CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 28 ottobre 2010
389.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Giovedì 28 ottobre 2010. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI, indi del vicepresidente Giuseppe Francesco Maria MARINELLO, indi del vicepresidente Roberto OCCHIUTO. - Interviene il Vice Ministro dell'economia e delle finanze Giuseppe Vegas.

La seduta comincia alle 9.30.

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2011).
C. 3778 Governo.

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2011 e per il triennio 2011-2013.
C. 3779 Governo.

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame congiunto dei provvedimenti, rinviato, da ultimo, nella seduta del 26 ottobre 2010.

Amedeo CICCANTI (UdC) osserva preliminarmente come la manovra di finanza pubblica per il triennio 2011-2013 sia stata realizzata con il decreto-legge n. 78 del 2010 ed abbia trovato un sostanziale recepimento nei disegni di legge di stabilità e di bilancio all'esame del Parlamento. In proposito, rileva che il relatore per il disegno di legge di stabilità ha espresso apprezzamento per la circostanza che tale provvedimento si pone in linea con gli obiettivi indicati dalla Decisione di finanza pubblica, che, tuttavia, a suo avviso, si caratterizza per una stima estremamente ottimistica dell'andamento dell'economia italiana. Ritiene, peraltro, che il raggiungimento di tali risultati siano estremamente difficile, in quanto la ripresa dell'economia rilevata nei mesi di giugno e di luglio non ha trovato conferma nei mesi successivi, anche a causa delle scelte del Governo, che non ha adottato misure strutturali di contenimento della spesa e

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non ha previsto adeguati interventi di sostegno al reddito, con particolare riferimento alla fasce più deboli della popolazione. Ritiene, inoltre, che la manovra realizzata con il decreto-legge n. 78 del 2010 determini un drastico ridimensionamento delle risorse finanziarie delle autonomie territoriali, con effetti estremamente negativi per l'intero sistema economico, derivanti dalla riduzione dei servizi offerti alla popolazione e dal sostanziale blocco degli investimenti a livello locale. In via generale, giudica quindi iniqua la manovra realizzata dal decreto legge n. 78, osservando che circa il 60 per cento dei 15 milioni di euro derivanti dalle riduzioni di spesa è attribuibile al taglio dei trasferimenti agli enti territoriali e che, a livello centrale, i maggiori risparmi derivano da riduzioni lineari delle dotazioni di bilancio e dal contenimento della spesa per il pubblico impiego, mentre un modesto contributo è offerto dalla riduzione dei costi della politica. Rileva, infatti, che il Governo e la maggioranza hanno inteso, infatti, mantenere immutata l'impostazione iniziale della manovra, che era stata elaborata senza alcun coinvolgimento delle regioni e degli enti locali, producendo quindi effetti depressivi in ragione della contrazione dei consumi interni derivante dalla riduzione delle spese di carattere sociale. Osserva, inoltre, che la riduzione dei trasferimenti alle regioni, interessando specialmente i settori dei servizi sociali e dei trasporti, rischia di rappresentare un doppio taglio delle risorse disponibili per gli enti locali, che già soffrono di un analoga riduzione dei trasferimenti. Allo stesso modo, rileva che anche il taglio lineare delle dotazioni di bilancio dei singoli ministeri si traduce in ulteriore taglio delle risorse disponibili per gli enti locali, in quanto, si riverbera su poste di bilancio destinate a tali enti. Sotto un profilo politico, osserva come l'intera impostazione del decreto-legge n. 78 del 2010 sembra muoversi in controtendenza rispetto alla decisione di realizzare un assetto istituzionale di tipo federale e testimonia un'interpretazione del federalismo fiscale alla stregua di uno strumento di riduzione della spese nella disponibilità del Governo centrale. Sul punto, ricorda le forti critiche espresse dall'ANCI con riferimento ai commi da 25 a 32 dell'articolo 14 del decreto legge n. 78 del 2010, evidenziando come l'associazione dei comuni italiani avesse proposto lo stralcio di tali disposizioni, che si pongono in contrasto con il disegno di legge governativo relativo alla cosiddetta Carta delle autonomie approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati. Rileva, quindi, che, sulla base di quanto indicato nella relazione tecnica allegata al disegno di legge, le disposizioni del disegno di legge di stabilità non dovrebbero incidere su fabbisogno e sul disavanzo, in quanto i relativi effetti sono già considerati nel quadro economico e finanziario delineato nella Decisione di finanza pubblica, mentre modificano in senso peggiorativo il valore complessivo del saldo netto da finanziare. In proposito, nel rilevare che la rimodulazione degli stanziamenti destinati al Fondo per le aree sottoutilizzate prevista dalla Tabella E, comporta un peggioramento del saldo netto da finanziare, osserva che in passato ogni variazione del saldo netto ha sempre determinato effetti anche sul fabbisogno e sull'indebitamento e chiede, pertanto, al rappresentante del Governo di fornire indicazioni al riguardo. Ritiene, inoltre, opportuno un approfondimento sulla portata delle disposizioni dei commi 5 e 6 dell'articolo 1, che consentono alle Regioni di sostituire le riduzioni dei trasferimenti riferiti al trasporto pubblico locale e all'edilizia sanitaria, con una riduzione di pari importo della quota destinata alla programmazione regionale del Fondo per le aree sottoutilizzate, come risultante anche dalla rimodulazione prevista dalla Tabella E. A tale riguardo, osserva che i commi 5 e 6 dell'articolo 1 determinano in sostanza un taglio ex post delle risorse aggiuntive attribuite dalla Tabella E, che, quindi, concorreranno a compensare i tagli operati dal decreto-legge n. 78 del 2010. Da ultimo, rileva come, confermando quanto già indicato nella Decisione di finanza pubblica, la legge di stabilità non preveda la presentazione di alcun

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disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, tradendo sostanzialmente lo spirito della riforma della nuova legge di contabilità. Per quanto riguarda poi il disegno di legge di bilancio, ritiene importante formulare alcune considerazioni sulle riduzioni di spesa di missioni e programmi che giudica particolarmente rilevanti. In primo luogo, osserva che nell'ambito del programma relativo alla Presidenza del Consiglio dei ministri si operano quattro significative riduzioni di spesa. In primo luogo segnala che sono oggetto di riduzione gli stanziamenti relativi al Servizio civile nazionale, che si riducono di 57 milioni rispetto al dato assestato relativo all'esercizio 2010. In proposito, osserva che lo stanziamento di poco meno di 113 milioni di euro per l'anno 2011 pone a rischi la funzionalità dell'intero sistema, nel quale oltre 40 mila giovani operano svolgendo attività di sostegno ai grandi invalidi, di concorso alla tutela dell'ambiente e di prevenzione delle devianze giovanili e sociali. Ritiene, inoltre, grave la riduzione degli stanziamenti destinati alla Protezione civile, pari a circa il 10 per cento degli stanziamenti previsti per l'anno 2010, nonostante la grave situazione del nostro Paese che in molte delle sue aree è caratterizzato da un elevato rischio idrogeologico. Analogamente ritiene criticabile la riduzione dei contributi all'editoria, pari a 148 milioni di euro su un totale di 374 milioni, osservando come tale taglio rappresenti una sostanziale limitazione dei diritto riconosciuti dall'articolo 21 della Costituzione. Da ultimo, segnala la forte riduzione delle risorse destinate al sostegno alla gioventù, che passano da 94 milioni a 33 milioni di euro, chiedendosi se, a questo punto, non sia opportuno anche sopprimere il Ministero della gioventù. Per quanto riguarda, poi, lo stato di previsione del Ministero dell'interno, rileva preliminarmente che esso subisce una riduzione complessiva di circa 3,35 miliardi di euro, in quanto le spese totali passano da circa 28, 67 miliardi di euro a 25,32 miliardi di euro. In particolare, valuta criticamente la riduzione delle risorse destinate alla missione «Ordine pubblico e sicurezza», che passano da 7,5 miliardi di euro a 7,37 miliardi di euro, con una perdita netta di circa 147 milioni di euro, osservando come le risorse destinate a tale missione avrebbero dovuto invece essere aumentate, in linea con gli impegni assunti dall'attuale maggioranza nel corso della campagna elettorale del 2008. Osserva, altresì, che anche le risorse destinate ad interventi per lo sviluppo della coesione sociale si contraggono sensibilmente, in quanto subiscono un taglio di quasi 200 milioni di euro, che rappresentano circa il 40 per cento delle risorse previste dai dati assestati relativi all'esercizio 2010. Anche in questo caso, ritieni che si tratti di una riduzione di risorse poco lungimirante in quanto, anche al fine di garantire una maggiore sicurezza, è assolutamente necessario stanziare risorse adeguate a garantire l'integrazione degli stranieri in un paese che ormai conta circa 5 milioni di cittadini immigrati. Ritiene, inoltre, ingiustificate le riduzioni lineari che hanno colpito le dotazioni finanziarie del Ministero della giustizia, che l'UdC aveva proposto di escludere, insieme al Ministero dell'interno dai tagli disposti dall'articolo 2 del decreto-legge n. 78 del 2010, che rischiano di creare seri problemi di funzionamento al sistema carcerario, nonché alla giustizia civile, penale e minorile. A questo proposito ricorda che i tagli operati dal decreto legge n. 78 si sommano a quelli già disposti a suo tempo dal decreto-legge n. 112 del 2008, osservando che l'effetto congiunto dei due provvedimenti determina nel complesso una riduzione degli stanziamenti del 22,7 per cento nel 2009 del 24 per cento nel 2010, e del 41,6 per cento nel 2011. Rileva, tuttavia, che si tratta di tagli difficilmente sostenibili, in quanto circa il 97 per cento delle spese del Ministero della giustizia sono spese correnti, e, quindi difficilmente comprimibili. In particolare, osserva come il programma «Amministrazione penitenziaria» registra una riduzione di 75,4 milioni di euro, che, comunque, rappresentano una cifra considerevole se si tiene conto che circa l'81 per cento delle spese di tale programma sono riferibili al personale

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e, quindi, non possono essere ridotte. In ogni caso, osserva come gli stanziamenti previsti per il potenziamento del sistema carcerario sono stanzialmente riconducibili ai 500 milioni di euro previsti nell'ambito del Fondo infrastrutture e agli ulteriori 100 milioni di euro che dovrebbero arrivare dalla Cassa delle ammende, rilevando tuttavia come il piano carceri approvato dal Governo il 29 giugno scorso sia ancora in una fase iniziale. In sostanza, rileva come per la manutenzione delle carceri esistenti siano allo stato disponibili solo 61 milioni di euro, due terzi dei quali sono già destinati alla realizzazione di programmi straordinari. Per quanto riguarda, poi, la giustizia civile e penale, a suo avviso, il quadro finanziario è ancora peggiore, né è possibile ipotizzare un miglioramento nel futuro. Rileva, infatti, che nei fondi speciali contenuti nelle Tabelle A e B allegate al disegno di legge di stabilità non sono previsti accantonamenti destinati all'annunciata riforma del processo civile, che, quindi, appare di difficile realizzazione. Osserva inoltre che rispetto alle previsioni assestare per l'esercizio 2010, il programma «Giustizia civile e penale» registra una contrazione di 136 milioni di euro, che appare riferibile per circa 119 milioni di euro alla riduzione dei fondi destinati alle prestazioni lavorative straordinarie. Segnala altresì che un altro settore pesantemente inciso dalle riduzioni delle dotazioni di bilancio è quello delle politiche sociali. In proposito, richiamando una tabella pubblicata dal giornale Avvenire, rileva che sono integralmente venute meno le risorse destinate alle non autosufficienze e alle politiche sociali per le regioni, che nello scorso anno ammontavano rispettivamente a 400 e 187 milioni di euro, mentre sono state drasticamente ridimensionate le risorse destinate al Fondo per le politiche sociali, alle politiche familiari e ai programmi di prevenzione e comunicazione sanitaria. A questo proposito, sottolinea come le riduzioni di spesa a livello centrale si sommano al taglio dei trasferimenti agli enti territoriali più volte richiamato, che determinerà l'inevitabile ridimensionamento del livello di servizi offerti a livello locale. Si tratta, a suo avviso, di un quadro disastroso che smentisce le affermazioni del Governo, che più volte ha sottolineato la volontà di preservare l'equilibrio dei conti pubblici senza realizzare operazioni di macelleria sociale. In questo conteso segnala altresì il mancato stanziamento di risorse da destinare al Fondo per le esigenze energetiche e alimentari dei cittadini meno abbienti, che aveva uno stanziamento di 268 milioni di euro. Si tratta, a suo avviso, di un mancato finanziamento che porrà in grave difficoltà molti cittadini, che dovranno affrontare l'incremento registrato dalle tariffe, che nel settore dell'energia è stato pari al 12 per cento, anche in ragione della scarsa concorrenzialità dei mercati, ancora dominati da società partecipate dagli enti territoriali. Analogamente, ritiene grave la riduzione delle risorse destinate alle politiche di sostegno alla famiglia realizzate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, ricordando come il Fondo per le politiche della famiglia si sia ridotto progressivamente nel tempo passando da 276,4 milioni di euro nel 2008, a 186,5 milioni di euro nel 2009, a 185,2 milioni di euro nel 2010 e a soli 52 milioni di euro nel 2011. Nel richiamare gli ulteriori tagli operati con riferimento agli altri stati di previsione, ritiene opportuno segnalare la riduzione delle risorse destinate alla scuola paritaria, che nel 2011 si riducono di 258 milioni di euro rispetto ai 531 milioni di euro previsti in precedenza. In proposito, rileva come tale riduzione delle risorse disattenda sostanzialmente quanto disposto dall'articolo 33 della Costituzione e dalla legge n. 62 del 2000, evidenziando che le scuole paritarie rappresentano il 21,7 per cento del totale delle scuole e assicurano l'istruzione di circa il 10,3 per cento degli studenti, in particolare nel settore delle scuole dell'infanzia, nel quale le scuole paritarie rappresentano circa il 44,65 per cento dell'offerta scolastica. In particolare, osserva che, contrariamente a quanto potrebbe ritenersi, le scuole paritarie rappresentano un risparmio per la finanza pubblica, poiché il costo per ciascun alunno è pari ad oltre 5 mila euro in

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una scuola dell'infanzia statale e a 500 euro in una scuola dell'infanzia paritaria. Ritiene, quindi, indispensabile ripristinare lo stanziamento a suo tempo previsto, anche al fine di evitare ulteriori aggravi per le famiglie, che già affrontano una situazione economica particolarmente complessa. Quanto al reperimento delle risorse, fa presente che il proprio gruppo intende individuare maggiori entrate con un innalzamento dal 12,5 al 20 per cento della tassazione delle rendite finanziarie, ad esclusione di quella applicata ai titoli di Stato.

Giuseppe Francesco Maria MARINELLO, relatore, sospende brevemente la seduta, al fine di esaminare lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di fabbisogni standard.

La seduta, sospesa alle 10.05, riprende alle 10.20.

Roberto SIMONETTI (LNP) riferendosi alla riduzione del Fondo ordinario per il funzionamento degli enti locali di cui al programma n. 2.3 del Ministero dell'Interno, capitolo 1316, ricorda che, in applicazione del decreto-legge n. 78 del 2010, sarà disposta una riduzione di 300 milioni di euro dei trasferimenti spettanti alle province. Rileva che, trattandosi di una riduzione dei trasferimenti, essa colpisce in particolar modo le province più piccole, maggiormente dipendenti dai trasferimenti statali medesimi. Fa presente che province molto popolose, dotate quindi di un'ampia base imponibile, subiranno, in applicazione di tale riduzione, un taglio irrisorio. A tal proposito, richiama a titolo di esempio la provincia di Roma che, secondo le stime effettuate, subirà una riduzione di circa 200 mila euro, mentre province come quella di Biella subiranno una riduzione di oltre 2 milioni di euro. Osserva come si sia di fronte ad una disparità irragionevole con degli effetti paradossali e, pur non sindacando le entità delle riduzioni disposte, rileva l'esigenza di rivedere le modalità del taglio, usando eventualmente una strada simile a quella utilizzata per le regioni ai sensi del comma 5 dell'articolo 1 del disegno di legge di stabilità per il 2011, attraverso quindi una riduzione delle risorse spettanti a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate. Sottolinea, in conclusione, la necessità di dare una risposta alle esigenze vitali delle province minori.

Renato CAMBURSANO (IdV), nel richiamare il suo intervento del 26 ottobre, nel quale citava lo spirito di condivisione espressamente invocato nella relazione dell'onorevole Milanese, sottolinea che la scarsa partecipazione al presente dibattito deriva dalla consapevolezza della poca utilità del lavoro che si sta compiendo se, come annunciato dal Ministro Tremonti, il Governo ha già deciso di ricorrere alla questione di fiducia. Riferendosi alla notizia data dallo stesso Ministro Tremonti che il Consiglio dei Ministri avrebbe approvato in pochissimo tempo e all'unanimità il disegno di legge di stabilità, rileva che, alla luce delle reazioni dei Ministri successive all'adozione del medesimo, sembra difficile credere a tali affermazioni. Ricorda, altresì, che il Ministro Tremonti ha sostenuto come l'approvazione del disegno di legge di stabilità sia diventato un passaggio eminentemente tecnico, evidenziando che in tal caso sarebbe più coerente lasciarlo alle strutture tecniche, poiché il Parlamento deve occuparsi di scelte politiche. Osserva che la legge di stabilità si presenta quest'anno in formato particolarmente ridotto, in quanto la manovra economica è stata anticipata all'estate con il decreto-legge n. 78 del 2010, sottolineando in particolare come non cambino gli indicatori macroeconomici già fissati. Ritiene poco credibile l'affermazione secondo la quale con il presente disegno di legge di stabilità non verrebbero operati nuovi tagli. Concorda invece con le affermazioni del collega Ciccanti che ha richiamato la forte contrazione degli stanziamenti per le politiche di welfare. Richiamando il quotidiano Avvenire, ricorda in particolare l'azzeramento del Fondo per le persone non autosufficienti e degli stanziamenti per la social card, le forti riduzioni

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del Fondo per le politiche sociali e di quello per la famiglia. Esprime preoccupazione per il progressivo aumento dell'accattonaggio, rilevando come sia difficile rendersi conto di tale fenomeno dalle auto blu, mentre esso è evidente per chi è in costante contatto con i cittadini. Richiama in proposito le analisi di istituti, come la Banca d'Italia, al di sopra delle parti che indicano chiaramente l'aumento di tali situazioni di disagio. In particolare, ricorda come nell'ultimo bollettino della Banca d'Italia sia stato evidenziati la diminuzione del risparmio privato, la flessione delle esportazioni, il peggioramento del deficit corrente, l'aumento della disoccupazione, fino al preoccupante tasso dell'11 per cento. Malgrado le reazioni a tali dati dei Ministri Tremonti e Sacconi che li hanno qualificati come ansiogeni o esoterici, rileva che non si può negare il peggioramento della situazione economica e sociale del Paese e che, malgrado ciò, due leggi importanti come la legge di stabilità e quella di bilancio siano state sostanzialmente svuotate di contenuto. Richiama, quindi, titoli di diverse testate giornalistiche secondo le quali, negli anni in cui ha governato Silvio Berlusconi, il debito pubblico è cresciuto di oltre 500 miliardi, la spesa pubblica e la pressione fiscale sono aumentate ed il Paese è risultato sostanzialmente in declino. Osserva, quindi, come, di fronte a tali risultati, il Governo abbia ritenuto di presentare una legge di stabilità esclusivamente tabellare, affermando che il decreto-legge n. 78 del 2010 avrebbe già consentito di mettere in sicurezza i conti, mentre si assiste ad un aumento del debito pubblico, che ha raggiunto il 120 per cento del PIL, ad un incremento del deficit oltre il 6 per cento e ad un avanzo primario vicino allo zero. Rileva come, in tale situazione, il Governo abbia individuato quattro priorità per il rilancio e stia pensando ad un decreto-legge col quale verranno spesi oltre 7 miliardi di euro. Osserva che, per reperire tali risorse, si potrà procedere alla cessione di determinati beni come le frequenze televisive oppure si dovranno mettere le mani nella tasche dei cittadini. Ritiene che, se sono vere tali previsioni, un futuro provvedimento potrebbe diventare la vera finanziaria, assumendo per altro una connotazione elettorale. Osserva come sarebbe contraddittorio se il Ministro Tremonti venisse in Aula, entro il 12 novembre, ad annunciare da un lato una spesa di 7 miliardi di euro e, dall'altro, a presentare la riforma del «semestre europeo» ed il relativo Piano nazionale di riforma, chiedendosi come sia possibile conciliare le due cose. Ricorda che la manovra estiva di cui al decreto-legge n. 78 del 2010 ha disposto un contenimento della spesa da attuarsi in particolare a carico delle amministrazioni regionali e attraverso pesanti interventi sul pubblico impiego, dal blocco della contrattazione per 3 anni, alla riduzione degli stipendi più elevati, a misure penalizzanti nei confronti di magistrati e dirigenti. Ricorda che la stessa manovra conteneva anche tagli alla previdenza, alcuni condivisibili, come la lotta ai falsi invalidi e altri non condivisibili, come il blocco dei pensionamenti dei soggetti che hanno maturato il relativo diritto. Osserva, inoltre, come manchino politiche serie per la ricerca e l'innovazione e come non sia previsto alcun intervento per le liberalizzazioni o di stimolo all'economia attraverso la concessione di incentivi. In proposito ricorda come siano stato ridotti gli stanziamenti relativi allo stato di previsione relativo al Ministero dello Sviluppo economico e come sia stato dimezzato lo stanziamento per la ricerca di base nello stato di previsione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Osserva, quindi, come analoghi e pesanti tagli riguardino il settore della sicurezza, della giustizia, dell'agricoltura e lo stesso Ministero del lavoro, con una riduzione degli stanziamenti pari a circa 559 milioni di euro. Annuncia che il suo gruppo si concentrerà su poche e significative proposte emendative che riguarderanno in particolare la ricerca e l'Università, l'incremento del Fondo per la scuola, finanziamenti per Confidi in sostegno alle piccole e medie imprese, la detassazione degli utili non investiti, l'incremento delle detrazioni per i redditi da lavoro dipendente, la previsione

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di un bonus per le famiglie, gli incentivi del 55 per cento per il risparmio energetico, la banda larga, il sostegno delle imprese giovanili, il Mezzogiorno nonché il Patto di stabilità. In proposito, fa presente che le risorse (per finanziare i richiamati interventi) di cui si proporrà il reperimento nelle richiamate proposte emendative, deriveranno dalla vendita delle frequenze del digitale terrestre, delle imposte sulla pubblicità televisiva, dalla soppressione dei finanziamenti per il Ponte sullo Stretto di Messina, dall'aumento del canone televisivo, dalla modifica delle tasse sulle aziende petrolifere, dal nuovo avvio delle privatizzazioni.

Massimo VANNUCCI (PD), nel dichiarare la propria contrarietà sulla portata dei documenti di bilancio in esame, sottolinea che tali provvedimenti confermano la linea di politica economica tracciata dal Governo con precedenti atti normativi, linea che ritiene pericolosa e del tutto inadeguata rispetto alle necessità del difficile momento di crisi. Ritiene che il Ministro dell'economia e delle finanze abbia imposto al Governo una strategia d'azione attendista, improntata alla più assoluta inerzia politica, pretestuosamente motivata dagli imprevedibili rischi connessi alla crisi finanziaria che incombe da tempo sull'economia interna ed internazionale. Valuta negativamente il contenuto di una legge di stabilità meramente tabellare, che non affronta in alcun modo i nodi cruciali e le problematiche contingenti dell'attuale fase di emergenza in campo economico e sociale. Afferma che i preannunciati interventi correttivi ed integrativi della manovra, meri provvedimenti-tampone, non saranno certamente idonei ad introdurre quella opportuna inversione di rotta rispetto all'evidente carenza, da parte del Governo, di iniziative di più ampio respiro. Rileva che la legge di riforma della contabilità consentirebbe di adottare una serie di utili misure, anche attraverso i documenti di bilancio in esame, in materia fiscale, mediante eventuali variazioni di aliquote e scaglioni, ovvero in ordine alla disciplina del Patto di stabilità interno, osservando come, anche in tali versanti, l'inerzia del Governo sia evidente ed ingiustificata. Rileva, quindi, che il più grave limite che frena e comprime il paese è la mancanza di crescita economica. Anche se i temi della stabilità dei conti pubblici e del debito assumono un particolare rilievo, reputa un grave errore ed una scelta miope da parte del Governo voler impostare una politica economica tesa ad incidere esclusivamente su tali fronti, in quanto l'attuale crisi non può essere certamente superata in mancanza di specifiche misure volte ad accrescere il prodotto interno lordo e tese a favorire la crescita dell'economia. Segnala che l'attuale deficit si attesta su circa 80 miliardi annui, mentre il Governo in carica nella precedente legislatura aveva registrato un deficit di circa 40 miliardi all'anno, rilevando come il confronto tra tali valori evidenzi chiaramente, come l'attuale Governo abbia operato surrettiziamente politiche in deficit, pur disconoscendone apertamente la validità. Stigmatizza pertanto l'operato del Ministro dell'economia, che ha perso l'occasione di intervenire in questa fase sul fisco e sul patto di stabilità interno. Reputa, inoltre, non opportuno l'orientamento del Governo che intende chiedere una delega per la riforma fiscale, preannunciando in tal senso misure di semplificazione e razionalizzazione dell'attuale sistema. Ritiene, infatti, che si renda necessaria una complessiva riforma in materia, soprattutto in relazione al profilo della distribuzione del prelievo fiscale, a favore dei redditi bassi e con l'intento di attivare un maggiore equilibrio tra i redditi, le rendite ed il patrimonio. Ravvisa pertanto l'esigenza che siano adottate misure idonee a contemperare il rigore e la crescita, osservando come le politiche economiche del Governo risultino invece improntate, ad un falso rigore e ad una assoluta inerzia in ordine alla crescita economica. Deplora quindi l'orientamento che emerge dai documenti di bilancio, teso ad effettuare esclusivamente tagli di spesa lineari che causano inevitabilmente un aumento di spesa corrente ed un'inopinata riduzione delle spese in conto capitale.

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Ritiene rappresentanti un'altra occasione persa la mancata modifica della disciplina del Patto di stabilità interno che attualmente pregiudica la possibilità per gli enti locali di effettuare investimenti e di erogare i pagamenti alle imprese creditrici. Preannuncia, al riguardo, apposite proposte emendative che consentano ai comuni ed alle province di effettuare taluni investimenti con proprie disponibilità finanziarie, eventualmente dietro apposita autorizzazione e con specifici limiti, nonché emendamenti tesi ad istituire appositi fondi attraverso cui sia possibile per gli enti locali saldare i crediti vantati dalle imprese. Per quanto riguarda taluni punti specifici del disegno di legge di stabilità, valuta negativamente la previsione di cui al comma 6 dell'articolo 1 in relazione alla possibilità che le regioni rinuncino alla propria quota dei FAS, facendo notare che tale misura comporta uno spostamento di risorse di fatto inutile, il cui unico effetto sarà la compressione della quota delle spese in conto capitale. Osserva che tale meccanismo produce peraltro un'indebita sperequazione tra le regioni del nord e quelle del centro-sud. Ritiene, inoltre, che la spesa per interessi sia stata sovrastimata.
La terza questione che intende evidenziare riguarda i fondi. Ricorda che nella seduta di ieri della Commissione bilancio, il rappresentante del Governo ha utilizzato integralmente il fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, osservando come 4 dei 9 miliardi disponibili siano stati destinati all'Abruzzo, mentre una quota significativa della dotazione del fondo è stata utilizzata per finalità non riconducibili al sostegno dell'economia reale. Sottolinea, altresì, che con il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, è stato istituito un fondo di un miliardo e 748 milioni che può essere utilizzato per interventi strutturali di politica economica. Auspica, pertanto, che sulle tre questioni da lui sollevate, FAS, spesa per interessi e utilizzo dei fondi) il Governo possa procedere in maniera più coerente e più trasparente.

Antonio BORGHESI (IdV) sottolinea che la legge di stabilità reca interventi per il prossimo anno e che, immediatamente dopo la sua approvazione, il Parlamento si troverà ad esaminare una manovra economica che inciderà sui conti del prossimo anno. Trattandosi di una manovra da 7 miliardi di euro, vi è il problema di reperire le risorse. A questo fine, il Governo ha recentemente avanzato la proposta, già effettuata dal gruppo dell'Italia dei Valori nello scorso mese di giugno, di ricorrere ad un'asta sulle frequenze digitali. Ritiene che, oltre alla necessità di reperire le risorse necessarie alla manovra, si debbano individuare i fini per cui verranno utilizzati i 7 miliardi previsti e, in particolare, occorrerà stabilire il perseguire obiettivi di sviluppo. Rileva che, per il proprio gruppo, sviluppo equivale a tagliare le tasse alle famiglie del certo medio, al fine di incentivare i consumi interni, e alle imprese allo scopo di creare occupazione. Lamenta che la politica finora perseguita dal Governo in materia di incentivazione si è dimostrata del tutto inadeguata al rilancio del sistema economico, osservando come le cifre dimostrino che vi è stata una diminuzione drastica dei fondi per le politiche sociali e, in particolare, per la famiglia, per i giovani, per il sistema di istruzione, nonché di quelli destinati ad un settore strategico dell'economia italiana quale il turismo. Si prefigura, altresì, un aumento di 10 miliardi degli interessi passivi che, probabilmente, saranno utilizzati per la copertura di nuovi interventi legislativi.

Il Vice Ministro Giuseppe VEGAS, come già precedentemente annunciato, si riserva di fornire dati precisi. Assicura tuttavia che gli interessi passivi non sono in alcun modo utilizzabili per coperture finanziarie.

Antonio BORGHESI (IdV) sottolinea come la legge di stabilità in esame appaia del tutto inadeguata alle necessità del Paese. Preannuncia, quindi, la presentazione di proposte emendative volte a trasformare la legge di stabilità in legge di

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sviluppo. Esprime infine un giudizio nettamente contrario sui provvedimenti in esame.

Maino MARCHI sottolinea che la legge di stabilità deriva da un quadro definito nella Decisione di finanza pubblica. Ricorda che, al momento dell'esame della Decisione, è stato più volte sottolineato che la relativa impostazione era da ritenersi superata alla luce dell'imminente introduzione del «semestre europeo» volto a realizzare una maggiore integrazione delle politiche economiche degli Stati membri. Ciò ha portato a rinviare scelte importanti e impegnative alla legge di stabilità. Sottolinea, quindi come, in via sperimentale, l'invio delle proposte in sede europea debba avvenire entro il prossimo 12 novembre. Nel ricordare che la sede in cui presentare i nuovi indirizzi avrebbe dovuto essere quella dell'esame della Decisione di finanza pubblica, sottolinea come nella legge di stabilità non vi sia alcun riferimento alla questione. La decisione di finanza pubblica non ha previsto disegni di legge collegati e la stessa legge di stabilità, nelle tabelle A e B, che recano gli stanziamenti relativi alle future leggi di spesa, non accenna a riforme di sistema. Chiede, pertanto, quali proposte potrà avanzare l'Italia in sede europea e auspica che almeno nella Commissione bilancio questo aspetto possa essere affrontato, rilevando come, altrimenti, ci si troverebbe in una condizione per cui, mentre la Camera approva la legge di stabilità, in sede europea sono assunti orientamenti di politica economica senza che il nostro Paese abbia in alcun modo contribuito alla loro definizione.
Evidenzia che la questione del rientro del debito pubblico è molto più stringente rispetto al passato. Nella decisione di finanza pubblica si prevede un miglioramento a partire dal 2012, ma non si delineano politiche di crescita, in mancanza delle quali il rapporto debito/PIL continuerà ed aumentare, come del resto avvenuto negli ultimi nove anni. Si prevedono inoltre livelli di crescita troppo lenti per recuperare competitività. Al riguardo, ritiene del tutto confutabili le osservazioni del relatore Milanese che, nel suo intervento sulla legge di stabilità, ha sostenuto che gli effetti della crisi in Italia sono stati più contenuti rispetto a quanto avvenuto in altri Paesi europei.
Ritiene quindi criticabile l'utilizzo delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate per una pluralità di spese, al di fuori di una reale programmazione dell'intervento pubblico nel Mezzogiorno. Osserva, inoltre, che la riorganizzazione del sistema sanitario richiederebbe adeguati investimenti, come dimostra l'esperienza degli ultimi anni, che attesta come i risultati migliori siano stata raggiunti dalle regioni che hanno provveduto ad una ridefinizione della rete ospedaliera realizzando investimenti iniziali anche significativi. Più in generale, rileva come la manovra realizzata dal decreto-legge n. 78 del 2010, sommandosi a quella già contenuta nel decreto-legge n. 112 del 2008, rischi di dimostrarsi insostenibile per gli enti territoriali. Segnala, infatti, che gli enti locali più virtuosi sono stati costretti in questi anni ad incrementare le tariffe e a ricorrere in modo significativo alla leva tributaria al fine di mantenere una situazione di avanzo di amministrazione, non potendo, ad esempio, sostenere adeguatamente gli investimenti pubblici. In ogni caso, rileva come l'applicazione del Patto di stabilità interno stia determinando rilevanti problemi sia di carattere puntuale, come quelli denunciati nell'interrogazione 5-03638, svolta nella seduta di ieri della Commissione bilancio, sia di carattere più generale. Osserva, al riguardo, che le problematiche attinenti all'applicazione del Patto di stabilità interno non sono percepite dalla sola opposizione, in quanto gli stessi componenti della maggioranza hanno avuto modo di segnalare come le riduzioni ai trasferimenti operate dal decreto-legge n. 78 del 2010 rischino di porre seri problemi di funzionalità per gli enti locali. Per quanto riguarda, poi, la materia fiscale, osserva che la disciplina dell'imposizione a livello statale e territoriale dovrebbe essere rideterminata, nell'intenzione del Governo, dall'attuazione

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del federalismo fiscale e dalla realizzazione di una più ampia riforma fiscale, di recente annunciata dal ministro dell'economia e delle finanze. Quanto al primo profilo, osserva che la Decisione di finanza pubblica di recente esaminata dal Parlamento non formula alcuna valutazione degli effetti del federalismo fiscale, che invece appare suscettibile di rideterminare in modo significativo la ripartizione delle entrate a livello territoriale. Sempre con riferimento all'attuazione della legge n. 42 del 2009, fa presente che gli schemi di decreto legislativo elaborati dal Governo non sembrano tenere conto dell'indicazione prevista nell'articolo 14, del decreto-legge n. 78 del 2010, ai sensi della quale, ai fini dell'attuazione del federalismo fiscale, non si tiene conto delle riduzioni dei trasferimenti operate dal medesimo decreto. Si tratta, a suo avviso, di una situazione estremamente grave, che ha determinato un sostanziale blocco del procedimento attuativo della legge n. 42, in quanto gli enti territoriali non stanno esprimendo l'intesa richiesta sugli schemi di decreto legislativo elaborati dal Governo. Per quanto riguarda, invece, la delega amministrativa in materia fiscale, osserva che essa è stata prospettata solo dal ministro dell'economia e delle finanze, in quanto la decisione di finanza pubblica non fornisce alcuna indicazione al riguardo, né indica eventuali disegni di legge collegati in materia fiscale. Richiama, invece, le proposte del Partito democratico relative alla redistribuzione del carico fiscale attraverso l'incremento della tassazione sulle rendite finanziarie, con l'esclusione dei BOT, e la riduzione dell'imposizione sul lavoro, imprese e famiglie, che consentirebbe un rilancio dell'economia dovuto alla ripresa della domanda interna. Giudica in proposito sorprendenti le dichiarazioni del ministro dell'economia e delle finanze in ordine all'inopportunità di utilizzare con finalità di copertura eventuali risorse derivanti dalla lotta all'evasione fiscale, rilevando come un terzo della manovra finanziaria di luglio abbia trovato copertura in misure di analogo tenore, poi integralmente scontate nei saldi di finanza pubblica indicati dalla DFP. Quanto alla più generale situazione economica del nostro Paese, valuta con preoccupazione l'andamento alla propensione al risparmio, che secondo l'ISTAT ha raggiunto i minimi storici, e l'incremento dell'indebitamento delle famiglie, sottolineando come l'andamento di questi due dati spinga a considerare con maggiore attenzione la proposta del Governo di tenere conto in sede europea del valore aggregato del debito pubblico e di quello privato. Sul versante della spesa, richiama sinteticamente numerosi tagli a voci di spesa particolarmente qualificanti quali quelli relative al finanziamento delle politiche sociali, al Fondo per le non autosufficienze, agli ammortizzatori sociali, alla scuola statale e paritaria, agli incentivi per la riqualificazione energetica degli immobili e, più in generale, all'intero comparto della spesa capitale che registra nel disegno di legge di bilancio una drastica riduzione. In proposito, osserva come anche nella maggioranza stia emergendo la consapevolezza dell'insostenibilità della politica dei tagli lineari di spesa sostenuta dal Governo, come testimoniano le relazioni trasmesse da diverse Commissioni parlamentari. In particolare, richiama le condizioni contenute nella relazione sullo stato di previsione del Ministero dell'interno trasmessa dalla I Commissione, nella quale si chiede che siano assicurate risorse sufficienti a garantire lo svolgimento delle funzioni della tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico, nonché lo svolgimento dei compiti attinenti alla prevenzione del rischio e al soccorso pubblico, con particolare riferimento alla piena funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Ulteriori condizioni sono inoltre formulate con riferimento alla materia dei rapporti finanziari tra lo Stato e gli enti locali, chiedendo che nella definizione del nuovo Patto di stabilità sia garantito il riconoscimento di risorse sufficienti ad assicurare l'erogazione dei servizi essenziali, nonché richiedendo che la riduzione dei trasferimenti avvenga alle province in misura proporzionale alla dimensione demografica e alla superficie delle province

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stesse. Richiama, inoltre, la relazione della VI Commissione, che formula specifiche osservazioni al Governo relative in particolare alla disciplina relativa ai rimborsi IVA e alla opportunità di rivedere la disciplina contenuta nel decreto-legge n. 78 del 2010 che prevede l'applicazione di una ritenuta d'acconto del 10 per cento sui bonifici relativi ad interventi di ristrutturazione edilizia e riqualificazione energetica degli edifici. Ricorda, infine, che la X Commissione ha approvato un emendamento volto ad incrementare le risorse destinate all'ente nazionale italiano per il turismo e che presso la medesima Commissione il Governo ha accolto un ordine del giorno che richiede di dare seguito al sistema di incentivi alle fonti rinnovabili e alla riqualificazione energetica degli edifici. Da ultimo, osserva come, nonostante i documenti ufficiali, il Governo continui a sostenere che la manovra finanziaria per il triennio 2011-2013 è stata già realizzata, la stampa indica con insistenza che entro la fine dell'anno si realizzerà un manovra di valore pari a circa 7 miliardi di euro, in parte attinti al Fondo per interventi strutturali di politica economica e in parte derivanti anche da possibili nuove entrate, quali quelle provenienti dall'assegnazione di nuove frequenze, che sarebbero destinate al finanziamento di una pluralità di interventi, che vanno dalla progressione dei ricercatori universitari, alla proroga degli ammortizzatori sociali e degli incentivi alla riqualificazione energetica degli edifici. Denuncia, pertanto, il rischio che, mentre la Camera continua a discutere di un provvedimento sostanzialmente svuotato di contenuti, il Governo si accinga a presentare un provvedimento a carattere d'urgenza, al di fuori della legge di contabilità pubblica. Ritiene, quindi, che il Governo debba tempestivamente rivedere la propria politica economica, decidendosi finalmente ad affrontare i gravi problemi derivanti dall'attuale congiuntura, dei quali recentemente si sono dovute fare carico autonomamente le parti sociali.

Gabriele TOCCAFONDI (PdL) osserva preliminarmente che non appaiono fondate le critiche talvolta rivolte dall'opposizione che accusa il Governo di aver elaborato una manovra finanziaria prelettorale, dal momento che il disegno di legge di bilancio provvede ad un contenimento di quasi tutte le voci di spesa, al fine di fare fronte alla difficile congiuntura economica e finanziaria. Ritiene del resto che, al fine di valutare correttamente l'operato dell'esecutivo e della maggioranza, ritiene che debba tenersi conto della peculiare situazione della situazione finanziaria del nostro Paese, nel quale il rapporto tra debito e prodotto interno lordo è pari al 118 per cento. In questo contesto, ritiene che il Governo, giustamente, abbia scelto di operare sul versante della spesa, in quanto un'eventuale manovra sulle entrate avrebbe reso ancora più difficoltosa la ripresa economica. Rivendica, tuttavia, le scelte della maggioranza e del Governo che, anche in un contesto così difficile, non hanno esitato a ricorrere ad un temporaneo peggioramento del rapporto tra deficit e prodotto interno lordo al fine di reperire risorse da destinare agli ammortizzatori sociali, necessari in una fase di grave crisi economica. A suo avviso, infatti, la grave situazione dei conti pubblici nel nostro Paese è dovuta prevalentemente alla circostanza che in passato si sia mantenuto un livello di spesa superiore rispetto a quello effettivamente sostenibile. Con riferimento, poi, ai ripetuti richiami alla necessità di garantire un incremento del prodotto interno lordo, anche al fine di ridurre il peso del debito pubblico, osserva come un tale incremento non possa essere realizzato dallo Stato, che non può che limitarsi ad una funzione ausiliaria e di impulso, ma debba necessariamente passare per una ripresa del sistema produttivo. Nel ribadire la propria contrarietà ad un incremento della pressione fiscale, che avrebbe con ogni probabilità effetti depressivi, osserva come sarebbe opportuno introdurre alcuni correttivi nella politica di riduzione delle spese fin qui perseguita dal Governo, in modo da tenere conto della peculiarità delle diverse tipologie di spesa. A questo riguardo, segnala come il disegno di legge di bilancio preveda uno

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stanziamento di 281 milioni di euro in favore delle scuole paritarie, in luogo dei 536 milioni di euro ordinariamente previsti, anche grazie agli interventi parlamentari volti a reintegrare tali importi negli esercizi 2009 e 2010. In proposito, segnala che la riduzione prevista è particolarmente ingente sul piano relativo, in quanto determina un decremento delle risorse pari a circa il 47 per cento, ma ha un impatto trascurabile a livello di finanza pubblica. Rileva, anzi, che il finanziamento delle scuole paritarie è astrattamente suscettibile di determinare effetti finanziari positivi per la finanza pubblica, dal momento che il costo di uno studente iscritto in una scuola pubblica è pari in media, per l'intera carriera scolastica, a 5 mila euro, mentre l'onere per lo Stato relativo ad uno studente iscritto ad una scuola paritaria è pari a 500 euro. Nel segnalare che gli alunni delle scuole paritarie dell'infanzia sono circa 500 mila, osserva che la eventuale cessazione dell'insegnamento in tali istituti scolastici e la conseguente richiesta di iscrizione nelle scuole pubbliche dell'infanzia determinerebbero un maggiore onere per la finanza pubblica di oltre 2 miliardi di euro, con un incremento dei costi attualmente sostenuti di oltre il 50 per cento. Ribadisce, quindi, l'opportunità di tenere conto nelle riduzioni di spesa delle peculiarità delle diverse voci di bilancio, ritenendo che sarebbe opportuno avviare un cammino di riforma volto a riconoscere pienamente la parità fra tutte le istituzioni scolastiche.

Rolando NANNICINI (PD), ritiene, in primo luogo, necessaria un riflessione sull'andamento del rapporto fra indebitamento e prodotto interno lordo indicato nella Decisione di finanza pubblica, che formula una stima del 5 per cento per il 2010, del 3,9 per cento per il 2011, del 2,7 per cento per il 2011 e del 2,2 per cento per il 2013, evidenziando come il Fondo monetario internazionale abbia invece previsto che tale rapporto sia pari al 5,1 per cento nel 2010, al 4,3 per cento nel 2011 e al 3 per cento nel 2012, reputando tanto le stime relative alle entrate quanto le previsioni di crescita formulate dal nostro Governo eccessivamente ottimistiche. Alla luce di queste considerazioni, chiede pertanto al rappresentante del Governo di chiarire se nell'ambito della nuova manovra finanziaria annunciata dai giornali siano previsti interventi volti a rendere finalmente più competitiva l'economia del nostro Paese, anche senza ricorrere ad un incremento complessivo delle spese. In quest'ottica, ritiene, in particolare, che debba essere adeguatamente incrementata la spesa per gli investimenti da parte della pubblica amministrazione, rivedendo conseguentemente l'attuale disciplina del Patto di stabilità interno, che, essendo ispirata ad un criterio misto, che per la spesa in conto capitale assume come parametro i dati di cassa, ha finito per determinare un incremento significativo della massa di residui passivi nell'ambito dei bilanci degli enti territoriali. Anche a tale riguardo, chiede al rappresentante del Governo di voler chiarire se si intende di intervenire per correggere la vigente disciplina del Patto di stabilità interno già nell'ambito del disegno di stabilità. Sempre con riferimento alla situazione finanziaria degli enti territoriali, anche alla luce della riduzione dei trasferimenti decisa con il decreto-legge n. 78, ritiene necessario un chiarimento in ordine ai possibili effetti finanziari derivanti dall'attuazione del decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale, il cui schema è stato approvato dal Consiglio dei ministri, ma non è stato ancora trasmesso alle Camere. A questo proposito, ritiene in particolare necessario che il Governo chiarisca se sia ipotizzabile prevedere che l'introduzione della cosiddetta cedolare secca sugli affitti non determini effetti finanziari negativi. Più in generale, rileva, peraltro, come gli schemi di decreto legislativo attuativi delle deleghe contenute nella legge n. 42 del 2009 non siano sufficientemente armonizzati con la disciplina fiscale vigente nelle regioni a statuto speciale, osservando come tale circostanza sia indicativa di una certa disattenzione del Governo, che pure dovrebbe essere

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convintamente federalista, alle peculiarità delle diverse realtà locali.

Marco Mario MILANESE (PdL), relatore per il disegno di legge di stabilità, e Marco MARSILIO (PdL), relatore per il disegno di legge di bilancio, rinunciano alle repliche.

Il Vice Ministro Giuseppe VEGAS segnala che, in generale, la spesa per interessi passivi presenta differenze tra le risultanze del saldo netto da finanziare, riferite alla spesa sostenuta dallo Stato in termini di competenza, e quelle del corrispondente aggregato di finanza pubblica, indicato nella decisione di finanza pubblica, da riferire alle stime sull'indebitamento netto del conto delle Amministrazioni pubbliche. Osserva, in particolare, che nel bilancio dello Stato gli interessi sulle emissioni di titoli di Stato sono registrati in termini sia di competenza finanziaria che in termini di cassa, mentre sull'indebitamento netto del Conto delle Amministrazioni pubbliche sono computati in termini di competenza economica e risultano nettizzati degli interessi attivi. Rileva che tale diverso criterio può portare anche a differenze sensibili, con valori normalmente superiori nel bilancio di previsione dello Stato dove ha rilevanza l'effettiva corresponsione al beneficiario degli interessi, a prescindere dalla loro maturazione e che questo è da considerare un grado di prudenza nella definizione degli importi iniziali, tenuto conto che non è possibile conoscere ex ante il tasso e l'ammontare del collocamento delle nuove emissioni, che dipende dall'andamento del mercato. Osserva inoltre come una parte dei titoli è a tasso variabile, che, nel caso dei CCT, sono semestrali posticipati e, ad inizio anno, non se ne conosce il valore del secondo semestre.
Segnala che, per far fronte a tale incertezza, tra l'altro, nel 2011 risulta iscritto il fondo per gli interessi del debito pubblico di cui al capitolo 2218 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con una dotazione di 1,8 miliardi di euro, che è esclusivamente destinato a fronteggiare situazioni di emergenza. Rileva che un particolare elemento di differenziazione tra bilancio e Amministrazioni pubbliche è dato dalla valutazione degli interessi sui buoni postali fruttiferi, iscritti sul capitolo 2221 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per 10 miliardi di euro nel 2011, superiore di oltre 3 miliardi al relativo dato di competenza economica.
Evidenzia, infine, come maggiori ragguagli sul raccordo tra i dati del bilancio dello Stato e quelli del comparto Stato di contabilità nazionale per l'anno 2011, che peraltro confermano sostanzialmente quanto già segnalato, possano essere desunti dalla nota tecnico-illustrativa al disegno di legge di stabilità 2001.
Fa, quindi, presente che eventuali risparmi sugli interessi non possono comunque essere destinati a nuove spese. Osserva che un tratto comune degli interventi svolti ha riguardato, da un lato, la lamentela secondo la quale il Governo sarebbe stato poco attento sul versante del contenimento della spesa e del debito pubblico e, dall'altro, la mancanza di sufficienti risorse per lo sviluppo dell'economia. A tal proposito rileva che, a livello generale, ciò appare contraddittorio, confermando quindi la ragionevolezza delle scelte effettuate dal Governo. Richiama in proposito la risorse stanziante per gli ammortizzatori sociali che hanno consentito di contenere gli impatti sociali della crisi, sottolineando che tali risultati sono stati possibili anche grazie al contenimento della spesa pubblica realizzata dal Governo. Concorda con l'esigenza di favorire lo sviluppo dal Paese, ma in proposito non ritiene sufficienti interventi sul versante del contenimento della spesa pubblica o dello stanziamento diretto di risorse, ricordando che la via maestra è costituita dalla riduzione della pressione fiscale, al fine di consentire ai privati ed alle imprese di disporre di maggiori risorse. Osserva che sul punto vi è una sostanziale concordia delle forze politiche, ma che non è possibile effettuare una riduzione della pressione fiscale in deficit, poiché sarebbe assolutamente bocciata dall'Unione europea

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e dai mercati. Ritiene che tale riduzione della pressione fiscale possa essere realizzata solo attraverso il contenimento della spesa pubblica, ma sottolinea come, in un periodo di difficoltà economica come quello presente, tali interventi possono avere anche degli effetti depressivi sulla domanda aggregata. Fa presente che è allo studio del Governo una riforma fiscale generale volta a ripensare le modalità attraverso le quali si articola il prelievo medesimo. Ritiene che su tale questione possa derivare un contributo importante e necessario dal dibattito parlamentare che seguirà. Rileva in proposito, che anche a costi vicini allo zero, si potrebbe valutare l'opportunità di ridurre il carico delle imposte dirette aumentando quello delle imposte indirette, al fine di ottenere vantaggi competitivi attraverso la riduzione del costo del lavoro. Evidenzia come nell'opera di riduzione della spesa pubblica intrapresa dal Governo, anche attraverso i tagli adottati con il decreto-legge n. 78 del 2010, sono stati preservati settori come quello sanitario, sottoposto ad un'opera di razionalizzazione che consentirà di erogare servizi migliori ai cittadini a costi inferiori, senza intaccare le prestazioni rese ai singoli cittadini. Con riferimento al quesito dell'onorevole Vannucci relativo all'utilizzo dei Fondi per le aree sottoutilizzare, fa presente, che il minor livello destinato alle regioni del centro-nord si motiva anche per la minore necessità di queste regioni rispetto a tali fondi. Si riserva quindi di fornire una risposta all'ulteriore quesito dell'onorevole Vannucci riferito all'utilizzo dei Fondi CIPE. Concorda invece con lo spirito dell'intervento dell'onorevole Toccafondi, che ha auspicato alcune rivoluzioni culturali nel Paese, sottolineando come storicamente l'Italia sia troppo orientata alla difesa dei produttori più che dei consumatori. Sul punto ritiene che, malgrado tutte le risposte non possano realisticamente essere date con la legge di stabilità in discussione, dal Parlamento potrebbe provenire un contributo fondamentale. Richiamando l'intervento dell'onorevole Nannicini, ricorda che lo sviluppo economico in Italia è debole fin dal 1992, da quando cioè sono state adottate manovre correttive di finanza pubblica. Ricorda che il periodo migliore per l'economia italiana è stato quello degli anni Sessanta, caratterizzato da un basso livello della spesa ed in particolare del debito pubblico, che è esploso negli anni Ottanta, sottolineando come occorrerebbe riflettere anche sulla quantità dei servizi che lo Stato deve continuare a garantire ai cittadini. Evidenzia quindi che sulla questione della revisione del Patto di Stabilità si sono già svolti taluni incontri tra i diretti interessati. Al riguardo, ritiene ragionevole la proposta di modificare il riferimento ad un anno predeterminato, sostituendolo con il riferimento ad un triennio ed introducendo un meccanismo di pareggio del bilancio, al fine di evitare regole arbitrarie. Con riferimento alla richiesta di voler spendere per lavori pubblici i residui di bilancio, fa presente che, attesa l'onerosità di una tale disposizione, difficilmente si potrà raggiungere il livello previsto per l'anno precedente pari al 4 per cento. Ricorda che la percentuale prevista per l'anno in corso è dello 0,75 per cento e che sul punto è in corso comunque una valutazione. Con riferimento all'introduzione della cedolare secca sugli affitti, fa presente che non dovrebbe essere onerosa in quanto sarebbe compensata da ulteriori entrate. In proposito ritiene tuttavia che potranno essere utilmente attivati meccanismi di salvaguardia al fine di verificare meglio tali norme nel corso dell'attuazione. Nel ringraziare quindi tutti gli intervenuti, sottolinea come la situazione odierna sia profondamente diversa rispetto al passato, sia per la natura della legge di stabilità, il cui contenuto è differente rispetto a quello della vecchia legge finanziaria, sia per le condizioni economiche generali. Ricorda come tutti i principali Paesi occidentali stiano valutando il modo in cui riformare i meccanismi della spesa pubblica e sottolinea quindi la necessità che anche in Italia vengano adottati provvedimenti coerenti con tale esigenza.

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Roberto OCCHIUTO (UdC), dichiarato concluso l'esame preliminare del disegno di legge di stabilità e del disegno di bilancio, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.35.

ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 28 ottobre 2010. - Presidenza del vicepresidente Giuseppe Francesco Maria MARINELLO. - Intervengono il Ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli e il Vice Ministro dell'economia e delle finanze Giuseppe Vegas.

La seduta comincia alle 10.05.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province, ai sensi della legge 5 maggio 2009, n. 42.
Atto n. 240.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto, rinviato nella seduta del 15 settembre 2010.

Giuseppe Francesco Maria MARINELLO, presidente, fa presente che la Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale ha deliberato in data odierna di chiedere al Presidente della Camera una proroga per l'espressione del parere sullo schema di decreto legislativo in esame ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge n. 42 del 2009. Ritiene, pertanto, che, nell'odierna seduta, la Commissione dovrebbe valutare se mantenere fermo il termine per l'espressione del parere di competenza.

Il Ministro Roberto CALDEROLI dichiara che il Governo è favorevole ad un rinvio dell'espressione del parere anche da parte della Commissione bilancio, parere che presenta un rilievo autonomo rispetto a quello della Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale, purché questo venga espresso entro gli stessi termini di quello della Commissione bicamerale.

Renato CAMBURSANO (IdV), nel concordare con la richiesta di rinvio, sottolinea che essa non è casuale, ma deriva dall'assenza di risposte alle domande più volte formulate anche nel corso delle audizioni che si sono tenute sul provvedimento in questione. Chiede, quindi, che ad esse il Governo risponda al fine di consentire alle Commissioni di esprimere il parere di loro competenza con cognizione di causa.

Gioacchino ALFANO (PdL), nel concordare con la proposta di rinvio, ringrazia il Ministro Calderoli che ha dimostrato di aver compreso le difficoltà nelle quali si trova la Commissione e sottolinea l'esigenza di una maggiore concertazione tra i diversi organi istituzionali chiamati a pronunciarsi sul provvedimento in esame, al fine di concentrare l'attenzione sulle medesime questioni.

Pier Paolo BARETTA (PD) rileva, come, in sostanza, i colleghi intervenuti abbiano sottolineato l'esigenza di approfittare della proposta di rinvio formulata dal Ministro Calderoli al fine di approfondire ulteriormente il lavoro sul provvedimento in esame. Nel richiamare le dichiarazioni del Ministro che ha sottolineato come il ruolo della Commissione non sia servente rispetto a quello della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, ribadisce che essa dovrà lavorare in piena autonomia ai fini dell'espressione del parere di sua competenza.

Amedeo CICCANTI (UdC), nel concordare con la proposta di rinvio avanzata dal Ministro Calderoli, richiamandosi a quanto sostenuto in precedenza, ribadisce come nella procedura delineata nella legge del 2009 manchi la possibilità per la Commissione di esprimersi efficacemente

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sull'onerosità di disposizioni che nel parere espresso dalla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale eventualmente si proponga di inserire nel testo del provvedimento. Ritiene che si sarebbe dovuto prevedere un controllo successivo all'espressione di tale parere, mentre nella richiamata procedura i pareri delle Commissioni Bilancio delle due Camere e quello della Commissione bicamerale vengono posti sullo stesso piano. Sostiene, altresì, che in tal modo l'autonomia, richiamata dal collega Baretta, non possa essere di fatto esercitata, mancando un testo definitivo da sottoporre all'apprezzamento della Commissione Bilancio. Evidenzia come tali questioni siano venute chiaramente in luce al momento dell'esame dello schema di decreto sul federalismo demaniale. Ricorda che si è cercato di porre rimedio a tale situazione anche con lo svolgimento di audizioni congiunte richiesto dal suo gruppo e con il conseguente riallineamento dei tempi per l'espressione dei pareri. Ritiene, comunque, che l'ultima parola dovrebbe spettare alle Commissioni Bilancio delle due Camere, al fine di valutare compiutamente le conseguenze finanziarie degli schemi di decreto.

Giuseppe Francesco Maria MARINELLO, presidente, nel rilevare il sostanziale accordo, pur nella differenza degli accenti, dei colleghi intervenuti, rinvia il seguito del provvedimento ad altra seduta, restando inteso che il Governo si impegna ad attendere il parere della Commissione bilancio, che dovrà essere espresso entro gli stessi termini di quello della Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale.

La seduta termina alle 10.20.

DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 28 ottobre 2010. - Presidenza del vicepresidente Roberto OCCHIUTO. - Interviene il Vice Ministro dell'economia e delle finanze Giuseppe Vegas.

La seduta comincia alle 12.35.

Schema di decreto legislativo recante modifiche al codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
Atto n. 266.

(Rilievi alla I Commissione).
(Rinvio dell'esame).

Roberto OCCHIUTO, presidente, dispone, sentita la Commissione, il rinvio dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 12.40 alle 12.45.