CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 15 marzo 2011
452.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
COMUNICATO
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DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Martedì 15 marzo 2011. - Presidenza del vicepresidente Gero GRASSI. - Interviene il sottosegretario di Stato per la salute Francesca Martini.

La seduta comincia alle 14.

Variazione nella composizione della Commissione.

Gero GRASSI, presidente, comunica che il deputato Francesco Saverio Romano entra a far parte della Commissione.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.
Atto n. 317.
(Rilievi alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale).
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto, rinviato nella seduta dell'8 marzo 2011.

Gero GRASSI, presidente, comunica che, nella seduta del 9 marzo scorso, la Commissione parlamentare per l'attuazione

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del federalismo fiscale ha deliberato di chiedere ai Presidenti delle Camere di disporre una proroga di venti giorni, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge n. 42 del 2009, del termine per l'esame dello schema di decreto legislativo in titolo. Avverte, tuttavia, che l'ufficio di presidenza della medesima Commissione ha stabilito che il parere verrà espresso comunque entro la giornata di mercoledì 23 marzo.
Ritiene, pertanto, che, ove la Commissione non dovesse esprimere i propri rilievi nella seduta già convocata per domani, l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, potrà comunque valutare un eventuale rinvio dell'esame alla prossima settimana.

Anna Margherita MIOTTO (PD) sottolinea come gli emendamenti alla legge n. 42 del 2009 approvati grazie all'iniziativa del suo gruppo abbiano chiarito che, in materia di sanità, assistenza, istruzione e, limitatamente agli investimenti in conto capitale, trasporto pubblico locale, i livelli essenziali delle prestazioni devono essere garantiti a ciascun cittadino, a prescindere dal luogo di residenza. Tuttavia, per citare la metafora impiegata dal ministro Tremonti, il provvedimento in esame non contribuisce affatto a «raddrizzare l'albero storto» della finanza pubblica, ma, al contrario, non fa che aggravare la situazione attuale. Questo schema di decreto, come già il precedente sul cosiddetto «federalismo municipale», accresce la distanza tra il livello territoriale del prelievo fiscale e quello di erogazione dei servizi, invertendo, sul fronte delle entrate, una tendenza costante degli ultimi dieci anni e contraddicendo alle finalità dichiarate del federalismo fiscale. È, tuttavia, sul piano della tutela dei diritti fondamentali che il provvedimento in esame presenta, a suo avviso, i profili più preoccupanti. Tale schema di decreto, infatti, disciplina il finanziamento della sanità, mentre, per quanto riguarda gli altri tre fondamentali settori citati (assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale), si limita a un rinvio a provvedimenti futuri. Tale rinvio, a suo parere, è destinato a restare senza seguito una volta che sia conclusa la fase di attuazione delle deleghe contenute nella legge n. 42 del 2009. Giudica grave, inoltre, che, in materia di riparto del Fondo sanitario nazionale, si abbandoni il criterio della triennalità, che per dieci anni ha regolato l'adozione dei patti per la salute, in favore del criterio dell'annualità, che, a suo dire, renderà più difficile anche l'adozione dei piani di rientro dei deficit sanitari regionali. Osserva, altresì, che il problema del riparto del suddetto Fondo è affrontato in un'ottica economicistica, senza un espresso riferimento ai livelli essenziali di assistenza. In proposito, rileva che la definizione dei livelli essenziali dovrebbe tener conto anche dei profili evolutivi delle prestazioni sanitarie, come faceva il decreto predisposto dal precedente Governo, non emanato per la mancata registrazione da parte della Corte dei conti. Sottolinea, inoltre, i rischi connessi alla confluenza in un unico Fondo dei finanziamenti dei singoli obiettivi di salute, che, opportunamente, i patti per la salute hanno sempre tenuti distinti. Ritiene, infine, che tra i criteri di riparto del Fondo sanitario nazionale debba necessariamente essere compreso un indicatore di deprivazione, nell'interesse non soltanto delle regioni a minor gettito fiscale, ma anche di alcune aree delle regioni più ricche. In proposito, dichiara di concordare con quanto recentemente affermato, in Aula, dal ministro Fazio in risposta ad un atto di sindacato ispettivo, circa la necessità di rispondere alle esigenze delle aree a minor gettito fiscale mediante un potenziamento dell'assistenza sanitaria territoriale, secondo quanto proposto anche dalla Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Auspica, in conclusione, che il relatore, nel formulare la sua proposta di rilievi, dimostri attenzione e sensibilità per i problemi sollevati.

Lucio BARANI (PdL), relatore, intervenendo sull'ordine dei lavori, propone di stabilire sin d'ora che l'esame del provvedimento in titolo si concluda nella giornata di mercoledì 23 marzo.

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Gero GRASSI, presidente, fa presente che, non essendovi obiezioni, rimane stabilito che l'esame del provvedimento in titolo si concluda nella giornata di mercoledì 23 marzo 2011, secondo quanto proposto dal relatore.

Laura MOLTENI (LNP) si sofferma sul problema dei criteri di riparto della spesa sanitaria tra le regioni e, in particolare, dell'indice di deprivazione. Il problema nasce dal fatto che, fino ad oggi, l'assegnazione alle regioni delle quote del fabbisogno nazionale di relativa spettanza è avvenuta essenzialmente applicando il criterio della quota capitaria ponderata, che computa la popolazione residente, correggendola con i parametri dell'articolo 1, comma 34, della legge n. 622 del 1996, per rappresentare in particolare la frequenza per consumi sanitari per età e sesso.
Il procedimento di determinazione dei fabbisogni sanitari, come disciplinato dall'articolo 22, commi 6 e 7, del provvedimento in esame, prevede un doppio livello di «pesatura» della popolazione: i costi standard a livello regionale, computati a livello aggregato per ciascuno dei macrolivelli di assistenza, sono determinati sulla base della media pro capite pesata del costo registrato dalle regioni benchmark; il livello standard della spesa delle tre macroaree delle regioni benchmark è poi applicato a tutte le altre regioni, in relazione alla relativa popolazione pesata regionale.
Lo schema di decreto in esame specifica, all'articolo 22, comma 7, che le pesature sono effettuate con i pesi per classi di età considerati ai fini della determinazione del fabbisogno sanitario relativi al secondo esercizio precedente a quello di riferimento.
Il meccanismo di pesatura della popolazione in esame, in cui i pesi sono riferiti solo alle classi di età, sembra parzialmente differenziarsi da quello fino ad oggi utilizzato dalla Conferenza Stato-regioni per la determinazione dei fabbisogni sanitari regionali a partire dal fabbisogno sanitario nazionale.
La prassi attuativa del decreto legislativo n. 56 del 2000 prevede, infatti, che, ai fini della determinazione del fabbisogno sanitario di ogni regione, si assuma come parametro fondamentale di riferimento il numero dei cosiddetti assistiti (che può non coincidere del tutto con i residenti, inglobando ad esempio anche alcuni dei domiciliati), ponderato sulla base di alcune variabili destinate a rappresentare il bisogno di assistenza di ogni singolo individuo: da un punto di vista statistico, non tutte le persone presentano infatti la medesima domanda di prestazioni sanitarie, ma tale bisogno di assistenza tende a variare sia sulla base delle stato di salute individuale, sia sulla base dell'età del paziente assistito. In assenza di un indicatore in grado di definire con assoluta certezza il bisogno di assistenza di una certa collettività, il principale criterio fino ad oggi utilizzato ai fini del riparto delle risorse è sicuramente quello dell'età degli assistiti, che rappresenta la variabile più direttamente collegata allo stato di salute, per cui si attribuiscono maggiori risorse a quelle regioni che, a parità di abitanti, presentano una popolazione più anziana.
Oltre al criterio dell'età, che assume pesi differenziati in base al genere degli assistiti, sono di regola utilizzati altri criteri di pesatura, che presentano un'incidenza minore sulla determinazione del fabbisogno finale. In particolare, per valutare il livello di prevenzione necessario in ogni regione, si prende come indicatore il tasso di mortalità perinatale e quello di mortalità infantile, che tra gli indicatori disponibili è ritenuto quello maggiormente rappresentativo dei rischi socio-ambientali per la salute. Per la determinazione del fabbisogno relativo all'assistenza territoriale distrettuale, si utilizza invece come indicatore quello della densità abitativa, in quanto si ritiene che laddove al popolazione sia più distribuita sul territorio, i costi di erogazione dei servizi territoriali tendano ad aumentare.
Una sintetica ricostruzione dei principali criteri di pesatura della quota capitaria può aiutare a comprendere quali sono gli interessi o i bisogni rappresentati

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attraverso l'affiancamento alla tradizionale pesatura per classi di età di altri parametri di ponderazione.
Gli indicatori per la determinazione dei fabbisogni sanitari regionali secondo la prassi invalsa nell'esperienza della Conferenza Stato-regioni, sono i seguenti: l'indicatore della popolazione residente, che fornisce un'indicazione tendenziale del numero degli effettivi utenti nelle varie forme di assistenza sanitaria; i livelli di assistenza, che rappresentano le categorie di prestazioni elargite dal Servizio sanitario nazionale; la pesatura per età della popolazione, che consente di valutare la domanda potenziale di prestazioni dei singoli assistiti; la mortalità infantile che, tra gli indicatori disponibili, è quello più sensibile nei riguardi dei rischi socio-ambientali, cui sono rivolti i programmi di prevenzione; la densità abitativa, che modifica il fabbisogno relativo all'assistenza territoriale distrettuale; i costi strutturali che consentono di differenziare il fabbisogno relativo all'assistenza ospedaliera, isolando una percentuale di costo strutturale indipendente dalla casistica trattata.
Il procedimento di determinazione dei fabbisogni sanitari disciplinato dallo schema di decreto legislativo in esame attribuisce un ruolo dirimente alla Conferenza Stato-regioni.
In primo luogo, lo schema di decreto recepisce molti dei contenuti del Patto per la salute attualmente in vigore, approvato dalla Conferenza Stato-regioni con l'intesa del 3 dicembre 2009: per la fase transitoria (anni 2011-2012), è confermato il livello di finanziamento concordato con l'intesa Stato-regioni del 3 dicembre 2009; a decorrere dal 2013, sono considerati indicatori della programmazione nazionale per l'attuazione del federalismo fiscale i livelli percentuali di finanziamento della spesa sanitaria tra le tre macroaree di assistenza.
Oltre al rinvio esplicito ai contenuti della citata intesa, lo schema di decreto in esame attribuisce alla Conferenza Stato-regioni, pro futuro, un ruolo di primo piano nella determinazione dei fabbisogni regionali.
In particolare, come più volte evidenziato: spetta alla Conferenza Stato-regioni scegliere due delle tre regioni benchmark tra le cinque migliori indicate dal Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia; i criteri di qualità, appropriatezza ed efficienza per la selezione delle migliori regioni sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni; con la stessa modalità si procede alla ridefinizione dei suddetti criteri; i costi e i fabbisogni standard regionali sono quindi determinati annualmente dal Ministero della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.
Fin qui quanto previsto dallo schema di decreto legislativo in esame. Tuttavia, per la prima volta, c'è oggi chi vorrebbe introdurre quale criterio di correzione della quota capitaria il cosiddetto «indice di deprivazione», un indice statistico atto a rappresentare le condizioni socioeconomiche in cui versano i cittadini, legato al livello di istruzione e alle condizioni reddituali; situazioni opinabili, che attengono più alla sfera sociale che a quella sanitaria. Nella sua relazione del 3 marzo scorso, l'onorevole Barani ha affermato che, da subito e con indicazioni nel decreto, si dovrebbe tener conto delle situazioni descritte, prevedendo una modifica dei criteri di riparto del Fondo sanitario nazionale.
In proposito, va considerato che non è scientificamente provata la diretta correlazione tra le condizioni di deprivazione e lo stato di salute dei cittadini e, quindi, è erronea l'attribuzione alle aree deprivate di maggiori risorse finanziarie per soddisfare i bisogni sanitari rilevati a livello regionale; inoltre, il riparto del Fondo sanitario per l'anno 2011 assume un'importanza strategica nella prospettiva della futura applicazione del meccanismo di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard.
Per quanto concerne, più in particolare, l'indice di deprivazione, ricorda che un recente studio dell'Agenzia nazionale

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per i servizi sanitari regionali - citato dal ministro Fazio rispondendo il 9 marzo 2011, in Aula, a una sua interrogazione a risposta immediata - associa l'indice di deprivazione alla presenza di patologie quali broncopneumopatie, scompenso cardiaco, disturbi psichici o diabete. Lo stesso ministro Fazio, sempre rispondendo alla medesima interrogazione, evidenzia che «queste patologie devono essere trattate sul territorio e non a livello ospedaliero, mentre i dati di incidenza delle patologie in Italia, in prevalenza, sono riferiti unicamente alle schede di dimissione ospedaliera, perciò ai ricoveri ospedalieri. Poiché regioni con alto indice di deprivazione hanno anche, in genere, un'alta inappropriatezza di ricoveri ospedalieri (e cioè ricoverano in ospedale questo tipo di patologie, mentre non sarebbe necessario), in assenza di dati territoriali, usare oggi l'indice di deprivazione avrebbe il rischio di premiare l'inappropriatezza. Anche l'età, peraltro, non è un indice preciso, ma, anzi, assolutamente impreciso». L'unico indice preciso che si possa usare, secondo quanto dichiarato sempre dal ministro Fazio, è la prevalenza delle malattie. Il Governo ritiene che entro due o tre anni si possa giungere ad adottare come indice la prevalenza delle malattie pesata per l'età e questo rappresenta un indice oggettivo. In ogni caso, l'indice di deprivazione, oggi come oggi, per i motivi descritti, appare inapplicabile; in particolare, esso è sicuramente inapplicabile al riparto per l'anno 2011.
Anche l'onorevole Corsaro, relatore di maggioranza presso la Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale, si è espresso in senso contrario all'introduzione dell'indicatore di deprivazione.
In conclusione, ribadisce che l'indicatore di deprivazione, oltre ad essere poco attendibile per la mancata dimostrazione, su basi scientifiche, del nesso con le condizioni di salute dei cittadini, può essere inficiato da fenomeni quali l'evasione fiscale, come conferma, ad esempio, un rapporto del centro studi dell'Agenzia delle entrate del 2006, relativamente all'IRAP, ove, considerando l'intensità dell'evasione, cioè il rapporto tra base imponibile sottratta allo Stato e base imponibile dichiarata al fisco, evidenzia che le regioni meno virtuose sono quelle collocate al Sud. Le regioni del Sud che presentano bilanci in rosso e che sono anche coinvolte dai piani di rientro devono oggi compiere un atto di responsabilità che passi attraverso una corretta gestione delle risorse medesime. Auspica, pertanto, un'attenta riflessione sulla questione dell'introduzione dell'indice di deprivazione rispetto al complesso delle questioni esposte, al fine di evitare che quelle regioni settentrionali che sono in equilibrio di bilancio, grazie a una gestione virtuosa delle risorse, vengano ingiustamente penalizzate. Tali regioni devono già oggi fare i conti con fattori che impongono di distinguere tra povertà assoluta e povertà relativa. Infatti. in questi regioni vi è un costo della vita più elevato, una popolazione mediamente più anziana, condizioni climatiche di norma peggiori e, infine, una migrazione sanitaria proveniente da altre regioni, le quali spesso provvedono ai relativi rimborsi con significativi ritardi.

Vittoria D'INCECCO (PD), premesso che il provvedimento in esame concerne servizi essenziali per la qualità della vita dei cittadini nei settori della sanità, dell'assistenza, dell'istruzione e del trasporto pubblico locale, rileva come il punto dirimente consista nel livello essenziale delle prestazioni, il quale rappresenta un diritto fondamentale dell'individuo, assolutamente non negoziabile. Osserva, inoltre, che, in ambito sanitario, è corretto distinguere il fabbisogno finanziabile da quello standard, ma bisognerebbe adottare come benchmark cinque regioni, anziché tre, e adottare criteri di riparto delle risorse che tengano conto non solo dell'età della popolazione, ma anche delle condizioni socioeconomiche e del gap infrastrutturale. Un altro punto importante è rappresentato dalle addizionali regionali IRE e IRAP: con riguardo alla prima, bisognerebbe eliminare le detrazioni regionali, che rischiano di minarne la progressività; con riguardo

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alla seconda, invece, occorrerebbe aumentare i margini di manovrabilità, al limite solo a vantaggio dello start-up d'impresa. Il provvedimento in esame mostra, a suo avviso, alcune criticità: esso non appare del tutto coordinato con il decreto legislativo sul cosiddetto «federalismo municipale»; inoltre, non è chiaro se i trasferimenti da sostituire siano pari a 6,4 miliardi di euro o a meno di 2 miliardi di euro. Tale provvedimento, inoltre, non affronta l'aspetto centrale del problema, cioè come sia possibile ottenere maggiore efficienza ed efficacia nell'erogazione dei servizi. Ricorda, infine, come il suo gruppo abbia avanzato proposte di modifica del testo sulle questioni appena evidenziate e ritiene che, se tali proposte saranno tenute in considerazione, si potrà giungere ad approvare un documento condiviso, nell'interesse di tutti i cittadini.

Gero GRASSI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta, ricordando che la Commissione ha convenuto di concludere l'esame nella giornata di mercoledì 23 marzo prossimo.

La seduta termina alle 14.45.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 15 marzo 2011. - Presidenza del vicepresidente Gero GRASSI. - Interviene il sottosegretario di Stato per la salute Francesca Martini.

La seduta comincia alle 14.45.

Legge comunitaria 2010.
Emendamenti C. 4059 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla XIV Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame, per il parere di competenza, degli emendamenti e articoli aggiuntivi presentati presso la XIV Commissione.

Gero GRASSI, presidente, avverte che la XIV Commissione ha trasmesso, per l'espressione del prescritto parere, l'emendamento 1.5 del Governo, limitatamente alle parti di competenza della Commissione, e l'articolo aggiuntivo 6.02 del Governo. In proposito, ricorda che al parere della Commissione è riconosciuta, in questa fase, una particolare efficacia vincolante. Nello specifico, segnala che, qualora la Commissione esprima parere favorevole su un emendamento, la XIV Commissione è tenuta ad adeguarsi al parere e potrà respingerlo solo per motivi attinenti alla compatibilità con la normativa comunitaria o per esigenze di coordinamento generale; qualora la Commissione esprima parere contrario, la XIV Commissione non potrà procedere oltre nell'esame dell'emendamento medesimo.

Raffaele VOLPI (LNP), relatore, dopo aver brevemente illustrato, per i profili di competenza della Commissione, le proposte emendative trasmesse dalla XIV Commissione, formula una proposta di parere favorevole.

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 14.50.

COMITATO RISTRETTO

Martedì 15 marzo 2011.

Modifiche alla legge n. 281/1991, in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo. C. 1172 Santelli e Ceccacci Rubino, C. 1236 Mancuso, C. 1319 Tortoli, C. 1370 Alessandri, C. 2359 Anna Teresa Formisano e Drago, C. 586 Compagnon, C. 1565 Mancuso, C. 1589 Livia Turco e Viola, C. 2343 Farinone e C. 2405 Minardo.

Il Comitato ristretto si è riunito dalle 14.50 alle 15.