CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 7 settembre 2011
527.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Mercoledì 7 settembre 2011.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.45 alle 14.05.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Mercoledì 7 settembre 2011. - Presidenza del vicepresidente Cosimo VENTUCCI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Bruno Cesario.

La seduta comincia alle 14.05.

Cosimo VENTUCCI, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

5-05277 Bernardo e Contento: Revisione della disciplina concernente l'imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai depositi di titoli.

Il Sottosegretario Bruno CESARIO chiede di rinviare lo svolgimento dell'interrogazione, ritenendo opportuno approfondirne ulteriormente il contenuto.

Manlio CONTENTO (PdL) accede alla richiesta di rinvio avanzata dal Sottosegretario.

Cosimo VENTUCCI, presidente, alla luce della richiesta in tal senso del rappresentante del Governo, con l'assenso dei presentatori, rinvia ad altra seduta lo svolgimento dell'interrogazione n. 5-05277.

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5-05278 Fluvi: Tempi di emanazione del decreto ministeriale relativo alla determinazione delle modalità attuative e della documentazione necessaria per il riconoscimento del requisito di ruralità degli immobili.

Alberto FLUVI (PD) rinuncia a illustrare la propria interrogazione.

Il Sottosegretario Bruno CESARIO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato), informando inoltre che il decreto ministeriale concernente la determinazione delle modalità attuative e della documentazione necessaria dell'autocertificazione necessaria per ottenere il riconoscimento della ruralità degli immobili ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993 sarà emanato entro pochissimi giorni.

Alberto FLUVI (PD) prende atto dell'impegno assunto dal Sottosegretario, auspicando che il decreto attuativo sia effettivamente emanato in tempi brevissimi, onde consentire ai proprietari di edifici rurali di presentare le domande di variazione della categoria catastale degli immobili medesimi entro la scadenza, ormai imminente, del 30 settembre 2011.

Il Sottosegretario Bruno CESARIO, ad integrazione della risposta, assicura che seguirà personalmente l'iter di perfezionamento del provvedimento, in maniera tale che il Governo possa tenere fede all'impegno assunto.

Cosimo VENTUCCI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

La seduta termina alle 14.10.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 7 settembre 2011. - Presidenza del vicepresidente Cosimo VENTUCCI.

La seduta comincia alle 14.10.

Delega al Governo per la riforma fiscale ed assistenziale.
C. 4566 Governo.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Cosimo VENTUCCI, presidente, rileva come la Commissione avvii nella seduta odierna l'esame, in sede referente, del disegno di legge C. 4566, recante delega legislativa al Governo per la riforma fiscale e assistenziale.
Ricorda quindi che nell'odierna riunione dell'ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, si è convenuto di procedere ad un ciclo di audizioni, nell'ambito dell'istruttoria legislativa sul provvedimento.

Alberto FLUVI (PD) lamenta preliminarmente come, nella seduta dedicata ad avviare l'esame, in sede referente, di un provvedimento così rilevante per il futuro del Paese, siano quasi completamente assenti gli appartenenti ai gruppi di maggioranza, con le sole eccezioni del Presidente, Ventucci, e del relatore, Bernardo.

Cosimo VENTUCCI, presidente, considera pertinenti le considerazioni espresse dal deputato Fluvi, sottolineando come, al di là degli aspetti procedurali formali, occorra rispettare il lavoro che la Commissione nel suo complesso e il relatore, in particolare, si accingono a svolgere sul provvedimento. Sottolinea, infatti, come la reale e più proficua discussione sul merito degli interventi legislativi avvenga in seno alle Commissioni parlamentari, le quali rivestono un ruolo insostituibile nel processo di produzione legislativa.

Maurizio BERNARDO (PdL), relatore, con riferimento alle riflessioni del deputato Fluvi, rileva come, nella seduta odierna, siano assenti i rappresentanti di diversi gruppi politici, sia di maggioranza sia di opposizione, concordando, peraltro, con il

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fatto che sarebbe stata opportuna una maggiore presenza in occasione dell'avvio dell'esame parlamentare di un provvedimento tanto rilevante per il Paese.
Sottolinea, comunque, come, nella concreta prassi di lavoro delle Commissioni, solitamente i componenti preferiscano non intervenire nella prima seduta di esame dei provvedimenti in sede referente, dedicata all'illustrazione da parte del relatore, riservandosi di entrare nel merito delle questioni nel corso del successivo iter, anche avvalendosi degli spunti di riflessione forniti dal relatore.

Cosimo VENTUCCI, presidente, sottolinea come le sedute delle Commissioni non debbano essere intese come occasioni meramente formali e rituali, ma costituiscano la sede propria nella quale entrare nel merito dei temi in discussione.
Rileva, peraltro, come gli aspetti tecnico-procedurali del lavoro degli Organi parlamentari siano scarsamente conosciuti dai mezzi di informazione, i quali spesso ne danno una visione distorta, richiamando, a titolo di esempio, le sterili polemiche insorte circa il fatto che alla seduta del Senato, tenutasi lo scorso agosto per l'annuncio della presentazione del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 138 del 2011, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, fossero presenti solo pochi senatori.
Invita quindi il relatore a svolgere il suo intervento.

Maurizio BERNARDO (PdL), relatore, ritiene che, prima di illustrare il contenuto del disegno di legge in esame, occorra preliminarmente effettuare una brevissima panoramica sui principali elementi di criticità del sistema fiscale italiano, evidenziando innanzitutto come esso sia caratterizzato dalla presenza di numerosi tributi, disciplinati da un corpus normativo particolarmente articolato, che si è andato sempre più complicando, nel corso degli anni, a causa di reiterati interventi legislativi, nella maggior parte dei casi privi di una logica unificante, e dettati per lo più da necessità di carattere contingente. Infatti, la legislazione tributaria italiana risulta complessa, anche in quanto le pressanti esigenze di bilancio degli ultimi anni hanno costretto a continue modifiche della disciplina di ciascun tributo, volte a modulare diversamente le basi imponibili e le aliquote d'imposizione.
Un tentativo di razionalizzazione del sistema è stato già tentato con la precedente delega in materia, ormai scaduta, contenuta nella legge n. 80 del 2003, recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale, la quale è stata attuata solo per la parte relativa alla trasformazione dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) nell'IRES.
In tale contesto il Documento di economia e finanza per il 2011 (DEF) ha previsto, tra le priorità dell'azione del Governo, una delega per riformare il sistema fiscale ed assistenziale sulla base dei seguenti quattro principi e criteri direttivi:
progressività, in funzione della capacità contributiva propria delle persone, delle famiglie, delle imprese;
neutralità e/o non distorsività rispetto alla scelta delle persone, delle famiglie, delle imprese (si citano, in particolare, le imposte ambientali);
solidarietà, nei confronti dei reali bisogni delle persone e delle famiglie;
semplicità, sulla base di un codice di principi comuni generali.

Su quest'ultimo punto appare necessario insistere con particolare convinzione. Serve infatti un sistema fiscale più semplice e comprensibile, quindi più immediato e controllabile. Lo chiedono i cittadini, le famiglie, le imprese, oltre a trattarsi di un obiettivo che serve alle istituzioni ed al Paese nel suo complesso. La stessa lotta all'evasione può del resto trarre enormi benefici dalla semplificazione del nostro sistema fiscale.

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Con l'ultimo DEF sono state indicate le azioni concrete che devono guidare il processo di riforma fiscale:
ridurre drasticamente il numero di regimi di favore fiscale, esenzione ed erosione dell'imponibile, con l'obiettivo di abbattere il costo personale e burocratico della complessità fiscale e lasciare spazio a interventi mirati di sostegno, in particolare in favore della ricerca, la natalità e il lavoro;
spostare gradualmente l'asse del prelievo fiscale dalle imposte dirette alle imposte indirette;
conseguentemente, acquisire le risorse per finanziare la riduzione delle aliquote e rendere più competitivo il sistema produttivo.

In questo quadro l'azione politica del Governo si muove su tre direttive:
dal centro alla periferia (attraverso il federalismo fiscale);
dalle persone alle cose (ricorrendo agli strumenti della tassazione ambientale e dei consumi);
dal complesso al semplice (mediante la certezza e semplicità del diritto).

Ciò che appare necessario non è un semplice aggiustamento o qualche modifica specifica, ma una riforma complessiva e strutturale del sistema tributario. Anche alla luce della situazione critica dei nostri conti pubblici, rispetto ai quali è in discussione un'importante manovra che porterà al pareggio di bilancio entro il 2013, è necessario un intervento di sistema. Una delle più importanti possibilità di risanamento che si offre al Paese è infatti costituita da un mutamento radicale del sistema fiscale.
La riforma strutturale del sistema fiscale italiano deve puntare a permettere:
a) l'inversione nella tendenza alla spesa pubblica irresponsabile, da perseguire attraverso il federalismo fiscale, che costituisce uno strumento fondamentale in questo senso, in quanto riconosce ai cittadini un nuovo e particolarmente efficace strumento di controllo della spesa;
b) una migliore distribuzione del carico tributario, trasferendo una parte del prelievo dal reddito delle persone, ai consumi e ai patrimoni;
c) una riduzione, se non della pressione, almeno dell'oppressione fiscale, costituita da una miriade di tasse e di adempimenti inutili.

Se il progetto di riforma fiscale sarà realizzato, si può ragionevolmente ipotizzare che i contribuenti italiani potranno pagare meno tasse. Si tratta di un effetto storico che si può, tra l'altro, ottenere anche riducendo la convenienza ad evadere perché, con aliquote troppo elevate, l'evasione diventa una sorta di investimento.
La scelta politica della maggioranza e del Governo è dunque quella di puntare ad una riduzione delle tasse, e coincide con la volontà concreta di combattere l'evasione fiscale. In questo senso il progetto di riforma si pone nello stesso quadro generale nel quale si muove la riforma economica, secondo una linea politica chiara, supportata da interventi coerenti e tra loro collegati, tra i quali assume particolare rilievo la scelta di insistere sulla strada della riduzione della spesa pubblica.
A tal fine si intende passare dall'attuale condizione di deresponsabilizzazione degli amministratori pubblici alla responsabilità fiscale di questi ultimi, da una situazione in cui le imposte statali costituiscono l'80 per cento del gettito, mentre quelle locali ammontano a solo il 20 per cento, ad un nuovo assetto in cui le prime scendono al 70 per cento e le seconde salgono al 30 per cento. Da un sistema fiscale «politicamente» centrato sul reddito, ad uno in cui le tasse siano meglio distribuite su redditi, patrimoni e cose.
Si vuole, in sostanza, attuare una grande rivoluzione, ponendo il fisco al servizio del cittadino e non viceversa.

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È necessario, però, ricordare che la riforma fiscale può essere sviluppata tenendo presenti alcuni vincoli fondamentali:
il rispetto dei principi costituzionalidi capacità contributiva e progressività del sistema tributario;
la conformità ai principi ed alle direttive dell'Unione europea;
la stabilitàdella pressione fiscale rispetto al prodotto interno lordo.

L'ultimo dei tre vincoli può essere ottenuto solo se il sistema fiscale, una volta riformato, sarà a sua volta capace di produrre effetti complessivi di risanamentodei conti pubblici. Questa è la scommessa di sistema che tutti insieme dobbiamo fare. Il sistema fiscale italiano, una volta semplificato, e fondatosul territorio (il federalismo) dovrà essere infatti più trasparente, consentendo alla gente di controllare da vicino e davvero la spesa pubblica. Infatti, i risparmi di spesa pubblica non possono essere realizzati solo dal centro: deve e può farli soprattutto la periferia, i comuni e, soprattutto, le Regioni.
Passando ad alcuni confronti con il panorama della fiscalità a livello internazionale, ricorda che nel rapporto Paying Taxes 2011 redatto da PriceWaterhouseCoopers (PWC), l'Italia figura all'ultimo posto quando viene calcolato il «total tax rate» con riferimento a 23 paesi dell'Unione europea. Il prelievo nazionale supera il 68 per cento, rispetto a una media europea del 44,2 per cento e ad una media mondiale del 47,8 per cento.
Inoltre, nella pubblicazione Taxation trends in the European Union di Eurostat 2010 si segnala come l'indice di prelievo tributario sul lavoro - ITR (implicit tax rate) - più alto in Europa si registri in Italia, dove raggiunge il livello del 42,8 per cento. La media europea è, invece, del 34,2 per cento. Lo stesso parametro di pressione tributaria, applicato ai consumi, vede l'Italia al terzultimo posto, al seguito di Spagna e Grecia. Con riferimento alla tassazione sui redditi da capitale, l'Italia non è tra i Paesi europei ove il carico fiscale è maggiore.
Per quanto riguarda invece i tempi necessari agli adempimenti fiscali, nel citato rapporto Paying Taxes 2011 l'Italia si colloca al sestultimo posto in Europa, con 285 ore, a fronte di una media europea di 222 ore.
In estrema sintesi, il sistema fiscale italiano è dunque caratterizzato da un carico fiscale troppo elevato per quanto riguarda il lavoro e, al contempo, piuttosto contenuto per quanto riguarda il consumo, nonché da una notevole onerosità in termini di adempimenti richiesti annualmente ai contribuenti. Si rafforza, dunque, la convinzione di dover intervenire per ridurre il carico fiscale nazionale sul lavoro. Anche per questo motivo il disegno di legge prevede una riduzione delle aliquote dell'imposta sul reddito personale, che passano dalle attuali cinque a tre aliquote più basse; contestualmente, si prevede la graduale eliminazione dell'IRAP (imposta regionale sulle attività produttive), con prioritaria esclusione del costo del lavoro dalla base imponibile.
Nella medesima ottica, la delega prospetta anche l'intenzione di operare un trasferimento del carico impositivo sui consumi: tale aumento del prelievo indiretto deve, però, essere valutato e determinato, come del resto specificato dallo stesso tenore dell'articolo 3, comma 1, lettera a), tenendo conto degli effetti inflazionistici che potrebbe innescare, in particolare tenendo conto della fase di debolezza che attraversa non solo l'economia italiana, ma la complessiva congiuntura economica mondiale, a seguito della crisi innescata dalla caduta dei mercati finanziari del 2008. Su questo punto è necessario una riflessione in particolare sull'IVA che è stata oggetto di grande attenzione in quest'ultimi giorni nell'ambito della discussione al Senato sulla manovra economica, in particolare per quanto riguarda un aumento dell'aliquota ordinaria.
Sull'argomento ci sono posizioni favorevoli, quale quella espressa dall'Assonime,

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che ritiene condivisibile una rimodulazione dell'aliquota IVA, in quanto, in termini generali, l'Italia mostra un'incidenza delle imposte dirette sul PIL superiore al 35 per cento, rispetto a una media dell'area euro del 32,5 per cento, mentre l'incidenza delle imposte indirette è pari al 34,6 per cento, contro una media dell'area euro del 37,1 per cento. Questi confronti già indicano tendenzialmente la misura del riequilibrio desiderabile dalle imposte dirette a quelle indirette: intorno a 2,5 punti percentuali del PIL.
Molti paesi europei stanno puntando sull'aumento dell'IVA per reperire risorse per il riequilibrio dei conti pubblici: ad esempio il Regno Unito, che ha portato l'aliquota ordinaria al 20 per cento.
Molti temono invece che l'aumento dell'IVA possa condurre a una compressione dei consumi, ma tale rischio sarebbe compensato dall'aumento del reddito disponibile, oltre che da nuovi e più incisivi sostegni mirati alle famiglie meno abbienti.
Occorre inoltre tener conto del fatto che l'IVA risulta oggetto di notevoli fenomeni evasivi, così come l'imposta sui redditi, e che vanno pertanto adottati opportuni strumenti di contrasto all'evasione in questo campo. In particolare, sarebbe opportuno agire sulla riduzione del numero delle partite IVA, che rendono oggi difficoltoso l'accertamento e sono spesso causa di deduzione di costi non inerenti all'attività. Si potrebbero anche rendere deducibili, almeno in parte, certe spese socialmente rilevanti e fiscalmente protette, in modo da imporne la documentazione e creare un contrasto d'interesse tra consumatore e soggetto IVA cedente o prestatore.
In tale contesto rammenta che, nell'ambito dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 138 del 2011, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, attualmente in discussione presso l'Assemblea del Senato, il Governo ha presentato un emendamento, sul quale è stata posta la questione di fiducia, che prevede, tra l'altro, un incremento dell'aliquota ordinaria dell'IVA, dal 20 al 21 per cento.
In materia di semplificazione degli adempimenti, oltre ad una rideterminazione della disciplina dell'obbligazione fiscale che minimizzi lo sforzo che il contribuente è tenuto a sostenere per effettuare gli adempimenti fiscali, nella disciplina relativa alla tassazione del reddito di impresa, il disegno di legge prevede la revisione degli attuali regimi volti ad incentivare la nascita di nuove imprese, la revisione degli studi di settore, al fine di cogliere in modo più puntuale la realtà dell'attività delle imprese e dei lavoratori autonomi, nonché l'introduzione di un concordato biennale volto a determinare preventivamente l'imposizione sul reddito di impresa e di lavoro autonomo.
Il disegno di legge delega affronta anche il tema della riforma del sistema di assistenza sociale. Anche sotto questo profilo evidenzia come il sistema di assistenza sociale italiano risulti regolato da vari provvedimenti normativi, privi di coordinamento e fonte di sovrapposizioni che riducono l'efficacia degli interventi favorendo anche abusi. La riforma in materia socio-assistenziale si rende quindi necessaria per riqualificare e riordinare la relativa spesa, per superare le sovrapposizioni e duplicazioni di servizi e prestazioni che rendono poco efficace e antieconomico il sistema. La spesa per i servizi sociali è frammentata tra diversi soggetti concorrenti fra loro che gestiscono quote diverse di risorse suddivise tra il servizio sanitario nazionale, l'INPS e i comuni.
Sulla scorta di tali considerazioni la delega in materia assistenziale mira a riqualificare e ad integrare, dal punto di vista sostanziale, le prestazioni socio-assistenziali in favore dei soggetti più bisognosi, evitando gli abusi esistenti soprattutto in alcune regioni dove è presente un numero sproporzionato di soggetti invalidi e beneficiari di assegni di accompagnamento che fanno lievitare la spesa, in ambito assistenziale, danneggiando coloro che effettivamente si trovano nelle condizioni

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di dover usufruire dell'assistenza statale. La delega è inoltre orientata ad attuare il principio di sussidiarietà orizzontale sancito dall'articolo 118 della Costituzione a seguito della riforma del Titolo V della Carta costituzionale, favorendo in tale prospettiva la libertà di scelta degli utenti e prevedendo il finanziamento prioritario degli interventi sociali attuati attraverso i soggetti del settore no profit, al fine di raggiungere livelli di efficienza che spesso non possono essere realizzati attraverso l'esclusivo ricorso all'intervento pubblico.
Cercando brevemente di riassumere la legge delega della riforma fiscale rappresenta il tassello fondamentale per accelerare il processo di rinnovamento del Fisco che già è stato avviato con la riforma del federalismo fiscale.
L'obiettivo della riforma fiscale, come affermato in precedenza, è quello di una generale riduzione degli adempimenti fiscali, sia per le persone fisiche sia per le società e le imprese, stimolata anche dalla fiducia espressa dal Fondo Monetario Internazionale, che ha valutato positivamente l'impegno assunto dal Governo italiano a ridurre il rapporto deficit/PIL sotto il 3 per cento nel 2012 e a raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014.
Inoltre la delega intende semplificare gli oneri burocratici, sotteso alle iniziative assunte dal Governo per realizzare un meccanismo di comunicazione unica di impresa, attraverso il quale consentire di avviare l'attività imprenditoriale a costi contenuti e con notevole risparmio di tempo.
Ulteriore obiettivo della riforma è la lotta all'evasione, che deve essere perseguito dapprima con meccanismi dissuasivi, quali le comunicazioni e dichiarazioni aggiuntive che il contribuente deve produrre (ma che generano anche molti costi per il sistema imprese), con l'inasprimento delle sanzioni amministrative, perseguendo una maggiore cooperazione con i Comuni, nonché attraverso quello che costituisce forse lo strumento più efficace, cioè l'abbassamento della pressione fiscale.
Sui temi dell'evasione il Governo ha già adottato misure efficaci, tese a fornire all'Amministrazione una maggiore conoscenza dei flussi di pagamento potenzialmente indicativi di reddito, quali la tracciabilità delle operazioni economiche di maggiore rilevanza e la segnalazione dei rapporti commerciali da e verso i paradisi fiscali.
Passando quindi ad analizzare brevemente, ma in dettaglio, il contenuto del disegno di legge, l'articolo 1 delega, al comma 1, il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, da ordinare in un unico codice, volti a realizzare un riforma del sistema fiscale statale.
Il comma 2 definisce i princìpi sulla base dei quali il Governo è chiamato ad operare il riordino del sistema fiscale e a curare la predisposizione del codice tributario.
Si tratta, in particolare:
a) dei princìpi costituzionali di legalità e capacità contributiva;
b) del rispetto dei princìpi fondamentali dell'ordinamento comunitario e degli obblighi derivanti dai trattati internazionali;
c) dei princìpi di chiarezza, semplicità, conoscibilità effettiva e irretroattività, nonché della tutela dell'affidamento e della buona fede nei rapporti tra fisco e contribuente;
d) del divieto della doppia imposizione giuridica e del divieto di applicazione analogica delle norme che stabiliscono i presupposti soggettivi ed oggettivi dell'imposizione, le esenzioni e le agevolazioni;
e) della riduzione, nella misura massima possibile, dello sforzo del contribuente nell'adempimento dei propri obblighi fiscali.

È inoltre previsto che nel codice debba trovare sede una disciplina unitaria per tutte le imposte del soggetto passivo, dell'obbligazione fiscale, delle sanzioni e del processo tributario.

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Sul piano dei rapporti tra le fonti normative, la lettera l) del comma 2 reca una speciale «clausola di resistenza», in forza della quale le disposizioni del codice tributario previsto dall'articolo possono essere derogate o modificate solo espressamente (con esclusione pertanto delle cosiddette modifiche o abrogazioni «tacite») e mai da leggi speciali (con la necessità, pertanto, che il legislatore operi in materia solo interventi di carattere generale).
Gli articoli da 2 a 7 contengono i principi e criteri direttivi di delega relativi a ciascuna imposta.
In particolare, l'articolo 2 prevede che l'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) sia determinata in base alle tre aliquote del 20 per cento, del 30 per cento e del 40 per cento (in luogo delle cinque attuali aliquote del 23, 27, 38, 41 e 43 per cento), da applicare «ad un imponibile per quanto possibile non eroso dalle diverse agevolazioni introdotte nel corso degli anni».
Ai sensi del comma 3, la copertura finanziaria della rimodulazione delle aliquote è assicurata mediante l'eliminazione o la riduzione totale o parziale dei regimi di favore fiscale attualmente vigenti, elencati nell'allegato 1 del disegno di legge, fatta eccezione per i regimi introdotti in esecuzione di accordi internazionali, ovvero in ottemperanza alla normativa dell'Unione europea.
Al riguardo ricorda che il combinato disposto dell'articolo 40, comma 1-ter, del decreto - legge n. 98 del 2011 e dell'articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 138 del 2011 (attualmente all'esame del Senato) ha ridotto del 5 per cento nel 2012 e del 20 per cento a decorrere dal 2013 dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale riportati nell'allegato C-bis al citato decreto-legge n. 98, che riproduce il citato allegato 1 del disegno di legge.
Un ulteriore strumento di copertura è inoltre individuato nella riduzione dell'evasione fiscale, nel riordino della tassazione sulle attività finanziarie previsto dalla lettera c) del comma 4, dallo spostamento dell'asse del carico tributario verso «forme di imposizione reale», nonché da economie di spesa.
Altri principi di delega in materia, elencati dal comma 4, riguardano:
l'inclusione, fra i soggetti passivi, degli enti non commerciali;
un nuovo sistema di determinazione dell'imponibile e di calcolo dell'imposta, caratterizzato dall'identificazione, in funzione della soglia di povertà, di un livello di reddito minimo personale escluso da imposizione;
la concentrazione dei regimi di favore fiscale sui prioritari obiettivi della tutela della natalità, del lavoro e dei giovani, con la previsione di un regime agevolato differenziato per la quota di retribuzione legata ai risultati dell'impresa;
l'inclusione parziale nella base imponibile degli utili percepiti e delle plusvalenze realizzate, fuori dall'esercizio dell'impresa, su partecipazioni qualificate, con applicazione, in quanto compatibile, delle norme di cui alla disciplina sul reddito delle società: a tale proposito ricorda che il vigente regime fiscale preveda già la parziale imponibilità di utili e plusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate conseguiti al di fuori dell'attività di impresa; pertanto la previsione appena illustrata deve intendersi nel senso di delegare il Governo a modificare, anche in senso estensivo, la percentuale dei proventi da includere nel reddito imponibile;
una serie di interventi di semplificazione nei rapporti tra fisco e contribuenti, concernenti la revisione dei regimi fiscali forfetari e degli studi di settore, nonché l'introduzione di un concordato biennale preventivo in materia di redditi di impresa e di lavoro autonomo.

Viene inoltre previsto, alla lettera c) del comma 4, un nuovo regime fiscale per i redditi di natura finanziaria, superando la distinzione tra «redditi di capitale» e «redditi diversi» a favore di una unica

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categoria di «redditi finanziari» assoggettati ad un'imposta sostitutiva con una stessa aliquota, non superiore al 20 per cento, fatti comunque salve le aliquote più basse previste dalla disciplina dell'Unione europea.
Al fine di regolare l'ordinata entrata in vigore della nuova disciplina sui redditi di capitale si prevede esplicitamente un regime transitorio per l'applicazione ai redditi maturati fino alla predetta entrata in vigore.
Si prevede inoltre, al numero 2) della predetta lettera c), l'introduzione di un'aliquota più bassa per i redditi di natura finanziaria derivanti da piani di risparmio a lungo termine appositamente istituiti e da forme di previdenza complementare.
Al riguardo segnala come l'articolo 2, commi da 6 a 34, del decreto-legge n. 138 del 2011, in corso di conversione ed attualmente all'esame del Senato, preveda la revisione della ritenuta sulle attività finanziarie, nel senso di prevedere, a decorrere dal 1o gennaio 2012, un'aliquota unica del 20 per cento (in luogo delle due aliquote delle 12,50 e del 27 per cento attualmente previste in relazione alle diverse tipologie di strumenti finanziari) ad esclusione degli interessi, premi e altri proventi derivanti da titoli di Stato ed equiparati, buoni fruttiferi postali, titoli emessi da altri Stati, titoli di risparmio per l'economia meridionale, i piani di risparmio a lungo termine, fino alle forme di previdenza complementare.
Da ultimo la disposizione reca (alla lettera e) del comma 4) una clausola di salvaguardia, in forza della quale il nuovo regime introdotto in forza della delega non potrà, a parità di condizioni, risultare meno favorevole di quello attuale.
L'articolo 3 contiene i principi e i criteri direttivi per la riforma dell'IVA.
In particolare, si prospetta, nel rispetto dell'ordinamento comunitario:
la revisione graduale delle aliquote, anche tenendo conto degli effetti inflattivi prodotti dall'aumento delle aliquote stesse;
la riduzione delle forme di indetraibilità e delle distorsioni della base imponibile, al fine prioritario di avvicinare la struttura dell'imposta sul valore aggiunto a quella propria di un'imposta sui consumi;
il coordinamento della disciplina IVA con quella delle accise, al fine di evitare gli effetti di parziale duplicazione giuridica ed economica del prelievo;
la razionalizzazione dei sistemi speciali in relazione alla particolarità dei settori interessati;
la semplificazione degli adempimenti formali.

L'articolo 4 è volto a razionalizzare, attraverso l'istituzione di un'imposta sui servizi, il settore delle cosiddette «imposte minori» che, secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, risulta comprensivo di una pluralità di tributi e presupposti impositivi che lo rendono complesso in termini di gestione e di applicazione per i contribuenti.
La riforma dell'imposizione sui servizi dovrà avvenire attraverso l'unificazione in un'unica obbligazione fiscale e in un'unica modalità di prelievo dei seguenti tributi:
imposta di registro;
imposte ipotecarie e catastali;
imposta di bollo;
tassa sulle concessioni governative;
imposta sulle assicurazioni;
imposta sugli intrattenimenti.

In merito alla formulazione della disposizione, rileva l'opportunità di chiarire se la razionalizzazione e la concentrazione delle imposte sopra richiamate sarà operata mediante la soppressione delle medesime e la contestuale introduzione di una nuova ed unica imposta sui servizi, come potrebbe far intendere la rubrica dell'articolo, ovvero attraverso la razionalizzazione e l'armonizzazione della disciplina delle imposte stesse.

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Ricorda inoltre che il decreto legislativo n. 23 del 2011, in materia di federalismo fiscale municipale, ha disciplinato l'assetto delle competenze fiscali tra Stato ed enti locali, prevedendo, tra l'altro, l'attribuzione ai Comuni del gettito relativo alle imposte di registro e bollo sui contratti di locazione immobiliare, nonché una quota, pari al 30 per cento, del gettito delle imposte di registro, ipotecarie e catastali sugli atti di trasferimento immobiliare ed una quota, pari al 21,7 per cento nel 2011 ed al 21,6 per cento dal 2012, del gettito della cedolare secca sugli affitti, che assorbe anche le imposte di registro e bollo sui contratti: appare pertanto necessario coordinare, in sede di esercizio di delega, tale previsioni con quelle dettate dall'articolo 4.
L'articolo 5 concerne il riordino della disciplina delle accise, secondo criteri di efficienza e ottimalità, prospettando:
la graduale rimodulazione delle aliquote delle singole accise;
il coordinamento delle medesime aliquote con l'IVA, al fine di ridurne l'incidenza sui «prodotti essenziali» e la duplicazione dell'imposizione;
la correzione degli effetti esterni negativi dell'imposizione su ambiente, salute e benessere.

L'articolo 6 conferisce al Governo una specifica delega per la graduale eliminazione dell'IRAP, a tal fine indicando come prioritaria l'esclusione dalla base imponibile del costo del lavoro.
L'articolo 7 prevede l'introduzione, nella disciplina relativa alla tassazione del reddito di impresa, di un aiuto alla crescita economica (ACE), rendendo deducibile il rendimento del capitale di rischio, valutato tramite l'applicazione di un rendimento nozionale al nuovo capitale proprio. Secondo quanto indicato dalla relazione illustrativa, l'introduzione di una deduzione per il rendimento del capitale di rischio ha anche la finalità di riequilibrare, nell'ambito del sistema di tassazione del reddito d'impresa, il carico fiscale relativo alle diverse fonti di finanziamento mediante una riduzione dell'imposizione sui redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio, tenendo conto delle esigenze di rafforzamento della struttura patrimoniale delle imprese e del sistema produttivo italiano. In tal senso, l'ACE può coesistere con regole interne dell'ordinamento che generano un'azione di contenimento dell'indebitamento eccessivo.
L'articolo 8 disciplina le modalità di attuazione della delega, prevedendo la predisposizione di più decreti legislativi da emanare entro tre anni dalla data di entrata in vigore della legge, nonché la possibilità di emanare disposizioni integrative, correttive e di coordinamento nei tre anni successivi all'entrata in vigore dei decreti legislativi di attuazione della delega.
Il comma 2 regola i profili di carattere intertemporale, prevedendo che le vigenti disposizioni tributarie continuano ad applicarsi fino al completamento della riforma e che i provvedimenti di attuazione dovranno contenere una norma transitoria di salvaguardia per escludere eventuali inasprimenti fiscali rispetto a regimi fiscali garantiti dalla legislazione pregressa. Analoga previsione di carattere specifico è contenuta dall'articolo 2, comma 4, lettera e), con riferimento alla riforma dell'imposta sul reddito.
Inoltre, considerato che fino al completamento del processo di riforma costituzionale restano garantiti in termini quantitativi e qualitativi gli attuali meccanismi di finanza locale, il comma 3 stabilisce, in merito alla progressiva riduzione dell'IRAP, che tale riduzione sarà compensata, d'intesa con le regioni, da trasferimenti o compartecipazioni.
L'articolo 9 reca le norme relative alle modalità di espressione del parere parlamentare sui decreti legislativi di attuazione della delega, disponendo, a tal fine, al comma 1, la costituzione di una apposita Commissione bicamerale, composta da 15 deputati e 15 senatori, ripartiti nel rispetto della proporzione tra i gruppi parlamentari.

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I commi 2 e 3 disciplinano il termine per l'espressione del parere da parte della Commissione, fissato in trenta giorni, prorogabile per venti giorni: nel caso in cui la predetta proroga sia concessa è parimenti prorogato il termine triennale di esercizio della delega.
In merito alla formulazione tecnica della disposizione, rileva come il meccanismo di parere da parte della Commissione bicamerale si riferisca a tutti gli schemi di decreti legislativi predisposti ai sensi della legge, mentre l'articolo 10 definisce un diverso sistema di espressione del parere (da parte delle competenti Commissioni parlamentari permanenti) sugli schemi di decreto predisposti ai sensi della delega assistenziale recata dallo stesso articolo 10.
L'articolo 10 reca una delega biennale al Governo per la riqualificazione e il riordino della spesa in materia sociale, finalizzati alla separazione del dovere fiscale da quello di assistenza, alla riqualificazione ed integrazione delle prestazioni socio - assistenziali, al trasferimento delle funzioni di assistenza ai livelli di governo più prossimi ai cittadini, alla promozione della sussidiarietà in materia ad opera delle famiglie e delle organizzazioni con finalità sociali.
La delega deve essere esercitata nel rispetto dei principi e criteri direttivi elencati dal comma 1.
Per quanto attiene ai profili squisitamente sostanziali si prevede:
la ridefinizione degli indicatori volti ad individuare la reale situazione economica dei singoli cittadini, con particolare attenzione ai nuclei familiari;
il riordino dei criteri e dei requisiti, personali, familiari, reddituali e patrimoniali, per l'accesso alle prestazioni;
l'armonizzazione dei diversi strumenti previdenziali, assistenziali e fiscali di sostegno alle condizioni di bisogno, evitando duplicazioni di servizi, perseguendo la gestione integrata dei servizi e responsabilizzando tutti i livelli di governo;

Per quanto riguarda il riassetto delle attribuzioni in materia di assistenza tra i diversi enti, i principi di delega prevedono:
l'istituzione di un fondo per l'indennità sussidiaria alla non autosufficienza, da ripartire tra le regioni sulla base di parametri legati alla popolazione, all'età anagrafica e ad alcuni fattori ambientali;
il trasferimento ai comuni, singoli e associati, del servizio relativo alla carta acquisti, per il tramite delle organizzazioni senza fine di lucro;
l'attribuzione all'INPS delle competenze in materia di erogazioni delle prestazioni sociali in forma monetaria diretta e di realizzazione di un'anagrafe generale delle posizioni assistenziali, per il monitoraggio di tutte le prestazioni assistenziali rese da amministrazioni pubbliche.

Il comma 2 regola il meccanismo di espressione del parere, da parte delle Commissioni parlamentari competenti e delle Commissioni competenti sulle conseguenze di carattere finanziario, sugli schemi di decreto emanati ai sensi della delega: qualora il Governo non intenda conformarsi alle eventuali condizioni, contenute nei pareri, relative al rispetto dell'obbligo di copertura delle spese sancito dall'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, si stabilisce un sistema di «doppio parere» con obbligo per il Governo di ritrasmettere alle Camere i testi, integrati con i necessari elementi di informazione.
In merito a tale tematica rileva, riprendendo quanto già segnalato in precedenza, come l'articolo 9, comma 2, preveda una diversa disciplina in merito, stabilendo il parere di una Commissione bicamerale sugli schemi di decreti legislativi predisposti ai sensi dell'intera legge.
Ai sensi del comma 3 il Governo è autorizzato ad adottare, entro 18 mesi dall'entrata in vigore dei decreti legislativi, disposizioni integrative o correttive, nonché, entro ulteriori diciotto mesi, norme di coordinamento con la disciplina vigente.

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L'articolo 11 stabilisce che dall'attuazione della legge di delega, e in particolare dal riordino della spesa in materia sociale, nonché dall'eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali, devono derivare effetti positivi, ai fini dell'indebitamento netto, non inferiori a 4.000 milioni di euro per l'anno 2013 e a 20.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014.
Ricorda al riguardo che l'articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011 ha disposto la riduzione, del 5 per cento nel 2013, e del 20 per cento a decorrere dal 2014 dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale riportati nell'allegato C-bis al decreto-legge.
Il comma 1-quater del medesimo articolo 40 prevede che la disposizione di cui al comma 1-ter non si applichi qualora entro il 30 settembre 2013 siano adottati provvedimenti legislativi in materia fiscale ed assistenziale aventi ad oggetto il riordino della spesa in materia sociale, nonché la eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione e agevolazione fiscale che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali, tali da determinare effetti positivi (cioè riduzioni), ai fini dell'indebitamento netto, non inferiori a 4 miliardi di euro per il 2013 ed a 20 miliardi di euro annui a decorrere dal 2014.
L'articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 138 del 2011 ha peraltro anticipato tali scadenze, rispettivamente, al 30 settembre 2012 e a decorrere dal 2013. Il comma 6 ha inoltre aggiunto, al comma 1-ter, una sorta di clausola di salvaguardia, ai sensi della quale, al fine di garantire i predetti effetti finanziari, in alternativa, anche parziale, alla riduzioni citate, può essere disposta, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, la rimodulazione delle aliquote delle imposte indirette, inclusa l'accisa.

Alberto FLUVI (PD) ribadisce come l'avvio della discussione di un provvedimento di così grande importanza come il disegno di legge delega per la riforma fiscale e assistenziale meritasse la partecipazione di un maggior numero di componenti della Commissione, anche in considerazione delle rilevanti scelte di politica economica compiute in questi ultimi giorni nel corso dell'esame, presso il Senato, del decreto-legge n. 138 del 2011.
Rileva inoltre come le scelte relative alla materia fiscale, coinvolgendo valutazioni equitative, nonché gli interessi complessivi del Paese, non possano essere appannaggio solo del Governo e della maggioranza che lo sostiene, ma debbano essere il frutto di un dibattito aperto e sufficientemente approfondito tra tutte le forze politiche.
A tale proposito, ritiene che dall'intervento del relatore non emerga alcuna consapevolezza circa l'imprescindibile necessità di un ampio confronto tra maggioranza e opposizione, finalizzato all'individuazione di quelle opzioni che, proprio in quanto ispirate a criteri di equità, riscuoterebbero con maggiore probabilità anche l'apprezzamento dell'opinione pubblica.
Auspica, quindi, che nel prosieguo dell'esame del provvedimento possa ristabilirsi quello spirito costruttivo che ha sempre contraddistinto i lavori della Commissione, preannunciando che il proprio gruppo non mancherà di offrire il proprio contributo al dibattito.

Maurizio BERNARDO (PdL), relatore, condivide l'osservazione del deputato Fluvi secondo cui la materia fiscale, coinvolgendo gli interessi generali, non può essere affrontata con spirito di parte. Ritiene quindi che, analogamente a quanto avvenuto in altri Paesi, anche in Italia ogni decisione riguardo a tale tema sarà assunta tenendo conto del contributo fornito da tutte le forze politiche.
In particolare, osserva come, nel prosieguo dell'esame del provvedimento, vi sarà la possibilità di confrontarsi anche sugli aspetti di dettaglio del testo, poiché la maggioranza non ha affatto l'intenzione di compiere le proprie scelte in solitudine, senza avvalersi del contributo dell'opposizione, ma, al contrario, mira all'approvazione di un testo il più possibile

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condiviso, capace di soddisfare le esigenze dei cittadini e di incontrarne, per questo, il consenso.
Ricorda, peraltro, come il Governo, proprio al fine di predisporre un provvedimento aperto anche al contributo della società civile, abbia istituito, lo scorso anno, alcuni tavoli di confronto, i quali hanno dato modo ad autorevoli esponenti del mondo accademico, dei settori produttivi e delle libere professioni di esprimere, in merito ai contenuti del disegno di legge delega, le proprie opinioni e i propri orientamenti culturali.
Rileva, infine, come ulteriori contributi potranno venire dalle audizioni deliberate dall'Ufficio di presidenza della Commissione, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione odierna, ribadendo comunque la necessità di procedere a una riforma nella quale la maggioranza crede fermamente.

Cosimo VENTUCCI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.30.