CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 14 giugno 2011
495.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
COMUNICATO
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COMITATO RISTRETTO

Martedì 14 giugno 2011.

Disposizioni per la promozione della piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva e riconoscimento della lingua dei segni italiana.
C. 4207 approvato, in un testo unificato, dalla 1a Commissione permanente del Senato, C. 286 Sereni, C. 351 De Poli, C. 941 D'Ippolito Vitale, C. 1088 Romano, C. 2342 Lorenzin, C. 2528 Rampelli, C. 2734 Carlucci e C. 3490 Miglioli.

Il Comitato ristretto si è riunito dalle 14.35 alle 15.45.

SEDE REFERENTE

Martedì 14 giugno 2011. - Presidenza del presidente Giuseppe PALUMBO. - Interviene il Ministro della salute Ferruccio Fazio.

La seduta comincia alle 15.45.

Delega al Governo per il riassetto della normativa in materia di sperimentazione clinica e per la riforma degli ordini delle professioni sanitarie, nonché disposizioni in materia sanitaria.
C. 4274 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta dell'8 giugno 2011.

Melania DE NICHILO RIZZOLI (PdL), relatore, intervenendo in sede di replica, ringrazia tutti i colleghi intervenuti per le osservazioni formulate e fa presente che cercherà di fornire i chiarimenti da loro richiesti.
In merito alle osservazioni formulate dall'onorevole Pedoto sull'articolo 1 del disegno di legge in esame, evidenzia che la previsione dello strumento legislativo della

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delega è da ricondursi alla specificità tecnica della materia trattata in relazione ai singoli aspetti della sperimentazione clinica, già di per sé particolarmente complessa. Ciò non pregiudica il confronto parlamentare, in quanto il decreto legislativo di attuazione della delega sarà comunque oggetto di ampio esame da parte delle competenti Commissioni parlamentari. Inoltre, da un punto di vista tecnico-giuridico, è necessario mantenere la coerenza delle fonti normative, tenuto conto che la materia della sperimentazione clinica è attualmente disciplinata dal decreto legislativo n. 211 del 2003.
In risposta alla richiesta di chiarimenti in merito alla possibilità di prevedere modalità semplificate per gli studi multicentrici, conferma, poi, che con il decreto legislativo sarà modificata la procedura attuale che vede l'espressione del parere unico e la sua accettazione o rifiuto da parte di tutti gli altri comitati etici coinvolti negli studi multicentrici. Infatti, come avviene in tutti i Paesi europei, ci sarà l'espressione del parere unico da parte del comitato etico coordinatore, mentre gli altri comitati esprimeranno solo la valutazione di fattibilità locale e la congruità delle informazioni fornite ai soggetti coinvolti nella sperimentazione. Inoltre, tutta la gestione della documentazione per l'avvio della sperimentazione clinica avverrà in modo esclusivamente telematico, semplificando così le procedure attuali e riducendo notevolmente l'attuale disomogeneità procedurale.
Per quanto concerne la richiesta sull'individuazione dei soggetti abilitati ad accedere alla banca dati di cui al comma 2, lettera f), dell'articolo 1, conferma che in sede di attuazione saranno delineati tutti i profili di accesso dei soggetti coinvolti nella banca dati sulle reazioni avverse e, in particolare, del promotore delle sperimentazioni, dell'autorità competente, dei comitati etici coinvolti e dei servizi di farmacovigilanza locali. Peraltro, il nuovo sistema interagirà obbligatoriamente con la banca dati europea Eudravigilance.
Ribadisce quindi, in merito all'articolo 2, che, per quanto riguarda la paventata eventualità che la norma possa creare tra i ricercatori una generazione di «prestanome», tale previsione ha esclusivamente la finalità di circoscrivere la percentuale del 10 per cento, già prevista dall'articolo 1, comma 814, della legge n. 296 del 2006, per progetti di ricerca presentati da giovani ricercatori di età inferiore ai quaranta anni, nell'ambito dei fondi destinati ai bandi per la ricerca finalizzata, fermo restando quanto già a suo tempo disciplinato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 luglio 2007, che ha individuato specificamente le modalità operative, le tipologie di ricerca, nonché i destinatari e i relativi requisiti di ammissione.
In merito, poi, alle preoccupazioni evidenziate anche dalla collega Miotto, sul problema del superamento della esclusività del rapporto dei direttori scientifici contenuto nell'articolo 3 del disegno di legge in esame e delle conseguenze da esso derivanti per eventuali conflitti d'interesse con il principio sancito per il Servizio sanitario nazionale, fa presente che le stesse non appaiono condivisibili perché l'esclusività prevista dalla vigente normativa di settore impedisce lo svolgimento delle attività strettamente correlate all'attività scientifica. Infatti, l'attività di ricerca scientifica per sua natura implica la necessità di avere rapporti con enti, istituzioni e altri soggetti e non può essere statica e scollegata dall'evoluzione nel mondo scientifico. Com'è noto, l'attività di ricerca degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) è di tipo traslazionale, ovvero ha un impatto immediato sull'attività clinico-assistenziale che ad oggi è fortemente ridimensionata dal regime di esclusività del direttore scientifico, che non gli consente di fatto esercitare alcuna attività medica o di dirigere un laboratorio di ricerca. Poiché lo svolgimento dell'attività di direzione scientifica negli IRCCS di diritto pubblico, con i limiti imposti dall'attuale principio di

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esclusività, non costituisce un'attrattiva per quelle figure professionali più promettenti nel campo scientifico e assistenziale, ne consegue che tale incarico può essere ambito solo dal personale in quiescenza. Al fine di superare le suddette criticità, viene prevista la realizzazione di una bozza di contratto, da approvare in sede di Conferenza Stato-regioni, che disciplini organicamente tutti i rapporti lavorativi diversi dalla direzione scientifica, e ciò al fine di proporre agli IRCCS di diritto pubblico uno schema condiviso. Aggiunge che la norma, sul presupposto delle motivazioni evidenziate nella relazione illustrativa, prevede come possibilità rimessa al singolo istituto di determinare l'esclusività o meno del rapporto del direttore scientifico, riferito alle prestazioni connesse specificamente alla ricerca, che avviene comunque, nel caso di non esclusività, nel rispetto dell'ordinamento giuridico dell'amministrazione di appartenenza, al fine di scongiurare eventuali conflitti di interesse. Fa presente, altresì, che la nomina di direttore scientifico, figura prevista esclusivamente per gli IRCCS, è effettuata dal Ministro della salute, sentito il Presidente della regione, sulla base di una selezione rigorosa delle comprovate capacità scientifiche in possesso degli aspiranti a tale nomina, che va ulteriormente a delimitare la scelta del soggetto cui affidare il predetto incarico; a tale riguardo, ricorda il decreto del Presidente della Repubblica 26 febbraio 2007, n. 42, con cui sono state determinate le modalità e gli specifici criteri di selezione, previo apposito bando, per individuare il soggetto in possesso di tutti i requisiti richiesti.
Riferendosi all'articolo 6, rileva poi, quanto alla necessità genericamente evidenziata di affrontare in questa sede la questione dei biologi, che la problematica va probabilmente ricondotta alla riflessione attualmente in atto sul possibile passaggio della vigilanza dal Ministero della giustizia al Ministero della salute, con conseguente inquadramento tra le professioni sanitarie. Al momento, la questione non è ancora di facile soluzione, essendoci divergenze tra l'ordine nazionale dei biologi e il sindacato di categoria; pertanto, ritiene che tale questione non possa essere affrontata con il disegno di legge in esame.
Per quanto riguarda l'articolo 10, osserva che l'attendibilità dei risultati diagnostici e la qualità delle nuove prestazioni rese dalle farmacie territoriali nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, in virtù delle previsioni recate dal decreto legislativo n. 153 del 2009, trovano piena conferma già nei primi due decreti attuativi in ordine ai quali la Conferenza Stato-regioni ha espresso il proprio parere favorevole. In particolare, si tratta del decreto 16 dicembre 2010, che disciplina i limiti e le condizioni delle prestazioni analitiche di prima istanza, rientranti nell'ambito dell'autocontrollo, e le indicazioni tecniche relative ai dispositivi strumentali che possono essere utilizzati anche mediante il supporto di un operatore sanitario; nonché del decreto del 16 dicembre 2010, che regolamenta l'attività degli operatori sanitari in farmacia e al domicilio del paziente, che devono essere effettuate esclusivamente da infermieri e fisioterapisti in possesso di titolo abilitante. Viene, inoltre, rimessa in capo al titolare della farmacia la responsabilità del possesso dei requisiti richiesti.
Fa presente, infine, che, all'articolo 14, non si ravvisa alcuna interferenza nella capacità decisionale delle regioni, posto che i servizi trasfusionali rientrano nella potestà programmatoria e organizzatoria affidata alle regioni.
Facendo riferimento alle osservazioni dell'onorevole Miotto, rileva altresì, in merito al richiamo alle osservazioni sollevate dalla Conferenza Stato-regioni, che quasi tutte le condizioni sono state accolte e recepite nell'articolato del disegno di legge in esame. Le uniche eccezioni sono riferite, rispettivamente: all'articolo recante integrazioni al decreto legislativo 153 del 2009, sui nuovi servizi erogati dalle farmacie, tenuto conto sia delle motivazioni sopra evidenziate sulla garanzia della qualità delle prestazioni erogate, sia del fatto che, con le lievi modifiche apportate al

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predetto decreto legislativo n. 153 del 2009, in ogni caso i nuovi servizi erogati non comportano oneri aggiuntivi, rientrando nell'ambito delle previsioni di invarianza della spesa di cui allo stesso decreto legislativo; all'articolo recante disposizioni relative all'istituto «Lazzaro Spallanzani», in merito al quale le regioni avevano richiesto una estensione delle stesse anche all'istituto «Sacco» di Milano. Tale richiesta non è stata accolta già in sede di riunione tecnica con le regioni, laddove sono state evidenziate le motivazioni per cui la norma va riferita solo all'istituto «Spallanzani», quale struttura già caratterizzata da un più elevato livello tecnologico per le emergenze epidemiologiche. Pertanto, su tali questioni si ritiene che, allo stato, nessuna riserva debba essere sciolta, salvo poi valutare eventuali proposte presentate successivamente in fase emendativa.
Per quanto riguarda l'articolo 7 del disegno di legge in esame, non condivide il suggerimento di stralciare l'articolo in questione, tenuto conto che esso, in attesa di una disciplina organica in materia di rischio clinico, costituisce un'esplicitazione di attività istituzionalmente demandate alle strutture sanitarie, definendo gli ambiti di intervento nella gestione degli eventi avversi, al fine di uniformare i livelli di sicurezza in ambito nazionale. La disciplina più organica dell'intera materia è, comunque, rimessa alle iniziative parlamentari all'esame del Senato e, in particolare, al disegno di legge n. 6, abbinato ai disegni di legge n. 50, n. 352, n. 1067 e n. 1183, quest'ultimo dedicato alla sicurezza delle cure e gestione del rischio clinico. Tuttavia, tenuto conto dell'andamento dei lavori di tali disegni di legge, il cui ultimo esame presso la 12«sup»a«reset» Commissione del Senato risale al luglio del 2009, la norma dell'articolo 7 costituisce un opportuno e immediato intervento, peraltro apprezzato anche dalle stesse regioni, per aumentare il grado di sicurezza e di tutela in tale materia.
Quanto all'articolo 10, osserva che esso interviene sul decreto legislativo n. 153 del 2009, emanato in attuazione della delega conferita con l'articolo 11 della legge n. 69 del 2009, che ha previsto nuovi servizi e compiti erogati esclusivamente dalle farmacie pubbliche e private operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale. Pertanto, un'estensione delle suddette previsioni anche alle cosiddette parafarmacie, oltre ad essere contraria alle previsioni di delega, non può concretamente applicarsi a tale fattispecie, non ravvisandosi nell'ordinamento giuridico una sua compiuta disciplina.
Infine, per quanto concerne l'osservazione sul coordinamento del disegno di legge in esame con gli altri provvedimenti attualmente all'esame del Senato, come quelli in materia di registro delle protesi mammarie, medicinali per uso umano ed esercizio dell'attività farmaceutica e professioni sanitarie, evidenzia quanto segue. Relativamente al provvedimento concernente le protesi mammarie, segnala il differente approccio al problema del disegno di legge n. 2515 del Senato, rispetto a quello dell'articolo 13 del provvedimento in esame. Infatti, il problema che si affronta nel disegno di legge n. 2515 è l'istituzione di registri nazionali e regionali relativi a impianti protesici mammari, ponendo il divieto di applicazione dell'impianto a soli fini estetici su soggetti che non abbiano compiuto la maggiore età, ritenuto necessario a fronte della diffusione di quello che è divenuto un fenomeno sociale tra le ragazze. Si vuole tutelare la donna dall'abusivismo, dare sicurezza sulla tracciabilità dell'impiego protesico; inoltre, si pone l'accento sugli obblighi informativi prima di ogni intervento chirurgico, con precise regole di trasparenza, controlli e garanzia. L'articolo 13 del provvedimento all'esame ha, invece, una logica diversa, in quanto intende rispondere all'esigenza di acquisire in modo sistematico, tramite i registri di rilevante interesse sanitario, dati anagrafici e sanitari per conoscere i rischi per la salute e di consentire una programmazione nazionale e regionale degli interventi sanitari volti a tutelare la collettività dai medesimi rischi. Esso ha lo scopo di uniformare i registri realizzati nelle diverse

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realtà aziendali e ospedaliere. In altri termini, l'articolo 13 rappresenta anche uno strumento di contenimento della spesa.
In merito ai disegni di legge n. 863 e abbinati, di riordino del settore farmaceutico, in corso d'esame al Senato, evidenzia che lo stesso cerca di dare una risposta alle aspettative di una regolamentazione di stampo universalistico dinanzi all'attuale frammentarietà delle legislazioni regionali che sono intervenute in materia. In altre parole, un segnale di efficace risposta alle esigenze sanitarie del territorio. I provvedimenti che sono stati di recente emanati in attuazione dell'articolo 11 della legge n. 69 del 2009 riguardano, invece, i servizi erogati dalle farmacie pubbliche e private nell'ambito del Servizio sanitario nazionale. Appare, quindi, evidente la differenza tra i due tipi di approccio: l'uno di carattere prettamente regolatorio, finalizzato alla dispensazione dei farmaci e diretto alle strutture generali di vendita; l'altro diretto a semplificare l'approccio dell'utenza a certi servizi delle aziende sanitarie.
Quanto, poi, alle professioni sanitarie, la delega prevista all'articolo 6 del disegno di legge in esame è motivata dalla necessità di aggiornare la normativa sugli ordini professionali, risalente al 1946, mentre il disegno di legge n. 1142, attualmente ancora all'esame della 12a Commissione del Senato, prevede l'istituzione degli ordini delle professioni sanitarie che ne sono ancora sprovviste, nonché la trasformazione in ordini dei collegi professionali degli infermieri, delle ostetriche e dei tecnici di radiologia. Pertanto, l'articolo 6 integra il predetto disegno di legge, dotando tutte le professioni sanitarie di strutture ordinistiche rispondenti a criteri più moderni è più vicini alle esigenze dell'utenza.
In merito alle osservazioni formulate dall'onorevole Laura Molteni, rileva, con riferimento al comma 2, lettera b), dell'articolo 1, che la previsione è, comunque, garantista nei confronti dell'autonomia regionale, anche per l'ipotesi dell'individuazione dei comitati etici a livello nazionale; infatti, in fase di attuazione della delega, sarà quanto mai opportuno e necessario un coinvolgimento delle regioni, tenuto conto anche dei dati in possesso dell'AIFA sull'operatività dei comitati negli ultimi tre anni. Quanto all'osservazione sulla relazione illustrativa, nella quale sarebbe ancora presente un riferimento al numero complessivo di comitati da confermare a livello nazionale, essa non appare fondata, in quanto nella relazione non si ravvisa tale riferimento.
Per quel che riguarda il comma 2, lettera h), è stato evidenziato dalla collega Molteni che, sul punto, non è stata recepita la condizione formulata dalla Conferenza Stato-regioni, che imponeva di prevedere come necessario l'intervento del direttore generale. Si chiedeva, inoltre, di rivedere il punto 1) della lettera h), prevedendo che il legislatore statale si limiti a fissare i principi per l'individuazione e la definizione del ruolo dell'autorità competente sul rilascio dell'autorizzazione centrale, mentre i profili di dettaglio relativi alla procedura dovrebbero comunque essere lasciati alle regioni. In proposito, rileva che proprio in sede di riunione tecnica in Conferenza Stato-regioni il Governo aveva proposto l'attuale formulazione, specificando che il ruolo dell'autorità centrale è ai fini del rilascio dell'autorizzazione centrale, lasciando impregiudicata, in fase di attuazione della delega, la competenza del direttore generale della struttura sanitaria coinvolta nello studio; su tale previsione le regioni hanno quindi prestato il loro consenso.
Nell'ambito del comma 2, lettera o), che prevede un riordino dell'apparato sanzionatorio in materia, la collega Molteni ha dichiarato di ritenere eccessiva la previsione del punto 2), che introduce una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma di denaro fino a 100.000 euro per le violazioni non punite con sanzione penale. Al contrario, ritiene preferibile la soluzione proposta dal punto 4) - che prevede la sospensione dell'attività dei comitati etici che non rispettano le procedure ed i termini previsti dalla legge - posto che

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dall'attuazione del punto 2) possono derivare problemi sul piano amministrativo. In merito, in via preliminare, osserva che il punto 2) non è stato oggetto di osservazioni da parte delle regioni, mentre sul successivo punto 4) si è convenuto di individuare una diversa formulazione più attenuata, che è poi quella attuale. Sul punto 2), comunque, rappresenta la disponibilità a migliorarlo o attenuarlo, al pari del punto 4).
In relazione al comma 3 dell'articolo 3, ribadisce la necessità di attenuare l'attuale regime di esclusività previsto per i direttori scientifici degli IRCCS pubblici, al fine di favorire una migliore collaborazione e conseguente integrazione con soggetti esterni appartenenti al mondo della ricerca. In considerazione della diversa disciplina attualmente in vigore, il direttore scientifico di un IRCCS privato può essere responsabile, e in molti casi lo è, o di un reparto o di un laboratorio di ricerca. Al contrario, stante l'attuale limitazione, il direttore scientifico di un IRCCS pubblico non può essere responsabile di un reparto di assistenza né di un laboratorio di ricerca. È evidente che, mentre nel primo caso gli aspiranti candidati sono nel pieno della loro attività professionale, per converso non suscita il medesimo interesse l'incarico di direzione scientifica di una struttura pubblica atteso che, per ricoprire quest'ultimo incarico, il professionista è costretto ad abbandonare, per tre o cinque anni, la propria professione. Pertanto, tale prestigioso incarico, con le attuali limitazioni, rischia di perdere la sua naturale attrattiva nei confronti dei ricercatori più promettenti in campo scientifico-sanitario, rimanendo di interesse solo per coloro che si avviano a concludere la loro carriera professionale. La norma intende, quindi, rilanciare il ruolo del direttore scientifico pubblico, comunque privo di competenze gestionali e organizzatorie rispetto a quelle del direttore generale e del direttore amministrativo, che deve essere un'attrattiva verso l'istituzione, non intesa come fonte di facili guadagni per il professionista.
Al fine, comunque, di disciplinare la scelta della non esclusività, sarà prevista una bozza di contratto da condividere in sede di Conferenza Stato-regioni, la quale dovrà individuare in modo specifico le attività che, pur collegate all'incarico ricoperto, il direttore scientifico potrà svolgere al di fuori dell'ente di appartenenza.
In merito, poi all'osservazione sul personale dipendente degli IRCCS di diritto privato costituiti in fondazione, precisa che, contrariamente a quanto affermato dalla collega Molteni, la normativa proposta non riguarda i limiti di età per il collocamento a riposo. Attualmente, il personale di un IRCCS fondazione privata, che si trova in una situazione di eccellenza sia assistenziale sia di ricerca, qualora volesse partecipare ad un pubblico concorso, avrebbe i propri titoli di servizio decurtati del 75 per cento. La norma in questione non individua, per gli IRCCS, tutte le fattispecie civilistiche, ma esclusivamente quelle strutture in cui lo statuto di fondazione non preveda il profitto e persegua finalità di interesse pubblico. In realtà, tale proposta ha come scopo l'eliminazione della disparità di trattamento, attualmente esistente, tra i dipendenti degli IRCCS pubblici e quelli di diritto privato, che sono soggetti a un'iniqua riduzione dell'anzianità di servizio prevista dall'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 761 del 1979. La previsione consentirebbe, pertanto, a istituti di eccellenza, quali sono gli IRCCS privati costituiti in fondazione, di dar loro il dovuto riconoscimento, nelle ipotesi di mobilità verso il Servizio sanitario nazionale, nei confronti delle tradizionali strutture sanitarie pubbliche, sempre che adottino procedure pubblicistiche per l'assunzione del personale a far data dell'entrata in vigore della legge.
L'onorevole Laura Molteni ha espresso, inoltre, assoluta perplessità nei confronti della norma che destina una quota di 45 milioni di euro all'Istituto nazionale per le malattie infettive «Spallanzani», per il completamento del progetto, intrapreso nel 2003, di potenziamento delle strutture ricettive e assistenziali finalizzate all'isolamento delle malattie infettive e alla gestione delle situazioni di emergenza biologica

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a livello nazionale. A tal proposito, evidenzia che la quota di 45 milioni di euro, per il completamento dell'unità ad alto isolamento, è strettamente connessa alle finalità insite nella completa realizzazione del progetto per le malattie infettive e bioterrorismo, che, per motivi economici, non è stato ancora portato a compimento e comunque, considerata la rilevanza sociale e scientifica, deve essere senza alcun dubbio perseguito fino alla completa definizione, in quanto l'istituto Spallanzani costituisce, tra l'altro, il centro di riferimento nazionale in materia. Precisa, altresì, che sono state investite ingenti somme per la costruzione della suddetta unità, che la struttura è già stata collaudata e consegnata e, infine, che l'OMS ha individuato in essa uno dei poli più qualificati della rete mondiale. Inoltre, attualmente è la sola in grado di soddisfare eventuali emergenze in questo settore. Pertanto, al fine di non disperdere le risorse già impiegate e ritenendo non necessaria la presenza di due strutture di questo tipo sul territorio nazionale, ritiene doveroso insistere affinché il finanziamento previsto sia confermato nella misura richiesta, al fine di completare l'unità e consentirle di conseguire la piena capacità operativa.
Dichiara, quindi, di non condividere l'osservazione della collega Molteni, secondo cui sarebbe preferibile trattare la materia di cui all'articolo 7, in maniera più completa ed esaustiva, nell'ambito del disegno di legge sul governo delle attività cliniche, che ha un diverso ambito di intervento; infatti, in attesa di una disciplina organica in materia di rischio clinico, la norma in esame costituisce un'esplicitazione di attività istituzionalmente demandate alle strutture sanitarie, definendo gli ambiti di intervento nella gestione degli eventi avversi, al fine di uniformare i livelli di sicurezza in ambito nazionale. La disciplina più organica dell'intera materia è comunque rimessa alle iniziative parlamentari attualmente all'esame del Senato, già ricordate in precedenza.
Quanto all'articolo 9, precisa che, contrariamente a quanto evidenziato dalla collega Molteni, è stata accolta la richiesta delle regioni di eliminare la iniziale previsione della deroga al requisito della specializzazione anche per l'accesso alla direzione di struttura complessa; infatti, la norma attuale si riferisce solo ai concorsi per l'accesso al profilo dirigenziale del Servizio sanitario nazionale, essendo stato eliminato il precedente punto 7-ter. Pertanto, per la direzione di struttura complessa vige sempre l'attuale previsione del requisito della specializzazione ovvero di dieci anni di anzianità di servizio.
Con riguardo all'articolo 11, in merito alle perplessità espresse sulla proposta rimozione dell'incompatibilità, prevista dalla normativa vigente, ritiene che tale norma, prevedendo la possibilità per tutti i professionisti sanitari di esercitare presso le farmacie, con esclusione dei professionisti abilitati alla prescrizione di medicinali, sia in linea con la possibilità che oggi ha il farmacista di fornire consigli per l'automedicazione. Inoltre, la proposta di norma permetterebbe di offrire al cittadino una pluralità di servizi in un unico presidio sanitario diffusamente presente sul territorio.
Per quanto concerne i chiarimenti richiesti sull'articolo 12, che viene ritenuto carente sotto alcuni profili di disciplina del fascicolo sanitario elettronico, precisa che il comma 3 dispone che il fascicolo è alimentato in maniera continuativa dai soggetti che prendono in cura l'assistito nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e dei servizi socio-sanitari regionali. Tra tali soggetti rientrano, quindi, anche le strutture private accreditate, in quanto enti che erogano prestazioni sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale. Quanto ai relativi oneri, la loro regolamentazione rientra nell'autonomia organizzativa regionale, atteso che il fascicolo sanitario elettronico è istituito dalle regioni e dalle province autonome. A tal riguardo, la digitalizzazione dei servizi resi dalle predette strutture potrebbe essere considerata eventualmente quale requisito per l'accreditamento delle stesse.

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Per quanto concerne i costi di attivazione del fascicolo, fa presente che la previsione contenuta nel comma 8, in base alla quale dall'attuazione delle disposizioni non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, scaturisce dalla constatazione che allo stato attuale soluzioni di fascicolo sanitario elettronico sono già state realizzate o sono in fase di realizzazione in gran parte delle regioni e province autonome, anche grazie a progetti finanziati e coordinati a livello nazionale, interregionale ed europeo. Le infrastrutture sono in larga parte già disponibili nell'ambito del sistema pubblico di connettività e, con l'articolo in esame, si consente, anche attraverso l'utilizzazione di tali infrastrutture e, quindi, senza necessità di ulteriori investimenti, di utilizzare i dati disponibili nel fascicolo, oltre che per le finalità di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione - ad oggi le uniche ad essere consentite in base alla normativa vigente - anche per scopi di studio e ricerca scientifica in campo medico, biomedico ed epidemiologico, nonché di impiegare tali informazioni per le finalità di programmazione, gestione, controllo e valutazione dell'assistenza sanitaria, ad oggi non consentite né alle regioni né al Ministero della salute. L'utilizzo dei dati del fascicolo, nel pieno rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali, per le finalità indicate, potrà concorrere inoltre alla riduzione dei costi e al contenimento della spesa sanitaria, nell'ottica generale di un miglioramento della qualità e dell'appropriatezza dei servizi erogati, sia per i cittadini sia per gli operatori sanitari.
Ritiene, inoltre, che le risorse disponibili a legislazione vigente siano più che sufficienti a coprire i costi stimati per la realizzazione del fascicolo sanitario elettronico. Ritiene utile far presente, altresì, che il parere reso dalla Conferenza Stato-regioni in data 28 ottobre 2010 non reca alcuna osservazione in merito alle disposizioni contenute nell'articolo 12 e che sulle stesse quindi vi è stata piena condivisione da parte dalle regioni.
Quanto alle perplessità evidenziate sul piano procedurale, in base alle quali le disposizioni dettate dall'articolo 13 non terrebbero conto del fatto che lo Stato non dispone in materia di potestà regolamentare, non essendo pertanto possibile provvedere con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, come previsto al comma 2, fa presente quanto segue: innanzitutto, la previsione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, secondo una formulazione concordata anche con il Garante della privacy, non ha natura regolamentare, ma si riferisce solo alla istituzione dei sistemi di sorveglianza e dei registri, ferma restando la possibilità per le regioni di istituire con legge regionale altri registri, mentre con il comma 4 viene demandata a un regolamento da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, secondo una precisa procedura che vede coinvolti sia il Garante sia le regioni, l'individuazione dei soggetti che possono avere accesso ai registri, ai dati, nonché le misure per la custodia e la sicurezza dei dati medesimi. Al riguardo, aggiunge che il parere reso dalla Conferenza Stato-regioni in data 28 ottobre 2010 non reca alcuna osservazione in merito alle disposizioni contenute nell'articolo 13 e che sulle stesse quindi vi è stata piena condivisione da parte dalle regioni, che da tempo attendono tale norma.
Rivolta al collega Palagiano, conferma, per quel che concerne l'osservazione sull'articolo 1, che già nella normativa vigente sono previsti i requisiti minimi per i centri pubblici e privati che intendano avviare l'attività di sperimentazione clinica e comunque, in ogni caso, ciò sarà ridisciplinato anche dal futuro decreto legislativo; in merito, poi, alle preoccupazioni evidenziate circa l'istituzione del portale per il cittadino, esse non appaiono rilevanti, in quanto il portale esiste già e viene soltanto legittimato con la previsione in esame. L'accesso al portale viene esclusivamente consentito relativamente ad informazioni sulle tipologie degli studi condotti, mentre nel merito si rinvia al normale rapporto medico-paziente; tutto ciò in linea con il

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processo di trasparenza già previsto a livello europeo. Conferma, inoltre, che per il fascicolo sanitario elettronico si tiene conto delle soluzioni già realizzate anche a livello europeo.
In merito all'osservazione dell'onorevole D'Incecco sul ricorso al meccanismo della delega legislativa, reputa esaustive le motivazioni formulate dal presidente Palumbo, mentre, per quanto riguarda l'articolo 10, in merito alla richiesta di prevedere che i servizi aggiuntivi erogati dalle farmacie siano estesi anche alle parafarmacie, ribadisce che la norma interviene, apportando solo una mera modifica di carattere formale e di coordinamento con le previsioni di cui agli altri punti del decreto legislativo 153 del 2009, emanato in attuazione della delega conferita con l'articolo 11 della legge n. 69 del 2009, che ha previsto nuovi servizi e compiti erogati esclusivamente dalle farmacie pubbliche e private, operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale. Pertanto, un'estensione delle suddette previsioni anche alle cosiddette parafarmacie, oltre a ritenersi contraria alle previsioni di delega, non può concretamente applicarsi a tale fattispecie, non ravvisandosi nell'ordinamento giuridico una sua compiuta disciplina. Infatti, il legislatore non ha mai definito, codificato o riconosciuto l'esercizio delle parafarmacie, né d'altra parte le modifiche apportate con il cosiddetto «decreto-legge Bersani» sono andate in tal senso. Comunque, quello che rileva è che, in considerazione della particolarità del settore della distribuzione del farmaco, essa deve avvenire in ogni caso con modalità che non siano pregiudizievoli della fondamentale esigenza della tutela della salute e, in ogni caso, sia caratterizzato da qualità ed efficienza rispetto alle mere finalità commerciali. Quanto, infine, alle osservazioni sollevate in sede di Conferenza Stato-regioni, ritiene che quasi tutte siano state accolte e, comunque, si dichiara disponibile a valutare eventuali proposte emendative.
Rivolta, infine, all'onorevole Binetti, dichiara di non condividere l'osservazione sul coordinamento del disegno di legge in esame, relativamente agli articoli 6 e 7, sia con quello sul governo delle attività cliniche per il diverso ambito di intervento, sia con gli altri attualmente all'esame del Senato, per le motivazioni già evidenziate in riferimento all'articolo 7; analoghe considerazioni valgono per la delega prevista all'articolo 6, che è motivata dalla necessità di aggiornare la normativa sugli ordini professionali risalente al 1946, mentre il disegno di legge n. 1142, attualmente ancora all'esame della 12a Commissione del Senato, prevede l'istituzione degli ordini delle professioni sanitarie che ne sono ancora sprovviste, nonché la trasformazione in ordini dei collegi professionali degli infermieri, delle ostetriche e dei tecnici di radiologia. Quanto al rilievo mosso alla previsione di cui all'articolo 10, fa presente che la presenza del fisioterapista in farmacia è già contemplata dall'articolo 1, comma 2, lettera a), punto 4), del decreto legislativo n. 153 del 2009. La proposta contenuta nell'articolo 9 del disegno di legge n. 4274 funge, invece, solo da coordinamento con gli altri punti dello stesso articolo, colmando alcune lacune del predetto decreto legislativo, che negli articoli di cui si propone l'integrazione menziona solo la figura dell'infermiere e non anche quella del fisioterapista.

Antonio PALAGIANO (IdV), intervenendo per una precisazione, invita il relatore e il Governo ad approfondire ulteriormente la questione del portale per l'accesso ai dati degli studi di Fase 1 e 2, già segnalata nel corso dell'esame preliminare.

Giovanni Mario Salvino BURTONE (PD), intervenendo a sua volta per una precisazione, segnala il rischio di un possibile contrasto tra le norme in materia di sperimentazione clinica contenute nel disegno di legge in esame e quelle recate dal disegno di legge comunitaria in corso d'esame.

Laura MOLTENI (LNP), intervenendo per una breve precisazione, invita il Governo

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a tener conto di quanto segnalato, a nome del suo gruppo, nel corso dell'esame preliminare.

Il ministro Ferruccio FAZIO, alla luce della esaustiva replica del relatore, intende limitarsi a brevi considerazioni sui punti più rilevanti del provvedimento in esame, di cui desidera innanzitutto sottolineare il carattere prevalentemente tecnico, in virtù del quale auspica che sullo stesso possa realizzarsi un'ampia convergenza dei gruppi di maggioranza e di opposizione. Precisa, quindi, che sarà cura del Governo approfondire gli eventuali problemi di coordinamento con il disegno di legge comunitaria, nella massima disponibilità a recepire eventuali emendamenti in tal senso. Il Governo è, altresì, disponibile a collaborare con le rispettive presidenze al fine di risolvere le possibili sovrapposizioni tra le norme contenute nel provvedimento all'esame della Commissione e quelle recate dai disegni di legge in corso d'esame presso la 12a Commissione permanente del Senato, con particolare riguardo agli articoli 7 e 13. Osserva, quindi, che il portale cui ha fatto riferimento l'onorevole Palagiano è già in funzione ed è gestito in modo da evitare i rischi da lui segnalati, garantendo, al tempo stesso, quella trasparenza cui lo stesso gruppo dell'Italia dei Valori ha mostrato di tenere particolarmente. Per quanto riguarda, poi, il problema del rispetto delle competenze regionali, con particolare riguardo al tema dei comitati etici, ricorda il parere favorevole della Conferenza Stato-regioni e sottolinea che tali profili saranno, comunque, oggetto di ulteriore valutazione da parte della I Commissione e della Commissione parlamentare per le questioni regionali, nel prosieguo dell'esame. Con riferimento alle farmacie, rileva che il provvedimento in esame non assegna loro nuove funzioni, essendo volto semplicemente a meglio coordinare le funzioni esistenti. Nel caso delle parafarmacie, invece, non appare possibile procedere nello stesso senso, poiché si tratta di esercizi commerciali sprovvisti di qualsivoglia riconoscimento giuridico. Quanto, poi, ai direttori scientifici degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), è intenzione del Governo disciplinare rigorosamente la materia al fine di assicurare che la funzione di direzione di unità complesse non interferisca con quella di direzione di detti Istituti, superando tuttavia l'attuale incompatibilità, che finisce per favorire gli IRCCS privati e per riservare, di fatto, a medici in pensione la direzione di quelli pubblici. In materia di professioni sanitarie, precisa, quindi, che il provvedimento in esame non è volto all'istituzione di nuovi ordini, bensì ad adeguare il quadro sanzionatorio, consentendo, tra l'altro, l'irrogazione di sanzioni anche in pendenza di accertamenti giudiziari. Sul problema degli odontoiatri, di cui all'articolo 9, precisa che, ferma restando l'abolizione del requisito della specializzazione, sarà cura del Governo assicurare che l'accesso agli incarichi di direzione avvenga secondo tempi comparabili con quelli degli specializzati in altre discipline mediche. Infine, con riferimento all'istituto «Lazzaro Spallanzani» di Roma, di cui all'articolo 5, precisa che si tratta di una riserva delle risorse relative al programma di edilizia e tecnologie sanitarie di cui all'articolo 20, comma 1, della legge n. 67 del 1988, e non di risorse aggiuntive. Precisa, altresì, che tale struttura non appare pienamente assimilabile all'ospedale «Sacco» di Milano. Ringrazia, infine, il relatore e tutti i deputati intervenuti, ribadendo la volontà del Governo di favorire la più ampia condivisione del provvedimento in esame.

Giuseppe PALUMBO, presidente, precisa che prenderà contatti con il presidente della Commissione sanità del Senato, al fine di verificare le eventuali sovrapposizioni tra alcune norme del testo in esame, in particolare gli articoli 7 e 13, e il contenuto dei disegni di legge in corso di esame presso il Senato, vertenti su materie analoghe.
Propone, infine, di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 13 di giovedì 30 giugno 2011.

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La Commissione concorda.

Giuseppe PALUMBO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.30.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

COMITATO RISTRETTO

Modifiche alla legge n. 281/1991, in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo.
C. 1172 Santelli e Ceccacci Rubino, C. 1236 Mancuso, C. 1319 Tortoli, C. 1370 Alessandri, C. 2359 Anna Teresa Formisano, C. 586 Compagnon, C. 1565 Mancuso, C. 1589 Livia Turco e Viola, C. 2343 Farinone e C. 2405 Minardo.

ERRATA CORRIGE

Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari n. 491 dell'8 giugno 2011:
a pag. 460, prima colonna, trentanovesima riga, sostituire le parole: «in quanto i ritardi nel completamento del progetto sembrano confermare che forse l'istituto non ha», con le seguenti: «visti i ritardi nel completamento del progetto. Pone quindi la domanda se ad oggi l'istituto abbia»;
a pagina 463, prima colonna, trentottesima riga, sostituire le parole: «, opponendosi a ogni forma di liberalizzazione», con le seguenti: «attraverso un giudizio di idoneità sull'interessato, opponendosi alla liberalizzazione selvaggia».