CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 15 febbraio 2011
438.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 15 febbraio 2011. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Sonia Viale.

La seduta comincia alle 13.10.

Disposizioni per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni.
Nuovo testo C. 54 Realacci.

(Parere alle Commissioni V e VIII).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

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Maurizio DEL TENNO (PdL), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, ai fini dell'espressione del parere alle Commissioni riunite V Bilancio e VIII Ambiente, il nuovo testo della proposta di legge C. 54 Realacci, come risultante dagli emendamenti approvati nel corso dell'esame in sede referente, recante disposizioni per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni.
L'articolo 1, comma 1, definisce le finalità dell'intervento legislativo, il quale si pone l'obiettivo di attuare il disposto dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, ai sensi del quale lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi in favore di determinati comuni per promuoverne lo sviluppo economico, favorire la coesione sociale e rimuovere gli squilibri economico- sociale.
A tal fine, la proposta di legge intende appunto promuovere e sostenere lo sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale dei piccoli comuni, garantire l'equilibrio demografico del Paese, contrastando lo spopolamento di tali comuni, nonché tutelarne e valorizzarne il patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico, favorendo inoltre l'adozione di misure in favore dei cittadini residenti e delle attività produttive, in modo da incentivare e da favorire anche l'afflusso turistico.
Ai sensi del comma 3, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, per il proprio territorio, ad individuare i comuni ai quali si applicano le previsioni della legge, nonché, nell'ambito delle competenze ad esse spettanti, a definire interventi destinati alla realizzazione delle finalità richiamate dal comma 1.
L'articolo 2 definisce l'ambito di applicazione della proposta di legge, il quale si estende, ai sensi del comma 1, ai comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti, compresi in una delle seguenti tipologie:
a) comuni collocati in aree territorialmente dissestate o in zone caratterizzate da situazioni di criticità dal punto di vista ambientale;
b) comuni in cui si registrano evidenti situazioni di marginalità economica o sociale, con particolare riguardo a quelli nei quali si è verificato un significativo decremento della popolazione residente rispetto al censimento effettuato nel 1981;
c) comuni caratterizzati da specifici parametri di disagio insediativo, definiti in base all'indice di vecchiaia, alla percentuale di occupati rispetto alla popolazione residente e all'indice di ruralità;
d) comuni siti in zone, in prevalenza montane o rurali, caratterizzate da difficoltà di comunicazione ed estrema perifericità rispetto ai centri abitati di maggiori dimensioni, ovvero il cui territorio è connotato da particolare ampiezza e dalla frammentazione dei centri abitati;
e) comuni comprendenti frazioni che presentano le caratteristiche di cui alle lettere a), b), c) o d).

Ai sensi dei commi 2 e 3, sulla base dei criteri indicati dal comma 1, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza unificata, è definito l'elenco dei comuni cui si applicano le previsioni dell'intervento legislativo. L'elenco è aggiornato ogni tre anni con le medesime procedure.
Il comma 4 prevede che gli schemi dei decreti di cui ai commi 2 e 3 siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari.
L'articolo 3, comma 1, dispone, a fini di semplificazione, la disapplicazione di alcune disposizioni norme in materia di programmazione dei lavori pubblici nei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti.

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Si tratta:
a) dei commi 3, 5, 6, 7, 9, secondo periodo, e 11, dell'articolo 128 del codice dei contratti pubblici, i quali stabiliscono un ordine di priorità nel programma triennale dei lavori pubblici che le amministrazioni aggiudicatrici devono rispettare nell'attuazione dei lavori, specificano i requisiti per l'inclusione dei lavori nell'elenco annuale, nonché condizioni per la realizzazione di lavori non inseriti nell'elenco annuale, oltre ad obbligare le amministrazioni aggiudicatrici a adottare il programma triennale e gli elenchi annuali dei lavori sulla base di schemi tipo definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture;
b) degli articoli 11, 13 e 14 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999 (recante il Regolamento di attuazione della legge n. 109 del 1994, legge quadro in materia di lavori pubblici), in modo da esonerare tali comuni dall'obbligo di predisporre uno studio per l'individuazione del quadro dei bisogni e delle esigenze e di predisporre successivi studi di fattibilità per l'elaborazione del programma triennale dei lavori, dall'applicazione delle norme relative alle modalità, ai tempi di redazione ed al contenuto del programma triennale, nonché dall'applicazione delle norme concernenti la pubblicità del programma;
c) del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 9 giugno 2005, che disciplina la procedura e gli schemi-tipo per la redazione e la pubblicazione del programma triennale, dei suoi aggiornamenti annuali e dell'elenco annuale dei lavori pubblici.

Il comma 2 prevede che nei comuni di cui al comma 1 le funzioni di valutazione dei responsabili degli uffici e dei servizi sono disciplinate a livello regolamentare da ciascun ente e possono essere affidate anche a un organo monocratico interno o a un soggetto esterno all'ente, il quale le svolge in conformità ai criteri e ai parametri stabiliti dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 150 del 2009.
Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala il comma 3, ai sensi del quale nei predetti comuni, l'attività di incasso e di trasferimento di somme relative al pagamento di imposte, tasse e tributi, nonché dei corrispettivi dell'erogazione di acqua, energia, gas e di ogni altro servizio, può essere effettuata utilizzando la rete telematica gestita dai concessionari del Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, previa convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze o con soggetti terzi.
Al riguardo, ricorda che l'articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972 ha disposto l'individuazione, entro il 30 giugno 2004 e con procedure ad evidenza pubblica, di uno o più concessionari della rete o delle reti dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per la gestione telematica degli apparecchi considerati idonei per il gioco lecito.
In merito a tale disposizione, rileva l'opportunità di individuare con maggiore specificità i soggetti autorizzati alla stipula di tali convenzioni e, soprattutto, se la locuzione «soggetti terzi» si riferisce ai concessionari della rete telematica.
Il comma 4 consente ai predetti comuni di stipulare con le diocesi cattoliche, anche in associazione o partecipazione tra loro, convenzioni per la salvaguardia e per il recupero dei beni culturali, storici, artistici e librari degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Analoghe convenzioni possono essere stipulate con le rappresentanze delle altre confessioni religiose che hanno concluso intese con lo Stato italiano, per la salvaguardia e per il recupero dei citati beni nella disponibilità delle rappresentanze medesime.
Tali convenzioni possono essere finanziate dal Ministero per i beni e le attività culturali nei limiti delle risorse, derivanti

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dalla nuova estrazione infrasettimanale del gioco del lotto introdotta dall'articolo 3, comma 83, della legge n. 662, destinate dallo stesso comma 83 (nella misura massima di 300 miliardi di lire) al recupero e alla conservazione dei beni culturali, archeologici, storici, artistici, archivistici e librari, nonché ad interventi di restauro paesaggistico e per attività culturali, entro una quota non superiore al 20 per cento delle medesime risorse. A tale fine, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere della Conferenza Stato - città ed autonomie locali, sono stabiliti i criteri di accesso ai finanziamenti nonché la quota delle predette risorse destinata agli stessi.
Sempre per quanto attiene agli aspetti di competenza della Commissione Finanze, segnala il comma 5, il quale prevede che i comuni sopra indicati possono acquisire, al valore economico definito dall'ufficio tecnico erariale territorialmente competente, o stipulare intese finalizzate al relativo recupero, le stazioni ferroviarie disabilitate o le case cantoniere della società ANAS Spa.
Tali beni possono essere destinati, anche mediante ricorso all'istituto del comodato, a favore di organizzazioni di volontariato, a presìdi di protezione civile e di salvaguardia del territorio, ovvero, anche d'intesa con l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, a sedi di promozione ed eventuale vendita dei prodotti tipici locali e per altre attività comunali.
In merito a tale disposizione, segnala l'opportunità di coordinare la previsione relativa all'acquisizione dei predetti beni da parte dei comuni con il processo di attuazione del cosiddetto «federalismo demaniale», alla luce dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 85 del 2010.
Segnala, inoltre, l'esigenza di sostituire il riferimento agli uffici tecnici erariali, non più esistenti, con quello ai competenti uffici dell'Agenzia del territorio.
Il comma 6 autorizza il Governo ad apportare all'articolo 30 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000 le modifiche e le integrazioni necessarie al fine di consentire, ai soli fini statistici, di registrare le nascite nel comune di residenza dei genitori o di uno di essi, e non già in quello effettivo di nascita.
La disposizione sembra volta contrastare il fenomeno del calo statistico delle nascite nei piccoli comuni nei quali non sussiste un ospedale, e la cui popolazione deve recarsi in altro comune per effettuare il parto in una struttura sanitaria.
Il comma 7 integra il contenuto dell'articolo 135, comma 4, lettera d), del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, al fine di prevedere che i piani paesaggistici attribuiscano particolare rilevanza agli interventi di valorizzazione del paesaggio del territorio dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti.
L'articolo 4 è volto a promuovere interventi volti a garantire, nei piccoli comuni, l'efficienza e la qualità di attività e servizi essenziali, con l'obiettivo di fronteggiare la rarefazione di servizi al cittadino che si riscontra in tali realtà territoriali e che determina la condizione di «disagio insediativo» cui la proposta di legge intende porre rimedio.
A tal fine, il comma 1, con una disposizione di principio di carattere generale, demanda a una pluralità di enti (Stato, regioni, province, unioni di comuni, comunità montane ed enti parco) il compito di garantire, ciascuno secondo le rispettive competenze, che nei piccoli comuni di cui all'articolo 2 siano assicurate la qualità e l'efficienza dei servizi essenziali, con particolare riguardo all'ambiente, alla protezione civile, all'istruzione, alla sanità, ai servizi socio-assistenziali, ai trasporti e ai servizi postali.
In tale prospettiva, il comma 2 prevede che presso i piccoli comuni di cui all'articolo 2 possono essere istituiti centri multifunzionali nei quali concentrare una pluralità di servizi per i cittadini (quali servizi ambientali, sociali, energetici, scolastici, postali, artigianali, turistici, di comunicazione, di volontariato e di associazionismo culturale, commerciali e di sicurezza).

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La disposizione dà facoltà alle regioni e alle province di concorrere alle spese relative all'uso dei locali necessari all'espletamento dei predetti servizi.
Ai sensi del comma 3, le regioni e le province, nel definire gli stanziamenti finanziari di propria competenza, possono privilegiare, con finalità promozionale, le iniziative volte a insediare, nei territori dei piccoli comuni di cui all'articolo 2, centri di eccellenza nel campo dei servizi di cui al comma 2 (quali, ad esempio, laboratori di ricerca, centri culturali e sportivi).
L'articolo 5 detta norme per la valorizzazione, nei piccoli comuni, dei prodotti agroalimentari tradizionali o tipici che presentino particolari legami con il territorio.
In particolare, il comma 1 prevede che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sentite le associazioni rappresentative degli enti locali e le organizzazioni maggiormente rappresentative delle categorie produttive interessate, adotti iniziative, nell'ambito delle risorse disponibili, volte a favorire la promozione e la commercializzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali, che utilizzano in particolare prodotti primari tipici locali dei comuni di cui all'articolo 2, anche associati.
Il comma 2 prevede che i piccoli comuni possano indicare nella cartellonistica ufficiale che il proprio territorio è luogo di produzione di un determinato prodotto tipico o locale, mentre il comma 3 consente ai medesimi comuni, anche associati, di stipulare contratti di collaborazione con gli imprenditori agricoli, attraverso i contratti di collaborazione tra pubbliche amministrazioni e imprenditori agricoli previsti dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 228 del 2001, per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali, per la promozione delle vocazioni produttive del territorio e la tutela delle produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari e culturali locali, per la salvaguardia, l'incremento e la valorizzazione della fauna selvatica locale, nonché per il sostegno della promozione e della commercializzazione dei prodotti in forma coordinata tra le imprese agricole e le imprese di produzione agroalimentare.
L'articolo 6 intende agevolare la realizzazione dei progetti informatici riguardanti i piccoli comuni di cui all'articolo 2, sia singolarmente, sia in forma associata.
Il comma 1 prevede che tali progetti abbiano la precedenza nell'assegnazione dei finanziamenti pubblici destinati ai programmi di e-government e stabilisce che siano privilegiati, tra i progetti dei piccoli comuni, quelli relativi ai collegamenti informatici dei centri multifunzionali (vale a dire delle strutture destinate all'esercizio di una pluralità di servizi essenziali delineate dall'articolo 4, comma 2) e le iniziative che prevedono l'associazione dei comuni nei Centri di servizio territoriali (CST) anche attraverso la fruizione del sistema wi-max. Tali ultimi Centri avranno il compito di avviare i processi di e-government, garantendone la gestione e fornendo alle amministrazioni partecipanti le risorse umane e tecnologiche necessarie.
Il comma 2 affida al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione il compito di individuare, tra i progetti destinati ai comuni inferiori ai 5.000 abitanti, quelli che hanno la precedenza sugli altri in quanto riguardanti i piccoli comuni di cui all'articolo 2.
L'articolo 7 reca, al comma 1, disposizioni volte a garantire l'erogazione dei servizi postali nei piccoli comuni: in particolare, si prevede che il Ministero dello sviluppo economico provveda ad individuare, nell'ambito delle risorse destinate a legislazione vigente al finanziamento del servizio postale universale, modalità attraverso cui il concessionario di tale servizio (attualmente, Poste italiane Spa) ne garantisce l'espletamento nei comuni di cui all'articolo 2.
A tale riguardo, segnala l'opportunità di assicurare il necessario coordinamento di tale previsione con il contenuto dello schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2008/6/CE, per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno nei servizi postali comunitari

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(Atto n. 313), attualmente all'esame delle competenti Commissioni parlamentari per l'espressione del parere al Governo.
Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala il comma 2, il quale riconosce all'amministrazione comunale la facoltà di stipulare apposite convenzioni, d'intesa con le associazioni di categoria e con Poste italiane Spa, affinché il pagamento dei conti correnti - con particolare riguardo a quelli relativi ad imposte comunali e ai vaglia postali - e le altre operazioni possano essere effettuate presso gli esercizi commerciali di comuni e frazioni non servite dal servizio postale.
In ordine alla formulazione del comma 2, segnala come tale previsione rischi di sovrapporsi, almeno in parte, con quella di cui all'articolo 3, comma 3, la quale interviene anch'essa sulle modalità di pagamento di imposte, tasse e tributi.
Rileva, inoltre, come non risulti chiaro con quali soggetti l'amministrazione comunale possa stipulare apposita convenzione, anche ai fini della definizione dei rispettivi oneri e diritti.
Ai sensi del comma 3, i comuni di cui all'articolo 2 possono affidare, ai sensi dell'articolo 40, comma 1, della «legge 23 dicembre 1997, n. 448», la gestione dei servizi di tesoreria e di cassa a Poste italiane Spa.
Al riguardo, ricorda che l'articolo 40, comma 1, della legge n. 448 del 1998 autorizza la società Poste italiane Spa all'esercizio del servizio di tesoreria degli enti pubblici, secondo modalità stabilite con convenzione, nonché ad effettuare incassi e pagamenti per conto delle amministrazioni pubbliche.
In merito alla formulazione del comma 3, segnala l'esigenza di correggere il riferimento alla legge n. 448 del 1997 con quello alla legge n. 448 del 1998.
Il comma 4 stabilisce che il Ministero dello sviluppo economico può provvedere ad assicurare che nel contratto di servizio con la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo sia previsto l'obbligo di prestare particolare attenzione, nella programmazione televisiva nazionale e locale, alle realtà storiche, artistiche, sociali, economiche ed enogastronomiche dei piccoli comuni di cui all'articolo 2, garantendo nei medesimi comuni un'adeguata copertura del servizio.
L'articolo 8 reca misure volte a sostenere le istituzioni scolastiche presenti nei piccoli comuni.
Nello specifico, il comma 1 prevede che le regioni e gli enti locali possono stipulare convenzioni con gli uffici scolastici regionali per finanziare il mantenimento in attività degli istituti scolastici aventi sede nei piccoli comuni di cui all'articolo 2 che, in base alle disposizioni vigenti, dovrebbero essere chiusi o accorpati. Tali convenzioni possono riguardare la scuola dell'infanzia e i casi in cui l'accorpamento determini un tempo di percorrenza tra l'istituto scolastico chiuso o accorpato e quello di nuova destinazione superiore a 20 minuti per la scuola secondaria di primo grado e a 15 minuti per la scuola primaria.
Il comma 2 prevede che, in deroga a quanto disposto dall'articolo 17, commi 20 e 21, della legge n. 127 del 1997 (i quali stabiliscono che il valore dei beni e delle apparecchiature di natura informatica s'intende ammortizzato nel termine massimo di cinque anni dall'acquisto e che tali beni sono alienati, ove possibile, a cura del Provveditorato generale dello Stato, e solo in caso di esito negativo della procedura di vendita possono essere assegnati in proprietà, a titolo gratuito, a istituzioni scolastiche o ad associazioni o altri soggetti non aventi fini di lucro che ne abbiano fatto richiesta, ovvero distrutti), le amministrazioni pubbliche possono cedere a titolo gratuito a istituzioni scolastiche insistenti nei comuni di cui all'articolo 2 personal computer o altre apparecchiature informatiche, quando sia trascorso almeno un anno dal loro acquisto. La disposizione specifica che le cessioni sono effettuate prioritariamente in favore delle istituzioni scolastiche insistenti in aree montane.
L'articolo 9, al comma 1, attribuisce alle regioni la facoltà di prevedere agevolazioni, anche in forma tariffaria, a favore dei piccoli comuni di cui all'articolo 2, in

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cui la disponibilità di risorse idriche reperibili o attivabili sia superiore ai fabbisogni per i diversi usi.
Il comma 2 modifica l'articolo 148, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, al fine di prevedere che l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato sia facoltativa per i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane e non più solo per quelli con popolazione fino a 1.000 abitanti.
Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala inoltre l'articolo 10, comma 1, il quale autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato ad indire, con proprio provvedimento, una lotteria ad estrazione istantanea denominata «Piccoli comuni», le cui eventuali maggiori entrate, accertate con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze sono riassegnate, ai sensi del comma 2, ad un Fondo per l'incentivazione della residenza nei piccoli comuni.
In merito alla formulazione del comma 1, evidenzia come la previsione di una nuova lotteria ad estrazione istantanea presenti dei profili problematici, in quanto, ai sensi delle previsioni in materia, recate, da ultimo, dall'articolo 21, comma 1, del decreto - legge n. 78 del 2009, l'attivazione di una nuova lotteria ad estrazione istantanea presuppone una procedura per l'aggiudicazione della relativa concessione, e pertanto l'introduzione ex lege della nuova lotteria confliggerebbe con tale quadro procedimentale, incidendo inoltre sui rapporti già in essere con l'attuale concessionario.
Evidenzia, inoltre, come appaia problematico quantificare l'eventuale maggior gettito derivante dalla nuova lotteria, come l'accertamento di tali eventuali maggiori entrate non può che essere effettuato a fine esercizio, e come pertanto la rassegnazione di tale maggior gettito eventuale non possa che intervenire nell'esercizio successivo, comportando il peggioramento dei saldi nell'anno in cui avviene la rassegnazione.
In base al comma 3, le risorse del Fondo di cui al comma 2, in osservanza del Regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, sono destinate ad interventi da realizzare in favore dei comuni di cui all'articolo 2:
Si tratta, in particolare:
di misure agevolative concernenti l'imposta comunale sugli immobili, relativamente agli immobili destinati ad attività economiche (lettera a), nonché concernenti l'imposta di registro per l'acquisto di immobili destinati ad abitazione principale o ad attività economiche (lettera b);
di incentivi e premi in favore dei residenti che intendono recuperare il patrimonio abitativo dei comuni di cui all'articolo 2, compreso quello di tipo rurale con valenza storico-culturale, ovvero avviare nei medesimi comuni un'attività economica (lettera c);
di misure agevolative in favore della persona fisica o giuridica che acquista a qualsiasi titolo immobili abbandonati, impegnandosi al loro recupero e al loro utilizzo per almeno un decennio (lettera d);
di promozione di attività educative per la prima infanzia (lettera e).

In merito alla formulazione della lettera a), segnala come l'imposta comunale sugli immobili è destinata ad essere sostituita dall'Imposta municipale unica, ai sensi di quanto previsto dallo schema di decreto legislativo in materia di federalismo municipale predisposto dal Governo in attuazione della delega conferita ai sensi della legge n. 42 del 2009. Evidenzia, inoltre, come la disposizione non specifichi la natura delle agevolazioni.
In merito alla formulazione della lettera b), rileva come il già citato schema di decreto legislativo in materia di federalismo municipale preveda, all'articolo 6, comma 11, la soppressione di tutte le esenzioni ed agevolazioni tributarie in materia di imposta di registro, ipotecaria e catastale, ritenendo pertanto necessario

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coordinare le richiamate previsione con il processo di attuazione del federalismo fiscale.
Ai sensi del comma 4, gli interventi finanziati dal Fondo sono individuati, entro il 30 marzo di ciascun anno, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.
L'articolo 11, comma 1, istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo per la concessione di contributi statali destinati al finanziamento di interventi diretti a tutelare l'ambiente e i beni culturali, alla messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici, alla promozione dello sviluppo economico e sociale nei comuni di cui all'articolo 2 e all'incentivazione dell'insediamento di nuove attività produttive e alla realizzazione di investimenti nei medesimi comuni, con una dotazione di 40 milioni di euro per l'anno 2012.
Il comma 2 dispone che l'indicazione delle tipologie degli interventi che possono essere finanziati dal predetto fondo sia effettuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
I commi 3 e 4 dispongono che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro per i beni e le attività culturali, siano individuati gli interventi cui vengono destinati i predetti contributi statali. Lo schema del predetto decreto è trasmesso alle Camere per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario.
I commi 5 e 6 disciplinano il meccanismo di copertura degli oneri recati dall'articolo, stimati in 40 milioni di euro per il 2012. Ad essi si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 20 milioni di euro, l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, quanto a 20 milioni di euro, l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Il comma 7 stabilisce che, per gli anni successivi al 2012, il finanziamento del fondo si provvede con la legge annuale di stabilità, mediante indicazione delle somme da stanziare a tal fine nella Tabella E.
L'articolo 12 reca la clausola di neutralità finanziaria, stabilendo che all'attuazione della legge si provvede, salvo quanto previsto dagli articoli 10 e 11, nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
L'articolo 13 fa salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le quali provvedono alle finalità della legge ai sensi di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.

Il Sottosegretario Sonia VIALE concorda con le osservazioni formulate dal relatore.

Alberto FLUVI (PD), alla luce delle considerazioni del relatore, ritiene necessario approfondire adeguatamente il provvedimento.

Gianfranco CONTE, presidente, segnala come le Commissioni Bilancio ed Ambiente hanno comunicato l'intenzione di concludere l'esame in sede referente del nuovo testo della proposta di legge C. 54 nella seduta di domani.
A tale proposito rileva come la complessità dei profili problematici attinenti agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnalata dal relatore e dal rappresentante del Governo renda oggettivamente

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difficile, per la Commissione stessa, esprimere il parere già nella seduta odierna, riservandosi pertanto di segnalare la questione ai presidenti delle Commissioni in sede referente, al fine di consentire un adeguato approfondimento del testo.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi ad altra seduta il seguito dell'esame.

Istituzione della Soprintendenza del mare e delle acque interne e organizzazione del settore del patrimonio storico-culturale sommerso nell'ambito del Ministero per i beni e le attività culturali.
Nuovo testo C. 2302 Granata.

(Parere alla VII Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Gianfranco CONTE, presidente, in sostituzione del relatore, Pugliese, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, ai fini del parere alla VII Commissione Cultura, il nuovo testo della proposta di legge C. 2302 Granata, recante istituzione della Soprintendenza del mare e delle acque interne e organizzazione del settore del patrimonio storico-culturale sommerso nell'ambito del Ministero per i beni e le attività culturali.
Il provvedimento, che si compone di 10 articoli, prevede innanzitutto, all'articolo 1, comma 1, l'istituzione, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, della Soprintendenza del mare e delle acque interne, al quale è affidata la competenza per le attività relative alla conoscenza, alla tutela, alla valorizzazione e allo sviluppo della più ampia fruizione del patrimonio storico-culturale del mare territoriale, dei paesaggi culturali costieri e delle acque interne, nonché all'attuazione di quanto previsto in materia dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004.
Ai sensi del comma 2, dalla nuova Soprintendenza dipendono due centri tecnici:
il Centro tecnico di Venezia, con competenza sulle acque del mare Adriatico e dei laghi e fiumi nelle regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo e Puglia, nonché sulle lagune di Venezia, comprese la città e le isole di Venezia e Chioggia, di Grado, Marano e Caorle;
il Centro tecnico di Orbetello, con competenza sulle acque del mar Tirreno e dei laghi e fiumi nelle regioni Liguria, Toscana, Lazio, Umbria, Campania, Basilicata, Calabria e Sardegna.

L'articolo 2 disciplina nel dettaglio le competenze della Soprintendenza del mare e delle acque interne, alla quale spettano, oltre alle competenze previste in materia dal codice dei beni culturali e del paesaggio, una serie piuttosto articolate di competenze.
In tale ambito, segnala, in quanto rilevante per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, la lettera l) del comma 1, la quale prevede che alla Soprintendenza spettino le funzioni di coordinamento e indirizzo, in collaborazione con i comuni, le province, le regioni, le autorità portuali, le capitanerie di porto e i responsabili delle aree protette, nelle funzioni relative alla pubblica fruizione delle coste, con particolare riferimento alla regolamentazione degli accessi pubblici, carrabili e pedonali, al mare e alle acque interne, nonché alla gestione di aree protette a qualsiasi titolo e di parchi marini.
In merito a tale previsione, rileva come la formulazione, piuttosto ampia e generica, della norma, possa determinare il rischio di ingenerare conflitti tra le competenze della Soprintendenza e quelle attribuite in materia al Ministero delle infrastrutture

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dei trasporti in materia di demanio marittimo ed all'Agenzia del demanio per quanto attiene la rappresentanza della dominicalità di beni dello Stato, con riferimento alla fruizione dei beni del demanio marittimo e del demanio idrico.
Per quanto riguarda i rapporti con le regioni e gli altri enti locali, non si comprende, inoltre, come la Soprintendenza possa esercitare, in termini così indeterminati, funzioni di «coordinamento ed indirizzo» in relazione alla gestione di beni demaniali che saranno trasferiti alle regioni nel quadro del processo di attuazione del cosiddetto federalismo demaniale, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 85 del 2010.
Segnala, pertanto, a tale proposito, l'esigenza di circoscrivere meglio, sotto questi profili, le competenze che si intende attribuire alla Soprintendenza, ovvero di espungere la lettera dall'articolo.
Per quanto riguarda le ulteriori competenze attribuite alla Soprintendenza, esse riguardano le materie indicate dalle seguenti altre lettere del comma 1:
a) programmazione, organizzazione e attuazione di ricerche archeologiche subacquee, per l'individuazione, l'esplorazione, la conservazione e l'eventuale trasporto a terra o musealizzazione in loco dei beni storico-culturali sommersi, situati nell'ambito territoriale di competenza;
b) programmazione, organizzazione e attuazione di studi e di ricerche relativi alle attività economiche e di difesa delle zone costiere e dei contesti paesaggistici dalle alterazioni determinate da tali attività;
c) organizzazione e adozione di misure per la fruizione dei beni storico-culturali sommersi giacenti sui fondali marini del mare territoriale;
d) studio, pubblicazione scientifica, elaborazione e pubblicazione di materiale didattico, nonché divulgazione scolastica, turistica e culturale del medesimo materiale;
e) organizzazione di archivi videofotografici tematici, di disegni e di carte tematici;
f) allestimento museale e mostre di reperti e di contesti storico-archeologico sommersi nonché di attività di valorizzazione dei beni storico-archeologici e monumentali la cui esistenza è legata alla cultura del mare e delle testimonianze della storia economica e culturale delle zone costiere;
g) redazione annuale di indicazioni topografiche riservate e accurate riguardanti la presenza di beni storico-culturali sommersi da trasmettere riservatamente ai comandi delle Forze di polizia e del Corpo delle capitanerie di porto, relativamente alle circoscrizioni di competenza, al fine della predisposizione dei servizi di controllo attivo nelle località indicate, anche con riferimento agli strumenti di pianificazione paesaggistica e al sistema di vincoli;
h) istituzione e gestione di una biblioteca specializzata, anche con finalità di promozione e di divulgazione culturali, nonché di informazione sull'attività di competenza;
i) progettazione e organizzazione di ricerche archeologiche subacquee in Paesi terzi nell'ambito della cooperazione internazionale prevista dai relativi trattati;
m) ricerca, tutela, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico-archeologico-monumentale e paesaggistico inerente al mare e alle acque interne rinvenuto in scavi a terra, anche in aree non sommerse o di scarsa umidità;
n) realizzazione di progetti di cooperazione transfrontaliera, anche in ambito internazionale, relativi allo studio sulla comune cultura del mare e, in particolare, sulle rotte storiche lungo le quali si sono realizzati scambi economici, trasmigrazioni e confronti culturali determinanti per la storia del mondo occidentale.

L'articolo 3 affida alla Soprintendenza del mare e delle acque interne il compito

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di assicurare, anche mediante periodiche conferenze di servizi con i soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera l) (comuni, province, regioni, autorità portuali, capitanerie di porto e responsabili delle aree protette), il coordinamento delle attività di vigilanza sulle aree marine d'interesse storico-archeologico. La disposizione mantiene comunque ferma la competenza in materia di prevenzione e repressione svolta nell'ambito della tutela del mare e delle acque interne da parte delle amministrazioni e degli enti preposti, nonché delle Forze di polizia.
L'articolo 4 stabilisce che le attività di ricerca, salvaguardia, scavo e tutela dei beni storico-culturali sommersi oggetto del provvedimento sono svolte sotto la supervisione di archeologi.
L'articolo 5 prevede che le attività di ricerca per la localizzazione di beni storico-culturali sommersi, nonché le attività di scavo, di sondaggio e di recupero di tali beni sono soggette alla preventiva autorizzazione della Soprintendenza del mare e delle acque interne.
L'articolo 6 autorizza la Soprintendenza per il mare e le acque interne ad avvalersi della collaborazione dei competenti uffici del Ministero per i beni e le attività culturali per i progetti di ricerca e di recupero di beni storico-culturali sommersi che implicano rilevanti problemi per quanto concerne i metodi di scavo, recupero, conservazione e restauro.
L'articolo 7 istituisce presso la predetta Soprintendenza un albo dei volontari subacquei, al fine di rendere sistematico l'apporto dei soggetti del volontariato alle attività di ricerca, vigilanza e tutela dei beni storico-culturali sommersi, presso singoli o riuniti in organizzazioni.
Per l'iscrizione all'albo è necessario il possesso del certificato di idoneità psico-fisica rilasciato ai sensi della legislazione vigente in materia, del brevetto subacqueo e di un curriculum attestante lo svolgimento dell'attività.
L'articolo 8 interviene in materia di condizioni di sicurezza e di efficienza del personale della Soprintendenza, stabilendo che il predetto personale, quando sia autorizzato alle immersioni subacquee, svolge tale attività nel rispetto di specifici criteri operativi stabiliti con apposito provvedimento dalla stessa Soprintendenza.
L'articolo 9 demanda ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, il compito di disciplinare la struttura amministrativa, il funzionamento e l'organico della Soprintendenza, cui sono trasferite le competenze relative alla ricerca, tutela e valorizzazione dei beni storico-culturali sommersi attribuite, alla data di entrata in vigore della presente legge, alle soprintendenze competenti per materia, negli ambiti individuati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettere a) e b).
L'articolo 10 reca la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che all'attuazione della legge si provvede mediante le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Silvana Andreina COMAROLI (LNP) ritiene che i profili problematici evidenziati da relatore dovrebbero indurre la Commissione ad esprimere parere contrario sul provvedimento.

Alberto FLUVI (PD) suggerisce di inserire, nel parere che sarà espresso dalla Commissione, una condizione volta ad ottenere la soppressione della lettera l) dall'articolo 2 del nuovo testo della proposta di legge, in considerazione, da un lato, del segnalato rischio di conflitti tra la Soprintendenza e l'Agenzia del demanio e, dall'altro, del fatto che la stessa Soprintendenza sarebbe chiamata ad esercitare, in termini peraltro indeterminati, come rilevato dal relatore, funzioni di coordinamento ed indirizzo in relazione alla gestione di beni che, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 85 del 2010, saranno trasferiti alle regioni.

Gianfranco CONTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

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Legge comunitaria 2010.
C. 4059 Governo, approvato dal Senato.

(Relazione alla XIV Commissione).
Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2009.
Doc. LXXXVII, n. 3.

(Parere alla XIV Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti.

Gianfranco CONTE, presidente, avverte che la Commissione procederà, a partire dalla seduta odierna, all'esame congiunto, in sede consultiva, ai sensi dell'articolo 126-ter del Regolamento, del disegno di legge C. 4059, approvato dal Senato, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza alle Comunità europee - Legge comunitaria 2010, e della Relazione annuale sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2009 (Doc. LXXXXVII, n. 3). In particolare, l'esame dei provvedimenti sarà congiunto fino alla fine dell'esame preliminare.
Ricorda quindi che la Commissione è chiamata a formulare, entro il termine del 22 febbraio prossimo, una relazione sul disegno di legge, nominando altresì un relatore, che può partecipare alle sedute della Commissione Politiche dell'Unione europea, e ad esprimere un parere sulla Relazione annuale. La relazione ed il parere approvati sono trasmessi alla XIV Commissione; le relazioni di minoranza sono anch'esse trasmesse alla Commissione, dove possono essere illustrate da uno dei proponenti.
Nel corso dell'esame in sede consultiva presso le Commissioni di settore, possono altresì essere presentati gli emendamenti al disegno di legge afferenti alle parti del provvedimento rientranti negli ambiti di competenza delle singole Commissioni, i quali, se approvati, saranno trasmessi in allegato alla relazione approvata sul provvedimento stesso alla XIV Commissione.

Gerardo SOGLIA (PdL), relatore, rileva come il disegno di legge C. 4059 sia stato presentato in adempimento dell'obbligo previsto dall'articolo 8 della legge n. 11 del 2005, che demanda ad un disegno di legge da presentare con cadenza annuale l'adeguamento periodico dell'ordinamento nazionale a quello comunitario.
Il provvedimento è articolato in due capi e si compone di 18 articoli e due allegati.
Il capo I (articoli da 1 a 5) reca le disposizioni generali sui procedimenti per l'adempimento degli obblighi comunitari.
L'articolo 1, segnatamente, contiene la delega al Governo ad adottare i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli allegati A e B entro i termini indicati negli allegati medesimi, salvo che, alla data di entrata in vigore della legge comunitaria, essi siano già scaduti o scadano nei tre mesi successivi, nel qual caso il Governo dovrà esercitare la delega entro 3 mesi. Per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, i decreti legislativi dovranno essere adottati, invece, entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge comunitaria.
Al riguardo ricorda che per gli schemi di decreto legislativo attuativi delle direttive incluse nell'allegato B è prevista la trasmissione ai fini dell'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari; la previsione si estende agli schemi di decreto legislativo attuativi delle direttive elencate nell'allegato A nel solo caso in cui gli stessi contemplino il ricorso a sanzioni penali.
Di particolare rilievo risultano i commi 6 e 7, i quali, attraverso il rinvio a disposizioni della legge n. 11 del 2005, prevedono un intervento suppletivo, anticipato e cedevole da parte dello Stato in caso di inadempienza delle regioni e delle province autonome nell'attuazione delle direttive.
Il comma 8 prevede inoltre che il Ministro per le politiche europee informi con propria relazione il Parlamento dei ritardi nell'esercizio delle deleghe legislative conferite ai sensi del comma 1.

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L'articolo 2 detta, in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i seguenti princìpi e criteri direttivi di carattere generale per l'esercizio delle deleghe, in gran parte conformi a quelli previsti dalle precedenti leggi comunitarie:
le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi (lettera a);
debbono essere introdotte le modifiche alla disciplina occorrenti per un migliore coordinamento, fatti salvi i procedimenti oggetto di semplificazione o le materie oggetto di delegificazione (lettera b);
ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi di recepimento delle direttive, possono essere previste, entro certi limiti, sanzioni amministrative e penali, al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti; nelle materie che l'articolo 117, comma 4, della Costituzione attribuisce alla potestà legislativa delle regioni, le sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni stesse (lettera c);
eventuali spese, non contemplate da leggi vigenti e non riguardanti l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali, possono essere previste nei decreti legislativi entro i limiti strettamente necessari per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive; alla relativa copertura si provvede, in quanto non sia possibile fare fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, a carico del Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge n. 183 del 1987 (lettera d);
all'attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o con decreto legislativo si procede, salvo che la modificazione comporti ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata (lettera e);
nella predisposizione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive comunitarie comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega (lettera f);
in presenza di sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse, o di coinvolgimento di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso forme di coordinamento e rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione, nonché le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili (lettera g);
le direttive che riguardano le stesse materie o che comportino modifiche degli stessi atti normativi sono possibilmente attuate con un unico decreto legislativo (lettera h).

L'articolo 3 contiene, in analogia con quanto disposto dalle ultime leggi comunitarie, una delega al Governo per l'introduzione di sanzioni per le violazioni di obblighi discendenti da direttive attuate, ai sensi delle leggi comunitarie vigenti, in via regolamentare o amministrativa (ossia per via non legislativa) e per le violazioni di regolamenti comunitari già pubblicati alla data di entrata in vigore della legge comunitaria, per i quali non sono già previste sanzioni penali o amministrative.
I decreti legislativi, da adottare entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge comunitaria, si informano ai principi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c).
L'articolo 4 prevede che agli oneri derivanti dalle prestazioni e dai controlli che gli uffici pubblici sono chiamati a sostenere in applicazione della normativa comunitaria si applicano le disposizioni recate dall'articolo 9, commi 2 e 2-bis, della legge n. 11 del 2005, ai sensi dei quali gli oneri medesimi sono posti a carico dei soggetti interessati, secondo tariffe predeterminate,

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pubbliche e definite sulla base del costo effettivo del servizio, ove ciò non risulti in contrasto con la disciplina comunitaria, e le entrate derivanti dalle predette tariffe sono attribuite, nei limiti previsti dalla legislazione vigente, alle amministrazioni che effettuano le prestazioni e i controlli.
L'articolo 5 conferisce una delega al Governo - da esercitare entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge - per l'adozione di testi unici o codici di settore delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite dalla legge stessa per il recepimento di direttive comunitarie, con lo scopo di coordinare tali disposizioni con quelle vigenti nelle stesse materie.
Qualora i testi unici o i codici di settore riguardino princìpi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, o in altre materie di interesse delle regioni, i relativi schemi di decreto legislativo siano sottoposti al parere della Conferenza permanete per i rapporti Stato - regioni.
Ai sensi del comma 2 i testi unici e i codici di settore debbono riguardare materie o settori omogenei. Inoltre, viene precisato che le disposizioni contenute nei predetti provvedimenti di riordino possono essere oggetto di interventi di abrogazione, deroga, sospensione o modificazione solo in via esplicita e con indicazione puntuale della disposizione su cui si interviene.
Il capo II (articoli da 6 a 18) reca disposizioni particolari di adempimento e principi e criteri specifici di delega.
Per quanto attiene agli aspetti del provvedimento rientranti negli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala gli articoli 7, 8 e 15.
In particolare, l'articolo 7 apporta alcune modifiche alla disciplina recata dal codice del consumo di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005, sulla commercializzazione a distanza di servizi finanziari.
In primo luogo il comma 1, lettera a), novellando l'articolo 67-quinquies, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 206, modifica la disciplina delle informazioni precontrattuali da fornire al consumatore, in particolare quelle relative al fornitore di servizi finanziari oggetto di commercializzazione.
Ricorda, in proposito, che l'articolo 67-quater del codice del consumo precisa quali informazioni devono essere obbligatoriamente fornite al consumatore nella fase delle trattative e, comunque, prima che sia vincolato da un contratto a distanza o da un'offerta: esse riguardano il servizio finanziario offerto, il contratto a distanza, il ricorso e il soggetto fornitore dei servizi commercializzati; l'articolo 67-quinquies descrive invece nel dettaglio il contenuto dell'informativa sul fornitore, prevedendo, al comma 1, lettera b), che essa indichi l'identità del rappresentante del fornitore stabilito in Italia e l'indirizzo geografico rilevante nei rapporti tra consumatore e rappresentante, quando tale rappresentante esista.
La modifica apportata dalla lettera a) prescrive che sia resa nota anche l'identità del rappresentante del fornitore stabilito nello Stato membro di residenza del consumatore, al fine di tenere conto della natura dei contratti a distanza, dal momento che è possibile che lo Stato membro di residenza del consumatore non coincida con il territorio italiano.
La lettera b) del comma 1 interviene invece sulla casistica di esclusione dell'applicazione del diritto di recesso in capo al consumatore, modificando l'articolo 67-duodecies, comma 5, lettera c), del predetto decreto legislativo n. 206.
A tale proposito, rammenta che, ai sensi del predetto articolo 67-duodecies, il consumatore può recedere dal contratto, senza penali e senza dover indicare il motivo, entro quattordici giorni.
Il comma 5 dell'articolo 67-duodecies disciplina le ipotesi di non applicazione del diritto di recesso, prevedendo in particolare, alla lettera c), che esso non operi per i contratti interamente eseguiti da entrambe le parti su esplicita richiesta scritta del consumatore - prima che quest'ultimo eserciti il suo diritto di recesso - e ai contratti di assicurazione obbligatoria RC per i danni derivanti dalla circolazione

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dei veicoli a motore e dei natanti, per i quali si sia verificato l'evento assicurato.
La lettera b) del comma 1 espunge dalla citata lettera c) il riferimento ai contratti di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, per i quali dunque troverà applicazione la disciplina sul diritto di recesso del consumatore.
Le lettere c) e d) del comma 1 apportano modifiche alla disciplina sul pagamento del servizio fornito prima del recesso, novellando rispettivamente i commi 4 e 5 dell'articolo 67-terdecies del decreto legislativo n. 206.
In merito ricorda che il predetto articolo 67-terdecies prescrive al consumatore che esercita il diritto di recesso di pagare solo l'importo del servizio finanziario effettivamente prestato dal fornitore conformemente al contratto a distanza.
In tale contesto, il comma 4 dell'articolo 67-terdecies concede al fornitore un termine pari a quindici giorni per rimborsare tempestivamente al consumatore tutti gli importi da questo versatigli in conformità del contratto a distanza, salvo l'importo del servizio effettivamente prestato prima del perfezionamento del diritto di recesso.
Per effetto delle modifiche recate dalla lettera c) del comma 1 al comma 4 dell'articolo 67-terdecies, il fornitore è obbligato ad effettuare il rimborso degli importi dovuti in conformità del contratto «quanto prima» e, al più, entro trenta giorni.
A seguito delle modifiche apportate dalla lettera d) al comma 5 dell'articolo 67-terdecies, il consumatore è invece tenuto a effettuare - oltre al pagamento del servizio effettivamente prestato - la restituzione di qualsiasi bene o importo che abbia ricevuto dal fornitore, non più entro quindici giorni dall'invio della comunicazione di recesso, ma «quanto prima» e, al più, entro trenta giorni dall'invio della predetta comunicazione.
L'articolo 8, comma 1, reca principi e criteri direttivi specifici per il recepimento della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM).
Per quanto riguarda il contenuto della direttiva 2009/65/CE, essa opera la rifusione della direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente gli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM).
La direttiva, all'articolo 1, n. 2, qualifica come organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) gli organismi il cui oggetto esclusivo è l'investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico in valori mobiliari o in altre attività finanziarie liquide e il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi, e le cui quote sono, su richiesta dei detentori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a valere sul patrimonio dei suddetti organismi. È assimilato a tali riacquisti o rimborsi il fatto che un OICVM agisca per impedire che il valore delle sue quote sul mercato si allontani sensibilmente dal valore patrimoniale netto.
Passando al contenuto dell'articolo 8, la lettera a) del comma 1 prescrive, tra i principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega, che siano apportate al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) le opportune modifiche e le integrazioni necessarie per il corretto ed integrale recepimento della direttiva e delle relative misure di esecuzione, confermando, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria e attribuendo alla Banca d'Italia e alla CONSOB le competenze e i poteri di vigilanza, secondo quanto previsto dagli articoli 5 e 6 del TUF.
La lettera b) stabilisce che nell'esercizio della delega si prevedano, in conformità alla disciplina della direttiva, le necessarie modifiche al TUF atte a consentire che una società di gestione del risparmio possa istituire e gestire fondi comuni di investimento armonizzati in altri Stati membri e

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che una società di gestione armonizzata possa istituire e gestire fondi comuni di investimento armonizzati in Italia.
La lettera c) dispone che siano recate le opportune modifiche al TUF in tema di libera prestazione dei servizi e libertà di stabilimento delle società di gestione armonizzate recate dalla direttiva 2009/65/CE, anche al fine di garantire che una società di gestione armonizzata operante in Italia sia tenuta a rispettare le norme italiane in materia di costituzione e di funzionamento dei fondi comuni di investimento armonizzati, e che la prestazione in Italia del servizio di gestione collettiva del risparmio da parte di succursali delle società di gestione armonizzate avvenga nel rispetto delle regole di comportamento stabilite nel citato testo unico.
La lettera d) dispone che alla Banca d'Italia e alla CONSOB, siano attribuiti alcuni poteri di vigilanza e di indagine previsti dall'articolo 98 della citata direttiva 2009/65/CE, secondo i criteri e le modalità previsti dall'articolo 187-octies del TUF.
Ai sensi della lettera e), il legislatore delegato è tenuto a recepire le disposizioni della direttiva in materia di fusioni transfrontaliere di OICVM e di strutture master-feeder.
Al riguardo, ricorda che un OICVM feeder è un OICVM o un suo comparto di investimento che ha ricevuto l'approvazione per investire almeno l'85 per cento del proprio patrimonio in quote di un altro OICVM o in comparti di investimento di quest'ultimo detto OICVM. Quest'ultimo è invece un OICVM o un suo comparto di investimento che ha fra i suoi detentori di quote almeno un OICVM feeder, senza essere esso stesso un OICVM feeder e senza detenere quote di un OICVM feeder.
La lettera f) prescrive l'introduzione di norme di coordinamento con la disciplina fiscale vigente in materia di OICVM, mentre la lettera g) impone, in coerenza con le definizioni e alla disciplina della direttiva 2009/65/CE, di modificare le norme del TUF concernenti l'offerta in Italia di quote di fondi comuni di investimento armonizzati.
La lettera h) prescrive, nell'esercizio della delega, di attuare le misure di tutela dell'investitore previste dalla direttiva, in particolare con riferimento alle informazioni per gli investitori, adeguando la disciplina dell'offerta al pubblico delle quote o azioni di OICVM aperti.
La lettera i) impone al legislatore delegato di applicare sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni delle regole dettate nei confronti delle società di gestione del risparmio armonizzate in attuazione della direttiva, in linea con quelle già stabilite dal TUF, e nei limiti massimi ivi previsti, in tema di disciplina degli intermediari.
La lettera l) reca una disposizione di chiusura, finalizzata ad apportare alla normativa vigente, anche di derivazione comunitaria, relativamente ai settori interessati dalla normativa da attuare, le occorrenti modificazioni, così da realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni attualmente in vigore.
Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria, specificando che le attività previste dall'articolo si svolgano utilizzando le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
L'articolo 12, comma 1, conferisce delega al Governo per l'emanazione di uno o più decreti legislativi per la disciplina della fiducia, da esercitarsi entro il termine di 24 mesi, salva la possibilità, sancita dal comma 5, di adottare disposizioni integrative e correttive entro 24 mesi dall'entrata in vigore dei predetti decreti legislativi.
Per quanto riguarda i principi e criteri direttivi della delega, il comma 2 prevede il richiamo i principali modelli normativi dei Paesi dell'UE e stabilisce che la disciplina delegata sia coerente con la normativa comunitaria.
Il comma 6 specifica i principi di delega, prevedendo, in particolare, che:
a) la nuova disciplina sia inserita nell'ambito del titolo III del libro IV del codice civile (relativo ai contratti speciali) e che il contratto di fiducia sia definito come il contratto con cui il fiduciante trasferisce diritti, beni o somme di denaro

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specificamente individuati in forma di patrimonio separato ad un fiduciario che li amministra, secondo uno scopo determinato, anche nell'interesse di uno o più beneficiari determinati o determinabili;
b) il contratto di fiducia venga stipulato per atto pubblico o scrittura privata autenticata a pena di nullità;
c) il contratto di fiducia produca gli effetti della separazione patrimoniale, della surrogazione del fiduciario e dell'opponibilità del contratto ai terzi ed ai creditori mediante idonee formalità pubblicitarie riguardanti i diritti ed i beni che costituiscono oggetto della fiducia, al fine di distinguere il contratto di fiducia rispetto al negozio fiduciario, il quale ha natura meramente obbligatoria; come ulteriori corollari di tale principio di delega, la disposizione prevede che i beni oggetto del rapporto non rientrano nella comunione legale tra i coniugi e non entrano a far parte della successione del fiduciario e che il denaro facente parte del patrimonio fiduciario sia versato in un deposito nella disponibilità del fiduciario: essa precisa inoltre che, nel caso in cui il rapporto fiduciario abbia ad oggetto somme di denaro, il contratto si perfezioni con il versamento dell'intero importo;
d) sia inserita una disciplina specifica nel caso in cui il contratto non abbia una finalità di mera gestione patrimoniale, ma miri alla costituzione di una garanzia o a realizzare una disposizione a scopo assistenziale;
e) siano specificamente disciplinati i diritti, gli obblighi e i poteri del fiduciario e del fiduciante, ovvero del soggetto terzo nominato per far valere gli obblighi del fiduciario;
f) siano disciplinati l'opponibilità ai terzi aventi causa delle eventuali limitazioni apposte ai poteri del fiduciario, nonché l'obbligo di rendicontazione;
g) sia disciplinata la cessazione del fiduciario dall'incarico: a tal riguardo, dovrà essere prevista la possibilità della sua sostituzione anche da parte del giudice, nonché l'ingresso del nuovo fiduciario nella titolarità dei beni oggetti del rapporto;
h) siano disciplinate la durata del contratto (al fine di evitare il congelamento di patrimoni per un tempo eccessivo), la revoca/rinuncia del fiduciario e la possibilità di nomina di un fiduciario provvisorio da parte del giudice;
i) siano disciplinate le cause di scioglimento del contratto di fiducia: tra di esse, dovrà essere compresa l'unanime deliberazione in tal senso dei beneficiari, sempre che siano pienamente capaci di agire. In proposito, segnala che lo scioglimento del contratto viene ricollegato alla manifestazione di volontà da parte di soggetti (i beneficiari) che possono non essere parti del contratto;
l) vengano determinate le ipotesi in cui gli effetti del contratto in esame possano scaturire da sentenza del giudice;
m) la disciplina della fiducia si applichi anche qualora i relativi effetti derivino da testamento, salvo quanto statuito dall'articolo 627 del codice civile (il quale stabilisce l'inammissibilità dell'azione in giudizio per accertare che le disposizioni fatte a favore di persona dichiarata nel testamento sono soltanto apparenti e che in realtà riguardano altra persona);
n) la nuova disciplina contenga una specifica previsione circa l'applicabilità della stessa anche all'ipotesi in cui il titolare di beni se ne dichiari fiduciario per il perseguimento di uno scopo nell'interesse di terzi beneficiari;
o) siano dettate norme di coordinamento con le seguenti discipline sulla tutela dei creditori; sul contratto a favore di terzo; sulla cessione dei crediti futuri; sugli strumenti finanziari;
p) siano dettate norme di coordinamento e, se del caso, anche di deroga, alla disciplina fallimentare, stabilendo in particolare la possibilità per il curatore fallimentare

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di concludere il contratto di fiducia allo scopo di agevolare il riparto dell'attivo tra i creditori.

Per quanto riguarda gli aspetti rientranti direttamente negli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala, in particolare, i principi e criteri direttivi di cui alle lettere q) ed r) del comma 6.
La lettera q) prevede, con finalità di trasparenza delle operazioni poste in essere sulla base della nuova disciplina, che sia assicurato il coordinamento della nuova disciplina con le norme vigenti in materia di antiriciclaggio, antimafia, conflitto di interessi e a tutela dell'ordine pubblico.
La lettera r) stabilisce invece che la disciplina sia coordinata con la vigente disciplina fiscale sul trust.
A tale ultimo proposito, ricorda che l'articolo 1, comma 74, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha inserito espressamente il trust nel novero dei soggetti passivi ai fini dell'applicazione dell'imposta sul reddito delle società.
Infatti, ai sensi dell'articolo 73 del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, sono soggetti all'imposta sul reddito delle società anche gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali; gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali; le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.
Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell'atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali.
Lo stesso articolo 73 precisa inoltre, al comma 3, che ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze previsto dall'articolo 168-bis del medesimo testo unico (cosiddetti Paesi «white list»), in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli appartenenti alla white list, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un'attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi.
L'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 comprende altresì i trust tra i soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili ai fini dell'accertamento delle imposte sui redditi.
L'articolo 14 modifica gli articoli 1 e 3 del decreto - legge n. 400 del 1993, in materia di disciplina delle concessione dei beni del demanio marittimo con finalità turistico - ricreative.
In particolare, il comma 1 abroga il comma 2 dell'articolo 01 del decreto-legge n. 400, il quale prevede che la concessione dei beni demaniali marittimi ha durata di sei anni, indipendentemente dalla natura o dal tipo degli impianti previsti per lo svolgimento delle attività. La disposizione abrogata prevede inoltre che le concessioni sono rinnovate automaticamente per altri sei anni e così successivamente ad ogni scadenza, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 42, comma 2, del codice della navigazione, ai sensi del quale le concessioni di durata superiore al quadriennio o che comunque importino impianti di difficile sgombero sono revocabili per specifici motivi inerenti al pubblico uso del

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mare o per altre ragioni di pubblico interesse, a giudizio discrezionale dell'amministrazione marittima.
Il comma 2 novella il comma 2-bis dell'articolo 01 del predetto decreto - legge n. 400, con il quale si prevede che le concessioni dei beni demaniali marittimi di competenza statale siano rilasciate dal capo del compartimento marittimo con licenza.
In particolare, oltre a modificare il richiamo al comma 2 dell'articolo 01, soppresso dal comma 1 dell'articolo 14, il comma 2 del predetto articolo 14 precisa che, per quanto concerne il rilascio delle concessioni di competenza statale da parte del capo del compartimento marittimo con licenza, fanno eccezione quelle rilasciate dalle autorità portuali, nell'ambito delle rispettive circoscrizioni territoriali.
Il comma 3 novella il comma 4-bis dell'articolo 03 del già citato decreto - legge n. 400, il quale prevede che le concessioni demaniali marittime, rilasciate o rinnovate con finalità turistico-ricreative, possano avere una durata compresa tra i sei e i venti anni, determinata in ragione dell'entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni, al fine di sopprimere il richiamo, ivi contenuto, al comma 2 dell'articolo 1 soppresso dal già citato comma 1.
In linea generale rammenta che la necessità di procedere alla revisione della normativa in materia di concessioni demaniali marittime deriva dall'apertura di una procedura di infrazione comunitaria nei confronti dell'Italia circa la disciplina che prevedeva il rinnovo automatico delle concessioni e la preferenza accordata al concessionario uscente.
Si tratta, in particolare, della procedura d'infrazione n. 2008/4908, per il mancato adeguamento della normativa nazionale in materia di concessioni demaniali marittime ai contenuti previsti dalla «direttiva servizi» 123/2006/CE (cosiddetta direttiva Bolkestein), in relazione alla quale la Direzione generale del mercato interno e dei servizi della Commissione europea ha evidenziato come la preferenza accordata dall'articolo 37 del codice della navigazione al concessionario uscente, oltre ad essere contraria all'articolo 43 del Trattato che istituisce la Comunità europea, sia in contrasto con l'articolo 12 della «direttiva servizi».
In tale contesto, l'articolo 1, comma 18, del decreto - legge n. 194 del 2009, in attesa della revisione della legislazione nazionale in materia, ha prorogato sino al 31 dicembre 2015 le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative in essere al 30 dicembre 2009 (data di entrata in vigore del decreto-legge) e la cui scadenza era fissata entro la suddetta data del 31 dicembre 2015; per le concessioni la cui scadenza era fissata in data successiva al 31 dicembre 2015, la norma, mediante un richiamo all'articolo 3, comma 4-bis, del decreto - legge n. 400 del 1993, ha confermato tali scadenze. Lo stesso comma 18 ha infine previsto l'abrogazione del secondo periodo del secondo comma dell'articolo 37 del Codice della navigazione.
L'articolo 15 reca gli specifici principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2010/23/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, che modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto per quanto concerne l'applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell'inversione contabile (cosiddetto reverse charge) alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi.
Per quanto riguarda il contenuto della direttiva 2010/23/UE, essa reca modifiche alla direttiva 2006/112/CE, in materia di imposta sul valore aggiunto, al fine di consentire agli Stati membri di prevedere, per un periodo limitato di tempo, l'applicazione del meccanismo di inversione contabile alle operazioni che comportano cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili effettuate nell'ambito del sistema per lo scambio di quote ed emissioni di gas a effetto serra (come disciplinato dalla Direttiva 2003/87/CE). In sostanza, l'obbligo di versare l'IVA spetta al soggetto al quale sono trasferite le quote di emissioni

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e non, come di norma previsto, al soggetto passivo che effettua l'operazione. Come emerge dai considerando della direttiva, l'obiettivo della direttiva è di combattere le frodi ai danni dell'IVA tramite una misura temporanea, che deroga alle norme vigenti nell'Unione.
Il meccanismo opera:
a) per i trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra, come definiti all'articolo 3 della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003;
b) per trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla stessa direttiva.

La misura si applica fino al 30 giugno 2015 e per un periodo minimo di due anni.
In occasione dell'introduzione del meccanismo di inversione contabile, gli Stati membri devono informarne la Commissione, fornendole altresì informazioni sull'ambito di applicazione della misura e una descrizione particolareggiata delle misure di accompagnamento; devono altresì inviare alla Commissione i criteri di valutazione che consentano il confronto fra le attività fraudolente che interessano i servizi interessati dalla misura temporanea prima e dopo l'applicazione del meccanismo, le attività fraudolente che interessano altri servizi prima e dopo l'applicazione del meccanismo ed eventuali aumenti di altri tipi di attività fraudolente prima e dopo l'applicazione del meccanismo. È inoltre da notificare la data di inizio e il periodo di validità della misura che attua il meccanismo.
La direttiva, dal momento che autorizza (senza obbligarli) gli Stati membri a prevedere il meccanismo sull'inversione contabile limitatamente ad alcune operazioni, non prevede un termine di recepimento.
Passando al contenuto dell'articolo 15, il comma 1 prescrive che il Governo, nel recepimento della direttiva 2010/23/UE, preveda per le relative disposizioni di attuazione un periodo di validità non inferiore a trenta mesi che, comunque, non oltrepassi il 30 giugno 2015.
Il comma 2 conferisce delega al Governo ad estendere il meccanismo del reverse charge previsto dalla direttiva 2010/23/UE anche ad altri servizi, similari ai trasferimenti delle quote di emissione di gas ad effetto serra.
In particolare, il Governo viene delegato ad adottare misure dirette ad evitare frodi IVA, nel rispetto dei principi e dei criteri previsti dalla citata direttiva 2010/23/UE, anche per i trasferimenti delle seguenti unità:
i diritti di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo n. 79 del 1999 , rilasciati nell'ambito dell'applicazione delle relative direttive ministeriali (cosiddetti «certificati verdi»), i quali sono rilasciati al produttore di energia elettrica su richiesta e previo riconoscimento all'impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili e possono essere utilizzati per assolvere all'obbligo, posto a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili; essi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da quello dell'elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione organizzata presso la società Gestore del mercato, oppure mediante contratti bilaterali;
i titoli di efficienza energetica di cui all'articolo 10 del decreto ministeriale 20 luglio 2004 e di cui all'articolo 10 del decreto ministeriale 20 luglio 2004 (cosiddetti «certificati bianchi»), emessi dal Gestore dei mercati energetici (GME) sulla base di certificazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, i quali attestano gli interventi realizzati dai distributori di energia elettrica e di gas naturale di maggiori dimensioni che hanno rispettato i propri obblighi annuali di risparmio energetico, e sono anch'essi negoziabili in un

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mercato dei titoli istituito e regolato dal GME, per certi versi simile a quello dei certificati verdi.

L'estensione del meccanismo del reverse charge previsto dalla direttiva 2010/23/UE ad altri servizi è motivato sia dalla finalità della stessa direttiva, che intende evitare le frodi in materia di IVA, sia in ragione della similarità - sempre ai fini IVA - tra le transazioni aventi ad oggetto le quote di emissioni di gas a effetto serra e le transazioni aventi ad oggetto i «certificati verdi» ed i «certificati bianchi».
Il comma 3 subordina l'efficacia delle disposizioni recate dal comma 2 alla preventiva autorizzazione da parte del Consiglio dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE.
Per quanto riguarda le direttive contemplate nell'Allegato B (i cui schemi di decreto legislativo di recepimento sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari) afferiscono agli ambiti di competenza della Commissione Finanze le direttive di seguito indicate.
La direttiva 2009/20/CE, la quale definisce un quadro giuridico armonizzato in materia di assicurazioni degli armatori per i crediti marittimi, al fine di responsabilizzare gli operatori economici e innalzare la qualità del trasporto marittimo mercantile.
La direttiva, il cui termine di recepimento è fissato al 1o gennaio 2012, consta di 11 articoli e un allegato, e si applica alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate, mentre non si applica alle navi da guerra, alle navi da guerra ausiliarie o alle altre navi di proprietà dello Stato o gestite dallo Stato per servizi pubblici a fini non commerciali.
Essa prevede che ciascuno Stato membro prescriva, a carico degli armatori delle navi battenti la sua bandiera, di stipulare un'assicurazione che copra tali navi e, a carico degli armatori di navi battenti bandiera di un altro paese, l'obbligo di essere coperte da un'assicurazione quando tali navi entrano in un porto soggetto alla propria giurisdizione.
Tale assicurazione deve coprire i crediti marittimi fatte salve le limitazioni di cui alla Convenzione relativa alla limitazione della responsabilità per i crediti marittimi e deve consentire una copertura pari all'importo massimo applicabile per la limitazione di responsabilità previsto dalla Convenzione.
La direttiva prevede, inoltre, che ciascuno Stato membro si assicuri che le navi in un porto soggetto alla propria giurisdizione siano dotate dei previsti certificati di assicurazione e che essi rechino le prescritte informazioni. In caso contrario, e fatte salve le disposizioni della direttiva 2009/16/CE, la quale prevede il fermo delle navi per motivi di sicurezza, la direttiva permette all'autorità competente di emanare un ordine di espulsione della nave, in conseguenza del quale verrà negato l'accesso in tutti i porti dell'Unione fino alla notifica del certificato da parte dell'armatore.
Gli Stati membri devono, infine, stabilire un sistema sanzionatorio efficace, proporzionato e dissuasivo per la violazione delle disposizioni nazionali di attuazione della direttiva 2009/20/CE.
La direttiva 2009/38/CE, la quale riguarda l'istituzione di un comitato aziendale europeo (CAE) o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie, mira a potenziare il diritto dei lavoratori all'informazione e alla consultazione transnazionali nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie.
La direttiva, la quale deve essere attuata da parte degli Stati membri entro il 5 giugno 2011, sostituisce la pregressa normativa comunitaria sulla materia, recata dalla direttiva 94/45/CE, che è stata attuata nell'ordinamento italiano con il decreto legislativo n. 74 del 2002 e che viene pertanto abrogata.
Ricorda che la direttiva 94/45/CE ha posto in capo alle imprese - o gruppi di imprese - di grandi dimensioni con stabilimenti in più Stati membri l'obbligo a

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negoziare la costituzione di un CAE o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori.
Rispetto alla disciplina recata dalla predetta Direttiva 94/45/CE, la direttiva 2009/38/CE apporta le seguenti principali innovazioni:
le modalità di informazione e consultazione devono essere definite e attuate in modo da garantirne l'efficacia e consentire un processo decisionale efficace nell'impresa o nel gruppo di imprese, prevedendosi che ciò avvenga al pertinente livello di direzione e di rappresentanza, in funzione della questione trattata, limitando in tal modo la competenza del CAE e della procedura di informazione e consultazione alle sole questioni transnazionali (articolo 1, paragrafi 2, 3 e 4);
si fornisce una definizione di «informazione», cioè la trasmissione di dati da parte del datore di lavoro ai rappresentanti dei lavoratori per consentire a questi ultimi di prendere conoscenza della questione trattata e di esaminarla (articolo 2, paragrafo 1, lettera f);
si precisa che le modalità di consultazione debbano consentire ai rappresentanti dei lavoratori di esprimere, entro un termine ragionevole, un parere in merito alle misure proposte cui si riferisce la stessa consultazione (articolo 2, paragrafo 1, lettera g);
si definisce la responsabilità della direzione centrale di impresa di ottenere e trasmettere alle parti interessate dall'applicazione della direttiva le informazioni indispensabili per l'avvio dei negoziati per l'istituzione del CAE o della procedura per l'informazione e consultazione, in particolare quelle concernenti la struttura dell'impresa o del gruppo e la sua forza lavoro (articolo 4, paragrafo 4);
si precisano le modalità di elezione dei membri della delegazione speciale di negoziazione, prevedendo altresì la possibilità che la stessa delegazione possa essere assistita da esperti di propria scelta (articolo 5, paragrafi 2 e 4);
in riferimento all'accordo sulle modalità di attuazione dell'informazione e consultazione, di cui all'articolo 6, si richiede che lo stesso evidenzi: che la composizione del CAE sia il più possibile equilibrata in base alle attività, alle categorie di lavoratori, al sesso e alla durata del mandato (paragrafo 2, lettera b); che le modalità di informazione e consultazione del CAE siano coordinate con l'informazione e consultazione degli organi di rappresentanza nazionale dei lavoratori (paragrafo 2, lettera c); di evidenziare, nel caso, la composizione, le modalità di designazione, le attribuzioni e le modalità di riunione del comitato ristretto istituito in seno al CAE (paragrafo 2, lettera e); le modalità di modifica, cessazione o rinegoziazione dell'accordo (paragrafo 2, lettera g);
si chiariscono i poteri e gli obblighi dei rappresentanti dei lavoratori, con particolare riferimento all'informazione dei lavoratori in ordine alla sostanza ed ai risultati della procedura di informazione e consultazione, stabilendo altresì il diritto alla retribuzione dei rappresentanti medesimi nel periodo di formazione (articolo 10, paragrafi 2, 3 e 4);
si evidenzia il coordinamento dell'informazione e consultazione del CAE con quelle degli organi nazionali, precisandosi inoltre che l'applicazione della direttiva non giustifica, in ogni caso, un regresso rispetto alla situazione esistente negli Stati membri per quanto attiene al livello generale di protezione dei lavoratori nel settore contemplato (articolo 12);
si statuisce in merito all'adeguamento degli accordi nell'eventualità di modifiche significative della struttura dell'impresa o del gruppo di imprese, nonché in assenza di disposizioni negli accordi vigenti o di contrasto tra disposizioni di accordi applicabili (articolo 13);
nel disciplinare gli accordi vigenti, si individuano le imprese non soggette agli obblighi derivanti dalla direttiva in esame (articolo 14).

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La direttiva 2009/109/CE, la quale modifica le direttive 77/91/CEE, 78/855/CEE e 82/891/CEE e la direttiva 2005/56/CE, con lo scopo di ridurre gli obblighi informativi e documentali a carico delle società coinvolte in processi di fusione e scissione.
La direttiva, la quale deve essere recepita dagli Stati membri nei propri ordinamenti nazionali entro il 30 giugno 2011, mira a favorire l'utilizzo di procedure e strumenti telematici anche per adempiere ad obblighi legali di pubblicità e nelle comunicazioni a soci e azionisti.
Ai predetti scopi di semplificazione, la direttiva consente di effettuare gli adempimenti di pubblicità legale relativi ai progetti di fusione, di scissione e agli altri documenti da rendere disponibili ai soggetti interessati, tramite pubblicazione degli stessi sul web (sito della società medesima ovvero altro sito web designato a tale scopo dagli Stati membri) e l'invio di copia via posta elettronica, purché siano soddisfatte le garanzie di integrità e autenticità dei medesimi atti e documenti (articolo 2, n. 2 e 5; articolo 3, n. 1 e 5; articolo 4, n. 1).
La direttiva stabilisce inoltre che le società possano essere esonerate da alcuni obblighi di redazione documentale, previo accordo degli azionisti (articolo 2, n. 4).
Si prevede altresì la possibilità di omettere la redazione della situazione contabile, ove l'emittente, i cui valori mobiliari siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, pubblichi relazioni semestrali ai sensi delle disposizioni vigenti (articolo 2, n. 5).
Nell'ipotesi di fusione transfrontaliera mediante incorporazione realizzata da una società che detenga una quota pari o superiore al 90 per cento (ma inferiore alla totalità) delle quote e degli altri titoli rappresentativi del capitale sociale che conferiscono diritti di voto nell'assemblea generale della società o delle società incorporate, le relazioni di uno o più esperti indipendenti, nonché i documenti necessari per il controllo, sono richieste soltanto se espressamente previsto dalla legislazione nazionale cui è soggetta la società incorporante o la società incorporata, conformemente a quanto previsto dalla direttiva 78/855/CEE (articolo 2, punto 10).
La direttiva 2009/110/CE, la quale reca disposizioni in materia di moneta elettronica, istituti di emissione della stessa e vigilanza prudenziale.
La direttiva, la quale deve essere recepita dagli Stati membri entro il 30 aprile 2011, apporta alcune modifiche alle direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE necessarie, tra l'altro, dall'emanazione della direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno.
In tale contesto, l'articolo 2, n. 2, della direttiva definisce come «moneta elettronica» il valore monetario immagazzinato elettronicamente o magneticamente, rappresentato da un credito nei confronti dell'emittente, emesso dietro ricevimento di fondi per effettuare operazioni di pagamento, accettato da persone fisiche e giuridiche diverse dall'emittente. Non rientra in questa definizione il valore monetario immagazzinato in strumenti utilizzati per acquistare beni o servizi nella stessa sede dell'emittente o in base a un accordo commerciale con l'emittente (articolo 3, lettera k) della citata direttiva 2007/64/CE in materia di servizi di pagamento; si citano, a titolo di esempio, le tessere per il carburante, per il trasporto pubblico, i buoni pasto).
Viene altresì definito «istituto di moneta elettronica» (articolo 2, n. 1) la persona giuridica autorizzata ad emettere moneta elettronica. La direttiva contempla anche altri emittenti di moneta elettronica cui si applicano le norme in essa contenuta (ai sensi dell'articolo 1, n. 1: enti creditizi, uffici postali autorizzati a norma del diritto nazionale, la Banca centrale europea e le banche centrali nazionali, gli Stati membri o le loro autorità regionali e locali che agiscano in veste pubblica).
Il Titolo II della direttiva sancisce le condizioni per l'avvio, l'esercizio e la vigilanza prudenziale dell'attività degli istituti di moneta elettronica. In particolare, si stabilisce una misura minima di capitale iniziale pari ad almeno 350.000 euro (articolo 4) e sono recate misure volte a

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determinare l'ammontare ed il calcolo dei fondi propri (articolo 5). Gli istituti di moneta elettronica dovranno tutelare i fondi ricevuti e tale protezione dovrà essere effettiva al più tardi entro cinque giornate operative dopo l'emissione di moneta elettronica.
Ai sensi dell'articolo 6 della direttiva, gli istituti possono svolgere anche attività ulteriori (quali la prestazione dei servizi di pagamento e la concessione di crediti connessi a servizi di pagamento, la prestazione di servizi operativi e di servizi accessori strettamente connessi all'emissione di moneta elettronica e le attività diverse dall'emissione di moneta elettronica, nel rispetto del diritto comunitario e del diritto nazionale applicabile).
Il Titolo III della direttiva concerne l'emissione e la rimborsabilità. Si impone agli Stati membri l'obbligo di assicurare che gli istituti emettano moneta elettronica al valore nominale dietro ricevimento di fondi, vietando la concessione di interessi o altro beneficio legato alla durata di detenzione della moneta elettronica sancite dalla direttiva; inoltre, su richiesta del detentore, gli istituti dovranno rimborsare, in qualsiasi momento e al valore nominale, il valore della moneta elettronica detenuta secondo le condizioni stabilite nel contratto tra l'emittente e il detentore (articoli 11 e 12). Il rimborso può essere soggetto al pagamento di una commissione se il contratto lo prevede e solo in alcuni casi: se è richiesto prima della scadenza del contratto; se il detentore recede dal contratto prima della scadenza dello stesso o se è richiesto più di un anno dopo la data di scadenza del contratto.
Infine, la direttiva introduce, all'articolo 13, norme per le procedure di reclamo e di ricorso extragiudiziali.
La direttiva 2009/162/UE, la quale apporta modifiche alla direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, per introdurvi degli adeguamenti, definiti dallo stesso legislatore comunitario di carattere prevalentemente tecnico.
La direttiva, che è entrata in vigore il 15 gennaio 2010 e che deve essere recepita dagli Stati membri nei propri ordinamenti nazionali entro il 1o gennaio 2011, interviene sopratutto sulle disposizioni relative all'importazione e al luogo di tassazione delle cessioni di gas e di energia elettrica.
Al riguardo, ricorda che la direttiva 2006/112/CE testualmente non applicava il regime speciale derivante dalla direttiva 2003/92/CE, relativamente alle norme sul luogo di cessione di gas e di energia elettrica, alle importazioni e cessioni di gas trasportato mediante i gasdotti che non fanno parte della rete di distribuzione e soprattutto ai gasdotti transfrontalieri.
La direttiva 2009/162 intende chiarire che il regime speciale si applica alle importazioni e alle cessioni di gas effettuate mediante ogni sistema del gas naturale situato nel territorio della Comunità o ogni rete connessa a un siffatto sistema (articolo 1, paragrafo 1, numero 1).
Inoltre, la direttiva 2009/162 assimila il regime applicabile al gas naturale e all'energia elettrica al calore e al freddo.
A tale riguardo, ricorda che le norme attuali già assicurano, per il gas e l'energia elettrica, che l'IVA sia riscossa nel luogo in cui tali beni sono effettivamente consumati dall'acquirente, evitando così ogni distorsione di concorrenza tra Stati membri (articolo 1, paragrafo 1, lettere da 3 a 5).
A tal proposito, ritenendo obsoleto un controllo preventivo della Commissione per pronunciarsi sull'esistenza di un rischio di distorsione di concorrenza conseguente all'applicazione di un'aliquota IVA ridotta su questi beni, la direttiva interviene per introdurre una procedura semplificata di consultazione preliminare del comitato IVA, volta a garantire che la Commissione e gli altri Stati membri vengano correttamente informati in presenza di riduzione di aliquota da parte di uno Stato membro in questo settore estremamente sensibile (articolo 1, paragrafo 1, n. 8).
La direttiva interviene inoltre sul diritto di detrazione, che sorge soltanto nella misura in cui i beni e servizi sono utilizzati dal soggetto passivo ai fini della sua

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attività professionale; a tal proposito si precisa che qualora i beni immobili non siano utilizzati esclusivamente ai fini connessi all'attività professionale del soggetto passivo, non è applicabile la detrazione dell'IVA se non per la parte di uso del bene destinata all'attività dell'impresa.
Benché i beni immobili e le relative spese siano sicuramente il settore più a rischio, visto il frequente uso promiscuo di questo tipo di beni, la questione si pone anche in relazione ai beni mobili di natura durevole; a tal proposito la direttiva fornisce la possibilità agli Stati membri di adottare le stesse misure nei confronti di questo tipo di beni mobili quando fanno parte del patrimonio dell'impresa (articolo 1, paragrafo 1, n. 12).
La direttiva 2010/24/UE, la quale disciplina le modalità di assistenza reciproca tra Stati membri per il recupero dei crediti derivanti da determinate imposte e altre misure, sia nazionali che dell'Unione Europea.
Tale forma di assistenza contribuisce al buon funzionamento del mercato interno in quanto, oltre a garantire la neutralità fiscale, ha permesso agli Stati membri di eliminare nel tempo misure di protezione discriminatorie adottate in relazione alle operazioni transfrontaliere.
L'obiettivo della direttiva è quello di facilitare lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, tenendo conto delle tipologie sempre crescenti di istituti giuridici e in un'ottica di copertura di tutte le persone fisiche e giuridiche nell'Unione, estendendo l'ambito di applicazione delle norme in materia di recupero crediti rispetto a quanto già previsto dalla precedente direttiva 2008/55/CE, che è abrogata a decorrere dal 1o gennaio 2012.
In primo luogo, la direttiva 2010/24/UE, la quale deve essere recepita dagli Stati membri entro il 31 dicembre 2011, reca, all'articolo 2, l'ambito di applicazione delle misure dettate. Essa concerne il recupero:
a) della totalità delle imposte e dei dazi, di qualsiasi tipo, riscossi da uno Stato membro o dalle sue ripartizioni territoriali o amministrative, o per conto di essi, comprese le autorità locali, ovvero per conto dell'Unione;
b) delle restituzioni, gli interventi e le altre misure che fanno parte del sistema di finanziamento integrale o parziale del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), ivi compresi gli importi da riscuotere nel quadro di queste azioni;
c) dei contributi e gli altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero.

La direttiva si applica a:
a) penali, sanzioni, tasse e soprattasse di natura amministrativa relative ai crediti per i quali l'assistenza reciproca può essere chiesta, irrogate dalle autorità amministrative competenti per la riscossione delle imposte o dei dazi interessati o l'effettuazione di indagini amministrative al riguardo, o confermate da organi amministrativi o giudiziari su richiesta di tali autorità amministrative;
b) tasse per il rilascio di certificati o documenti analoghi in relazione a procedure amministrative che riguardano dazi o imposte;
c) interessi e spese relativi ai crediti per i quali può essere chiesta l'assistenza reciproca.

Per quanto riguarda le procedure di recupero, è fatto obbligo per ciascuno Stato di individuare e comunicare alla Commissione un'autorità competente alle relative attività, presso la quale viene designato un ufficio centrale di collegamento, responsabile principale dei contatti con gli altri Stati membri nel settore dell'assistenza reciproca (articolo 4). Previa istanza dell'autorità richiedente, l'autorità adita fornisce tutte le informazioni che possono prevedibilmente aiutare a recuperare i crediti, disponendo della facoltà di effettuare tutte le indagini amministrative

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necessarie per ottenerle, oltre a quella di notificare al debitore tutti gli atti provenienti dallo Stato membro richiedente relativi a tali misure (articoli 5 e 8).
Ove sussista domanda di recupero proveniente dall'autorità richiedente, l'autorità adita può procedere alla riscossione di crediti sorti con esecuzione nello Stato richiedente (articolo 10). Essa può anche adottare misure cautelari, a specifiche condizioni (articolo 16, n. 1): a tale scopo si richiede, tra l'altro, che l'adozione di misure cautelari sia possibile, in una situazione analoga, anche in base alla legislazione nazionale e alle prassi amministrative dello Stato membro richiedente.
Al fine di assicurare una procedura omogenea e risolvere i problemi di riconoscimento e traduzione degli strumenti provenienti da un altro Stato, la direttiva disciplina l'adozione di un titolo uniforme che consenta l'adozione di misure esecutive nello Stato adito, nonché la predisposizione di un modulo standard per la notifica degli atti e delle decisioni relativi al credito (articolo 12 ed articolo 21).
Sono altresì recate disposizioni sulla risoluzione di eventuali controversie concernenti il credito, la procedura di recupero, la notifica o il titolo che consente l'esecuzione (articolo 14); infine, a tutela del principio di assistenza reciproca e per incoraggiare gli Stati membri a stanziare risorse per il recupero dei crediti, lo Stato adito è posto nelle condizioni di poter recuperare le spese sostenute presso il debitore (articolo 20).
Nell'Allegato A (i cui schemi di decreto legislativo di recepimento non sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari, salvo che prevedano sanzioni penali), non sono invece contemplati atti normativi afferenti agli ambiti di competenza della Commissione Finanze.
Per quanto riguarda la Relazione annuale sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2009 (Doc. LXXXVII, n. 3), segnala innanzitutto come essa, dando conto in un unico documento sia dell'attività svolta dall'Italia a livello di Unione europea nel 2009 sia delle priorità per il 2010, sia stata predisposta dal Governo secondo le modalità e i contenuti previsti dall'articolo 15 della legge n. 11 del 2005, previgente alle modifiche introdotte dal comma 1 dell'articolo 8 della legge n. 96 del 2010 (Legge comunitaria 2009).
La nuova formulazione del predetto articolo 15 ha invece innovato le modalità di comunicazione tra Governo e Parlamento in merito all'andamento ed alle prospettive della partecipazione dell'Italia all'Unione europea, prevedendo che l'Esecutivo presenti alle Camere due distinte relazioni, una di rendiconto ed l'altra programmatica.
In forza di tale impostazione, ormai superata dalla disciplina, la Relazione trasmessa quest'anno alle Camere risulta sostanzialmente priva di reali contenuti politici, in quanto fa riferimento ad uno scenario temporale ormai obsoleto.
Passando ad una breve sintesi del contenuto della Relazione, essa è strutturata in tre parti, ognuna delle quali espone distintamente un consuntivo degli interventi e delle politiche varate nel 2009 dall'UE e dall'Italia e gli orientamenti del Governo per il 2010.
La prima parte tratta del processo di integrazione europea e degli orientamenti generali delle politiche dell'Unione: nella prima sezione si sviluppano i temi istituzionali, nella seconda la risposta dell'Unione europea alla crisi mondiale, nella terza i temi dell'energia e dell'ambiente.
La seconda parte dà conto della partecipazione dell'Italia al processo di integrazione europea e del recepimento del diritto dell'Unione nell'ordinamento analizzando, in tre sezioni: i profili generali di tale partecipazione, quelli legati alle singole politiche comuni, quelli volti alla dimensione esterna dell'Unione, ivi incluse la politica estera comune e quella di sicurezza e difesa.
La terza parte riguarda le politiche di coesione e l'andamento dei flussi finanziari verso l'Italia e la loro utilizzazione.
Nell'appendice allegata alla Relazione sono riportati alcuni dati analitici, l'elenco dei provvedimenti attuativi di norme comunitarie e l'elenco ed i motivi delle

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impugnazioni deliberate dal Consiglio dei Ministri di decisioni adottate dal Consiglio o dalla Commissione dell'Unione europea nei confronti dell'Italia, nonché le modalità di partecipazione delle Camere e delle Regioni al processo normativo dell'Unione.
Per quanto riguarda i profili di interesse della Commissione Finanze, la Relazione dà conto degli sviluppi verificatisi nel corso del 2009 relativamente ai temi della politica fiscale, illustrando la partecipazione del Governo italiano ai lavori comunitari su una serie di temi di particolare interesse.
In particolare, per quanto riguarda il settore della fiscalità indiretta, sono richiamate le discussioni, svoltesi nel corso del 2009, sulla proposta di direttiva volta a realizzare una prima razionalizzazione delle aliquote IVA ridotte, che hanno portato all'adozione della direttiva 2009/47/CE, nonché sulla proposta di modifica delle direttive concernenti la struttura e le aliquote delle accise gravanti sui tabacchi lavorati.
Sempre nel 2009, è stata dedicata specifica attenzione alla proposta di direttiva relativa alla tassazione dei servizi finanziari ed assicurativi, nonché alla problematica concernente il contrasto alle frodi intracomunitarie in materia di IVA.
A tale riguardo, la Commissione europea ha prospettato l'applicazione del meccanismo dell'inversione contabile in alcuni comparti, quali la cessione dei permessi negoziabili di emissione di CO2, ha presentato una proposta concernente la semplificazione delle regole di fatturazione, ed ha deciso l'avvio di un progetto e-learning per favorire la conoscenza della disciplina IVA presso le singole amministrazioni fiscali. Inoltre, è stato aperto un dibattito su possibili modifiche del regime IVA all'importazione che consenta di semplificare gli adempimenti e di creare un sistema centralizzato per la presentazione delle dichiarazioni IVA, allineando in tal modo la disciplina in materia alle novità introdotte con il sistema doganale centralizzato.
In tale contesto, la delegazione italiana ha presentato il progetto IVA di cassa, come sistema per salvaguardare il gettito degli Stati membri da fenomeni di insolvenza e fallimento.
Per quanto riguarda la tassazione indiretta sull'energia, la Commissione europea ha presentato un documento di lavoro concernente la rimodulazione del sistema di tassazione sui prodotti energetici che tenga conto dei vincoli derivanti dalla politica ambientale ed energetica a livello comunitario.
Per quanto riguarda, invece, il settore della fiscalità diretta, presso il Consiglio europeo è stato avviato un dibattito sull'eventuali modifiche da apportare alla direttiva in materia di tassazione dei pagamenti transfrontalieri di interessi e royalties.
Inoltre, il Consiglio Ecofin ha approvato il rapporto del Gruppo Codice di Condotta sulla tassazione delle imprese, nell'ambito dell'azione di contrasto alla concorrenza fiscale dannosa. In tale ambito sono inoltre proseguiti i lavori finalizzati a raggiungere un maggiore coordinamento dei sistemi di fiscalità diretta degli Stati membri.
È inoltre proseguita l'attività del gruppo di lavoro chiamato ad esaminare i problemi pratici derivanti dall'applicazione delle norme fiscali in materia di prezzi di trasferimento (cosiddetto transfer price): a tale riguardo la Relazione segnala come l'Italia abbia presentato una riserva relativamente all'ambito di applicazione della Convenzione europea sull'arbitrato alla cosiddetta thin capitalisation.
Per quanto riguarda il settore della cooperazione amministrativa nel settore della fiscalità, la Commissione europea ha presentato, nel corso del 2009, tre proposte di direttiva: la prima relativa alla cooperazione amministrativa nel settore della fiscalità; la seconda, concernente l'assistenza amministrativa reciproca per il recupero dei crediti fiscali; la terza, concernente la cooperazione amministrativa e la lotta contro la frode in materia di IVA transfrontaliera.
Con riferimento specifico alla cooperazione doganale, la Relazione ricorda come il Governo italiano partecipi ad un Gruppo

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di progetto volto ad assicurare maggiore uniformità alla disciplina doganale a livello comunitario ed alle relative sanzioni. Inoltre, sono state intensificate le attività di cooperazione per il contrasto alle frodi IVA e sono proseguiti i lavori per quanto riguarda l'applicazione del codice doganale modernizzato ed è stato avviato il sistema informatico di registrazione e identificazione degli operatori economici.
Per quanto riguarda il settore dei servizi finanziari, nel corso del 2009, il Consiglio ECOFIN ha raggiunto un accordo di massima su una proposta di direttiva che modifica le direttive in materia di remunerazione; in tale contesto sono inoltre proseguiti i lavori per la revisione della direttiva cosiddetta «Basilea II» in materia di requisiti patrimoniali delle banche.
Nel corso del 2009 è stata altresì pubblicata la nuova direttiva 2009/14/CE sui sistemi di garanzia dei depositi.
Con riferimento al settore assicurativo, nel 2009 è stata pubblicata la direttiva 2009/138/CE, cosiddetta «Solvency II», che introduce nuove regole prudenziali a presidio della stabilità delle imprese di assicurazione.
Per quanto attiene al settore dei mercati finanziari, nel corso del 2009 è stata adottata la direttiva 2009/65/CE, cosiddetta UCITS IV, la quale interviene sulla disciplina degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), al fine di creare un unico mercato europeo dei fondi di investimento.
Con riferimento al diritto societario, la Relazione segnala l'adozione, nel 2009, della direttiva 2009/109/CE, per quanto riguarda gli obblighi in materia di relazioni e di documentazione in caso di fusioni e scissioni, la quale prevede una semplificazione degli obblighi previsti in materia.
Inoltre, è proseguito il negoziato sulla proposta di regolamento recante lo Statuto della società privata europea, volto alla creazione di una forma societaria flessibile adatta alle piccole e medie imprese con attività transfrontaliera.
È stato altresì avviato l'esame di una proposta di direttiva sui ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali.
Si riserva quindi di formulare una proposta di relazione sul disegno di legge comunitaria ed una proposta di parere sulla Relazione all'esito del dibattito.

Gianfranco CONTE, presidente, propone di fissare fin d'ora il termine per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge C. 4059, alle ore 12 di venerdì 18 febbraio 2011.

La Commissione concorda.

Alberto FLUVI (PD) con riferimento all'articolo 12 del disegno di legge, evidenzia come esso risulti estraneo al contenuto proprio del disegno di legge comunitaria, in quanto esso non recepisce alcuna direttiva comunitaria, né interviene su norme che siano oggetto di procedure di infrazione nei confronti dell'Italia.
Ritiene pertanto che esso dovrebbe essere espunto dal testo, riservandosi conseguentemente di presentare un emendamento soppressivo.

Gianfranco CONTE, presidente, in riferimento alle considerazioni espresse dal deputato Fluvi sull'articolo 12, rileva come tale disposizione risulti contenuta nel testo originario del disegno di legge C. 4059, e come la valutazione circa la sua congruità con il contenuto proprio del disegno di legge comunitaria sia stata compiuta dal Presidente del Senato, non risultando pertanto possibile sindacare in questa sede tale giudizio.

Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.40.

SEDE REFERENTE

Martedì 15 febbraio 2011. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Sonia Viale.

La seduta comincia alle 13.40.

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Istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore assicurativo.
C. 2699-ter, approvata dal Senato, C. 1964 Barbato, C. 3544 Pagano e C. 3589 Bragantini.

(Seguito dell'esame e rinvio - Adozione del testo base).

La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato, da ultimo, nella seduta del 14 settembre 2010.

Gianfranco CONTE, presidente, ricorda che il Comitato ristretto, dopo aver svolto un'approfondita istruttoria, nella seduta del 10 febbraio scorso ha definito un testo unificato delle proposte all'ordine del giorno (vedi allegato 1).
Propone quindi di adottare il testo unificato elaborato dal Comitato ristretto come testo base per il seguito dell'esame e di fissare alle ore 12 di venerdì 18 febbraio prossimo il termine per la presentazione di emendamenti al testo unificato testé adottato.

La Commissione concorda.

Gianfranco CONTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.45.

ATTI DEL GOVERNO

Martedì 15 febbraio 2011. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Sonia Viale.

La seduta comincia alle 13.45.

Schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al decreto legislativo n. 141 del 2010, per l'istituzione di un sistema pubblico di prevenzione, sul piano amministrativo, delle frodi nel settore del credito al consumo, con specifico riferimento al furto d'identità.
Atto n. 321.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta dell'8 febbraio scorso.

Alessandro PAGANO (PdL) formula una proposta di parere favorevole con condizioni e osservazioni (vedi allegato 2), rilevando come il notevole lavoro compiuto dalla Commissione sul settore del credito al consumo, a partire dall'indagine conoscitiva svolta lo scorso anno, abbia dato modo di maturare progressivamente, in merito a tutti gli aspetti rilevanti della materia delle frodi nel settore del credito al consumo, con riferimento specifico al furto d'identità, una serie di orientamenti, che sono espressi nella sua proposta di parere, la quale tiene inoltre conto dei contributi emersi nel corso del dibattito, dei rilievi deliberati dalla Commissione Bilancio e delle osservazioni trasmesse alla Commissione dall'Associazione bancaria italiana.
Ritiene opportuno evidenziare, in particolare, come la condizione di cui al numero 1) della proposta di parere chieda al Governo di rafforzare ulteriormente il sistema di prevenzione delle frodi nel settore del credito al consumo, in particolare verificando l'opportunità di prevedere che, successivamente alla stipulazione di un contratto di credito al consumo, l'intermediario creditizio che stipula il contratto abbia l'obbligo di comunicare al consumatore in forma scritta, presso l'indirizzo risultante dai registri anagrafici, entro un termine breve, l'avvenuta stipula del contratto, al fine di precostituire un ulteriore meccanismo che consenta al singolo consumatore di riscontrare eventuali fenomeni di furto d'identità a suo danno.
L'osservazione di cui alla lettera a) della proposta invita invece il Governo a valutare se le definizioni recate dal comma 1 del nuovo articolo 30-bis del decreto legislativo n. 141 del 2010, introdotto dall'articolo 1 dello schema di decreto legislativo, il quale identifica le fattispecie di furto di identità attraverso un elenco chiuso, esauriscano il novero degli illeciti

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ipotizzabili in materia, verificando, in particolare, se la definizione di impersonificazione parziale, contenuta nella lettera b) del comma comprenda tutti i casi nei quali si può verificare tale fattispecie.
Ritiene meritevole di specifica menzione anche l'osservazione contenuta nella lettera t), con la quale si chiede al Governo di valutare l'opportunità di evitare sovrapposizioni di strutture e di competenze, eventualmente dettando a tal fine disposizioni di coordinamento, tra il sistema di prevenzione dei furti d'identità previsto dallo schema di decreto legislativo ed il sistema di prevenzione sul piano amministrativo delle frodi sulle carte di pagamento istituito dalla legge n. 166 del 2005 presso il Ministero dell'economia e delle finanze, nel cui ambito è istituito un archivio informatizzato di cui è titolare l'Ufficio centrale antifrode dei mezzi di pagamento (UCAMP), operante presso il MEF.
Sottolinea, altresì, come l'osservazione di cui alla lettera u) si faccia carico di un'esigenza che ha ispirato la presentazione di un atto d'indirizzo, a prima firma del deputato Fluvi, recentemente approvato dalla Commissione. Più specificamente, l'osservazione invita il Governo a valutare l'opportunità di chiarire, cogliendo l'occasione fornita dallo schema di decreto legislativo, ovvero con un intervento legislativo da realizzare mediante un successivo decreto legislativo correttivo del decreto legislativo n. 141 del 2010, che la disposizione di cui all'articolo 40-bis del TUB, inserita dal medesimo decreto legislativo n. 141, riguardante la cancellazione automatica delle ipoteche a seguito dell'estinzione dei mutui, ha lo stesso ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della disciplina prevista in materia dall'articolo 13, commi da 8-sexies a 8-undecies, del decreto-legge n. 7 del 2007.
Segnala, infine, di non avere ritenuto di accogliere nella proposta di parere l'osservazione, formulata dalla Commissione Bilancio, con la quale si segnalava l'opportunità, al fine di rafforzare e rendere più efficace l'azione del gruppo di lavoro in materia di prevenzione delle frodi previsto dal nuovo articolo 30-ter, comma 9, del decreto legislativo n. 141 del 2010, di prevedere la partecipazione al predetto gruppo, in veste di osservatori permanenti, dei rappresentanti delle associazioni di categoria dei soggetti aderenti e degli operatori commerciali.

Alberto FLUVI (PD) chiede di rinviare l'espressione del parere alla giornata di domani, al fine di consentire una più compiuta valutazione dell'articolata proposta di parere formulata dal relatore.

Gianfranco CONTE, presidente, accedendo alla richiesta avanzata dal deputato Fluvi, e nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già prevista per la giornata di domani, nel corso della quale si procederà alla votazione della proposta di parere.

La seduta termina alle 13.55.