CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 24 febbraio 2011
444.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Giovedì 24 febbraio 2011. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE.

La seduta comincia alle 9.

Istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore assicurativo.
Testo unificato C. 2699-ter, approvata dal Senato, C. 1964 Barbato, C. 3544 Pagano e C. 3589 Bragantini.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato, da ultimo, nella seduta del 22 febbraio 2011.

Gianfranco CONTE, presidente, ricorda che nella precedente seduta il relatore, Barbato, e il rappresentante del Governo hanno espresso il proprio parere sulle proposte emendative presentate al testo unificato in esame.
Ritiene quindi che, in considerazione dell'imminente inizio dei lavori dell'Assemblea, sia preferibile rinviare ad altra seduta il seguito dell'esame, rilevando come tale rinvio potrà essere utilmente utilizzato dai gruppi per approfondire il contenuto delle proposte emendative presentate, con particolare riferimento a quelle che sono state accantonate nel corso della precedente seduta.

Alberto FLUVI (PD), poiché la Commissione è entrata nel vivo dell'esame del testo unificato in titolo, conferma la disponibilità di massima del proprio gruppo a sostenere, ove maturino i necessari presupposti, un'eventuale richiesta di trasferimento dell'esame alla sede legislativa, precisando, tuttavia, che tale disponibilità è da intendersi condizionata all'assunzione dell'impegno, da parte del Governo e della maggioranza, a non utilizzare il provvedimento come veicolo nel quale introdurre disposizioni che non attengano direttamente all'istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore assicurativo.

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Gianfranco CONTE, presidente, informa di avere già preso contatti con il Ministero dello sviluppo economico e con il Senato, al fine di rendere il più possibile spedito l'iter del provvedimento in esame anche presso l'altro ramo del Parlamento.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.05.

DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 24 febbraio 2011. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE.

La seduta comincia alle 9.05.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.
Atto n. 317.

(Rilievi alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale).
(Esame, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Gianfranco CONTE, presidente, ricorda che la Commissione è stata autorizzata a trasmettere, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del Regolamento, rilievi alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario (Atto n. 317).

Maurizio FUGATTI (LNP), relatore, illustra lo schema di decreto legislativo in titolo, rilevando preliminarmente come esso sia stato predisposto ai sensi della delega in materia di federalismo fiscale conferita al Governo dalla legge n. 42 del 2009.
Passando al contenuto dello schema di decreto, esso si compone di 27 articoli, e si articola in cinque capi, relativi, rispettivamente, all'autonomia di entrata delle regioni, all'autonomia di entrata delle province, ai meccanismi di perequazione ed ai costi e fabbisogni standard nel settore sanitario ed alle norme finali ed abrogazioni.
In linea generale, segnala come attengano alle competenze della Commissione Finanze i Capi I , II , III e V dello schema di decreto.
L'articolo 1 dello schema di decreto legislativo, ai commi 1 e 2 definisce l'oggetto del Capo I dello schema di decreto legislativo (composto degli articoli da 1 a 11).
In tale ambito, si prevede che le disposizioni del predetto Capo assicurano l'autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario, prevede la soppressione di trasferimenti statali, individua le compartecipazioni delle regioni ordinarie a tributi erariali ed i tributi regionali e disciplina i meccanismi perequativi.
Il comma 3 precisa che il gettito delle fonti di finanziamento indicate dal comma 2 è senza vincolo di destinazione.
L'articolo 2 dello schema di decreto, ai commi 1 e 4, interviene sulla disciplina dell'imposta sui redditi delle persone fisiche (IRPEF) e dell'addizionale regionale all'IRPEF prevedendo modifiche a decorrere dall'anno 2012.
Il comma 1, primo periodo, stabilisce che la misura dell'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF sarà rideterminata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 30 giugno 2011 su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza Stato-Regioni.

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La nuova aliquota dovrà essere determinata in modo da garantire la neutralità del gettito complessivo delle regioni a statuto ordinario. In particolare, dovrà assicurare al complesso delle regioni a statuto ordinario un gettito il cui ammontare coincida con l'importo ottenuto dalla somma tra i trasferimenti statali soppressi e la compartecipazione regionale all'accisa sulla benzina soppressa.
Il secondo periodo stabilisce che, a decorrere dal 2014, la misura dell'aliquota sarà incrementata delle percentuali indicate nel comma 1, lettere b) e c) dell'articolo 5, le quali individuano, rispettivamente, per l'anno 2014 e a decorrere dal 2015, la misura massima di incremento dell'aliquota di addizionale regionale IRPEF che le regioni, nell'ambito dell'autonomia tributaria loro attribuita, hanno la facoltà di deliberare.
Ai sensi del terzo periodo, contestualmente alla determinazione dell'aliquota dell'addizionale regionale IRPEF, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dovrà stabilire, al fine di mantenere inalterato il prelievo fiscale complessivo a carico del contribuente, anche la riduzione delle aliquote IRPEF.
Il comma 2 stabilisce, per il 2012, che il fabbisogno sanitario nazionale standard corrisponde al livello, stabilito dalla vigente normativa, del finanziamento del Servizio sanitario nazionale al quale ordinariamente concorre lo Stato.
Il comma 3 conferma le disposizioni in materia di erogabilità della quota premiale, in seguito alla verifica degli adempimenti in materia sanitaria di cui all'articolo 2, comma 68, lettera c), della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010). La norma conferma, inoltre le disposizioni in materia di realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario, di rilievo nazionale e di relativa erogabilità delle corrispondenti risorse, nonché le norme in materia di fondo di garanzia e di recuperi, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 56 del 2000, rispettivamente per minori ovvero maggiori gettiti fiscali effettivi rispetto a quelli stimati ai fini della copertura del fabbisogno sanitario standard regionale.
La disposizione stabilisce che, fino al 2013, al finanziamento della spesa sanitaria concorrono:
le entrate proprie, nella misura convenzionalmente stabilita nel riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale per l'anno 2010;
le ulteriori risorse, previste da specifiche disposizioni, che ai sensi della normativa vigente, sono ricomprese nel livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato.

Il comma 4 stabilisce che, salvo quanto previsto dal comma 1, continua ad applicarsi la disciplina IRPEF vigente alla data di entrata in vigore dello schema di decreto.
L'articolo 3, comma 1, stabilisce che a ciascuna regione a statuto ordinario spetta una compartecipazione al gettito dell'imposta sul valore aggiunto (IVA).
Il comma 2 disciplina la determinazione della quota dell'imposta sul valore aggiunto che dovrà essere riconosciuta, nel suo complesso, a tutte le regioni a statuto ordinario, individuando due modalità: la prima interessa il periodo transitorio (2011-2013) e la seconda, a regime, si applica a decorrere dal 2014.
Per gli anni 2011, 2012 e 2013 continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti, recate dal decreto n. 56 del 2000, ai sensi delle quali la misura delle aliquote di compartecipazione può essere rideterminata annualmente - al fine di garantire la compensazione dei trasferimenti soppressi - con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, mentre la base imponibile cui applicare l'aliquota di compartecipazione IVA corrisponde al gettito IVA complessivo realizzato nel penultimo anno precedente a quello in considerazione,

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al netto di quanto devoluto alle regioni a statuto speciale e delle risorse UE.
A decorrere dal 2014, l'aliquota di compartecipazione è determinata ai sensi di quanto previsto dai commi 1 e 3 dell'articolo 11 dello schema di decreto, i quali stabiliscono in sostanza che la compartecipazione sarà fissata in misura pari al livello minimo assoluto del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni rilevato in una sola regione.
Il comma 3 individua il criterio per la ripartizione della compartecipazione IVA, fissata nel suo complesso ai sensi del comma 2, tra le regioni a statuto ordinario.
In particolare, viene previsto che, a decorrere dal 2013, l'attribuzione a ciascuna regione della quota di compartecipazione spettante sia effettuato sulla base del criterio di territorialità, il quale tiene conto del luogo di consumo del bene o servizio oggetto di scambio. A tale proposito, la disposizione precisa che, nel caso delle prestazioni di servizio, il luogo di consumo può essere identificato con quello del domicilio del soggetto fruitore.
Le modalità attuative di tale previsione sono rimesse ad un decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza Stato Regioni.
L'articolo 4, comma 1, attribuisce alle regioni a statuto ordinario la facoltà di ridurre l'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), fino anche ad azzerarla, nel rispetto della normativa comunitaria e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia dell'Unione europea.
Tale modifica dell'aliquota deve essere disposta con legge regionale. In ogni caso, la disposizione conferma il potere di variazione dell'aliquota attribuito alle regioni dall'articolo 16, comma 3, del decreto legislativo n. 446 del 1997, consistente nella facoltà di modificare, in aumento o in diminuzione fino ad un massimo di un punto percentuale, l'aliquota ordinaria IRAP, nonché di applicare aliquote differenziate per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.
Il comma 2 stabilisce che, nei casi in cui la regione deliberi una riduzione dell'imposta, il conseguente minor gettito è esclusivamente a carico della regione stessa e non comporta alcuna forma di compensazione perequativa, mentre il comma 3 stabilisce che le regioni che hanno deliberato un incremento dell'addizionale regionale IRPEF superiore allo 0,5 per cento non possono disporre la riduzione dell'aliquota IRAP, al fine di impedire il trasferimento del carico tributario dalle imprese ai cittadini.
Il comma 4 conferma l'applicazione degli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonché le disposizioni in materia di applicazioni di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari.
L'articolo 5, comma 1, stabilisce, in primo luogo, la misura dell'aliquota di base dell'addizionale regionale IRPEF e, in secondo luogo, attribuisce alle regioni a statuto ordinario la facoltà di modificarla.
L'aliquota di base viene fissata in misura pari allo 0,9 per cento; tale aliquota opera «sino alla rideterminazione» effettuata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanare ai sensi dell'articolo 2, comma 1, dello schema di decreto.
Alle regioni a statuto ordinario è inoltre riconosciuta la facoltà di modificare la misura dell'aliquota di base, in misura non superiore allo 0,5 per cento, sino all'anno 2013; all'1,1 per cento, per l'anno 2014; al 2,1 per cento, a decorrere dall'anno 2015.
Il comma 2 introduce ulteriori limiti alla facoltà di modifica dell'addizionale IRPEF da parte delle regioni, prevedendo, in caso di maggiorazione dell'aliquota, che le regioni le quali hanno disposto la riduzione dell'IRAP non possono deliberare incrementi dell'addizionale IRPEF superiori allo 0,5 per cento, e che le maggiorazioni

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superiori allo 0,5 per cento (applicabili, ai sensi del comma 1, a decorrere dal 2014) non devono comportare un aggravio del carico fiscale per i titolari di reddito da lavoro dipendente o da pensione limitatamente a tali redditi ed entro il limite d'importo corrispondente al secondo scaglione di reddito previsto dalla normativa IRPEF. A tal fine è prevista l'emanazione di un decreto non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze per la determinazione delle modalità di attuazione.
L'ultimo periodo del comma prevede che, nel caso in cui la regione intenda deliberare una riduzione dell'addizionale IRPEF, la nuova aliquota deve, in ogni caso, assicurare un gettito non inferiore all'ammontare dei trasferimenti regionali effettuati in favore dei comuni soppressi dall'articolo 8 dello schema di decreto.
Il comma 3 autorizza le regioni a stabilire aliquote dell'addizionale regionale IRPEF differenziate esclusivamente in relazione agli scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge statale. La norma è finalizzata ad assicurare la razionalità del sistema tributario nel suo complesso e a garantire i criteri di progressività.
Il comma 4 stabilisce che le misure delle detrazioni per carichi di famiglia fissate dall'articolo 12 del TUIR possono essere incrementate ed il maggiore beneficio opera in riduzione dell'addizionale regionale dovuta, mentre il comma 5 prevede che, al fine di favorire la sussidiarietà orizzontale, le regioni possono introdurre detrazioni fiscali in luogo dell'erogazione di sussidi, voucher, buoni servizio e altre misure di sostegno sociale previste dalla legislazione della regione stessa.
Ai sensi del comma 6, gli effetti finanziari di minor gettito dovuti ai benefici fiscali introdotti dalle regioni in favore dei contribuenti sotto forma di detrazioni d'imposta ai sensi dei commi 4 e 5 sono a carico del bilancio della regione. La norma ribadisce in ogni caso che, nel disciplinare tali agevolazioni fiscali, le regioni devono assicurare un gettito tributario non inferiore all'ammontare dei trasferimenti regionali ai comuni come indicato nell'ultimo periodo del comma 2.
Il comma 7 sospende la possibilità di disporre le detrazioni di cui ai commi 4 e 5 per le Regioni impegnate nei piani di rientro dal deficit sanitario nelle quali è stato nominato il commissario ad acta e sono state incrementate le aliquote fiscali di 0,15 punti percentuali dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive e di 0,30 punti percentuali dell'addizionale all'IRPEF oltre al limite previsto dalla legislazione vigente, per il mancato rispetto del piano stesso.
Il comma 8 conferma gli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonché le disposizioni in materia di applicazioni di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari.
Ai sensi del comma 9, il minor gettito derivante dalla riduzione delle aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF è esclusivamente a carico del bilancio della regione e non comporta alcuna forma di compensazione perequativa.
L'articolo 6 dispone, al comma 1, la soppressione, a decorrere dal 2012, di tutti i trasferimenti statali di parte corrente alle regioni a statuto ordinario, aventi carattere di generalità e permanenza (sono quelli destinati al finanziamento dell'esercizio delle competenze regionali, compresi quelli destinati all'esercizio di funzioni da parte di province e comuni). I trasferimenti soppressi dovranno essere compensati con le entrate derivanti dall'incremento dell'addizionale IRPEF come disciplinato dall'articolo 2, comma 1, dello schema di decreto.
Sono, invece, esplicitamente mantenuti i trasferimenti del fondo perequativo istituito per compensare le minori entrate del gettito dell'accisa sulle benzine, poi inglobato nel gettito dell'IRAP.
La disposizione stabilisce, inoltre, che le regioni esercitano l'autonomia tributaria prevista dagli articoli 4, 5, 7 e 8, comma 2 in modo da «assicurare il rispetto dei termini fissati dal presente capo».

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Ai sensi del comma 2, i trasferimenti da sopprimere - e quindi la somma da compensare - dovranno essere individuati, entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto, con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Unificata. Eventuali ulteriori trasferimenti da sopprimere dovranno essere individuati con le medesime modalità.
L'articolo 7 prevede, al comma 1, la soppressione, operante a decorrere dal 1o gennaio 2014, delle seguenti imposte e tasse, nonché l'abrogazione della relativa disciplina legislativa e regolamentare:
tassa per l'abilitazione all'esercizio professionale;
imposta regionale sulle concessioni statali per l'occupazione e l'uso dei beni del patrimonio indisponibile;
imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo;
tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali;
tasse sulle concessioni regionali;
addizionale regionale sui canoni statali per le utenze di acqua pubblica.

La disposizione prevede, inoltre, l'abrogazione di una serie di disposizioni connesse ai predetti tributi.
Il comma 1 mantiene inoltre ferma la facoltà delle Regioni, con legge propria, di istituire tributi regionali e locali avendo riguardo a presupposti non assoggettati a imposizione da parte dello Stato ovvero, con la medesima fonte, di determinare variazioni di aliquote o agevolazioni fiscali applicabili da Comuni e Province.
Qualora la Regione non si avvalga della predetta facoltà, essa provvede all'onere derivante dall'abolizione dei suddetti tributi mediante riduzione di spese ovvero con il gettito derivante dall'eventuale incremento dell'addizionale regionale all'IRPEF, ai sensi dell'articolo 5 dello schema di decreto.
Il comma 2 mantiene alle Regioni a statuto ordinario gli altri tributi ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del decreto in commento, qualificati come tributi propri derivati (disciplinati con legge statale ed il cui gettito è devoluto alla Regione), attribuendo alla regione la facoltà di variare l'aliquota entro una forbice fissata dalla legge dello Stato.
Il comma 4, ferma restando l'attribuzione della compartecipazione IVA e l'abolizione della compartecipazione regionale all'accisa sulla benzina, fa salve le altre compartecipazioni regionali al gettito di tributi erariali, secondo le previsioni della legislazione vigente alla data di entrata in vigore dello schema di decreto.
Il comma 3 sopprime invece, dal 2012, la compartecipazione regionale all'accisa sulla benzina.
L'articolo 8 prevede, al comma 1, che ciascuna regione a statuto ordinario sopprima, a decorrere dal 2013, i trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese dei comuni.
Ai sensi del comma 2, i trasferimenti soppressi sono sostituiti, a decorrere dal medesimo anno, con una compartecipazione al gettito della addizionale regionale all'IRPEF, di cui all'articolo 5, determinata da ciascuna regione con atto amministrativo, d'intesa con i comuni del proprio territorio, la cui aliquota è stabilita in misura tale da assicurare un importo esattamente corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi ai sensi del comma precedente. Il comma prevede, inoltre, meccanismi di adeguamento dell'aliquota della compartecipazione da parte di ciascuna regione, sulla base delle disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni dei comuni.
La predetta quota di compartecipazione può, altresì, essere successivamente incrementata, con le modalità indicate nel presente comma - cioè con atto amministrativo, d'intesa con i comuni del territorio - in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti regionali suscettibili di soppressione.

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Nel caso in cui la regione non ottemperi alle descritte disposizioni, e non provveda a decorrere dal 2013 alla determinazione della compartecipazione, il comma 3 prevede l'esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato, ai sensi dell'articolo 120, comma secondo, della Costituzione.
Il comma 4 prevede l'istituzione da parte di ciascuna regione di un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio, alimentato con le entrate derivanti dalla compartecipazione comunale al gettito della addizionale regionale all'IRPEF istituita dal comma 2, a decorrere dall'anno 2013.
In tale contesto, ciascuna regione stabilisce, previo accordo con i comuni, le modalità di riparto del Fondo nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute al singolo comune in cui si sono verificati i presupposti di imposta.
L'articolo 9 ribadisce l'esclusiva competenza statale nella definizione delle procedure per la determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni, precisando che tale determinazione avviene nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria, nella specifica cornice finanziaria dei settori interessati relativa al finanziamento dei rispettivi fabbisogni standard nazionali. Fino alla loro nuova determinazione, si considerano i livelli di assistenza e i livelli essenziali delle prestazioni già fissati in base alla legislazione statale vigente.
L'articolo 10 esplicita la tipologia delle spese regionali considerate ai fini del nuovo sistema di finanziamento delle funzioni.
In particolare, il comma 1 riconduce alle spese già classificate dall'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge n. 42 del 2009, quelle relative alle funzioni riconducibili alla garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) nelle materia della sanità, dell'assistenza sociale, dell'istruzione scolastica, del trasporto pubblico locale, nonché in ulteriori materie che potranno essere individuate dalla legge dello Stato che provvederà a determinare i livelli essenziali di assistenza e i livelli essenziali delle prestazioni, secondo quanto disposto dall'articolo 20, comma 2, della legge n. 42 del 2009.
Il comma 2 stabilisce che le spese non attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni (non LEP) sono quelle diverse da quelle elencate nel comma 1 e le spese finanziate con contributi speciali, con i finanziamenti dell'Unione europea e con i cofinanziamenti nazionali previsti dall'articolo 16 della predetta legge n. 42.
L'articolo 11 disciplina la fase a regime, a decorrere dal 2014, del nuovo sistema di finanziamento delle regioni.
In particolare, il comma 1 elenca le entrate regionali che, a decorrere dal 2014, dovranno coprire le spese per le funzioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni nella sanità, nell'assistenza sociale, nell'istruzione scolastica e nel trasporto pubblico locale (conto capitale), individuandole nella:
compartecipazione all'IVA di cui all'articolo 3;
addizionale IRPEF, come ridefinita ai sensi del comma 1 dell'articolo 2, ovvero aumento dell'aliquota base, dal 2012, per coprire i trasferimenti soppressi e la soppressione dell'accisa sulla benzina;
IRAP, fino alla data della sua sostituzione con altri tributi.
quote del fondo perequativo definito dai commi 5 e 6, alimentato dal gettito della compartecipazione al gettito dell'IVA;
entrate proprie, nella misura stabilita nel riparto delle disponibilità finanziarie per il 2010 per il servizio sanitario nazionale.

Il comma 2 specifica che il gettito dell'addizionale IRPEF è valutato in base all'aliquota stabilita dal comma 1 dell'articolo 2, primo periodo, ovvero l'aliquota standard definita dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, senza le eventuali variazioni regionali. La norma dispone, inoltre, che il gettito deve essere valutato su base imponibile uniforme -

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ovvero senza tener conto delle eventuali modifiche relative alla determinazione dell'imponibile ai fini fiscali da parte dello Stato - secondo le modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni.
Per quanto riguarda l'IRAP, la disposizione specifica che il gettito deve essere calcolato con riferimento all'aliquota base senza considerare le eventuali variazioni apportate dalle regioni e su base imponibile uniforme.
Il comma 3 dispone che, a decorrere dal 2014, la compartecipazione all'IVA è definita in misura tale da assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni in una sola regione. A tal fine si rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni. L'ultimo periodo del comma rinvia al comma 5 per la disciplina del fondo perequativo, per il finanziamento integrale dei livelli essenziali delle prestazioni in quelle regioni in cui risulti insufficiente il gettito tributario.
Il comma 4 elenca le fonti di finanziamento per le spese non attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni:
tributi propri derivati disciplinati con legge dello Stato il cui gettito è attribuito alle regioni (tassa automobilistica regionale; addizionale regionale all'imposta erariale sul gas metano; tributo speciale per il conferimento in discarica; tassa regionale per il diritto allo studio universitario; imposta regionale sulla benzina; imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili);
tributi propri istituiti con legge regionale in relazione ai presupposti non già assoggettati ad imposizione erariale;
quote dell'addizionale IRPEF, comprese le eventuali variazioni apportate con legge regionale;
quote del fondo perequativo, come disciplinato dai commi 7 e 8.

Il comma 5 istituisce, a decorrere dal 2014, il fondo perequativo, alimentato da «una compartecipazione» all'IVA, tale da assicurare la copertura integrale di tutte le spese relative ai livelli essenziali delle prestazioni, individuate dall'articolo 10 comma 1 nelle spese per la sanità, l'assistenza sociale, l'istruzione scolastica e il trasporto pubblico locale (limitatamente alle spese in conto capitale).
Nel primo anno di funzionamento, queste spese sono computate in base alla spesa storica, mentre nei quattro anni successivi si deve progressivamente arrivare a calcolarle sulla base dei costi standard. Le modalità di questo passaggio dovranno essere definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni.
Per la sanità, la norma specifica che la spesa coincide con il fabbisogno standard definito ai sensi dell'articolo 21 dello schema di decreto.
Il comma 6 prevede che, ai fini della perequazione, il gettito regionale dei tributi destinati al finanziamento delle spese LEP, è determinato con l'esclusione delle variazioni di gettito introdotte dalle leggi regionali (variazione dell'aliquota dell'addizionale IRPEF e dell'aliquota IRAP) ed anche con l'esclusione dell'eventuale emersione di base imponibile a seguito dell'attività regionale di recupero fiscale.
Nella regione presa a campione ai fini della determinazione dell'aliquota della compartecipazione all'IVA, nel caso in cui l'effettivo gettito dei tributi sia inferiore al dato previsionale viene comunque garantita la copertura della differenza certificata, escluso il gettito derivante dalla lotta contro l'evasione e l'elusione fiscale. In caso contrario, ovvero nel caso in cui il gettito dei tributi sia superiore al dato previsionale, la differenza certificata è acquisita al bilancio dello Stato.
I commi 7 ed 8 disciplinano la parte del fondo perequativo destinata alle spese non attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni,

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con lo scopo di ridurre le differenze tra le regioni con diversa capacità fiscale.
In particolare, le lettere a) e b) del comma 7 prevedono che il fondo sia alimentato dalle regioni in cui il gettito pro-capite risulti maggiore della media nazionale, mentre sono destinatarie delle risorse del fondo le regioni in cui il gettito pro-capite dell'addizionale IRPEF risulti al di sotto della media nazionale.
Ai sensi delle lettere c) e d) la perequazione - nel caso del finanziamento delle spese non essenziali - dovrà ridurre le differenze tra le regioni con diversa capacità fiscale, senza tuttavia annullarle del tutto e senza alterare l'ordine delle capacità fiscali per abitante dei diversi territori. Inoltre, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di natura non regolamentare, si dovrà stabilire, in riferimento al criterio demografico, qual è il limite di popolazione al di sotto del quale la quota perequativa è incrementata in ragione inversa alla dimensione demografica.
Il comma 8 specifica, al primo periodo, che le due parti del fondo perequativo (quella per la copertura integrale delle spese essenziali e quella per ridurre le differenze di capacità fiscale in relazione alle spese non essenziali) devono essere indicate distintamente nelle assegnazioni annuali. Tuttavia, questa distinzione non comporta, per le regioni, vincoli di destinazione. Ciascuna regione ha quindi poi piena autonomia nella gestione delle risorse così ricevute.
Il secondo periodo prevede che, per il primo anno di applicazione delle norme in esame, le spese non essenziali dovranno essere computate sulla base della spesa storica per poi convergere, progressivamente nei quattro anni successivi, verso le capacità fiscali.
Per quanto riguarda le modalità della perequazione, il terzo periodo rinvia la definizione della disciplina ad un decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni.
L'articolo 12 indica, ai commi 1 e 2, che le disposizioni recate dal Capo II (composto dagli articoli da 12 a 18) sono volte ad assicurare l'autonomia di entrata delle Province ubicate nelle Regioni a statuto ordinario e ad individuare le specifiche fonti di finanziamento del complesso delle spese delle Province medesime.
Il comma 3 precisa, inoltre, che il gettito derivante dalle indicate fonti di finanziamento è senza vincolo di destinazione.
L'articolo 13 stabilisce, al comma 1, che, con decorrenza dall'anno 2012, l'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, costituisce tributo proprio derivato delle province. La norma dispone, a tal fine, l'applicabilità delle disposizioni recate dall'articolo 60, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997, che ha attribuito alle Province il gettito dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, dove hanno sede i pubblici registri automobilistici (PRA) nei quali i veicoli a motore sono iscritti, mentre per le macchine agricole il gettito è attribuito alle Province nel cui territorio risiede l'intestatario della carta di circolazione.
Il comma 2 fissa l'aliquota dell'imposta di cui al comma 1 nella misura del 12,5 per cento, attribuendo tuttavia alle province, con decorrenza dall'anno 2014, la facoltà di aumentare o diminuire l'aliquota in misura non superiore a 2,5 punti percentuali.
Il comma 3 affida al Direttore dell'Agenzia delle entrate il compito di approvare con proprio provvedimento il modello di denuncia dell'imposta sulle assicurazioni, individuando i dati da indicare. L'imposta è corrisposta con le modalità del Capo III, che contiene le disposizioni in materia di riscossione, del decreto legislativo n. 241 del 1997, recante norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei

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redditi e dell'IVA, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.
Il comma 4 prevede che l'accertamento delle violazioni spetti alle amministrazioni provinciali, disponendosi l'applicabilità delle disposizioni previste per le imposte sulle assicurazioni, ai fini della liquidazione, dell'accertamento, della riscossione, dei rimborsi, delle sanzioni, degli interessi e dell'eventuale contenzioso. È data altresì facoltà alle province di stipulare convenzioni con l'Agenzia delle entrate per l'espletamento, totale o anche parziale, delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dell'imposta, nonché per le attività concernenti il relativo contenzioso, essendo le predette funzioni, sino alla stipula delle predette convenzioni, svolte dall'Agenzia delle entrate.
Il comma 5 prevede che la decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni recate dal presente articolo nei confronti delle Province ubicate nelle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome siano stabilite, in conformità con i relativi statuti, con le procedure previste dall'articolo 27 della legge n. 42.
Il comma 6 precisa che continuerà ad essere attribuita alle province l'imposta provinciale sulle trascrizioni (IPT), con le modalità previste dalla vigente normativa.
L'articolo 14 reca disposizioni relative alle entrate delle Province, disponendo la riduzione dei trasferimenti statali e la soppressione dell'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica.
In particolare, il comma 1 istituisce, a decorrere dall'anno 2012, una compartecipazione all'accisa sulla benzina da attribuire alle Province.
Ai sensi del comma 2, la misura dell'aliquota di compartecipazione verrà stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali. Essa sarà fissata in modo tale da compensare l'ammontare dei trasferimenti statali ridotti ai sensi del comma 3, nonché delle entrate soppresse o non prorogate oltre il 2011.
Il comma 3 dispone, a decorrere dall'anno 2012, la soppressione dei trasferimenti erariali spettanti alle province delle Regioni a Statuto ordinario aventi carattere di generalità e permanenza.
In base al comma 4, l'individuazione dei trasferimenti da sopprimere è operata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le Regioni, con il parere della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.
Ai sensi del comma 5, l'aliquota potrà essere incrementata in misura tale da corrispondere all'ammontare di ulteriori trasferimenti statali suscettibili di soppressione.
Il comma 6 conferma, limitatamente all'anno 2011, la compartecipazione delle province al gettito dell'IRPEF, disciplinata ai sensi dell'articolo 31, comma 8, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003).
Il comma 7 dispone la soppressione dell'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica e l'attribuzione del relativo gettito allo Stato.
L'articolo 15 dispone, a decorrere dal 2013, la soppressione dei trasferimenti dalle Regioni a statuto ordinario alle province dei rispettivi territori e, a compensazione delle conseguenti minori entrate, l'istituzione di una compartecipazione provinciale alla tassa automobilistica, nonché l'istituzione di un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio.
In particolare, il comma 1 dispone, da parte di ciascuna regione a statuto ordinario a decorrere dal 2013, la soppressione dei trasferimenti correnti alle province del proprio territorio.
Il comma 2 prevede che, a decorrere dall'anno 2013, ciascuna Regione a statuto ordinario, con atto amministrativo istituisca, d'intesa con le Province del proprio

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territorio, una compartecipazione delle Province alla tassa automobilistica sugli autoveicoli spettante alla regione, in misura tale da assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti soppressi ai sensi del comma 1. La disposizione stabilisce inoltre che ciascuna Regione possa modificare con atto amministrativo l'aliquota a seguito dell'adozione di disposizioni legislative regionali che interessano le funzioni delle Province, e possa successivamente incrementarla in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti regionali suscettibili di riduzione.
Il comma 3 contempla l'esercizio del potere sostitutivo dello Stato, ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, in caso di mancata fissazione entro il 30 novembre 2012, da parte delle Regioni, della misura della compartecipazione alla tassa automobilistica.
Il comma 4 prevede l'istituzione da parte di ciascuna regione di un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio, alimentato con le entrate derivanti dalla compartecipazione provinciale alla tassa automobilistica sugli autoveicoli spettante alla regione, istituita dal comma 2, a decorrere dall'anno 2013. A tal fine, si prevede che ciascuna regione stabilisce, previo accordo con le province, le modalità di riparto del Fondo, nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute alla singola provincia in cui si sono verificati i presupposti di imposta.
L'articolo 16 stabilisce che spettano alle Province gli altri tributi ad esse riconosciuti, salvo quanto previsto dagli articoli 13 e 14 dello schema di decreto, nei termini previsti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del decreto stesso, specificando che tali tributi costituiscono tributi propri derivati.
L'articolo 17, comma 1, prevede l'istituzione, a decorrere dal 2012, di un Fondo sperimentale di riequilibrio, la cui funzionalità cessa a decorrere dalla data di attivazione del fondo perequativo previsto dall'articolo 13 della legge n. 42 del 2009, la cui disciplina generale è recata dall'articolo 19 dello schema di decreto.
Ai sensi del comma 2, il Fondo sperimentale di riequilibrio è alimentato con le entrate derivanti dalla compartecipazione provinciale all'accisa sulla benzina istituita dall'articolo 14, comma 1, dello schema di decreto a decorrere dall'anno 2012, in favore delle Province delle regioni a statuto ordinario.
Il comma 3 prevede che le modalità di riparto del Fondo sperimentale di riequilibrio siano definite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Per quanto concerne i criteri di riparto tra le province delle somme che affluiscono al Fondo sperimentale, la norma fa riferimento alla coerenza con la determinazione dei fabbisogni standard.
L'articolo 18 conferma le disposizioni già stabilite dall'articolo 21, comma 4, della legge n. 42 del 2009, stabilendo che, nella fase transitoria, ai fini del nuovo sistema di finanziamento delle funzioni sulla base del criterio del fabbisogno standard, come previsto dalla predetta legge delega, si considerano le spese relative alle funzioni fondamentali delle province, individuate dal citato comma 4 (funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall'ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della legge; funzioni di istruzione pubblica, ivi compresa l'edilizia scolastica; funzioni nel campo dei trasporti; funzioni riguardanti la gestione del territorio; funzioni nel campo della tutela ambientale; funzioni nel campo dello sviluppo economico relative ai servizi del mercato del lavoro).
Il Capo III (composto dal solo articolo 19) disciplina i meccanismi perequativi.
In tale ambito, l'articolo 19 reca la disciplina del Fondo perequativo per le province e i comuni, per il finanziamento delle spese dei comuni e delle province, successivamente alla determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali.

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In particolare, il comma 1 prevede l'istituzione del Fondo nel bilancio dello Stato a decorrere dall'anno 2016, con indicazione separata degli stanziamenti per i comuni e degli stanziamenti per le province, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni da loro svolte.
Le modalità di alimentazione e di riparto del fondo sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le Regioni e del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo sancito in sede di Conferenza unificata Stato-Città ed autonomie locali. La disposizione specifica che tali modalità devono garantire la neutralità finanziaria per il bilancio dello Stato.
Il comma 2 dispone che ciascuna Regione a Statuto ordinario istituisca nel proprio bilancio due fondi, uno a favore dei comuni, l'altro a favore delle province, alimentati dal Fondo perequativo di cui al comma 1.
Ai sensi del comma 3, l'entità dei fondi di cui ai commi 1 e 2 è periodicamente aggiornata e le relative fonti di finanziamento sono ridefinite attraverso accordi conclusi in sede di Conferenza Unificata, in conformità con quanto previsto dall'articolo 13, comma 1, lettera b), della legge n. 42.
In base al comma 4, per il finanziamento delle funzioni fondamentali la ripartizione del Fondo tra i singoli enti avviene sulla base di due tipi di indicatori di fabbisogno, uno di carattere finanziario (relativo al finanziamento della spesa corrente) ed un altro relativo al fabbisogno di infrastrutture (per il finanziamento della spesa in conto capitale).
Il primo indicatore di fabbisogno finanziario misura la differenza tra il valore standardizzato della spesa corrente (al netto della spesa per interessi) e il valore standardizzato del gettito dei tributi e delle entrate proprie «di applicazione generale».
Gli altri indicatori di fabbisogno di infrastrutture, per il finanziamento della spesa in conto capitale, vanno stabiliti in coerenza con la programmazione regionale di settore e devono tener conto dell'entità dei finanziamenti dell'Unione europea di carattere infrastrutturale ricevuti dagli enti locali e del vincolo di addizionalità cui questi sono soggetti.
Il comma 5 detta le modalità per la definizione della spesa corrente standardizzata, necessaria per la valutazione dell'indicatore di fabbisogno finanziario, ai fini del comma 4.
Tale spesa è computata sulla base di una quota uniforme pro capite, corretta con una serie di parametri, atti a valutare la diversità della spesa da ente a ente, relativi: all'ampiezza demografica; alle caratteristiche territoriali, con particolare riferimento alla presenza di zone montane; alle caratteristiche demografiche, sociali e produttive dei diversi enti.
Il peso delle caratteristiche individuali dei singoli enti nella determinazione del fabbisogno è determinato con tecniche statistiche, utilizzando i dati di spesa storica dei singoli enti, tenendo conto anche della spesa relativa a servizi esternalizzati o svolti in forma associata.
Il comma 6 definisce le entrate da considerare ai fini della standardizzazione, per la ripartizione del fondo perequativo tra i singoli enti: esse sono rappresentate dai tributi propri valutati ad aliquota standard.
Il comma 7 regola i criteri di riparto del fondo perequativo per i comuni e le province per il finanziamento delle funzioni diverse da quelle fondamentali. L'intervento del fondo perequativo, in tale ambito, è basato sulla capacità fiscale per abitante ed è diretto a ridurre le differenze tra le capacità fiscali dei singoli enti.
La disposizione specifica che per gli enti locali con minor popolazione, la cui soglia sarà individuata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, si deve tener conto del fattore della dimensione demografica (in relazione inversa) e della loro partecipazione a forme associative.
I commi 8 e 9 definiscono un sistema alternativo di riparto della perequazione, che le Regioni hanno la possibilità di attivare.

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Ai sensi del comma 8, tale riparto alternativo si sostanzia in una diversa definizione dei parametri (della spesa corrente e capitale e delle entrate), sulla base di criteri risultati da accordi sanciti in sede di Conferenza unificata e previa intesa tra le Regioni e gli enti locali. Sul presupposto di tale collaborazione infraterritoriale, le Regioni, tenuto conto del complesso delle risorse assegnate dallo Stato a titolo di perequazione ai comuni e alle province che sono inclusi nel territorio regionale, possono procedere a proprie valutazioni della spesa corrente standardizzata e delle entrate standardizzate, nonché a stime autonome dei fabbisogni di infrastrutture, procedendo quindi al riparto sulla base dei parametri così definiti.
Il comma 9 fissa un termine di venti giorni per il trasferimento dei fondi perequativi dalle Regioni agli enti locali, decorrenti dal momento in cui le Regioni ricevono tali fondi dallo Stato. Entro tale termine le Regioni possono eventualmente ridefinire i diversi parametri e quindi la diversa distribuzione delle quote del Fondo perequativo, secondo quanto previsto al comma precedente. Altrimenti, si applicano comunque i criteri di riparto del fondo stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e finanze, che, ai sensi del comma 10, reca le modalità applicative dell'articolo.
Nel caso in cui la regione non ottemperi alle descritte disposizioni, e non provveda nei termini previsti al trasferimento delle risorse perequative, il comma 9 prevede l'esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato, ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione.
L'articolo 20 definisce l'oggetto del Capo IV dello schema di decreto (composto dagli articoli da 20 a 24), il quale disciplina, a decorrere dall'anno 2013, le modalità per la determinazione dei costi standard e dei fabbisogni standard per le Regioni e per le Province autonome di Trento e Bolzano nel settore sanitario, nonché delle Regioni a statuto speciale.
Ai sensi del comma 1, i nuovi parametri definiti assicureranno il graduale e definitivo superamento degli attuali criteri di riparto del Fondo sanitario nazionale di cui all'articolo 1, comma 34, della legge n. 662 del 1996, come integrati dagli Accordi tra Stato e Regioni in materia sanitaria.
Il comma 2 stabilisce che i costi e i fabbisogni standard determinati secondo le modalità stabilite dal Capo IV dello schema di decreto, costituiscano il riferimento cui rapportare progressivamente nella fase transitoria e, successivamente, a regime, il finanziamento integrale della spesa sanitaria, nel rispetto della programmazione nazionale e dei vincoli di finanza pubblica.
L'articolo 21 regola, al comma 1, la fissazione, a decorrere dall'anno 2013, del fabbisogno sanitario nazionale standard, determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo del Paese e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria.
A tal fine, la disposizione distingue, in sede di determinazione, la quota destinata complessivamente alle regioni e province autonome di Trento e Bolzano - comprensiva delle risorse per il perseguimento degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale indicati nel Piano sanitario nazionale - e le quote destinate ad enti diversi dalle regioni.
Il comma 2 prevede che per gli anni 2011 e 2012 il fabbisogno nazionale standard corrisponde al livello di finanziamento già stabilito dalla normativa vigente.
L'articolo 22 disciplina la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali.
In particolare, il comma 1 attribuisce la definizione dei costi e dei fabbisogni standard regionali, ovvero il riparto fra le regioni del fabbisogno complessivo nazionale, a una determinazione annuale del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sentita la Struttura tecnica di supporto della stessa Conferenza.

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Ai sensi del comma 2 la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard si basa sugli elementi informativi presenti nel Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) del Ministero della salute.
Il comma 3 stabilisce che le risorse disponibili per il finanziamento della sanità vengano ripartiti secondo i tre macrolivelli già definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 e in base alle percentuali previste dall'Intesa del 3 dicembre 2009:
assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, ovvero prevenzione (5 per cento);
assistenza distrettuale (51 per cento);
assistenza ospedaliera (44 per cento).

Tali livelli percentuali di finanziamento della spesa sanitaria costituiscono indicatori della programmazione nazionale per l'attuazione del federalismo fiscale ed il loro rispetto da parte delle regioni è oggetto delle valutazioni dei Tavoli di verifica degli adempimenti.
Il comma 4 stabilisce che il fabbisogno regionale standard sia determinato in fase di prima applicazione a decorrere dall'anno 2013, utilizzando per tutte le regioni i valori di costo rilevati nelle regioni prese a riferimento (cosiddette regioni benchmark). A tale proposito, il comma 10 stabilisce che il processo di convergenza definito dalla legge n. 42 del 2009, ovvero il finanziamento dei servizi erogati dalle Regioni non più in base alla spesa storica ma secondo valori standard di costo e fabbisogno, si compia nell'arco di cinque anni e con le modalità illustrate al comma 1 dell'articolo.
Il comma 5 stabilisce che il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, individua cinque regioni, da sottoporre per la scelta definitiva alla Conferenza Stato-Regioni. Fra le cinque Regioni, la Conferenza ne seleziona tre, tra cui obbligatoriamente la prima delle cinque, che divengono le regioni di riferimento (cosiddette regioni benchmark) per il calcolo dei costi standard.
Le predette regioni benchmark sono selezionate sulla base dei seguenti criteri:
erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizione di equilibrio economico, nel rispetto degli adempimenti necessari per l'accesso al maggior finanziamento delle risorse destinate al Servizio Sanitario Nazionale, come verificato dal Tavolo di verifica degli adempimenti regionali, di cui all'articolo 12 dell'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005: a tale proposito l'ultimo periodo del comma specifica che sono in equilibrio economico le Regioni che garantiscono l'erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) in condizione di efficienza e di appropriatezza con le risorse ordinarie stabilite dalla legislazione vigente, comprese le entrate proprie regionali effettive incardinate nella programmazione della spesa statale per la sanità;
appropriatezza, efficienza e qualità dei servizi erogati, come definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa della Conferenza Stato-Regioni, sentita la Struttura tecnica di supporto della Conferenza.

A questo riguardo, il comma 11 introduce una clausola d'eccezione, prevedendo che, qualora nelle condizioni di equilibrio si trovino un numero di Regioni inferiori a cinque, le Regioni benchmark sono individuate anche tenendo conto del miglior risultato economico ottenuto nell'anno di riferimento, sottraendo ai costi la quota eccedente rispetto a quella necessaria a garantire l'equilibrio.
Ai sensi del comma 7, i risultati per la valutazione delle regioni sono quelli del secondo esercizio precedente a quello di riferimento.
Il comma 6 reca la definizione dei costi standard, prevedendo che, per ciascuno dei tre macrolivelli (assistenza collettiva, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera), il costo standard è pari alla media

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della spesa pro-capite rapportata alla popolazione pesata registrata (a livello aggregato) nelle tre regioni benchmark.
Ai fini della standardizzazione, il livello della spesa delle tre macroaree delle regioni benchmark è calcolato:
al lordo della mobilità passiva e al netto della mobilità attiva extraregionale (lettera a);
non tenendo conto delle maggiori entrate regionali e della quota di spesa che finanzia livelli di assistenza superiori ai livelli essenziali (lettere b e c);
scorporando le quote di ammortamento (lettera d);
moltiplicando il livello del costo standard, come sopra calcolato, per la popolazione pesata di ogni singola regione, con criteri di pesatura che tengano conto anche di indicatori utili a definire i bisogni sanitari relativi a particolari situazioni territoriali, i quali sono stabiliti con un'Intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Fino al raggiungimento dell'intesa si applicano i criteri adottati per il riparto delle annualità 2010-2012, ovvero i criteri transitori coincidono con quelli adottati dal Nuovo patto per la salute del 3 dicembre 2009, basati, come precedentemente illustrato, su un criterio misto popolazione assoluta/popolazione pesata (lettera e).

Il comma 8 prevede che il fabbisogno regionale così ottenuto è rapportato al fabbisogno totale (pari alla somma dei fabbisogni regionali), mentre il comma 9 stabilisce che tale percentuale (definita fabbisogno standard regionale) è applicata al fabbisogno sanitario standard nazionale (cioè al livello di finanziamento stabilito annualmente, secondo quanto previsto dall'articolo 21), determinando la quota di accesso al finanziamento di ciascuna regione.
Il comma 7 precisa che le pesature sono effettuate con i pesi per fasce di età (rapporti di fabbisogno sanitario fra individui di età diverse) utilizzati per la determinazione del fabbisogno sanitario del secondo esercizio precedente quello di riferimento (per i pesi corrispondenti alle classi di età vedi articolo 20).
Il comma 12 esplicita per le regioni l'obiettivo di adeguarsi alle percentuali per livello di assistenza stabilite in sede di programmazione sanitaria nazionale.
L'articolo 23 consente di modificare i criteri per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali di cui all'articolo 22, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, nel rispetto del livello di fabbisogno standard nazionale definito all'articolo 21.
In particolare, si stabilisce che le relative determinazioni sono trasmesse, dal momento della sua istituzione, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, prevista dall'articolo 5 della legge n. 42 del 2009.
L'articolo 24 specifica che, in fase di prima applicazione, restano ferme:
le vigenti disposizioni in materia di riparto delle somme destinate al rispetto degli obiettivi del Piano sanitario nazionale, ad altre attività sanitarie a destinazione vincolate, nonché al finanziamento della mobilità sanitaria;
le ulteriori disposizioni in materia di finanziamento sanitario non disciplinate dal presente decreto.

La disposizione mantiene inoltre fermo quanto previsto dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 56 del 2000, in materia di sistema di garanzia per il monitoraggio dell'assistenza sanitaria erogata (il quale prevede un sistema di garanzia del raggiungimento regionale degli obiettivi di tutela della salute perseguiti dal Servizio sanitario nazionale).
La norma in esame prevede, altresì, l'emanazione di un decreto legislativo integrativo per la determinazione dei costi standard delle materie diverse dalla sanità, associati ai livelli essenziali delle prestazioni fissati dalla legge statale e sono conseguentemente distinte le fonti di finanziamento in relazione a quanto previsto dai commi 1 e 2 dell'articolo 10.

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Il Capo V (composto dagli articoli da 25 a 27) reca le norme finali e le abrogazioni.
In tale ambito l'articolo 25 prevede che le regioni, oltre ai poteri riconosciuti dalle disposizioni di cui al Capo I del provvedimento in esame, possono con legge, a partire dal 2013, istituire tributi regionali e locali con riguardo ai presupposti non assoggettati ad imposizione da parte dello Stato, in ossequio al principio del divieto di doppia imposizione, nonché determinare, con riferimento ai tributi locali istituti con propria legge, le variazioni delle aliquote o le agevolazioni che comuni e province possono applicare nell'esercizio della propria autonomia.
L'articolo 26, comma 1, prescrive che gli elementi informativi necessari all'attuazione del presente decreto, nonché i dati relativi al gettito dei tributi indicati nel decreto ovvero da esso istituiti sono acquisiti alla banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 13 della legge n. 196 del 2009, nonché alla banca dati di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g), della legge n. 42 del 2009.
Il comma 2 affida alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica - non ancora istituita - il monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dallo schema di decreto, al fine di valutarne i riflessi sul livello della pressione fiscale. Nello svolgimento di tale attività la Conferenza si avvale del supporto della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale.
Alla suddetta Conferenza è altresì attribuito il potere di proposta al Governo delle eventuali misure correttive atte a garantire il rispetto del limite massimo della pressione fiscale complessiva, in coerenza con quanto stabilito con la decisione di finanza pubblica di cui all'articolo 10 della legge n. 196 del 2009.
Il secondo periodo del comma 2 stabilisce che l'esercizio dell'autonomia tributaria non può comportare, da parte di ciascuna regione, un aumento della pressione fiscale a carico del contribuente, fatti salvi gli automatismi previsti dalla legislazione vigente nel settore sanitario per i casi di squilibrio economico e di applicazione di incrementi di aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai Piani di rientro dai deficit sanitari.
L'articolo 27 reca la clausola di copertura finanziaria, ai sensi della quale dallo schema di decreto non devono derivare minori entrate né nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Si riserva quindi di formulare una proposta di rilievi all'esito del dibattito.

Gianfranco CONTE, presidente, rammenta che l'esame parlamentare dello schema di decreto legislativo dovrà concludersi entro l'11 marzo prossimo, salvo che la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, competente in via primaria sul provvedimento, dovesse chiedere, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge n. 42 del 2009, di prorogare di venti giorni tale termine.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.10.