CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 20 luglio 2011
514.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Mercoledì 20 luglio 2011. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati.

La seduta comincia alle 14.15.

Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense.
C. 3900, approvato dal Senato, C. 420 Contento, C. 1004 Pecorella, C. 1447 Cavallaro, C. 1494 Capano, C. 1545 Barbieri, C. 1837 Mantini, C. 2246 Frassinetti e C. 2419 Cassinelli.
(Seguito dell'esame e rinvio - Adozione del testo base).

La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato il 13 luglio 2011.

Roberto CASSINELLI (PdL), relatore, ricorda che nella scorsa seduta aveva evidenziato l'esigenza di dare un'accelerazione all'esame dei provvedimenti di riforma della professione forense, ritenendo maturi i tempi per procedere all'esame

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degli emendamenti. Propone pertanto l'adozione della proposta di legge C. 3900, approvata dal Senato, come testo base.

Mario CAVALLARO (PD) preliminarmente dichiara la propria contrarietà al testo trasmesso dal Senato, sottolineando come esso necessiti di un forte intervento emendativo affinché possa essere migliorato rispondendo alle reali ed effettive esigenze dell'avvocatura che da decenni aspetta la riforma della propria professione. Proprio per consentire il passaggio procedurale alla fase emendativa il proprio gruppo non si opporrà all'adozione del testo base, pur non votando a favore della proposta del relatore, rispetto alla quale annuncia un voto di astensione.

Cinzia CAPANO (PD) evidenzia come da quando il testo sia stato trasmesso dal Senato la maggioranza ed il Governo non abbiano mai accettato un dialogo con l'opposizione volto a verificare i margini di miglioramento di un testo, rispetto al quale si registra nell'avvocatura una forte contrarietà. Trattandosi di un testo che non può assolutamente essere condiviso nel suo contenuto, annuncia il proprio voto contrario alla proposta del relatore.

Donatella FERRANTI (PD) rileva come a suo parere non siano ancora maturi i tempi per l'adozione del testo base, nonostante che il provvedimento sia stato approvato dal Senato lo scorso novembre. A tale proposito sottolinea l'assoluta mancanza di un approfondimento, che invece sarebbe stato necessario, in merito alle audizioni svolte, che hanno fatto emergere una serie di questioni estremamente complesse. Per tali ragioni ed in considerazione del fatto che il provvedimento non è comunque inserito nella programmazione dei lavori dell'Assemblea, rappresenta a nome del suo gruppo l'opportunità di procedere all'adozione del testo base solo dopo che il relatore avrà svolto un lavoro di sintesi delle audizioni. Qualora si ritenesse tuttavia di adottare oggi il testo base, a suo parere dovrà essere fissato un termine per la presentazione degli emendamenti sufficientemente ampio, al fine di consentire ai deputati di approfondire quanto è emerso nel corso delle audizioni ed ai gruppi di adottare le rispettive posizioni relativamente al testo trasmesso dal Senato. Proprio in considerazione del fatto che a suo parere non sono maturi i tempi per valutare adeguatamente il testo da adottare come testo base annuncia che il suo gruppo non voterà né a favore né contro il testo trasmesso dal Senato, ma si asterrà facendo una scelta meramente tecnica che non può essere considerata come una adesione o comunque una sorta di non contrarietà al testo del Senato.

Salvatore TORRISI (PdL) annuncia il proprio voto a favore della proposta del relatore e ritenendo che non sia più possibile rinviare una riforma attesa da anni. Ciò non significa naturalmente che il testo approvato dal Senato possa essere migliorato attraverso opportuni emendamenti.

Maria Grazia SILIQUINI (PT) dichiara il proprio favore in merito alla proposta del relatore ritenendo che non vi sia più alcuna ragione per differire ulteriormente l'adozione del testo base. Ricorda inoltre che la materia della riforma delle professioni è stata sufficientemente approfondita attraverso una serie di audizioni che ne hanno evidenziato tutte le questioni più rilevanti.

Roberto CASSINELLI (PdL), relatore, ribadisce che non è più alcuna ragione per non adottare il testo base e fissare il termine per la presentazione degli emendamenti.

Nessun altro chiedendo di intervenire la Commissione approva la proposta del relatore ed adotta come testo base per l'ulteriore prosieguo dell'esame la proposta di legge C. 3900, approvata dal Senato.

Giulia BONGIORNO, presidente, dichiara che inizialmente pensava di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 16 di lunedì 25 luglio, tuttavia considerato che il provvedimento non è calendarizzato in Assemblea per il mese di

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luglio e che potrebbe comunque essere inserito nel calendario del mese di settembre dalla Conferenza dei Presidenti di gruppo che dovrebbe convocarsi nei primi giorni di settembre, come solitamente avviene, ritiene di fissare il termine per il 5 settembre prossimo. Ciò consentirebbe od almeno non ne escluderebbe la possibilità di inserimento del provvedimento negli ultimi giorni del calendario dei lavori dell'Assemblea di settembre.

Donatella FERRANTI (PD) ritiene che il termine prefigurato dal Presidente non sia adeguato in quanto presuppone che per quella data i gruppi si siano già confrontati al proprio interno per valutare le modifiche da apportare al testo. Chiede pertanto che sia fissato un termine ben più ampio di quello del 5 settembre.

Enrico COSTA (PdL) dichiara di essere favorevole ad un termine più ampio purché questo non comprometta la possibilità di calendarizzare almeno negli ultimi giorni di settembre.

Giulia BONGIORNO, presidente, alla luce di quanto è emerso in Commissione ed al fine di non pregiudicare la possibilità che il provvedimento sia inserito nel calendario dei lavori di settembre, fissa il termine per la presentazione degli emendamenti al testo base alle ore 15 di lunedì 12 settembre.
Nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.30.

COMITATO DEI NOVE

Mercoledì 20 luglio 2011.

Norme per il contrasto dell'omofobia e transfobia.
Emendamenti C. 2802-A.

Il Comitato dei nove si è riunito dalle 14.30 alle 14.35.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Mercoledì 20 luglio 2011. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati.

La seduta comincia alle 14.35.

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Rafforzare i diritti delle vittime nell'Unione europea.
(COM(2011)274 def.).

Proposta di direttiva che istituisce norme minime riguardanti i diritti, l'assistenza e la protezione delle vittime di reato.
(COM(2011)275 def.).
Proposta di regolamento relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile.
(COM(2011)276 def.).

(Esame congiunto, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame congiunto del provvedimenti.

Manlio CONTENTO (PdL), relatore, rileva che il 18 maggio scorso la Commissione europea ha presentato un pacchetto legislativo concernente: una comunicazione (COM(2011)274) al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Rafforzare i diritti delle vittime nell'Unione europea»; una proposta di direttiva (COM(2011)275), che istituisce norme minime riguardanti i diritti, l'assistenza e la protezione delle vittime; una proposta di regolamento (COM(2011)276) del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile.
Con tale pacchetto di proposte la Commissione europea si propone di rafforzare ulteriormente la tutela delle vittime, proseguendo

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lungo una strada da tempo avviata che tuttavia fino ad ora era rivolta a specifiche categorie di vittime (tratta di essere umani, abuso sessuale, in particolare, su minori, terrorismo). Si determinerebbe, quindi, un duplice effetto: per un verso, ampliare l'ambito soggettivo dei beneficiari delle norme di tutela; per altro verso, allargare l'oggetto della tutela, affrontando «le esigenze delle vittime in modo completo».
Con la comunicazione (COM(2011)274 la Commissione indica le ragioni del pacchetto di proposte, tracciando un'analisi delle principali esigenze delle vittime, mettendo in evidenza l'insufficienza delle disposizioni vigenti a tutela di questa categoria di cittadini dell'Unione, e indicando i settori che maggiormente necessitano di interventi specifici.
La comunicazione in esame indica la dimensione del problema rilevando, sulla base dei dati Eurostat, che annualmente si verificano circa 30 milioni di reati contro persone o beni, e che le vittime direttamente coinvolte sono oltre 75 milioni, considerato che spesso tali reati colpiscono più vittime e/o che i loro effetti possono ricadere indirettamente anche su coloro che sono prossimi alle vittime. Particolare attenzione si presta nella comunicazione alle vittime di incidenti stradali: si stima che questi determinino annualmente circa 31 mila perdite di vite umane, di cui 850 bambini sotto i 14 anni, nonché 250 mila casi di lesioni gravi e 1,2 milioni di lesioni lievi.
Tuttavia, nel documento si evidenzia che alcuni dei provvedimenti citati non hanno dato i risultati sperati (tale giudizio è espresso in particolare per la decisione quadro 2001/220/GAI del Consiglio relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale), e che altri abbiano bisogno di essere integrati in quanto concernenti misure esclusivamente applicabili a specifiche categorie di vittime e non a tutte.
La comunicazione traccia l'elenco delle fondamentali esigenze delle vittime, descrivendone la portata e indicandone i possibili rimedi. In particolare tra le esigenze si considerano di preminente interesse: il riconoscimento e trattamento rispettoso delle vittime, da realizzare in particolare tramite la formazione degli operatori che entrano in contatto con esse, elaborando un metodo di individuazione dei bisogni individuali; la protezione delle vittime durante le indagini e il procedimento penale, in particolare per evitare che dopo il reato la vittima sia esposta a ulteriori danni o intimidazione e ritorsioni da parte dell'autore del reato (la Commissione rileva che il 40 per cento dei reati denunciati sono reiterati nei confronti delle stesse vittime); in tale ambito con la comunicazione si suggerisce la necessità di dotare le misure di protezione concesse dallo Stato di residenza delle vittime di una dimensione transfrontaliera, obbligando gli Stati membri al riconoscimento reciproco di tale tipo di misura, sia nel settore penale che in quello civile; il sostegno delle vittime, al fine di consentire loro di sormontare ostacoli di carattere emotivo, pratico, amministrativo e legale e di riprendersi completamente dall'evento; l'accesso effettivo al sistema giudiziario, in particolare attraverso un livello di informazione adeguato circa i diritti che le vittime possono esercitare, le scadenze e le decisioni che le interessano; il risarcimento e il ripristino della situazione precedente al reato, con particolare riferimento ai moderni sistemi di giustizia riparatoria che possono risultare più efficaci dei normali consueti risarcitori di giustizia formale.
Con la comunicazione in esame la Commissione considera meritevoli di massima attenzione (pertanto bisognose di specifiche misure) determinate categorie di vittime: vittime del terrorismo; vittime di incidenti stradali; vittime cosiddette vulnerabili (per caratteristiche personali o per la natura del reato che hanno subito); vittime minori; vittime di violenza sessuale.
Nella comunicazione, oltre ad indicare sinteticamente il contenuto degli altri due provvedimenti del pacchetto in esame, si indicano le prossime azioni previste nel campo dei diritti delle vittime. In particolare

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tra gli interventi futuri della Commissione si citano: la revisione della direttiva 2004/80/CE relativa all'indennizzo delle vittime di reato e del regolamento «Roma II» (in materia di legge applicabile ai termini di prescrizione nei casi di incidenti stradali transnazionali); nuovi studi e azioni riguardanti le vittime, in particolare specifiche categorie di vittime, quali le vittime del terrorismo, della criminalità organizzata e della violenza di genere, compresa la mutilazione genitale femminile, al fine di migliorare la situazione di tali vittime; misure accessorie in materia di formazione, lo sviluppo di capacità, scambio di buone prassi, prevenzione dei reati e della violenza (ad esempio attraverso campagne di sensibilizzazione e la diffusione di informazioni), raccolta di dati e ricerca.
Sulla base delle indicazioni della Commissione europea, il 10 giugno 2011, il Consiglio giustizia e affari interni ha adottato una risoluzione relativa ad una tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti e della tutela delle vittime in particolare nei procedimenti penali. In particolare il Consiglio si è impegnato a esaminare in via prioritaria si alla proposta di direttiva che istituisce norme minime riguardanti i diritti, l'assistenza e la protezione delle vittime di reato (COM(2011)275) sia la proposta di regolamento sul reciproco riconoscimento delle misure di protezione in materia civile (COM(2011)276). A questo proposito la tabella di marcia specifica che il regolamento in questione è diretto a completare il meccanismo di reciproco riconoscimento previsto dalla proposta di direttiva sull'Ordine di protezione europeo, attualmente all'esame delle istituzioni UE.
La tabella di marcia stabilita dal Consiglio prevede inoltre: l'adozione da parte della Commissione europea di una o più proposte di raccomandazione che dovrebbero servire da orientamento e modello per gli Stati membri per facilitare l'applicazione della direttiva relativa alle norme minime riguardanti i diritti, l'assistenza e la protezione delle vittime di reato a livello nazionale. La raccomandazione dovrebbe fare il punto delle migliori prassi esistenti tra gli Stati membri nel campo dell'assistenza e della protezione alle vittime della criminalità, basandosi su tali prassi nel quadro degli strumenti legislativi applicabili; il riesame della direttiva 2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all'indennizzo delle vittime di reato; alla luce delle conclusioni tratte dalla relazione sull'applicazione della direttiva 2004/80/CE del Consiglio e da ulteriori analisi, si invita la Commissione a riesaminare la direttiva sull'indennizzo, vagliando in particolare se occorra rivedere e semplificare le procedure che la vittima deve seguire per chiedere un indennizzo, e a presentare adeguate proposte legislative o non legislative nel campo dell'indennizzo delle vittime di reato.
La proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio COM(2011)275 che istituisce norme minime riguardanti i diritti, l'assistenza e la protezione delle vittime, che sostituirà la vigente decisione quadro 2001/220/GAI, intende creare un contesto generale per la tutela di tutte le vittime, indipendentemente dal tipo di reato o dalle circostanze o dal luogo in cui è stato commesso. Le norme minime comuni riguarderanno: il diritto a ricevere informazioni sufficienti e in forma comprensibile sui propri diritti, per consentire alle vittime di decidere con cognizione di causa in merito alla loro partecipazione al procedimento penale; l'accesso ai servizi di assistenza che forniscano consigli, sostegno psicologico e supporto pratico, anche nei casi in cui ancora non sia stata presentata denuncia; strumenti di tutela della vittima nell'ambito del procedimento penale, nonché in caso di mediazione penale o di servizi di giustizia ripartiva; strumenti diretti a ridurre al minimo le difficoltà derivanti dalla residenza della vittima in Stato membro diverso da quello in cui è stato subito il reato; riconoscimento della vulnerabilità della vittima e protezione della stessa dal pericolo di ritorsione, intimidazione e vittimizzazione secondaria (ad esempio il diritto all'assenza di contatti con indagati e imputati, in particolare nei luoghi in cui si svolge il procedimento

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penale); diritto alla protezione della vita privata, dell'integrità personale e dei dati personali, nei confronti dei media; formazione adeguata degli operatori della giustizia. La Commissione europea sottolinea che il trattamento adeguato delle vittime corrisponde a una serie di diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio COM(2011)276, concernente gli ordini di protezione emessi in materia civile, trae origine dalla discussione sviluppatasi in sede di negoziato sulla proposta, presentata per iniziativa di dodici Stati membri (Belgio, Bulgaria, Estonia, Spagna, Francia, Italia, Ungheria, Polonia, Portogallo, Romania, Finlandia e Svezia)del settembre 2009, relativa a una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il cosiddetto «ordine di protezione europeo», strumento atto a garantire il riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia penale (documento CO-PE n. 2/10).
Attraverso l'istituzione di un «Ordine di protezione europeo (OPE)», inteso quale strumento basato sul principio del reciproco riconoscimento nell'ambito della cooperazione giudiziaria penale, si intende integrare la vigente normativa UE a tutela delle vittime di reati: emesso su richiesta della persona interessata qualora essa stia per lasciare o abbia lasciato il territorio dello Stato membro che aveva originariamente emesso una misura di protezione in suo favore, l'OPE è riconosciuto nello Stato membro di destinazione il quale è tenuto a darne esecuzione in base alla sua legislazione nazionale. Durante i negoziati è emerso che il meccanismo elaborato con la proposta di direttiva (basato sull'articolo 82 del TFUE, in materia di riconoscimento reciproco in materia penale), consentirebbe di raggiungere obiettivi meno ambizioni di quelli già raggiunti e ulteriormente perseguibili in materia civile, sulla base dell'articolo 81 del TFUE.
Con la proposta di regolamento in esame, la Commissione ha pertanto ritenuto opportuno integrare lo strumento previsto nella direttiva al fine di garantire che tutte le misure di protezione emesse in uno Stato membro possano circolare liberamente nell'UE. La proposta di regolamento prevede un meccanismo per garantire che lo Stato membro in cui la persona a rischio si reca riconosca la misura di protezione emessa dal primo Stato membro senza formalità intermedie. Si introduce inoltre un certificato standard contenente tutte le informazioni rilevanti per il riconoscimento e, se del caso, l'esecuzione, rilasciato dall'autorità competente del primo Stato membro certificato da presentarsi alle autorità competenti del secondo Stato membro ai fini de riconoscimento. L'abolizione dei procedimenti intermedi detti è accompagnata da salvaguardie di diritti fondamentali, con particolare riguardo alla posizione della persona che determina il rischio.
A tale proposito si ricorda che già anteriormente all'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la cooperazione giudiziaria in materia civile, allora regolata dal Titolo IV, articolo 65 del Trattato istitutivo della Comunità europea (TCE), rientrava pienamente tra le materie comunitarizzate, disciplinabili tramite direttive o regolamenti. Per quanto riguarda il riconoscimento reciproco di decisioni in materia civile lo strumento privilegiato è stato il regolamento (si consideri ad es. il regolamento (CE) n. 44 del 2001, relativo alla competenza giurisdizionale, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale). Nell'assetto anteriore al trattato di Lisbona, la cooperazione giudiziaria in materia penale, che, insieme alla cooperazione di polizia, costituiva il terzo pilastro dell'Unione europea, era invece ancora affidata a procedure intergovernative e disciplinata dal Titolo VI del Trattato sull'Unione europea. Il perseguimento della cooperazione giudiziaria penale poteva pertanto avvenire solo attraverso l'adozione di decisioni quadro e decisioni, strumenti meno incisivi sotto il profilo della loro vincolatività per

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gli Stato membri (si ricordi, a titolo di esempio, la decisione quadro 2008/808/GAI del Consiglio, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea.
L'entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha comportato il superamento della struttura a pilastri dell'Unione europea: le materie precedentemente disciplinate dal Titolo IV TCE e dal Titolo VI TUE sono state riunite, nell'ambito del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in un unico Titolo V denominato Spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Tutte le materie del nuovo Titolo V, comprese la cooperazione giudiziaria civile e penale, risultano pertanto disciplinabili tramite le stesse topologie di atti legislativi (in particolare, direttive o regolamenti) ed è stata generalizzata a tutte le materie, tranne alcune specifiche eccezioni, la procedura legislativa ordinaria (codecisione da parte del Consiglio e del Parlamento europeo e la maggioranza qualificata in seno al Consiglio). Il superamento della struttura a pilastri ha inoltre determinato l'estensione a tutte le materie dello spazio di libertà, giustizia e sicurezza della piena competenza della Corte di giustizia dell'Unione europea.
Ritiene che i provvedimenti in esame presentino una serie di questioni che meritano un approfondimento tanto dalla Commissione quanto dal Governo. Si tratta comunque di testi che presentano degli aspetti sicuramente positivi, come quello dell'ampliamento della tutela delle vittime dei reati senza alcuna distinzione.
Per quanto attiene alle questioni da affrontare si sofferma in primo luogo sulla proposta di direttiva in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. In particolare richiama la definizione di famigliari contenuta nell'articolo 2 della direttiva. Evidenziando come tale nozione sia differente nei diversi Stati dell'Unione europea, invita il Governo a valutare attentamente la compatibilità delle formulazioni adottate nella proposta di direttiva con la normativa nazionale. In merito all'articolo 7, avente ad oggetto un elenco minimo di servizi di assistenza il cui accesso deve essere assicurato dagli Stati membri alle vittime e ai loro famigliari in modo gratuito e riservato, invita il Governo a valutare i costi della disciplina ivi prevista.
Relativamente all'articolo 10 esprime delle perplessità laddove esso debba comportare una possibilità per la vittima di impugnare una decisione di non luogo a procedere, considerato che tale possibilità non è prevista dall'ordinamento italiano. Si potrebbe piuttosto verificare la possibilità di prevedere delle forme di risarcimento dei danni.
Una questione delicata è posta dall'articolo 11 che prevede a favore delle vittime dei servizi di mediazione o di giustizia ripartiva che devono essere utilizzati solo nell'interesse della vittima stessa e devono basarsi sul consenso libero ed informato. Ritiene che il Governo dovrebbe attivarsi affinché tali servizi siano previsti dalla direttiva da emanare come servizi facoltativi da parte degli Stati membri.
In merito all'articolo 16, evidenzia come questo sia diretto ad introdurre nell'ordinamento il diritto delle vittime di denunciare presso le autorità competenti dello Stato di residenza il reato verificatosi in uno Stato membro diverso. Si tratta di una questione molto seria, che merita di essere approfondita affinché possa trovare una efficace applicazione.
Passa quindi ad affrontare la proposta di regolamento sul riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile sollevando alcune questioni in merito all'identificazione dei soggetti ai quali applicare la nuova normativa, al fine di evitare dubbi su tale identificazione. Si tratta di una questione strettamente connessa alla nozione di familiare.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.05.

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ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 20 luglio 2011. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO indi del vicepresidente Fulvio FOLLEGOT. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati.

La seduta comincia alle 15.05.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione.
Atto n. 376.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato il 12 luglio 2011.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che oggi scade il termine oltre il quale il Governo può deliberare il decreto legislativo anche in assenza del parere delle Commissioni parlamentari.
Si tratta di un termine che non incide sul potere di esprimere il parere da parte della Commissione, la quale, qualora il Governo non abbia nel frattempo espresso il parere può pronunciarsi anche a termine scaduto.
Alla luce delle audizioni svoltesi ieri, che hanno evidenziato una serie di questioni che meritano una attenta e complessa valutazione da parte della Commissione, rileva come non sia possibile esprimere oggi il parere, come evidenziato dal relatore e dai gruppi.
Avverte che il relatore, onorevole Torrisi, si è impegnato a formulare una proposta di parere che tenga conto delle audizioni svolte.
La proposta di parere verrebbe sottoposta domani alla Commissione per essere posta in votazione, nel caso in cui il Governo non ritenesse di attendere la Commissione fino a martedì 26 luglio. Ritiene, infatti, che entro quella data comunque un parere debba essere dato, ricordando che la delega scade il 4 settembre. Chiede al rappresentante del Governo la disponibilità affinché la Commissione possa esprimere il parere entro martedì 26 luglio.

Il Sottosegretario Maria Elisabetta ALBERTI CASELLATI si riserva di verificare e quindi di comunicare al più presto, possibilmente entro il termine della seduta, l'eventuale disponibilità del Governo ad attendere l'espressione del parere della Commissione fino al 26 luglio prossimo.

Salvatore TORRISI (PdL), relatore, rileva come dal dibattito in Commissione e dalle audizione sia emersa la necessità di modificare e rettificare lo schema di decreto in esame. Auspica quindi che il Governo sia disponibile a soprassedere alcuni giorni in attesa dell'espressione del parere, perché questo consentirebbe di presentare nella seduta di domani una proposta di parere, la quale potrebbe essere oggetto confronto, approfondimento ed eventuali modifiche, in vista della votazione della stessa che avverrebbe martedì 26 luglio prossimo. In questo lasso di tempo, inoltre, il Governo potrebbe meglio analizzare ed approfondire i preziosi contributi offerti dagli auditi.

Donatella FERRANTI (PD) sottolinea come le audizioni abbiano fornito un contributo molto importante e come sarebbe stato utile che il Governo fosse presente durante lo svolgimento delle stesse, per interloquire con gli esperti e con i commissari. Tutti gli auditi hanno evidenziato errori tecnici, eccessi di delega e un complessivo effetto solo formale, non sostanziale, di semplificazione. Si rende necessario quindi un parere che indichi al Governo come migliorare lo schema di decreto e rendere le relative disposizioni realmente efficaci ed utili. A tal fine, tuttavia, è indispensabile comprendere se vi sia la disponibilità del Governo all'interlocuzione, ciò che implica necessariamente anche la sua disponibilità ad attendere ancora l'espressione del parere, dato che il termine relativo scade oggi.

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Manlio CONTENTO (PdL) preliminarmente richiama la delega contenuta nell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69, con la quale il legislatore si era prefisso non solo di semplificare i procedimenti civili di cognizione, ma anche di ridurli. Ciò si evince sia dall'affermazione contenuta al comma 1 del predetto articolo, ma anche dai principi e criteri di cui al comma 4 e, in particolare, da quelli di cui alla lettera b), ove vien fatto espresso riferimento alla riconducibilità dei procedimenti contemplati dalla legge speciale ad uno dei modelli previsti dal Codice di procedura civile.
Ritiene che il lavoro svolto attraverso lo schema merita apprezzamento perché costituisce il primo importante tentativo di semplificare la galassia dei riti processuali in materia civile che è andata ampliandosi a dismisura soprattutto negli ultimi anni. L'intuizione di una riforma in tal senso è perciò largamente condivisa anche dagli operatori del diritto.
Tra le obiezioni che sono state mosse allo schema, quella che più merita di essere affrontata è la critica rivolta da chi ritiene il testo del decreto più attento al risultato di condensare in un unico testo legislativo le disposizioni riferite ai numerosi procedimenti piuttosto che in grado di ridurre questi ultimi.
Si tratta di un rilievo in parte condivisibile, anche se qualsiasi operazione diretta ad utilizzare, ad esempio, il rito del lavoro necessita di un'opera di razionalizzazione allo scopo di adattare le norme esistenti ai casi in cui il rito stesso riguardi casi non riconducibili ai rapporti attualmente ad esso sottoposti. In altre parole, è la stessa operazione di riconducibilità ai tre riti prescelti a comportare il necessario adattamento.
Semmai, più ragionevole appare la critica rivolta allo schema nella parte in cui presenta una diffusa contemplazione di procedimenti diversi, per i quali vengono individuate specifiche disposizioni anche in tema di competenza che, in verità, non fanno altro che riproporre sostanzialmente i criteri oggi vigenti e ciò in ossequio ai principi stabiliti dal legislatore delegante allorché ha chiarito che dovevano restare fermi i criteri di competenza e di composizione dell'organo giudicante.
La questione da porre riguarda invece la possibilità, in esercizio della delega, di operare la semplificazione attraverso interventi diretti a modificare il codice di rito che operino una selezione delle norme non applicabili ai casi diversi da quelli per i quali il rito era stato originariamente individuato ovvero che introducano, in aggiunta, disposizioni necessarie ad un particolare procedimento. Resta inteso che tale scopo potrebbe essere raggiunto anche attraverso un intervento riferito alle disposizioni speciali che regolano un rito in modo difforme da quello preso a riferimento per una generalità di casi.
Chiarisce come per ricondurre al rito del lavoro una causa diversa da quelle contemplate dall'articolo 409 del Codice di procedura civile, si potrebbe immaginare o una sezione terza o addirittura un capo terzo aggiunti al libro secondo all'interno del quale inserire le disposizioni che non si applicano ai procedimenti per i quali viene prevista la riconducibilità al rito del lavoro, ma che non riguardano i rapporti di lavoro.
Diversamente, nel caso di specie, si potrebbe operare attraverso un rinvio, contenuto nella normativa speciale, che richiami il rito processuale del lavoro, ma preveda, nel contempo, le disposizioni processuali non applicabili perché incoerenti con la nuova attribuzione.
La prima indicazione andrebbe preferita dal momento che concentrerebbe le disposizioni processuali nel codice di rito con una semplificazione maggiore mentre la seconda, per quanto equivalente nei risultati e, forse, più semplice nell'opera di stesura, manterrebbe i riferimenti processuali al di fuori del codice riservandoli alla legge speciale. In proposito ricorda come proprio la legge delega abbia previsto che la riduzione dei riti non possa comportare l'abrogazione delle disposizioni previste dalla legislazione speciale che «attribuiscono poteri officiosi» o che sono «finalizzate a produrre effetti che non possono conseguirsi con le norme contenute nel

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codice di procedura civile» con ciò lasciando propendere l'interprete più per la seconda via piuttosto che per quella, ritenuta più opportuna, che vorrebbe la concentrazione delle norme di procedura il più possibile nel codice.
Ritiene, quindi, di dover sottolineare come l'opera più difficile, sotto il profilo processuale, risulti quella di ricondurre al «procedimento sommario di cognizione» una serie di riti speciali per i quali un adattamento in tal senso non è del tutto agevole.
Cita, a titolo di esempio, il procedimento di ingiunzione per gli avvocati in relazione all'impugnabilità del provvedimento e il procedimento previsto dall'articolo 30 dello schema che riconduce al giudizio ordinario l'opposizione alla stima nei casi di espropriazione per pubblica utilità.
Se il primo sembra avere tutti i requisiti per essere riportato al procedimento sommario, l'esclusione da quest'ultimo dell'opposizione alla stima non solo mal si concilia con l'attribuzione alla Corte d'appello in unico grado, ma rischia di pregiudicare la rapidità di decisione che, in una materia tanto delicata come quella espropriativa, colpisce i diritti dei cittadini e, tra l'altro, sembra non considerare che il relativo giudizio è spesso rimesso alla sua consulenza tecnica.
Più delicata è la questione dei procedimenti in materia di discriminazione (articolo 25) e ciò non tanto per il rito che appare, in forza dell'attuale articolo 55-quinquies del decreto legislativo n. 198 del 2006, riconducibile a quello sommario, quanto per l'inciso «quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati statistici» dai quali si può desumere l'esistenza di condotte discriminatorie, che appare in contrasto con i principi e i criteri della delega e si configura come un vero e proprio eccesso rispetto ad essa.
Da ultimo rappresenta al Governo l'opportunità di verificare il mantenimento del limite temporale del mutamento del rito posto che la prima udienza pare troppo restrittiva in tal senso e ribadisce il plauso nei confronti dell'iniziativa perché diretta, per la prima volta, a razionalizzare un eccessiva proliferazione dei procedimenti civili.

Cinzia CAPANO (PD) osserva come le audizioni che si sono svolte ieri, ma anche l'intervento dell'onorevole Contento, pongano al Governo una questione di primaria importanza. Appare infatti necessaria una interpretazione non restrittiva o meramente formale dei principi di delega e, in particolare, del criterio di cui all'articolo l'articolo 54, comma 4, lettera c) della legge n. 69 del 2009, che afferma la necessità di conservare le «disposizioni previste dalla legislazione speciale [...] finalizzate a produrre effetti che non possono conseguirsi con le norme contenute nel codice di procedura civile». Diversamente, l'impatto del provvedimento sarebbe estremamente limitato potendo determinare, anzi, una moltiplicazione dei riti e non una loro riduzione e semplificazione.

Il Sottosegretario Maria Elisabetta ALBERTI CASELLATI dichiara che il Governo è disponibile ad attendere l'espressione del parere fino al 27 luglio prossimo, ritenendo utile ed opportuno un supplemento di approfondimento. Assicura che il Governo sta esaminando con estrema attenzione i contributi forniti dagli auditi e dichiara la propria disponibilità al confronto in vista di eventuali modifiche del testo del provvedimento.

Fulvio FOLLEGOT, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.35.