CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 7 giugno 2011
490.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 7 giugno 2011. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 14.05.

DL 70/2011: Semestre europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia.
C. 4357 Governo.

(Parere alle Commissioni V e VI).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Isidoro GOTTARDO (PdL), relatore, evidenzia che il decreto-legge in esame contiene le prime disposizioni urgenti per l'economia e si ricollega, nel suo titolo, alle procedure previste nell'ambito del c.d. «semestre europeo», elemento innovativo della governance europea, ispirato ad una sorta di sorveglianza, peer review e coordinamento multilaterale dei bilanci nazionali che trova questo anno per la prima volta attuazione.
Con riferimento ai profili di compatibilità con il diritto dell'Unione europea, segnala in primo luogo gli articoli 1 e 2 i quali prevedono, rispettivamente, un credito di imposta per la ricerca e un credito di imposta per l'assunzione di lavoratori svantaggiati nel Mezzogiorno. In proposito, ricorda che, ai sensi dell'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, gli aiuti concessi dagli Stati in favore di determinate produzioni o determinate imprese (cosiddetti «aiuti di Stato») sono dichiarati incompatibili con il mercato unico. In deroga al divieto generale lo stesso articolo 107 descrive alcune tipologie di aiuti dichiarate compatibili (quali aiuti a carattere sociale, ovvero in occasione di calamità naturali) nonché consente alla Commissione europea di dichiarare compatibili ulteriori categorie (aiuti allo sviluppo economico di

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aree in ritardo di sviluppo; aiuti alla realizzazione di un progetto di interesse europeo; aiuti alla cultura e alla tutela del patrimonio). Per tutti gli aiuti di Stato l'articolo 108 TFUE prevede un obbligo di notifica alla Commissione europea. Rispetto a questa valutazione caso per caso, il legislatore dell'Unione europea ha sviluppato alcune «deroghe in blocco» per determinate categorie di «aiuti orizzontali», a determinate condizioni ed in presenza di apposite procedure di controllo. In proposito si ricorda, da ultimo, il regolamento (CE) n. 800/2008, che, tra le altre cose, ha dichiarato compatibili con il mercato unico, gli aiuti a finalità regionale e gli aiuti alla ricerca, sviluppo e innovazione, fattispecie alle quali appaiono ricondursi le disposizioni in commento. Per tali aiuti, esenti quindi dall'obbligo di notifica «caso per caso» è comunque prevista la trasmissione da parte dello Stato membro di una sintesi informativa dell'aiuto entro venti giorni lavorativi dalla sua entrata in vigore (articolo 9), nonché la trasmissione di una relazione annuale (articolo 11). Le condizioni per la concessione di aiuti alla ricerca sono descritte dall'articolo 31 del predetto regolamento e prevedono, per la «ricerca fondamentale», a cui appare richiamarsi la fattispecie prevista dall'articolo 1, la possibilità di concedere aiuti fino al 100 per cento dei costi ammissibili. In tal senso, l'articolo 1 appare coerente con i limiti previsti dal regolamento. Le condizioni per la concessione di aiuti alle assunzioni sono invece previste dall'articolo 40 del regolamento, correttamente richiamato dall'articolo 2 del decreto (tra le quali si richiama un limite dell'intensità di aiuto fissata al 50 per cento dei costi sostenibili; anche in tal caso la misura del credito di imposta previsto dall'articolo 2 coincide con quella prevista dal regolamento).
In tal senso rileva quindi che gli aiuti previsti dagli articoli 1 e 2 del provvedimento, esenti dall'obbligo di notifica ad hoc prevista per gli aiuti di Stato, dovranno sottostare comunque alle procedure previste dal regolamento (CE), n. 800/2008 sopra richiamate. Al riguardo, segnala che si potrebbe valutare l'opportunità, unicamente ai fini di una migliore redazione del testo, di inserire un riferimento a tale regolamento anche all'articolo 1, in analogia a quanto previsto all'articolo 2, aggiungendo altresì il richiamo all'articolo 31 di tale regolamento, specificamente dedicato agli aiuti alla ricerca.
Il comma 9 dell'articolo 2 individua la copertura per la concessione del credito di imposta in «risorse comunitarie e nazionali» nell'ambito della politica di coesione europea. La previsione del consenso della Commissione europea per l'utilizzo di tali risorse appare coerente con le previsioni relative all'utilizzo del Fondo sociale europeo e del Fondo europeo di sviluppo regionale per il periodo 2007-2013 di cui al regolamento CE n. 1083/2006. In proposito, rileva che si potrebbe comunque valutare l'opportunità di prevedere, anche in considerazione del confronto già avviato con l'Unione europea su tale materia, uno specifico obbligo di informazione del Governo al riguardo nei confronti delle Commissioni competenti per materia e per i profili di compatibilità con il diritto dell'Unione europea.
I commi da 1 a 3 dell'articolo 3 introducono un diritto di superficie ventennale sulle aree inedificate formate da arenili, con esclusione delle spiagge e delle scogliere. Il provvedimento costitutivo del diritto di superficie è rilasciato, nel rispetto dei principi comunitari di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità, dalla Regione d'intesa con il Comune nonché con le Agenzie del demanio e del territorio, ed è trasmesso in copia alla Agenzia delle entrate per la riscossione del corrispettivo. Il comma 2 chiarisce inoltre che nulla è innovato in materia di demanio marittimo.
In proposito, ricorda che sulla materia delle concessioni demaniali marittime la Commissione europea ha inviato all'Italia una lettera di messa in mora (procedura n. 2008/4908) nella quale sostiene l'incompatibilità con la normativa europea dell'articolo 37, comma 2, del codice della

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navigazione, e dell'articolo 9, comma 4, della legge regionale Friuli Venezia Giulia 13 novembre 2006, n. 22, che, prevedendo una preferenza per il concessionario uscente nell'ambito della procedura di attribuzione delle concessioni del demanio pubblico marittimo, risultano discriminatorie per le imprese provenienti da altri Stati membri. La Commissione riteneva che tali norme che stabilivano il rinnovo automatico, di sei anni in sei anni, per le concessioni che giungono a scadenza, privino di effetto il decreto-legge n. 194/2009 che, eliminando la preferenza in favore del concessionario uscente nell'ambito della procedura di attribuzione delle concessioni, era inteso ad adeguare la normativa italiana a quella dell'UE. Di conseguenza le disposizioni italiane sono contrarie alla normativa UE: in particolare all'articolo 12 della direttiva 2006/123/CE, che vieta il rinnovo automatico delle autorizzazioni nonché eventuali altri vantaggi al prestatore uscente, e all'articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'UE che vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento. Alla luce delle suddette considerazioni la Commissione ha deciso, il 5 maggio 2010, di inviare all'Italia una lettera di messa in mora complementare con la quale chiede di trasmetterle, entro due mesi, le proprie osservazioni sui nuovi rilievi formulati. Dopo aver preso conoscenza di tali osservazioni, oppure in caso di mancata trasmissione delle stesse entro il termine fissato, la Commissione si riserva di emettere un parere motivato.
Tra le numerose modifiche al Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006) apportate dall'articolo 4, segnala che viene modificato il contenuto delle dichiarazioni che le imprese partecipanti ad una gara pubblica devono compiere al fine di attestare l'assenza di situazioni di collegamento tra imprese (vale a dire che alla medesima gara non partecipino un'impresa controllante ed un'impresa controllata o che comunque tali imprese abbiano elaborato autonomamente le rispettive offerte). In particolare si prevede che la dichiarazione debba sempre attestare che il concorrente abbia formulato l'offerta autonomamente, esonerando invece sia dall'obbligo di dichiarare l'esistenza di situazioni di controllo (in luogo del quale si prevede la dichiarazione dell'essere o meno a conoscenza della partecipazione di imprese in posizione di controllo alla medesima gara) sia dall'obbligo di presentazione in busta separata della documentazione attestante l'autonomia dell'offerta. Ai fini della compatibilità con il diritto dell'Unione europea di tali modifiche, relative al contenuto delle dichiarazioni che le imprese partecipanti ad una gara pubblica devono compiere al fine di attestare l'assenza di situazioni di collegamento tra imprese, segnala che occorre assumere come parametro di valutazione la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 19 maggio 2009 (causa C-538/07) la quale ha in particolare stabilito che «Il compito di accertare se il rapporto in questione abbia esercitato un'influenza sul contenuto delle rispettive offerte [...] richiede un esame ed una valutazione dei fatti che spetta alle amministrazioni aggiudicatrici effettuare». In altre parole, occorre valutare se le modifiche introdotte consentano comunque alle amministrazioni aggiudicatrici di effettuare la valutazione in questione.
Per quanto concerne l'articolo 4, comma 19, che consente, in analogia a quanto già previsto dall'articolo 1, comma 1026 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006), la qualificazione come contributi «in conto impianti», anziché come «in conto capitale», dei contributi autorizzati in favore di ANAS, ricorda che tale società è stata costantemente ricompresa dall'Unione europea nell'ambito del perimetro delle amministrazioni pubbliche, e quindi il suo bilancio assume rilevanza ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi di indebitamento dell'Italia. In proposito rileva quindi che, come affermano la relazione illustrativa e la relazione tecnica, la disposizione appare volta a migliorare la situazione debitoria di ANAS in quanto la qualificazione come contributi in conto impianti consente a tali contributi di compensare nel conto economico le quote di

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ammortamento delle opere entrate in esercizio, mentre la loro qualificazione come contributi in conto capitale fa sì che tali quote di ammortamento non trovino compensazione e vengano considerate perdite di esercizio. Ritiene però opportuno verificare che tale modifica risulti compatibile, alla luce della natura e delle funzioni dei contributi in questione, con le regole di contabilità dell'Unione europea.
L'articolo 6 detta alcune disposizioni volte a ridurre gli oneri derivanti dalla normativa vigente e gravanti sulle piccole e medie imprese, anche in materia di obblighi di tutela della privacy. Con riferimento alla specifica previsione che consente il trattamento dei dati contenuti negli elenchi telefonici pubblici ai fini dell'invio di comunicazioni commerciali e di materiale pubblicitario, anche mediante posta cartacea e non più solo attraverso il telefono, fatto salvo il diritto di opposizione mediante iscrizione della numerazione telefonica dell'interessato nel registro pubblico delle opposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010 n. 178, ricorda che il costante orientamento del legislatore dell'Unione europea appare volto a richiedere un esplicito assenso da parte dell'interessato, e non un «silenzio-assenso», all'utilizzo dei propri dati telefonici ai fini di pubblicità effettuata attraverso chiamata diretta o posta elettronica. Invece, come da ultimo ribadito anche dalla direttiva 2009/136/CE (il cui recepimento è previsto dall'allegato B del disegno di legge comunitaria 2010, C. 4059-A/R, attualmente all'esame dell'Assemblea), in caso di posta cartacea, è rimessa al legislatore nazionale la scelta tra la necessità di un'esplicita autorizzazione all'utilizzo ovvero la previsione di un silenzio assenso. La modifica da ultimo introdotta appare quindi compatibile con il diritto dell'Unione europea; continuano invece a potersi riscontrare problemi di compatibilità nell'impianto generale dell'articolo 130, comma 3-bis, del codice della privacy (decreto legislativo n. 196 del 2003) che prevede un meccanismo di «silenzio-assenso» e non di esplicita autorizzazione anche per le comunicazioni telefoniche.
Segnala poi l'articolo 8, comma 5, lettera e), che estende alle società controllate da società quotate in mercati regolamentati la deroga al divieto di partecipazione a gara pubbliche per le società quotate titolari di servizi pubblici affidati senza gara. In proposito, rilevo che l'estensione della deroga, prefigurata dalla disposizione, al divieto di partecipazione a gara pubbliche per le società quotate titolari di servizi pubblici affidati senza gara potrebbe risultare in contrasto con i limiti individuati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea per gli affidamenti in house; tra tali limiti vi sono quelli dell'integrale partecipazione pubblica della società, del controllo pieno esercitato dall'amministrazione pubblica sulla società e dello svolgimento da parte della società di un'attività assolutamente prevalente nei confronti dell'amministrazione pubblica.
Infine, i commi 11 e 12 dell'articolo 8 consentono agli agricoltori di cedere a istituti finanziari i crediti da loro vantati e derivanti dal possesso dei titoli di pagamento diretto previsti dalla PAC, ai sensi del reg. (CE) 1290/2005, agevolando in tal modo le loro capacità di finanziamento. Le modalità della cessione saranno definite con un apposito decreto ministeriale. La disposizione prevede la cessione dei soli crediti derivanti dai «pagamenti diretti», ormai sostanzialmente riconducibili al regime di «pagamento unico» per agricoltore, legato alla superficie, che ha per la gran parte sostituito i vari aiuti legati alla produzione.
Tale regime risulta attualmente disciplinato dal Reg. (CE) 73/2009, che ha sostituito il Reg. (CE) 1782/2003, il quale, all'articolo 43, dispone in merito alle modalità di trasferimento dei diritti di aiuto, che possono essere trasferiti unicamente ad un altro agricoltore stabilito nello stesso Stato membro. Le modalità di applicazione del regime di pagamento unico sono attualmente definite dal Reg. (CE) n. 1120/2009, che ha sostituito il Reg. (CE)

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795/2004, che all'articolo 12 prevede che il trasferimento dei diritti possa aver luogo in qualsiasi momento dell'anno e stabilisce i tempi e le modalità di comunicazione della cessione alla competente autorità statale. In proposito, osservo che le disposizioni europee menzionate disciplinano la cessione dei diritti («Titoli», secondo le norme nazionali) e non quella dei crediti dagli stessi derivanti, il cui trasferimento non pare ipotizzato dalla disciplina in vigore.
Rileva in proposito che è stato obiettato che la mancata regolazione di tale fattispecie solleverebbe dubbi circa la sua compatibilità con la normativa europea. Precisa al riguardo quanto già richiamato in qualità di relatore in sede di esame delle medesime disposizioni presso la XIII Commissione Agricoltura, sottolineando la piena compatibilità delle richiamate disposizioni con la normativa dell'Unione europea. Evidenzia, in particolare, che la cessione dei crediti derivanti da aiuti comunitari agli agricoltori, era vietata da una disciplina del 1974, che prevedeva anche la impignorabilità, insequestrabilità, non assoggettabilità a fermo amministrativo, ecc., in una ottica di tutela dell'agricoltore quale parte debole. La normativa comunitaria su richiamata consente - e addirittura disciplina - la cedibilità degli aiuti comunitari futuri.
È evidente che i crediti come aiuti già maturati nel patrimonio dell'agricoltore sono certamente cedibili, in quanto già sono diritti patrimoniali, per cui la questione riguarda soprattutto i diritti futuri. Le norme proposte consentono un'efficace applicazione del Regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio del 21 giugno 2005, relativo al finanziamento della politica agricola comune, con specifico riferimento all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), e del Regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009 (Titolo I, articolo 3), che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto agli agricoltori nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori, e che modifica i regolamenti (CE) n. 1290/2005, (CE) n. 247/2006, (CE) n. 378/2007 e abroga il regolamento (CE) n. 1782/2003. Le disposizioni di cui ai commi 11 e 12, infatti, consentono un efficace utilizzo degli aiuti comunitari da parte dei beneficiari, tenuto conto anche dei rischi di problemi pratici e specifici connessi alle nuove modalità di finanziamento, essendo dirette a garantire la possibilità per gli imprenditori agricoli, senza alcun tipo di oneri a carico della finanza pubblica ed in linea con la normativa comunitaria, di aumentare la propria liquidità disponibile, in un contesto congiunturale particolarmente critico anche per il settore agricolo. L'obiettivo è quindi quello di consentire l'erogazione di anticipazioni finanziarie, a fronte della cessione di contributi comunitari per il settore agricolo, in favore degli agricoltori beneficiari dei medesimi. La disposizione si rende necessaria perché l'ordinamento vigente (articolo 2, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 727/1974) non consente la cessione dei crediti inerenti alle suddette provvidenze.
Il principio di incedibilità di detti crediti, unito al divieto di sequestro, pignoramento o assoggetta mento a provvedimenti cautelari dei medesimi, pur condivisibile in linea di principio, crea notevoli problemi agli imprenditori agricoli che, pur vantando crediti, non possono cederli, vedendo così limitata la loro disponibilità immediata di tali somme. L'eliminazione del divieto di cessione dei crediti comunitari per atto tra vivi (la cedibilità consentirebbe altresì la possibilità di cessione in garanzia), oltre a garantire un'iniezione di liquidità in un momento in cui la sua mancanza è uno dei principali problemi del sistema imprenditoriale, consente l'allineamento dell'Italia alla media europea per quanto concerne i tempi di pagamento dei contribuiti PAC e permette di evitare che ritardi nei pagamenti di suddetti contributi mettano in seria difficoltà gli imprenditori agricoli nazionali, ponendoli in una situazione svantaggiata rispetto agli altri imprenditori dell'Unione Europea.
Sottolinea, inoltre, che l'approvazione di tali disposizioni consentirebbe anche la

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semplificazione delle procedure regolanti la cessione dei crediti, estremamente burocratizzata in Italia.
Fa presente altresì che generalmente, secondo parte degli esperti in materia, al di là del divieto risalente al su menzionato decreto del Presidente della Repubblica del 1974 n. 727, il principio della generale cedibilità del titolo all'aiuto deriva già dalla sua natura giuridica di bene patrimoniale. Ciò sarebbe già confermato nel nostro sistema dall'articolo 7 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modifiche dalla legge 11 marzo 2006 n. 81, che ha definito «pignorabili» i diritti all'aiuto di cui al regolamento (CE) n. 1782/2003. Se il diritto è sottoponibile a pegno, ergo esso è disponibile e quindi pignorabile, ma anche cedibile. La modifica proposta servirebbe comunque a rendere certezza su tale materia, stabilendo definitivamente la possibilità giuridica della cedibilità degli aiuti.
A mezzo delle disposizioni proposte - in attesa di riforme auspicabili di sistema sullo status giuridico dell'imprenditore agricolo - si perseguirebbero i seguenti risultati: 1) accesso al credito e a finanziamenti da parte degli imprenditori agricoli beneficiari di aiuti comunitari; 2) immediata liquidità in questo momento di crisi, senza oneri per la finanza pubblica; 3) verrebbe in parte risolta la annosa problematica dei lunghi tempi di pagamento dei contributi comunitari; 4) si porrebbe termine alla concorrenza sfavorevole rispetto ad altri Paesi dell'Unione, maggiormente flessibili nella normativa interna su tale materia; 5) si otterrebbe l'esito di sburocratizzare rispetto agli oramai obsoleti strumenti formali -atto pubblico e notificazione o accettazione della pubblica amministrazione -previsti nientemeno che dalla legge generale di contabilità del 1923. Si aggiunga che, con la limitazione prevista dei soggetti cessionari, si elude ogni possibile deviazione applicativa.
Infine, osserva che, considerato che il rapporto di cessione di aiuti futuri PAC riguarda soltanto rapporti tra privati, e non dovendo l'organismo pagatore fare alcunché fino alla reale maturazione del credito, è assicurata del tutto la invarianza di effetti sui saldi di finanza pubblica.

Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.20.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Martedì 7 giugno 2011. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE, indi del vicepresidente Enrico FARINONE.

La seduta comincia alle 14.20.

Libro verde della Commissione per il Consiglio, il Parlamento europeo, il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle regioni - Il futuro del sostegno al bilancio dell'UE a favore dei paesi terzi.
COM(2010)586 def.

(Parere alla III Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Enrico FARINONE (PD), relatore, ricorda che il Libro verde in esame è stato presentato dalla Commissione europea il 19 ottobre 2010 al fine di raccogliere i pareri dalle parti interessate in merito agli obiettivi e all'utilizzazione del sostegno del bilancio dell'UE a favore degli Stati terzi. La consultazione si è chiusa a fine dicembre 2010; tuttavia l'esame del documento da parte della Camera - già avviato lo scorso 31 maggio dal Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio - presenta un forte interesse in quanto consente di acquisire spunti rilevanti per una riflessione organica ed una eventuale riforma delle politiche di cooperazione allo sviluppo del nostro Paese, caratterizzate negli ultimi anni da una radicale riduzione dei finanziamenti disponibili.

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Va infatti considerato che le politiche di aiuto allo sviluppo nazionali, soprattutto dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, dovrebbero iscriversi in modo sempre più coerente nella cornice politica e finanziaria stabilita dall'UE nello stesso settore; non a caso il Libro verde è stato oggetto di esame anche presso le due Camere del Parlamento inglese, di quello svedese e ceco.
L'esame del Libro verde può inoltre costituire l'occasione per una ripresa di un confronto serrato tra Parlamento e Governo su questa materia; ricorda che il Governo italiano ha partecipato alla consultazione svolta sul Libro verde trasmettendo specifici commenti che potranno essere oggetto di valutazione da parte della XIV Commissione come della Commissione affari esteri.
Sottolinea quindi in via preliminare che il titolo del documento nella versione ufficiale italiana «sostegno al bilancio dell'UE a favore dei paesi terzi» appare frutto di una traduzione approssimativa e persino fuorviante; ad una più attenta lettura del Libro verde (nonché dal titolo nelle altre versioni linguistiche) si comprende come oggetto del Libro verde sia il sostegno che l'UE offre al bilancio di Stati terzi, sia attraverso strumenti di azione esterna finanziati dal bilancio dell'UE, sia mediante il Fondo europeo di sviluppo (cui gli Stati membri contribuiscono fuori dal bilancio UE). In particolare, il Libro verde si riferisce sia al sostegno erogato dall'UE al bilancio generale (SBG), finalizzato a sostenere la strategia di sviluppo di un Paese, sia al sostegno al bilancio settoriale (SBS), finalizzato a sostenere la strategia in uno specifico settore.
Precisa altresì che il documento prende in considerazione l'intervento dell'UE a favore di tutte le regioni, tenendo conto anche delle differenze tra i vari Paesi in via di sviluppo, nonché rispetto ai Paesi candidati e potenziali candidati all'adesione e ai Paesi confinanti, in cui la cooperazione e il partenariato dell'UE sono finalizzati a sostenere la riforma e la transizione in vista di un'associazione politica più stretta e di una progressiva integrazione economica.
Il Libro verde osserva, a pochi anni dalla scadenza (2015) per la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennio, che il sostegno al bilancio è diventato un elemento sempre più importante nell'agenda relativa all'efficacia degli aiuti. Nel periodo 2003-2009, la Commissione europea ha stanziato impegni per il sostegno al bilancio per oltre 13 miliardi di euro (il 25 per cento circa della totalità degli impegni nel periodo considerato). Il 56 per cento circa degli impegni è stato destinato ai Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), il 24 per cento ai paesi del vicinato, l'8 per cento all'Asia, il 6 per cento all'America latina e il 5 per cento al Sudafrica.
La Commissione riconosce tuttavia che alcune parti interessate (la Corte dei conti europea, il Parlamento europeo, i Parlamenti nazionali e la società civile) hanno sollevato con crescente frequenza interrogativi circa la qualità, la redditività e l'impatto del sostegno al bilancio.
Una prima valutazione del sostegno al bilancio generale svolta nel 2006 in sette Paesi in via di sviluppo (Burkina Faso, Malawi, Mozambico, Nicaragua, Ruanda, Uganda e Vietnam), commissionata dal comitato per l'aiuto allo sviluppo dell'OCSE (OECD-DAC), ha concluso che il sostegno al bilancio da parte dell'UE ha avuto effetti positivi, e che è possibile individuare una serie di principi fondamentali che dovrebbero orientare la concezione e l'attuazione del sostegno al bilancio:
il sostegno al bilancio come parte di un pacchetto: il sostegno al bilancio deve essere più di un semplice trasferimento finanziario; esso fa parte di un insieme che comprende dialogo strategico, valutazione dei risultati, rafforzamento delle capacità e altri interventi di sostegno;
titolarità: il sostegno al bilancio deve aiutare i Paesi a realizzare le proprie strategie di sviluppo;

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risultati: deve focalizzarsi sull'ottenimento di risultati misurabili;
prevedibilità: deve essere fornito in modo da assicurare un elevato grado di prevedibilità, sia nel breve che nel lungo periodo;
responsabilità: il sostegno al bilancio deve essere fornito in modo da aumentare la responsabilità dei governi nei confronti dei loro cittadini, dei Parlamenti nazionali e delle istituzioni superiori di controllo circa le modalità con cui le risorse vengono utilizzate e i risultati ottenuti (responsabilità nazionale). Inoltre, essere fornito in modo da assicurare che i Paesi partner onorino i propri impegni nei confronti dei donatori e che i donatori onorino i loro impegni nei confronti dei Paesi partner (responsabilità reciproca);
un'impostazione più coordinata da parte dell'UE: deve essere fornito in modo da migliorare il coordinamento sia all'interno che al di fuori dell'UE e da rafforzare la coerenza e la credibilità dell'Unione;
sostegno pubblico: onde garantire il sostegno pubblico delle parti interessate nell'UE, il sostegno al bilancio deve fornire prove concrete dei risultati raggiunti e dei progressi compiuti dai Paesi partner, che siano tangibili anche per i cittadini dei Paesi stessi.

Partendo da questi princìpi, il Libro verde ha formulato una serie di quesiti relativi a 7 ambiti.
Il primo concerne la governance e il ruolo del dialogo politico La Commissione ha invitato le parti ad esprimere valutazioni sull'opportunità che il sostegno al bilancio venga esplicitamente subordinato al rispetto dei principi fondamentali, ossia i diritti umani, i principi democratici e lo Stato di diritto, oppure se questi debbano piuttosto rimanere principi che sono alla base di qualsiasi cooperazione e che si applicano al partenariato nel suo complesso e a tutte le modalità di aiuto. Su questo punto, il documento presentato dal Governo ai fini della consultazione sostiene l'esigenza di includere il rispetto dei principi fondamentali, della democrazia, della tutela delle minoranze religiose in tutti i programmi di sostegno, purché non siano utilizzati quali strumenti per imporre una condizionalità politica per l'accesso al sostegno.
Un secondo gruppo di quesiti attiene al ruolo del dialogo strategico e della condizionalità e i nessi con l'attuazione e i risultati. Il Libro verde rileva che i settori su cui deve vertere il dialogo strategico includono la strategia di crescita, la stabilità macroeconomica, la politica di bilancio (compresa la generazione delle entrate nazionali e la composizione del bilancio ai livelli centrale e decentrato), le politiche settoriali (particolarmente gli ambiti sociali), la protezione sociale, la gestione delle finanze pubbliche, questioni più ampie relative alla governance come la lotta contro la corruzione e la frode, la riforma del settore pubblico, compreso il decentramento. Un dialogo strategico efficace, secondo la Commissione, richiede un personale competente dal lato dei donatori, che abbia la possibilità e la capacità di analizzare i problemi che si frappongono al conseguimento degli obiettivi di sviluppo concordati e di cercare e attuare soluzioni. Per quanto concerne la condizionalità, la Commissione osserva che l'esperienza sin qui acquisita porta a concludere che la condizionalità politica raramente è in grado di garantire le riforme, se manca una forte rappresentanza politica a favore. Molti attori, tra cui la stessa Commissione europea, hanno dato più rilievo ai risultati, anche se la maggior parte dei programmi combina indicatori politici e di risultato. Con riferimento a questi aspetti, il documento presentato dal Governo sottolinea, anzitutto, la necessità di includere in tutti i programmi di sostegno misure per rafforzare la capacità istituzionale dello stato partner e per promuovere il coinvolgimento attivo di tutti i soggetti interessati, in particolare i parlamenti e la società civile. Il Governo si esprime inoltre a favore della condizionalità per la scelta dei paesi beneficiari e per l'erogazione del sostegno.

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Un terza serie di quesiti attiene alla responsabilità nazionale, intesa come obbligo per un governo partner di rendere conto ai cittadini e alle istituzioni nazionali (parlamento, istituzioni superiori di controllo) sulle scelte politiche, la riscossione delle entrate, gli stanziamenti di bilancio e i risultati ottenuti. Il Libro verde pone quesiti anche in merito alla «responsabilità reciproca»: da un lato, i governi donatori dovrebbero dimostrare ai propri parlamentari e contribuenti di utilizzare efficacemente le risorse pubbliche destinate agli aiuti allo sviluppo; dall'altro, i Paesi partner dovrebbero contare su impegni credibili da parte dei donatori riguardo alla fornitura di informazioni aggiornate, prevedibili, trasparenti e complete sui flussi di aiuti. Il documento del Governo italiano sottolinea l'esigenza di prevedere nei programmi di sostegno revisioni annuali dell'attuazione dei programmi stessi aperte ai parlamenti e alla società civile nonché il rafforzamento delle istituzioni di controllo e degli stessi parlamenti.
Un quarto gruppo di quesiti attiene alla programmazione del sostegno al bilancio e la sua coerenza con altri strumenti. Ad avviso della Commissione, la decisione di fornire il sostegno al bilancio e sull'importo da stanziare deve essere vista nel contesto più ampio della programmazione degli aiuti nel suo insieme, in cui le dotazioni per paese vengono stabilite in funzione delle esigenze e dei risultati da conseguire. Una volta analizzato adeguatamente il contesto del Paese, compresi gli sforzi messi in atto dal governo per individuare le carenze e le risorse nazionali disponibili, è possibile stabilire gli obiettivi della cooperazione e la modalità più adeguata degli aiuti, tenendo conto anche degli aspetti relativi ai costi unitari e al rapporto costo-benefici.
Una quinta serie di quesiti concerne il rafforzamento dell'analisi dei rischi e la lotta contro la frode e la corruzione. A proposito dei rischi cui potrebbe andare incontro il sostegno al bilancio la Commissione rileva che:
un grave scadimento della governance politica in un paese beneficiario potrebbe ridurre significativamente il ruolo del bilancio nazionale quale espressione dell'interesse comune; compromettere i meccanismi di responsabilizzazione; pregiudicare gli sforzi compiuti per migliorare la trasparenza e la gestione del bilancio stesso;
la gestione dei rischi macroeconomici e dei rischi per lo sviluppo presuppone l'esistenza di solide procedure di monitoraggio e diagnosi, di indicatori pertinenti nonché della capacità di adottare se del caso misure correttive. La scarsa qualità e disponibilità di tali elementi complica la gestione dei rischi;
è fondamentale perfezionare gli strumenti per la gestione del rischio finanziario. In tutte le operazioni di sostegno al bilancio, i fondi dei donatori sono gestiti conformemente ai sistemi e alle procedure di controllo e gestione delle finanze pubbliche del paese partner. Il rischio finanziario viene dunque valutato e attenuato migliorando l'efficacia della gestione delle finanze pubbliche;
la corruzione è una grave minaccia perché pregiudica lo sviluppo economico, sottraendo risorse destinate alle spese prioritarie e generando inefficienza e mancato rispetto delle procedure d'appalto. Come rileva la Commissione, la corruzione è uno dei fattori determinanti che incidono sul dibattito pro e contro il sostegno al bilancio. La mancata risoluzione del problema della corruzione intacca dunque la fiducia sia nel sostegno al bilancio che nell'economia politica nel suo insieme e ha ripercussioni sui rischi finanziari e sui rischi per lo sviluppo;
la situazione di bilancio di un paese partner può risentire anche di fattori di rischio esterni come le condizioni finanziare ed economiche sfavorevoli a livello mondiale, la volatilità dei prezzi dei prodotti di base e le condizioni climatiche.

Il contributo del Governo italiano alla consultazione pone in rilievo la necessità

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di stabilire, in modo chiaro, prevedibile e proporzionato, nei programmi i casi e le condizioni in base ai quali il sostegno può essere ridotto o revocato in presenza dei fattori sopra indicati.
Il sesto ambito problematico attiene al sostegno al bilancio per assicurare una certa stabilità economica e politica ai paesi in situazioni di fragilità, vale a dire ai paesi in cui il contratto sociale viene meno per l'incapacità e la mancata volontà dello Stato di assolvere i suoi compiti di base. In tali casi il mancato intervento può essere ancora più elevato dei rischi che esso comporta. Tuttavia i donatori bilaterali che forniscono sostegno al bilancio in situazioni di fragilità sono relativamente pochi. Come indicato nel Libro verde, la Commissione sta elaborando, insieme al Fondo monetario internazionale, alla Banca mondiale e alla Banca africana per lo sviluppo, un «documento di strategia comune» per garantire, nelle situazioni di fragilità, una valutazione e una gestione dei rischi corretta e costante, una verifica rigorosa dei progressi e una rapida capacità di reazione nella fase di progettazione.
Il documento italiano sostiene l'esigenza di subordinare l'erogazione del sostegno al bilancio in situazioni di fragilità se ne è dimostrato il valore aggiunto rispetto ad altri strumenti di intervento e previa un'analisi comune del rischio condotta a livello europeo.
Un'ultima serie di quesiti riguarda la capacità del sostegno al bilancio di stimolare - oltre che la riduzione della povertà - lo sviluppo inclusivo e sostenibile, promuovendo la stabilità macroeconomica, le riforme essenziali per un ambiente economico più favorevole agli scambi ed una più efficiente ripartizione delle risorse di bilancio. Secondo la Commissione il sostegno al bilancio dovrebbe essere utilizzato per rafforzare la capacità dei paesi in via di sviluppo di riscuotere le entrate nazionali conformemente ai principi di buona governance (trasparenza, scambio di informazioni e concorrenza fiscale leale), garantendo una base fiscale ampia e riducendo nel lungo termine la dipendenza da questa forma di aiuto. Il sostegno al bilancio dovrebbe anche puntare a promuovere l'integrazione regionale che comporta significativi benefici economici e rappresenta un aspetto importante della cooperazione dell'UE. Nel contempo la Commissione evidenzia le sfide poste dall'integrazione regionale, dal momento che la liberalizzazione degli scambi diminuendo le entrate doganali comporta anche la necessitò di spostare la base delle entrate del paese dalle tariffe esterne alla tassazione interna.
Il contributo del Governo evidenzia a questo riguardo la necessità che i programmi di sostegno privilegino interventi per sviluppare la capacità dei beneficiari di produrre reddito a livello locale, riducendo l'esigenza di futuri interventi di sostegno.

Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Libro verde sul futuro dell'IVA: Verso un sistema dell'IVA più semplice, solido ed efficiente.
COM(2010)695 def.

(Parere alla VI Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, evidenzia che il Libro verde sul futuro dell'IVA è stato presentato dalla Commissione europea il 1o dicembre 2010 per avviare una consultazione pubblica delle parti interessate in vista di un riesame complessivo del sistema vigente dell'imposta. La consultazione si è già conclusa il 31 maggio 2011; tuttavia l'esame parlamentare del documento riveste ancora un forte interesse in quanto la Commissione europea, anche sulla base degli esiti della consultazione, presenterà entro la fine del 2011 una Comunicazione in cui individuerà i settori prioritari nei quali sarebbero opportuni interventi a livello UE. È

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quindi importante che la Camera definisca la propria posizione prima della formulazione, con la richiamata Comunicazione, di misure più puntuali di riforma del regime dell'IVA che potranno poi essere tradotte in vere e proprie proposte legislative.
Il Libro verde costituisce il primo tentativo, dall'introduzione dell'imposta alla fine degli anni sessanta, di riformarne in modo organico e approfondito l'impianto, le finalità e i meccanismi di applicazione. Gli interventi di «manutenzione» di specifici aspetti della disciplina vigente operati nell'ultimo decennio, pur producendo risultati positivi, si sono dimostrati - come riconosce la stessa Commissione europea - inadeguati a fronte delle varie criticità emerse. Anche la Camera ha richiamato in più occasioni l'attenzione del Governo e delle Istituzioni europee sulle lacune e le contraddizioni della disciplina vigente, riconducibili ad almeno tre tipologie di fattori problematici.
Il primo attiene alla eccessiva complessità del sistema, in particolare in termini di oneri amministrativi per le imprese: secondo i dati riportati dalla Commissione, la gestione dell'IVA rappresenta in alcuni settori addirittura quasi il 60 per cento dell'onere amministrativo totale. È un dato molto preoccupante soprattutto per le PMI che non possono sempre permettersi consulenti fiscali per gestire la sempre più complessa normativa in materia di IVA.
Un secondo gruppo di criticità attiene agli ostacoli che il regime dell'imposta può determinare al funzionamento del mercato interno, con particolare riferimento al diverso trattamento delle operazioni nazionali e intra-UE e alle aliquote. Nell'UE l'aliquota ordinaria copre attualmente soltanto i due terzi circa dei consumi complessivi, mentre il terzo rimanente è oggetto di diverse esenzioni o aliquote ridotte. Il Libro verde riporta che negli Stati membri dell'UE che fanno anche parte dell'OCSE il gettito IVA effettivo rappresenta in media solo il 55 per cento di quanto potrebbe essere teoricamente riscosso se tutti i consumi finali fossero tassati all'aliquota ordinaria. Altri Paesi dell'OCSE, come Giappone, Corea del Sud o Svizzera, hanno un sistema dell'IVA più efficiente che permette di raggiungere una percentuale del 73 per cento circa.
Un terzo gruppo di criticità attiene alla riscossione dell'imposta e alle pratiche elusive e alle frodi. Secondo uno studio effettuato per conto della Commissione europea, la differenza tra l'IVA effettivamente riscossa (nel 2008 circa 862 miliardi di euro) e quella che gli Stati membri dovrebbero in teoria percepire sulla base delle rispettive economie è pari al 12 per cento delle entrate del 2006 e raggiunge valori superiori al 20 per cento in diversi Stati membri. Ad avviso della Commissione, oltre all'elusione fiscale e alle perdite dovute ai casi di insolvenza, tale divario è anche attribuibile alle frodi risultanti in parte dalle debolezze insite nelle disposizioni vigenti, con particolare riferimento a quelle che autorizzano gli acquisti transfrontalieri di beni e servizi in esenzione IVA. Inoltre, il modello di riscossione dell'imposta è rimasto sostanzialmente invariato dalla sua introduzione nonostante l'innovazione tecnologica offra nuove modalità alternative di riscossione per ridurre gli oneri gravanti sulle imprese e le perdite di gettito.
Il Libro verde prospetta una serie di possibili opzioni di intervento in merito a tutti gli aspetti problematici sopra richiamati, volta a conseguire cinque obiettivi principali:
rafforzare la coerenza tra il regime dell'IVA e il mercato unico;
incrementare il gettito dell'imposta e respingere gli attacchi fraudolenti verificatisi negli ultimi anni, anche al fine di sostenere il processo di risanamento del bilancio negli Stati membri;
ridurre i costi di conformità alle norme e di riscossione per i contribuenti;
adattare la disciplina dell'imposta ai cambiamenti dell'ambiente economico e tecnologico;
contribuire alla realizzazione della strategia «Europa 2020» per la crescita e l'occupazione e, più in generale, il rilancio dell'economia europea dopo la crisi.

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Viene esaminata anzitutto la questione propedeutica del mantenimento del sistema IVA imperniato sul principio del Paese di destinazione ovvero del passaggio ad uno incentrato sul principio della tassazione di beni e servizi nello Stato membro di origine. La Commissione riconosce che l'impegno a realizzare un progressivo passaggio ad un regime basato sul principio del Paese di origine è fallito, per le forti difficoltà pratiche. Il passaggio al principio del paese di origine richiederebbe infatti una forte armonizzazione delle aliquote IVA, per impedire che le differenze di aliquota influiscano sulla decisione del luogo di acquisto, ed un sistema di compensazione, per garantire che le entrate IVA siano attribuite allo Stato membro di consumo. La Commissione propone, pertanto, di valutare il mantenimento dell'attuale sistema basato sulla tassazione nello Stato di destinazione, eventualmente con alcuni correttivi. Si prospetta, in particolare, l'applicazione generalizzata di un meccanismo di inversione contabile alle operazioni nazionali da impresa a impresa, che, per un verso, assicurerebbe un trattamento uniforme delle operazioni nazionali e di quelle intra-UE e rimedierebbe alla vulnerabilità alla frode insita nell'attuale sistema dell'IVA ma, per altro verso, imporrebbe controlli e obblighi di dichiarazione supplementari per le operazioni nazionali. In alternativa, si potrebbe procedere alla tassazione delle forniture di beni e delle prestazioni di servizi intra-UE all'aliquota e alle condizioni dello Stato membro di destinazione. Questa soluzione garantirebbe l'uniformità di trattamento fra le operazioni nazionali e quelle intra-UE ma aumenterebbe sostanzialmente il numero di operazioni per i soggetti passivi.
La seconda questione affrontata nel Libro verde attiene alle norme IVA applicabili agli organismi pubblici. In particolare, la Commissione rileva come, a fronte dello sviluppo di varie forme di partenariato pubblico-privato per fornire infrastrutture e servizi pubblici di importanza strategica, gli organismi pubblici, essendo esenti dall'IVA o al di fuori del suo campo di applicazione, siano incentivati a limitare l'esternalizzazione per evitare di pagare IVA che non possono detrarre. L'IVA diventa quindi un fattore che influenza le decisioni di investimento e di spesa. La Commissione richiama due soluzioni possibili: includere tutte le attività economiche degli organismi pubblici nel campo di applicazione dell'IVA e redigere un elenco delle attività da escludere; chiarire e aggiornare le condizioni in base alle quali gli organismi pubblici non possono più essere considerati al di fuori del campo di applicazione dell'IVA.
La terza questione esaminata attiene al regime di esenzioni IVA, di cui si riconosce la frammentazione, l'irrazionalità e il potenziale distorsivo. La Commissione propone giustamente di valutare una riduzione del numero delle esenzioni, al fine di migliorare l'efficacia e la neutralità dell'imposta nonché di ampliarne la base imponibile, offrendo un'alternativa valida all'aumento delle aliquote IVA. Analoghe considerazioni valgono per le deroghe individuali che gli Stati membri possono ottenere per semplificare la procedura di riscossione dell'IVA o prevenire talune forme di evasione o elusione fiscale mediante misure specifiche di natura temporanea e adattate alla loro particolare situazione nazionale. La Commissione riconosce che esse determinano un mosaico di norme specifiche e mutevoli che rende ancora più complesso il sistema dell'IVA, soprattutto per le imprese che operano in più di uno Stato membro. Inoltre, la procedura per la concessione di deroghe non è sempre sufficientemente flessibile da garantire una reazione pronta e adeguata. Questa difficoltà potrebbe essere superata conferendo alla Commissione maggiori poteri per decidere in tempi rapidi, su richiesta debitamente motivata di uno Stato membro, in merito a deroghe temporanee intese a proteggere gli interessi di detto Stato e a combattere la frode.
Il quarto tema affrontato concerne il riesame della disciplina delle detrazioni in relazione ai casi in cui beni o i servizi sono utilizzati per fini diversi (attività soggette

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a imposta, attività esenti o scopi non professionali) e i cambiamenti di uso intervengono durante la vita economica dei beni o dei servizi.
Di grande rilievo è una quinta questione esaminata dal Libro verde, relativa alla tipologia degli atti normativi europei utilizzati per l'armonizzazione dell'IVA. La Commissione sottolinea come l'articolo 113 del Trattato sul funzionamento dell'UE (TFUE), che costituisce la base giuridica per l'armonizzazione dell'IVA, non specifica lo strumento giuridico da utilizzare a tale scopo. Il ricorso a direttive - sinora predominante - offre agli Stati membri una certa libertà per quanto riguarda il recepimento della normativa UE, permettendo di tener conto delle specificità degli ordinamenti giuridici ma determinano una mancanza di uniformità delle normativa IVA nazionali. Andrebbe pertanto valutato - come più volte suggerito anche dalla Commissione finanze della Camera - il ricorso a regolamenti, che permetterebbe di conseguire una maggiore armonizzazione, consentendo in particolare all'UE di evitare la doppia imposizione o la non imposizione o di stabilire gli obblighi in materia di IVA a carico delle imprese non stabilite.
La sesta questione esaminata dal Libro verde concerne le aliquote, tema su cui si è forse maggiormente concentrata la Commissione finanze sia nell'esame della proposta di direttiva sulle aliquote ridotte sia in ulteriori occasioni. La Commissione riconosce che nell'UE l'aliquota ordinaria copre attualmente soltanto i due terzi circa dei consumi complessivi, mentre il terzo rimanente è oggetto di diverse esenzioni o aliquote ridotte; negli Stati membri dell'UE che fanno anche parte dell'OCSE il gettito IVA rappresenta in media solo il 55 per cento di quanto potrebbe essere teoricamente riscosso se tutti i consumi finali fossero tassati all'aliquota ordinaria. Altri Paesi OCSE, come Giappone, Corea del Sud o Svizzera, hanno un sistema dell'IVA più efficiente che permette di raggiungere una percentuale del 73 per cento circa. Il Libro verde ricorda che, sulla scorta di taluni studi, l'applicazione di un'aliquota IVA unica a tutti i beni e servizi rappresenterebbe una soluzione ideale per massimizzare l'efficienza economica dell'imposta. Viene sottolineato che inoltre esistono incoerenze nelle aliquote IVA applicate a prodotti o servizi comparabili. Ad esempio, gli Stati membri possono applicare un'aliquota IVA ridotta a determinati prodotti culturali, ma devono applicare l'aliquota ordinaria ai servizi online concorrenti, come i libri e i giornali elettronici. Allo stesso tempo, si riconosce che l'attuale variazione dell'aliquota ordinaria nell'UE e il ricorso ad aliquote ridotte - giustificato dalla opportunità di fornire un accesso più agevole ed equo a contenuti didattici e culturali e offrire incentivi per l'innovazione ecologica - non sembrano perturbare il mercato unico.
Senza indicare precise soluzioni a questi problemi, il Libro verde pone due quesiti molto chiari. Con il primo si chiede se la struttura attuale delle aliquote crea seri ostacoli al corretto funzionamento del mercato unico e un trattamento diseguale di prodotti comparabili o comporta ingenti costi di conformità per le imprese. La risposta che la nostra Commissione ha già dato è affermativa. Con il secondo si chiede se sarebbe preferibile che non esistessero le aliquote ridotte o sarebbe auspicabile un elenco di aliquote IVA ridotte obbligatorio e uniformemente applicato nell'UE. La nostra Commissione si è costantemente espressa a favore di questa seconda opzione.
Un settimo importante problema affrontato dal Libro verde attiene alle soluzione per ridurre gli oneri amministrativi collegati all'imposta. La Commissione propone di elaborare un modulo UE standard di dichiarazione IVA disponibile in tutte le lingue, che le imprese potrebbero scegliere di utilizzare ma che tutti gli Stati membri sarebbero tenuti ad accettare. Ciò comporterebbe tuttavia un costo sia per le amministrazioni fiscali che per le imprese, comprese quelle che sono tenute a rispettare tali obblighi in un solo Stato membro. In alternativa, si potrebbero limitare le differenze definendo a livello UE un elenco esaustivo di obblighi standardizzati

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in materia di IVA che possono essere imposti dagli Stati membri. Strettamente connessa a questi profili è l'ipotesi di istituire un regime speciale IVA a favore delle PMI atto a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA. Attualmente, le imprese aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia possono beneficiare dell'esenzione IVA. Tuttavia, questi regimi costituiscono una risposta frammentaria al fatto che i costi di conformità dell'IVA sono proporzionalmente più elevati per le piccole imprese che per quelle grandi, soprattutto se esercitano la loro attività in tutta l'UE. La soluzione più ovvia, ad avviso della Commissione consisterebbe nell'istituire un regime esteso a tutta l'UE, caratterizzato da una soglia comune.
L'ottavo ambito problematico affrontato dal Libro verde concerne la riscossione dell'imposta, le cui modalità sono rimaste pressoché invariate da quando l'imposta è stata introdotta nell'UE; esse dipendono ancora principalmente dalla autodichiarazione del contribuente, cui fanno seguito i controlli dell'amministrazione fiscale.
La Commissione propone infine di valutare nell'ambito della consultazione una serie di ulteriori questioni relative alla migliore gestione dell'imposta: rafforzare il dialogo fra le autorità fiscali e le altre parti interessate, ad esempio istituendo un forum permanente di discussione che consenta uno scambio di opinioni tra le autorità fiscali e i rappresentanti delle imprese a livello UE; mettere in comune le migliori pratiche negli Stati membri, ad esempio elaborando orientamenti per la semplificazione delle pratiche amministrative; elaborare una politica UE sul rispetto volontario delle norme adattata al sistema UE dell'IVA mediante accordi specifici con le parti interessate, ad esempio sviluppando l'idea di «partenariati» tra le amministrazioni fiscali e i contribuenti.
Alla luce della portata delle questioni affrontate e dell'impatto potenziale delle opzioni proposte sull'ordinamento italiano, l'esame del Libro verde presenta una straordinaria importanza sia per il processo di integrazione europea sia per il Parlamento italiano. Sotto il primo profilo, oltre alle già richiamate implicazioni per il mercato interno e la competitività, va ricordato anche che l'IVA è la prima imposta armonizzata europea e costituisce anche una risorsa propria del bilancio dell'UE. Sotto il secondo profilo, va ricordato che la decisione economica e finanziaria presentata dal Governo lo scorso 13 aprile indica tra i punti qualificanti dell'azione del Governo in materia di politica fiscale il progressivo spostamento del carico fiscale dall'imposizione diretta a quella indiretta.
La complessità delle questioni sollevate nel Libro verde richiede un esame accurato, anche mediante l'acquisizione degli opportuni elementi di conoscenza e di valutazione. A questo riguardo va sottolineato che la Commissione finanze della Camera ha già avviato l'esame del Libro verde, programmando una serie di audizioni. Ai fini della prosecuzione dell'esame presso la XIV Commissione e della espressione del relativo parere potrebbe pertanto risultare utile acquisire i risultati delle audizioni in questione.

Enrico FARINONE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.30.