CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 30 marzo 2011
461.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 30 marzo 2011. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 13.50.

Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati.
C. 2426-2956/B approvata, in un testo unificato, dalla VI Commissione permanente della Camera e modificata dal Senato.
(Parere alla VI Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Beatrice LORENZIN (PdL) relatore, dopo aver brevemente illustrato il provvedimento in esame, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato).

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Pierguido VANALLI (LNP), intervenendo a titolo personale, ribadisce le forti riserve da lui espresse, nel corso dell'esame in prima lettura, sul provvedimento, che, a suo avviso, sancisce a livello di legge l'inferiorità di un genere rispetto all'altro.

Maria Piera PASTORE (LNP), intervenendo a titolo personale, preannuncia il proprio voto favorevole sulla proposta di parere della relatrice.

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 13.55.

INDAGINE CONOSCITIVA

Mercoledì 30 marzo 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

Donato BRUNO, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

Sulle Autorità amministrative indipendenti.
Audizione del Garante europeo per la protezione dei dati, Peter Hustinx.
(Svolgimento e conclusione).

Donato BRUNO, presidente, introduce l'audizione.

Peter HUSTINX, Garante europeo per la protezione dei dati, svolge una relazione sui temi oggetto dell'indagine conoscitiva.

Intervengono, per porre quesiti e formulare osservazioni, i deputati Mario TASSONE (UdC), Roberto ZACCARIA (PD) e Beatrice LORENZIN (PdL).

Peter HUSTINX, Garante europeo per la protezione dei dati, risponde ai quesiti posti e rende ulteriori precisazioni.

Donato BRUNO, presidente, dichiara conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.10.

N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 30 marzo 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Francesco Belsito.

La seduta comincia alle 15.10.

DL 5/2011: Disposizioni per la festa nazionale del 17 marzo 2011.
C. 4215 Governo, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 29 marzo 2011.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.15.

DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 30 marzo 2011. - Presidenza del presidente Donato BRUNO - Intervengono il ministro per i rapporti con

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le regioni e per la coesione territoriale Raffaele Fitto e il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Francesco Belsito.

La seduta comincia alle 15.25.

Schema di decreto legislativo recante attuazione dell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali.
Atto n. 328.
(Rilievi alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Raffaele VOLPI (LNP), relatore, dichiara preliminarmente di condividere le perplessità manifestate da alcuni membri della Commissione durante l'esame di altri schemi di decreto attuativi della legge delega n. 42 del 2009 sulla previsione regolamentare in base alla quale la Commissione affari costituzionali formula i propri rilievi alla Commissione di merito con riferimento al testo trasmesso dal Governo e non al nuovo testo risultante dal dibattito parlamentare svolto nell'ambito della Commissione di merito medesima. Esprime quindi l'auspicio che i rappresentanti del Governo riportino nella Commissione di merito le questioni che saranno sollevate nel dibattito in Commissione affari costituzionali.
Introducendo quindi l'esame dell'atto in titolo, ricorda che il provvedimento in esame è volto a dare attuazione all'articolo 16 della legge n. 42 del 2009, relativo agli interventi di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione. Tale articolo - che riproduce le disposizioni costituzionali che prevedono che lo Stato destini risorse aggiuntive ed effettui interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni, al fine di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni - stabilisce principi e criteri direttivi per il legislatore delegato.
In base ad essi, in sede di attuazione della delega, devono essere definite le modalità degli interventi, da finanziare con contributi speciali del bilancio statale, finanziamenti dell'Unione europea e cofinanziamenti nazionali secondo il metodo della programmazione pluriennale. In base alla delega i finanziamenti comunitari non possono essere sostitutivi dei contributi speciali dello Stato.
Costituisce puntuale principio direttivo la considerazione delle specificità territoriali, nonché la confluenza dei contributi statali speciali in appositi fondi a destinazione vincolata attribuiti ai comuni, alle province, alle città metropolitane e alle regioni, fermo restando il vincolo finalistico dei contributi stessi. La delega stabilisce anche che siano previste apposite intese in sede di Conferenza unificata e il rinvio della disciplina di dettaglio, compresi i criteri di utilizzazione ed entità delle risorse, ai provvedimenti annuali della manovra finanziaria.
Le sentenze n. 16 del 2004 e n. 49 del 2004 della Corte costituzionale hanno evidenziato le condizioni e i limiti degli interventi speciali e delle risorse aggiuntive dello Stato a favore di determinati enti territoriali e per determinate finalità ex articolo 119, quinto comma, della Costituzione. In base alla giurisprudenza costituzionale «non possono trovare oggi spazio interventi finanziari diretti dello Stato a favore dei Comuni, vincolati nella destinazione, per normali attività e compiti di competenza di questi ultimi, fuori dall'ambito dell'attuazione di discipline dettate dalla legge statale nelle materie di propria competenza, o della disciplina degli speciali interventi finanziari in favore di determinati Comuni, ai sensi del nuovo articolo 119, quinto comma. Soprattutto non sono ammissibili siffatte forme di intervento nell'ambito di materie e funzioni la cui disciplina spetta invece alla legge regionale,

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pur eventualmente nel rispetto (quanto alle competenze concorrenti) dei principi fondamentali della legge dello Stato».
Quindi, «gli interventi speciali previsti dall'articolo 119, quinto comma, a loro volta, non solo debbono essere aggiuntivi rispetto al finanziamento integrale (articolo 119, quarto comma) delle funzioni spettanti ai Comuni o agli altri enti, e riferirsi alle finalità di perequazione e di garanzia enunciate nella norma costituzionale, o comunque a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni, ma debbono essere indirizzati a determinati Comuni o categorie di Comuni (o Province, Città metropolitane, Regioni). L'esigenza di rispettare il riparto costituzionale delle competenze legislative fra Stato e Regioni comporta altresì che, quando tali finanziamenti riguardino ambiti di competenza delle Regioni, queste siano chiamate ad esercitare compiti di programmazione e di riparto dei fondi all'interno del proprio territorio. Ove non fossero osservati tali limiti e criteri, il ricorso a finanziamenti ad hoc rischierebbe di divenire uno strumento indiretto, ma pervasivo di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni degli enti locali, e di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza».
Ciò premesso, per quanto riguarda il quadro normativo in cui si inserisce il testo in esame, ricorda che l'articolo 1 indica l'oggetto del provvedimento nell'attuazione all'articolo 16 della legge delega n. 42 del 2009, richiamandone i contenuti. Precisa, però, che, dalle premesse dello schema di decreto, risulta che il testo costituisce «un primo decreto legislativo» di attuazione del citato articolo 16 della legge di delega. Precisa, inoltre, che l'articolo 1, nella ricognizione delle finalità dei citati interventi, richiama, tra quelle indicate dal comma quinto dell'articolo 119 della Costituzione, solo quelle di promozione delle sviluppo economico e della coesione sociale e territoriale, nonché di rimozione degli squilibri economici e sociali del Paese. Non sono pertanto indicate le finalità «per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni».
Come chiarito nella relazione illustrativa dello schema, che va inserito nel più generale quadro normativo dell'ambito comunitario, le risorse e gli interventi destinati in favore di determinati enti territoriali non devono essere prefigurati in modo da assumere carattere risarcitorio, bensì di stimolo dello sviluppo.
L'articolo 2 destina le risorse indicate dall'articolo 16 della legge di delega (Fondo per lo sviluppo e la coesione, finanziamenti a finalità strutturale dell'Unione europea, relativi cofinanziamenti nazionali) alle finalità indicate dal precedente articolo 1. Al riguardo la disposizione specifica che il ricorso a tali fonti di finanziamento ha carattere «prioritario», precisazione però non contenuta nell'articolo 16 della legge di delega che indica i mezzi di finanziamento in via esclusiva rispetto ad eventuali altre fonti di finanziamento.
Si nota che l'articolo reca alcuni principi e i criteri direttivi per l'utilizzo delle risorse, vale a dire: leale collaborazione istituzionale tra lo Stato, le regioni e autonomie locali, con il coinvolgimento del partenariato economico-sociale; metodo della programmazione pluriennale delle risorse, assicurando in ogni caso una ripartizione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, di cui all'articolo 4, nella percentuale dell'85 per cento alle regioni del Mezzogiorno e del restante 15 per cento alle regioni del Centro-Nord; aggiuntività delle risorse, che non possono essere sostitutive delle spese ordinarie del bilancio dello Stato e degli enti decentrati, in conformità sia all'articolo 119 della Costituzione, sia al principio di addizionalità previsto con riferimento alla disciplina dei fondi strutturali dell'Unione europea; programmazione e attuazione degli interventi condizionando i finanziamenti a innovazioni istituzionali, costruzione di un sistema di indicatori di risultato, ricorso sistematico alla valutazione degli impatti e,

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ove appropriato, alla previsione di riserve premiali e a meccanismi sanzionatori. Le previsioni che introducono gli illustrati principi condizionanti (lettera d)), sembrano disporre criteri direttivi ulteriori rispetto alla delega per l'utilizzo delle risorse aggiuntive derivanti dalle fonti di finanziamento comunitarie e nazionali (di cofinanziamento e regionali). D'altro canto appare opportuno approfondire l'effettiva definizione delle modalità di finanziamento degli interventi speciali per il raggiungimento degli obiettivi di coesione indicati, nonché i criteri di utilizzazione delle risorse stanziate nel bilancio dello Stato, così come prescritto dall'articolo 16 della legge delega n. 42 del 2009.
L'articolo 3 reca disposizioni di carattere procedurale che riguardano: il coordinamento della politica di coesione economica sociale e territoriale e i fondi (o meglio le modalità di utilizzo di detti fondi) a finalità strutturale dell'Unione europea, nonché la relazione con i competenti organi dell'Unione (commi 1 e 2); la tempestiva attuazione e l'accelerazione degli interventi relativi ai programmi cofinanziati (comma 3). La competenza in materia è individuata in capo al Ministro delegato per la politica di coesione economica, sociale e territoriale. Sottolinea però che il «Ministro delegato» esercita, ai sensi della disposizione in commento, la funzione di coordinamento e di relazione con l'Unione europea d'intesa con il Ministro dell'economia e gli atti di indirizzo da emanare nell'esercizio di tali funzioni sono adottati di concerto con lo stesso Ministro, nonché con quello dello sviluppo economico e, per quanto di competenza, con gli altri ministri eventualmente interessati.
Ricorda che al Ministro per i rapporti con le regioni è stato conferito, con il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 giugno 2010, l'incarico per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. Il presupposto normativo di tale conferimento è nell'attribuzione (articolo 7, comma 26, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78) al Presidente del Consiglio dei Ministri delle funzioni di programmazione economica e finanziaria, coordinamento e verifica degli interventi per lo sviluppo economico territoriale e settoriale e delle politiche di coesione, con particolare riferimento alle aree depresse. Il Presidente del Consiglio o il Ministro delegato si avvalgono del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico e le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate restano nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Pertanto, il citato Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 giugno 2010 ha stabilito che, ai fini dell'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 7, comma 26, del decreto-legge n. 78 del 2010, il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico dipende funzionalmente dal Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, che se ne avvale unitamente all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa ed al Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici, limitatamente alle funzioni delegate dal presente decreto.
Gli atti di indirizzo e di programmazione rimessi dai regolamenti dell'Unione europea agli Stati membri sono adottati dal Ministro delegato nel rispetto dei poteri e delle prerogative delle regioni e delle autonomie locali. Tale disposizione, che non definisce specifici procedimenti concertativi finalizzati al rispetto di tali poteri e prerogative, è diretta ad assicurare la coerenza complessiva dei documenti di programmazione operativa che devono essere adottati da parte delle amministrazioni centrali e regionali.
Ai sensi del comma 3, su iniziativa del Ministro delegato, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico possono essere adottate opportune misure di accelerazione degli interventi, al fine di garantire la tempestiva attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali nonché l'integrale utilizzo delle relative risorse dell'Unione europea assegnate allo Stato membro. Questa disposizione non definisce

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la tipologia di atti alla quale le misure in questione sono ascrivibili e anch'essa non reca riferimenti a procedimenti di tipo concertativo con la partecipazione di regioni ed autonomie locali in via preliminare rispetto all'adozione delle misure stesse.
L'articolo 4 interviene sul «Fondo per le aree sottoutilizzate» (FAS), istituito dalla legge finanziaria per il 2003, modificandone la denominazione in «Fondo per lo sviluppo e la coesione», finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale. Si dispone il carattere pluriennale del Fondo in coerenza con l'articolazione temporale della programmazione del Fondi strutturali e si dispone che il Fondo finanzi gli interventi speciali e l'erogazione di contributi speciali in favore di progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale, sia di carattere immateriale. Si tratta di progetti aventi rilievo nazionale, interregionale e regionale; aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi, in relazione a obiettivi e risultati che siano quantificabili e misurabili, anche per ciò che riguarda il profilo temporale degli interventi stessi. È opportuno rilevare che la disposizione non fa riferimento a progetti di rilievo locale e che andrebbe chiarito se nel Fondo per lo sviluppo e la coesione confluiscano o debbano essere ricomprese tutte le risorse destinate ad interventi di politica regionale, quali ad esempio il Fondo per la montagna, il Fondo per le isole minori e gli altri fondi per interventi speciali che attualmente sono finanziati in via autonoma. Né risulta chiaro se dalle disposizioni in esame deriveranno effetti sulla programmazione degli interventi in corso ai sensi del Quadro strategico nazionale 2007-2013 o se la nuova disciplina produrrà effetti a partire dal nuovo ciclo pluriennale di programmazione 2014-2020.
Ricorda poi che la perequazione infrastrutturale è oggetto di specifiche disposizioni previste dall'articolo 22 della legge n. 42 del 2009. Tale articolo prevede che sia effettuata una ricognizione degli interventi infrastrutturali sulla base di specifici criteri e che, nella fase transitoria quinquennale di passaggio dal criterio della spesa storica a quello del fabbisogno standard e delle capacità fiscali, siano individuati, sulla base della predetta ricognizione, gli interventi finalizzati agli obiettivi di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione. Questi interventi vanno inseriti nel Programma delle infrastrutture strategiche annualmente allegato al documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) ora decisione di finanza pubblica (legge n. 196 del 2009). Segnala che di tale articolo 22 l'articolo 1, comma 2, della stessa legge di delega prevede l'applicazione anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, conformemente ai rispettivi statuti, con esclusione degli enti locali ricadenti nel loro territorio.
Quanto alla ricognizione degli interventi infrastrutturali prevista in sede di prima applicazione, segnala che il 26 novembre 2010 è stato sottoscritto un decreto interministeriale in materia che riguarda una serie di infrastrutture tra cui i servizi afferenti al trasporto pubblico locale e il collegamento con le isole, ulteriori rispetto a quelli previsti dall'articolo 22 della legge di delega. Però, nella seduta del 10 febbraio 2011 della Conferenza unificata - in cui il Governo ha reso una informativa sul Piano per il Sud e sul citato decreto interministeriale - ANCI, UPI e UNCEM hanno evidenziato, in un documento, che il decreto «agli articoli 3 e 4 disciplina la determinazione e la metodologia di calcolo del fabbisogno infrastrutturale, che invece dovrebbero essere oggetto di una disciplina contenuta nel decreto legislativo relativo alla perequazione, ai sensi degli articoli 2 e 13 della legge n. 42». Nel documento si afferma che « questa impostazione non può essere condivisa perché dal punto di vista della gerarchia delle fonti i criteri per la perequazione infrastrutturale non possono essere stabiliti con decreto, ma con fonte superiore» e che si avrebbe violazione della procedura istituzionale fissata dalla

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legge delega, in quanto viene escluso l'esame del testo del decreto da parte della Commissione bicamerale.
L'articolo 5 definisce le modalità di programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione, demandando alla legge di stabilità relativa all'esercizio finanziario che precede l'avvio di un nuovo ciclo pluriennale di programmazione il compito di incrementare la dotazione finanziaria del Fondo. Pertanto, in sede di prima applicazione, la legge di stabilità per il 2013 stanzierà le risorse adeguate per le esigenze del periodo di programmazione 2014-2020, sulla base della quantificazione che verrà proposta dal Ministro delegato, in misura compatibile con il rispetto dei vincoli di bilancio e degli obiettivi di finanza pubblica. Contestualmente la legge di stabilità provvederà alla ripartizione della dotazione finanziaria del Fondo per quote annuali, in base all'andamento stimato della spesa. L'annuale legge di stabilità può aggiornare l'articolazione annuale delle quote (cosiddetta rimodulazione), ferma restando la dotazione complessiva del Fondo. Trascorso il primo triennio del periodo, la riprogrammazione può essere effettuata solo previa intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata Stato-regioni e autonomie locali. Si nota che mentre la diversa allocazione annuale delle risorse (rimodulazione) è presa in considerazione ferma restando la dotazione complessiva, nel caso della «riprogrammazione» del Fondo non è prevista la medesima condizione. Con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) da approvare entro il mese di ottobre dell'anno che precede l'avvio del ciclo pluriennale di programmazione (in sede di prima applicazione sarà il mese di ottobre 2013) sono definiti i contenuti di un Documento di indirizzo strategico, predisposto dal Ministro delegato, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dello sviluppo economico, nonché d'intesa con la Conferenza unificata.
Tra i contenuti del Documento di indirizzo strategico vi sono, tra gli altri, gli obiettivi, i criteri e le finalità per l'utilizzazione delle risorse stanziate, i principi di condizionalità, istituzionale e generale per ogni settore di intervento e gli eventuali meccanismi premiali e sanzionatori. Entro il 1o marzo dell'anno successivo (in sede di prima applicazione il termine sarà il 1o marzo 2014) il Ministro delegato, attuando gli obiettivi e nel rispetto dei criteri definiti dalla predetta delibera del CIPE, propone al Comitato stesso ai fini della conseguente approvazione, in coerenza con il riparto territoriale e settoriale ivi stabilito e d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, oltre che con le amministrazioni attuatrici individuate, gli interventi o i programmi da finanziarie con le risorse del Fondo, nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente. Il termine del 1o marzo sembra riferito all'attività propositiva del Ministro delegato e non quale termine per la deliberazione da parte del CIPE.
L'articolo 6 introduce nell'ordinamento lo strumento del cosiddetto «contratto istituzionale di sviluppo». Il Ministro delegato per la politica di coesione economica, sociale e territoriale, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, stipula con le regioni e le amministrazioni competenti tale contratto, con cui si provvede a destinare le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione assegnate dal CIPE ai sensi del precedente articolo 5, comma 4, individuando responsabilità, tempi e modalità di attuazione degli interventi. Al contratto possono partecipare anche i concessionari di servizi pubblici.
Nell'ordinamento è già presente un analogo strumento operativo, l'«intesa istituzionale di programma», istituita con legge n. 662 del 1996. Si tratta dell'accordo con il quale l'amministrazione centrale e le amministrazioni regionali (o province autonome) si impegnano a collaborare, per la realizzazione di un piano pluriennale di interventi. L'intesa istituzionale di programma prevede, per ciascun settore d'intervento, la stipula di un Accordo di Programma Quadro, rimandando a quest'ultimo la definizione puntuale

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delle opere e dei finanziamenti, nonché le procedure per il monitoraggio dell'attuazione degli investimenti.
Si prevede che la progettazione, approvazione e realizzazione degli interventi previsti dal contratto istituzionale di sviluppo dovranno essere disciplinati dalle norme sulle infrastrutture strategiche contenute nella parte II, Titolo III, Capo IV del Decreto Legislativo n. 163 del 2006 (cosiddetto Codice dei contratti pubblici) in quanto applicabili. Segnalo che il rinvio alle norme del codice appalti solo «in quanto applicabili» sembra costituire un'autorizzazione a derogare alla normativa vigente, di carattere generico e non prevista dalla delega.
Il coordinamento e la vigilanza dell'attuazione degli interventi sono attribuiti al dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, senza peraltro indicare il Ministero dello sviluppo economico cui il Dipartimento appartiene.
In caso di inerzia e inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili degli interventi oggetto del decreto in esame, il Governo esercita il potere sostitutivo previsto dalle norme della Costituzione (articolo 120, secondo comma), secondo le modalità procedurali individuate dall'articolo 8, della legge n. 131 del 2003, al fine di assicurare la competitività, la coesione e l'unità economica del paese. Tra i poteri del Governo, è prevista la possibilità di nomina, senza nuovi o maggiori oneri, di un commissario straordinario.
L'articolo 7, comma 1, primo periodo, mantiene ferme le disposizioni vigenti che disciplinano i contributi speciali e gli interventi diretti dello Stato che sono riconducibili all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione e che perseguono finalità diverse da quelle indicate al precedente articolo 1.
Dal confronto tra le finalità di cui alla disposizione costituzionale e quelle richiamate dall'articolo 1 del testo in esame potrebbe risultare l'intento dell'articolo 7 di mantenere ferme le disposizioni vigenti relative alle finalità di «favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona» e di «provvedere (da parte dello Stato) a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni di comuni, province, città metropolitane e regioni», in quanto, pur indicate nell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione non sono però ricomprese nell'articolo 1 del provvedimento in esame.
Il secondo periodo del comma 1 prevede la possibilità, con riferimento ai predetti contributi e interventi per finalità diverse, che siano introdotte ulteriori disposizioni attuative dell'articolo 16 della legge delega n. 42 del 2009, mediante uno o più decreti legislativi integrativi adottati secondo la procedura prevista dalla medesima legge. Al riguardo rilevo che tale previsione non può condurre ad attribuire a successivi decreti legislativi, definiti «integrativi» il potere di definire istituti non introdotti dal testo anche oltre il termine di delega (21 maggio 2011). In merito alla qualificazione «integrativo» attribuita ai decreti menzionati dal secondo periodo del comma 1, rileva che la legge delega consente solo l'emanazione di uno o più decreti legislativi nel termine di esercizio previsto per la delega principale; al riguardo si consideri che la giurisprudenza costituzionale ha individuato precisi limiti all'esercizio della potestà legislativa di tipo integrativo e correttivo (sentenza n. 206 del 2001), che può esplicarsi solo nell'ambito dei principi e criteri direttivi già imposti per la delega principale e «solo in funzione di correzione o integrazione delle norme delegate già emanate, e non già in funzione di un esercizio tardivo, per la prima volta, della delega».
Inoltre, osserva, che la relazione illustrativa dello schema di decreto indica tra i contributi e interventi per finalità diverse, quelli rivolti ai territori montani e alle isole minori. Al riguardo non appare chiaro perché la relazione - che per tali interventi «diversi» fa riferimento ad «approfondimenti tuttora in corso nell'ambito della COPAFF - non consideri tali interventi tra quelli aventi il fine di «promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale e di rimuovere

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gli squilibri economici e sociali del Paese», come riportato dall'articolo 1 in esame.
In conclusione, dopo aver ricordato come sul testo in esame non sia stata conseguita l'intesa in sede di Conferenza unificata, sottolinea come il Governo si sia nondimeno impegnato a proseguire il confronto con le autonomie territoriali e a tenerne conto ai fini della predisposizione del testo definitivo del provvedimento.

Mario TASSONE (UdC) ricorda di aver posto, nella seduta del 23 marzo 2001, nel corso dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario (atto n. 317), una questione di natura procedurale in relazione alle modalità di esame, ai fini della deliberazione di eventuali rilievi, degli schemi di decreto legislativo attuativi della legge n. 42 del 2009, e di aver in quella occasione invitato la presidenza a valutare la possibilità, anche alla luce dell'intervento svolto in quella seduta dal presidente La Loggia, di verificare se esista un modo per permettere alla Commissione di esprimere i propri rilievi non sul testo iniziale, ma su quello risultante dal dibattito nella Commissione di merito.
Osserva che, se la Commissione affari costituzionali deve esprimersi su un testo destinato ad essere presumibilmente superato, come è accaduto in passato, il suo lavoro costituisce una inutile «pantomima», che lede la dignità della Commissione.

Giuseppe CALDERISI (PdL) ritiene che il lavoro della Commissione affari costituzionali non possa in alcun modo considerarsi una «inutile pantomima», atteso che tutti i rilievi emersi nel dibattito svolto in seno ad essa, con riferimento allo schema relativo la federalismo municipale (atto n. 317), sono stati poi recepiti nel nuovo testo del provvedimento, contenuto nella proposta di parere del relatore presso la Commissione di merito.

Mario TASSONE (UdC) ricorda che nella seduta del 23 marzo 2011 il presidente La Loggia ha chiaramente affermato che i rilievi proposti dalla relatrice con riferimento all'altro schema di decreto legislativo esaminato dalla Commissione affari costituzionali (atto n. 317) rischiavano di mancare il bersaglio in quanto si riferivano a un testo oramai superato nella Commissione di merito: in altre parole, i rilievi della Commissione affari costituzionali sono stati recepiti dalla Commissione di merito non in quanto tali ma alla luce del dibattito svoltosi presso quella Commissione stessa.

Gianclaudio BRESSA (PD), nel ricordare di aver posto anche lui la questione procedurale ricordata dal deputato Tassone, fa presente che nella seduta del 23 marzo 2011 il presidente Bruno si era riservato di valutare se sottoporre al Presidente della Camera la questione posta.

Donato BRUNO, presidente, informa la Commissione di aver convenuto col presidente della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale che quest'ultima trasmetterà informalmente alla Commissione affari costituzionali l'eventuale nuovo testo dello schema di decreto che il relatore dovesse prospettare nella sua proposta di parere alla luce del dibattito che si svolgerà presso quella Commissione. Pertanto la Commissione affari costituzionali potrà tenere conto di tale documento ai fini dell'espressione dei rilievi.
Quindi, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.55.

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AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri.
C. 3921-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

COMITATO RISTRETTO

Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, in materia di soppressione delle province.
Testo base C. 1990 cost. Donadi, C. 1836 cost. Scandroglio, C. 1989 cost. Casini, C. 2264 cost. Pisicchio e C. 2579 cost. Vassallo

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI