CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 29 giugno 2011
503.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 29 giugno 2011. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 10.20.

Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali.
Emendamenti testo unificato C. 2519-A.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

Isabella BERTOLINI, presidente e relatore, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 2 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Legge comunitaria 2010.
Emendamenti C. 4059-A/R Governo, approvato dal Senato.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

Isabella BERTOLINI, presidente, in sostituzione del relatore, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 3, nonché gli emendamenti 1.500 e 1.501 del Governo, non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

La seduta termina alle 10.30.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Mercoledì 29 giugno 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Alfredo Mantovano.

La seduta comincia alle 13.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

5-05009 Tassone: Atti di intimidazione nei confronti di amministratori locali e imprenditori delle province di Reggio Calabria e Vibo Valentia.

Mario TASSONE (UdCpTP) illustra l'interrogazione in titolo, sottolineando tra

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l'altro, che il problema delle intimidazione nei confronti degli amministratori locali e degli imprenditori nelle province di Reggio Calabria e di Vibo Valentia ha assunto ormai proporzioni allarmanti, nell'indifferenza del Governo, la cui azione si caratterizza per l'assenza di risultati concreti, in quanto i responsabili degli atti intimidatori non vengono individuati.

Il sottosegretario Alfredo MANTOVANO, rispondendo all'interrogazione in titolo, riconosce che le vicende che sono alla base dell'interrogazione presentata dall'onorevole Tassone sono serie e gravi. Esse sono oggetto di indagini e costituiscono l'ennesima conferma della complessità dei territori delle due province di Vibo Valentia e di Reggio Calabria.
Non è vero che ci sia una indifferenza del Governo né che manchino i risultati concreti, come affermato dall'onorevole Tassone. Sono state anzi adottate diverse misure, che hanno portato risultati nell'immediato e altri ne porteranno nel medio-lungo periodo.
Nell'immediato, la protezione degli amministratori locali e degli imprenditori è una priorità nella pianificazione dei servizi di polizia, nell'ambito dei piani coordinati di controllo del territorio, periodicamente aggiornati proprio in relazione alle esigenze emergenti, e nell'adozione di misure di tutela personali.
Nella provincia di Reggio Calabria risultano in atto, in favore di imprenditori del luogo, 3 dispositivi di protezione personale e 22 servizi di vigilanza generica radio-collegata, nonché, in favore di amministratori locali, 2 misure di protezione personale e 88 servizi di vigilanza generica radio-collegata, dei quali 26 attuati nei confronti di sindaci, compresa la dottoressa Maria Carmela Lanzetta, sindaco di Monasterace, la cui farmacia, come ricordato nell'interrogazione, è stata incendiata. Nella provincia di Vibo Valentia, invece, risultano in atto, in favore di imprenditori, 8 servizi di vigilanza generica radio-collegata e in favore di amministratori locali 15 servizi di vigilanza generica radio-collegata, 7 dei quali in favore di sindaci.
Vi è inoltre un'intensa attività di contrasto della criminalità organizzata, con particolare riguardo alle attività usurarie ed estorsive e al riciclaggio dei proventi delle attività illecite nel settore degli appalti, che ha permesso di conseguire nei primi sei mesi di quest'anno risultati importanti. In particolare nella provincia di Reggio Calabria sono state condotte 15 operazioni di polizia giudiziaria che hanno consentito di arrestare, complessivamente, 403 affiliati alle cosche criminali e di catturare un latitante, incluso nella lista dei cento latitanti più pericolosi.
Si tratta di un risultato meritorio delle forze di polizia e dell'autorità giudiziaria.
Nella provincia di Vibo Valentia, poi, sono state arrestate 39 persone per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, l'usura e l'estorsione.
Analogo impulso ha avuto, nello stesso periodo, l'aggressione ai patrimoni delle organizzazioni criminali: nella provincia di Reggio Calabria sono stati sequestrati 294 beni per un valore di circa 187 milioni di euro, mentre quelli confiscati sono stati 100 per un valore di circa 46 milioni di euro; nella provincia di Vibo Valentia, invece, i beni sequestrati sono stati 84 per un valore di circa 11 milioni di euro, mentre quelli confiscati sono stati 21 per un valore di circa 11 milioni di euro.
Per contrastare l'ingerenza malavitosa nelle amministrazioni locali sono stati ampiamente utilizzati gli strumenti previsti nella normativa antimafia, in particolare sono state disposte numerose commissioni di accesso.
L'aggravarsi di fenomeni intimidatori, d'altra parte, può essere ascritta anche a una maggiore resistenza degli amministratori locali alle pressioni e ai condizionamenti illeciti. Al riguardo appare significativo quanto accaduto nel comune di Scido, in provincia di Reggio Calabria, dove tre persone sono state arrestate con

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l'accusa di tentata estorsione ai danni del sindaco e del vice sindaco su denuncia di questi ultimi.
Merita poi ricordare che diverse associazioni antiracket sono state costituite nel territorio prossimo a Vibo Valentia e che a Reggio Calabria è stata collocata la sede principale dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati alla mafia.
Nel medio-lungo periodo, poi, saranno operative le disposizioni del piano nazionale antimafia che prevedono l'accesso dei prefetti nei cantieri e l'istituzione della stazione unica appaltante su base provinciale.
Infine, i dati statistici attestano un decremento dei reati commessi nelle due province nel primo semestre, anche se, quando si parla di fenomeni di questa importanza, i dati statistici di un periodo di tempo relativamente breve possono servire al massimo ad indicare una direzione di marcia.
In conclusione assicura la piena attenzione del Ministero dell'interno a questi territori con interventi mirati a seconda degli obiettivi.

Mario TASSONE (UdCpTP), replicando, ringrazia per la risposta fornita. Dà atto dei risultati che si sono raggiunti in Calabria nella lotta alla criminalità organizzata, pur nelle difficoltà dovute alla insufficienza degli organici delle Procure della Repubblica. Chiarisce che, parlando di indifferenza del Governo e di mancanza di risultati, intendeva dire che quest'ultimo profonde grandi sforzi nella lotta contro la grande criminalità, conseguendo anche importanti successi, ma sottovaluta la criminalità comune, che invece merita anch'essa la massima attenzione, anche perché crea l'humus per lo sviluppo della criminalità organizzata. Esorta pertanto il Governo a porre la massima attenzione al territorio calabrese anche da questo punto di vista.

5-05008 Bressa ed altri: Revoca della assegnazione della sede alla comunità Capodarco.

Gianclaudio BRESSA (PD) illustra l'interrogazione in titolo.

Il sottosegretario Alfredo MANTOVANO risponde all'interrogazione in titolo ricordando che il bene in questione è un fabbricato civile per abitazione, confiscato nel 1998 a un capo zona del clan dei «casalesi» e consegnata al comune di Trentola-Ducenta nel 1999.
Nel 2002 il bene è stato assegnato , in prima assegnazione, in comodato d'uso gratuito per dieci anni alla comunità Capodarco con sede in Teverola.
Il 28 giugno 2010 il subcommissario straordinario di Trentola-Ducenta, su richiesta della comunità stessa, ha prorogato di cinque anni il comodato d'uso, a condizione che venisse approvato un progetto di impianto fotovoltaico, per permettere alla stessa di partecipare ad un bando promosso dalla fondazione per il Sud: «Valorizzazione e auto sostenibilità dei beni confiscati alle mafie 2010».
Nel maggio 2011 il nuovo sindaco ha revocato alla comunità la proroga del comodato d'uso e disdetto il relativo contratto.
Audito dalla III Commissione consiliare speciale «Controllo sulle bonifiche ambientali e sui siti di smaltimento rifiuti e ecomafie e riutilizzo dei beni confiscati» del Consiglio regionale della Campania, il sindaco, secondo quanto si legge nel resoconto integrale dell'audizione, ha affermato di aver revocato la disponibilità accordata dal subcommissario straordinario, non intendendo mantenere in essere il contratto di comodato d'uso gratuito, e ha sottolineato che, in ogni caso, il contratto sarebbe scaduto nel 2012.
Il dirigente della Direzione per i beni sequestrati e confiscati della dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati alla mafia, intervenuto nell'audizione, ha chiarito che la gestione del bene confiscato spetta al comune assegnatario, il quale può esercitare la sua discrezionalità nella scelta dell'associazione, ma è vincolato al rispetto della destinazione che deve necessariamente perseguire finalità di tipo sociale.
Aggiunge che è unanime il riconoscimento della comunità di Capodarco come una delle migliori esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati avviate in Campania e in Italia, al punto da essere inclusa

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e pubblicizzata anche dalla recente campagna di comunicazione promossa dalla Regione Campania «Sentirsi campani. Identità, sicurezza, inclusione».
Ciò premesso, l'Agenzia nazionale e la prefettura seguono con attenzione la vicenda ma sono vincolati dalla discrezionalità spettante al comune nella scelta dell'associazione cui assegnare il bene.

Gianclaudio BRESSA (PD), replicando, ringrazia per la chiarezza della risposta fornita, ma sottolinea come restino non chiarite le ragioni per le quali il sindaco ha deciso di disdire il contratto di comodato d'uso gratuito non ancora scaduto e di ignorare la proroga di cinque anni concessa dalla gestione commissariale. Conclude affermando che a suo avviso sussistono i margini per un intervento dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati alla mafia che imponga il rispetto della decisione già presa dal subcommissario.

Donato BRUNO, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

La seduta termina alle 14.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 29 giugno 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Sonia Viale.

La seduta comincia alle 15.10.

DL 89/2011: Disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari.
C. 4449 Governo.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Isabella BERTOLINI (PdL), relatore, introducendo l'esame del provvedimento, ricorda che il decreto-legge n. 89 del 2011 si compone di due capi. Il capo I (articolo 1) reca modifiche al decreto legislativo n. 30 del 2007, conseguenti ad alcuni rilievi formulati dalle istituzioni europee, le quali hanno giudicato non pienamente corretta la trasposizione che l'Italia ha dato nel proprio ordinamento interno della direttiva 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, ed hanno annunciato l'avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia. Il capo II (articoli 3, 4 e 5) reca invece disposizioni di attuazione della direttiva 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
Venendo quindi al dettaglio dell'articolato, ricorda che l'articolo 1 modifica l'articolo 3, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 30 del 2007, con riferimento all'ingresso e al soggiorno del partner di cittadino dell'Unione europea. La modifica introdotta prevede che la relazione stabile tra il suddetto cittadino e il partner debba essere ufficialmente - anziché debitamente, come prevedeva il testo - attestata.
Per quanto riguarda le formalità amministrative per i cittadini dell'Unione ed i loro familiari, l'articolo in esame sopprime il riferimento all'obbligo del visto d'ingresso nell'articolo 6, comma 2 e nell'articolo 9, comma 5, lettera a) e nell'articolo 10, comma 3, lettera a), previsto, rispettivamente, ai fini del soggiorno fino a tre mesi, dell'iscrizione anagrafica per i familiari del cittadino comunitario nonché del rilascio della carta di soggiorno di durata superiore a tre mesi per i medesimi soggetti.
Con riguardo alla procedura di verifica della sussistenza del requisito della disponibilità delle risorse economiche sufficienti a garantire il soggiorno oltre i tre mesi, l'articolo 1 inserisce nell'articolo 9 del decreto legislativo il comma 3-bis, che prescrive la «valutazione della situazione

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complessiva personale dell'interessato», quale ulteriore elemento da tenere in considerazione.
La Commissione europea ha, infatti, precisato che la direttiva non prevede la fissazione di un importo minimo stabilito per legge, contenendo solo un generico richiamo alla disponibilità di risorse sufficienti ad escludere il ricorso a prestazioni di assistenza sociale.
L'articolo 1 modifica anche la lettera b) del comma 5 dell'articolo 9, in tema di dell'iscrizione anagrafica dei familiari non comunitari del cittadino UE, e l'articolo 10, comma 3, lettera b), in tema di rilascio della carta di soggiorno, sostituendo la previsione della presentazione di «un documento che attesti la qualità di familiare e, qualora richiesto, di familiare a carico» con quella della presentazione di «un documento rilasciato dall'autorità competente del Paese di origine o provenienza che attesti la qualità di familiare e, qualora richiesto, di familiare a carico ovvero di membro del nucleo familiare ovvero familiare affetto da gravi problemi di salute, che richiedono l'assistenza personale del cittadino dell'Unione, titolare di un autonomo diritto di soggiorno». Tale modifica, secondo la relazione illustrativa, costituisce un'integrazione normativa espressamente richiesta dalla Commissione europea.
L'articolo 1, lettera d) del decreto-legge novella l'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo, che riguarda le condizioni richieste ai fini del mantenimento del diritto di soggiorno e prevede che «i cittadini dell'Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno di cui agli articoli 7, 11 e 12, finché soddisfano le condizioni fissate negli stessi articoli».
Secondo la relazione illustrativa, tale novella si fonda sul rilievo della Commissione europea secondo il quale, nei casi di soggiorno superiore ai 3 mesi (articolo 7 della direttiva), di decesso o partenza del cittadino UE (articolo 11 della direttiva) e di divorzio o annullamento del matrimonio (articolo 12 della direttiva), la verifica delle condizioni richieste ai fini del mantenimento del diritto di soggiorno non deve rivestire carattere sistematico, «in quanto la direttiva prevede tali verifiche in casi specifici, qualora vi sia un dubbio ragionevole (articolo 14, paragrafo 2, secondo trattino)».
Viene così aggiunta al comma 2 dell'articolo 13 la disposizione secondo la quale «la verifica della sussistenza di tali condizioni non può essere effettuata se non in presenza di ragionevoli dubbi in ordine alla persistenza delle condizioni medesime». Secondo la relazione illustrativa, il testo novellato «non consente pertanto verifiche sistematiche finalizzate ad accertare che siano ancora soddisfatte le condizioni richieste per il mantenimento del diritto al soggiorno, nei casi richiamati dalla norma ma soltanto in presenza di ragionevoli dubbi».
L'articolo 1, lettera f) del decreto-legge modifica l'articolo 19 del decreto legislativo, recante disposizioni comuni al diritto di soggiorno e al diritto di soggiorno permanente, novellando il comma 4 che disponeva che «La qualità di titolare di diritto di soggiorno e di titolare di diritto di soggiorno permanente può essere attestata con qualsiasi mezzo di prova previsto dalla normativa vigente.»
Dalla relazione illustrativa risulta che la novella introdotta in tale articolo consegue a rilievi della Commissione europea riferiti all'articolo 25 della direttiva.
Il paragrafo 1 di tale articolo prevede che «il possesso di un attestato d'iscrizione di cui all'articolo 8, di un documento che certifichi il soggiorno permanente, della ricevuta della domanda di una carta di soggiorno di familiare di una carta di soggiorno o di una carta di soggiorno permanente, non può in nessun caso essere un prerequisito per l'esercizio di un diritto o il completamento di una formalità amministrativa, in quanto la qualità di beneficiario dei diritti può essere attestata con qualsiasi altro mezzo di prova».
Con la novella disposta dal decreto-legge viene aggiunta al comma 4 dell'articolo 19 la previsione in virtù della quale il possesso del relativo documento (attestazione

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di iscrizione anagrafica o documento di soggiorno) non costituisce condizione per l'esercizio di un diritto.
Per quanto riguarda la procedura di allontanamento del cittadino comunitario, il decreto in esame reca modifiche all'articolo 20 e all'articolo 21 del decreto legislativo n. 30.
L'articolo 20 del decreto legislativo n. 30 del 2007, prima del decreto in esame, individuava quali motivi dei provvedimenti di limitazione della libertà di circolazione i motivi di sicurezza dello Stato; i motivi imperativi di pubblica sicurezza; e altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Una disposizione specifica in tema di malattie o infermità è poi contenuta nel comma 8 dello stesso articolo.
La Commissione europea ha ritenuto generico il requisito della grave minaccia ai fini dell'allontanamento come pure la definizione dei «motivi di sicurezza dello Stato», che la normativa italiana distingue dai motivi imperativi di pubblica sicurezza, contestando inoltre il collegamento automatico dell'allontanamento immediato alla sussistenza di tali motivi.
Pertanto, l'articolo 20 è stato novellato nel modo seguente.
Nel primo periodo del comma 2 è stata soppressa la parola «anche» con l'effetto di circoscrivere i motivi di sicurezza dello Stato sulla base dei quali è possibile l'allontanamento dello straniero. È inoltre aggiunto un secondo periodo che prevede che, ai fini della limitazione del diritto di ingresso e soggiorno, vengono valutate anche le eventuali condanne per i delitti contro la personalità dello Stato.
Al primo periodo del comma 3 viene modificata la qualificazione della minaccia ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica nella quale è individuata la sussistenza dei «motivi di sicurezza dello Stato»: mentre nel vecchio testo tale minaccia era definita «concreta, effettiva e grave», nel testo novellato la minaccia è qualificata «concreta, effettiva e sufficientemente grave». È inoltre soppresso il riferimento all'effetto di tale minaccia, che era individuato nel rendere urgente l'allontanamento della persona «perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza». Nel secondo periodo di tale comma, che riguarda la valutazione di determinate condanne ai fini dalla limitazione del diritto, è introdotto l'inciso «quando ricorrono i comportamenti di cui al primo periodo del presente comma».
Al primo periodo del comma 4 - che dispone che i provvedimenti di allontanamento sono adottati nel rispetto del principio di proporzionalità e non possono essere motivati da ragioni di ordine economico, né da ragioni estranee ai comportamenti individuali dell'interessato che rappresentino una minaccia concreta e attuale all'ordine pubblico o alla pubblica sicurezza - è modificata la qualificazione della minaccia, che, a seguito delle novelle, deve essere «effettiva e sufficientemente grave»; è mantenuto il secondo periodo di tale comma che prevede che l'esistenza di condanne penali non giustifica di per sé l'adozione di tali provvedimenti.
Al comma 9, con riferimento ai provvedimenti di allontanamento adottati dal Ministro dell'interno per i beneficiari del diritto di soggiorno che hanno soggiornato nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni o che siano minorenni è soppresso il riferimento al presupposto dei motivi di ordine pubblico, con l'effetto che presupposto del provvedimento potranno essere solo i motivi di sicurezza dello Stato. Quindi, poiché il secondo periodo di tale comma, non novellato, prevede che «negli altri casi, i provvedimenti di allontanamento sono adottati dal prefetto del luogo di residenza o dimora del destinatario» viene meno la competenza del Ministro dell'interno per l'adozione dei provvedimenti di allontanamento per motivi di ordine pubblico, che vengono demandati al prefetto.
Il comma 11, che riguarda l'immediata esecuzione del provvedimento di allontanamento, è novellato estendendo i presupposti del provvedimento a tutti i motivi indicati nel comma 1 dell'articolo 20 (nel testo originario i presupposti sono costituiti dai motivi di sicurezza dello Stato e

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dai motivi imperativi di pubblica sicurezza) e prevedendo che l'urgenza sia valutata caso per caso, in relazione all'incompatibilità dell'ulteriore permanenza dell'interessato sul territorio nazionale rispetto al mantenimento della civile e sicura convivenza (cfr. in tal senso la circolare n. 17102/124 del 23 giugno 2011 del Ministero dell'Interno).
L'articolo 1, lettera h), n. 1, introduce nell'articolo 21, comma 1, del decreto legislativo n. 30 del 2007, la previsione - di cui all'articolo 14, paragrafo 3 della direttiva - in base alla quale, l'eventuale ricorso al sistema di assistenza sociale non è considerato, automaticamente, come causa di allontanamento, ma va valutato caso per caso.
In tema di procedure di allontanamento interviene anche la novella del comma 4 dell'articolo 21, che riguarda l'allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno.
Il comma 4 è interamente sostituito prevedendo che in caso di inottemperanza al provvedimento di allontanamento di modo che, in luogo della contravvenzione ivi prevista, il Prefetto, valutato il singolo caso, adotta un ulteriore provvedimento di allontanamento per motivi di ordine pubblico immediatamente eseguito dal Questore.
L'articolo 1 lettera i) del decreto in esame introduce infine nel decreto legislativo n. 30 l'articolo 23-bis volto a disciplinare l'ipotesi in cui uno Stato membro chieda informazioni ai sensi della direttiva 2004/38/CE, che prevede la facoltà degli Stati membri di chiedere, al fine di accertare se l'interessato costituisce un pericolo per l'ordine pubblico o la pubblica sicurezza, informazioni sui precedenti penali del cittadino comunitario al Paese di provenienza. La procedura di consultazione non può avere carattere sistematico e lo Stato membro consultato deve rispondere entro due mesi.
In tale circostanza, che può avvenire solo per casi specifici e per esigenze concrete, il Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza, attraverso i propri canali di scambio informativo, provvede a fornire gli elementi entro il termine di due mesi dalla data di ricezione della richiesta.
L'articolo 2 del provvedimento in esame integra l'articolo 183-ter delle norme di attuazione del codice di procedura penale (decreto legislativo 271/1989) estendendo le modalità di esecuzione dell'allontanamento del cittadino comunitario anche ai suoi familiari. Tale allontanamento può essere disposto solo in conformità ai criteri e alle modalità stabiliti dall'articolo 20 del decreto legislativo 30/2007 sopra richiamato.
Il Capo II del provvedimento in esame (articoli 3, 4 e 5), come detto, è volto al recepimento nell'ordinamento nazionale della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
Il termine fissato dalla direttiva per il suo recepimento da parte degli Stati membri è scaduto il 24 dicembre 2010 e la Commissione europea ha avviato la fase prodromica all'apertura dell'infrazione per mancato recepimento.
Il recepimento della direttiva comporta numerose modifiche al testo unico in materia di immigrazione, le quali sono previste dall'articolo 3. L'articolo 4 reca una disposizione di coordinamento che prevede una specifica competenza del giudice di pace per alcuni reati connessi all'immigrazione clandestina. L'articolo 5 reca la clausola di copertura finanziaria.
In particolare, l'articolo 3, comma 1, lettera a) integra l'articolo 5, comma 6, del testo unico sull'immigrazione, che concerne il rifiuto e la revoca del permesso di soggiorno. In base al testo unico, il permesso di soggiorno può essere rifiutato o revocato dalle autorità italiane per tutta una serie di motivi, tra cui il caso in cui lo straniero «non soddisfi le condizioni di soggiorno» applicabili in uno degli Stati contraenti. Non si dà però luogo a rifiuto o revoca in presenza di seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti

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da obblighi costituzionali (diritto di asilo) o internazionali. La disposizione in esame prevede che in questi casi il permesso di soggiorno per motivi umanitari è rilasciato dal questore secondo la procedura indicata nel regolamento di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica 394/1999).
La lettera b) esclude dal reato di ingesso e soggiorno illegale nel territorio dello stato lo straniero identificato dalla polizia di frontiera quando esce dal territorio nazionale: questo al fine di incentivare - in attuazione dell'articolo 4, paragrafo 3, della direttiva - l'esodo volontario dei cittadini stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale. Ovviamente, tale deroga non pregiudica l'intervento dell'autorità di polizia in caso di più grave reato.
Con la lettera c) si procede ad una puntuale modifica dell'articolo 13 del testo unico, che disciplina l'espulsione amministrativa, prevedendo l'espulsione disposta dal ministro dell'interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato (comma 1); e l'espulsione disposta dal prefetto (comma 2) quando lo straniero è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera (immigrato clandestino); quando lo straniero si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, oppure quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato o scaduto da più di sessanta giorni e non è stato chiesto il rinnovo (immigrato irregolare); e quando lo straniero sia un delinquente abituale o sia indiziato di appartenere ad associazioni criminali di tipo mafioso.
Il numero 1) della lettera c) apporta alcune modifiche al comma 2 del citato articolo 13.
Viene innanzitutto specificato che l'espulsione di competenza del prefetto è disposta caso per caso, in ossequio a un principio più volte ribadito dalla normativa comunitaria.
Viene integrato l'elenco delle situazioni che comportano l'espulsione comprendendovi l'ipotesi di rifiuto di rilascio del permesso di soggiorno (che si va ad aggiungere ai casi di mancata richiesta, revoca, annullamento e mancata richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno). In questo caso, si tratta di una disposizione non finalizzata ad attuare la direttiva, bensì a colmare uno specifico vuoto normativo.
Viene individuata una ulteriore fattispecie che comporta l'espulsione (prefettizia), vale a dire il trattenimento dello straniero non comunitario oltre il periodo di 3 mesi, che è quello considerato soggiorno di breve durata e per il quale non è necessario richiedere il permesso di soggiorno, ma è sufficiente una semplice dichiarazione di presenza. Anche in questo caso, la finalità della norma è quella di colmare una lacuna nella normativa previgente.
Il comma 2-ter, aggiunto all'articolo 13 dal numero 2) della lettera c), prescrive che l'espulsione non è disposta né eseguita, quando lo straniero irregolare è identificato alla frontiera dalle forze di polizia. La finalità è analoga a quella della disposizione di cui alla lettera b) che esclude, nella medesima situazione, la contestazione del reato di immigrazione clandestina.
Con il numero 3 della la lettera c), viene riformulato il comma 4 dell'articolo 13 che disciplina le modalità di espulsione.
Nella formulazione originaria del testo unico del 1998, si prevedeva che l'espulsione dovesse essere generalmente eseguita con l'intimazione a lasciare il territorio nazionale, ad eccezione di una serie di situazioni, che per la loro gravità rendessero necessaria l'esecuzione dell'espulsione con l'accompagnamento coatto alla frontiera. La legge 189/2002 (Bossi-Fini) ha stabilito il principio che l'espulsione è sempre eseguita con l'accompagnamento alla frontiera ad eccezione dei casi di violazioni di minore entità (permesso di soggiorno scaduto o del quale non è stato richiesto il rinnovo). Tuttavia, le fattispecie per le quali era prevista l'espulsione tramite foglio di via e l'espulsione forzata non erano molto diverse tra la formulazione della legge nel 1998 e quella del 2002.

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Con la norma in esame, viene utilizzata una ulteriore formulazione: il nuovo comma 4, come riscritto dalla disposizione in esame, prevede che l'esecuzione è eseguita dal questore mediante accompagnamento alla frontiera in una serie tassativa di casi, vale a dire: in presenza di motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato (articolo 13, comma 1); quando lo straniero sia un delinquente abituale o sia indiziato di appartenere ad associazioni criminali di tipo mafioso (articolo 13, comma 2, lettera c); in presenza di rischio di possibili attività terroristiche; in presenza di rischio di fuga (specificato dal nuovo comma 4-bis); in caso di presentazione di domanda di soggiorno manifestamente infondata o fraudolenta; in caso di inosservanza, senza giustificato motivo, del termine concesso per la partenza volontaria; in caso di violazione di una delle misure disposte dal questore in caso di partenza volontaria (nuovo comma 5.2) o di prescrizioni meno coercitive rispetto al trattenimento (nuovo comma 1-bis dell'articolo 14); in presenza di un provvedimento di espulsione a titolo di misura di sicurezza (articolo 15 del testo unico) ovvero di sanzione alternativa o sostitutiva alla detenzione (articolo 16 del testo unico) e nelle ipotesi di espulsione disposta come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale; in assenza di richiesta da parte dello straniero di un termine per la partenza volontaria, come previsto al successivo comma 5.1. I requisiti sopra richiamati costituiscono il recepimento di disposizioni diverse della direttiva.
Il nuovo comma 4-bis (introdotto numero 4 della lettera c), definisce i criteri necessari affinché il prefetto valuti, caso per caso, l'esistenza del rischio di fuga, quali: non possedere un documento di espatrio valido; non avere la disponibilità di un alloggio stabile; aver fornito in passato false generalità; non avere ottemperato all'esecuzione dell'espulsione tramite intimazione a lasciare il territorio dello Stato (ai sensi dell'articolo 13, sia comma 5, sia comma 13), e al divieto di reingresso; aver violato le prescrizioni connesse alla partenza volontaria e alle misure meno coercitive rispetto al trattenimento (comma 5.2).
Il numero 5 della lettera c) modifica il comma 5 dell'articolo 13 TU che, nella formulazione previgente, completa la disciplina di cui al comma 4 (che come si è detto stabilisce il principio che l'espulsione è eseguita sempre con l'accompagnamento coatto alla frontiera), indicando le fattispecie (residuali) per le quali non si procede all'espulsione forzata, bensì tramite intimazione ad abbandonare il territorio dello Stato entro 15 giorni. Quest'ultima ipotesi si realizza (nel testo previgente) nei confronti dello straniero che si è trattenuto nel territorio dello Stato con permesso di soggiorno scaduto da più di 60 giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo.
Il comma 5 viene riformulato dal decreto-legge, per recepire l'articolo 7 della direttiva rubricato Partenza volontaria. Il nuovo meccanismo prevede quanto segue. Lo straniero per il quale è già stato emanato un decreto di espulsione, per il quale non ricorrono le condizioni per l'allontanamento coatto (ossia al di fuori delle ipotesi di cui al nuovo comma 4) può chiedere al prefetto la concessione di un periodo per la partenza volontaria, «anche attraverso programmi di rimpatrio volontario ed assistito di cui all'articolo 14-ter. Il prefetto, valutato il singolo caso «intima allo straniero di lasciare volontariamente» il Paese entro un termine tra 7 e 30 giorni. Il termine può essere prorogato in considerazione di diversi fattori (durata pregressa del soggiorno, presenza di minori che frequentano la scuola, ammissione di programmi di rimpatrio volontario eccetera). Una volta eseguito il rimpatrio, il questore ne comunica l'esito al giudice per la deliberazione di non luogo a procedere nei confronti dello straniero in relazione al reato di immigrazione illegale di cui all'articolo 10-bis del testo unico.
Rispetto alla normativa previgente, viene meno l'obbligatorietà di concedere un periodo di tempo (15 giorni) prima di procedere all'espulsione con intimazione ad abbandonare il territorio dello Stato: è stata cioè esercitata l'opzione prevista

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dalla direttiva (articolo 7, paragrafo 1) secondo la quale gli Stati membri possono prevedere che la concessione di un periodo di tempo avvenga unicamente dietro richiesta dell'interessato.
Il comma 5.1 (di cui al numero 6) prevede che, per consentire allo straniero di usufruire della facoltà di richiedere il termine per la partenza volontaria, in conformità ad una precisa disposizione in questo senso contenuta nell'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva, la questura provveda a informare adeguatamente lo straniero del suo diritto di chiedere un termine per l'espulsione. Qualora lo straniero non intenda richiedere la partenza volontaria, l'espulsione viene eseguita con accompagnamento alla frontiera.
Il successivo comma 5.2 prevede l'applicazione, da parte del questore, nel caso di concessione di un termine per la partenza volontaria, di una serie di prescrizioni finalizzate ad assicurare l'effettività del provvedimento di allontanamento, conformemente all'articolo 7, paragrafo 3 della direttiva. Questo prevede, appunto, la possibilità di imporre alcuni obblighi diretti ad evitare il rischio di fuga.
In primo luogo è richiesta la dimostrazione della disponibilità di risorse economiche sufficienti (derivanti da fonti lecite). L'importo è in proporzione al termine concesso (che si ricorda va dai 7 ai 30 giorni) ed è compreso tra una e tre mensilità dell'assegno sociale annuo.
Il questore dispone, inoltre, una o più delle seguenti misure: consegna del passaporto o altro documento equipollente in corso di validità, che verrà restituito al momento della partenza; obbligo di dimora in un luogo dove lo straniero possa essere agevolmente rintracciato; obbligo di presentazione, in giorni ed orari stabiliti, presso un ufficio della forza pubblica territorialmente competente.
Le misure di cui al secondo periodo sono adottate con provvedimento motivato, comunicato entro 48 ore dalla notifica al giudice di pace competente per territorio. Il giudice, se ne ricorrono i presupposti, dispone con decreto la convalida nelle successive 48 ore. Su richiesta dell'interessato, Il giudice di pace, sentito il questore, può modificare o revocare le misure.
Il mancato rispetto anche di una sola delle misure di sicurezza comporta per il contravventore: l'applicazione di una multa da 3.000 a 18.000 euro; l'espulsione dello straniero. In questo caso non è richiesto il rilascio del nulla osta di cui al comma 3 da parte dell'autorità giudiziaria competente all'accertamento del reato e il questore esegue l'espulsione, disposta ai sensi del comma 4, anche mediante le modalità previste all'articolo 14.
Il numero 7) della lettera c) modifica il comma 5-bis dell'articolo 13 con un intervento di coordinamento dovuto alla modifica del comma 5.
Il numero 8) modifica il comma 13 dell'articolo 13 TU che prescrive il divieto di reingresso per lo straniero espulso. La disposizione in esame sostituisce l'espressione «straniero espulso» con quella di «straniero destinatario di un provvedimento di espulsione».
Secondo la relazione illustrativa l'intervento normativo è adottato «In conformità alla definizione di rimpatrio (articolo 3, paragrafo 1, n. 3) della direttiva quale processo di ritorno di un cittadino di un paese terzo, sia in adempimento volontario di un obbligo di rimpatrio sia forzatamente», al fine di «sanzionare qualsiasi straniero rientrato sul territorio nazionale prima della scadenza del divieto di reingresso, indipendentemente dalla tipologia del provvedimento di espulsione adottato (volontaria o forzata). In tale modo, la sanzione penale per l'inosservanza del divieto di reingresso viene comminata anche allo straniero espulso mediante l'intimazione a lasciare il territorio nazionale, in quanto destinatario di una decisione di rimpatrio».
Si ricorda che l'articolo 11, paragrafo 1, della direttiva prevede l'applicazione automatica del divieto di reingresso in due casi: qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria, oppure qualora non sia stato ottemperato all'obbligo di rimpatrio.

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I singoli Paesi possono individuare altri casi nei quali le decisioni di rimpatrio possono essere corredate dal divieto d'ingresso.
Il numero 9) della lettera c) diminuisce la durata del divieto di reingresso in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 11, paragrafo 2 della direttiva.
La durata del divieto, che nella formulazione previgente era di 10 anni (salvo diversamente disposto), viene ora rideterminata in un periodo a tre a cinque anni, valutato il singolo caso, salvo che lo straniero sia stato espulso per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sicurezza nazionale. In questi casi può essere disposto un periodo più lungo, sempre tenendo conto delle circostanze del singolo caso. Per gli stranieri ai quali è stato concesso un termine per la partenza volontaria, il divieto di reingresso decorre dalla scadenza del termine assegnato.
Lo straniero irregolare che abbia rispettato il termine concesso per la partenza volontaria può chiedere la revoca del divieto di reingresso, che deve essere valutata dalle autorità italiane. Tale ultima disposizione, come si legge nella relazione illustrativa, è finalizzata ad incentivare la partenza volontaria.
La lettera d) modifica l'articolo 14 del testo unico che reca le disposizioni relative all'esecuzione dell'espulsione.
Il numero 1) provvede a riformulare il comma 1 dell'articolo 14 che prevede il trattenimento presso i centri di identificazione ed espulsione (CIE) degli stranieri qualora non è possibile procedere all'espulsione. Vengono mantenute le fattispecie per le quali è previsto il trattenimento: necessità di prestare soccorso allo straniero, accertamento della sua identità o nazionalità, acquisizione di documenti per il viaggio, verifica della disponibilità di un mezzo di trasporto idoneo). A ciò viene aggiunta una causa generale relativa alle «situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l'effettuazione dell'allontanamento», che, evidentemente comprende quelle viste sopra.
Il successivo numero 2) introduce il comma 1-bis nell'articolo 14 relativo alle misure meno coercitive, alternative al trattenimento. Il nuovo comma prevede che tali misure possono essere disposte a due condizioni: che lo straniero sia in possesso di passaporto o altro documento equipollente in corso di validità; che l'espulsione non sia stata disposta per gravi motivi ordine pubblico o sicurezza dello Stato.
Le misure meno coercitive individuate dal comma 1-bis (consegna del passaporto, obbligo di dimora; obbligo di firma) sono identiche agli obblighi che il questore può imporre nelle more dell'esecuzione dell'espulsione (comma 5.2); così come simile è la procedura (notifica all'interessato, convalida del giudice di pace, sanzioni eccetera).
Il numero 3) modifica il comma 5 dell'articolo 14, innalzando il periodo massimo di trattenimento nei CIE da 6 mesi a 18 mesi, in attuazione dell'articolo 15, paragrafi 5 e 6 della direttiva. La disposizione comunitaria prevede, infatti, che ciascuno Stato definisca i tempi di permanenza nel CIE entro il limite di 6 mesi, prorogabile di al massimo altri 12 mesi in caso di mancata cooperazione del cittadino o di ritardo nell'ottenimento della necessaria documentazione.
Il numero 4) modifica il comma 5-bis elevando da 5 a 7 giorni il termine entro il quale lo straniero deve lasciare il territorio nazionale su ordine del questore, qualora non sia stato possibile il trattenimento presso il CIE. Viene così adeguato anche per tale fattispecie il termine minimo per il rimpatrio fissato appunto in 7 giorni dalla direttiva (articolo 7 paragrafo 1).
Si precisa, inoltre, che l'ordine del questore, in cui sono indicate le conseguenze sanzionatorie in caso d'inottemperanza, può essere accompagnato, anche su richiesta dell'interessato, dalla documentazione necessaria per raggiungere gli uffici della rappresentanza diplomatica del suo Paese in Italia, nonché per rientrare nello Stato di appartenenza ovvero, quando ciò non sia possibile, nello Stato di provenienza, compreso il titolo di viaggio per raggiungere gli uffici diplomatici.

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I numeri 5) e 6), modificando i commi 5-ter e 5-quater, attenuano le sanzioni per l'inottemperanza all'ordine del questore a lasciare il territorio nazionale qualora non sia stato possibile il trattenimento presso il CIE: le pene alla reclusione ivi previste, vengono sostituite con un articolato sistema di multe che vanno da 10 a 20 mila euro per coloro i quali il provvedimento di espulsione iniziale prevedeva l'accompagnamento alla frontiera (articolo 14, comma 4) e da 6 a 15 mila euro negli altri casi (articolo 13, comma 4).
Per quanto riguarda il comma 5-quater, è stato, inoltre, introdotto, in conseguenza della sentenza della Corte costituzionale n. 359 del 17 dicembre 2010, l'esimente del «giustificato motivo», già prevista per il primo ordine di allontanamento del questore, di cui al comma 5-ter.
Il numero 7) introduce il comma aggiuntivo 5-quater.1 - come riportato nella relazione illustrativa - al fine di fornire al giudice un ulteriore criterio, per vagliare la sussistenza del giustificato motivo, di valutazione della condotta tenuta dall'interessato basato sull'effettiva consegna allo stesso della documentazione necessaria per raggiungere gli uffici della rappresentanza diplomatica del suo Paese in Italia, alla quale potersi rivolgere per ottemperare all'ordine di rimpatrio, ovvero del titolo di viaggio per lasciare il territorio nazionale, di cui al precedente comma 5-bis. Il giudice deve, altresì, accertare la cooperazione resa dallo straniero ai fini dell'esecuzione dell'espulsione.
I numeri 8) e 9) disciplinano il procedimento penale, relativo alle fattispecie sopra indicate, che viene trasferito presso il giudice di pace mantenendo la previsione dei rito immediato, ma espungendo l'obbligatorietà dell'arresto (comma 5-quinquies).
È previsto che, ai fini dell'esecuzione dell'espulsione dello straniero denunciato per violazione dell'ordine del questore, non sia richiesto il rilascio del nulla-osta da parte del giudice (comma 5-sexies). Quest'ultimo, acquisita la notizia dell'avvenuta espulsione, pronuncia sentenza di non luogo a procedere (5-septies).
Il numero 10) integra il comma 7 dell'articolo 14 del TU prevedendo che, nel caso di indebito allontanamento dello straniero irregolare dal CIE, sia adottato un nuovo provvedimento di trattenimento. La disposizione, nella formulazione previgente, si limitava a prevedere che il questore ripristinasse senza indugio il trattenimento.
La lettera e) aggiunge un articolo 14-ter al testo unico disciplinante il rimpatrio volontario e assistito degli stranieri da espellere verso i Paesi di origine o provenienza. È prevista l'emanazione di un decreto del Ministro dell'interno per la definizione delle linee-guida per la realizzazione dei programmi di rimpatrio e delle priorità da seguire nella loro attuazione e dei criteri per l'individuazione dei soggetti chiamati a collaborare (enti locali, associazioni di volontariato eccetera).
Sono escluse dai programmi alcune categorie di soggetti indicati dal comma 5 del nuovo articolo, quali i soggetti pericolosi, gli inottemperanti all'ordine di allontanamento, gli espulsi in conseguenza di una sanzione penale eccetera.
Si rileva, che la disposizione pur non costituendo attuazione diretta della direttiva, recepisce alcuni dei principi ivi contenuti.
La lettera f) del comma 1 dell'articolo 3, modificando l'articolo 16 TU estende l'applicazione delle disposizioni in materia di espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa ai reati di inottemperanza all'ordine del questore di lasciare il territorio nazionale (articolo 14, commi 5-ter e 5-quater).
La lettera g) modifica l'articolo 19 TU inserendo il riferimento alle disposizioni per le categorie vulnerabili come individuate dalla direttiva, ossia i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in gravidanza, le famiglie monoparentali con figli minori e le persone che hanno subìto torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale (articolo 3, paragrafo 1, punto 9).
Il comma aggiuntivo 2-bis subordina l'espulsione o il respingimento delle «persone

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vulnerabili» alla verifica della loro concreta situazione personale debitamente accertata, in conformità al disposto della direttiva (articolo 4, paragrafo 4, lettera a).
L'articolo 4 del provvedimento in esame (al fine di coordinare le modifiche intervenute nel regime sanzionatorio dei reati connessi all'inottemperanza sia ai provvedimenti che dispongono il termine per la partenza volontaria ovvero le misure meno coercitive in alternativa al trattenimento presso i CIE sia all'ordine del questore di lasciare il territorio nazionale) integra il comma 2 dell'articolo 4 del decreto legislativo 274/2000, con la previsione della specifica competenza del giudice di pace per i reati sopra richiamati.
L'articolo 5 reca la clausola di copertura finanziaria relativa all'aumento del periodo di trattenimento nei CIE (da 6 a 18 mesi).

Roberto ZACCARIA (PD), nel riservarsi di intervenire nel merito del provvedimento in un'altra seduta, rileva la mancanza dell'analisi di impatto della regolamentazione, che dovrebbe invece corredare il disegno di legge in esame. Prende atto che il Governo ha chiesto l'esenzione dall'obbligo di allegare l'analisi, ma ritiene che alcuni dati siano indispensabili per l'istruttoria del provvedimento e invita il Governo a fornirli. Innanzitutto, considerato che il decreto eleva a 18 mesi il tempo massimo di trattenimento degli stranieri nei centri di identificazione ed espulsione, facendone un termine ordinario, mentre nelle direttive comunitarie è un termine eccezionale, è necessario per la Commissione conoscere i dati relativi alla permanenza degli stranieri in tali centri e in particolare ai tempi medi e complessivi di questa permanenza.
Analogamente, reputa importante, ai fini della discussione, conoscere i dati relativi al numero di stranieri condannati o imputati del reato di ingresso e soggiorno clandestino nel territorio nazionale e di quelli che hanno trasgredito all'ordine di allontanamento. Servono, ancora, i dati relativi al numero delle espulsioni e degli allontanamenti negli ultimi anni.
Rilevato infine che alcune disposizioni contenute nel decreto in esame non sono attuative di disposizioni contenute nelle direttive comunitarie né recepiscono i rilievi formulati dalla istituzioni comunitarie sul decreto legislativo n. 30 del 2007, osserva che tali disposizioni andranno esaminate con particolare attenzione.

Il sottosegretario Sonia VIALE si riserva di fornire i dati richiesti dal deputato Zaccaria nella prossima settimana. Quanto ai contenuti del decreto, fa presente che il Governo ha mantenuto con la Commissione europea un'interlocuzione costante al fine di verificare la corrispondenza delle norme del decreto alla disciplina europea.

Matteo BRAGANTINI (LNP) sottolinea che il decreto-legge in esame attua principalmente disposizioni recate nelle direttive comunitarie e che in ogni caso nulla impedisce che nel decreto siano incluse norme che il legislatore italiano ritiene necessarie a regolare la materia anche in assenza di una indicazione comunitaria. Quanto all'elevazione a 18 mesi del tempo massimo di trattenimento degli stranieri nei centri di identificazione ed espulsione, osserva che non si vede perché la legge dovrebbe prevedere un tempo massimo inferiore a quello consentito dalle direttive, fermo restando che l'auspicio comune è che, all'atto pratico, non sia necessario trattenere uno straniero per un tempo così lungo, anche perché questo rappresenta un costo per la collettività.

Pierluigi MANTINI (UdCpTP) dichiara che il suo gruppo condivide la richiesta del deputato Zaccaria, che non è dilatoria, ma giustificata dalla complessità e delicatezza del decreto-legge. Chiede inoltre che la relatrice indichi chiaramente, nel prosieguo della discussione, quali norme sono attuative di direttive comunitarie e quali altre sono invece riconducibili all'autonoma iniziativa del Governo.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

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Norme per la tutela della minoranza linguistica ladina della regione Veneto.
C. 24 Zeller.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 21 giugno 2011.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Istituzione della giornata nazionale del Calendario gregoriano di cui è autore Luigi Lilio.
C. 3658 Lupi.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 23 giugno 2011.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.50.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Mercoledì 29 giugno 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Sonia Viale.

La seduta comincia alle 15.50.

Programma di lavoro della Commissione per il 2011.
(COM(2010)623 def.).

Programma di 18 mesi delle Presidenze polacca, danese e cipriota.
(11447/11).

Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2011.
(Doc. LXXXVII-bis, n. 1).

(Parere alla XIV Commissione).
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame congiunto dei provvedimenti, rinviato nella seduta del 23 giugno 2011.

Donato BRUNO, presidente, comunica che è stato assegnato alla Commissione, per le parti di propria competenza, il programma di 18 mesi delle Presidenze polacca, danese e cipriota.
In base alla procedura indicata dalla Giunta per il regolamento della Camera, il Programma del Consiglio viene esaminato congiuntamente con il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2011, presentato il 9 novembre 2010, e con la relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'UE per il 2011, trasmessa dal Governo alle Camere il 19 maggio 2011, per le quali la relatrice, onorevole Pastore, ha già svolto la relazione nella seduta del 23 giugno 2011.
Invita, pertanto, la relatrice ad integrare la propria relazione con riferimento al Programma di lavoro del Consiglio.

Maria Piera PASTORE (LNP), relatore, ricorda che il Programma delle attività del Consiglio dell'UE per i prossimi 18 mesi, dal 1o luglio 2011 al 31 dicembre 2012, è stato elaborato dal prossimo trio di Presidenze polacca, danese e cipriota e trasmesso dal Governo italiano alle Camere il 21 giugno 2011.
Il documento si articola in due parti: la prima contiene il quadro strategico dell'azione del Consiglio, inserito nella prospettiva degli obiettivi a più lungo termine che saranno perseguiti durante il successivo trio di Presidenze (Irlanda, Lituania e Grecia), che pertanto sono state opportunamente consultate su questa sezione. La seconda parte illustra il programma operativo, elencando le proposte e le altre iniziative che si prevede di trattare durante il periodo di 18 mesi. Conformemente

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al regolamento interno del Consiglio, questa parte è stata preparata in stretta cooperazione con la Commissione europea e con il Presidente del Consiglio europeo.
Il programma del Consiglio per il periodo 1o luglio 2011 - 31 dicembre 2012, presentato dalle Presidenze polacca, danese e cipriota condivide, per la parte relativa al secondo semestre 2011, gli obiettivi già indicati dal Programma legislativo della Commissione europea per l'anno in corso, sia in materia di immigrazione, asilo e gestione delle frontiere, sia per quanto riguarda la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata. Le tre Presidenze individuano altresì ulteriori priorità, relative all'anno 2012.
In particolare, per quanto riguarda la sicurezza interna il Consiglio prevede, secondo le indicazioni del Programma di Stoccolma per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia 2010-2014 e della Strategia di sicurezza interna dell'UE come definita nella comunicazione della commissione europea del novembre COM(2010)673, l'istituzione in stretta consultazione e collaborazione con il Parlamento europeo, del modello europeo di scambio delle informazioni (EIXM), sulla base di una apposita proposta della Commissione europea, che tenga conto della comunicazione sulla protezione dei dati presentata dalla Commissione stessa.
Si ricorda in proposito che il Consiglio giustizia e affari interni del 24-25 febbraio ha adottato conclusioni sulla comunicazione «Un approccio globale alla protezione dei dati personali nell'Unione europea», presentata dalla Commissione europea nel novembre 2010 (COM(2010)609): il Consiglio raccomanda che, in vista della presentazione di una proposta legislativa in materia, si valuti l'ipotesi di inserire disposizioni specifiche sulla protezione dei dati nel settore della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale.
Relativamente alla lotta alla criminalità, carattere prioritario è attribuito alla lotta alla tratta degli esseri umani, in relazione alla Strategia globale in materia che la Commissione ha previsto di presentare nel piano d'azione per l'attuazione del programma di Stoccolma 2010-2014 (COM(2010)171) e agli Orientamenti per i servizi consolari e le guardie di frontiera ai fini della identificazione delle vittime della tratta la cui presentazione dovrebbe avere luogo nel corso del 2012. In proposito si ricorda che il 5 aprile 2011 è stata definitivamente approvata la direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI, che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 6 aprile 2013.
Il programma di 18 mesi del Consiglio elaborato dalle future Presidenze polacca, danese e cipriota considera la questione del miglioramento della regolamentazione come prioritaria.
Le tre Presidenze, in particolare, valuteranno se l'obiettivo di ridurre del 25 per cento entro il 2012 l'onere amministrativo derivante dalla legislazione dell'UE che grava sulle imprese europee è stato conseguito.
La Commissione ha adottato nel 2007 un programma d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi (COM(2007)23) volto, da una parte, ad operare, con l'aiuto degli Stati membri, una misurazione degli oneri amministrativi legati alla legislazione comunitaria, e l'elaborazione di iniziative per la riduzione dei medesimi; dall'altra, ad invitare gli Stati membri a misurare e ridurre gli oneri amministrativi imposti dalle legislazioni nazionali e regionali.
Il Consiglio europeo dell'8 e 9 marzo 2007 sottolineando l'importanza di ridurre gli oneri amministrativi al fine di stimolare l'economia europea, ha fissato l'obiettivo della riduzione del 25 per cento gli oneri amministrativi derivanti dalla legislazione UE entro il 2012.
Le Presidenze riserveranno inoltre particolare attenzione alle valutazioni d'impatto nel processo decisionale, in speciale modo attraverso l'attuazione dell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio».
L'Accordo interistituzionale Legiferare meglio, stipulato tra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo nel 2003, contiene

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una serie di disposizioni volte a migliorare la qualità del processo legislativo dell'Ue e della legislazione europea.
Infine, le Presidenze si impegnano a dare particolare attenzione al tema della parità tra uomini e donne e alla lotta a tutte le forme di discriminazione. Sarà promossa l'integrazione di genere, anche nel contesto della strategia Europa 2020 che ha stabilito l'obiettivo di un tasso di occupazione del 75 per cento per le donne e gli uomini. L'impegno a portare avanti la parità di genere si ispirerà alla strategia della Commissione per la parità tra donne e uomini (2010-2015) e al Patto europeo per la parità di genere.
Le presidenze continueranno a lavorare alla proposta di direttiva del Consiglio recante applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale. Continuerà, inoltre, l'impegno per far progredire l'inclusione sociale e economica dei gruppi emarginati, in linea con gli impegni assunti dal Consiglio negli ultimi anni.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.55.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 29 giugno 2011. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 15.55.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno Hascemita di Giordania sulla cooperazione e sulla mutua assistenza in materia doganale, fatto a Roma il 5 novembre 2007.
C. 4373 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Alessandro NACCARATO (PD), relatore, considerato che il provvedimento interviene in una materia, quella della «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», che l'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e che, in generale, non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che modifica l'Accordo di partenariato tra i membri del gruppo ACP e la Comunità europea e i suoi stati membri, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, riveduto per la prima volta a Lussemburgo il 25 giugno 2005, con Atto finale e dichiarazioni allegate, aperto alla firma a Ouagadougou il 22 giugno 2010.
C. 4374 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Alessandro NACCARATO (PD), relatore, considerato che il provvedimento interviene in una materia, quella della «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», che l'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e che, in generale, non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

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Disposizioni in materia di opposizione al decreto ingiuntivo.
C. 4305, approvata dalla 2a Commissione del Senato.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Isabella BERTOLINI, presidente e relatore, dopo aver brevemente illustrato il provvedimento in esame, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 3).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Legge comunitaria 2010.
Emendamenti C. 4059-A/R Governo, approvato dal Senato.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

Isabella BERTOLINI, presidente, in sostituzione del relatore, rileva che l'emendamento 21.300 della Commissione pone qualche problema di costituzionalità, sotto il profilo del rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117, limitatamente al terzo periodo del comma 7, che impone alle regioni di adottare una disciplina di promozione di attività di rilevanza turistica, dettagliatamente indicate, laddove il turismo è materia rientrante nella competenza legislativa residuale delle regioni ai sensi del quarto comma dell'articolo 117 della Costituzione. Propone pertanto di esprimere parere contrario sull'emendamento 21.300, limitatamente a tale parte, e parere di nulla osta sull'emendamento 25.500 del Governo (vedi allegato 4).

Pierluigi MANTINI (UdCpTP) e Alessandro NACCARATO (PD) concordano sulla proposta del presidente.

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

La seduta termina alle 16.05.