamento rispetto ai dati del bilancio di previsione. Rileva quindi come sia particolarmente imponente la somma dei residui passivi, il cui confine con il debito si presenta, a suo avviso, labile. Stigmatizza quindi che, a fronte di un aumento della spesa corrente, malgrado i tagli, vi sia stato un decremento della spesa relativa ai trasferimenti sociali. Esprime quindi preoccupazione sulla forte contrazione delle spese per investimento, che denota come sia stata sbagliata in questi anni la politica economica del Governo. Osserva come in definitiva il disegno di legge di assestamento possa considerarsi superato, non tenendo conto delle manovre adottate da ultimo e come per il 2011 il vero documento contabile, utile a comprendere effettivamente gli andamenti della finanza pubblica, sarà il rendiconto. Ricorda in proposito come il solo dato sulla crescita sia radicalmente cambiato in peggio rispetto alla Decisione di finanza pubblica approvata in aprile dal Parlamento. Chiede quindi chiarimenti in ordine alla riduzione della spesa per interessi recata dal disegno di legge di assestamento, malgrado l'andamento negativo dei nostri titoli di Stato. Infine chiede di chiarire, richiamando in proposito suoi precedenti interventi, perché non siano state ancora iscritte in bilancio le maggiori somme da riconoscere alla Sardegna come compartecipazione al gettito erariale, mentre sono state riconosciute le ragioni delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Amedeo CICCANTI (UdCpTP) osserva preliminarmente come il bilancio dello Stato e, quindi, il rendiconto offrano una lettura necessariamente parziale dell'andamento della finanza pubblica, dal momento che tali documenti si riferiscono solo alle amministrazioni centrali dello Stato, e non al complesso delle pubbliche amministrazioni. In questa ottica, quindi, ritiene che non sia corretto vantare in questa sede i risultati in materia di indebitamento o di debito pubblico, mentre sarebbe opportuno concentrarsi sul saldo netto da finanziare, che rappresenta il saldo più significativo ai fini del bilancio dello Stato. In ogni caso, ritiene che sia inopportuno esprimere orgoglio per una riduzione del deficit del nostro Paese nel 2010, dimenticando che l'Italia è sottoposta ad una procedura per disavanzi eccessivi e trascurando la circostanza che la correzione effettuate nel 2010 con il decreto-legge n. 78 ha gravato prevalentemente sugli enti territoriali e sulla spesa previdenziale. Osserva, inoltre, che l'esame del rendiconto consente una valutazione dell'efficacia dell'azione del Governo nel corso dell'esercizio finanziario concluso, sottolineando come per l'esercizio 2010

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questa valutazione debba essere effettuate alla luce delle disposizioni introdotte in materia di flessibilità di bilancio anche tra programmi di missioni diverse. In questa ottica, osserva come sia erroneo attribuire al solo Ministro Tremonti la responsabilità delle scelte di politica economica, rilevando come - specialmente in presenza di interventi che coinvolgono più amministrazioni ministeriali - venga necessariamente in gioco il ruolo della Presidenza del Consiglio dei ministri, che deve garantire l'unitarietà dell'indirizzo politico del Governo. A suo avviso, è quindi responsabilità del Governo nella sua collegialità e, quindi, del Presidente del Consiglio dei ministri la mancanza di interventi di riforma delle amministrazioni ministeriali che attuino pienamente le riforme «Bassanini», limitando le articolazioni territoriali dei ministeri, anche a seguito della riscrittura del Titolo V della parte II della Costituzione. Rileva, invece, come sia proseguita troppo a lungo la politica dei tagli lineari, confermata in parte anche dal disegno di legge di assestamento, che recepisce gli effetti del consolidamento degli accantonamenti disposti in relazione alla cessione delle frequenze radiotelevisive.
Per quanto attiene, più specificamente, al contenuto del rendiconto, rileva in primo luogo la crescita dei residui passivi, che passano da 96,6 miliardi di euro a oltre 108 miliardi di euro, a fronte di una massa di residui attivi che cresce da 168 miliardi di euro a 229,8 miliardi di euro, con una formazione di nuovi residui per 79 miliardi di euro. In proposito, richiama in primo luogo le valutazioni critiche espresse dalla Corte dei conti, che ha sottolineato come la presenza di una tale massa di residui determini un appannamento della leggibilità del bilancio, che quindi diventa poco credibile e sostanzialmente inaffidabile. Per altro verso, rileva che l'accumulo dei residui testimonia l'inefficienza della macchina statale, che non è in grado di riscuote le entrate e pagare le spese, sottolineando come si registri un peggioramento rispetto ai precedenti esercizi. Si tratta, a suo avviso, di una situazione particolarmente grave anche per la crescita economica del nostro Paese, in quanto i mancati pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni espone numerose imprese, specialmente quelle di minori dimensioni, al rischio del fallimento e, quindi, al licenziamento dei dipendenti. Osserva, inoltre, che i dati relativi ai debiti degli enti territoriali sono estremamente preoccupanti, ricordando in particolare le risultanze dell'indagine conoscitiva sulla finanza locale svolta dalla Commissione, nonché i dati dell'ISTAT, che per il 2008 registrava debiti pari a 88,6 miliardi di euro per i comuni, a 21,3 miliardi di euro per le province, a 109 miliardi di euro per le regioni a statuto ordinario e a 23,3 miliardi di euro per le regioni a statuto speciale. Nel sottolineare come alla formazione di questa massa di debiti contribuiscono le regole del patto di stabilità interno, ribadisce come si tratti di una situazione che blocca la crescita ed aumenta la disoccupazione, alimentando un circuito perverso per gli equilibri di finanza pubblica che riduce il denominatore del rapporto tra deficit e prodotto interno lordo. Per quanto attiene, invece, ai residui attivi, ritiene che la loro ingente massa testimoni efficacemente l'inefficienza dell'Agenzia delle entrate e le difficoltà incontrate nel contrasto all'evasione fiscale. Nel complesso, rileva che le entrate tributarie registrano un leggero incremento rispetto al 2009, ma una flessione di 2 miliardi di euro rispetto alle previsioni assestate per il 2010, sottolineando come si segnali in particolare una crescita delle entrate derivanti dall'imposizione sugli affari e dai monopoli. Per quanto riguarda le entrate extratributarie, osserva che esse registrano una sensibile riduzione, ma un aumento di circa 30 miliardi rispetto alle previsioni iniziali per il 2010, che erano evidentemente sottostimate. A tale ultimo riguardo, richiamando il dibattito svoltosi presso l'altro ramo del Parlamento, rileva come la sottostima sia dovuta probabilmente alla mancata contabilizzazione in sede di previsione delle sanzioni e degli oneri accessori agli accertamenti, che tuttavia costituiscono entrate incerte, che saranno effettivamente introitate

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solo in futuri esercizi. Nell'evidenziare come tale circostanza infici la credibilità del rendiconto, si sofferma sui dati relativi all'andamento del debito pubblico. A tale riguardo, richiamando le considerazioni del relatore, che ha espresso apprezzamento per la circostanza che il ricorso al mercato sia inferiore alle previsioni per il 2010, ricorda che negli ultimi anni - con l'eccezione del 2002 - l'effettivo ricorso al mercato è sempre stato inferiore alle previsioni. Nel segnalare che il ricorso al mercato è migliorato anche per la riduzione del ricorso ai prestiti, osserva che in ogni caso il debito pubblico è aumentato per effetto dell'aumento del debito degli enti territoriali. Per quanto attiene alle spese, sottolinea come per la prima volta negli ultimi anni si siano ridotti il saldo netto da finanziare e le spese finali dello Stato, ricordando tuttavia come la Corte dei conti abbia giustamente evidenziato che il miglioramento del saldo netto è frutto essenzialmente della sovrastima delle entrate extratributarie, il cui tasso di effettiva realizzazione è tutto da verificare. In ogni caso, oltre a sottolineare la necessità di effettuare una valutazione qualitativa delle riduzioni di spesa, ribadendo l'inopportunità di tagli lineari, ritiene che si debba prestare particolare attenzione ai rilievi formulati nel giudizio di parificazione dalla Corte dei conti, che per la prima volta parla di anomalie, incongruenze e irregolarità. Nel richiamare puntualmente le diverse fattispecie segnalate, ricorda anche le irregolarità contabili riscontrate con grande puntualità dalla Corte dei conti, osservando come sembra emergere la circostanza che per circa l'8 per cento del bilancio dello Stato, pari a circa 60 miliardi di euro, si pongano problemi di attendibilità e trasparenza. Ricorda, inoltre, i contenuti dalla requisitoria orale del Procuratore generale aggiunto nel giudizio di parificazione, richiamando in particolare le sue considerazioni sui temi della crescita, della perdita di competitività del nostro sistema produttivo, sull'inadeguatezza di politiche di bilancio incentrate sui tagli lineari e sulla necessità di recupero del disavanzo primario. Segnala, poi, la presenza di zone oscure nei bilanci delle pubbliche amministrazioni, ricordando il tema dei debiti delle amministrazioni statali e locali nei confronti dei privati e i problemi posti dall'ingente ricorso a società partecipate, che contribuiscono ad occultare perdite sistematiche. Analogamente, ricorda come il Procuratore generale aggiunto ha espresso preoccupazione per il ricorso ai derivati da parte degli enti locali, tema ormai parzialmente dimenticato, e ha sottolineato l'esigenza di una efficace lotta alla corruzione, che consenta di distinguere tra meri errori gestionali e comportamenti dolosi o gravemente colposi. Per quanto attiene alle singole missioni di spesa, si sofferma in primo luogo sui dati relativi alla spesa in materia sanitaria, osservando che essi dovranno essere valutato anche alla luce del processo di revisione dei costi standard nel settore sanitario. Nell'esprimere preoccupazione per le risorse destinate al sostegno alla famiglia, osserva come le risultanze relative alla spesa per l'istruzione siano sostanzialmente falsate, in quanto - come ha rilevato la Corte dei conti - le scuole, che non dispongono dei fondi per l'ordinaria amministrazione, vantano crediti non riscossi per oltre 1,6 miliardi nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.. Si riserva, infine, di integrare le proprie considerazioni in sede di esame in Assemblea, al fine di esprimere una propria valutazione anche sulla gestione di cassa, sul conto generale del patrimonio e sul disegno di legge di assestamento.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, fa presente che le repliche del relatore e del Governo avranno luogo nella giornata di domani. Comunica, inoltre, che sono stati presentati due emendamenti (vedi allegato) riferiti al disegno di legge di assestamento che sono da ritenersi ammissibili. Rinvia quindi il seguito dell'esame congiunto dei disegni di legge alla seduta convocata per la giornata di domani.

La seduta termina alle 16.20.

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SEDE REFERENTE

Martedì 4 ottobre 2011. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Bruno Cesario.

La seduta comincia alle 18.30.

Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2011.
Doc. LVII, n. 4-bis.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 29 settembre 2011.

Massimo VANNUCCI (PD) rileva come la Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2011 risponda alle domande rivolte al Governo nel corso dell'esame delle precedenti manovre relative all'impatto depressivo sull'economia delle medesime, registrando un minore tasso di crescita del prodotto interno lordo rispetto a quello previsto nel documento di economia e finanza di aprile. Osserva come la Nota in esame risulti addirittura più ottimistica rispetto alle stime effettuate dal fondo monetario internazionale, rappresentando in tal modo come la politica economica del Governo abbia condotto il Paese alla recessione. Chiede al Governo di approfondire il dato sull'occupazione, che, malgrado la scarsa crescita, sarebbe in aumento. Rileva, inoltre, che andrebbe analizzato l'impatto sull'economia reale di ciascun provvedimento sotto il profilo dell'occupazione, ricordando che, pur essendo l'Italia in linea con la media europea del tasso di occupazione, i livelli di occupazione giovanile risultano ancora particolarmente deludenti. Auspica quindi che il Governo intraprenda una convinta azione a sostegno della crescita, recependo anche le proposte avanzate dal Partito democratico. Chiede infine di chiarire le ragioni per le quali dal confronto oggi riportato anche sul principale quotidiano economico italiano tra la situazione della Spagna e quella dell'Italia, malgrado gli indicatori fondamentali dell'economia italiana siano migliori, quelli relativi agli aspetti finanziari siano peggiori.

Rolando NANNICINI (PD), soffermandosi sul contributo degli enti territoriali alle manovre correttive di finanza pubblica, richiama i dati contenuti nella Tavola 12 della Nota di aggiornamento, osservando come venga trascurato il contributo dei comuni con popolazione superiore a 1000 abitanti e inferiore a 5 mila abitanti. Con riferimento a tale dato, osserva che i dati relativi alla manovra non dovrebbero essere espressi solo in termini di competenza, dal momento che le disposizioni in materia di Patto di stabilità interno incidono anche sull'andamento di cassa delle spese degli enti locali. A tale riguardo, ricorda peraltro che la Corte dei conti ha sottolineato la criticità derivante dal progressivo accumularsi di una massa ingentissima di residui attivi e passivi. Per quanto attiene all'andamento dell'economia, osserva come le pressioni determinatesi di recente sui mercati finanziari riflettano l'incertezza sul futuro del nostro Paese, che registra tassi di crescita del prodotto interno lordo assai contenuti. Osserva, infatti, come il decremento nella stima della crescita del nostro prodotto interno lordo registrato nella Nota di aggiornamento sia superiore in termini percentuali a quello che si riscontra nei principali Paesi dell'Unione europea e a quelli dell'area dell'euro nel suo complesso, che, peraltro, già presentavano mediamente tassi di crescita più sostenuta. Associandosi alle considerazioni del collega Vannucci, ritiene che andrebbero approfondite le interazioni esistenti tra i dati relativi all'andamento dell'economia e quelli riferiti ad altri indicatori strettamente connessi a tale andamento, quali, in particolare, i dati relativi al tasso di disoccupazione.

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Maino MARCHI (PD) rileva come la Nota di aggiornamento in esame rischi di diventare più che l'occasione d una discussione preventiva sulle scelte di politica economica, una mera rappresentazione di decisioni già adottate al di fuori di ogni programmazione. In proposito, chiede al rappresentante del Governo di chiarire se gli annunciati provvedimenti a sostegno della crescita e dello sviluppo siano già stati scontati nelle previsioni della Nota o se piuttosto essi si porranno l'obiettivo di migliorare i dati di incremento del PIL contenuti nel documento in esame. Rileva inoltre come, mentre la Nota in esame tiene conto dell'evoluzione del patto di stabilità, manchi ogni indicazione sull'attuazione del federalismo fiscale con particolare riferimento alla questione delle entrate regionali, che avrebbero dovuto progressivamente sostituire l'imposizione fiscale di livello statale, senza un incremento progressivo della pressione fiscale. Ricorda in proposito che il parametro di riferimento per la devoluzione del gettito a livello regionale doveva essere quello dei trasferimenti al netto dei tagli operati con le manovre adottate nell'ultimo anno. Osserva come tale principio non potrà evidentemente essere attuato e chiede al Governo di chiarire come intenda procedere in proposito, sottolineando come sia paradossale una tale sorte proprio per il decreto legislativo che ha visto il più ampio consenso politico tra quelli attuativi della legge delega n. 42 del 2009. Con riferimento ai contenuti della Nota di aggiornamento, sottolinea come essa fornisca una rappresentazione di una congiuntura internazionale sfavorevole nell'ambito della quale le previsioni di crescita dell'Italia segnano un particolare arretramento. Rileva come ciò non sia, a suo avviso, addebitabile esclusivamente a tale congiuntura internazionale, ma sia dipeso anche dalle scelte di politica economica e fiscale effettuate dal Governo. Osserva come nella Nota di aggiornamento si ammetta, di fatto, l'impatto recessivo delle manovre di finanza pubblica adottate dal Governo, nel presupposto che sia preferibile sempre e comunque incidere sul rigore dei conti pubblici piuttosto che stimolare la crescita. Evidenzia come tale impostazione abbia dimostrato i suoi limiti ed abbia comportato la necessità di successive manovre volte ad impedire il peggioramento del rapporto del deficit e del debito nei confronti del prodotto interno lordo. Sottolinea come sarebbe stato invece necessario agire sul denominatore di tale rapporto, quindi attraverso provvedimenti a sostegno della crescita, effettuando scelte a costo zero come le liberalizzazioni e avendo il coraggio di confermare investimenti importanti come quelli volti a consentire le detrazione per l'efficientamento energetico. Con riferimento alla situazione dei livelli occupazionali, sottolinea come il dato apparentemente positivo malgrado la bassa crescita sia da ascrivere alla struttura stessa del mercato del lavoro italiano, ricordando come molti soggetti che escono dal mercato del lavoro sarebbero ancora in età da dovervi partecipare. Ricorda come le stime di organizzazioni internazionali forniscano un quadro della situazione italiana anche peggiore di quello tracciato dalla Nota in esame, evidenziando come sarebbe necessaria una più analitica indicazione per sottosettori. Osserva come, a causa dei bassi livelli di crescita, il livello del debito pubblico, malgrado il contenimento, migliore rispetto alle attese, del deficit sia dato in calo solo a partire dal 2013. Osserva inoltre come con l'aumento della pressione fiscale si rischi di aggiungere ulteriori effetti negativi al quadro già tracciato. Ricorda in proposito come il livello di pressione fiscale indicato nella Nota di aggiornamento non tenga conto dei 20 miliardi di euro di tagli alle detrazioni fiscali che comporteranno, se attuati, un incremento della pressione fiscale medesima, che raggiungerebbe quasi il 45 per cento. All'uopo rileva che gli interventi sul versante delle entrate fin qui adottati, come l'incremento dell'IVA e delle imposte di bollo sui conti di deposito titoli, hanno nettamente ridotto il margine di manovra necessario a compiere la riforma fiscale più volte invocata dal Governo. Rileva inoltre come ulteriori incrementi della

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pressione fiscale siano destinati a derivare dall'inasprimento della pressione fiscale a livello locale necessitata dai tagli ai trasferimenti che, se non compensati, sono tali da pregiudicare l'erogazione dei servizi essenziali. Esprime infine la preoccupazione che l'alto livello dei residui attivi e passivi sia idoneo a rendere la rappresentazione dei dati di finanza pubblica proposta dal Governo non pienamente corrispondente alla realtà del Paese.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame della Nota di aggiornamento ad altra seduta.

La seduta termina alle 19.20.