CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 28 settembre 2011
539.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 28 settembre 2011. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati e Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 14.30.

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2010.
C. 4621 Governo, approvato dal Senato.

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2011.
C. 4622 Governo, approvato dal Senato.

Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2011 (limitatamente alle parti di competenza).
Tabella n. 5: Stato di previsione del Ministero della giustizia per l'anno finanziario 2011. Pag. 28
Tabella n. 10: Stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'anno finanziario 2011 (limitatamente alle parti di competenza).
(Parere alla V Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti.

Luigi VITALI (PdL), relatore, con riferimento al Rendiconto 2010, osserva che lo stato di previsione del Ministero della giustizia contenuto nella legge di bilancio per l'anno finanziario 2010 recava le seguenti previsioni iniziali: spese correnti 7.141,2 mln. (competenza), 7.142,1 mln. (cassa); spese in conto capitale 268,4 mln. (competenza), 283,1 mln. (cassa); spese finali 7.409,6 mln. (competenza), 7.425,2 mln. (cassa).
Con la legge di assestamento 2010 (L. 21 settembre 2010, n. 158) e le ulteriori variazioni per atto amministrativo intervenute nel corso dell'anno, le dotazioni iniziali di competenza sono aumentate di 307,2 mln. di euro; l'aumento delle autorizzazioni di cassa è stato, invece, di 771,6 mln.
In conseguenza delle variazioni disposte nel corso della gestione, i dati definitivi risultanti dal rendiconto per il 2010 sono pertanto i seguenti: spese correnti 7.419,1 mln. (competenza), 7.845,5 mln. (cassa); spese in conto capitale 297,7 mln. (competenza), 351,4 mln. (cassa); spese finali 7.716,8 mln. (competenza), 8,196,9 mln. (cassa).
Il rendiconto del Ministero della giustizia per il 2010 reca, quindi, stanziamenti definitivi di competenza per complessivi 7.716,8 mln., con una diminuzione di circa 1.045,5 milioni (-12 per cento) rispetto agli stanziamenti risultanti dal rendiconto 2009 (8.762,3 mln.). La diminuzione ha riguardato sia le spese correnti, che quelle in conto capitale: le prime sono passate dai 8.457 mln. del 2009 ai 7.419 del 2010; le spese in conto capitale dai 305,3 mln. del 2009 scendono ai 297,7 del 2010. In diminuzione rispetto al 2009 anche gli stanziamenti definitivi di cassa che passano da 9.415,1 mln. del 2009 agli 8.196,8 del 2010.
L'incidenza percentuale delle risorse per la giustizia sul bilancio dello Stato è stata nel 2010 dell'1,4 per cento. La tabella che segue mostra le lievi oscillazioni di tale incidenza nel triennio 2008-2010.
Nel rendiconto 2010, a fronte dei citati stanziamenti definitivi di competenza per 7.716,8 milioni di euro e a residui definitivi pari a 1.373,9 milioni, l'importo della massa spendibile (risultante dalla somma dei due valori) è risultato di 9.090,7 mln. Per quanto riguarda il coefficiente di realizzazione, cioè il rapporto tra autorizzazioni di cassa e massa spendibile, esso è pari a circa il 90 per cento, in diminuzione del 4 per cento rispetto al 2009.
I pagamenti eseguiti in totale nel 2010 sono stati pari a 7.853,1 milioni di euro, che rappresenta quasi l'96 per cento delle autorizzazioni di cassa; dal rapporto pagamenti/massa spendibile (pari all'86,3 per cento contro il 80,9 per cento del 2009). si evince una conferma del trend che vede un aumento della capacità di spesa del Ministero della giustizia rispetto all'anno precedente.
Per quanto concerne i residui finali totali che al 31 dicembre 2009 erano pari a 1.311,9 mln. di euro, al 31 dicembre 2010 sono invece risultati pari a 934,2 milioni di euro. Si registra, quindi, una diminuzione dei residui finali totali di 377,7 mln., pari a circa il 29 per cento. I residui risultano concentrati - diversamente da quanto accade negli altri ministeri - sulle spese di parte corrente (550,4 mln. rispetto ai 383,8 in conto capitale).
Con riguardo all'analisi della spesa per centri di responsabilità va osservato che, come ad ogni esercizio, anche nel 2010 le quote più consistenti delle risorse sono gestite dai centri «Organizzazione giudiziaria», cui sono stati assegnati stanziamenti definitivi di competenza per 3.913,9 mln., «Amministrazione penitenziaria», con uno stanziamento di 2.888,3 mln. ed «Affari di giustizia» cui sono stati assegnati 714,9 mln.

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Lo stato di previsione del Ministero della giustizia per l'anno finanziario 2011 (tabella 5), approvato con la legge 13 dicembre 2010, n. 221, recava previsioni di competenza per un totale di 7.203,9 milioni di euro, di cui 7.013,6 di parte corrente e 190,3 in conto capitale.
Le previsioni relative alle autorizzazioni di cassa ammontavano complessivamente a 7.319,4 milioni di euro, di cui 7.026,4 di parte corrente e 293 mln. in conto capitale.
La consistenza presunta dei residui al 1o gennaio 2011 era invece valutata in 958,5 mln. di euro di cui 512 di parte corrente e 446,5 di parte capitale. Conseguentemente la massa spendibile (competenza + residui) risultava pari 8.162,4 milioni di euro; il coefficiente di realizzazione (rapporto tra autorizzazione di cassa e massa spendibile) risultava circa del 90 per cento.
Tali previsioni iniziali hanno subito variazioni nel corso dell'esercizio sia per l'incidenza di atti amministrativi intervenuti nel periodo gennaio-maggio 2011, che hanno già prodotto i loro effetti sulle poste di bilancio, sia per l'accertamento dell'effettiva consistenza dei residui passivi.
Quanto alle variazioni introdotte per atto amministrativo, le variazioni già introdotte in bilancio, e pertanto non soggette ad approvazione parlamentare, hanno determinato complessivamente un aumento di circa 217,2 milioni di euro delle previsioni di competenza e un aumento di 271,1 milioni di euro delle autorizzazioni di cassa.
In ordine alle variazioni relative sia alla competenza che alla cassa e derivanti da atti legislativi, si segnalano: l'aumento di 4,5 mln. di euro per l'applicazione del decreto-legge n. 194/2009 (convertito in legge n. 25/2010), cd. proroga termini; l'aumento di 136,4 di euro per riassegnazione di entrate.
Con riferimento alle variazioni proposte dal disegno di legge di assestamento in esame, si propone, per lo stato di previsione del Ministero della giustizia, un aumento di 212,4 milioni di euro delle previsioni di competenza ed un aumento di 256,9 milioni di euro delle autorizzazioni di cassa.
Per quanto riguarda i residui, rispetto alla valutazione iniziale, si registra una diminuzione di 24,3 mln. di euro determinata soprattutto dalla diminuzione dei residui (-59,1 mln.) del centro di responsabilità «Amministrazione penitenziaria». Il volume totale dei residui previsti dopo l'assestamento ammonta a 934,2 milioni di euro, ripartiti tra parte corrente e conto capitale in ragione, rispettivamente, in 550,4 e 383,8 mln. di euro.
Per quanto riguarda la competenza, per effetto sia delle variazioni intervenute sia di quelle proposte con il disegno di legge in esame, le previsioni assestate 2011 per il Ministero della giustizia risultano pari a 7.633,4 milioni di euro, di cui 7.438,6 di parte corrente e 194,8 per il conto capitale (+429,5 mln. rispetto alle previsioni iniziali).
Le autorizzazioni di cassa assestate ammontano a 7.847,4 milioni di euro, ripartiti fra parte corrente e conto capitale in ragione, rispettivamente, di 7.515,9 e 331,5 mln. di euro (+528 mln. di euro rispetto alle previsioni iniziali).
La massa spendibile assomma a 8.567,6 milioni di euro con un lieve miglioramento del coefficiente di realizzazione (rapporto tra autorizzazione di cassa e massa spendibile) che passa dal citato 90 per cento previsto al 1o gennaio 2010 all'91,6 per cento risultante dall'assestamento.
Le variazioni proposte con il disegno di legge in esame non rilevano sull'incidenza percentuale delle risorse per la giustizia sul bilancio dello Stato, che rimane all'1,4 per cento (stesso dato del bilancio 2010) a fronte dell'1,5 per cento registrato nell'esercizio 2009.
Le variazioni più rilevanti proposte con il disegno di legge d'assestamento - articolate per Missioni e Programmi - riguardano, in particolare, la Missione 6 (Giustizia) che registra un aumento della dotazione di competenza di 202,5 mln. di euro. Tale variazione è in gran parte imputabile al programma 6.2 (Giustizia civile e penale) che registra un aumento di

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192,4 mln., di cui 100 destinati alle spese di giustizia nei procedimenti penali e civili con ammissione al gratuito patrocinio (cap. 1360) e 70 alle spese per intercettazioni di conversazioni e comunicazioni.
Propone quindi che la Commissione, per le parti di competenza, deliberi di riferire favorevolmente, tanto sul Rendiconto 2010 quanto sull'Assestamento 2011.

Enrico COSTA (PdL) chiede di rinviare la votazione delle proposte del relatore, per consentire un ulteriore approfondimento dei provvedimenti in esame.

Giulia BONGIORNO, presidente, preso atto della richiesta dell'onorevole Costa, avverte che le proposte del relatore saranno poste in votazione martedì 4 ottobre prossimo. Non essendovi obiezioni, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.45.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 28 settembre 2011. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati e Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 14.45.

Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense.
C. 3900, approvato dal Senato, C. 420 Contento, C. 1004 Pecorella, C. 1447 Cavallaro, C. 1494 Capano, C. 1545 Barbieri, C. 1837 Mantini, C. 2246 Frassinetti e C. 2419 Cassinelli.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato il 20 luglio 2011.

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che la Commissione ha iniziato l'esame dei provvedimenti in titolo il 26 gennaio 2011 e che nella seduta del 20 luglio 2011 è stato adottato come testo base il testo della proposta di legge C. 3900, approvata dal Senato.
In seguito, con la recente manovra finanziaria, contenuta nel decreto-legge 30 agosto 2011, n. 138, convertito con legge 14 settembre 2011, n. 148, il Governo ha individuato, all'articolo 3, comma 5, alcuni principi ai quali dovrà ispirarsi il legislatore nella riforma degli ordinamenti professionali (libero accesso alla professione, formazione continua, tirocinio, assicurazione, tariffe e pubblicità, procedimento disciplinare).
Nell'ambito dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, è emersa quindi l'esigenza di chiedere al Governo dei chiarimenti in merito ai propri intendimenti in materia di disciplina delle professioni e, in particolare, della professione forense, con particolare riferimento all'incidenza dei principi stabiliti dall'articolo 3, comma 5, del citato decreto legge, sui provvedimenti in esame presso la Commissione. Ciò al fine di poter proseguire utilmente l'esame in Commissione dei provvedimenti in titolo.
Ricorda inoltre che, su richiesta unanime dei gruppi, il termine per la presentazione degli emendamenti, già fissato il 22 settembre, è stato posticipato alle ore 14 del 3 ottobre prossimo.

Il sottosegretario Maria Elisabetta ALBERTI CASELLATI fa presente come, sulla questione prospettata, sia in corso un confronto con il Ministro della giustizia, ma dichiara di non essere ancora in grado di fornire i richiesti chiarimenti, essendo ancora in corso gli opportuni approfondimenti. Precisa comunque come sia emerso che i principi di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011 non sembrino presentare particolari profili di incompatibilità con il testo base adottato dalla Commissione. Si riserva tuttavia di rispondere alla Commissione in maniera più compiuta una volta completato il predetto confronto.

Giulia BONGIORNO, presidente, tenendo conto della rilevanza del provvedimento

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in esame, che è particolarmente atteso dal mondo forense, e dell'imminente scadenza del termine per la presentazione degli emendamenti, chiede al rappresentante del Governo se sia possibile fornire i chiarimenti entro la giornata di domani.

Il sottosegretario Maria Elisabetta ALBERTI CASELLATI assicura che fornirà i chiarimenti richiesti nel più breve tempo possibile, ma non ritiene che ciò sia possibile già nella giornata di domani.

Roberto CASSINELLI (PdL), relatore, sottolinea come l'articolo 3, comma 5, del decreto-legge in questione non abbia adottato lo strumento della delega, bensì uno strumento molto più elastico, costituito dall'indicazione di principi generali ai quali sarà possibile adeguarsi nel termine ordinatorio di 12 mesi, eventualmente anche prevedendo delle disposizioni che, se del caso, contengano delle deroghe ragionevoli per casi specifici. Nel merito, non ritiene che sussista un problema di compatibilità. Osserva, segnatamente, come i principi individuati siano per lo più compatibili con il testo in esame, citando, a titolo esemplificativo, la netta distinzione tra attività d'impresa e attività professionale, il mantenimento dell'esame di stato, l'autonomia ed indipendenza dell'attività professionale. Precisa, inoltre, come anche i principi in materia di tariffe professionali siano solo apparentemente in contrasto con quanto previsto dal testo della proposta di legge A.C. 3900.
In conclusione, ritiene che l'esame del provvedimento debba proseguire senza esitazioni, essendo possibile in tal modo dare agevole attuazione ai principi introdotti dalla manovra finanziaria nel termine di 12 mesi. Auspica quindi che anche il Governo, nel fornire i chiarimenti in ordine alla compatibilità tra il testo base adottato dalla Commissione e i principi introdotti dalla recente manovra finanziaria, concordi sull'insussistenza di ostacoli insormontabili.

Cinzia CAPANO (PD) dichiara di non condividere assolutamente l'intervento del relatore, essendo del tutto evidente l'incompatibilità tra il testo base adottato dalla Commissione e i principi di cui alla recente manovra finanziaria. Osserva come sia estremamente difficoltoso presentare degli emendamenti senza che prima il Governo abbia fornito i chiarimenti richiesti, ritenendo quindi indispensabile la proroga del termine fissato il 3 ottobre.
Ribadisce comunque il giudizio critico sul provvedimento in esame, invitando la maggioranza ed il Governo a non accogliere acriticamente e supinamente la posizione del Consiglio nazionale forense, che è l'unico organismo a volerne l'approvazione, mentre tutto il resto dell'avvocatura la contesta.

Nicola MOLTENI (LNP) sottolinea come il proprio gruppo ritenga di fondamentale importanza riformare la professione forense e come abbia votato la recente manovra finanziaria, condividendone i principi, anche in materia di professione. Ritiene peraltro che, al fine di presentare proposte emendative utili, occorra chiarire la questione della compatibilità dei principi introdotti dalla manovra con il testo in esame. Se quindi il Governo non fosse in grado di fornire tali chiarimenti in tempi ragionevoli, riterrebbe opportuno che si valutasse la possibilità di prorogare il termine per gli emendamenti.

Giulia BONGIORNO, presidente, tenendo conto che si tratta di un provvedimento particolarmente rilevante, ritiene preferibile che si cerchi di evitare un'ulteriore proroga del termine per presentare gli emendamenti. La decisione sul punto, in ogni caso, deve essere attentamente ponderata e potrà essere assunta nell'ambito della riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, che sarà convocata nella giornata di domani.

Il sottosegretario Maria Elisabetta ALBERTI CASELLATI in ossequio alla sovranità del Parlamento, che è tanto più evidente in questo caso in quanto l'A.C.

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3900, adottato come testo base dalla Commissione, è una proposta di legge di iniziativa parlamentare, precisa come il Governo non intenda in alcun modo incidere sull'organizzazione dei lavori della Commissione. Pur ribadendo l'impegno a fornire i chiarimenti richiesti nel più breve tempo possibile, ritiene che la Commissione possa comunque proseguire l'esame senza bisogno di prorogare il termine per gli emendamenti, potendosi discutere di eventuali problemi di compatibilità con i principi introdotti dalla manovra finanziaria anche nel corso dell'esame degli emendamenti. Ricorda d'altra parte come i lavori di questa Commissione si siano sempre distinti per l'ampiezza e la lealtà del confronto tra le sue componenti politiche e con il Governo.

Donatella FERRANTI (PD) dichiara di non condividere quanto affermato dal relatore, poiché i principi in materia di professione introdotti dalla manovra finanziaria producono un forte impatto sul testo base adottato dalla Commissione. Ritiene che tale impatto renda necessaria una proroga del termine per gli emendamenti, riservandosi di riproporre la questione nel prossimo ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Federico PALOMBA (IdV) sottolinea come i principi introdotti dall'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 30 agosto 2011, n. 138, convertito con legge 14 settembre 2011, n. 148, interferiscano in modo rilevante con quelli affermati dall'A.C. 3900, adottato come testo base dalla Commissione. Ritiene indispensabile quindi che il Governo fornisca i richiesti chiarimenti prima della scadenza del termine per gli emendamenti.

Mario CAVALLARO (PD) osserva come la questione dell'eventuale proroga del termine per gli emendamenti non sia la questione centrale da affrontare. Sottolinea, infatti, come la disciplina contenuta nel testo base, già di per se insufficiente, sia stata resa del tutto evanescente dall'ingresso nell'ordinamento dei princìpi in materia di professione previsti dalla recente manovra finanziaria. Nel dissentire da quanto affermato al relatore, ricorda l'urgenza di intervenire per restituire una dignità, anche sotto il profilo socio-economico, all'Avvocatura. Invita quindi la Commissione ed il Governo a concentrarsi sul merito e sulla sostanza del provvedimento.

Francesca CILLUFFO (PD) rileva come, dall'analisi del testo in esame, emergano numerose incongruenze con i principi introdotti dalla recente manovra finanziaria. Vi sono tuttavia delle disposizioni che, indipendentemente dall'interferenza con quei principi, dovranno essere necessariamente corrette al fine di approvare una riforma, seria ed efficace, della professione forense.

Lanfranco TENAGLIA (PD), intervenendo a titolo personale, esprime preliminarmente il timore che il lodevole intento del presidente Bongiorno di evitare ulteriori rallentamenti dei tempi d'esame del provvedimento, che si sono oltremodo allungati per le indecisioni della maggioranza, dovrà scontrarsi con la realtà dei fatti. Esprime quindi forti perplessità sul reale significato del termine «liberalizzazione», quando viene riferito ad una professione della quale fanno parte circa trecentomila professionisti. Ritiene, infatti, che le indicazioni provenienti dall'Europa siano unicamente dirette a considerare questa professione come un mero costo per le aziende: un costo che deve essere ridotto. L'intervento contenuto nella manovra finanziaria rappresenta la conferma di come la prestazione professionale sia considerata alla stregua di una merce, di un costo. Rileva come tale forma di liberalizzazione finisca per favorire non il consumatore, non i giovani, ma coloro che hanno la forza di contrattare la tariffa professionale. Ritiene quindi necessario sgomberare il campo dagli equivoci ed invita il Governo a chiarire la dicotomia tra i principi della manovra ed il testo base, dichiarando di condividere in gran parte quest'ultimo.

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Giulia BONGIORNO, presidente, non essendovi altri iscritti a parlare, ricorda che la questione relativa all'opportunità di prorogare ulteriormente il termine per la presentazione degli emendamentipotrà essere valutata nell'ambito dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, che sarà convocato nella giornata di domani. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche agli articoli 190, 238-bis, 438, 442 e 495 del codice di procedura penale e all'articolo 58-quater della legge 26 luglio 1975, n. 354.
C. 668-B Lussana, approvata dalla Camera e modificata dal Senato.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Carolina LUSSANA (LNP), relatore, osserva come la proposta di legge in esame sia stata modificata dal Senato ampliandone il contenuto, originariamente limitato all'esclusione dell'applicabilità del giudizio abbreviato per i reati puniti con l'ergastolo.
Il testo originario conteneva alcune modifiche al codice di procedura penale che avevano come scopo quello di evitare che efferati delitti (quelli puniti con la pena dell'ergastolo) potessero beneficiare degli sconti previsti dal giudizio del rito abbreviato. In altre parole, l'obiettivo della proposta di legge licenziata da questo ramo del Parlamento era di non consentire, in alcun caso, di fronte a reati puniti con la pena dell'ergastolo di ottenere, attraverso il rito abbreviato, sconti di pena.
In particolare il Senato è intervenuto, oltre che modificando la predetta disciplina, anche sul regime di ammissione della prova nel codice di procedura penale e sull'ordinamento penitenziario, in materia di ammissione all'accesso ai benefici penitenziari.
La proposta di legge, come modificata dal Senato, consta di un solo articolo.
L'articolo 1, commi da 2 a 5, reca modifiche al regime probatorio nel processo penale.
Il comma 2, modifica l'articolo 190 del codice di procedura penale, relativo al diritto alla prova, e, in particolare: aggiunge una disposizione, che riprende pressoché integralmente una parte dell'articolo 111, terzo comma, della Costituzione, relativa alla facoltà dell'imputato, a mezzo del difensore, di interrogare o fare interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; riconosce le medesime facoltà alle altre parti, «in quanto applicabili»; modifica in maniera rilevante i criteri di inammissibilità delle prove: oltre alle prove vietate dalla legge, il giudice esclude solo le prove «manifestamente non pertinenti» anziché quelle che «manifestamente sono superflue o irrilevanti»; introduce la previsione di una nullità in caso di inosservanza della norma sull'ammissibilità delle prove; specifica che i provvedimenti sull'ammissione della prova possono essere revocati, sentite le parti in contraddittorio, solo «nei casi consentiti dalla legge».
La modifica dell'articolo 190 del codice di procedura penale, sulla scorta della supposta proposta di parificazione delle parti processuali (accusa e difesa), espone la norma ad alcune criticità.
Da un lato, vi è il principio enucleato dall'articolo 111 della Costituzione ove, correttamente, si sancisce che il processo si svolge nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parità. Tale enunciazione di principio è stata attuata attraverso la modifica del comma 1, dell'articolo 190 del codice di procedura penale, che riprende pedissequamente il disposto di cui all'articolo 111, terzo comma, della Costituzione e in tal senso applica il disposto costituzionale. Dall'altro lato occorre evidenziare le criticità afferenti alla modifica del comma 2 dell'articolo 190, in ordine al quale occorre valutare se vi sia un corretto bilanciamento tra accusa e difesa. Tale

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modifica potrebbe anche prestare il fianco a dubbi di compatibilità con l'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che sancisce il diritto ad un equo processo. Dalla giurisprudenza europea formatasi su tale norma emerge che la durata ragionevole del processo viene fissata in circa quattro-cinque anni per due gradi di giudizio, a seconda della complessità dello stesso. Come è risaputo, lo Stato italiano è quello che presenta di gran lunga il maggior numero di inadempienze, nonostante i ricorsi siano probabilmente una piccola minoranza rispetto alla violazioni. A causa di ciò l'Italia ha subito molte condanne con un duplice effetto: ha dovuto pagare notevoli somme per il risarcimento del danno e ha subito un grave danno d'immagine, oltre ad avere contribuito ad incrementare notevolmente l'attività della Corte europea dei diritti umani. Ulteriori princìpi sui quali occorre riflettere sono quelli della ragionevolezza e dell'economia processuale
Il comma 3 interviene sull'articolo 495 del codice di procedura penale, che disciplina i poteri del giudice in ordine alla prova: al comma 1, viene apportata una modifica di coordinamento; al comma 4, viene introdotta una modifica ben più rilevante relativa al potere del giudice di revocare l'ammissione di prove. Rispetto alla disciplina vigente, che prevede la revoca delle prove «che risultano superflue», viene disposto che ai fini della revoca le prove devono risultare «superflue e manifestamente non pertinenti»; viene inoltre esclusa la revoca per le prove richieste a prova contraria in relazione a prove già assunte.
Il comma 4 interviene sull'articolo 238-bis del codice di procedura penale, in tema di efficacia probatoria delle sentenze irrevocabili, riconoscendo alle parti il diritto di ottenere l'esame delle persone le cui dichiarazioni sono state utilizzate per la motivazione della sentenza. La nuova disciplina non si applica ai reati di competenza della procura distrettuale antimafia e ai reati di terrorismo di competenza della procura distrettuale.
Il comma 5 detta la disciplina transitoria, prevedendo che i commi da 1 a 4 non si applicano ai processi in corso alla data di entrata in vigore della legge, quando sia stata già dichiarata la chiusura del dibattimento di primo grado.
L'articolo 1, commi 1, 6 e 7, interviene sulla disciplina del giudizio abbreviato.
Il Senato ha profondamente modificato il testo approvato dalla Camera, che precludeva il ricorso al rito abbreviato per i procedimenti per delitti per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo. Il testo del Senato consente invece l'accesso al giudizio abbreviato per qualsiasi tipo di procedimento, salvo escludere la diminuzione di pena per i procedimenti che si concludono con una condanna all'ergastolo. Questa soluzione non appare pienamente conforme alla giurisprudenza costituzionale sul punto, secondo cui vi è un nesso inscindibile tra l'abbreviazione del rito e la diminuzione della pena.
In particolare, il comma 1 inserisce nell'articolo 438, comma 5, del codice di procedura penale, relativo alla richiesta di integrazione probatoria dell'imputato ai fini del giudizio abbreviato, un richiamo alla disciplina del diritto alla prova del nuovo articolo 190 «in quanto applicabile». Il comma 6 elimina qualsiasi riferimento alla pena dell'ergastolo ai fini dell'applicabilità della diminuzione di pena connessa con l'accesso al rito abbreviato. Il comma 7 dispone che quando, tenuto conto di tutte le circostanze, deve essere irrogata la pena dell'ergastolo, non si applica la diminuzione di pena prevista per il rito abbreviato.
Il «nuovo impianto» introdotto dal Senato (articolo 1, commi 6 e 7) prevede la conferma della modifica dell'articolo 442 del Codice di procedura penale, attraverso la soppressione del secondo e terzo periodo del secondo comma, la contestuale introduzione nell'articolo 442 del comma 2-bis e la soppressione del resto dell'articolato (articoli 2, 3, 5 e 6).
Con questa modifica appare venir meno lo scopo per cui questo ramo del Parlamento aveva approvato le modifiche del codice di procedura penale al fine

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dell'inapplicabilità del giudizio abbreviato per i reati puniti con la pena dell'ergastolo. Infatti, in base alla «nuova norma», l'imputato di un reato punito con l'ergastolo dovrebbe consentire al giudice di utilizzare tutti gli atti del fascicolo senza contraddittorio, e se lo stesso ex post dovesse, dopo aver controbilanciato le attenuanti e le aggravanti, nel rapporto di equivalenza ritenere che le aggravanti siano preponderanti, dovrebbe condannarlo comunque all'ergastolo, non ottenendo così nessun beneficio (sconto di pena). Tale scissione, tra l'abbreviazione del rito e la diminuzione della pena, potrebbe apparire costituzionalmente illegittima. Appare chiaro che, di fatto si è introdotta una norma che consente, per certi tipi di reato, da un lato, di introdurre una abrogazione implicita dell'applicazione del giudizio abbreviato e, dall'altro, di lasciare all'eccessiva discrezionalità del giudice l'applicazione di uno sconto di pena. Sconto di pena che se non concesso nella fase dell'esecuzione, andrà a comportare anche l'esclusione dei benefici della «legge Gozzini», in base alle modifiche introdotte dal Senato.
L'articolo 1, comma 9, prevede infine che la legge entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, escludendo dunque l'ordinario periodo di vacatio legis.

Angela NAPOLI (FLpTP) invita il Governo ad esprimere finalmente una posizione chiara, che non offenda la dignità del Parlamento e dei singoli Parlamentari. Osserva infatti come la Camera sia stata chiamata ad approvare il provvedimento sul cosiddetto «processo breve», che poi si è trasformato in una modifica delle norme sulla prescrizione, riducendone, in certi casi, la durata; al Senato, invece, è stato completamente alterato il senso del provvedimento dell'onorevole Lussana, relativo al giudizio abbreviato e riferito ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo, che è stato trasformato nel provvedimento sul cosiddetto «processo lungo», oggi all'esame della Commissione. Chiede quindi al Governo di chiarire definitivamente se voglia ottenere un processo breve, un processo lungo ovvero una prescrizione breve. Invita altresì il Governo a considerare per una volta preminenti gli interessi dei cittadini.

Lorenzo RIA (UdCpTP) si domanda se la relatrice si riconosca ancora nel suo provvedimento, che è stato completamente stravolto dal Senato, anche in considerazione del tenore della sua relazione, che contiene giudizi fortemente critici e demolitori.

Enrico COSTA (PdL) prende atto delle considerazioni dei colleghi Angela Napoli e Ria i quali, peraltro, pur di contestare il provvedimento in esame, utilizzano argomentazioni che si basano su un provvedimento, quello sul cosiddetto «processo breve», che essi hanno precedentemente contestato.
Questa contraddittorietà nelle argomentazioni conferma come, in realtà, l'opposizione contesti alla radice il diritto stesso della maggioranza di chiedere l'iscrizione in calendario di un provvedimento e di discuterlo. Al contrario di come si comporta la maggioranza, che ha dimostrato la propria disponibilità a discutere perfino di fronte proposte di legge bocciate, come quelle in materia di omofobia, e, tuttavia, ripresentate e reinserite in calendario, a suo giudizio, con una forzatura del Regolamento. Invita quindi i colleghi dell'opposizione ad approfondire il merito del provvedimento ed eventualmente a proporre le modifiche che ritengano opportune.
Dichiara, inoltre, di avere appreso da notizie di stampa che ieri il Presidente della Camera non avrebbe accolto la richiesta di inserire il provvedimento in esame nel calendario di ottobre dell'Assemblea, motivando tale decisione con la circostanza che la Commissione giustizia non ne aveva ancora cominciato l'esame. Esprime forti perplessità sulla correttezza della decisione assunta ieri dal Presidente della Camera. Rileva infatti che, per quanto il formale inizio dell'esame del provvedimento sia avvenuto nell'odierna

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seduta della Commissione, tanto la richiesta di inserimento del provvedimento nel calendario della Commissione, avanzata nell'Ultimo ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, quanto il concreto inserimento del provvedimento nel calendario della Commissione, risultante dalle convocazioni della stessa, sono avvenuti in un momento anteriore rispetto all'ultima Conferenza dei presidenti di gruppo, che si è svolta ieri e nell'ambito della quale, ciononostante, il Presidente ha ritenuto di non inserire il provvedimento nel calendario dell'Assemblea.

Donatella FERRANTI (PD) esprime un giudizio fortemente critico sul provvedimento in esame, che potrebbe produrre un impatto devastante sulla durata del processo penale, contrariamente a quanto affermato del Ministro della giustizia. Rileva, inoltre, come vi siano molti altri provvedimenti ai quali la maggioranza sembrava attribuire la priorità.

Nicola MOLTENI (LNP) sottolinea come il lavoro svolto della Commissione non si possa ridurre al semplice esame dei provvedimenti citati precedentemente dai colleghi, ricordando come si sia discusso di provvedimenti di ben altra rilevanza e con un ampio confronto.
Dichiara, a nome del proprio gruppo, di condividere pienamente la relazione dell'onorevole Lussana. Precisa come non sia corretto desumere dalla relazione un giudizio demolitorio del provvedimento, giacché la relatrice si è limitata, per la parte relativa alle modifiche delle norme sul giudizio abbreviato, ad evidenziare alcune criticità relative a disposizioni che hanno subito delle pesanti modifiche al Senato, ritenendo preferibile il testo licenziato dalla Camera. Quanto alle ulteriori disposizioni introdotte al Senato, ritiene evidente che vi debba essere una riflessione politica e sul merito del provvedimento.

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO ritiene che non sia assolutamente corretto parlare di «processo lungo». Il provvedimento, infatti, non riguarda la durata del processo bensì l'attuazione delle garanzie costituzionali dell'imputato.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654, e al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, per il contrasto dell'omofobia e della transfobia.
C. 2807 Di Pietro e C. 4631 Concia.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dei provvedimenti.

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che la proposta di legge A.C. 2807 Di Pietro è stata inserita nel calendario dei lavori della Commissione, in quota opposizione. A questa proposta di legge è stata abbinata la proposta di legge A.C. 4631 Concia.

Federico PALOMBA (IdV), relatore, osserva come la proposta di legge A.C. 2807 Di Pietro, presentata il 14 ottobre 2009, all'articolo 1, intervenga sulle condotte di apologia, istigazione e associazione finalizzate alla discriminazione sanzionate dall'articolo 3 della legge n. 654 del 1975 (di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo), aggiungendo alle attuali forme di discriminazione la discriminazione fondata sull'omofobia o sulla transfobia. Si evidenzia, inoltre, che nel sostituire l'articolo 3, comma 1, la proposta di legge sostituisce al concetto di «propaganda di idee» quello di «diffusione di idee» e all'«istigazione a commettere» il concetto diverso di «incitamento a commettere».
Tali modifiche sono volte a reintrodurre il testo antecedente alla legge 85 del 2006 (che «non punendo più la diffusione delle idee discriminanti ma la propaganda, e non più l'incitamento a discriminare o a delinquere ma l'istigazione, introduce modifiche che potrebbero sembrare solo terminologiche

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ma che in realtà dal punto di vista della legge penale introducono fattispecie più circoscritte e riducono il numero dei comportamenti punibili»), ritenuto maggiormente aderente alla Convenzione (il cui articolo 4, lett. a), impegna gli Stati a dichiarare crimini punibili dalla legge, ogni diffusione di idee basate sulla superiorità o sull'odio razziale, ogni incitamento alla discriminazione razziale).
L'articolo 2 della medesima proposta di legge interviene sul decreto-legge n. 122 del 1993 (cosiddetto «Decreto Mancino») per coordinarne il contenuto con le modifiche apportate alla legge n. 654 del 1975. Esso, in particolare, sostituisce il titolo del decreto-legge (comma 1), la rubrica dell'articolo 1, relativo alle sanzioni accessorie (comma 2), l'articolo 3, in tema di aggravanti (comma 3), per inserirvi un espresso riferimento alla discriminazione fondata sull'omofobia o sulla transfobia. Le novelle comportano, anche in tali casi l'applicabilità delle disposizioni speciali previste dal decreto-legge in tema di perquisizioni e sequestri (articolo 5), procedibilità, arresto in flagranza e competenza (articolo 6). Si evidenzia, inoltre, che con la novella all'articolo 3, in materia di aggravanti, la proposta di legge sostituisce al concetto di «finalità di discriminazione» quello di «motivi di discriminazione».
Tale modifica, come spiega la relazione illustrativa, è volta a evitare che i reati commessi con motivazioni discriminatorie, quale che sia la condizione discriminata, siano considerati reati di dolo specifico che pongono notevoli problemi di accertamento, di non facile soluzione, in capo all'autorità giudicante».
Alla proposta di legge ora illustrata è stata abbinata la proposta di legge A.C. 4631 Concia, presentata il 21 settembre 2011, che, novellando la legge n. 654 del 1975 e il decreto legge n. 122 del 1993, mira a fornire una tutela contro ogni discriminazione fondata sull'orientamento sessuale del singolo o sulla sua identità di genere.
Nello specifico, la proposta di legge in esame, composta di un unico articolo, interviene sulle fattispecie previste dall'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654 (cosiddetta legge Reale), di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966, che sanziona, le condotte di apologia, istigazione e associazione finalizzate alla discriminazione.
Nella formulazione attuale, l'articolo 3 della legge Reale punisce: chiunque diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; chiunque, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; chiunque partecipa o presta assistenza ad organizzazioni o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; chiunque promuove o dirige organizzazioni o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Il progetto di legge in esame inserisce tra le attuali forme di discriminazione (per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi), la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere.
Per coordinarne il contenuto con le modifiche apportate alla legge n. 654 del 1975, la proposta A.C. 4631 novella inoltre il decreto legge 26 aprile 1993, n. 122 (c.d. «decreto Mancino»).
Tale decreto ha inasprito le pene per i delitti sopra citati, ha introdotto sanzioni accessorie in caso di condanna e ha previsto sanzioni penali: per chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli di tipo razzista, o basati sull'odio etnico, nazionale o religioso propri o usuali delle organizzazioni di cui all'articolo 3 della legge n. 654/1975; per chiunque acceda ai luoghi ove si svolgono competizioni agonistiche con gli emblemi o i simboli sopra citati.

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Inoltre, il medesimo decreto legge ha introdotto la circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico.
Il progetto di legge in esame modifica il decreto legge citato con riguardo al titolo, alla rubrica dell'articolo relativo alle sanzioni accessorie (articolo 1), nonché alla disciplina delle aggravanti (articolo 3), con l'introduzione di un espresso riferimento alla discriminazione fondata sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.