CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 14 giugno 2011
495.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 14 giugno 2011. - Presidenza del vicepresidente Fulvio FOLLEGOT.

La seduta comincia alle 20.05

DL 70/11: Semestre europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia.
C. 4357 Governo.

(Parere alle Commissioni riunite V e VI).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole con osservazione).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato l'8 giugno 2011.

Fulvio FOLLEGOT, presidente, preliminarmente comunica che i gruppi in Commissione hanno ritenuto opportuno che il parere sia espresso sul testo originario del decreto-legge, ritenendo che non sussistano più i margini temporali per esaminare in maniera adeguata i numerosi emendamenti che, considerato il parere favorevole dei relatori e del Governo, dovrebbero essere approvati dalle Commissioni di merito nella seduta che ancora in corso di svolgimento. Tale margine di tempo risulta estremamente ridotto in quanto entro la medesima seduta le Commissioni di merito devono concludere l'esame del provvedimento, iscritto nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire dalla seduta di domani.

Maurizio SCELLI (PdL), relatore, illustra la propria proposta di parere riferita al testo originario del decreto-legge (vedi allegato).

Mario CAVALLARO (PD) annuncia, secondo quanto concordato con il rappresentante del proprio Gruppo, onorevole Ferranti, il voto contrario del PD alla proposta di parere appena presentata, ritenendo che il decreto-legge contenga una serie di disposizioni di competenza della Commissione Giustizia non condivisibili e delle quali non è fatto alcun riferimento nella proposta di parere. Tra queste ricorda, ad esempio, quelle in materia di contrattili appalti pubblici. Si sofferma, infine, sulle disposizioni relative all'amministrazione straordinaria, richiamando una nota dell'onorevole Ferranti.
Appare evidente che una forte accelerazione della chiusura delle procedure di ammissione straordinaria pendenti da

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molti anni sia opportuna, in considerazione dei loro elevatissimi e spesso inutili costi per i creditori e la collettività.
In linea teorica, pertanto, la ratio delle disposizioni in esame potrebbe essere condivisibile, ferma restando la necessità di una precisa stima dei loro effetti finanziari. Non sono invece condivisibili gli strumenti tecnici utilizzati e la formulazione normativa, che appare spesso imprecisa e fuorviante.
In particolare, l'articolo 8, comma 3, lettera a), prevede che i commissari liquidatori nominati a norma dell'articolo 1, comma 498, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nelle procedure di amministrazione straordinaria disciplinate dal decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, per le quali non risultino avviate le operazioni di chiusura, provvedono a pubblicare un invito per la ricerca di terzi assuntori di concordati da proporre ai creditori, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, secondo gli indirizzi impartiti dal Ministero dello sviluppo economico, dando preferenza alle proposte riguardanti tutte le società del gruppo poste in amministrazione straordinaria. La lettera b) dispone poi che in caso di mancata individuazione dell'assuntore, entro sei mesi dalla conclusione dei procedimenti di cui al comma che precede, il commissario liquidatore avvia la procedura di cui agli articoli 69 e ss. del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270.
Con riferimento alla lettera b) osserva la scarsa chiarezza circa l'individuazione del momento conclusivo dei procedimenti di cui alla lettera a) (ai quali la disposizione, correttamente, dovrebbe fare riferimento). Tale mancanza di chiarezza rischia di ingenerare gravi incertezze in ordine all'individuazione del momento iniziale di decorrenza del termine di sei mesi da essa previsto per l'avvio della procedura di conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento. Osserva, inoltre, come la conversione in fallimento delle procedure di amministrazione straordinaria per le quali non sia stata trovata una soluzione concordataria potrebbe essere - in più di un caso - del tutto inutile, gravando la giurisdizione ordinaria di procedure fallimentari, molte delle quali presumibilmente assai complesse e con un attivo evidentemente poco appetibile.
La lettera c) del comma in esame prevede, tra l'altro, una particolare disciplina in tema di cessione di azienda o ramo d'azienda nell'anno anteriore la dichiarazione di insolvenza. La relazione illustrativa precisa che la disposizione si riferisce all'ipotesi nella quale, entro l'anno successivo alla cessione di un'azienda o di un ramo d'azienda, sia la parte cedente che quella cessionaria siano divenute insolventi e perciò siano state ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria.
In tale ipotesi, la sottoposizione alla procedura concorsuale di entrambe le parti della cessione di azienda o di ramo d'azienda porta con sé anche la cristallizzazione degli effetti della cessione medesima, la cui rimozione resterebbe affidata esclusivamente ad un'eventuale pronuncia giudiziale di nullità, in contrasto con gli interessi pubblicistici alla conservazione dell'impresa propri della amministrazione straordinaria. Tale circostanza, da un lato, impedisce ai creditori post cessione (in primis i lavoratori) del ramo d'azienda ceduto di far valere le proprie ragioni di credito anche nei confronti della società cedente, dall'altro, compromette una eventuale ricollocazione dei rispettivi complessi aziendali attraverso lo sfruttamento di possibili sinergie tra i medesimi, in vista della migliore ricollocazione sul mercato anche in termini di salvaguardia dell'occupazione.
È vero che la ratio dell'intervento è la realizzazione di una maggiore tutela sia degli interessi dei creditori che della conservazione delle attività facenti capo ad entrambe le procedure mediante l'introduzione del principio della responsabilità solidale della cedente rispetto ai debiti maturati dalla cessionaria, a far data dalla cessione e fino alla dichiarazione di insolvenza, in un periodo di tempo comunque predeterminato (un anno).

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Tuttavia non comprende perché mai per la rimozione degli effetti della cessione sia necessaria una «pronunzia giudiziale di nullità», posto che la cessione ben potrebbe essere oggetto (quanto meno, anche) di una revocatoria, ordinaria o fallimentare; perché mai la ritenuta impossibilità di rimuovere gli effetti della cessione se non mediante quella «pronunzia giudiziale di nullità» sia in contrasto con gli interessi pubblicistici alla conservazione dell'impresa ed alla sua migliore riallocazione, anche perché, per formulare un siffatto giudizio, occorrerebbe prima stabilire quali siano gli assets d'impresa che possono e meritano di essere conservati e riallocati, sicché non può escludersi che la pretesa cristallizzazione degli effetti della cessione possa tornare addirittura utile; perché mai sia considerato un male che i creditori (postcessione) dell'impresa cessionaria non possano far valere le proprie ragioni nei confronti della cedente ed un bene il contrario.
In definitiva sembra che la previsione della responsabilità solidale dell'impresa cedente e poi dichiarata insolvente per i debiti assunti dalla cessionaria e poi anche dichiarata insolvente nell'anno successivo alla cessione sia un irragionevole regalo ai creditori (postcessione) della cessionaria a danno dei creditori della cedente.
Sempre la lettera c) del comma in esame, al n. 4), dispone in materia di compenso spettante al commissario giudiziale, al commissario straordinario ed ai membri del comitato di sorveglianza.
Due paiono le vere novità di questa previsione, delle quali non si fa cenno nella relazione governativa di accompagnamento: lo spostamento dal Ministro della giustizia al Ministero dello sviluppo economico della potestà regolamentare, da esercitarsi di concerto col Ministro dell'economia e delle finanze, in tema di compensi spettanti agli organi delle procedure di amministrazione straordinaria, in continuità con la recente tendenza del legislatore a diminuire il «peso» del Ministro della giustizia in favore dei cosiddetti Ministri economici; l'abrogazione del secondo comma dell'articolo 47 della legge Prodi bis, che poneva a carico dell'impresa sottoposta ad amministrazione straordinaria i compensi spettanti agli organi della procedura, che deve pertanto ora ritenersi vadano a gravare sul bilancio dello Stato. Il che è confermato dal n. 5 della lettera c) del comma in esame, che, intervenendo sull'articolo 56 della legge Prodi bis, prevede che il programma dell'amministrazione straordinaria indichi «i costi generali e specifici complessivamente stimati per l'attuazione della procedura, con esclusione del compenso dei commissari e del comitato di sorveglianza».
L'obiettivo è presumibilmente quello di incentivare eventuali soluzioni concordatarie con terzi assuntori, sollevati dall'onere di far fronte anche alle spese per i compensi degli organi della procedura, ma il conseguente aumento della spesa pubblica non risulta preventivato, mancando quindi la copertura finanziaria.
Peraltro, la scelta di porre i compensi degli organi delle procedure di amministrazione straordinaria può apparire dubbia anche quanto a coerenza sistematica e ad opportunità, se si considera, ad esempio, il diverso trattamento riservato ai curatori dei fallimenti; e potrebbe essere considerato un «aiuto di Stato» illegittimo perché in contrasto con le norme comunitarie e nazionali in tema di concorrenza tra imprese.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 20.15.