CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 13 aprile 2011
467.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Mercoledì 13 aprile 2011. - Presidenza del presidente Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

La seduta comincia alle 14.05.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato del Qatar, fatto a Doha il 14 gennaio 2007.
C. 4248 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Paolo CORSINI (PD), relatore, illustra il provvedimento in titolo segnalando che il provvedimento in esame riguarda un paese dalla crescente rilevanza strategica ed è inteso a gettare le basi per un ulteriore

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miglioramento qualitativo dei rapporti bilaterali nel settore della cooperazione culturale.
Richiama il ruolo che Doha sta assumendo negli equilibri del Medio Oriente come anche sottolineato dal presidente Stefani il 6 aprile scorso in occasione dell'illustrazione del disegno di legge di ratifica dell'intesa bilaterale nel settore della difesa.
Sottolinea che l'Accordo risponde all'esigenza di sanare una lacuna esistente sul versante culturale delle relazioni bilaterali, attesa la crescente importanza che la cooperazione culturale, scientifica e tecnologica sta assumendo nelle relazioni internazionali, come ha avuto modo di cogliere in occasione del mandato amministrativo in qualità di sindaco di Brescia. La «diplomazia culturale» è oggi un fattore caratterizzante della presenza dell'Italia sulla scena internazionale e come tale richiede un aggiornato quadro giuridico, oltre che un'adeguata mobilitazione di risorse finanziarie.
I tratti caratterizzanti dell'Accordo sono rappresentati dalla previsione di un proficuo scambio di informazioni culturali ed iniziative attraverso biblioteche nazionali ed istituzioni culturali; dalla programmazione di manifestazioni artistiche, settimane culturali e scambio di visite tra gruppi teatrali e dalla creazione di un canale di collaborazione istituzionale tra responsabili nei settori di biblioteche, musei, scavi archeologici, progetti di restauro.
L'Accordo ha una validità triennale e sarà rinnovato in via automatica per un periodo analogo qualora nessuna delle Parti contraenti abbia inviato all'altra parte comunicazione formale di risoluzione.
Il disegno di legge di ratifica, licenziato dall'altro ramo del Parlamento il 30 marzo scorso, quantifica, all'articolo 3, gli oneri derivanti dall'applicazione dell'Accordo, che sono valutati in 84.380 euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 ed in 91.295 euro annui a decorrere dal 2013. La copertura di tali oneri è reperita nello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito dei fondi speciali di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI sottolinea l'importanza del provvedimento in esame, di cui auspica un celere iter di esame anche in vista dell'imminente visita in Italia dell'Emiro del Qatar.

Marco ZACCHERA (PdL) preannuncia l'orientamento favorevole del suo gruppo sul disegno di legge in esame, in coerenza con quanto avvenuto in occasione dell'esame del disegno di legge di ratifica dell'accordo tra Italia e Qatar in tema di doppie imposizioni, approvato definitivamente con legge n. 118 del 2010, e con il disegno di legge di ratifica dell'accordo tra Italia e Qatar sulla cooperazione nel settore della difesa, il cui esame è stato avviato in questa Commissione lo scorso 6 aprile.

Stefano STEFANI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Come di consueto, se non vi sono specifiche segnalazioni da parte dei gruppi, si intende che si sia rinunziato al termine per la presentazione degli emendamenti. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Libano per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Beirut il 22 novembre 2000.
C. 4249 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

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Stefano STEFANI, presidente e relatore, illustra il provvedimento in titolo, approvato dall'altro ramo del Parlamento il 30 marzo scorso, che deve essere inserito nel contesto generale di ampliamento della rete di convenzioni stipulate dall'Italia al fine di evitare le doppie imposizioni. L'esigenza di dotarsi di un accordo con il Libano deriva dalla necessità di creare un quadro giuridico di riferimento, competitivo e non discriminatorio, per gli operatori economici italiani attivi in Libano, i quali si relazionano con operatori di paesi i cui governi hanno già stipulato analoghe convenzioni. La Convenzione, inoltre, mira a favorire una più intensa cooperazione economica e una più stretta collaborazione amministrativa tra i due Paesi.
È noto come l'economia libanese sia caratterizzata da una notevole dinamicità, rafforzata dalla stabilizzazione in corso grazie alla mediazione internazionale ed alla presenza del contingente UNIFIL. L'Italia, con una quota di mercato dell'8 per cento, rappresenta il primo fornitore europeo del Libano ed il terzo fornitore a livello globale dopo la Cina, divenuta ora il primo fornitore del Libano, e gli USA.
Quanto ai contenuti dell'articolato, che sono in linea con le raccomandazioni dell'OCSE, segnala in primo luogo che la sfera soggettiva di applicazione della Convenzione è costituita dalle persone residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti. Per quanto attiene alla sfera oggettiva di applicazione, le imposte italiane sono l'IRPEF, l'IRPEG, l'IRAP. La tassazione dei redditi immobiliari (articolo 6) è prevista a favore del Paese in cui sono situati gli immobili, mentre per i redditi d'impresa (articolo 7) è attribuito il diritto esclusivo di tassazione allo Stato di residenza dell'impresa stessa, fatto salvo il caso della stabile organizzazione. Il trattamento convenzionale riservato ai dividendi (articolo 10) è caratterizzato dalla previsione della tassazione definitiva nel Paese di residenza del beneficiario, così come in ordine alla disciplina degli interessi e canoni (articoli 11 e 12). L'articolo 14 prevede per i redditi derivanti dall'esercizio di una professione indipendente l'imposizione nel Paese di residenza; per aversi la tassabilità degli stessi redditi nel Paese di prestazione dell'attività, viene considerato il criterio della base fissa oppure il criterio dei 183 giorni. Il trattamento fiscale dei redditi derivanti da remunerazioni per lavoro subordinato, diverse dalle pensioni, è regolato dall'articolo 15. Quanto ai metodi per eliminare la doppia imposizione (articolo 23), anche nella presente Convenzione è stata inserita la clausola sulla concessione del credito d'imposta ordinario. Affinché la Convenzione risulti il più possibile inattaccabile da eventuali tentativi elusivi od evasivi, è stata inserita all'articolo 29 una clausola (limitation of benefits) che consente ad uno Stato contraente la limitazione o il diniego dei benefici convenzionali al fine di contrastare possibili manovre abusive del trattato (cosiddetto treaty shopping).
Segnala che gli oneri derivanti dalla Convenzione sono stati quantificati in 206.000 euro annui a decorrere dal 2011. Nel raccomandare la sollecita ratifica di questa Convenzione, esprime l'auspicio che la situazione politica libanese, da alcuni mesi nuovamente incerta per le dimissioni del governo Hariri, torni ad essere orientata al rafforzamento dello Stato democratico, senza risentire negativamente della crisi che è ormai aperta anche in Siria.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI ricorda che la Convenzione in titolo è conforme al modello dell'OCSE ed è volta ad incrementare gli investimenti italiani in Libano.

Marco ZACCHERA (PdL), nel preannunciare l'orientamento favorevole del suo gruppo sul provvedimento in esame, auspica che il Ministero degli affari esteri assuma, anche in collaborazione con l'ICE, le opportune iniziative per rafforzare la presenza degli operatori economici in Libano, in linea con l'impegno profuso dal nostro Paese a favore del Libano anche nell'ambito della missione UNIFIL II.

Stefano STEFANI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che

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è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Come di consueto, se non vi sono specifiche segnalazioni da parte dei gruppi, si intende che si sia rinunziato al termine per la presentazione degli emendamenti. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare cinese, firmato a Pechino il 4 dicembre 2004, con Nota di interpretazione dell'articolo 10 fatta il 19 marzo 2008 ed il 10 aprile 2008.
C. 4250 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Gianpaolo DOZZO (LNP), relatore, illustra il provvedimento in titolo segnalando che l'Accordo di coproduzione cinematografica con la Repubblica popolare cinese, firmato a Pechino il 4 dicembre 2004, è diretto a favorire lo sviluppo delle industrie cinematografiche, nonché la crescita degli scambi economici e delle relazioni culturali tra i due Paesi, mediante la facilitazione della produzione in comune di film commercialmente competitivi tanto sul mercato delle due Parti quanto su quello di Paesi terzi.
Segnala che l'Accordo era già stato presentato alle Camere nel corso della XIV Legislatura, ma l'iter del disegno di legge di ratifica, già licenziato dall'altro del Parlamento, era terminato con la decisione della Commissione affari esteri della Camera, nella seduta del 1o febbraio 2006, di rinviarne l'esame per approfondire ulteriormente alcuni rilievi concernenti, in particolare, gli ampi poteri autorizzativi riconosciuti alle autorità nazionali competenti nella gestione dell'Accordo.
L'Accordo è stato nuovamente esaminato al Senato nella XV legislatura, che lo ha licenziato contestualmente all'approvazione di due ordini del giorno che chiedevano al Governo un impegno a favore dello sviluppo e della verifica del rispetto dei diritti umani in Cina.
Alla Camera l'esame in sede referente del provvedimento si è svolto nella sola seduta della III Commissione del 28 marzo 2007, nella quale lo stesso relatore, onorevole Marcenaro, ha ribadito le ragioni di perplessità che erano già emerse nella precedente legislatura in ordine all'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo di coproduzione cinematografica italo-cinese. Dopo il rinvio, l'iter del provvedimento non è ulteriormente proseguito.
Ciò premesso illustra i contenuti salienti dell'articolato ed in particolare l'articolo 2, in forza del quale la realizzazione dei film in coproduzione è soggetta, ai sensi dell'articolo 2, alla preventiva approvazione delle rispettive autorità competenti, e cioè della Direzione Generale del cinema del Ministero per i beni e le attività culturali per quanto riguarda l'Italia e del Film Bureau per la Cina.
Ai sensi dell'articolo 3, i produttori e gli studi cinematografici coinvolti nelle coproduzioni devono avere personalità giuridica o, per quanto riguarda la Repubblica popolare cinese, avere ottenuto l'autorizzazione, nonché disporre di una buona capacità professionale e un forte supporto finanziario.
In base all'articolo 4, la proporzione degli apporti, che sarà decisa di volta in volta dai produttori, non potrà scendere per nessuno dei due Paesi al di sotto del 20 per cento del costo del film.
Segnala al riguardo che in base ai commi 3 e 4 dell'articolo 6 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, che riforma la disciplina delle attività cinematografiche, «la quota di partecipazione a coproduzioni con imprese di Paesi non appartenenti all'Unione europea non può essere inferiore al 20 per cento del costo del film» e che «la ratifica di accordi internazionali di reciprocità in materia di coproduzione con imprese estere, che preveda la deroga alla quota di cui al comma 3, deve essere autorizzata con legge».

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L'articolo 5 stabilisce che produttori, sceneggiatori, registi, attori principali e tecnici impiegati nelle coproduzioni devono essere cittadini delle Parti, o degli Stati membri dell'Unione europea; fra i cittadini cinesi sono inclusi anche quelli di Hong Kong e di Macao.
L'articolo 6 consente che le riprese in esterni vengano effettuate anche in Paesi che non partecipano alla coproduzione, previa autorizzazione e con la presenza di tecnici di almeno una delle due Parti.
Con l'articolo 7 le Parti si impegnano a fornire i visti temporanei per l'entrata del personale necessario alla coproduzione, nonché le autorizzazioni doganali per il materiale.
È sancito il rispetto di tutte le norme di legge, nonché della fede religiosa, della cultura e delle usanze del Paese nel quale si svolgono le riprese in esterno da parte di tutto il personale impiegato nella lavorazione del film (articolo 8).
L'articolo 14 affida il compito di esaminare le condizioni di applicazione dell'Accordo e di risolvere le eventuali questioni, sempre relative alla sua applicazione, alla Direzione Generale per il cinema del Ministero per i beni culturali e ad un organismo designato dalle autorità del governo cinese. Compito di tali due organismi è anche quello di stabilire le norme di procedura per le coproduzioni, da effettuarsi attraverso scambio di note e nel rispetto delle reciproche legislazioni vigenti (articolo 16).
In particolare, l'articolo 3 prevede che i produttori e gli studi cinematografici coinvolti nella coproduzione tra i due Paesi debbano avere la personalità giuridica, requisito non espressamente richiesto dal richiamato decreto legislativo. n. 28 del 2004 che, all'articolo 3, si limita a prevedere l'iscrizione delle imprese cinematografiche (e quindi dotate di personalità giuridica solo se costituite nella forma di società di capitali o di società cooperative) in appositi elenchi informatici istituiti presso il Ministero per i beni e le attività culturali. Inoltre, per quanto riguarda la sola Parte cinese, è previsto che i produttori e gli studi cinematografici ottengano un'autorizzazione dal contenuto non meglio specificato.
Dall'articolo 5 si evince che i progetti di coproduzione devono essere sottoposti all'approvazione delle competenti Autorità di entrambe le Parti e l'articolo 10 aggiunge che, anche una volta ultimati, i film debbono essere esaminati ed approvati dalle competenti autorità di entrambe le Parti. Lo stesso articolo chiarisce che il film può essere distribuito e proiettato all'interno ed all'esterno di ciascun Paese solo quando il permesso di uscita in pubblico è accordato dall'Autorità competente.
L'articolo 13 dispone, inoltre, che in occasione della partecipazione a festival cinematografici internazionali, occorre effettuare una previa dichiarazione alle competenti Autorità cinesi ai fini della registrazione 30 giorni prima dell'evento.
Rispetto ad altri accordi contenenti analoghe disposizioni, l'Accordo in esame prevede pertanto una doppia autorizzazione, poiché oltre al progetto (come di norma prevedono gli altri accordi) si dispone che venga autorizzato anche il film una volta realizzato. Inoltre, mentre altri accordi chiariscono che l'autorizzazione è esclusivamente finalizzata alla concessione dei benefici previsti dalle legislazioni nazionali per le opere realizzate in coproduzione (e gli accordi recano di norma dei protocolli dove sono contenute le relative norme di procedura), l'Accordo in esame non chiarisce in alcun modo contenuto e finalità delle autorizzazioni. Va inoltre sottolineato come il rilascio del permesso di uscita in pubblico (articolo 10) da parte delle autorità nazionali competenti (istituto che si ritrova menzionato in altri analoghi accordi) venga dichiarato necessario per distribuire e proiettare il film non solo all'interno, ma anche all'esterno di ciascun Paese. Pertanto, qualora, ad esempio, la Parte cinese non rilasciasse tale permesso, occorrerebbe chiarire se il film possa essere comunque distribuito e proiettato, oltre che in Italia, in Paesi terzi.

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Come si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge originario, le competenti autorità dei due Paesi hanno stipulato nel 2008 una Nota interpretativa dell'articolo 10. La Nota, allo scopo di prevenire interventi censori da parte cinese sulle opere coprodotte - incompatibili con l'ordinamento italiano - prevede in primo luogo che la preventiva approvazione provvisoria dell'opera filmica avverrà distintamente in Italia e in Cina nel quadro delle rispettive regole interne. Inoltre, l'approvazione in via definitiva conseguirà automaticamente a quella provvisoria, salvo il caso di sostanziale scostamento tra l'opera realizzata e il progetto presentato, e il permesso di uscita del film all'interno e all'esterno dei due Paesi Parti dell'Accordo conseguirà a sua volta in via automatica dall'approvazione definitiva.
Alla luce di quanto esposto, si rimette alla valutazione dei colleghi commissari sul provvedimento in esame, tenendo conto che il Senato ha condotto un accurato esame di merito ma che restano da chiarire talune delicate questioni.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI concorda sulle peculiarità in tema di verifica e di monitoraggio sulle opere, contenute nell'Accordo in esame con riferimento alle disposizioni che prevedono il meccanismo della doppia valutazione. Sottolinea tuttavia che il rapporto tra Italia e Cina è da considerare maturo e che i canali di dialogo diplomatico già instaurati offrono specifiche garanzie in ordine alla sussistenza di determinati standard in materia di libertà di espressione. L'accordo in esame è in generale da inquadrare nell'ambito dei molteplici ambiti di cooperazione con la Cina e in conformità con l'interesse generale del nostro Paese.

Marco ZACCHERA (PdL) esprime perplessità sul provvedimento, nonostante le valutazioni positive formulate dal rappresentante del Governo, in ragione dell'evidente contrasto tra l'articolo 10 dell'accordo e il dettato della Costituzione italiana in tema di libertà di espressione, come peraltro rilevato dalla Commissione nelle due precedente legislature. Ricorda che la Cina ha di recente impedito ai propri cittadini l'accesso a internet non potendo tollerare la pubblicità di messaggi contrari alla propria linea di governo. Ritiene che l'accordo in esame debba rappresentare l'occasione per il nostro Paese per esercitare una pressione nei confronti con gli interlocutori stranieri in tema di diritti e libertà fondamentali, dal momento che la Cina ha compiuto significativi passi avanti in questi anni in molti campi ma non certo in quello della libertà di espressione.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI ribadisce l'opportunità di fare affidamento ai canali diplomatici di cui il Governo italiano dispone nell'attuazione dell'Accordo. A suo avviso è opportuno rafforzare la collaborazione e il dialogo con i Paesi più fragili sul terreno del rispetto degli standard internazionali in tema di diritti umani proprio al fine di promuovere un innalzamento del livello di tutela.

Matteo MECACCI (PD) concorda con il collega Zacchera e ritiene che siano da chiarire le ragioni per cui si è pervenuti alla sigla di un accordo così formulato. Ritiene che la Cina rappresenti un caso a sé e che siano sintomatici del clima diffuso in Cina i casi dello scrittore dissidente Chen Wei e dell'artista Ai Weiwei, appena arrestati dalle autorità cinesi, oppure la censura ai contenuti delle canzoni del noto cantautore Bob Dylan. Sottolinea che, anche a causa degli eventi in atto nel Nordafrica, Pechino ha attuato un'ulteriore stretta sul piano delle libertà e dei diritti e che sarebbe pertanto opportuno rinviare l'esame del disegno di legge in titolo al fine di dare un segnale politico agli interlocutori cinesi.

Gianpaolo DOZZO (LNP), relatore, condivide quanto proposto dal collega Mecacci circa l'opportunità di aprire una fase di riflessione sul provvedimento in titolo.

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Francesco TEMPESTINI (PD) si associa a quanto proposto dal relatore e dal collega Mecacci e prospetta l'opportunità di svolgere audizioni di soggetti interessati dalle disposizioni in esame, come le associazioni di categoria dei produttori cinematografici. Esprime perplessità sulla fattibilità stessa dell'opera filmica alla luce delle norme contenute nell'Accordo, in quanto il regime di doppio veto può comportare il blocco di qualunque attività. Pur facendo affidamento sul lavoro già svolto dal Senato, ritiene necessario che la Commissione proceda ad ulteriori verifiche.

Matteo MECACCI (PD) condivide l'opportunità di procedere ad audire le associazioni che rappresentano i produttori cinematografici.

Francesco TEMPESTINI (PD) ritiene che la Nota interpretativa dell'articolo 10 non sciolga tutti i dubbi e che la valutazione dei produttori cinematografici possa essere determinante per l'esito dell'iter del provvedimento.

Arturo Mario Luigi PARISI (PD), alla luce del dettato dell'articolo 10 dell'Accordo, ritiene che sia da chiarire la modalità di applicazione della norma, da cui possono derivare conseguenze del tutto discordanti. In particolare, osserva che una valutazione difforme tra i due Paesi sulla fattibilità di un'opera può comunque produrre degli effetti nel Paese che si è espresso in senso contrario.

Gianpaolo DOZZO (LNP), relatore, concordando con il collega Parisi, ritiene che sia da chiarire se l'eventuale contrarietà da parte cinese possa ostacolare la proiezione dell'opera in Italia o in Paesi terzi. Fa sua la proposta di procedere ad approfondimenti istruttori con le categorie interessate.

Marco ZACCHERA (PdL) osserva che dalla lettura della Nota interpretativa emerge un effetto addirittura peggiorativo rispetto alla norma dell'Accordo quanto ai profili di censura.

Stefano STEFANI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta, restando inteso che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, provvederà ad organizzare l'attività conoscitiva richiesta.

La seduta termina alle 15.

SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 13 aprile 2011. - Presidenza del presidente Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

La seduta comincia alle 15.

Disposizioni sulla Corte penale internazionale.
Testo unificato C. 1439 Melchiorre ed abb.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazione).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Matteo MECACCI (PD), relatore, sottolinea che la Commissione è chiamata ad esprimere un parere sul testo unificato delle proposte di legge recanti Disposizioni sulla Corte penale internazionale, ai fini dell'adeguamento dell'ordinamento italiano allo Statuto istitutivo della Corte, ratificato con legge 12 luglio 1999, n. 232, ed entrato in vigore il 1o luglio 2002. Si segnala che il provvedimento è stato inserito nel calendario dei lavori dell'Assemblea il prossimo mercoledì 27 aprile.
Ricorda che l'Italia ha avuto un ruolo significativo nel negoziato che ha portato all'entrata in funzione della Corte penale internazionale. Nel 1994 infatti, il Governo italiano avanzò formalmente l'offerta di ospitare a Roma la Conferenza Diplomatica al Segretario Generale dell'ONU Kofi Annan, entrando a pieno titolo nel novero dei paesi promotori del percorso giuridico

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e politico volto a porre fine all'impunità per coloro che venissero riconosciuti colpevoli di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Il successo della Conferenza Diplomatica tenutasi a Roma nel giugno-luglio 1998 e l'adozione dello Statuto istitutivo della Corte con il voto favorevole di 120 Paesi, è stato un significativo passo in avanti nella tutela dei diritti umani fondamentali. Lo Statuto della Corte è entrato in vigore il 1o luglio 2002, a seguito del raggiungimento delle 60 ratifiche necessarie. La Corte ha così dato inizio alle prime importanti investigazioni e incriminazioni relative ai casi della Repubblica Democratica del Congo, dell'Uganda, della Repubblica Centro Africana e del Darfur in Sudan. Il nostro Paese, che ha firmato lo Statuto della Corte il 18 luglio 1998, è stato il quarto paese nel mondo ed il primo in Europa a siglare; un anno dopo il Parlamento ha approvato la legge di autorizzazione alla ratifica, contenente anche l'ordine di esecuzione e disposizioni di delega al Governo per adottare prontamente le norme di attuazione.
Nella consapevolezza del grave ritardo in cui versa il nostro Paese rispetto a questo impegno, l'esame delle proposte di legge in titolo ha avuto inizio nel maggio del 2009 anche a seguito dell'approvazione in Commissione Giustizia, nel febbraio dello stesso anno, di una risoluzione che impegnava il Governo «a predisporre con la massima urgenza un disegno di legge di adeguamento interno delle norme dello Statuto di Roma, al fine di giungere al più presto all'adattamento dell'ordinamento giuridico italiano e sanare così un'inadempienza politicamente e giuridicamente molto rilevante che mette a rischio la credibilità del nostro paese e le aspirazioni dei candidati italiani a far parte della Corte». Ricordo anche che la Commissione Affari esteri, nella seduta del 29 aprile 2009, ha approvato una risoluzione, a prima firma dell'onorevole Pianetta, che, nel più generale quadro dell'azione internazionale dell'Italia per la tutela e la promozione dei diritti umani, ha impegnato il Governo «a promuovere la presentazione di specifiche iniziative legislative riguardanti, tra l'altro, l'introduzione di una disciplina che perfezioni l'adeguamento del nostro ordinamento allo Statuto della Corte penale internazionale».
È da sottolineare che nel marzo del 2009 la Corte penale ha emesso il mandato d'arresto per il presidente del Sudan Al-Bashir per crimini di guerra e crimini contro l'umanità, nonché per genocidio nel luglio del 2010 in relazione a crimini commessi in Darfur. In tali occasioni si è posta la questione relativa all'eventuale attuazione in Italia di questa misura in assenza di norme di attuazione dello Statuto.
Nel prosieguo i tempi per la predisposizione del disegno di legge governativo si sono purtroppo rivelati più lunghi del previsto e i lavori parlamentari hanno subito un conseguente rallentamento. Nel frattempo, nel giugno del 2010, si è tenuta a Kampala la Conferenza di Revisione dello Statuto della Corte il cui testo è stato emendato al fine di introdurre la definizione del reato di aggressione. Infine, i recenti accadimenti in Libia hanno definitivamente imposto l'urgenza di riprendere i lavori parlamentari che si sono riavviati nel marzo di quest'anno portando alla stesura del testo unificato in titolo.
Prima di procedere all'esame dell'articolato, ricorda che lo scorso 24 marzo si è svolta in Assemblea la discussione di mozioni presentate in occasione delle comunicazioni rese dal Ministro Frattini sulla crisi libica. In quella seduta il Ministro degli affari esteri, intervenendo sulla mozione n. 6-00073, di cui sono primo firmatario, ha dichiarato il favore del Governo sull'impegno a «portare a termine entro il nono anniversario dell'entrata in vigore dello Statuto di Roma del 2 luglio 2011 l'adeguamento alle norme contenute nella Carta fondativa della Corte penale internazionale, al fine di esser pronta a collaborare pienamente con l'ufficio del procuratore generale qualora la leadership libica venisse incriminata per crimini contro l'umanità». Il Ministro ha affermato che per l'Italia, essendo la Carta della Corte penale internazionale immediatamente

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applicabile, qualora vi fosse un capo di Governo colpito da un ordine di cattura internazionale vi sarebbe l'obbligo di carattere internazionale di eseguire l'arresto, anche senza la normativa interna. Tuttavia all'atto pratico le autorità competenti incontrerebbero oggettive difficoltà a dare seguito alla misura disposta dalla Corte. Il Ministro ha però precisato che, ciò nonostante, la normativa interna di attuazione deve essere adottata e ha limitato le proprie riserve alla fattibilità entro la scadenza del 2 luglio 2011.
Tornando al merito del provvedimento in esame, segnala che esso è stato elaborato sulla base di una proposta avanzata in Commissione giustizia dalla maggioranza e accolta dal relatore, nonché dai gruppi di opposizione, volta ad espungere le disposizioni di diritto penale sostanziale. Ciò al fine di accelerare i tempi di approvazione, rinviando alla successiva fase di esame presso l'Assemblea la presentazione di emendamenti utili ad introdurre nuove figure di reato, secondo quanto previsto dallo Statuto della Corte. Si pone soprattutto la questione della tortura, che potrà auspicabilmente essere inserita nel nostro ordinamento, in accoglimento delle raccomandazioni espresse dal Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani e dal Consiglio d'Europa.
Conseguentemente il testo in esame, composto da 22 articoli suddivisi in quattro titoli, disciplina profili meramente procedurali che, tuttavia, chiamano in causa le competenze della III Commissione. Il primo titolo contiene disposizioni generali ed esordisce, all'articolo 1, con la previsione circa l'obbligo dello Stato italiano di cooperare con la Corte penale internazionale conformemente alle disposizioni del relativo Statuto, reso esecutivo con la legge 12 luglio 1999, n. 232, e nel rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano. I rapporti tra lo Stato italiano e la Corte sono curati dal Ministro della giustizia previa intesa, ove occorra, con i Ministri interessati, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, e dunque indubbiamente con il Ministro degli affari esteri. Nel caso di concorso di più domande di cooperazione provenienti dalla Corte penale internazionale da uno o più Stati esteri, secondo quanto dispone l'articolo 2, il Ministro della giustizia ne stabilisce l'ordine di precedenza, in applicazione delle disposizioni contenute negli articoli 90 e 93, paragrafo 3, dello Statuto.
L'articolo 4 disciplina le modalità di esecuzione della cooperazione giudiziaria sulla base delle richieste formulate dalla Corte penale internazionale, cui il Ministro della giustizia dà corso. In materia di trasmissione di atti e documenti, di cui all'articolo 5, si stabilisce che senza il consenso dello Stato da cui provengono non possono essere trasmessi alla Corte penale internazionale atti o documenti riservati che siano stati acquisiti all'estero. Qualora il Ministro della giustizia, previa intesa con i Ministeri interessati, abbia motivo di ritenere che la consegna di determinati atti o documenti possa compromettere la sicurezza nazionale, la trasmissione è sospesa. In tale caso si procede alle consultazioni stabilite dall'articolo 72 dello Statuto. I documenti inviati a sostegno della richiesta di cooperazione non possono essere utilizzati nell'ambito di altri procedimenti senza il consenso della Corte penale internazionale.
Particolarmente rilevante ai fini delle competenze di questa Commissione è l'articolo 6 in tema di immunità temporanea nel territorio dello Stato. Esso dispone che, nel caso in cui, in esecuzione della richiesta di cooperazione della Corte penale internazionale, sia prevista per il compimento di un atto la presenza nel territorio dello Stato di un testimone o di un imputato che si trovi all'estero, lo stesso non può essere sottoposto a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, né assoggettato ad altre misure restrittive della libertà personale per fatti anteriori all'ingresso nel territorio dello Stato. L'immunità cessa qualora la persona in questione, avendone avuto la possibilità, non abbia lasciato il territorio dello Stato italiano decorsi quindici giorni dal momento in cui la sua presenza non è più richiesta

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dall'autorità giudiziaria italiana ovvero, avendolo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno.
Di particolare interesse appare anche il Titolo II in tema di consegna di una persona nei cui confronti sia stato emesso un mandato di arresto ex articolo 58 dello Statuto o una sentenza di condanna a pena detentiva. L'articolo 10 disciplina l'applicazione della misura cautelare ai fini della consegna, l'articolo 11 la sua revoca, l'articolo 12 la procedura per la consegna e l'articolo 13 la disciplina dell'applicazione provvisoria della misura cautelare.
Il Titolo III tratta l'esecuzione dei provvedimenti della Corte penale internazionale. Tra le disposizioni in esso contenute si segnala l'articolo 15, in tema di esecuzione delle pene detentive nel territorio dello Stato italiano, che prevede che le sentenze irrevocabili di condanna ad una pena detentiva pronunciate dalla Corte penale internazionale sono eseguibili nel territorio dello Stato italiano in conformità con quanto stabilito nello Statuto. Se la Corte penale internazionale indica lo Stato italiano come luogo di espiazione della pena, il Ministro della giustizia comunica alla medesima Corte senza ritardo se la designazione è stata accettata.
In materia di regime penitenziario, di cui all'articolo 16, l'esecuzione della pena inflitta dalla Corte penale internazionale è regolata dalle disposizioni della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e il Ministro della giustizia, previa consultazione con la Corte penale internazionale, può disporre l'applicazione del regime di cui all'articolo 41-bis della stessa legge n. 354 del 1975 ai detenuti per i delitti che saranno previsti dalla legge attuativa dello Statuto.
Infine, il Titolo III reca norme sul controllo sull'esecuzione della pena (articolo 17), sulle informazioni che il Ministro della giustizia deve trasmettere alla Corte penale (articolo 18) circa l'eventuale evasione, decesso, scarcerazione o procedimenti penali e ogni altra circostanza rilevante riguardante il condannato. Quanto al luogo di detenzione (articolo 19), sia per fini cautelari che in espiazione della pena la detenzione può avere luogo in una sezione speciale di un istituto penitenziario, ovvero in un carcere militare. L'articolo 20 disciplina l'esecuzione di pene pecuniarie e degli ordini di riparazione, prevedendo il ricorso alla confisca di somme di denaro, beni o altre utilità, di cui il condannato abbia la disponibilità anche per interposta persona fisica o giuridica. Il provvedimento precisa, infine, che (articolo 22) si applicano le disposizioni vigenti in materia di riparto tra la giurisdizione ordinaria e la giurisdizione penale militare.
Alla luce di quanto fin qui illustrato, preannuncia l'espressione di un parere favorevole con un'osservazione che potrà eventualmente tenere conto degli esiti di questo dibattito.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI (PdL) prospetta l'opportunità che gli articoli 2, comma 1, e 5, comma 2, siano integrati con un riferimento esplicito al Ministero degli affari esteri.

Marco ZACCHERA (PdL) chiede chiarimenti in ordine alle modifiche apportate allo Statuto nel 2010 e se il provvedimento in esame ne tenga conto.

Matteo MECACCI (PD), relatore, fa presente che il testo in esame è riferito allo Statuto della Corte nella versione non ancora modificata.

Marco ZACCHERA (PdL) auspica la presentazione di un ordine del giorno volto a promuovere l'ulteriore recepimento nel nostro ordinamento delle modifiche apportate allo Statuto della Corte nel 2010.

Enrico PIANETTA (PdL) ritiene prioritario provvedere alla rapida approvazione del provvedimento in titolo in linea con lo specifico impegno profuso dal Governo italiano per l'istituzione della Corte e l'entrata in vigore di quello che non a caso è chiamato lo «Statuto di Roma». Quanto al

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ritardo maturato, osserva che esso si spiega alla luce della particolare complessità della fase attuativa e di adeguamento dell'ordinamento interno. Sottolinea che in questa Commissione non si può fare a meno di dare risalto all'opportunità di perseguire tutti coloro che violano i diritti e libertà fondamentali del proprio popolo. Rileva infine l'opportunità di promuovere anche la presenza italiana all'interno delle strutture amministrative della Corte.

Matteo MECACCI (PD), relatore, dà lettura alla proposta di parere favorevole con un'osservazione (vedi allegato 1).

Gianpaolo DOZZO (LNP), pur condividendo il merito complessivo del parere testè presentato dal relatore, non concorda con il riferimento, contenuto al quarto punto della premessa, alla situazione in Nordafrica e Libia. Ritiene infatti non comprensibile l'omissione delle altre controversie che attualmente impegnano la Corte se non alla luce della posizione di critica e dissenso tenuta da taluni esponenti radicali nei confronti dell'Accordo tra l'Italia e la Libia. Conclude precisando che, a suo avviso, sarebbe opportuno sopprimere tale riferimento specifico.

Matteo MECACCI (PD), relatore, condivide la considerazione del collega Dozzo relativa alla necessità di assicurare che l'Italia sia nelle condizioni di collaborare pienamente con la Corte rispetto a tutti i casi. Ritiene tuttavia che l'esame del provvedimento avvenga in un contesto politico segnato dalla crisi in Libia e negli altri Paesi della sponda sud del Mediterraneo, e sia stato da esso accelerato, anche grazie alla presentazione di atti di indirizzo. Peraltro, il nostro Paese risulta indubbiamente più esposto sotto questo profilo rispetto ad altri temi trattati dalla Corte e ciò dovrebbe bastare a motivare il riferimento contenuto nella premessa. Ritiene tuttavia praticabile l'inserimento nella proposta di parere di riferimenti agli altri casi all'esame della Corte e relativi alla Repubblica Democratica del Congo, all'Uganda, alla Repubblica Centro Africana e al Darfur, ritenendo comunque opportuno contestualizzare il parere rispetto alla fase politica in corso.

Francesco TEMPESTINI (PD), intendendo con ciò rassicurare il collega Dozzo, sottolinea di avere votato a favore della ratifica dell'Accordo tra l'Italia e la Libia e di non ritenere tale questione attinente all'oggetto del dibattito odierno, diversamente non avrebbe esitato ad esprimere analoghe perplessità. La risoluzione n. 1970 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU rappresenta un fatto oggettivo e l'apertura del relatore circa l'inserimento di riferimenti ad altri casi, come ad esempio il Sudan, è da valutare in modo positivo e da condividere.

Enrico PIANETTA (PdL) sottolinea di avere fatto riferimento nel suo precedente intervento a tutti i dittatori o leader che violano i diritti del proprio popolo, senza distinzioni. Concorda con l'opinione del collega Dozzo sull'opportunità di non specificare alcun caso, anche se recente e di particolare rilevanza. Ogni riferimento a casi particolari può essere fatto a mero titolo esemplificativo e non esaustivo. Ricorda quindi che l'opinione pubblica italiana è stata a suo tempo ugualmente colpita dalla tragedia del Darfur.

Gianpaolo DOZZO (LNP) comprende la posizione del relatore, che evidenzia che l'esame del provvedimento ha ripreso vigore dopo gli eventi avvenuti in Libia. Ritiene tuttavia tale circostanza fonte di un certo imbarazzo: il riferimento ad un caso in particolare rischia infatti di sminuire il lavoro presente e futuro della Corte e la stessa importanza del provvedimento in esame, come se questo senza gli eventi libici non fosse stato valutato di particolare importanza e urgenza. Oltretutto l'indicazione del solo caso libico rischia di instaurare insostenibili scale di priorità tra tragedie che hanno colpito il genere umano e conferire alla questione del Darfur carattere secondario rispetto alla vicenda libica.

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Francesco TEMPESTINI (PD) suggerisce di indicare a titolo di esempio sia il caso libico che quello del Darfur, trattandosi dei casi che hanno maggiormente colpito l'opinione pubblica italiana.

Roberto ANTONIONE (PdL), pur condividendo le considerazioni dei colleghi finora intervenuti, propone di sostituire il riferimento ai drammatici eventi in atto in Nordafrica e all'apertura di un'indagine della Corte nei confronti della leadership libica con le seguenti parole: «in ragione delle drammatiche evenienze che abbiamo di fronte». Osserva che ogni caso portato ad esempio non è funzionale all'obiettivo primario del provvedimento e comporta un'inevitabile valutazione di priorità politica.

Marco ZACCHERA (PdL) condivide la proposta del collega Antonione proponendo tutt'al più l'inserimento di un riferimento all'Africa.

Matteo MECACCI (PD), relatore, ritiene che i colleghi finora intervenuti hanno proposto letture della questione politicamente fondate, ma continua a ritenere opportuno procedere ad una segnalazione di casi specifici. Quanto alla crisi del Darfur e all'incriminazione del presidente Al-Bashir, ricorda al collega Dozzo che tale questione ha determinato una veemente reazione da parte della Camera dei deputati che ha valutato opportuno non dare seguito all'esame dell'accordo bilaterale tra Italia e Sudan in materia di investimenti. Propone pertanto, insieme al mantenimento del quarto punto della premessa, l'inserimento di un ulteriore punto per sottolineare l'esigenza di collaborare con la Corte penale internazionale in relazione alle indagini in corso, con riferimento al Darfur. Segnala tuttavia la sua disponibilità ad accogliere la proposta del collega Antonione ove incontri il favore della maggioranza dei colleghi presenti.

Gianpaolo DOZZO (LNP), con riferimento al quarto punto delle considerazioni in premessa, ribadisce l'esigenza di sopprimere dalle parole «in ragione dei drammatici eventi in atto in Nordafrica» fino alla fine del capoverso.

Roberto ANTONIONE (PdL) ribadisce a sua volta la proposta di riformulazione testè avanzata, che ritiene utile ad accogliere le diverse istanze avanzate nel corso del dibattito.

Matteo MECACCI (PD), relatore, accoglie quindi la proposta di riformulazione del collega Antonione (vedi allegato 2).

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI esprime soddisfazione per l'orientamento del relatore rilevando che l'obiettivo è quello di procedere speditamente nell'approvazione della normativa di attuazione dello Statuto della Corte.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole con osservazione del relatore, come riformulata.

La seduta termina alle 15.15.

RISOLUZIONI

Mercoledì 13 aprile 2011. - Presidenza del presidente Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

La seduta comincia alle 15.15.

7-00533 Tempestini: Sulla tutela delle imprese italiane in Libia e in Tunisia.
(Discussione e conclusione - Approvazione della risoluzione n. 8-00118).

Francesco TEMPESTINI (PD) illustra la risoluzione in titolo, di cui è primo firmatario, invitando il rappresentante del Governo a fornire alla Commissione eventuali ulteriori elementi di valutazione sulla base dell'evoluzione della situazione e proponendo agli altri gruppi di lavorare insieme

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alla definizione di un testo che considera quindi aperto.

Stefano STEFANI, presidente, ricorda di avere espresso al collega Tempestini la sua disponibilità ancor prima che l'atto di indirizzo venisse presentato. Si riserva pertanto di suggerire una riformulazione del dispositivo.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI osserva preliminarmente che gli aspetti toccati dalla risoluzione sono di grande sensibilità e importanza e riguardano la competenza di numerose Amministrazioni: oltre alla Farnesina, soprattutto il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero del lavoro, quello dell'economia e delle finanze.
Dichiara che il Governo italiano è pienamente consapevole che la crisi in atto ha comportato e comporterà costi rilevanti per le economie del Nord Africa, ma avrà anche un impatto non trascurabile sull'economia italiana in generale e, più in particolare, sulle nostre imprese maggiormente coinvolte nell'area (ENI, Finmeccanica, Impregilo, Ansaldo), nonché sul loro notevole indotto. L'entità di tale impatto sull'economia italiana, soprattutto della crisi libica, dipenderà essenzialmente dal suo esito politico e dalla rapidità con cui si perverrà ad una transizione quanto più pacifica possibile verso un nuovo Governo legittimo e democratico che, in virtù degli interessi reciproci non potrà prescindere dal continuare a identificare nell'Italia il principale partner economico e commerciale. Anche per questo motivo, pertanto, il Governo italiano sta lavorando per favorire una rapida transizione politica in Libia.
Precisa che, per quanto riguarda la Tunisia, si calcola che la crisi abbia provocato danni per 5 miliardi all'economia locale. Sin dalle fasi iniziali della rivoluzione dei gelsomini, il Ministero degli affari esteri italiano si è adoperato per favorire il contatto con le nuove autorità di governo tunisine da parte delle nostre realtà produttive ed esportatrici. Il Ministro Frattini ha in particolare presieduto il 17 febbraio una riunione con il Ministro dell'industria tunisino cui hanno partecipato le imprese italiane coinvolte nel Paese per rappresentare al nuovo Esecutivo le proprie istanze.
Aggiunge che, anche nel caso della Libia, la Farnesina è fortemente impegnata a salvaguardare gli interessi delle aziende italiane, sia dei grandi gruppi che delle piccole e medie imprese. Il congelamento delle attività ed entità economiche riconducibili al regime libico (beni, fondi sovrani e d'investimento, Banca centrale, National Oil Corporation, etc.) deciso dall'ONU e dall'Unione europea come misura sanzionatoria nei confronti dei responsabili della repressione civile in Libia ha anche l'effetto di tutelare dal rischio di disinvestimenti le aziende e le banche italiane partecipate da queste entità.
Sottolinea lo sforzo italiano che ha consentito di inserire nel contesto delle decisioni adottate in ambito europeo specifici riferimenti alla necessità di garantire i servizi essenziali in termini di fornitura di gas e di elettricità. Tali eccezioni per motivi umanitari (in particolare quella che consente la fornitura di gas da parte dell'ENI per la produzione di energia destinata alla popolazione) contribuiscono a garantire la legittima operatività delle aziende attive in Libia.
Dopo aver richiamato le altre misure previste dai Regolamenti UE che salvaguardano le nostre aziende, dalla legitimate business clause alla no claim clause, associata alla no liability clause, ricorda che, in base alla normativa europea, i conti correnti bancari congelati possono essere utilizzati per soddisfare le richieste delle imprese creditrici in base a contratti precedenti l'imposizione delle sanzioni, sulla base di sentenze della magistratura, oppure dietro autorizzazione del Comitato Sicurezza Finanziaria, sempreché in quest'ultimo caso il debitore abbia consentito al pagamento.
Segnala poi che, durante la crisi regionale e, in particolare, nella fase di definizione delle misure sanzionatorie nei confronti del regime libico, il Ministero degli affari esteri ha mantenuto uno

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stretto coordinamento con le imprese italiane più direttamente coinvolte. Molte sono state le opportunità di contatto tra aziende e istituzioni. Per venire incontro alle pressanti esigenze delle sue associate, Confindustria ha dato, ad esempio, vita ad un'iniziativa concretizzatasi in due riunioni che hanno visto un'affollata partecipazione delle aziende ed alle quali hanno preso parte anche rappresentanti istituzionali del Ministero degli affari esteri, del Ministero dello sviluppo economico e dell'Istituto per il commercio estero. Ritiene questo un foro di dialogo che pur gestito da una struttura privata, qual è Confindustria, rappresenta un importante sistema di comunicazione e di collegamento tra le esigenze di volta in volta rappresentate dalle aziende ed il sistema politico ed istituzionale per definire in modo tempestivo ed efficace gli strumenti di risposta idonei.
Rende altresì noto che il Ministero dello sviluppo economico, presso la Direzione generale delle politiche per l'internazionalizzazione e la promozione degli scambi, lo scorso 28 marzo ha anche avviato una Task force Mediterraneo, che sta procedendo alla raccolta delle informazioni presentate dalle imprese italiane che operano in Libia. Fino ad oggi le schede pervenute sono circa 60, la maggior parte delle quali vantano crediti insoluti da parte libica sia pubblici che privati; pochi altri chiedono la ricollocazione o la cassa integrazione per la forza lavoro assunta a tempo indeterminato per progetti in Libia e poi rientrata a causa della crisi.
Evidenzia quindi come le maggiori possibilità di recupero per le nostre aziende si ritrovino nel contesto di rinnovate opportunità nei processi di ricostruzione e di ripresa economica dei Paesi interessati dalla crisi. Nell'ambito delle linee di attività del Ministero dello sviluppo economico, una volta che il quadro politico nell'area del Mediterraneo si sarà stabilizzato, si potrà intervenire per porre le basi per favorire la normalizzazione ed il rilancio delle attività delle imprese italiane operanti nell'area, con iniziative che possono essere così riassunte: predisposizione, in collaborazione con le regioni, di un progetto specifico per i paesi colpiti dalla crisi politica, con particolare riferimento a settori produttivi prioritari quali agroindustria, infrastrutture, tessile; mappatura delle opportunità nei vari settori che deriveranno dai nuovi piani di sviluppo governativi che saranno presentati nei vari paesi dell'area, che potranno essere seguiti da ICE e SIMEST; stretto coordinamento con le Associazioni di categoria e con le Camere di commercio, per ottimizzare gli strumenti e le risorse nell'area, attraverso l'organizzazione di seminari tecnici e settoriali, prevedendo anche incontri individuali tra aziende; assistenza alle piccole aziende locali attraverso corsi di formazione manageriali e tecnica, con la costituzione in loco di centri di assistenza; firma di Memoranda d'intesa con i Paesi interessati per dare inizio ad una nuova collaborazione economico-commerciale con l'Italia.
Preannuncia al riguardo che il Ministro Romani incontrerà a breve i rappresentanti degli uffici ICE e delle Camere di commercio italiane all'estero dell'area del Mediterraneo. In quella occasione si discuterà delle iniziative individuate per far fronte alle criticità manifestate dalle aziende italiane e delle strategie per pianificare le azioni di sistema. In conclusione, lo sforzo messo in campo dai vari attori del Sistema Italia, nella consapevolezza dell'importanza che le azioni siano sempre coordinate, mira innanzitutto ad effettuare una completa ricognizione della situazione delle aziende italiane coinvolte dalla crisi della sponda sud del Mediterraneo e ad individuare anche soluzioni di medio e lungo termine.
Prende quindi atto che la risoluzione presentata evoca l'ipotesi di una moratoria con il sistema bancario, ritenendo che tale tematica potrà essere affrontata in primis dall'ABI e da Confindustria, mentre gli attori istituzionali potranno facilitare il dialogo. Il Ministero dell'economia e delle finanze, per quanto di sua competenza, monitora la situazione anche sotto questo importante aspetto e valuterà la compatibilità

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di eventuali opportune iniziative, sulla base dell'esperienza di modelli sperimentati in passato dal sistema bancario.
Fa presente che, per ora non sono previsti ammortizzatori sociali in favore di lavoratori italiani assunti con contratto di lavoro estero. Il Ministero del lavoro è comunque disposto a valutare la possibilità di applicare, in considerazione della peculiare situazione determinatasi in Libia e Tunisia, forme di sostegno in favore dei lavoratori inattivi dipendenti dalle aziende coinvolte, compatibilmente con le vigenti disposizioni in materia e con la disponibilità delle necessarie risorse finanziarie.

Stefano STEFANI, presidente, ringrazia il sottosegretario Craxi per l'esaustivo quadro che ha delineato a nome del Governo, integrando le attività di tutte i dicasteri interessati. Dichiara quindi di sottoscrivere la risoluzione in titolo invitando il presentatore a riformularla, aggiungendo il seguente ulteriore impegno al Governo nella parte dispositiva: «a promuovere il rilancio degli investimenti italiani nel Mediterraneo, richiamando l'opportunità di istituire la Banca euromediterranea per lo sviluppo e di accrescere l'impegno della BEI nonché negoziando nuovi accordi bilaterali al fine di consentire alle economie locali di accrescere i livelli occupazionali garantendo alle imprese italiane le necessarie garanzie giuridiche».

Gianpaolo DOZZO (LNP), nel ringraziare il collega Tempestini per l'iniziativa assunta, presentando un'importante ed articolata risoluzione, ritiene che il testo possa essere migliorato precisando alcune priorità, con riferimento in particolare alle piccole e medie imprese che maggiormente hanno bisogno della moratoria bancaria ed alla specificazione dell'italianità dei lavoratori rimasti inattivi. Auspica, altresì, l'individuazione dei fondi necessari per tali aiuti.

Francesco TEMPESTINI (PD) riformula la risoluzione a sua firma nel senso proposto dal presidente Stefani, nonché accogliendo le osservazioni del collega Dozzo, vale a dire: riscrivendo il sesto punto della parte motiva come segue: «numerose piccole e medie imprese esercenti le più disparate attività, oltre ai numerosi ed importanti nostri gruppi industriali impegnati in Libia, hanno dovuto lasciare il Paese, abbandonare cantieri e stabilimenti;» nonché aggiungendo al primo impegno della parte dispositiva le parole «,in particolare medie e piccole,» dopo la parola «aziende» e prima della parola «riferite» e la parola «connazionali» dopo la parola «dipendenti» e prima della parola «inattivi».

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI manifesta il consenso del Governo al dispositivo della risoluzione come riformulato dal presentatore a seguito delle proposte avanzate dai colleghi, ove il primo impegno sia ulteriormente riformulato come segue: «ad effettuare una completa ricognizione della situazione circa le aziende coinvolte, anche per valutare l'esigenza di una «moratoria» con il sistema bancario per le esposizioni bancarie delle aziende, in particolare medie e piccole, riferite alle loro attività in Libia e Tunisia e la compatibilità di eventuali opportune iniziative, sulla base dell'esperienza di modelli sperimentati in passato da parte del sistema bancario, nonché per valutare la possibilità di applicare, in considerazione della peculiare situazione determinatasi in Libia e Tunisia, forme di sostegno in favore dei lavoratori connazionali inattivi dipendenti dalle aziende coinvolte, compatibilmente con le vigenti disposizioni in materia e con la disponibilità delle necessarie risorse finanziarie;» ed il secondo impegno sia così riformulato: «ad aprire uno specifico tavolo di consultazione a tutela degli interessi imprenditoriali italiani nelle aree di crisi del Maghreb e dei Paesi del Golfo, sia nel medio che nel lungo periodo;» restando non modificato il terzo impegno così come proposto dal presidente Stefani ed accettato dal deputato Tempestini.

Gianpaolo DOZZO (LNP) chiede chiarimenti al rappresentante del Governo

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circa l'esperienza dei modelli sperimentati in passato dal sistema bancario.

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI precisa che il riferimento è stato richiesto dal Ministero dell'economia e delle finanze.

Francesco TEMPESTINI (PD) riformula ulteriormente la risoluzione a sua firma nel senso indicato dal rappresentante del Governo, nonché aggiungendo l'Egitto ad ogni riferimento presente nel testo, ivi incluso il titolo, a Libia e Tunisia e sostituendo all'inizio del primo punto della parte motiva le parole «in Medio Oriente» con le parole «nel Mediterraneo» (vedi allegato 3).

Il sottosegretario Stefania Gabriella Anastasia CRAXI ringrazia il deputato Tempestini per aver accolto le proposte da lei avanzate e concorda sulle ultime riformulazioni relative all'Egitto ed al Mediterraneo.

Roberto ANTONIONE (PdL) e Gianpaolo DOZZO (LNP) dichiarano di sottoscrivere la risoluzione a nome dei rispettivi gruppi.

Marco ZACCHERA (PdL), manifestando vivo apprezzamento per il lavoro svolto presso la Commissione sulla risoluzione in titolo, auspica lo svolgimento di una missione in Tunisia.

Stefano STEFANI, presidente, fa presente al collega Zacchera che riferirà la sua proposta all'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva, nel testo a più riprese riformulato dal presentatore e sul cui dispositivo il rappresentante del Governo ha espresso il suo assenso, la risoluzione in titolo, che assume il n. 8-00118.

La seduta termina alle 15.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.50 alle 16.