CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 14 luglio 2011
511.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 14 luglio 2011. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Bruno Cesario.

La seduta comincia alle 13.10.

Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani.
Nuovo testo unificato C. 3465 e abb.
(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e rinvio - Richiesta di relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 8, della legge n. 196 del 2009).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Marco MARSILIO (PdL) relatore, illustra il contenuto del provvedimento, che reca norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani. Per quanto attiene ai profili finanziari, ritiene che andrebbe acquisita una conferma in ordine agli effetti finanziari dell'articolo 1, comma 2, in materia di messa a dimora di piante in aree pubbliche, al fine di verificare se tali disposizioni possano essere attuate nell'ambito delle risorse finanziarie e umane disponibili a legislazione vigente, con particolare riguardo alle attività demandate alle istituzioni scolastiche. In merito all'articolo 2, relativo al programma «un albero per neonato», e, in particolare, alle disposizioni di cui al comma 1, lettere a) e b), relative alla riduzione dei termini di posa a dimora degli alberi per ogni nuovo nato, ritiene opportuno che sia fornita conferma che le risorse a legislazione vigente siano sufficienti a finanziare la posa a dimora di un maggior numero di piante rispetto a quelle da piantare sulla base della legislazione vigente. Con riferimento alle disposizioni di cui al comma 1, lettera c), riguardanti il censimento del patrimonio arboreo dei comuni e il suo aggiornamento, osserva che le predette attività appaiono potenzialmente suscettibili di impegnare risorse aggiuntive rispetto a quelle, cui la relazione tecnica fa riferimento, disponibili per il Servizio di manutenzione giardini, presumibilmente

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assorbite dall'attività ordinaria di tale servizio. In proposito segnala che andrebbero acquisiti dati ed elementi di valutazione. Con riferimento all'articolo 3, in materia di monitoraggio del programma «un albero per neonato», fa presente che non sono disponibili elementi volti a suffragare la neutralità finanziaria delle disposizioni. Rileva, infatti, che il testo non disciplina la composizione del Comitato, che è demandata ad un decreto ministeriale, e non esclude espressamente che ai componenti del medesimo siano corrisposti compensi o emolumenti di natura retributiva. Segnala, inoltre, che al Comitato sono demandate azioni di monitoraggio e ulteriori compiti, anche di natura progettuale, il cui espletamento potrebbe determinare esigenze finanziarie per le quali non sono indicate le relative fonti di finanziamento. Osserva, infine, come non siano esplicitate le modalità di finanziamento del piano nazionale per la riduzione di aree verdi, che il Comitato è tenuto a predisporre. In ordine ai profili indicati, ritiene necessario acquisire chiarimenti dal Governo. In merito all'articolo 7, recante disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi secolari, dei filari e delle alberate di pregio, osserva che, in base alla formulazione letterale del comma 5, l'onere derivante dall'attuazione dell'articolo è «quantificato in 5 milioni di euro per il triennio 2012-2014». Segnala, tuttavia, come non risulti chiaro se con tale previsione si intenda indicare un onere di 5 milioni di euro per ciascun anno del triennio ovvero di 5 milioni di euro complessivi, da ripartire nei tre esercizi indicati. In tale ultimo caso, fa presente che andrebbe precisata la quota di onere imputabile specificamente a ciascun esercizio. In ogni caso, ritiene necessario che siano forniti i dati e gli elementi sottostanti la quantificazione degli oneri, precisando a quali attività del testo essi siano specificamente riferibili. Con riferimento alla copertura finanziaria, ricorda che agli oneri derivanti dall'articolo 7 si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione organica del fondo per gli interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307. Al riguardo, premesso che, dal punto di vista formale, il riferimento alla dotazione «organica» del Fondo per interventi strutturali appare ultroneo, ritiene opportuno che il Governo fornisca indicazioni in ordine alla disponibilità delle risorse necessarie a far fronte agli oneri derivanti dall'articolo 7 nell'ambito del Fondo per interventi strutturali di politica economica. Nel segnalare, poi, che al medesimo articolo 7 è prevista una specifica clausola di salvaguardia, segnala che la stessa, a differenza di quanto disposto dalla vigente legge di contabilità, è prevista anche in presenza una norma finanziaria non formulata in termini di previsione di spesa. A tale proposito, osserva, inoltre, che le disposizioni in esame, che prevedono il censimento degli alberi monumentali e l'istituzione di uno specifico elenco dei suddetti alberi monumentali, non sembrano suscettibili di determinare l'insorgere di diritti soggettivi per i quali sulla base della vigente legislazione contabile sarebbe necessario la previsione di una specifica clausola di salvaguardia. Al riguardo, ritiene opportuna una conferma da parte del Governo.
Dal punto di vista procedurale, segnala che il testo all'esame della Commissione è frutto anche di un disegno di legge di iniziativa governativa già approvato dal Senato. Al riguardo, ricorda che il disegno di legge originario era corredato di una specifica relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge di contabilità e finanza pubblica, e che, ai sensi del comma 8 del medesimo articolo 17, la relazione tecnica deve essere aggiornata all'atto del passaggio dell'esame tra i due rami del Parlamento. Nel segnalare che il Governo non ha provveduto a tale adempimento, ritiene che sia necessario acquisire l'aggiornamento della relazione tecnica anche in considerazione della circostanza che le disposizioni dell'articolo 7 per le quali è prevista una specifica clausola di copertura finanziaria sono state introdotte nel corso dell'esame presso l'altro

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ramo del Parlamento. Propone, pertanto, di sollecitare il Governo a trasmettere, ai sensi dell'articolo 17, comma 8, della legge n. 196 del 2009, l'aggiornamento della relazione tecnica sul testo del disegno di legge approvato dal Senato della Repubblica e di rinviare conseguentemente il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

La Commissione concorda.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, facendo presente che provvederà a segnalare l'esigenza di trasmettere l'aggiornamento della relazione tecnica, con riferimento al testo del disegno di legge approvato dal Senato, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.20.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.20 alle 13.30.

SEDE REFERENTE

Giovedì 14 luglio 2011. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Intervengono i sottosegretari di Stato per l'economia e le finanze Luigi Casero e Alberto Giorgetti.

La seduta comincia alle 19.05.

DL 98/2011: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria.
C. 4509 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e conclusione).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giancarlo GIORGETTI, presidente e relatore, riferisce che il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, rappresenta un fondamentale tassello del piano concordato in sede europea per il rientro dalla situazione di disavanzo eccessivo. Il Documento di economia e finanza dell'aprile scorso aveva già definito il quadro degli interventi da effettuare al fine di conseguire, entro il 2014, il pareggio di bilancio. Il decreto-legge n. 98 rappresenta, quindi, in una qualche misura, l'atto conclusivo di un'unica manovra finanziaria che ha stabilito obiettivi in termini di indebitamento netto per gli anni 2011 e 2012 pari, rispettivamente, al 3,9 e al 2,7 per cento del PIL, conseguiti essenzialmente con il decreto-legge n. 78 del 2010, volto a realizzare un aggiustamento dei conti pubblici pari a 12 miliardi nel 2011 e a circa 25 miliardi nel biennio successivo. Sottolinea che l'entità della manovra finanziaria e la sua articolazione temporale sono state quindi congiuntamente definite in ambito europeo ed il decreto-legge n. 98 del 2011, come modificato dall'altro ramo del Parlamento, dà piena attuazione agli impegni assunti, assicurando una correzione addirittura superiore a quella programmata e non strettamente necessaria dal punto di vista contabile al conseguimento degli obiettivi. Rileva che l'attuazione degli interventi recati dal decreto-legge, peraltro, richiede lo svolgimento di una intensa attività amministrativa che dovrà essere attentamente monitorata dal Parlamento. Sulla medesima attuazione, evidenzia che è, inoltre, destinato ad incidere il disegno di legge delega in materia fiscale e assistenziale adottato dal Consiglio dei ministri contestualmente al decreto-legge in esame che potrà, in misura anche significativa, modificare le modalità attraverso le quali vengono perseguiti gli obiettivi programmatici. Il decreto-legge concentra gli interventi sul biennio 2013 e 2014 in quanto, come evidenziato dal Documento di economia e finanza, il raggiungimento dell'obiettivo per il disavanzo del 2012 non richiede aggiustamenti ulteriori rispetto a quelli stabiliti con la manovra triennale dell'estate del 2010. Per quanto riguarda, invece, il biennio 2013-2014, il DEF ha valutato la necessità di misure correttive per complessivi 2,3 punti percentuali di

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PIL. Il DEF, inoltre, aveva previsto di concentrare le misure sulla spesa primaria, in modo da ridurre l'incidenza sul prodotto di oltre 4 punti percentuali nel triennio 2012-2014. Osserva, peraltro, che il testo originario del decreto-legge ha affiancato le misure di contenimento della spesa con un significativo impiego dello strumento fiscale. Gli emendamenti approvati dal Senato, inoltre, hanno, in misura ancora più consistente, assegnato alle maggiori entrate la copertura di una parte rilevante della manovra. Tuttavia, una definitiva quantificazione del contributo dello strumento fiscale alle correzioni proposte, potrà essere effettuato solo al termine dell'esame parlamentare del disegno di legge recante la delega fiscale e assistenziale. La scelta del Governo di definire in sede europea un percorso di rientro dalla situazione di disavanzo eccessivo di tale portata, nonché quella di anticipare l'approvazione degli interventi di finanza pubblica per il 2013-2014 al mese in corso, si sono rivelate alquanto opportune alla luce del quadro internazionale e, in particolare, delle tensioni che animano i mercati e della difficile condizione dei Paesi dell'area dell'euro. Ritiene che, al di là dei contenuti specifici, tali scelte di fondo non possano che essere condivise da tutte le forze politiche, in quanto necessarie a salvaguardare la stabilità finanziaria del Paese, ponendolo nelle condizioni di fronteggiare la crisi economica e finanziaria internazionale.
Al riguardo, desidera ringraziare le forze di opposizione per la disponibilità dimostrata, al manifestarsi di tensioni sui mercati e di manovre speculative nei confronti del Paese, nell'accelerare in maniera assai rilevante l'esame del decreto-legge. Il decreto-legge, nella sua versione originaria, permetteva di conseguire la quasi totalità della correzione del saldo nel 2013 e poco più del 60 per cento dell'aggiustamento nel 2014, rinviando il reperimento delle restanti risorse alle misure da adottare in attuazione della legge delega. Gli interventi relativi agli anni 2011-2012 erano essenzialmente finalizzati a finanziare maggiori spese con riflessi marginali sul disavanzo relativo a tali anni. Per il 2013 e il 2014, invece, il provvedimento riduceva la spesa, rispetto agli andamenti tendenziali, rispettivamente di 10,9 miliardi e 18,8 miliardi, mentre aumentava le entrate di circa 7 miliardi in entrambi gli anni. Circa il 90 per cento delle riduzioni di spesa interessavano i ministeri, gli enti territoriali e la sanità. Le dotazioni finanziarie dei ministeri venivano ridotte di 3,5 miliardi nel 2013 e di 5 miliardi nel 2014, facendo tuttavia salve le risorse per la scuola, le università e la ricerca scientifica, il 5 per mille dell'IRPEF, i fondi per lo spettacolo e quelli per i beni culturali. L'individuazione delle poste di bilancio da ridurre deve avvenire a seguito di una spending review volta ad individuare i fabbisogni standard delle singole Amministrazioni centrali con riferimento ai quali, a partire dal 2013, le amministrazioni dovranno definire un percorso di convergenza.
Evidenzia come il contributo degli enti territoriali alla manovra fosse pari a 3,2 miliardi nel 2013 e a 6,4 miliardi nel 2014. Di questi ultimi 1,6 miliardi riguardavano le Regioni a statuto ordinario, 2 miliardi quelle a statuto speciale, 2 miliardi i Comuni con più di 5.000 abitanti e 0,8 miliardi le Province. Alla riduzione delle risorse si accompagna una riforma del Patto di stabilità volta a valorizzare gli enti virtuosi e a penalizzare quelli inadempienti rispetto al Patto o che hanno adottato piani di rientro sanitari. In particolare viene rafforzato il ruolo delle Regioni virtuose nell'attuazione del Patto riguardo agli Enti locali del proprio territorio. Il Fondo sanitario nazionale veniva inoltre ridotto di 2,5 miliardi nel 2013 e di 5 miliardi nel 2014 previa conclusione di un'intesa tra lo Stato e le Regioni entro il 30 aprile 2012. Le minori spese in materia di previdenza erano pari a 1,2 miliardi nel 2014 e derivano dal mancato adeguamento automatico delle pensioni al costo della vita per la parte di trattamento eccedente i 2.340 euro e dalla rivalutazione solo parziale per la quota compresa tra 1.400 e 2.340 euro, dall'anticipo al 2014 della norma che lega l'età di pensionamento alla

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speranza di vita e, a partire dal 2020, dal graduale innalzamento dell'età di pensionamento delle donne nel settore privato.
Per quanto riguarda i costi della politica, evidenzia che è stata prevista una norma di natura procedurale volta a consentire l'adeguamento agli standard europei dei trattamenti economici dei titolari di cariche elettive e dei vertici di enti ed organismi pubblici. Sul versante delle entrate erano attesi aumenti netti di gettito pari a 1,8 miliardi nel 2011, 4,5 nel 2012 e oltre 7 nel 2013 e nel 2014, derivanti principalmente dall'incremento dell'imposta di bollo sui depositi titoli, dall'aumento dell'aliquota base dell'IRAP per le banche e le imprese assicurative e da alcune disposizioni in materia di giochi e di contrasto dell'evasione fiscale. Per il 2014 era previsto un aumento di gettito pari a 1,3 miliardi derivante dalla semplificazione dei coefficienti di ammortamento dei beni materiali e immateriali.
Sottolinea che il decreto-legge conteneva, infine, una serie di misure a sostegno dello sviluppo: veniva rifinanziato il Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (0,8 miliardi nel 2011 e 5,8 miliardi nel 2012), prevedendo che le risorse per il 2012 fossero utilizzate per gli interventi da individuare con la prossima legge di stabilità. Veniva inoltre costituito il Fondo per le infrastrutture e destinati al CIPE i Fondi relativi a opere previste dalla «Legge obiettivo» per cui le relative procedure risultino ancora allo stato iniziale. Venivano inoltre liberalizzate le attività di collocamento e, in via sperimentale, quelle degli orari di apertura degli esercizi commerciali durante i fine settimana in una serie di comuni. Al fine di rafforzare la regolazione del settore dei trasporti, veniva inoltre costituita l'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali e si provvedeva inoltre ad effettuare alcuni interventi in materia di giustizia civile funzionali alla ripresa dell'economia.
Con riferimento alle modifiche introdotte presso l'altro ramo del Parlamento, segnala innanzitutto che è stato precisato il parametro di riferimento per l'applicazione delle disposizioni sul livellamento dei trattamenti economici dei titolari di cariche elettive o di incarichi di vertice nelle pubbliche amministrazioni nel senso di considerare solo i sei principali Paesi dell'area euro, al fine di tenere conto dell'evidente disomogeneità di tali Paesi, secondo quanto segnalato anche dal presidente dell'Istat nel corso dell'audizione svoltasi nella giornata di ieri, e specificando altresì che il livellamento opera con riferimento alla media ponderata rispetto al PIL. Osserva, poi, che è stato introdotto un comma nell'articolo 5, al fine di chiarire che ai componenti di organi collegiali previsti per legge che operano presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non si applicano le disposizioni in materia di onorarietà degli incarichi e, limitatamente agli organi competenti in materia di impatto ambientale, quelle relative al riordino degli organi collegiali. L'esclusione è giustificata dalla rilevanza che detti organismi rivestono, anche ai fini del recepimento della normativa dell'Unione europea in materia ambientale e dalla circostanza che le Commissioni competenti in materia di impatto ambientale sono finanziate con tariffe e contributi a carico degli operatori. Osserva che sono state, inoltre, introdotte limitate modifiche all'articolo 16, al fine di fare salva l'operatività delle disposizioni relative alle assenze per malattia del personale del comparto sicurezza e difesa nonché del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di limitare al 30 settembre di quest'anno la facoltà di collocamento a riposo d'ufficio per i dipendenti pubblici che abbiano raggiunto quarant'anni di anzianità contributiva. La modifica dell'articolo 17, comma 6, è invece volta ad anticipare alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame la ripresa dell'efficacia delle disposizioni in materia di pagamento dei ticket per le prestazioni specialistiche per i cittadini non esenti. Sono, inoltre, state modificate le disposizioni in materia previdenziale contenute nell'articolo 18 del decreto-legge, al fine di escludere la rivalutazione automatica dei soli trattamenti pensionistici superiori a cinque volte il

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trattamento minimo INPS, escludendo tuttavia la quota corrispondente all'importo inferiore a tre volte il predetto trattamento minimo. Per tale quota è applicata una rivalutazione in misura pari al 70 per cento di quella prevista. La relazione tecnica precisa che la modifica introdotta non incide sui saldi della disposizione come definiti nel testo originario del provvedimento. La seconda modifica apportata alla disposizione è volta ad anticipare di un anno le disposizioni relative all'innalzamento progressivo dell'età pensionabile in relazione alle variazioni dell'aspettativa di vita. Da tale disposizioni deriveranno significativi effetti finanziari, come chiarito dalla relazione tecnica. Il nuovo comma 22-bis dispone l'assoggettamento ad un contributo di solidarietà dei trattamenti pensionistici più elevati. Il contributo, che si applica dall'agosto del 2011 al dicembre del 2014, è pari al 5 per cento della quota eccedente i 90.000 euro lordi annuali e al 10 per cento della quota eccedente i 150.000 euro lordi annuali. I successivi commi da 22-ter a 22-quinquies prevedono un innalzamento di un mese nel 2012, due mesi nel 2013 e tre mesi a decorrere dal 2014 dei requisiti necessari per accedere ai trattamenti pensionistici per i soggetti che, a prescindere dall'età anagrafica, hanno maturato i 40 anni di contributi. Le disposizioni determinano rilevanti effetti di contenimento della spesa pensionistica, valutati in oltre 700 milioni a decorrere dal 2015. Sono, inoltre, state modificate le disposizioni in materia di patto di stabilità interno contenute nell'articolo 20. Le innovazioni consentono, in primo luogo, la regionalizzazione del patto di stabilità interno anche nelle regioni interessate da un piani di rientro dai deficit sanitari e nelle regioni che non hanno raggiunto gli obiettivi previsti dal patto medesimo. È, inoltre, stata modificata la definizione dei parametri di virtuosità degli enti locali e la tempistica per l'esercizio delle funzioni fondamentali da parte dei piccoli comuni. Si dispone, poi, l'anticipazione al 2012, con riferimento alle province «virtuose», dell'esclusione del concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 78 del 2010, fermo restando l'obiettivo di comparto, al fine di non incidere negativamente sull'indebitamento e sul fabbisogno. Si rende inoltre obbligatorio il bonus di 200 milioni per il 2012 per gli enti territoriali virtuosi, già peraltro scontato integralmente nei saldi di finanza pubblica. Sono inoltre soppressi i commi 6, 7 e 8, che prevedevano riduzioni delle risorse a favore degli enti locali. La soppressione determina minori risparmi per 700 milioni di euro nel 2013 e 1.400 milioni di euro nel 2014, compensati attraverso una corrispondente riduzione dei rimborsi e delle compensazioni relativi alle imposte. Sono, inoltre, state riscritte disposizioni in materia di imposta di bollo sui depositi dei titoli, prevedendo diversi scaglioni in relazione al valore dei titoli depositati, con effetti complessivamente positivi sui saldi di finanza pubblica.
Osserva che è stata inoltre rivista la disciplina della deducibilità degli ammortamenti e accantonamenti per le imprese concessionarie. In particolare, è stata limitata alle imprese concessionarie di costruzione e di autostrade e trafori il limite dell'1 per cento della quota di ammortamento finanziario deducibile. In tal modo è stato circoscritto l'ambito di applicazione di una norma che avrebbe potuto avere un effetto negativo sulle società concessionarie e pregiudicare le capacità di rimborso dei finanziamenti bancari. È stato altresì ripristinato il comma 215 dell'articolo 2 della legge finanziaria per il 2010, che destina risorse al finanziamento di un piano straordinario per lo smaltimento dei processi civili e al potenziamento dei servizi istituzionali dell'amministrazione giudiziaria, ivi compreso l'adeguamento dell'organico del Corpo di polizia penitenziaria. Il successivo comma 50-bis prevede l'applicazione di una aliquota addizionale del 10 per cento sugli emolumenti variabili corrisposti sotto la forma di bonus e stock options per la parte eccedente la parte fissa della retribuzione, anziché per l'ammontare che eccede il triplo di tale parte fissa, come previsto a legislazione vigente. Il comma 50-quater

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stabilizza gli incrementi delle aliquote delle accise sui carburanti introdotti lo scorso 28 giugno. È stato altresì modificato l'articolo 27 del decreto, prevedendo che il regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile si possa applicare anche oltre il quarto periodo di imposta successivo all'inizio dell'attività, ma non oltre il periodo di imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età. Le modificazioni apportate all'articolo 29 prevedono, in primo luogo, che il Governo formuli alle categorie interessate proposte di riforma in materia di servizi ed attività economiche, disponendosi che, trascorso il termine di 8 mesi dalla data di entrata in vigore della norma, tutto quello che non sarà stato espressamente regolamentato rimarrà libero. In secondo luogo, il comma 1-ter dispone che, entro il 31 dicembre 2013, il Ministro dell'economia e delle finanze approvi uno o più programmi volti alla dismissione delle partecipazioni azionarie dello Stato e di enti pubblici non territoriali. Osserva che con le modifiche introdotte all'articolo 36, sono state, inoltre, incrementate le sanzioni previste dal nuovo codice per la strada in materia di pubblicità sulle strade e sui veicoli. È stata eliminata l'inappellabilità delle sentenze pronunciate in materia di accertamento tecnico preventivo obbligatorio in materia assistenziale. Le modifiche all'articolo 39 determinano una revisione dell'operatività delle limitazioni territoriali per l'esercizio delle funzioni di giudici tributario. È infine modificato l'articolo 40 del decreto-legge, al fine di ridurre per un importo pari a 3 miliardi di euro l'accantonamento destinato al rifinanziamento del Fondo per interventi straordinari di politica economica, finalizzato alla realizzazione della manovra finanziaria per il 2012. Il corrispondente importo è ora destinato al miglioramento dei saldi di finanza pubblica. Sottolinea che sono, inoltre, resi definitivi gli accantonamenti effettuati ai sensi dell'articolo 1, comma 13, della legge di stabilità per il 2011 in attesa dell'introito dei proventi dell'assegnazione dei diritti d'uso delle frequenza radiotelevisive. Le entrate derivanti dalla gara, che non potranno essere inferiori a 2,4 miliardi di euro, sono quindi destinate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica. Il comma 1-ter dell'articolo 40 prevede, inoltre, una riduzione lineare del 5 per cento nel 2013 e del 20 per cento nel 2014 dei regimi di esenzione, esclusione e agevolazione fiscale previsti in uno specifico allegato, rimettendo ad un decreto ministeriale l'eventuale definizione di modalità tecniche per l'attuazione della medesima disposizione. La disposizione rappresenta una sorta di clausola di salvaguardia «anticipata», in quanto le riduzioni delle agevolazioni non si applicheranno, qualora entro il 30 settembre 2013 siano adottati provvedimenti legislativi di riordino della spesa in materia sociale nonché di revisione dei regimi agevolativi che si sovrappongono a prestazioni assistenziali, in modo da determinare effetti positivi, in termini di indebitamento netto, non inferiori a 4 miliardi di euro nel 2013 e a 20 miliardi di euro a decorre dal 2014. Al riguardo, osservo che il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari della manovra sconta prudenzialmente solo tali ultimi importi, mentre applicando la riduzione del 5 e 20 per cento prevista dal comma 1-ter all'importo complessivo delle agevolazioni contenuto nell'allegato C-bis si otterrebbe un risultato assai più rilevante in termini di maggiori entrate.
Evidenzia come, in seguito alle modifiche introdotte dal Senato, il provvedimento abbia acquistato, innanzitutto, una natura maggiormente rigorosa sotto il profilo finanziario ed abbia effetti correttivi che, in tutti gli anni del quadriennio 2011-2014, si rivelano superiori a quelli indicati nel Documento di economia e finanza. In termini di indebitamento netto la correzione relativa al 2011, inizialmente pari ad appena 5,3 milioni di euro, risulta adesso di 2.108,3 milioni di euro, mentre, per quanto riguarda il 2012, la correzione, pari in precedenza a 151,8 milioni di euro, ammonta adesso a 5.577,5 milioni di euro. Per quanto poi riguarda il biennio 2013-2014, la correzione relativa al 2013, pari in precedenza a 17.976,9 milioni di euro, risulta adesso di 24.405,7 milioni di euro,

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mentre la correzione relativa al 2014, pari in precedenza a 25.364,6 milioni di euro, è adesso di 47.972,6 milioni di euro. La manovra netta risulta ora a carico per oltre i due terzi delle Amministrazioni centrali, per circa il 20 per cento a carico delle Amministrazioni locali e per circa il 5 per cento a carico degli Enti di previdenza. Tale ripartizione percentuale tra i sottosettori è essenzialmente determinata dalla incidenza che, dopo le modifiche introdotte dal Senato, hanno assunto le maggiori entrate nella definizione della manovra. Infatti, le maggiori entrate, pari complessivamente nel quadriennio a 52.530 milioni di euro, sono riconducibili, quasi esclusivamente, alle Amministrazioni centrali.
Osserva, infine, che le minori spese, invece, pari complessivamente nel quadriennio a 41.633,9 milioni di euro, risultano ripartite in materia sostanzialmente equivalente tra Amministrazioni centrali e Amministrazioni locali, mentre assai più modesta risulta la quota riconducibili agli Enti di previdenza. Come già accennato in precedenza, ribadisce che il concorso delle maggiori entrate alla manovra potrà essere compiutamente valutato solo dopo l'approvazione della delega legislativa in materia fiscale e assistenziale volta ad assicurare una serie di riduzioni di spesa.

Massimo VANNUCCI (PD), nel ringraziare il presidente per la relazione svolta, esprime la sua condivisione rispetto al metodo utilizzato per l'esame del provvedimento, ma la sua assoluta contrarietà rispetto al merito del medesimo. Fa presente di avere chiesto a diversi soggetti una stima degli effetti recessivi che la manovra avrà sull'economia e di avere ricevuto solo una stima da parte della CGIL, che valuta tra lo 0,7 e lo 0,9 l'impatto negativo sul PIL delle misure contenute nel decreto-legge. Osserva quindi che tutti i documenti di finanza pubblica esaminati fino ad oggi avevano sottolineato la precisa volontà di non effettuare interventi sul versante delle entrate, ma solo su quello della riduzione delle spese. Contrariamente a tale affermazione, la manovra è concentrata almeno al 60 per cento sulle nuove o maggiori entrate e solo al 40 per cento sulla riduzione delle spese. Sottolinea che tale rapporto potrà essere suscettibile di un ulteriore sbilanciamento in favore della componente delle maggiori entrate, atteso che, con ogni probabilità, i tagli nei confronti degli enti territoriali saranno compensati da un aumento dei tributi di loro competenza. Quanto alla introduzione della riduzione lineare dei regimi di agevolazione fiscale prevista ai sensi dei commi 1-ter e 1-quater dell'articolo 40, osserva che essa avrà effetti molto preoccupanti sull'economia, colpendo il lavoro, la famiglia, la casa ed altri settori sensibili. Osserva come si sia passati dai tagli lineari di spesa agli aumenti lineari del prelievo fiscale, senza distinguere tra i diversi interventi, richiamando in particolare l'importanza di misure come le detrazioni del 36 per cento sulle ristrutturazioni edilizie, del 55 per cento per l'efficientamento energetico e sugli interessi sui mutui per l'acquisto della prima casa. Rileva che tali misure avevano anche l'effetto di realizzare un contrasto di interessi, facendo uscire una parte dell'economia dal sommerso. Evidenzia inoltre come molte di tali misure siano volte a garantire la coesione sociale e riguardano settori sensibili come il lavoro, i carichi di famiglia, i portatori di handicap. Esprime la preoccupazione che tali disposizioni verranno applicate senza modifiche, essendo scettico sull'effettiva adozione di una revisione del sistema fiscale. Propone quindi la presentazione di un ordine del giorno unitario volto a chiedere che si riveda tale disposizione valutando una maggiore selettività dell'intervento.

Lino DUILIO (PD), dichiarandosi consapevole della gravità della situazione economica e finanziaria, che ha determinato una sensibile accelerazione dei tempi di esame della manovra, ritiene tuttavia che anche in questa sede non possono non formularsi alcune riflessioni di carattere generale sulle scelte di politica economica assunte nell'ultimo decennio, nei quali la

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maggioranza è stata ritenuta prevalentemente dalle forze politiche di centrodestra. A suo avviso, si rende necessaria una riflessione approfondita sul tema della spesa pubblica, riprendendo i lavori avviati a riguardo nel corso della passata legislatura. In proposito ricorda i contenuti del discorso tenuto da allora Ministro dell'economa e delle finanze Padoa Schioppa in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico 2007-2008 presso l'università di Verona. A questo proposito rileva che gli interventi di contenimento della spesa si sono concentrati essenzialmente sulla spesa in conto capitale, con effetti evidentemente negativi sul prodotto interno lordo del nostro Paese. Ritiene che invece, per assicurare un consolidamento della finanza pubblica, occorrerebbe considerare complessivamente i rapporti tra debito ed indebitamento e prodotto interno lordo, non concentrandosi sul numeratore di tali rapporti ma anche sul denominatore. In questo contesto esprime una considerazione critica sui tagli lineari perseguita dall'attuale maggioranza, sottolineando che l'attuale situazione di difficoltà non può considerarsi il frutto di una maledizione o del destino, ma deve ascriversi alle scelte sbagliate assunte in questi ultimi anni anche da parte della Commissione bilancio. Dichiara, tuttavia, che in ragione del brusio e della disattenzione dei commissari non vi sono le condizioni per svolgere un serio dibattito e rinuncia, pertanto, a proseguire il proprio intervento.

Roberto OCCHIUTO (UdCpTP) fa presente preliminarmente che il proprio gruppo ha accolto pienamente la sfida lanciata dai mercati finanziari e la conseguente richiesta del Capo dello Stato di accelerare i tempi di approvazione della manovra e si è pertanto impegnato affinché l'esame possa concludersi nei tempi prestabiliti. Ritiene, tuttavia, che la sensibilità dimostrata dai gruppi di opposizione dovrebbe trovare riscontro in un atteggiamento di maggiore attenzione da parte dei gruppi della maggioranza. Per quanto attiene ai contenuti della manovra, ritiene condivisibile il suo impatto sui saldi, sottolineando come esso sia più rilevante di quello derivante dalla manovra inizialmente presentata dal Governo. Osserva, peraltro, che anche in occasione delle audizioni svoltesi al Senato il proprio gruppo aveva richiesto ai soggetti auditi se la manovra presentata fosse sufficiente ad ottenere gli obiettivi richiesti dai mercati finanziari e dall'Unione europea. Nel segnalare come un'opposizione che intende candidarsi alla guida del Paese non può che impegnarsi a garantire una celere attuazione delle misure contenute nella manovra e ad onorare gli impegni in essa contenuti, ritiene tuttavia criticabili sul piano politico le scelte del Governo in ordine ai tempi di attuazione della manovra. Sottolinea, infatti, come il Governo abbia sostanzialmente firmato una cambiale che dovrà essere onorata nel 2013 e nel 2014, dal momento che il 90 per cento degli effetti della manovra si realizzeranno in questi due esercizi. Rileva altresì come il testo del decreto-legge approvato dal Senato non affronti in modo convincente il problema dello sviluppo economico del Paese, sottolineando come la stabilità della finanza pubblica sia socialmente sostenibile solo in presenza di un andamento positivo del prodotto interno lordo. Soffermandosi poi sugli elementi di maggiore criticità del provvedimento, osserva come le misure della manovra rischino di determinare effetti fortemente recessivi, dal momento che molti interventi finiscono per penalizzare i ceti medi e le famiglie. In questo contesto esprime una valutazione critica sulle disposizioni dell'articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge, che prevede una drastica riduzione dei regimi di agevolazione fiscale, da realizzare negli anni 2013 e 2014. Nell'evidenziare come tale riduzione potrà essere evitata solo qualora la delega in materia fiscale assistenziale determinerà risparmi in misura non inferiore a 4 miliardi nel 2013 e 20 miliardi di euro nel 2014, osserva come ogni misura che verrà adottata in quella sede, dall'abolizione dell'IRAP all'introduzione del quoziente familiare dovranno colmare un gap di 24 miliardi di euro per

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fare fronte agli effetti già contabilizzati nell'ambito di questo decreto. Nel rilevare, peraltro, come l'effetto della riduzione delle agevolazioni determinerà un forte incremento della pressione fiscale, anche in considerazione della circostanza che la riduzione del 5 e del 20 per cento determina effetti molto superiori a quelli considerati nel prospetto degli effetti finanziari del provvedimento, sottolinea come le disposizioni dell'articolo 40, comma 1-ter rappresentano una pietra tombale sulla riforma fiscale, peraltro non ancora presentata dal Governo. Sottolinea, altresì, che molte misure introdotte presso il Senato determinano un incremento della pressione fiscale, come l'incremento delle accise sui carburanti che comportano maggiori entrate per circa 2 miliardi di euro annui; rileva che anche le misure sul fronte della spesa presentano talune criticità. In particolare, esprime valutazioni critiche sull'articolo 10, che, pur richiamando la condivisibile esigenza di operare una spending review, determina in sostanza solo nuovi tagli lineari delle dotazioni dei ministeri. A suo avviso, invece, la norma avrebbe potuto essere l'occasione per introdurre una forte inversione di tendenza nei ministeri, riconoscendo reali poteri ai ministri di selezione della spesa ed eventualmente introducendo forme di sanzioni di comportamenti meno virtuosi analogamente a quanto si prevede di fare per gli amministratori degli enti locali. Nel ribadire come con le disposizioni dell'articolo 40, comma 1-ter, i tagli lineari si estendono dalle norme di spesa alle agevolazioni fiscali, rileva altresì che con le disposizioni del comma 1-bis del medesimo articolo 40 i tagli lineari hanno assunto sostanzialmente effetto retroattivo dal momento che sono stati consolidati gli accantonamenti disposti in via prudenziale in attesa dell'incasso dei proventi della gara per le assegnazioni delle frequenze radiotelevisive. Esprime, inoltr, perplessità sulle disposizioni relative ai ticket in maniera sanitaria, sottolineando come la previsione di un contributo per le visite specialistiche rischi di determinare un aggravamento del dualismo esistente nel nostro Paese, dal momento che le regioni interessate dai piani di rientro dall'indebitamento non potranno evidentemente rinunciare all'introduzione di tale forma di compartecipazione alla spesa, mentre le altre regioni potranno scegliere se ricorrere a tale strumento. Ritiene, inoltre, che le disposizioni in materia di imposte di bollo su deposito dei titoli avrebbero potuto essere oggetto di ulteriori miglioramenti, sottolineando come sarebbe stato opportuno prevedere forme di esenzione dall'imposizione per i depositi di minore importo ed una esplicita esclusione per i titoli di Stato. Esprime inoltre la preoccupazione che anche le disposizioni relative all'incremento dell'IRAP per i soggetti titolari di concessioni autostradali possano determinare un incremento dei costi per gli utenti, in ragione della possibilità di traslare tale incremento dell'imposizione sui consumatori finali.

Antonio BORGHESI (IdV), preliminarmente, osserva che il fatto di avere consentito un percorso fuori dai precedenti per l'approvazione della manovra in esame non significa che il suo gruppo la condivida nei contenuti. Rileva che l'impatto del provvedimento non sarà pari a circa 80 miliardi di euro nel periodo di riferimento, non potendosi, a suo avviso, effettuare una somma degli interventi previsti per ciascun anno. Ricorda che il suo gruppo aveva avanzato proposte molto differenti, mentre la manovra elaborata dal Governo mette pesantemente le mani nelle tasche dei cittadini, aumentando significativamente la pressione fiscale, ma colpendo sempre le classi più deboli. Evidenzia come il provvedimento non colpisca affatto gli evasori, che paradossalmente non saranno nemmeno chiamati al pagamento dei ticket sanitari reintrodotti per i percettori di redditi fissi. Osserva che la manovra viene effettuata sulle pensioni, sulle donne e sugli ammalati. Ritiene che ciò sia inaccettabile e sottolinea che i miglioramenti introdotti dal Senato su impulso delle opposizioni sono comunque insufficienti. Ricorda, in proposito, la richiesta di rendere obbligatorie le unioni di comuni con

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ridotta popolazione, ma evidenzia che la fissazione di una soglia a 5.000 abitanti è insufficiente, mentre sarebbe stato preferibile fissare la soglia a 20.000 abitanti. Osserva che nel provvedimento vi sono elementi di forte iniquità, non essendo stata nemmeno confermata la tassa sulle rendite finanziarie al 20 per cento. Rileva come i tagli ai costi della politica siano inadeguati e giudica ridicolo l'intervento sulle auto di servizio attraverso una mera riduzione della cilindrata. Rileva che la manovra aumenta la pressione fiscale di 1,5 punti percentuali con una significativa riduzione della capacità di spesa di lavoratori e pensionati, con i relativi effetti negativi sui consumi. Evidenzia quindi il taglio allo stanziamento per la manutenzione degli aerei della protezione civile, mentre sono stati dati 50 milioni di euro ad un soggetto indagato per lo svolgimento di tale attività, che poi non è stata correttamente espletata. In definitiva, esprime un giudizio fortemente negativo sul complesso della manovra e, richiamando quanto detto oggi dal Ministro Tremonti, ricorda che, tra i passeggeri del Titanic, la percentuale di quelli che si salvarono fu molto più elevata tra quelli della prima classe rispetto a quelli che viaggiavano in seconda e in terza. Ritiene che con la manovra saranno colpiti, quindi, molto di più i cittadini più deboli.

Rolando NANNICINI (PD) ricorda preliminarmente come, dopo le modifiche introdotte dal Senato, il decreto legge operi una correzione pari a circa 80 miliardi di euro, 72 dei quali relativi agli anni 2013 e 2014. Osserva quindi come un simile intervento realizzi una condizione di sicurezza rispetto agli impegni assunti in sede europea e rafforzi la credibilità del Paese di fronte ad un attacco che riguarda l'intera area dell'euro, esprimendo pertanto un giudizio positivo sul provvedimento sotto il profilo macro economico. Evidenzia, invece, un errore di impostazione della manovra rispetto a «cosa dice di fare» e a «come lo fa» . Al riguardo osserva in primo luogo come, in materia di costi della politica, si operi con una norma di carattere programmatico mentre si dovrebbe, già nel mese di settembre, effettuare una valutazione seria delle indennità e dei vitalizi dei parlamentari. Dopo aver rilevato come la manovra non risponda alle richieste del Paese, evidenzia la necessità di una riforma del bicameralismo volta ad istituire una camera legislativa e una camera delle autonomie, di una riduzione del numero dei comuni e di una riforma delle province. Ritiene, in sintesi, che occorra riaprire il discorso sulle riforme, affrontando concretamente le questioni senza indulgere alla propaganda. Dopo aver ricordato che il conto economico delle amministrazioni locali prevede 255 miliardi di spesa, di cui 111 relativi alla sanità, osserva come il provvedimento riduca tali risorse per un ammontare di 10 miliardi, intervenendo su un comparto già stressato. Rileva inoltre, come, invece di inasprire ulteriormente il patto di stabilità interno, sarebbe stato preferibile concentrarsi sulle spese complessive dello Stato che ammontano a circa 320 miliardi. Ritiene che, anziché effettuare simili interventi, occorrerebbe concentrarsi sulle inefficienze e sui privilegi. Sottolinea inoltre come, a fronte dell'urgenza di migliorare le prospettive di crescita, il decreto-legge continui a ridurre le spese per gli investimenti, senza considerare come lo Stato sia un attore importante della crescita. Ritiene inoltre iniquo l'intervento in materia fiscale che aumenta il livello di tassazione, colpendo i lavoratori dipendenti e i pensionati con l'effetto di deprimere la domanda interna.

Marco CAUSI (PD) preliminarmente osserva come la realizzabilità degli obiettivi previsti nella manovra sia discutibile. In primo luogo, con riferimento alle disposizioni sul patto di stabilità e sui tagli agli enti locali, sottolinea la necessità di evitare ipocrisie, facendo presente come i mancati tagli per 1,4 miliardi di euro siano compensati dal vincolo a mantenere fermo l'obiettivo di saldo per il comparto, con la conseguenza che i comuni, anche qualora dispongano delle necessarie disponibilità finanziarie, non potranno spendere tali

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risorse. Con riferimento alla revisione dei criteri di premialità, valuta positivamente l'introduzione dei nuovi criteri e sottolinea come sarà opportuno un coordinamento anche rispetto allo schema di decreto legislativo sui premi e sanzioni da adottare nell'ambito della delega sul federalismo fiscale. Con riferimento alle quattro classi di enti individuate, osserva tuttavia come le categorie proposte facciano riferimento a criteri eminentemente finanziari con la conseguenza che saranno ricondotti nella prima classe solo i piccoli comuni che possono godere di entrate straordinarie come i comuni turistici, caratterizzati dalla presenza di numerose seconde case, e quelli dotati di particolari infrastrutture. Rileva che tali comuni saranno esclusi dal rispetto degli obiettivi di saldo e potranno godere anche del bonus di 200 milioni di euro per effettuare maggiori spese. Osserva come tale previsione avrà la conseguenza di incrementare il divario tra gli enti locali spostando il carico del rispetto degli obiettivi sui soli enti già in difficoltà e peraltro dalle maggiori dimensioni. Rileva come, ai fini della credibilità del sistema, una permanente situazione di difficoltà degli enti locali comporterà un impatto negativo sul giudizio di affidabilità del Paese. Con riferimento alla questione della revisione della disciplina fiscale e assistenziale dalla quale dovrebbero derivare risorse non inferiori a 4 miliardi nel 2013 e a 20 miliardi nel 2014, fa presente che la spesa complessiva per l'assistenza in Italia è pari a circa 65 miliardi di euro. Sottolinea come a tale spesa vada detratta quella per le pensioni sociali, le integrazioni al minimo e le pensioni di invalidità, residuando circa 45 miliardi di euro. Osserva come appare difficile poter ridurre tali spese in modo sufficiente per ottenere i risparmi previsti, peraltro in presenza di dinamiche demografiche che faranno lievitare la spesa per la non autosufficienza. Evidenzia quindi che, non potendosi ritenere credibile un taglio di tale entità alla spesa per l'assistenza, scatterà inevitabilmente l'applicazione della clausola di salvaguardia di cui all'articolo 40, commi 1-ter e 1-quater, che pure, a suo avviso, presenta diversi profili di problematicità. In proposito, richiamando la relazione del presidente Giorgetti, ricorda come la stima degli effetti della riduzione lineare alle agevolazioni fiscali del 5 e del 20 per cento, rispettivamente nel 2013 e nel 2014, sia stata effettuata in maniera prudenziale, atteso che il valore complessivo delle stesse supera i 160 miliardi di euro. Fa presente come sarebbe stato preferibile non indicare una percentuale di riduzione, ma solo un obiettivo finanziario, a concorrenza del quale effettuare la riduzione lineare. Pur consapevole della impossibilità di effettuare correzioni al testo nell'attuale fase politica, auspica una sua revisione atteso che, nel caso venisse attuato, comporterebbe effetti di particolare iniquità, incidendo su situazioni particolarmente delicate, come il lavoro dipendente e la famiglia. Denunciando l'iniquità di una tale operazione, sottolinea la necessità di effettuare una valutazione più selettiva delle voci da ridurre. Evidenzia quindi come sia poco credibile incidere sui regimi IVA agevolati, mentre sarebbe stato più corretto utilizzare un eventuale intervento sull'IVA al fine di ridurre il carico delle imposte dirette sulle persone fisiche. In conclusione, osserva come la coesione nazionale, necessaria in questa fase, non possa essere utilizzata a coprire le menzogne, ma debba essere garanzia di serietà e credibilità.

Renato CAMBURSANO (IdV) dichiara di condividere la valutazione positiva della manovra sotto l'aspetto macro economico espressa dall'on. Nannicini, osservando come il decreto-legge era idoneo a consentire contabilmente una progressiva riduzione del disavanzo e il conseguimento, nel 2014, del pareggio del bilancio. Ritiene che sussista un problema di credibilità dei contenuti della manovra e di chi la propone, rilevando come la credibilità politica del Paese a livello internazionale tenda oramai a zero. Riferendosi all'intervento del Ministro dell'economia e delle finanze nell'odierna seduta dell'Assemblea del Senato, rileva come chi ha condotto il Titanic nel punto in cui si trova in questo momento

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sia l'attuale Governo. Si chiede quindi se per i mercati risulterà sufficiente verificare come il provvedimento risulti astrattamente idoneo a correggere i saldi nella misura prevista o se, invece, il giudizio degli operatori sarà influenzato dal differimento agli anni 2013 e 2014 della gran parte degli interventi proposti. Pur riconoscendo infatti come il decreto-legge n. 78 del 2010 abbia già prodotto effetti finanziari rilevanti negli anni precedenti, ritiene che i mercati abbiano già scontato tali effetti e si attendono nuove misure. Ricorda quindi come il professor Bruni, nel corso dell'audizione svolta in Commissione il 16 marzo scorso, avesse rilevato l'opportunità, in un periodo in cui il tasso di crescita è modesto, di accelerare la riduzione del disavanzo in presenza di tassi di interesse ridotti. Il professor Bruni aveva inoltre suggerito di procedere attraverso tagli di spesa selettivi alla riorganizzazione dell'amministrazione e alla riconsiderazione di ogni voce di bilancio. Nonostante l'ampio consenso manifestato dalla Commissione nei confronti del professor Bruni, non si è proceduto nella direzione da lui indicata. Si chiede, a questo punto, se la previsione di una serie di interventi significativi nel 2013 e nel 2014 sarà sufficiente a fermare gli speculatori. Richiama quindi le misure recate dal provvedimento che incrementano il livello della pressione fiscale e, in particolare, l'aumento delle accise sulla benzina. Rileva inoltre come la consistente riduzione dei trasferimenti agli enti locali costringerà tali enti a mettere a loro volta le mani nelle tasche dei cittadini. Al riguardo, sottolinea come negli anni 2013 e 2014, le riduzioni dei trasferimenti ammontino complessivamente a circa 10 miliardi di euro. Con riferimento alla riduzione delle deduzioni, delle detrazioni e delle agevolazioni fiscali, per comprensivi 24 miliardi, osserva come si tratti di un massiccio incremento della pressione fiscale a fronte del quale si chiede come sarà possibile esercitare la delega per la riforma fiscale. Esprime quindi preoccupazione per le prospettive di crescita del Paese, osservando come se il decreto- legge n. 78 del 2010, secondo le valutazioni della Banca d'Italia era destinato ad avere un effetto negativo sulla crescita pari a circa un punto di Pil, il provvedimento in esame è destinato a produrre un effetto almeno doppio. Dichiara conclusivamente come i lavori dipendenti, i lavoratori autonomi e le imprese in regola saranno duramente colpiti dalla manovra in esame, che non contiene nulla che vada nella direzione in una lotta serrata all'evasione fiscale e che ritiene, invece, determinerà una vasta mobilitazione sociale nel momento in cui diverranno evidenti i suoi effetti negativi.

Amedeo CICCANTI (UdCpTP) rileva preliminarmente come gli effetti complessivi della manovra finanziaria si siano sensibilmente accresciuti nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, dal momento che la correzione dei saldi di finanza pubblica nell'ambito del quadriennio 2011-2014 risultante dal testo approvato dal Senato ammonta ad oltre 80 miliardi di euro. Nel sottolineare come una quota rilevante di tale correzione risulti da un incremento della pressione fiscale, osserva come gli effetti del decreto-legge in esame si cumulino con quelli delle manovre realizzate negli ultimi anni dal Governo, in particolare con il decreto-legge n. 112 del 2008 e il decreto-legge n. 78 del 2009, che hanno determinato una correzione di circa 43 miliardi di euro nel 2011 e circa 57 miliardi di euro nel 2012. Giudica, pertanto, erronee le considerazioni in ordine all'assenza di effetti della manovra nel 2011 e nel 2012, evidenziando come occorra invece considerare gli effetti cumulati dalle manovre realizzate negli anni passati. Ritiene, piuttosto, che il decreto-legge in esame rappresenti una delle manovre più pesanti adottate nella storia repubblicana, sottolineando come i suoi effetti superino abbondantemente quelli della manovra correttiva presentata dal Governo Amato nei primi anni novanta. Con riferimento al merito del provvedimento, si sofferma sulle modifiche introdotte presso il Senato, esprimendo perplessità sulle disposizioni

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in materia di razionalizzazione della spesa sanitaria, sottolineando come la reintroduzione dei ticket sull'assistenza specialistica potrà essere evitata solo da poche regioni virtuosi, tra le quali la regione Marche e la regione Lombardia. Nell'esprimere un apprezzamento per le modifiche introdotte in materia di indicizzazione delle pensioni e per l'introduzione di un contributo di solidarietà a carico di pensioni di ammontare più elevato, ritiene invece non pienamente condivisibili le modifiche introdotte alla disciplina dal Patto di stabilità interno, sottolineando come il testo del decreto-legge presentato dal Governo fosse più rispondente all'evoluzione in senso federalistico del nostro sistema delle autonomie, in quanto determinava l'attribuzione di vantaggi sulla base di una valutazione di virtuosità dei comportamenti finanziari degli enti locali. Ritiene, inoltre, che le disposizioni in materia di imposta di bollo relativa alle comunicazioni dei depositi dei titoli non produrranno gli effetti previsti, dal momento che i risparmiatori cercheranno di evitare l'imposizione, prediligendo forme di investimento, come i buoni postali, non assoggettate a tale tassazione. Sottolinea, inoltre, come le modifiche introdotte all'articolo 27, comma 1 del decreto, relativo al regime fiscale di regime per l'imprenditoria giovanile, siano prive di copertura finanziaria, dal momento che esse determinano una incremento della durata della fruizione dell'agevolazione fiscale. Evidenzia, infatti, che, mentre attualmente il beneficio fiscale è limitato a 4 annualità, tale limite non sarà più previsto, a seguito delle modifiche introdotte dal Senato, dal momento che il regime agevolativo è riconosciuto comunque fino al periodo di imposta al compimento del trentacinquesimo anno di età dell'interessato. Esprime, inoltre, un giudizio critico sulle disposizioni che determinano una riduzione lineare delle agevolazioni fiscali, sottolineando come esse rischiano di contribuire all'incremento della polarizzazione esistente nel nostro Paese tra cittadini ricchi e poveri. Osserva, poi, come il decreto-legge, in linea con la recente politica del Governo, non abbia inciso sulla qualità della spesa, proseguendo nell'adozione di tagli lineari delle dotazioni finanziarie dei ministeri. Ritiene tuttavia, che la responsabilità di tale scelta non possa essere attribuita al solo ministro dell'economia e delle finanze, che non può che richiedere agli altri componenti del Governo l'adozione delle riduzioni di spesa necessarie al raggiungimento degli obiettivi fissati nell'ambito dell'Unione europea. Giudica, invece, responsabile di tale politica il Presidente del Consiglio, il quale, nell'ambito dei suoi compiti di coordinamento dell'azione del Governo, non ha promosso adeguatamente le necessarie riforme settoriali, da realizzare, ad esempio, nei settori della difesa, della tutela dell'ambiente, della realizzazione dei lavori pubblici e, più in generale, della innovazione della pubblica amministrazione. Sul piano generale, osserva come la mancanza di interventi selettivi sul versante della spesa abbia contribuito a determinare l'attuale situazione di stagnazione economica, evidenziando come a tale difficile congiuntura abbia contribuito la mancata realizzazione di interventi di riforma volti a stimolare la competitività e la concorrenzialità del nostro sistema produttivo. In questa ottica, sottolinea come siano state trascurate le riforme strutturali realizzabili senza oneri per la finanza pubblica, richiamando in particolare i possibili interventi di liberalizzazione. Giudica, invece, preferibile non ricorrere in questa congiuntura a misure di privatizzazione, dal momento che nell'attuale fase recessiva i proventi sarebbero inevitabilmente limitati. Nel ribadire come il proprio gruppo abbia condiviso l'accelerazione nell'approvazione della manovra, recependo il richiamo formulato dal Capo dello Stato, sottolinea come tale disponibilità non debba intendersi come un appoggio all'attuale maggioranza, ma come una risposta alla grave situazione di crisi culminata nel «venerdì nero» dell'8 luglio scorso. In proposito, evidenzia come, a fronte della disponibilità delle opposizioni, il Governo non abbia mostrato segnali di concreta apertura, come dimostrano le

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modifiche apportate presso l'altro ramo del Parlamento. Ritiene, invece, che nell'attuale situazione di crisi di fiducia nei confronti della stabilità politica del nostro Paese, sarebbe quanto mai opportuno uno sforzo di coesione nazionale e, giudica, pertanto, con favore le dichiarazioni odierne del Presidente del Senato Schifani e del ministro Tremonti che hanno riconosciuto il senso di responsabilità presentato dalle opposizioni. Rileva, tuttavia, che un'analoga sensibilità non è stata dimostrata dal Presidente del Consiglio che, non a caso, in questi giorni, si è mostrato quanto mai silenzioso. Osserva come il provvedimento in esame si presenti particolarmente carente per quanto attiene al sostegno della crescita economica del nostro Paese, sottolineando, altresì, come le misure contenute nel decreto-legge n. 70 del 2011 non fossero particolarmente incisive. Ritiene, pertanto, che con il decreto-legge in esame potrà essere raggiunto l'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2014, sottolineando tuttavia che tale obiettivo sarà raggiunto attraverso l'incremento della pressione fiscale, dal momento che non si è inciso sui meccanismi che determinano il costante incremento della spesa pubblica. Nel rilevare come manchino interventi per sostenere la crescita del prodotto interno lordo, osserva altresì che anche il pareggio di bilancio non consentirà di porre rimedio al grave problema del debito pubblico, sottolineando come gli impegni assunti in sede europea richiederanno anche in futuro pesanti manovre strutturali, difficilmente sostenibili nelle attuali condizioni della finanza pubblica. Si tratta, a suo avviso, di una sfida molto difficile, che potrà essere vinta solo attraverso il raggiungimento di forti avanzi primari.

Ivano STRIZZOLO (PD) ritiene che la manovra in esame rappresenti la certificazione del bilancio fallimentare del Governo di centrodestra. Ricorda che il Ministro dell'economia e delle finanze aveva ripetutamente assicurato la tenuta dei conti pubblici, mentre oggi si chiede al Parlamento di adottare una manovra di tale portata. Osserva come la ragione di una tale necessità risieda nella mancanza di riforme strutturali e nel perseguimento della politica dei tagli lineari, che pur comportando benefici contabili nel breve periodo, non è stata idonea a risolvere i problemi di fondo dell'economia. Esprime quindi preoccupazione per l'impatto depressivo della manovra sull'economia e sottolinea che senza crescita non sarà possibile conseguire gli obiettivi di riduzione del debito pubblico. Evidenzia inoltre come la manovra accentui le differenze sociali e pesi maggiormente sulle fasce più deboli della popolazione. Fa presente che solo per senso di responsabilità il suo partito ha accettato il contenimento dei tempi di esame della manovra, pur non condividendone il contenuto, ma ritiene che il rischio delle speculazioni finanziarie non sia affatto terminato anche per l'assenza di una effettiva capacità di governo della maggioranza, più preoccupata per il lodo Mondadori o per lo spostamento dei ministeri al nord. Evidenzia come serva una profonda svolta politica per rassicurare i mercati. Ritiene che sarebbe stato più equo chiedere un contributo ai soggetti che hanno beneficiato dello scudo fiscale, anziché colpire le fasce più deboli attraverso altri tagli lineari. Esprime quindi preoccupazione per il clima che si respira nel Paese, alimentato anche da una stampa che insiste, fornendo informazioni non sempre, a suo avviso corrette, sui tagli ai costi della politica. Sottolinea, quindi, che il fallimento della politica del Governo è dato dall'aumento del debito pubblico, a fronte di una crescita vicina allo zero. Esprime quindi un giudizio fortemente negativo sulla manovra, che giudica iniqua e inattendibile nel suo complesso, e assicura che il suo partito continuerà a contrastare le politiche del Governo.

Antonio MISIANI (PD) ritiene che il lavoro parlamentare di questi giorni abbia rappresentato una positiva esperienza di coesione nazionale, osservando come questo non voglia dire che i contenuti della manovra siano condivisi. Esprime quindi un giudizio fortemente negativo sul provvedimento

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che ritiene non fornisca risposte in termini di rigore, crescita ed equità sociale. Rileva come la dimensione della manovra sia pari a 48 milioni di euro e quindi in grado di andare oltre l'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2014 assicurando un saldo positivo. Osserva tuttavia come 20 miliardi della manovra siano legati ad un provvedimento vago e generico come la delega fiscale e assistenziale e si pensi di garantirli attraverso un meccanismo automatico che rischia di bloccarsi dinanzi alle proteste dei contribuenti poiché entra nella carne viva del rapporto tra amministrazione e cittadini. Rileva quindi come la manovra, per quasi i due terzi, incida sul versante delle entrate e comporti un aumento della pressione fiscale sino al 44,1 per cento, un livello mai raggiunto e superiore di 1,6 punti rispetto al tendenziale. Questo senza tenere conto di come gli enti territoriali, per fronteggiare gli effetti del provvedimento, dovranno necessariamente ricorrere alla leva fiscale. Osserva inoltre come la spesa corrente rimanga ad un livello superiore al 40 per cento, evidenziando altresì come restino da chiarire gli effetti della manovra sulla crescita. A riguardo ricorda come la Banca d'Italia, con riferimento al decreto-legge n. 78 del 2010, avesse osservato come la riduzione di un punto della spesa comporti una minore crescita dello 0,5 per cento. Ritiene pertanto che il provvedimento renda sicuramente più fragili le prospettive di crescita e determini il rischio di un avvitamento. Sottolinea quindi come, in linea generale, le manovre incentrate sulle entrate abbiano un effetto più depressivo di quelle realizzate mediante tagli di spesa, rilevando altresì come il provvedimento non contenga alcun intervento in tema di riforme strutturali, nonostante nel Paese si sia sviluppata in materia un'ampia discussione che ha fornito numerose indicazioni. Ricorda quindi come l'unica proposta relativa alla liberalizzazione dei servizi professionali abbia scatenato la lobby ad essa avversa. Rileva poi come, sotto il profilo dell'equità sociale, la manovra sia criticabile in quanto colpisce i diritti sociali e i diritti di cittadinanza, prevede tagli alla sanità, riduce i trattamenti pensionistici e si accompagna, infine, ad una delega fiscale e assistenziale che mette in discussione il modello di coesione sociale affermatosi nel nostro Paese. Ritiene inoltre che sia stata introdotta una e vera e propria patrimoniale sul deposito dei titoli che, seppure rimodulata dal Senato, continua a rappresentare una pesante tassazione dei risparmiatori. Osserva altresì come, anche dopo l'esame del Senato, non sia stato ridotto il contributo degli enti territoriali alla manovra, pari a 11,4 miliardi di euro, rilevando come l'unica modifica introdotta riguardi il venir meno di uno specifico contributo a carico del fondo di riequilibrio e poi del fondo di perequazione, in conseguenza della quale gli enti territoriali potranno fronteggiare la riduzione delle risorse a disposizione solo attraverso un miglioramento dei saldi a regime, destinato peraltro a comportare un incremento della pressione fiscale a livello locale. Ritiene che la circostanza che gli enti territoriali continuino a finanziare il deficit di altre amministrazione con i propri avanzi sia l'indice dell'impianto tuttora centralistico della Repubblica che, a dispetto del dettato costituzionale, non riconosce a regioni, province e comuni un'effettiva autonomia politica e finanziaria. A riguardo osserva come la manovra sia stata adottata dal Governo senza una previa consultazione delle autonomie, e ciò nonostante la legge n. 42 del 2009 abbia istituito la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. Considera, invece, una scelta condivisibile quella di introdurre le classi di virtuosità degli enti territoriali, osservando tuttavia come il problema consista nella corretta individuazione dei criteri e nella loro combinazione. In proposito ricorda come, in un articolo comparso su un quotidiano nazionale nei giorni scorsi, in applicazione dei criteri proposti dal provvedimento, fosse stata stilata una classifica degli enti virtuosi in cui il comune di Parma, indebitato per centinaia di milioni di euro e a rischio di fallimento, veniva collocato nei primi posti, mentre il comune di Bergamo,

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assai più virtuoso, risultava assai meno meritevole.

Maino MARCHI (PD) dichiara preliminarmente di condividere le osservazioni svolte dai colleghi intervenuti e sottolinea che il fatto che si approvi in una sola settimana una manovra di tale portata sia la dimostrazione della drammaticità della situazione e che quindi sia utile riflettere sulle cause della stessa. Ritiene che l'attuale situazione sia stata determinata dalle scelte effettuate dal Governo. Evidenzia inoltre come a livello europeo, mentre è stata colta l'esigenza di rafforzare gli strumenti della governance economica, sia invece mancata un'azione decisa sulle politiche fiscali comuni. Ritiene che la circostanza che quattro dei principali Paesi europei siano guidati da governi di centrodestra abbia prodotto politiche concentrate prevalentemente sul rigore e la stabilità, ma caratterizzate da una scarsa efficacia e comunque non attente al profilo della crescita. In proposito richiamata il caso della Grecia, laddove una politica di forte contrazione del bilancio non sta producendo effetti positivi sul versante della crescita. Ritiene che occorra, da un lato, modificare le politiche europee, ma, dall'altro, valutare le specificità dell'Italia, caratterizzata da un basso livello di crescita e dal rapporto tra il debito e il prodotto lordo più elevato in Europa dopo la Grecia, sottolineando la necessità di dare segnali adeguati su entrambi tali aspetti. Fa riferimento alla crescita, richiama l'opportunità di adottare politiche industriali più decise. Ricorda che, nella discussione sul Documento di economia e finanza, il Partito Democratico aveva fornito un contributo che la maggioranza non ha inteso cogliere. Evidenzia come in questi anni si siano fatti solo annunci ma poco di concreto, come dimostrato anche dalle norme introdotte nel decreto sullo sviluppo in materia di credito d'imposta per il Mezzogiorno, a seguito dell'accoglimento di un emendamento a firma dell'onorevole D'Antoni, per le quali non si sono reperite le necessarie risorse. Ricorda come l'Unione Europea abbia chiesto, a seguito dell'approvazione del Programma nazionale di riforma, di specificare le misure che avrebbero condotto al pareggio di bilancio nel 2014. Evidenzia come il decreto-legge in esame, nel perseguire tale obiettivo, ripercorra tuttavia la strada già seguita negli ultimi anni, mancando di porre la necessaria attenzione sullo sviluppo e sulle necessarie liberalizzazioni. Rileva come sul versante del contenimento della spesa pubblica, manchino le necessarie misure strutturali, facendo, di fatto, morire, a suo avviso, il processo di adozione del federalismo fiscale. Lamenta quindi il forte aumento della pressione fiscale, che colpisce in particolare le famiglie, il lavoro, le imprese e il risparmio. Malgrado il senso di responsabilità manifestato dal suo gruppo, dichiara di non condividere la manovra economica in esame e sottolinea come il dibattito odierno abbia fatto registrare la totale assenza di interventi da parte dei deputati di gruppi di maggioranza, a dimostrazione del fatto che, a suo avviso, la maggioranza non è più in grado di governare il Paese.

Pier Paolo BARETTA (PD), rinviando per le considerazioni di carattere più specifico agli interventi degli altri componenti del suo gruppo che lo hanno preceduto, osserva come correttamente il Parlamento abbia inteso unitariamente reagire all'attacco subito nei giorni scorsi dal nostro Paese sui mercati finanziari. In questo contesto, sottolinea come il proprio gruppo abbia inteso accogliere l'appello formulato dal Presidente della Repubblica non solo per il rispetto dovuto al Capo dello Stato, ma soprattutto perché fermamente convinto che la direzione indicata fosse la migliore per il bene del Paese. Osserva in proposito come i mercati abbiano fornito in questi giorni alcune parziali risposte positive, confermando con ciò la bontà della scelta del Partito democratico che, coerentemente, ha rinunciato alla presentazione presso questo ramo del Parlamento di proposte emendative al decreto-legge. Giudica, pertanto, del tutto inopportune le speculazioni che taluni organi di stampa hanno formulato

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in questi giorni con riferimento all'atteggiamento del Partito Democratico. Per quanto attiene alle circostanza che hanno determinato l'accelerazione dei tempi di approvazione della manovra, osserva che la situazione determinatasi nei mercati internazionali testimonia in modo evidente l'esigenza di individuare una nuova governance di tale settore, valutando la possibilità di costituire un'agenzie di rating europea. Ritiene, tuttavia, che talune delle scelte operate dal Governo negli ultimi mesi abbiano senza dubbio indebolito l'immagine del nostro Paese. In primo luogo, al di là dei numerosi scandali, osserva come le trattative condotte sulle nuove regole di politica economica a livello dell'Unione europea abbiano condotto al raggiungimento di risultati sostanzialmente insoddisfacenti. Osserva, infatti, come non abbiano avuto successo le proposte italiane di introdurre i cosiddetti eurobond e come anche la valutazione del risparmio privato non assuma un valore rilevante ai fini della verifica del rispetto del Patto di stabilità e crescita. Analogamente, ritiene che sia stato un segnale sbagliato il rinvio al 2013 e al 2014 della parte preponderante degli effetti della manovra correttiva e che la posizione italiana sia stata ulteriormente indebolita dalla scelta iniziale di rimettere il conseguimento di 2,2 miliardi di euro nel 2013 e 14,7 miliardi di euro nel 2014 ad un disegno di legge delega in materia fiscale ed assistenziale, ancora non presentato alle Camere. Osserva come, a fronte di tali errori, si sia corsi immediatamente ai ripari introducendo il comma 1-ter dell'articolo 40, che determina una riduzione lineare delle agevolazioni fiscali, facendo ricorso ad una misura che giudica particolarmente pericolosa. Al riguardo, rileva come sulla base di una prima lettura dell'allegato C-bis, può osservarsi come le agevolazioni oggetto di riduzione siano riferibili per 21 miliardi di euro al sostegno alla famiglia e per 37,7 miliardi di euro al lavoro dipendente. Segnala, pertanto, che la riduzione lineare del 20 per cento che si realizzerà nel 2014 determinerà una riduzione di circa 12 miliardi delle agevolazioni fiscali per i soggetti economicamente più deboli. Conclusivamente ritiene che gli italiani non meritavano l'attacco speculativo realizzatosi negli scorsi giorni, ma nemmeno la manovra presentata dal Governo, che giudica iniqua, raffazzonata e debole. A suo avviso, sarebbe stato possibile individuare misure alternative, anche attraverso un serio confronto con le forze di opposizione, definendo efficaci provvedimenti in materia di liberalizzazioni e privatizzazioni, e valutando altresì la possibilità di forme di alienazione selettiva del patrimonio pubblico e di interventi sulla materia delle concessioni, suscettibili di attrarre capitali stranieri nel nostro Paese. A suo avviso, sarebbe stato possibile, al di là di ogni demagogia, un intervento ben diverso in materia di riduzione dei costi della politica. Nel segnalare come siamo ormai giunti al capolinea dell'attuale situazione politica ed economica, ribadisce come sussistano tutte le ragioni per una rapida approvazione del provvedimento e per l'espressione di un voto contrario sui suoi contenuti.

Giancarlo GIORGETTI, presidente e relatore, intervenendo in sede di replica sottolinea l'opportunità della scelta di procedere ad una rapida approvazione della manovra che risponde alle sollecitazioni rivolte in tal senso dai rappresentanti delle parti sociali e dal Presidente della Repubblica. Si interroga, tuttavia, su quali siano i referenti ai quali la classe politica è chiamata a rispondere. Ritiene, infatti, che sempre più spesso il Governo ed il Parlamento rispondano più ai mercati che agli elettori, sottolineando come in presenza di un elevato debito pubblico la libertà di un Paese sia fortemente limitata. Pertanto, nell'osservare come anche se forse le misure adottate avrebbero potuto essere migliori, sottolinea come i margini di libertà disponibili non siano molto ampi né per l'attuale maggioranza, né per eventuali future compagini governative.

Il sottosegretario Luigi CASERO, intervenendo in sede di replica, ringrazia preliminarmente

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l'opposizione per l'atteggiamento di grande responsabilità tenuto nella presente situazione di emergenze economica e finanziaria. A tale riguardo, sottolinea, peraltro, che la situazione di crisi non è limitata al nostro Paese o al continente europeo, ricordando le difficoltà affrontate in questi giorni dal Governo degli Stati uniti d'America. In questa ottica, evidenzia come a seguito dell'invito rivolto dal Presidente della Repubblica a fronte dell'aggravarsi della situazione dei mercati internazionali, l'intera classe politica abbia testimoniato grande maturità accelerando i tempi di approvazione della manovra e rafforzandone i contenuti, a tutela della stabilità della nostra economia e della credibilità dell'istituzione parlamentare. Dichiara, quindi, di non condividere l'analisi dell'onorevole Baretta, sottolineando come la debolezza del nostro Paese sia determinata non tanto dalle scelte del Governo, quanto piuttosto dai limiti della governance economica europea e dalle incertezze manifestatesi negli ultimi giorni con riferimento al sostegno alla Grecia. Rileva, infatti, come le indecisioni che hanno caratterizzato questi ultimi mesi abbiano finito per indebolire il nostro Paese che, per le sue caratteristiche, è senza dubbio più vulnerabile di altri grandi Paesi dell'Unione europea. In questo contesto, osserva come i contenuti della manovra siano in parte dettarti dall'esigenza di reperire con immediatezza maggiori risorse e in parte conseguano a scelte di politica economica fortemente influenzate dagli orientamenti dell'Unione europea. Per quanto riguarda i tagli di spesa, ritiene che difficilmente avrebbero potuto reperirsi voci alternative da ridurre che producessero nell'immediato analoghi effetti di correzione dei saldi di finanza pubblica, osservando che, eventualmente, potrebbe essere approfondita l'equità di talune delle misure di riduzione della spesa previste. A tale riguardo, ritiene che sia stato senza altro produttivo il dibattito svoltosi, sottolineando come le proposte emerse possano essere oggetto di futuri sviluppi. In particolare, ritiene che alcune grandi scelte di politica economica come quelle relative alle privatizzazioni, alle liberalizzazioni e all'attuazione della delega in materia fiscale ed assistenziale debbano essere assunte a seguito di un confronto aperto tra le diverse forze politiche, dal momento che si tratta di scelte destinate ad incidere sul futuro del Paese. Per quanto riguarda gli interventi in materia di sviluppo, osserva come non fosse questa la sede per affrontare la questione della crescita economica, dal momento che essa potrà realizzarsi innanzitutto attraverso riforme strutturali, non realizzabili nell'ambito di un provvedimento a carattere emergenziale. Conclusivamente rileva l'opportunità di un percorso comune tra le diverse forze politiche con riferimento alle grandi questioni economiche, sottolineando con favore come nella seduta odierna sia emersa una consonanza tra maggioranza ed opposizione con riferimento all'esigenza di promuovere in sede europea misure di contrasto delle operazioni speculative.

Giancarlo GIORGETTI, presidente e relatore, essendosi concluso l'esame preliminare ed avendo i gruppi rinunciato alla presentazione di proposte emendative, pone in votazione la proposta di conferimento del mandato a riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento.

La Commissione delibera di conferire al presidente il mandato a riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

Giancarlo GIORGETTI, presidente e relatore, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

La seduta termina alle 22.35.