CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 19 aprile 2011
470.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 19 aprile 2011.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 11.45 alle 11.55.

INDAGINE CONOSCITIVA

Martedì 19 aprile 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 11.55.

Sulle Autorità amministrative indipendenti.
(Deliberazione di una proroga del termine).

Donato BRUNO, presidente, ricorda che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti di gruppo, ha convenuto sull'opportunità di richiedere una ulteriore proroga del termine per la conclusione dell'indagine conoscitiva sulle autorità amministrative indipendenti, la cui scadenza, inizialmente fissata al 31 dicembre 2010, era stata prorogata al 30 aprile 2011.
Essendo stata acquisita la previa intesa con il Presidente della Camera dei deputati, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del regolamento, propone quindi di deliberare la proroga al 31 luglio 2011 del termine fissato per la conclusione dell'indagine conoscitiva in titolo.

La Commissione approva la proposta di prorogare il termine di conclusione dell'indagine conoscitiva in titolo.

La seduta termina alle 12.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 19 aprile 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO - Intervengono il Ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli e il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 12.

Documento di economia e finanza 2011.
Doc. LVII, n. 4.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che la Commissione è chiamata ad esprimere alla Commissione bilancio il parere sulle parti di sua competenza del Documento di economia e finanza 2011 entro mercoledì prossimo 27 aprile 2011.

Pierguido VANALLI (LNP), relatore, ricorda che il Documento di economia e finanza 2011 (DEF), approvato dal Consiglio

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dei ministri il 13 aprile 2011, costituisce il nuovo documento di programmazione economica e finanziaria, disciplinato dalla legge 7 aprile 2011, n. 39, di riforma della legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196).
Il DEF sostituisce la Decisione di finanza pubblica (DFP), che ha rappresentato, lo scorso anno, il Documento programmatorio per gli anni 2011-2013, e che a sua volta aveva sostituito il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF).
Brevemente, ricorda che il DEF consta di tre sezioni. La prima è la sezione sul Programma di stabilità che contiene gli elementi e le informazioni richieste dai regolamenti dell'Unione europea vigenti in materia e dal Codice di condotta sull'attuazione del patto di stabilità e crescita, con specifico riferimento agli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico.
La seconda sezione riguarda Analisi e tendenze della Finanza pubblica, con allegata la Nota metodologica sui criteri di formulazione delle previsioni.
La terza sezione riguarda il Programma nazionale di riforma che contiene gli elementi e le informazioni previsti dai regolamenti dell'Unione europea e dalle specifiche linee guida per il Programma nazionale di riforma.
Per quanto riguarda i profili del DEF di interesse della Commissione affari costituzionali, ricorda innanzitutto la decisione di costituzionalizzare le regole di bilancio.
Il Patto per l'Euro, approvato dal Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2011, ha come obiettivo un più stretto coordinamento delle politiche economiche dei Paesi membri per competitività e la convergenza.
In particolare, gli Stati membri si sono impegnati a recepire nella legislazione nazionale le regole di bilancio dell'Unione europea fissate nel patto di stabilità e crescita. Ai singoli Stati è concessa la facoltà di scegliere, oltre l'esatta forma della regola, anche lo specifico strumento giuridico più idoneo, purché questo abbia una «natura vincolante e sostenibile sufficientemente forte».
Il Governo italiano ha scelto la strada dell'introduzione in Costituzione del vincolo di bilancio in conformità con le nuove regole di bilancio europee.
La decisione è annunciata come parte integrante del Programma di stabilità che introduce il DEF.
A tal fine, il Governo si impegna a presentare in Parlamento un apposito disegno di legge di riforma costituzionale.
La riforma comporterà, dunque, la modifica dell'articolo 81 della Costituzione per rendere ancora più stringente il vincolo di bilancio: infatti, argomenta il DEF, l'obbligo di copertura presente nel quarto comma dell'articolo 81 vigente (»Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte») non ha impedito la crescita del debito pubblico in Italia, tra i maggiori del Mondo.
Un secondo tema del DEF di interesse della Commissione riguarda la libertà di impresa.
Il Programma nazionale di riforma (PNR), parte integrante del DEF, reca le azioni specifiche (già avviate o in programma) per rafforzare l'economia e garantire la stabilità finanziaria.
Una cornice istituzionale all'insieme di tali azioni è fornita dal disegno di legge costituzionale di modifica degli articoli 41, 97 e 118 della Costituzione presentato dal Governo alla Camera (C. 4144) e il cui esame in sede referente inizia oggi, in coincidenza con quello del DEF.
Il progetto del Governo si pone nell'ambito dell'indirizzo culturale e legislativo tracciato dal diritto comunitario che prevede il pieno dispiegarsi della libertà economica privata.
La riforma dell'articolo 41 prevede, da un lato, l'abolizione dell'indirizzo e del coordinamento statale dell'economia pubblica e privata, sostituendolo con il principio di leale collaborazione e del controllo successivo, dall'altro viene sancito il

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principio che qualsiasi intervento limitativo della libertà di imprese deve essere introdotto per legge.
Completano la riforma della costituzione economica, la modifica all'articolo 97 della Costituzione, volta a valorizzare un modello di amministrazione pubblica improntata ai principi di efficienza, efficacia e trasparenza nel presupposto che il suo buon andamento costituisce un fattore di competitività per i privati, e dell'articolo 118 della Costituzione, con cui si impegnano i poteri pubblici (locali e centrali) a garantire l'effettivo libero esplicarsi dell'autonoma iniziativa dei cittadini (la cosiddetta sussidiarietà orizzontale).
Ancora, è di interesse della Commissione, nel DEF, la riforma della pubblica amministrazione.
Il PNR sottolinea la rilevanza della riforma della pubblica amministrazione ai fini del potenziamento della competitività del Paese. Le azioni intraprese dal governo si concentrano sull'aumento dell'efficienza e mirano a generare un significativo dividendo economico, attraverso l'innalzamento dei livelli di produttività e la riduzione degli oneri amministrativi.
Il programma di modernizzazione della pubblica amministrazione segue tre direttrici principali: la riorganizzazione interna della pubblica amministrazione; l'innovazione e la digitalizzazione nella pubblica amministrazione e nel sistema Paese; e il miglioramento delle relazioni tra amministrazioni, cittadini e imprese.
Per quanto riguarda la riorganizzazione interna, il PNR prevede la definizione del Sistema di misurazione della performance e la predisposizione dei Piani triennali della performance, in modo da rendere possibili misurazioni strutturate e periodiche dell'efficienza e dell'efficacia gestionale.
È, inoltre in corso di attuazione il Piano industriale della pubblica amministrazione che prevede, la riforma della contrattazione in collegamento con la valutazione della performance e l'innovazione nell'organizzazione del lavoro (anche attraverso lo sviluppo delle tecnologie informatiche).
Sul versante dell'innovazione e la digitalizzazione nella pubblica amministrazione il PNR intende proseguire nell'azione di riforma intrapresa soprattutto con la riforma del Codice digitale e l'adozione del piano di semplificazione 2010-2012.
In materia di miglioramento delle relazioni tra amministrazioni cittadini e imprese, il PNR evidenzia il programma per la riduzione degli oneri amministrativi delle imprese, la cui piena attuazione consentirà un risparmio valutato nell'ordine di 11,6 miliardi (comprensivo sia degli interventi definiti, sia di quelli in corso di definizione o programmati).
Infine, in materia di pari opportunità, il DEF sottolinea il ruolo chiave del tasso di occupazione delle donne all'interno della strategia generale per l'occupazione.
In questa direzione si muove il Programma per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro del 2009, finalizzato alla conciliazione dei tempi di lavoro - famiglia e per la promozione delle pari opportunità nell'accesso al lavoro.
Il programma è stato integrato nel 2010 con il Piano per la conciliazione, nato dall'intesa tra Governo, Regioni e Enti locali e dall'avviso comune siglato tra le parti sociali nel marzo 2011.

Oriano GIOVANELLI (PD), rilevato che tra le azioni che il Governo intende intraprendere per contenere i disavanzi pubblici e per favorire la crescita economica c'è un nuovo intervento sulla pubblica amministrazione, osserva che le riforme della pubblica amministrazione sarebbero senz'altro utili a conseguire quei risultati, se però il Governo non si limitasse ad annunciarle ma le realizzasse davvero.
Ricorda che la Corte dei conti ha di recente reso pubblico un documento che evidenzia come la manovra di finanza pubblica della scorsa estate abbia di fatto posto nel nulla la riforma voluta dal ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione per accrescere la produttività del lavoro pubblico, valorizzare il merito dei dipendenti e responsabilizzare

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la dirigenza pubblica e come ad oggi non risulti alcun incremento della produttività della pubblica amministrazione.
Rileva, poi, che il documento in esame non prospetta alcun intervento credibile per la riduzione dei costi della pubblica amministrazione e che l'unico intervento di riduzione della spesa della pubblica amministrazione del quale il Governo sia stato capace è quello del taglio lineare degli stanziamenti per i ministeri: un provvedimento iniquo, che colpisce in ugual misura tutti i servizi e i comparti dell'amministrazione, senza razionalizzare e senza distinguere tra spese utili e spese inutili, e che per di più non funziona, visto che il debito pubblico sta crescendo.
Sottolinea, quindi, che ad ormai tre anni dall'inizio della legislatura è tempo di trarre bilanci dell'operato del Governo, piuttosto che di annunciare nuovi interventi. Gli interventi che il Governo aveva annunciato ad inizio legislatura per la semplificazione degli adempimenti amministrativi non sono stati realizzati: si pensi al trasferimento sulla rete internet dello sportello unico delle imprese o alle «zone a burocrazia zero». La stessa presidente della Confindustria ha ricordato al ministro Brunetta e al Governo che per le imprese la semplificazione degli adempimenti amministrativi previsti dalle leggi è essenziale.
Per queste ragioni preannuncia la presentazione di una proposta di parere contrario del suo gruppo sul documento in esame, che prospetta misure del tutto inidonee ad affrontare gli attuali problemi del Paese. Ad avviso del suo gruppo, sono cinque gli interventi necessari sulla pubblica amministrazione: la lotta alla corruzione, che il Governo aveva dichiarato di voler combattere con un disegno di legge del quale si sono perse le tracce in Senato; la razionalizzazione della struttura amministrativa centrale e periferica dello Stato, in connessione con l'attuazione del federalismo fiscale, nonché la riduzione del numero delle province e la costituzione delle città metropolitane; la riforma della dirigenza, con il ridimensionamento dello spoil system, l'introduzione di una maggiore trasparenza nelle nomine e di nuove regole nei concorsi, per evitare la dipendenza dei dirigenti dalla politica; riforme che diano centralità del cittadino rendendo effettivi i suoi diritti; ed infine il ricambio del personale della pubblica amministrazione, che sta invecchiando drammaticamente a causa del blocco del ricambio generazionale.

Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI), intervenendo sull'ordine dei lavori, rileva che, data l'importanza del documento in esame per la definizione degli interventi di razionalizzazione della spesa da intraprendere nei prossimi anni e data la rilevanza che in questo ambito rivestono gli interventi in materia di pubblica amministrazione, è necessario, ai fini di un dibattito proficuo, che la Commissione possa interloquire con il ministro competente, ossia con il ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, e che questi chiarisca cosa ha fatto e cosa intende fare il suo ministero.

Donato BRUNO, presidente, rispondendo alla deputata Lanzillotta, afferma che sarà cura della presidenza chiedere la presenza alla prossima seduta, prevista per mercoledì 27 aprile, del ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, fermo restando che il 27 aprile è l'ultimo giorno utile per esprimere il parere di competenza sul Documento di economia e finanza 2011. Quindi, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.25.

SEDE REFERENTE

Martedì 19 aprile 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Intervengono il ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli, il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico e il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Francesco Belsito.

La seduta comincia alle 12.25.

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Modifiche agli articoli 41, 97 e 118, comma quarto, della Costituzione.
C. 3039 Cost. Vignali, C. 3054 Cost. Vignali, C. 3967 Cost. Beltrandi e C. 4144 Cost. Governo.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL), relatore, ricorda che nell'illustrazione dei provvedimenti in esame si seguirà l'ordine degli articoli della Costituzione di cui si propone la modifica, vale a dire gli articoli 41, 45, 47, 53, 97 e 118, fermo restando che il disegno di legge del Governo C. 4144 prevede la modifica dei soli articoli 41, 97 e 118.
In particolare, l'articolo 1 del disegno di legge del Governo novella l'articolo 41 della Costituzione modificandone i primi due commi e sostituendone il terzo.
Le ragioni dell'intervento sono chiarite dalla relazione illustrativa, che rileva incertezze e contraddizioni nella vigente formulazione dell'articolo 41, che da una parte prevede la libertà dell'iniziativa economica privata e dall'altra stabilisce i suoi limiti.
L'articolo 41 stabilisce infatti che l'iniziativa economica privata è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, e che la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Le difficoltà interpretative relative al rapporto tra la libertà di iniziativa economica sancita dal primo comma e la sua delimitazione operata dal secondo e dal terzo comma sono state ampiamente dibattute dalla dottrina, che ha tra l'altro evidenziato come nella formulazione dell'articolo si rinvengano le tracce delle opposte posizioni sostenute nell'Assemblea costituente dalle principali forze politiche in materia di iniziativa economica privata e di ruolo dello Stato in economia.
Dalla relazione illustrativa del disegno di legge in esame risulta che l'obiettivo dell'intervento sull'articolo 41 è quello di «potenziarne l'impianto» in raccordo con le proposte di modifica che riguardano gli articoli 97 e 118 della Costituzione e di «valorizzare i princìpi sociali e liberali che sono a fondamento della responsabilità economica».
La relazione illustrativa richiama inoltre «l'indirizzo culturale e legislativo già tracciato dal diritto dell'Unione europea», ricordando che «il Trattato istitutivo della Comunità europea già sembrava aver soppiantato il concetto restrittivo di libertà economica privata desumibile dall'articolo 41 della Costituzione. In ragione di questo nuovo modello, la libertà di concorrenza, espressione di una piena libertà economica, è divenuta valore ordinamentale che ha ispirato le politiche legislative di liberalizzazione e di privatizzazione dell'economia nel corso degli anni novanta e non solo».
La stessa relazione osserva che «il principio della libera concorrenza, per quanto non recepito nel testo dell'articolo 41 novellato, è ormai entrato prepotentemente nell'ordinamento giuridico costituzionale attraverso il nuovo testo dell'articolo 117, secondo comma, lettera e)» che colloca la tutela della concorrenza tra le materie di esclusiva competenza statale.
La novella disposta dall'articolo 1 del disegno di legge C. 4144 sancisce innanzitutto la libertà dell'attività economica privata, oltre che dell'iniziativa economica privata, formalizzando così la diffusa interpretazione della disposizione vigente, secondo la quale la garanzia costituzionale dell'iniziativa economica privata si estende all'attività che ne costituisce lo svolgimento, fermi restando i limiti stabiliti per l'attività economica (pubblica e privata) dal terzo comma dell'articolo 41.
Il disegno di legge in esame introduce inoltre al primo comma dell'articolo 41 il principio che è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge.
La relazione illustrativa non reca specifiche osservazioni sul punto, salvo affermare che con la riforma proposta «viene

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sancito che qualsiasi intervento limitativo di tale libertà deve essere previsto dalla legge». Sembra pertanto in questo modo volersi costituire una riserva di legge in materia di divieti inerenti l'iniziativa e l'attività economica dei privati.
In terzo luogo, il disegno di legge in esame novella il comma secondo dell'articolo 41 per introdurre, tra i limiti all'iniziativa e (a questo punto anche) all'attività economica privata, anche quello del rispetto con i principi fondamentali della Costituzione. Per effetto di tale novella, il secondo comma dell'articolo 41 suonerebbe così: «L'iniziativa e l'attività economica privata non possono svolgersi in contrasto con l'utilità sociale, con i principi fondamentali della Costituzione o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana».
Andrebbe peraltro verificato se con «principi fondamentali» si intenda far riferimento a quelli già definiti come tali dalla Costituzione e sanciti negli articoli da 1 a 12 della Costituzione ovvero anche ad altri principi, che in tal caso sarebbe forse opportuno individuare con più precisione.
In merito all'interpretazione del vigente secondo comma dell'articolo 41, la giurisprudenza costituzionale è ampiamente intervenuta.
In particolare, nella sentenza n. 4 del 1962 la Corte ha rilevato che l'articolo 41 della Costituzione, pur affermando la libertà dell'iniziativa economica privata, ha consentito l'apposizione di limiti al suo esercizio subordinandola però ad una duplice condizione: e cioè richiedendo, sotto l'aspetto sostanziale, che tali limiti corrispondano all'utilità sociale, e sotto quello formale, che ne sia effettuata la disciplina per opera della legge, alla quale la materia è riservata, sia pure in modo non assoluto.
Il comma terzo dell'articolo 41 viene interamente riscritto prevedendo che la legge si conformi ai principi di fiducia e di leale collaborazione tra le pubbliche amministrazioni e i cittadini prevedendo, di norma, controlli successivi. Si indica quindi una preferenza per le forme di controllo successivo delle attività economiche private, senza impedire esplicitamente il ricorso ad altri strumenti, anche di natura preventiva. In questo caso il disegno di legge segue una tendenza delle politiche legislative economiche degli anni più recenti che, anche sulla scorta del diritto europeo, si sono dichiaratamente ispirate ad obiettivi di liberalizzazione e semplificazione amministrativa.
Il vigente comma terzo prevede che la legge determini i programmi e i controlli opportuni affinché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Se l'iniziativa economica privata è libera, nel rispetto degli obblighi previsti dal comma secondo, il suo svolgersi quale attività economica può essere indirizzato e coordinato tramite programmi e controlli ex lege. La portata applicativa del comma terzo, a differenza del comma primo, si estende anche all'attività economica pubblica.
Secondo la relazione introduttiva la riscrittura del terzo comma si rende necessaria per eliminare sia le antinomie presenti nel testo della disposizione sia l'antitesi venutasi a creare tra questa e i princìpi dell'Unione europea. Se, infatti, il sistema misto delineato dall'articolo 41 si è di fatto orientato verso un'interpretazione liberista che afferma il primato della libertà d'impresa e che, quindi, nella sua pratica attuazione non è stato capace di legittimare un «disegno globale dell'economia» da parte dello Stato per indirizzarla e coordinarla verso fini sociali, è pur vero che esso contiene in sé la capacità di legittimare singole e frammentarie disposizioni capaci di incidere sul sistema economico.
Quanto ai princìpi dell'Unione europea, va ricordato che l'articolo 16, «Libertà d'impresa», della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (cosiddetta Carta di Nizza) riconosce in modo esplicito la libertà d'impresa come diritto fondamentale dell'individuo, conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali.

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L'articolo 41 della Costituzione è oggetto di modifica anche da parte di tre proposte di legge di iniziativa parlamentare.
Le proposte Vignali ed altri C. 3039 e C. 3054 sono volte a modificare l'articolo 41 con particolare riferimento ai commi secondo e terzo e, infine, con l'aggiunta di un nuovo comma.
Più specificamente, confermando l'enunciato di cui al comma primo, la novella circoscrive la portata delle limitazioni attualmente vigenti al comma secondo attraverso una lettura in positivo delle modalità di esecuzione dell'iniziativa economica privata che, secondo le proposte, deve svolgersi a favore della dignità umana, della libertà e della sicurezza.
L'impianto del terzo comma è interamente sostituito da una clausola ai sensi della quale lo Stato riconosce l'utilità economica e sociale e l'essenziale contributo al benessere generale dell'iniziativa economica privata.
Inoltre, dopo il terzo comma, è aggiunto un comma che prevede che l'imprenditore che partecipa direttamente alla gestione dell'impresa è considerato, a tutti gli effetti, un lavoratore. Secondo la relazione illustrativa tale comma mira a superare l'anacronistica contrapposizione tra lavoratore e imprenditore sulla base della considerazione che nelle micro, piccole e medie imprese «l'imprenditore che partecipa direttamente alla gestione è inequivocabilmente quello che lavora più di tutti». Resta escluso ogni riferimento all'azionista, «che esercita una mera funzione proprietaria».
La proposta Beltrandi ed altri C. 3967 novella solo il comma 1 dell'articolo 41 per affermare che l'iniziativa economica privata è libera e deve svolgersi in condizioni di concorrenza e che chi la intraprende ne è esclusivo responsabile.
La proposta di legge costituzionale Vignali C. 3054 modifica anche gli articoli 45, 47 e 53 della Costituzione. In particolare, integra il secondo comma dell'articolo 45 della Costituzione, riguardante la tutela legislativa dell'artigianato, per estenderne la portata anche alle piccole e medie imprese. Secondo la relazione illustrativa, il dettato costituzionale dell'articolo 45 limita per ragioni storiche il riconoscimento di privilegi unicamente al sistema cooperativo e all'impresa artigiana, ignorando il grande valore per il bene comune del sistema di micro, piccole e medie imprese, che costituiscono ad oggi il 99,7 per cento del totale.
La proposta, poi, modifica il secondo comma dell'articolo 47 della Costituzione, ai sensi del quale «La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese».
La modifica prevede che la Repubblica favorisca l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice, alla partecipazione nella proprietà delle piccole e medie imprese e al diretto e indiretto investimento azionario nei complessi produttivi del territorio dell'Unione europea.
Infine, la proposta di legge C. 3054 modifica l'articolo 53 della Costituzione, il quale reca i principi cui è informato il sistema tributario e i limiti cui soggiace la potestà impositiva. La novella è diretta a sostituire il secondo comma dell'articolo 53 della Costituzione, in base al quale il sistema tributario è informato a criteri di progressività, con il seguente: «Il prelievo fiscale diretto può essere effettuato solo sui redditi delle persone fisiche e delle imprese e non può eccedere la metà dei redditi stessi maturati nell'anno di riferimento».
Secondo la relazione illustrativa la progressività dell'imposta attualmente prevista dall'articolo 53 produce una tassazione abnorme. In particolare, la maggiore tassazione dei redditi più alti produce come effetto, in via pratica, l'elusione del dovere di contribuzione facendo ricadere il peso dell'imposizione fiscale sui redditi medi e bassi. Ciò è ancora più vero a livello dell'imposizione fiscale in capo alle imprese:

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tra esse si realizzerebbe il contrario del dettato costituzionale. Qualora venga eliminata la progressività dell'imposta, sempre secondo la relazione, sarebbe in ogni caso fatto salvo il principio fissato al primo comma del medesimo articolo 53, cioè la contribuzione alla comunità pubblica in ragione delle proprie capacità contributive e, inoltre, si realizzerebbe più compiutamente il principio di equità.
Tornando al disegno di legge C. 4144, questo, all'articolo 2, sostituisce interamente l'articolo 97 della Costituzione, che apre la seconda sezione del titolo III della parte seconda della Carta fondamentale, dedicata alla pubblica amministrazione.
Nella relazione illustrativa si legge che vi è uno stretto collegamento tra questa modifica e quella relativa alla libertà di iniziativa economica, in quanto il buon funzionamento della pubblica amministrazione costituisce un fattore di competitività per i privati. Perciò, la finalità dell'intervento emendativo, nelle intenzioni del Governo, è di aggiornare il testo costituzionale valorizzando il modello di amministrazione che si è affermato nell'ordinamento.
La modifica prevista dall'articolo in esame presenta tre oggetti principali.
Innanzitutto, si propone l'inserimento di due nuovi commi iniziali. Ai sensi del primo, le pubbliche funzioni sono al servizio delle libertà dei cittadini e del bene comune. Come evidenziato nella relazione illustrativa, si esplicita un principio immanente nell'ordinamento, che evidenzia la finalizzazione delle attività pubbliche al benessere generale, secondo il modello della cosiddetta amministrazione di risultato, ossia un'amministrazione responsabile non solo della legittimità del proprio operato, ma anche dei risultati raggiunti.
Il secondo comma della novella prevede che l'esercizio, anche indiretto, delle pubbliche funzioni è regolato in modo che ne siano assicurate l'efficienza, l'efficacia, la semplicità e la trasparenza.
In tal modo vengono elevati a rango costituzionale alcuni principi generali dell'attività amministrativa, in parte già ricondotti dalla giurisprudenza costituzionale ai canoni del buon andamento di cui all'articolo 97, primo comma, della Costituzione ed enucleati dalla legge sul procedimento amministrativo (Legge n. 241 del 1990).
La seconda modifica proposta dal comma in esame novella l'attuale primo comma dell'articolo 97, il quale dispone che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge.
Tale riserva di legge è stata interpretata come riserva relativa e limitata ai soli uffici-organo, in modo da non irrigidire oltre misura il disegno organizzativo delle amministrazioni. La disposizione si ricollega all'analoga riserva contenuta dall'articolo 95, terzo comma, della Costituzione, in materia di numero e attribuzioni dei ministeri.
La novella prevista dall'articolo in esame prevede la sostituzione dell'espressione «pubblici uffici» con quella di «pubbliche amministrazioni».
L'ultima modifica consiste in un novella al testo del terzo comma del vigente articolo 97, che stabilisce il principio di accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso pubblico, salvi i casi espressamente stabiliti dalla legge. Al comma, che resterebbe inalterato nella formulazione vigente, viene aggiunto un ultimo periodo, in base al quale la carriera dei pubblici impiegati è regolata in modo da valorizzarne la capacità e il merito.
Pertanto, con il comma in esame viene assunto al rango costituzionale il principio in base al quale il criterio del merito deve essere impiegato altresì nella disciplina delle progressioni in carriera.
Infine il disegno di legge C. 4144 novella il quarto comma dell'articolo 118 della Costituzione, che, a seguito della revisione costituzionale del Titolo V della parte II intervenuta nel 2001, riconosce il principio della cosiddetta sussidiarietà orizzontale o sociale, vale a dire di quel modello politico-organizzativo nel quale è favorita l'autonomia del corpo sociale e l'intervento pubblico è previsto solo

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quando la cittadinanza non possa efficacemente provvedere alla realizzazione degli interessi generali.
È in questo senso che il principio viene richiamato dall'ultimo comma dell'articolo 118 della Costituzione, ai sensi del quale: «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà».
Con la novella in esame, compito dei poteri pubblici sarebbe non più solo quello di «favorire», quanto piuttosto anche quello di «garantire» lo svolgimento di attività di interesse generale da parte dei privati.
Secondo quanto evidenziato nella relazione illustrativa al disegno di legge, lo scopo della modifica, collegata alla riformulazione dell'articolo 41 in materia economica, è di «rafforzare la portata del principio di sussidiarietà orizzontale».
Con la nuova formulazione s'intende quindi garantire all'autonoma iniziativa dei privati e della società civile uno spazio di azione segnando un limite di intervento ai poteri pubblici.

Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI), intervenendo sull'ordine dei lavori, osserva che sarebbe utile che la Commissione audisse sui progetti di legge in esame i rappresentanti delle imprese e del mondo dell'economia.

Gianclaudio BRESSA (PD) ritiene che la Commissione dovrebbe svolgere una breve indagine conoscitiva sui progetti di legge in esame, procedendo in tale ambito anche all'audizione dei rappresentanti delle imprese e del mondo dell'economia.

Donato BRUNO, presidente, premesso di condividere la proposta, ne rinvia la decisione alla prossima riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi. Quindi, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Norme per la stabilizzazione dei vigili del fuoco volontari discontinui.
C. 1150 Catanoso, C. 3588 Granata e C. 4123 La Loggia.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 14 aprile 2011.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che nella precedente seduta il sottosegretario Palma ha svolto un intervento molto analitico per evidenziare le ragioni di contrarietà del Governo alle proposte di legge in esame e, rilevato che non vi sono richieste di intervento, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Norme per la tutela della minoranza linguistica ladina della regione Veneto.
C. 24 Zeller.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 14 aprile 2011.

Donato BRUNO, presidente, avverte che la Presidente della Federazione tra le Unioni culturali dei Ladini Dolomitici della Regione del Veneto ha chiesto di essere audita sulla proposta di legge in oggetto e che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha ritenuto preferibile richiedere alla Federazione l'invio di una nota scritta come contributo ai lavori istruttori della Commissione sul provvedimento in titolo.
Quindi, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.45.

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RISOLUZIONI

Martedì 19 aprile 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Intervengono il Ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli, il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico e il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Francesco Belsito.

La seduta comincia alle 12.45.

Sui lavori della Commissione.

Donato BRUNO, presidente, avverte che il ministro per i rapporti con le regioni e la coesione territoriale, Raffaele Fitto, e il sottosegretario per l'interno, Alfredo Mantovano, delegati a seguire, rispettivamente, le risoluzioni 7-00458 Vanalli, 7-00485 Favia e 7-00486 Bressa sulla disciplina in materia di servizi pubblici locali, con particolare riguardo al servizio idrico, e la risoluzione 7-00478 Zaccaria, in materia di programmazione sui flussi migratori, hanno comunicato che non potranno prendere parte ai lavori odierni. La discussione delle suddette risoluzioni non avrà pertanto luogo.

Roberto ZACCARIA (PD), nel ricordare che la sua risoluzione n. 7-00478 Zaccaria, in materia di programmazione sui flussi migratori, riveste in qualche modo carattere di urgenza, chiede al presidente di sollecitare l'intervento del sottosegretario Mantovano, la cui presenza è necessaria, in modo che la risoluzione possa essere discussa e votata quanto prima.

Gianclaudio BRESSA (PD) sottolinea che, mentre nel caso di altri rappresentanti del Governo la mancata partecipazione alle sedute della Commissione ha carattere occasionale, l'assenza del sottosegretario Mantovano è invece continuativa, con la conseguenza che restano giacenti gli atti di sindacato ispettivo che investono le materie a lui delegate dal ministro, tutte di primaria importanza. Sottolinea, in particolare, che il problema che si pone oggi per la risoluzione n. 7-00478 Zaccaria si pone da tempo anche per le interrogazioni a risposta in Commissione incidenti sulle materie di competenza del sottosegretario Mantovano, che sono per la gran parte senza risposta.

Giuseppe CALDERISI (PdL) preannuncia la presentazione, da parte del suo gruppo, di una risoluzione sulla medesima materia della risoluzione n. 7-00478 Zaccaria.

Donato BRUNO, presidente, con riferimento agli interventi dei deputati Zaccaria e Bressa, assicura che si farà carico di rappresentare il disagio della Commissione nelle sedi opportune e di sollecitare la presenza del sottosegretario Mantovano.

7-00506 Bressa: Sul decentramento amministrativo comunale.
(Seguito della discussione e rinvio).

La Commissione prosegue la discussione, rinviata nella seduta del 24 marzo 2011.

Il sottosegretario Michelino DAVICO rileva che con la risoluzione iscritta all'ordine del giorno della seduta odierna l'on. Bressa e gli altri sottoscrittori mirano ad impegnare il Governo ad una revisione delle modifiche normative che hanno di fatto portato alla soppressione delle circoscrizioni di decentramento nei Comuni con popolazione fino a 250 mila abitanti.
La questione proposta è motivata dalla considerazione che alcune disposizioni di legge contenute nella finanziaria 2008 sono intervenute in via sostanziale sulla potestà di determinazione dei comuni in materia di decentramento per ragioni di natura finanziaria.
Di qui l'invito rivolto al Governo di assumere le iniziative normative ritenute necessarie per ripristinare quella che i presentatori della risoluzione chiamano

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una «risorsa» della politica, contrastando il percorso voluto dal legislatore per contenere il «costo» della politica.
La risoluzione odierna muove da una considerazione sulla quale il Governo non può che convenire: quella di salvaguardare e dare il giusto spazio al principio del decentramento che com'è noto costituisce un punto cardine della nostra Costituzione.
Ricorda a tal proposito l'articolo 5 che, nell'affermare il valore del decentramento, ne fa un principio informatore dell'organizzazione politica della Repubblica.
La soluzione prescelta dal Costituente è stata quella di riconoscere e promuovere le autonomie locali, nel quadro di uno Stato unitario, prendendo in considerazione l'esigenza dell'autonomia e del decentramento fra i criteri regolatori dell'esercizio della funzione amministrativa.
Sul punto si è snodato un percorso che giunge fino ai giorni nostri, nel corso del quale il modello del decentramento si è arricchito di significati e contenuti sempre più precisi, sino a giungere alla rielaborazione che la riscrittura della Costituzione ha fatto dell'articolo 114.
In questo cammino si è tuttavia inserita anche una valutazione di carattere diverso - di natura economico-finanziaria - che ha portato, come ricorda l'onorevole Bressa, alla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria del 2008).
Quest'ultima ha previsto una prima modifica dell'articolo 17 del testo unico degli enti locali che ha reso più restrittivi i parametri demografici per l'istituzione delle circoscrizioni comunali.
Rispetto alla previsione contenuta del testo unico del 2000 la nuova disposizione ha ampliato a 250.000 abitanti la classe demografica dei comuni per i quali non era possibile istituire organi di decentramento comunale.
Inoltre i comune compresi in una fascia inferiore ai 250.000 abitanti dovevano procedere alla soppressione delle circoscrizioni con il progressivo esaurimento del mandato elettorale degli organi circoscrizionali in carica nei singoli enti.
I comuni con popolazione compresa fra 100.000 e 250.000 abitanti, avevano la facoltà di istituire circoscrizioni comunali, con la precisazione che la popolazione media delle circoscrizioni non poteva essere inferiore a 30.000 abitanti.
Su questo punto non intende tuttavia soffermarsi troppo in quanto la legge finanziaria 2008 è un provvedimento voluto dalla precedente maggioranza.
Il Governo, quindi, non ha fatto altro che proseguire in un percorso già avviato. Infatti, legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), come modificata dalla legge 26 marzo 2010 n. 42, ha confermato la soppressione delle circoscrizioni di decentramento comunale, nelle modalità e nei limiti previsti dalla precedente legge finanziaria per coordinare le spese sostenute dai comuni con le esigenze di contenimento della spesa pubblica.
La decorrenza dai rinnovi da parte degli enti locali interessati era fissata con inizio dal 2011.
È evidente pertanto che già nella scorsa legislatura era sentita l'opportunità di prevedere una soglia minima di abitanti al di sotto della quale, proprio in virtù dell'esigua dimensione dell'ente e della conseguente maggiore facilità di portare all'attenzione degli amministratori le problematiche locali, non siano state consentite forme di decentramento amministrativo.
In secondo luogo la predetta legge finanziaria si colloca in un quadro generale di misure volte alla riduzione delle spese delle pubbliche amministrazioni nel loro complesso e nello specifico degli oneri connessi al proliferare di strutture burocratiche, di organismi politici e di apparati amministrativi.
Le linee ispiratrici del disegno volto a una riduzione dello spazio della politica nella gestione degli enti locali hanno un denominatore comune, incentrato anche sulla semplificazione degli apparati locali e sull'accorpamento delle funzioni fino a giungere all'esercizio associato delle stesse, secondo criteri che recentemente questa stessa Commissione ha approvato, in prima lettura, in occasione della discussione

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del disegno di legge sulla Carta delle Autonomie, adesso all'esame dell'altro ramo del Parlamento.
Quindi, ricorda che la vicenda del mantenimento dei consigli circoscrizionali nei soli Comuni con popolazione superiore ai 250 mila abitanti risponde in primo luogo ad un'esigenza di semplificazione del sistema politico nel suo complesso - così come si sta delineando in questi ultimi anni - nonché di riduzione dei costi che non solo meramente finanziari, ma sono anche i costi diretti e indiretti connessi alla rappresentanza politica, alla gestione del consenso nel territorio, all'estrema politicizzazione degli apparati comunali nonché all'efficienza dello svolgimento dei servizi pubblici.
Sussistono, peraltro, alcune ragioni pratiche connesse col funzionamento concreto delle circoscrizioni - ed in particolare con i costi delle stesse - che inducono il Governo a ritenere opportuna una loro drastica semplificazione.
Innanzitutto, le circoscrizioni svolgono attività nei limiti della delega dei consigli comunali e degli assessori. La prassi applicativa ha evidenziato che minori sono le dimensioni del comune, meno importanti sono state le deleghe affidate alle circoscrizioni, con evidenti conseguenze in ordine alla scarsa utilità pratica dell'istituto. Inoltre, non essendo predeterminate a livello legislativo quali siano le deleghe di competenza della circoscrizione, l'attribuzione delle stesse è avvenuta in modo difforme sul territorio nazionale, determinando significative disomogeneità.
Peraltro, le circoscrizioni vengono di fatto spesso e volentieri «scavalcate» dal cittadino che, volendo rappresentare un'esigenza all'amministrazione comunale, cerca un interlocutore nell'ambito della giunta o del consiglio comunale.
Infatti, il punto dolente dell'istituto è lo scarso grado di vicinanza alla popolazione - spesso erroneamente usato come argomento a favore del mantenimento delle circoscrizioni - dal momento che i cittadini ne ignorano il ruolo, i compiti e le funzioni.
In realtà, gli interessi che la popolazione esprime a livello locale non trovano sfogo, né promozione, né riferimento istituzionale nelle circoscrizioni. Infatti, le istanze di partecipazione popolare si sviluppano al di fuori delle stesse, come è dimostrato dal fiorire dei comitati di cittadini che fanno normalmente da filtro tra popolazione e amministratori comunali.
Non è un caso che il Presidente della Repubblica, in occasione della cerimonia celebrativa del 150o anniversario dell'Unità d'Italia abbia sottolineato come un'evoluzione in senso federalistico, e non solo nel campo finanziario, potrà garantire maggiore autonomia e responsabilità alla istituzioni regionali e locali, rinnovando e rafforzando le basi dell'unità nazionale.
Alla luce delle considerazioni svolte, appare evidente come l'esigenza di una riforma degli organismi di decentramento comunale abbia seguito un percorso che l'attuale Governo ha ereditato dalla precedente maggioranza e che ha portato avanti secondo una linea di tendenza che si propone di rendere compatibili le aspirazioni di maggiore partecipazione dei cittadini alla vita pubblica locale con i costi effettivi della politica.
Il Governo non ritiene, pertanto, di invertire la linea finora seguita, sottoponendo peraltro, a questa Commissione l'opportunità di procedere ad una valutazione delle riforme avviate che, comunque, toccano solamente gli aspetti economico-finanziari e non quelli dell'ordinamento degli enti locali, codificato dal testo Unico.
Va osservato che i comuni dovranno farsi carico di dare spazio ed ascolto alle istanze di partecipazione dei cittadini alla vita politica ed amministrativa: con la soppressione delle circoscrizioni, le funzioni da esse svolte non rimarranno di certo inattuate, ma dovranno essere assorbite dai comuni, che le organizzeranno senza appesantimenti burocratici e costituzioni di organismi strutturati, con la sensibile riduzione degli oneri finanziari.
D'altro canto, è opportuno richiamare quanto disposto dall'articolo 17 del disegno di legge, già approvato alla Camera, di cui all'A.S. n. 2259, cosiddetta Carta delle

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autonomie, che - nel confermare la necessità che i comuni, nei limiti esposti, aboliscano le circoscrizioni di decentramento e nel prevedere, ove costituite, nuovi limiti alla composizione degli organi di queste ultime, parametrati alla popolazione comunale - consente ai comuni con popolazione compresa tra i 100.000 e i 250.000 abitanti di istituire forme di consultazione e di partecipazione dei propri cittadini, senza spese o nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Sarà dunque proprio in attuazione di questa ultima disposizione che i comuni apporteranno le misure adeguate a salvaguardare le esigenze rappresentate dal deputato Bressa. In base alle considerazioni suesposte il Governo esprime parere contrario alla risoluzione presentata dal deputato Bressa.

Gianclaudio BRESSA (PD) prende atto delle osservazioni del Governo, ma fa presente che nel corso dell'audizione informale di rappresentanti del Comitato nazionale delle circoscrizioni di decentramento amministrativo e di Legautonomie, svolta mercoledì scorso nell'ambito della discussione della sua risoluzione, è emerso che 38 sindaci di comuni con più di centomila abitanti sostengono tutti, nonostante la loro diversa appartenenza politica, che il decentramento amministrativo comunale è uno strumento di partecipazione democratica utile e importante, che non pone problemi di costo, che funziona e che non determina lungaggini amministrative. Non si vede quindi perché il Governo insista per la sua abolizione.

Matteo BRAGANTINI (LNP) osserva che le circoscrizioni di decentramento comunale possono essere utili, nei comuni non troppo piccoli, solo se si affidano loro funzioni effettive, il che non sempre avviene. Fa inoltre presente che non è vero che la loro esistenza non comporti costi pubblici, atteso che, anche quando i consiglieri circoscrizionali non ricevono indennità, il comune sostiene comunque qualche spesa, per esempio per l'affitto o la manutenzione dei locali delle riunioni o per il personale amministrativo addetto. Non è, d'altra parte, sua intenzione ridurre le spese tagliando sulle circoscrizioni di decentramento, perché anzi, a suo avviso, sarebbe necessario aumentare le indennità dei consiglieri circoscrizionali, dove questi continuano ad esistere. È tuttavia sensato il ragionamento del Governo, secondo il quale nei comuni con meno di 250 mila abitanti le circoscrizioni sono inutili perché i consiglieri, il sindaco e gli assessori hanno un rapporto diretto con la cittadinanza.

Gianclaudio BRESSA (PD) ribadisce che 38 sindaci di diversa appartenenza politica hanno fatto presente al Governo che nei comuni sopra i centomila abitanti - non si parla di quelli con popolazione inferiore - le circoscrizioni di decentramento amministrativo si sono dimostrate, alla prova dell'esperienza, utili. Quanto ai costi evidenziati dal deputato Bragantini, osserva che si tratta di costi irrisori.

Paolo FONTANELLI (PD) invita il Governo a rivedere la propria posizione, che giudica rigida. Fa presente che nella sua città, Pisa, i consigli circoscrizionali sono stati sciolti in attuazione della legge, ma che si è reso necessario costituire organismi di mediazione alternativi, su base volontaria e senza retribuzione, in quanto si è riscontrata la necessità di un livello di rappresentazione intermedio tra le diverse realtà della città e gli organi comunali. Ritiene condivisibile l'abolizione dell'indennità per i consiglieri circoscrizionali, che può trasformarsi, come è avvenuto, in uno stipendio fisso a fronte di nessuna attività, ma è irragionevole impedire ai comuni di prevedere, nell'esercizio della loro autonomia organizzativa, forme di decentramento senza costi oltre quelli minimi dei locali e del personale amministrativo.

Oriano GIOVANELLI (PD) ricorda che anche nella sua città, Pesaro, la quale ha meno di centomila abitanti, le circoscrizioni di decentramento sono state abolite sulla base della previsione della legge finanziaria

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per il 2007, del Governo Prodi. Si trattava di una realtà che funzionava dagli anni '60 del secolo scorso e che, in una città priva di un centro e costituita di più frazioni, aveva una grande utilità amministrativa, nella risoluzione di problemi piccoli, come il vetro rotto di una scuola, dei quali il consiglio comunale non può naturalmente occuparsi. Aggiunge che l'esistenza dei consigli decentrati favorisce lo sviluppo del volontariato per la risoluzione di piccoli problemi, come l'organizzazione di servizi di accompagnamento dei bambini a scuola. È provato infatti che questo tipo di volontariato funziona dove funzionano le istituzioni pubbliche.

Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI) ritiene che per i piccoli problemi come quelli portati ad esempio dal deputato Giovanelli si possano trovare soluzioni diverse, che non richiedano complesse procedure amministrative e una struttura apposita. A suo avviso, occorre distinguere tra partecipazione popolare, sussidiarietà e articolazione amministrativa. Nelle grandi realtà territoriali il decentramento delle funzioni amministrative è opportuno. Tuttavia vi sono molte città con più di 250 mila abitanti nelle quali le circoscrizioni di decentramento sono di fatto inutili perché i consigli comunali non delegano loro nessuna funzione concreta di gestione del territorio. La legge dovrebbe quindi definire un modello di decentramento amministrativo nel quale sia prevista una riserva di funzioni per i consigli decentrati e lasciare nel contempo libero il comune di organizzare in autonomia le forme di partecipazione dei cittadini alla vita della collettività comunale, senza che questa partecipazione debba necessariamente avvenire mediante le strutture di decentramento amministrativo.

Matteo BRAGANTINI (LNP) ritiene che l'attribuzione di funzioni ai consigli di decentramento amministrativo sia opportuna, fermo restando che questi non devono essere previsti nei comuni al di sotto di una certa soglia di abitanti, nei quali non hanno alcuna ragion d'essere.

Il sottosegretario Michelino DAVICO ribadisce che, come chiarito nel suo intervento, le ragioni della contrarietà del Ministero dell'interno al ripristino delle circoscrizioni di decentramento amministrativo nei comuni tra centomila e 250 mila abitanti non sono di ordine finanziario, ma amministrativo.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito della discussione ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.25.

COMITATO RISTRETTO

Martedì 19 aprile 2011.

Modifica all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab.
C. 627 Binetti, C. 2422 Sbai, C. 2769 Cota, C. 3018 Mantini, C. 3020 Amici, C. 3183 Lanzillotta, C. 3205 Vassallo, C. 3368 Vaccaro, C. 3715 Reguzzoni, C. 3719 Garagnani e C. 3760 Bertolini.

Il Comitato ristretto si è riunito dalle 13.25 alle 14.

AUDIZIONI INFORMALI

Martedì 19 aprile 2011.

Audizione dei sindaci dei comuni di Soncino e Torre Pallavicina, in relazione all'esame della proposta di legge C. 1320 Gregorio Fontana «Modifica delle circoscrizioni territoriali dei comuni di Torre Pallavicina e di Soncino nonché delle province di Bergamo e Cremona».

L'audizione informale è stata svolta dalle 14 alle 14.10.

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 19 aprile 2011. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 15.50.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato del Qatar, fatto a Doha il 14 gennaio 2007.
C. 4248 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Doris LO MORO (PD), relatore, dopo aver brevemente illustrato la proposta di legge in esame, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Libano per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Beirut il 22 novembre 2000.
C. 4249 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Doris LO MORO (PD), relatore, dopo aver brevemente illustrato la proposta di legge in esame, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

DL 26/11: Misure urgenti per garantire l'ordinato svolgimento delle assemblee societarie annuali.
C. 4219 Governo.

(Parere alla VI Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL), relatore, ricorda che il provvedimento in esame consente di posticipare i termini per la convocazione dell'assemblea annuale successiva alla chiusura dell'esercizio 2010, in favore di alcune tipologie di società quotate.
Come ricorda la relazione illustrativa (e come specifica l'articolo 1, comma 1 del provvedimento), nella prossima stagione assembleare le società dovranno applicare le norme del d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 27, che ha recepito nell'ordinamento italiano la direttiva 2007/36/CE concernente l'esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate.
Tale provvedimento ha apportato rilevanti modifiche alla normativa vigente in materia di intervento in assemblea e diritto di voto; tra l'altro, tutta una serie di nuove disposizioni (concernenti la convocazione assembleare, la pubblicità delle relazioni degli organi societari, il sito internet, l'esercizio del voto per corrispondenza e mediante procedimento elettronico, etc.) sono state rese applicabili anche alle società che emettono azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante. Inoltre, con regolamento della Consob, è stato consentita l'estensione di tali norme anche agli emittenti altri strumenti finanziari - diversi dalle azioni - diffusi in misura rilevante tra il pubblico (articolo 116, comma 2-ter del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria - TUF, di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58).
L'articolo 1, comma 1, del provvedimento in esame - in deroga alle disposizioni vigenti - consente lo slittamento, da 120 a 180 giorni dalla chiusura dell'esercizio 2010, dei termini per la convocazione

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dell'assemblea annuale, anche qualora tale possibilità non sia prevista dallo statuto, in favore di alcune tipologie di emittenti.
La normativa vigente infatti (articolo 2364, secondo comma e 2364-bis, secondo comma del codice civile) prescrive che l'assemblea ordinaria sia convocata entro il termine stabilito dallo statuto e, comunque, non oltre centoventi giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un maggior termine, comunque non superiore a centottanta giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato, ovvero quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto della società; in questi casi gli amministratori devono segnalare le ragioni della dilazione nella relazione sulla gestione.
Il posticipo interessa le società cui si applica l'articolo 154-ter del TUF, ovvero gli emittenti quotati che hanno l'Italia come Stato membro d'origine, investiti dall'obbligo di pubblicare alcune relazioni finanziarie a cadenza periodica (relazione finanziaria annuale, semestrale, resoconto intermedio di gestione).
Il comma 2 dell'articolo 1 consente alle predette società, ove al 27 marzo 2011 (data di entrata in vigore del decreto-legge in commento) abbiano già pubblicato l'avviso di convocazione dell'assemblea annuale, di convocare l'assemblea, in prima o unica convocazione, a nuova data.
Il nuovo avviso deve rispettare i termini e le modalità di cui all'articolo 125-bis del TUF: l'assemblea sarà dunque convocata entro il trentesimo giorno precedente la data dell'assemblea stessa, con avviso pubblicato sul sito internet della società e nel rispetto delle modalità dettate dalla Consob con regolamento. Nel caso di assemblea convocata per l'elezione dei componenti degli organi di amministrazione e controllo, il termine per la pubblicazione dell'avviso di convocazione sarà anticipato al quarantesimo giorno precedente la data dell'assemblea. I termini di convocazione di alcune particolari assemblee (convocate per riduzione del capitale sociale o per nomina/revoca dei liquidatori) sono spostati al ventunesimo giorno precedente la data dell'assemblea. L'articolo 125-bis reca anche il contenuto obbligatorio dell'avviso di convocazione, che tra l'altro deve contenere (oltre al giorno, l'ora e il luogo dell'adunanza) la descrizione chiara e precisa delle procedure che gli azionisti devono rispettare per poter partecipare e votare in assemblea e per l'esercizio del voto per delega, per corrispondenza o con mezzi elettronici, se previsto dallo statuto.
La nuova convocazione è possibile solo ove non sia decorso, con riferimento all'assemblea originariamente convocata, il termine per l'invio delle comunicazioni che legittimano all'intervento in assemblea e all'esercizio del diritto di voto nelle società italiane con azioni ammesse alla negoziazione nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione italiani o di altri Paesi dell'Unione europea, con il consenso dell'emittente.
A mente dell'articolo 83-sexies, comma 1 del TUF, la legittimazione all'intervento in assemblea e all'esercizio del diritto di voto è attestata da una comunicazione all'emittente, effettuata dall'intermediario, in conformità alle proprie scritture contabili, in favore del soggetto a cui spetta il diritto di voto. Il successivo comma 2, richiamato dalle disposizioni in commento, prevede che nelle società italiane con azioni ammesse alla negoziazione nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione italiani o di altri Paesi dell'Unione europea con il consenso dell'emittente, la suddetta comunicazione è effettuata dall'intermediario sulla base delle evidenze relative al termine della giornata contabile del settimo giorno di mercato aperto precedente la data fissata per l'assemblea in prima o unica convocazione.
Le disposizioni contemplano poi il caso in cui l'assemblea sia stata convocata anche per la nomina dei componenti degli organi societari. Viene mantenuta anche per la nuova convocazione la validità delle liste già depositate presso l'emittente, con facoltà di presentarne di nuove nel rispetto dei termini previsti dalla legge (articolo 147-ter, comma 1-bis del TUF, a mente del quale le liste sono depositate

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presso l'emittente entro il venticinquesimo giorno precedente la data dell'assemblea chiamata a deliberare sulla nomina dei componenti del consiglio di amministrazione e messe a disposizione del pubblico presso la sede sociale, sul sito Internet e con le altre modalità previste dalla Consob con regolamento almeno ventuno giorni prima della data dell'assemblea) e dalle norme regolamentari (dettate dalla Consob per la disciplina delle modalità per l'elezione, con voto di lista, di un membro effettivo del collegio sindacale da parte dei soci di minoranza).
La possibilità di rinvio a nuova data è estesa, infine, anche all'assemblea straordinaria convocata con il medesimo avviso.
L'articolo 2 dispone che il decreto-legge entri in vigore il 27 marzo 2011 (giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale).
In conclusione, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 3).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Norme in materia di previdenza e di tutela della maternità per gli atleti non professionisti.
Nuovo testo C. 4019 Di Centa, adottato come testo base, ed abb.

(Parere alle Commissioni VII e XI).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con un'osservazione).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Isabella BERTOLINI, presidente, in sostituzione del relatore, impossibilitato a partecipare alla seduta, ricorda che il nuovo testo unificato delle proposte di legge C. 4019 e abbinate detta norme in materia di previdenza e di tutela della maternità per gli atleti non professionisti.
Il provvedimento si compone di 3 articoli.
L'articolo 1 prevede che gli atleti e le atlete non professionisti, non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza, che abbiano praticato per almeno un anno discipline di interesse nazionale, (come individuate dal regolamento di attuazione della legge previsto all'articolo 3), possono riscattare a fini previdenziali i periodi di svolgimento dell'attività sportiva durante i quali abbiano conseguito esclusivamente redditi di cui all'articolo 67, comma 1, lettera m), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986 (Testo unico delle imposte sui redditi), ossia indennità di trasferta, rimborsi forfetari di spesa, nonché premi e compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche. I predetti periodi sono riscattabili, in tutto o in parte, fino ad un massimo di cinque anni. Nel caso di esercizio della facoltà di cui al presente comma, la misura del trattamento pensionistico complessivo a carico degli enti previdenziali pubblici è determinata esclusivamente secondo le regole di calcolo del sistema contributivo.
L'articolo 2 riconosce agli atleti e alle atlete in possesso dei medesimi requisiti stabiliti all'articolo 1, il diritto ad una indennità di maternità, pari all'80 per cento del minimale di reddito degli iscritti alla gestione esercenti attività commerciali, per i periodi di congedo di maternità previsti dal testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e ad una indennità pari al 30 per cento del minimale di reddito degli iscritti alla gestione esercenti l'attività commerciale, per i successivi sei mesi di astensione facoltativa, da esercitare entro il primo anno di vita del bambino. A fronte di tale beneficio gli atleti e le atlete sono tenuti a versare INPS, in apposita evidenza contabile separata, per l'intera durata dell'attività praticata, un contributo obbligatorio annuo pari allo 0,46 per cento del minimale di reddito degli iscritti alla gestione esercenti l'attività commerciale.
L'articolo 3 rimette a un regolamento, da adottare con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti l'INPS e il CONI, previo

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parere delle Commissioni parlamentari competenti, la definizione delle modalità di attuazione della legge.
In conclusione, formula una proposta di parere favorevole con una osservazione (vedi allegato 4) con la quale, considerato che i beneficiari del provvedimento sono gli atleti non professionisti e che la competenza in materia di sport è attualmente in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, all'articolo 3, comma 1, si invitano le Commissioni di merito a valutare l'opportunità di prevedere che le discipline sportive di interesse nazionale di cui agli articoli 1 e 2 della proposta di legge e le modalità di attuazione della medesima siano determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (sentiti l'INPS e il Comitato olimpico nazionale italiano, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti).

Pierluigi MANTINI (UdC) osserva che, anche se i beneficiari del provvedimento sono gli atleti non professionisti, la materia prevalente è quella previdenziale. A suo avviso, sarebbe pertanto preferibile mantenere il testo dell'articolo 3, comma 1, che prevede un decreto del ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Isabella BERTOLINI, presidente, fa presente che il decreto in questione, oltre a recare norme per l'attuazione del provvedimento, individua le discipline sportive di interesse nazionale di cui agli articoli 1 e 2, e che questa è una competenza che dovrebbe spettare alla Presidenza del Consiglio.

Pierluigi MANTINI (UdC) ritiene che si dovrebbe in ogni caso individuare una formula che faccia salve nel contempo le competenze della Presidenza del Consiglio dei ministri in materia di sport e quelle del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di previdenza.

Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL) e Doris LO MORO (PD) condividono il rilievo del deputato Mantini.

Isabella BERTOLINI, presidente, riformula la sua proposta di parere alla luce di quanto rilevato dal deputato Mantini (vedi allegato 5).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente, come riformulata.

Riqualificazione e recupero dei centri storici.
Nuovo testo unificato C. 169 Tommaso Foti e abb.

(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Isabella BERTOLINI, presidente, in sostituzione del relatore, impossibilitato a partecipare alla seduta, ricorda che il testo in esame è finalizzato a consentire l'avvio di interventi volti al recupero, alla tutela e alla riqualificazione dei centri storici, da realizzare nelle zone che spetta ai comuni e alle unioni di comuni individuare con propria deliberazione. Gli interventi hanno carattere integrato, in quanto possono prevedere il coinvolgimento sia di soggetti privati che pubblici. Si ricorda che le proposte di legge 169 e abb. riproducono, nella sostanza, un analogo provvedimento approvato all'unanimità dalla Camera dei deputati nella XV legislatura (atto Camera n. 550-A).
In particolare, l'articolo 1 prevede, al comma 1, che lo Stato favorisca - al fine di promuovere lo sviluppo e rimuovere gli squilibri economici e sociali di determinati territori ai sensi dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione - interventi volti al recupero, alla tutela e alla riqualificazione dei centri storici circoscrivendo l'ambito di applicazione di tali interventi ai soli comuni con popolazione pari o inferiore a 5000 abitanti e alle unioni di comuni costituite esclusivamente da comuni con popolazione pari o inferiore a 5000 abitanti. Tali interventi hanno, altresì, l'obiettivo di attivare i finanziamenti per gli interventi nelle aree urbane eventualmente previsti dai Programmi operativi nazionali (PON) e dai Programmi

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operativi regionali (POR) adottati nell'ambito dei fondi strutturali per il periodo 2007-2013.
Il comma 2 pone in capo ai comuni con popolazione pari o inferiore a 5000 abitanti e alle unioni di comuni costituite esclusivamente da comuni con popolazione pari o inferiore a 5000 abitanti la facoltà di individuare zone di particolare pregio, dal punto di vista della tutela dei beni architettonici e culturali, in cui realizzare interventi integrati pubblici e privati finalizzati alla riqualificazione urbana. Le zone di particolare pregio architettonico e culturale saranno individuate non soltanto nell'ambito del perimetro dei centri storici, ma anche negli insediamenti urbanistici definiti, sulla base di parametri qualitativi di natura storica, architettonica e urbanistica, dal decreto interministeriale di cui al comma 7 - adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata - e a cui assegnare il marchio di «borghi antichi d'Italia».
I comuni e le unioni di comuni di cui al comma 1 potranno, altresì, promuovere la valorizzazione, all'interno dei centri storici, dei centri commerciali naturali intesi come «insiemi organizzati, anche in forme societarie, di esercizi commerciali, di strutture ricettive, di attività artigianali e di servizio, in cui si concentra un'offerta differenziata di prodotti, di servizi e di attività da parte di una pluralità di soggetti», con specifico riferimento alla valorizzazione delle produzioni tipiche locali e alla promozione turistica e culturale del territorio (comma 5).
Il comma 3 definisce la tipologia degli interventi: si tratta, in particolare, del risanamento, della conservazione e del recupero del patrimonio edilizio, della realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico, compresa la manutenzione straordinaria dei beni pubblici già esistenti, nel rispetto dei caratteri identificativi delle zone di particolare pregio individuate dai comuni e dalle unioni di comuni, nonché del miglioramento e dell'adeguamento dei servizi urbani, degli interventi finalizzati al consolidamento statico e antisismico degli edifici storici.
Il comma 4 prevede che le regioni possano prevedere funzioni di indirizzo e coordinamento volte al recupero e alla rivitalizzazione dei centri storici anche in relazione agli interventi integrati approvati dai comuni.
Il comma 6 dispone, nelle zone di particolare pregio, l'applicazione ai privati delle detrazioni fiscali previste dalla legislazione vigente di cui all'articolo 1, comma 1, primo periodo, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, per quanto riguarda il recupero del patrimonio edilizio nonché di tutte le agevolazioni previste per interventi realizzati con tecniche di bioedilizia, avvalendosi di fonti di energia rinnovabili ovvero con risparmio delle risorse idriche.
Al fine di contribuire alla realizzazione degli interventi integrati di cui all'articolo 1, l'articolo 2, comma 1, dispone l'istituzione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del Fondo nazionale per il recupero, la tutela e la valorizzazione dei centri storici e dei borghi antichi d'Italia (con una dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2012). Il comma 2 prevede che con apposito decreto interministeriale, previa intesa in sede di Conferenza unificata, sia emanato un bando di gara destinato ai comuni e alle unioni di comuni che intendano realizzare gli interventi integrati, ai fini del riparto delle risorse assegnate al Fondo e con il vincolo dell'attribuzione di una parte delle medesime, fino a un quarto del totale complessivo, agli interventi per i «borghi antichi d'Italia». Tale decreto - come dispone il comma 3 - stabilisce procedure per il controllo degli interventi e per l'eventuale revoca dei contributi nonché le modalità di riparto per dare priorità agli interventi per i quali gli enti locali hanno messo a disposizione una quota minima di risorse come indicato nel bando di gara.
Il comma 5 reca la clausola di copertura finanziaria del Fondo per il 2012, mentre il comma 8 dispone circa la copertura finanziaria per le annualità successive al 2012. Il comma 6 prevede, altresì, un eventuale incremento della dotazione finanziaria del Fondo mediante

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l'utilizzo delle economie conseguenti alle revoche totali o parziali dei contributi statali relativi ai programmi di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio (cosiddetti P.R.U.S.S.T).
L'articolo 3 fa salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono alle finalità della presente legge ai sensi di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.
In conclusione, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 6).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

La seduta termina alle 16.10.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

RISOLUZIONI

7-00458 Vanalli, 7-00485 Favia e 7-00486 Bressa: Sulla disciplina in materia di servizi pubblici locali, con particolare riguardo al servizio idrico.

7-00478 Zaccaria: In materia di programmazione sui flussi migratori.

COMITATO RISTRETTO

Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, in materia di soppressione delle province.
Testo base C. 1990 cost. Donadi, C. 1836 cost. Scandroglio, C. 1989 cost. Casini, C. 2264 cost. Pisicchio e C. 2579 cost. Vassallo.

COMITATO PARERI

Disposizioni per la conservazione, il restauro, il recupero e la valorizzazione di monumenti e per la celebrazione di eventi storici di rilevanza nazionale.
Nuovo testo C. 4071 Barbieri.