CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 19 ottobre 2010
383.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 19 ottobre 2010. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Sonia Viale.

La seduta comincia alle 13.05.

Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese.
Testo unificato C. 2754 e abbinate.

(Parere alla X Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Gerardo SOGLIA (PdL), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, ai fini dell'espressione del parere alla X Commissione Attività produttive, il testo unificato delle proposte di legge C. 2754 ed abbinate, recante norme per la tutela della libertà d'impresa - Statuto delle imprese, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito nel corso dell'esame in sede referente.
L'articolo 1, comma 1, indica le finalità dell'intervento legislativo, che sono quelle di definire lo statuto giuridico delle imprese e dell'imprenditore al fine di assicurare lo sviluppo della persona attraverso il lavoro e di garantire la libertà di iniziativa economica privata.
La disposizione reca inoltre una definizione di impresa ai sensi degli articoli 2082 e 2083 del codice civile, i quali, rispettivamente, qualificano come imprenditore colui che esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi e qualificano come piccoli

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imprenditori i coltivatori diretti, gli artigiani, i piccoli commercianti e quanti esercitino un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio o dei componenti della famiglia.
La norma del comma 1 è sostanzialmente volta a riconoscere carattere di impresa a qualsiasi attività economica professionalmente organizzata per la produzione o dello scambio di beni o di servizi, «a prescindere dal relativo status giuridico», cioè a prescindere dalla forma giuridica dell'impresa stessa.
I commi 2 e 3 stabiliscono che i principi della legge costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica e principi dell'ordinamento giuridico dello Stato e che le regioni e le province autonome esercitano la potestà legislativa concorrente nel rispetto di tali principi fondamentali.
Il comma 4 indica taluni obiettivi particolari dell'intervento legislativo, consistenti:
nel riconoscimento del contributo fondamentale delle imprese alla crescita dell'occupazione e alla prosperità economica;
nella promozione un contesto normativo, sociale e culturale in cui imprenditori e imprese familiari possano prosperare;
nell'inclusione delle problematiche sociali e delle tematiche ambientali nello svolgimento delle attività commerciali delle imprese e nei loro rapporti con le parti sociali;
nel sostegno all'avvio di nuove imprese, in particolare da parte dei giovani e delle donne;
nella valorizzazione del potenziale di crescita, di produttività e di innovazione delle imprese, con particolare riferimento alle micro, piccole e medie imprese;
nel favorire la competitività del sistema produttivo nazionale a livello europeo ed internazionale;
nell'adeguamento dell'intervento pubblico alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese;
nella sensibilizzazione delle pubbliche amministrazioni alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese.

L'articolo 2 indica i princìpi cui si ispira l'intervento legislativo, consistenti:
nella libertà di iniziativa economica, di associazione, di stabilimento e di prestazioni di servizi, nonché di concorrenza;
nel diritto dell'impresa ad operare in un contesto normativo certo, in cui la discrezionalità rappresenti l'eccezione;
nella progressiva riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese, in particolare delle PMI;
nell'innovazione, quale strumento per una maggiore trasparenza della pubblica amministrazione e per la garanzia della possibilità di partecipazione e di accesso delle imprese, in particolare delle micro, piccole e medie imprese, alle politiche pubbliche;
nella reciprocità dei diritti e dei doveri nei rapporti fra imprese e pubblica amministrazione;
nella tutela della capacità inventiva e tecnologica delle imprese, al fine di agevolarne l'accesso agli investimenti e agli strumenti di tutela della proprietà intellettuale;
nella promozione nel sistema dell'istruzione scolastica di ogni ordine e grado e della formazione professionale della cultura imprenditoriale e del lavoro autonomo;
nella promozione di misure che favoriscano la trasmissione e la successione di impresa;
nella promozione dell'aggregazione tra imprese, anche attraverso il sostegno dei distretti e delle reti di imprese;
nella garanzia che nei rapporti tra imprese e nei rapporti tra imprese e

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pubblica amministrazione la durata dei processi civili relativi al recupero di un credito non sia superiore ad un anno.

In tale ambito, segnala innanzitutto, in quanto rilevante per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, la lettera h), la quale sancisce il diritto delle imprese all'accesso al credito informato, corretto e non vessatorio.
A tale proposito, rileva l'improprietà di definire giuridicamente come «diritto» l'accesso al credito, trattandosi di attività di natura privata lasciata all'autonomia privata, sia pure in un quadro di tutele pubblicistiche relative soprattutto alle condizioni per lo svolgimento dell'attività creditizia, alla trasparenza delle condizioni contrattuali ed alla correttezza nei rapporti con la clientela.
Inoltre, rammenta come disposizioni volte ad assicurare la trasparenza e la correttezza dei rapporti siano già previste in generale dal Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB) di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, anche in attuazione della normativa comunitaria.
Appare pertanto opportuno riformulare la lettera, nel senso di prevedere il diritto delle imprese di disporre di un quadro informativo completo e trasparente, nonché di condizioni di correttezza e non vessatorietà, relativamente al loro accesso al credito, sulla falsariga, del resto, di quanto previsto dall'articolo 13, comma 1, lettera a), del testo unificato in esame.
Suggerisce inoltre, in questo ambito, di prevedere, per le microimprese e le piccole imprese, uno speciale statuto di garanzie nei confronti della controparte bancaria, alla stregua delle disposizioni del titolo VI, capo II, del TUB appositamente dedicate al credito per i consumatori, che hanno ricevuto una recente revisione e un deciso rafforzamento ad opera del decreto legislativo n. 141 del 2010, di recepimento della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori.
Segnala inoltre, sempre in merito ai profili di competenza della Commissione Finanze, la lettera b), che fa riferimento, invero in termini non del tutto chiari, al principio della sussidiarietà orizzontale «anche con riferimento alla creazione d'impresa, in particolare da parte dei giovani e delle donne, alla semplificazione, alla tassazione, allo stimolo del talento imprenditoriale, alla successione d'impresa e alla certificazione».
A tale riguardo, rileva l'opportunità di verificare la congruità della connessione tra il principio di sussidiarietà ed il trattamento tributario delle imprese.
La lettera m) prevede altresì il sostegno pubblico, attraverso misure di favore fiscale e di semplificazione amministrativa, in favore delle micro, piccole e medie imprese, in particolare a quelle giovanili e femminili e ad alta tecnologia.
L'articolo 3, comma 1, riconosce ad ogni impresa la libertà di associarsi in una o più associazioni, mentre il comma 2 sancisce il riconoscimento, quali associazioni di rappresentanza delle imprese, delle associazioni presenti nel sistema delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ovvero nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.
Il comma 3 prescrive che gli organi di amministrazione delle Camere di commercio siano composti da un numero di componenti comunque non superiore ad un terzo dei componenti del consiglio.
L'articolo 3-bis, comma 1, novella l'articolo 9 della legge n. 241 del 1990, introducendo una definizione di interessi diffusi nella quale sono ricompresi, oltre agli interessi appartenenti alla generalità dei cittadini, anche gli interessi omogenei di una determinata categoria di soggetti.
In connessione con tale novella, il comma 2 riconosce alle associazioni di categoria rappresentate nel sistema delle camere di commercio, ovvero nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, la legittimazione ad agire in giudizio, sia a tutela di interessi relativi alla generalità dei soggetti appartenenti alla categoria professionale, sia a tutela di interessi omogenei relativi solo ad alcuni soggetti, mentre il comma 3 legittima le associazioni di categoria maggiormente rappresentative a

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livello nazionale, regionale e provinciale ad impugnare gli atti amministrativi lesivi degli interessi diffusi.
L'articolo 4, comma 1, vincola lo Stato, le regioni, gli enti locali e gli enti pubblici a valutare l'impatto delle iniziative legislative, regolamentari e amministrative, anche di natura fiscale, sulle imprese, prima della loro emanazione, attraverso una serie di attività di analisi, valutazione e verifica, attribuite principalmente al Ministero dello sviluppo economico ed al Parlamento.
In tale contesto, la disposizione, alla lettera c), stabilisce che i nuovi adempimenti e oneri a carico delle imprese devono essere introdotti applicando criteri di gradualità e proporzionalità, tenendo conto delle dimensioni delle imprese stesse, del numero di addetti e del settore merceologico di attività.
Inoltre, il comma 4 introduce l'obbligo, per i soggetti di cui al comma 1, di consultare, di norma, le organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese prima dell'approvazione di una proposta legislativa, regolamentare e amministrativa destinata ad avere conseguenze su queste ultime.
Il comma 3 specifica che le regioni e gli enti locali devono individuare l'ufficio responsabile del coordinamento delle predette valutazioni d'impatto.
L'articolo 5 prevede, al comma 1, che i regolamenti ministeriali o interministeriali, nonché i provvedimenti amministrativi a carattere generale, adottati dalle amministrazioni dello Stato per regolare l'esercizio di poteri autorizzatori, concessori o certificatori, nonché l'accesso ai servizi pubblici, ovvero la concessione di benefici, debbano recare in allegato l'elenco di tutti gli oneri informativi gravanti sui cittadini e le imprese introdotti o eliminati con gli atti medesimi.
Ai sensi del comma 2, gli atti di cui al comma 1, anche se pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, devono essere pubblicati sui siti Internet istituzionali di ciascuna amministrazione, mentre il comma 3 prevede che il Dipartimento della funzione pubblica predisponga una relazione annuale al Parlamento in materia e valuti l'impatto delle predette disposizioni in termini di semplificazione e riduzione degli adempimenti amministrativi per i cittadini e le imprese, anche utilizzando strumenti di consultazione delle categorie e dei soggetti interessati.
Si prevede inoltre, al comma 4, che i cittadini e le imprese possano presentare reclami per la mancata applicazione delle disposizioni appena illustrate.
L'articolo 6, comma 1, novella l'articolo 14 della legge n. 246 del 2005, stabilendo l'obbligo che tutti gli schemi di atti normativi da sottoporre alla deliberazione del Consiglio dei ministri siano corredati di un elenco di tutti gli oneri informativi gravanti sui cittadini e sulle imprese introdotti o eliminati con i medesimi atti normativi.
Inoltre, il comma 2 prevede che, per ciascun onere informativo introdotto, sia effettuata una stima dei costi gravanti sui destinatari, secondo criteri individuati dal Presidente del Consiglio dei ministri.
L'articolo 7 interviene sui rapporti tra le imprese e la pubblica amministrazione, stabilendo innanzitutto, al comma 1, che tali rapporti devono essere improntati ai principi di trasparenza, buona fede ed effettività nell'accesso ai documenti amministrativi, alle informazioni ed ai servizi, e che l'azione amministrativa sia svolta secondo criteri di economicità, efficacia, efficienza, tempestività, imparzialità, uniformità di trattamento e pubblicità, con il minor aggravio possibile di obblighi, di oneri e di adempimenti a carico delle imprese.
In tale contesto, ai sensi del comma 2, lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e le autorità competenti garantiscono, attraverso le camere di commercio, la pubblicazione e l'aggiornamento delle norme e dei requisiti minimi per l'esercizio di ciascuna tipologia di attività d'impresa, e sono tenuti a prevedere l'adozione di procedure semplificate e la riduzione al minimo dei diritti di segreteria, delle imposte e delle tasse dovute in sede di

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iscrizione presso le camere di commercio, per l'avvio e per l'esercizio da parte di micro, piccole e medie imprese.
Inoltre, secondo il comma 3, le amministrazioni statali, gli enti pubblici nazionali, le società a totale o prevalente capitale pubblico, le regioni e gli enti locali assicurano il rigoroso rispetto dei termini previsti per la conclusione dei procedimenti amministrativi conseguenti ad istanze, l'effettività della previsione secondo cui il procedimento amministrativo può essere sospeso per una sola volta per un periodo non superiore a trenta giorni, nonché la più ampia applicazione del principio del silenzio-assenso, fatta salva la normativa comunitaria in merito.
Il comma 4 integra l'articolo 3, comma 3, della legge n. 241 del 1990, in materia di motivazione dei provvedimenti amministrativi, al fine di specificare che in nessun caso il presupposto della motivazione del provvedimento può essere costituito da un'inadempienza addebitabile alla pubblica amministrazione competente.
Il comma 5 stabilisce che, ferma restando la disciplina, recentemente introdotta, concernente la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), ciascuna impresa è tenuta a comunicare le certificazioni che le si riferiscono al registro delle imprese, anche tramite le agenzie per le imprese (cui è affidata, ai sensi dell'articolo 38, comma 3, lettera c), del decreto-legge n. 112 del 2008, l'attestazione circa la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa per la realizzazione, la trasformazione, il trasferimento e la cessazione dell'esercizio dell'attività di impresa); tali certificazioni sono inserite dalle Camere di commercio nel repertorio economico amministrativo (REA). La disposizione specifica che la pubblica amministrazione e le autorità aventi titolo possono accedere senza oneri, in via telematica, al medesimo registro delle imprese, mentre è loro inibito esigere dalle imprese copie di documentazioni già presenti nello stesso registro.
Il comma 6 reca l'impegno, per lo Stato, a garantire che nei rapporti tra imprese, nonché tra imprese e pubbliche amministrazioni, la durata dei processi civili relativi al recupero dei crediti non superi un anno.
L'articolo 8 reca in primo luogo, al comma 1, l'obbligo, per la pubblica amministrazione, di non derogare per via contrattuale o con atto unilaterale il termine di pagamento di sessanta giorni nei rapporti commerciali con le imprese.
In tale contesto, il comma 2 introduce un nuovo articolo 17-bis nel decreto legislativo n. 241 del 1997, in forza del quale, a decorrere dal 1o gennaio 2011, i creditori di somme dovute e non liquidate dalla pubblica amministrazione per somministrazioni, forniture e appalti, per le quali siano decorsi i termini per la liquidazione stabiliti dal contratto, possono compensare anche parzialmente tali importi con i debiti che siano maturati nei confronti del medesimo soggetto.
Il comma 4 integra il dettato dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 231 del 2002 inserendovi un nuovo comma 2-bis, il quale prevede la nullità di ogni accordo con cui il creditore rinunci agli interessi di mora, qualora una delle parti contraenti sia la pubblica amministrazione.
Rammenta in merito che il comma 1 del predetto articolo 7 del decreto legislativo n. 231 stabilisce la nullità dell'accordo sulla data del pagamento, o sulle conseguenze del ritardato pagamento, solo qualora esso risulti gravemente iniquo in danno del creditore.
Il comma 5 reca una delega al Governo per integrare e correggere il già citato decreto legislativo n. 231 del 2002, in materia di ritardi di pagamento tra imprese, con particolare riferimento agli effetti negativi della posizione dominante di imprese sui propri fornitori o sulle imprese subcommittenti, soprattutto qualora si tratti di micro, piccole e medie imprese.
I princìpi e criteri direttivi della delega prevedono: il miglioramento del funzionamento del mercato interno; l'introduzione di un sistema di diffide e sanzioni nel caso di ritardato pagamento, mancato versamento degli interessi moratori e mancato risarcimento dei costi di recupero del credito; l'attribuzione all'Autorità garante

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della concorrenza e del mercato del potere di svolgere indagini ed intervenire in prima istanza con diffide e sanzioni relativamente a comportamenti illeciti messi in atto in materia da grandi aziende e da pubbliche amministrazioni.
Il comma 6 integra il comma 3-bis dell'articolo 9 della legge n. 192 del 1998, in materia di disciplina della subfornitura, al fine di prevedere che, in caso di violazione diffusa e reiterata della disciplina di cui al già citato decreto legislativo n. 231, in particolare quando tale violazione sia posta in danno delle piccole e medie imprese, l'abuso nei confronti di un'impresa cliente o fornitrice (al quale sono connesse la nullità del patto attraverso il quale si realizza l'abuso, la possibilità di riconoscere in sede giudiziale un risarcimento danni, nonché il potere, per l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, di procedere a diffide e sanzioni nei confronti dell'impresa o delle imprese che hanno commesso tale abuso) si configura a prescindere dall'accertamento dello stato di dipendenza economica dell'impresa cliente o fornitrice.
L'articolo 9 prevede, al comma 1, che le certificazioni relative a prodotti, processi e impianti, rilasciate alle imprese dagli enti di normalizzazione a ciò autorizzati e da società professionali o da professionisti abilitati, sostituiscono la verifica da parte della pubblica amministrazione e delle autorità competenti, fatti salvi i profili penali.
Il comma 2 esclude che alle imprese possano essere richiesti, all'esito di procedimenti di verifica da parte della pubblica amministrazione e dalle autorità competenti, adempimenti ulteriori rispetto ai requisiti minimi di cui all'articolo 7, comma 2, né comminate sanzioni che non riguardino esclusivamente il rispetto dei requisiti medesimi.
Il comma 3 specifica che, durante i procedimenti di verifica di cui al comma 2 e durante il decorso degli eventuali termini concordati per l'adeguamento, l'attività dell'impresa non può essere sospesa, fatti salvi i casi di gravi difformità o di mancato rispetto dei requisiti minimi per l'esercizio di attività d'impresa (previsti dal già citato articolo 7, comma 2, del testo unificato).
L'articolo 10 prevede, al comma 1, che lo Stato garantisca il conseguimento della piena riabilitazione agli imprenditori dichiarati falliti i quali siano in possesso dei requisiti necessari per l'esdebitazione, di cui all'articolo 142 della legge fallimentare (regio decreto n. 267 del 1942), fatti salvi eventuali profili penali, rimuovendo ogni limitazione di carattere amministrativo che possa pregiudicare l'avvio e l'esercizio di nuove imprese ed assicurando agli imprenditori titolari di micro e piccole imprese adeguate misure di tutela.
A tale proposito rammenta che l'istituto dell'esdebitazione consiste, in estrema sintesi, nella liberazione del soggetto fallito persona fisica dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti, a condizione che egli: abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all'accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni; non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura; non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta; non abbia distratto l'attivo o esposto passività insussistenti.
In tale prospettiva, il comma 2 conferisce una delega al Governo per correggere ed integrare la disciplina delle procedure concorsuali, nonché le disposizioni in materia di procedure concorsuali di cui ai decreti legislativi n. 5 del 2006 e n. 169 del 2007.
La disposizione, oltre a richiamare i principi e criteri direttivi indicati dalla delega di cui ai commi 5 e 6 dell'articolo 1 della legge n. 80 del 2005, in materia di riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali (che ha portato all'emanazione del già citato decreto legislativo n. 5 del 2006), reca ulteriori principi e criteri direttivi di delega, consistenti:
nella riduzione a non oltre un anno dei tempi delle procedure fallimentari e

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concorsuali, in caso di bancarotta non fraudolenta;
nella modifica della disciplina delle conseguenze personali del fallimento, con eliminazione delle sanzioni personali a carico degli soggetti interessati, riconoscimento a questi ultimi del medesimo regime di chi avvia una nuova impresa, ed estensione dell'istituto dell'esdebitazione ai familiari fideiussori e coobbligati dell'imprenditore fallito;
nella determinazione di criteri di soddisfazione parziale dei crediti privilegiati e con prelazione;
nell'adozione di rimedi per la composizione delle crisi aziendali da sovraindebitamento, mediante appositi accordi di ristrutturazione dei debiti con i creditori, anche prevedendo la costituzione di organismi pubblici o privati deputati alla composizione della crisi;
nell'integrazione della legislazione in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e di ristrutturazione industriale delle grandi imprese in stato di insolvenza, riconoscendo preferenza ai crediti degli imprenditori titolari di micro e piccole imprese.

Ai sensi del comma 3, lo Stato è chiamato, in occasione delle procedure concorsuali, a farsi carico degli oneri dovuti ai fornitori privilegiati coinvolti, nel caso siano imprenditori titolari di micro e piccole imprese.
Il comma 4 prevede che i crediti dell'impresa artigiana, come definita ai sensi delle disposizioni legislative vigenti, sono ammessi al privilegio generale sui beni mobili, di cui all'articolo 2751-bis, n. 5), del codice civile.
Al riguardo, osserva come non si comprenda la ratio della norma, atteso che il citato n. 5 dell'articolo 2751-bis del codice civile già riconosce esplicitamente tale privilegio ai predetti crediti.
L'articolo 11 prevede, al comma 1, che lo Stato istituisca portali telematici al fine consentire un maggiore accesso all'informazione relativa agli appalti pubblici di importo inferiore alle soglie stabilite dall'Unione europea, nonché ai bandi per l'accesso agli incentivi da parte delle micro e piccole imprese.
Il comma 2 stabilisce alcune regole cui si devono attenere le pubbliche amministrazioni in sede di aggiudicazione degli appalti pubblici, finalizzate a favorire l'accesso delle micro, piccole e medie imprese agli appalti stessi, fermo restando il rispetto della disciplina comunitaria in materia.
In particolare, si prevede:
la suddivisione, ove possibile, gli appalti in lotti, rendendo visibili le possibilità di subappalto e garantendo la conoscibilità della corresponsione dei pagamenti da parte della stazione appaltante nei vari stati di avanzamento;
la necessità di tenere conto, oltre che del criterio del massimo ribasso, anche dell'offerta economicamente più vantaggiosa;
l'adozione di misure per sostenere l'aggregazione fra micro, piccole e medie imprese;
l'introduzione di condizioni di favore per le micro e piccole imprese per l'accesso agli appalti pubblici di fornitura di servizi pubblici locali, banditi dai Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti e per importi inferiori alle soglie stabilite dalla UE, mediante:
la definizione di un sistema di premialità per la partecipazione ai bandi di strutture consortili e di raggruppamenti di micro, piccole e medie imprese.

Il comma 3 consente alle micro, piccole e medie imprese che partecipano alle gare di appalto di lavori, servizi e forniture, di presentare autocertificazioni per l'attestazione dei requisiti di idoneità, inibendo inoltre alle amministrazioni pubbliche ed alle autorità competenti di chiedere alle imprese documentazione, o certificazioni, già in possesso della pubblica amministrazione.

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Ai sensi del comma 4, la pubblica amministrazione e le autorità competenti possono chiedere solo all'impresa aggiudicataria dell'appalto la documentazione attestante i requisiti di idoneità previsti dalla normativa, nel caso in cui nell'appalto risultino coinvolte micro, piccole e medie imprese.
Il comma 5 vieta alla pubblica amministrazione e alle autorità contraenti di richiedere alle imprese concorrenti requisiti finanziari sproporzionati al valore dei beni e dei servizi oggetto di gara.
Il comma 6 vincola la pubblica amministrazione e le autorità contraenti a vigilare sulla corretta corresponsione, da parte degli appaltatori, dei pagamenti ai subappaltatori nei vari stati di avanzamento dei lavori.
Il comma 7 dispone che ogni prefettura predisponga delle «white list» di imprese e fornitori contenenti l'adesione, da parte delle imprese, a determinati obblighi di trasparenza, di tracciabilità dei flussi di denaro, di beni e servizi.
In merito a tale disposizione, la quale assume rilevanza per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze sotto il profilo del contrasto al riciclaggio dei capitali, rileva come manchi ogni indicazione circa gli obblighi di trasparenza al cui rispetto è subordinato l'inserimento delle imprese nella white list, con la conseguenza che ogni prefettura potrebbe far riferimento ad obblighi differenziati: appare pertanto indispensabile prevedere quanto meno il rinvio ad un atto normativo secondario di attuazione di tale previsione, per la specificazione dei predetti obblighi.
L'articolo 12 reca una serie di definizioni relative alle imprese, ai distretti e alle reti d'impresa.
Il comma 1 reca la definizione di microimpresa, di piccola impresa e di media impresa, rinviando ai criteri fissati dall'Unione europea.
In base a tali criteri:
si qualifica come media impresa quella che occupa meno di 250 persone, realizza un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni di euro;
si qualifica come piccola impresa quella che occupa meno di 50 persone, realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 10 milioni di euro;
si qualifica come microimpresa quella che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro.

Il comma 2 reca la definizione di distretti industriali, intesi quali contesti produttivi omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese industriali, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, nonché dalla specializzazione produttiva di sistemi di imprese.
Con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, rileva come l'articolo 1, commi da 366 a 372, della legge n. 266 del 2005, (finanziaria per il 2006) sia già intervenuto a qualificare i distretti produttivi, prevedendo inoltre uno speciale regime tributario per queste realtà, fondato sul principio del consolidamento fiscale e delle tassazione unitaria per le imprese appartenenti. Tale disciplina è stata successivamente modificata dal decreto - legge n. 112 del 2008, e, quindi, ripristinata dal decreto-legge n. 5 del 2009.
In particolare, il predetto comma 366 demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza Stato - regioni e sentite le regioni interessate, la definizione delle caratteristiche e delle modalità di individuazione dei distretti produttivi, i quali sono indicati dalla norma come «libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, con l'obiettivo di accrescere lo sviluppo delle aree e dei settori di riferimento, di migliorare l'efficienza nell'organizzazione e nella produzione, secondo principi di sussidiarietà verticale ed orizzontale, anche individuando modalità di collaborazione con le associazioni imprenditoriali».

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In merito a tale disposizione appare pertanto opportuno verificare se la nuova previsione non si sovrapponga o contrasti con quella contenuta dalla già richiamata legge n. 266 del 2005, ovvero non risulti sostanzialmente superflua.
Il comma 3 individua come distretti tecnologici i contesti produttivi omogenei che si caratterizzano per la presenza di forti legami con il sistema della ricerca e dell'innovazione.
Il comma 4 reca la definizione di meta-distretti, intesi come aree produttive innovative e di eccellenza indipendentemente dai limiti territoriali.
Il comma 5 reca una definizione (che sembra avere in realtà natura più che altro sociologica) dei distretti del commercio, qualificandoli come gli ambiti e le iniziative nelle quali i cittadini, le imprese e le formazioni sociali liberamente aggregati sono in grado di fare del commercio il fattore di valorizzazione di tutte le risorse di cui dispone il territorio.
Il comma 6 definisce come reti di impresa le aggregazioni funzionali tra imprese, realizzate in forma di persona giuridica.
Al riguardo, rammenta, per quanto attiene ai profili di competenza della Commissione Finanze, come l'articolo 3, commi da 4-bis a 4-quinquies, del decreto-legge n. 5 del 2009 abbia disciplinato i contenuti essenziali del contratto di rete tra due o più imprese, con particolare riferimento ai diritti e agli obblighi assunti dalle imprese partecipanti e alle modalità di esecuzione del contratto stesso, prevedendo per la rete di imprese che nasce dalla conclusione di tale contratto l'applicazione delle disposizioni amministrative previste per i distretti produttivi dalla citata legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).
Il comma 7 definisce come consorzi per il commercio estero quei consorzi e società consortili che hanno come scopi sociali esclusivi, anche disgiuntamente, l'esportazione dei prodotti delle imprese consorziate e l'attività promozionale necessaria per realizzarla.
Il comma 8 definiscono imprese dell'indotto le imprese che sono in rapporti contrattuali con un'altra impresa tali che le determinazioni o gli eventi gestionali riguardanti quest'ultima ne possano condizionare in maniera determinante il ciclo economico o l'organizzazione.
In merito a tale disposizione, segnala come la definizione di indotto proposta sembri sovrapponibile con quella di cui all'articolo 2359, primo comma, numero 3), del codice civile, ai sensi del quale le società che sono sottoposte all'influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali si considerano controllate da quest'ultima.
Il comma 9 qualifica come nuove imprese quelle imprese che hanno meno di 5 anni di vita e che sono indipendenti, ovvero non sono partecipate in maggioranza da altre imprese, ovvero non sono state create nel quadro di una concentrazione o di una ristrutturazione e non costituiscono una creazione di ramo d'azienda.
In merito a tale disposizione segnala l'opportunità di rivederne la formulazione, in particolare chiarendo in termini più dettagliati il concetto di «indipendenza» della nuova impresa, eventualmente facendo riferimento alla nozione di società controllata di cui all'articolo 2359, primo e secondo comma, del codice civile, nonché specificando che non costituiscono nuove imprese quelle derivanti dalla cessione di uno o più rami d'azienda.
Ai sensi del comma 10, sono definite femminili le imprese con una partecipazione societaria non inferiore alla maggioranza assoluta, mentre il comma 11 definisce come imprese giovanili quelle imprese in cui si registra un partecipazione societaria di persone al di sotto dei trentacinque anni non inferiore alla maggioranza assoluta.
In merito a tali disposizioni segnala come le definizioni da esse recate riguardino solo le imprese organizzate in forma societaria.
Il comma 12 definisce come tecnologiche quelle imprese che sostengono spese di

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ricerca scientifica e tecnologica per almeno il 15 per cento dell'imponibile.
In merito a tale disposizione segnala l'opportunità di rivederne la formulazione, facendo riferimento al reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi.
L'articolo 13, comma 1, impone allo Stato di favorire in ogni modo la ricerca e l'innovazione, l'internazionalizzazione e la capitalizzazione delle micro, piccole e medie imprese e delle reti di imprese.
In particolare, lo Stato deve:
garantire alle micro, piccole e medie imprese e alle reti di imprese una riserva minima del 50 per cento degli incentivi statali, favorendo l'accesso a questi ultimi anche attraverso forme di aggregazione, con particolare riferimento alle associazioni temporanee di impresa dirette a realizzare progetti comuni;
sostenere la promozione delle micro e piccole imprese e delle reti di imprese nei mercati nazionali ed internazionali, mediante la definizione di linee guida e priorità, anche al fine di sostenerne la partecipazione agli eventi fieristici e le attività promozionali, nonché attraverso programmi di intervento in favore dei sistemi di associazione tra imprese;
assicurare che gli interventi di incentivazione alle imprese privilegino la logica di filiera;
incentivare gli investimenti innovativi e consolidare gli investimenti di tipo tradizionale.

In tale contesto, segnala, in quanto attinente agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, la lettera b), ai sensi della quale lo Stato stesso favorisce la trasparenza nei rapporti fra gli istituti di credito e le micro, piccole e medie imprese e le reti di imprese, assicurando condizioni di accesso al credito informato, corretto e non vessatorio.
A tal fine, si prevede l'attribuzione all'Autorità garante della concorrenza e del mercato dei poteri di cui agli articoli 12 e 15 della legge n. 287 del 1990 nei confronti degli istituti di credito, ai fini di verificare le condizioni di trasparenza del comportamento degli istituti verso le imprese e di accertare pratiche concertate, accordi od intese, nonché condizioni di ostacolo artificiosamente imposte rispetto all'esame del merito di credito delle imprese.
Al riguardo, ricorda che i predetti articoli 12 e 15 della legge n. 287 del 1990 attribuiscono all'Autorità antitrust poteri di indagine, diffida e sanzione in materia di intese restrittive della concorrenza ed abuso di posizione dominante.
A tale proposito segnala come la previsione appena illustrata dell'articolo 13 non sembri avere carattere innovativo, in quanto la normativa in vigore già riconosce tali poteri all'Autorità antitrust, anche con riferimento agli istituti di credito, come si evince dal disposto dell'articolo 20, comma 04, della citata legge n. 287, il quale stabilisce che, quando l'intesa restrittiva e l'abuso di posizione dominante riguardi imprese operanti in settori sottoposti alla vigilanza di più autorità (quali appunto il settore bancario e creditizio), ciascuna autorità possa adottare i provvedimenti di propria competenza.
Tale considerazione sembra rafforzata dal tenore del comma 5-bis del medesimo articolo 20, il quale prevede che la Banca d'Italia possa chiedere all'Autorità antitrust di autorizzare temporaneamente intese restrittive, per esigenze di funzionalità o per esigenze di stabilità, con ciò confermando la competenza primaria riconosciuta in materia a quest'ultima Autorità.
La lettera b) introduce inoltre l'obbligo, per gli istituti di credito, di trasmettere periodicamente al Ministero dell'economia e delle finanze, per la sua pubblicazione telematica, un rapporto sulle condizioni medie praticate su base nazionale e regionale, sui tempi medi di istruttoria relativa alla concessione di crediti, sul numero, sulla quantità di impieghi e sulla loro distribuzione per classi dimensionali di impresa.
In merito a tale previsioni evidenzia come sia già in funzione, in forza del dettato dell'articolo 2 della legge n. 108 del 1996, in materia di usura, un sistema

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di rilevazione dei tassi effettivi medi globali praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari, attribuito alla competenza regolamentare generale del Ministero dell'economia ed a quella, più specifica, della Banca d'Italia: appare pertanto opportuno chiarire se il nuovo meccanismo di trasmissione proposto si sostituisca a tale meccanismo ovvero lo integri.
Inoltre, segnala come la disposizione faccia riferimento ai soli istituti di credito, non richiamando invece gli altri intermediari creditizi.
Sempre con riferimento agli aspetti di competenza della Commissione Finanze, la lettera f) indica l'obiettivo di favorire la diffusione dei valori di merito, efficienza e responsabilità, attraverso politiche di integrale detassazione e decontribuzione dei premi di produzione, affermando inoltre la piena libertà di scelta dei lavoratori sulla destinazione del trattamento di fine rapporto.
La lettera g) prevede altresì che lo Stato favorisca politiche di detassazione e decontribuzione dei premi di produzione, nonché di graduale riduzione del cuneo fiscale.
A tale riguardo rileva il carattere sostanzialmente programmatico della disposizione, la quale non indica termini e contenuti delle predette politiche.
Ancora per quanto attiene agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala l'articolo 14, il quale reca, al comma 1, una delega al Governo per la riforma dell'imposizione tributaria relativa alle imprese.
La disposizione reca un insieme piuttosto articolato di principi e criteri direttivi.
In particolare, per quanto riguarda «l'imposta sui redditi», la lettera a) prevede, al numero 1), la differenziazione dell'imposizione sugli utili dell'impresa, prevedendo forme di detassazione in favore delle seguenti tipologie di investimento:
l'acquisizione, anche mediante locazione finanziaria, di nuovi macchinari o apparecchiature, purché detenuti per almeno tre anni dalla data dell'acquisto;
la realizzazione o acquisizione di sistemi e macchinari, gestiti da apparecchiature elettroniche, finalizzati alla riduzione dell'inquinamento dell'ambiente o all'adeguamento alle normative sulla sicurezza;
l'attività di ricerca e di sviluppo di prodotti e processi di produzione innovativi;
l'acquisizione di brevetti o di licenze funzionali all'esercizio delle attività dell'impresa;
l'acquisizione di beni e di servizi destinati all'incremento dell'esportazione dei prodotti e alle altre attività in materia di internazionalizzazione;
la formazione del personale.

In merito a tali previsioni evidenzia in primo luogo l'esigenza di fare riferimento all'imposizione sui redditi d'impresa e di lavoro autonomo, nonché di chiarire se l'agevolazione si applichi anche all'IRAP; segnala, inoltre, come non sia specificato in quali termini si dovrà sostanziare l'intervento di detassazione.
Inoltre il numero 1.7) della lettera a) prevede un ulteriore beneficio in favore delle imprese che adottano il regime di contabilità semplificata di cui all'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 (al quale sono ammesse le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice e le persone fisiche che esercitano imprese commerciali i cui ricavi annui non abbiano superato l'ammontare seicento milioni di lire per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi, ovvero un miliardo di lire per le imprese aventi per oggetto altre attività).
L'agevolazione consiste nell'esclusione dall'imposizione sui redditi delle spese complessivamente sostenute con riferimento alle finalità appena elencate, computando il valore degli investimenti e delle spese al netto dell'incremento dell'indebitamento riferibile all'impresa.

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In merito a tale disposizione segnala l'opportunità di chiarire che lo scomputo del valore degli investimenti e delle spese esclusi dall'imposizione riguarda gli incrementi di indebitamento riferibili ai predetti investimenti.
Ai sensi del numero 2) della predetta lettera a) si consente la deduzione, entro un limite massimo non superiore al 50 per cento, degli importi investiti dalle persone fisiche, dalle società di persone e dalle persone giuridiche come capitale di rischio delle micro, piccole e medie imprese, con esclusione dei soggetti controllanti, controllati o collegati.
Anche in questo caso, evidenzia, in primo luogo, l'esigenza di chiarire se l'agevolazione si applichi anche all'IRAP.
Il numero 3) prevede un regime d'imposizione speciale opzionale, in forza del quale le persone fisiche titolari di reddito d'impresa e di reddito da partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato, possono assoggettare tali redditi a tassazione separata con aliquota del 27,5 per cento.
La norma subordina la fruibilità del predetto regime opzionale alla condizione che i redditi prodotti, ovvero imputati per trasparenza ai soci, non siano prelevati o distribuiti; in tale ultimo caso, i redditi soggetti assoggettati a tassazione separata concorrono a formare il reddito complessivo imponibile secondo il regime ordinario e l'imposta già versata a titolo di tassazione separata si scomputa dall'imposta corrispondente ai predetti redditi prelevati o distribuiti.
Con riferimento alle modalità di determinazione dell'imponibile e di versamento delle imposte da parte delle micro, piccole e medie imprese, la lettera b) del comma 1 prevede:
1) di introdurre un regime semplificato per l'esecuzione degli obblighi documentali e degli adempimenti formali, nonché per la determinazione degli imponibili, anche superando, per i soggetti che adottano la contabilità semplificata di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, il criterio della competenza economica in favore del regime di cassa per la determinazione del reddito, anche in funzione della revisione degli studi di settore, eventualmente considerando le particolari modalità di svolgimento dell'attività dell'impresa.
In merito alla formulazione del numero 1), segnala l'esigenza di esplicitare che il regime di contabilità semplificata richiamato è quello previsto dall'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600;
2) di introdurre forme di imposizione forfetaria, anche aventi carattere di concordato triennale preventivo, per l'imposizione sul reddito di impresa e di lavoro autonomo.

Per quanto riguarda l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), la lettera c) prevede la progressiva esclusione dall'imposizione delle imprese, attraverso la progressiva elevazione della «soglia di tassazione» di cui all'articolo 11, comma 4-bis, lettera d-bis), del decreto legislativo n. 446 del 1997 (la quale prevede in realtà l'innalzamento, per le società in nome collettivo e in accomandita semplice, per le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate, della deduzione dalla base imponibile IRAP previste dal citato comma 4-bis), nonché, comunque, l'esclusione dalla base imponibile IRAP del costo del lavoro e degli «eventuali ulteriori costi», con precedenza in favore delle micro, piccole e medie imprese e dei soggetti con prevalente incidenza del costo del lavoro rispetto agli altri oneri.
In merito alla formulazione della lettera c), segnala l'esigenza di correggere la dizione «soglia di tassazione», facendo invece riferimento all'ammontare della deduzione dall'imponibile IRAP.
Inoltre, appare opportuno chiarire se il riferimento agli «eventuali ulteriori costi» che si propone di escludere dalla base imponibile IRAP intenda indicare l'esclusione di ogni costo, a qualunque titolo sostenuto dall'impresa.
Il comma 2 contiene un'ulteriore delega legislativa, per disciplinare la facoltà, in favore delle imprese creditrici nei confronti

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di amministrazioni pubbliche, in relazione a contratti di cessione di beni o di prestazione di servizi, di compensare i medesimi crediti con i debiti, gravanti a loro carico, relativi a obbligazioni tributarie e per oneri sociali.
I princìpi e criteri direttivi della delega prevedono che:
a) i contratti di cessione dei beni o di prestazione dei servizi devono essere stipulati in forma scritta;
b) i crediti devono essere certi, liquidi ed esigibili e fondati su un titolo esecutivo non più impugnabile;
c) l'impresa deve avere già adempiuto esattamente all'obbligazione, derivante dal contratto di cessione dei beni o di prestazione dei servizi, nei termini e secondo le modalità indicati nel contratto stesso;
d) la compensazione può essere effettuata esclusivamente con debiti tributari e «per oneri sociali».

In merito alla formulazione della lettera d), segnala l'esigenza di riformulare la dizione «per oneri sociali», la quale non risulta perspicua nel contesto della disposizione, specificando che la compensazione può avvenire, oltre che con somme dovute a titolo di tributi, con contributi o somme comunque dovute a titolo di oneri sociali.
Il comma 3 reca un'ulteriore principio direttivo relativo alla delega di cui al comma 2, il quale prevede di integrare le disposizioni del decreto legislativo n. 241 del 1997 (che disciplina, tra l'altro, la compensazione tra debiti tributari e contributivi e corrispondenti crediti), in modo da consentire la compensazione «di cui al medesimo comma 1» nell'ambito del versamento unitario delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, previsto dall'articolo 17 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997.
In sostanza, sebbene il tenore della disposizione non risulti molto chiaro, anche in ragione del riferimento, non perspicuo, «al medesimo comma 1», essa sembra volta a consentire la compensazione dei crediti di natura contrattuale vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione in sede di versamento unitario.
In merito alla formulazione della disposizione, segnala l'esigenza di verificare se il criterio di delega recato dal comma 3 non sia in realtà già compreso in quello di cui al comma 2, di chiarire maggiormente quale siano i versamenti che possono essere oggetto di compensazione, nonché di precisare il riferimento al non meglio precisato «medesimo comma 1» contenuto nella disposizione.
Il comma 4 disciplina la procedura di emanazione degli schemi dei decreti legislativi predisposti ai sensi delle deleghe di cui ai commi 1 e 2, prevedendo che su di essi sia acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario.
In merito alla formulazione di tale disposizione, rileva la necessità di correggere i riferimenti, ivi contenuti, alla legge n. 468 del 1978, integralmente abrogata dalla legge n. 196 del 2009.
Il comma 5 autorizza il Governo ad emanare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati ai sensi delle deleghe di cui ai commi 1 e 2, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno di essi.
Il comma 6 reca una clausola di copertura degli oneri derivanti dall'esercizio delle deleghe legislative conferite dall'articolo, stabilendo che i relativi decreti legislativi sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore di provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie. A questo fine si provvede, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, mediante finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria, in coerenza con quanto previsto dal Documento di programmazione economico-finanziaria.
In merito alla formulazione di tale disposizione rileva come, a seguito della riforma della disciplina sul ciclo annuale di bilancio operata dalla legge n. 196 del 2009, la legge finanziaria sia stata sostituita

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dalla legge di stabilità e il Documento di programmazione economico-finanziaria sia stato sostituto dalla Decisione di finanza pubblica.
Il comma 7 stabilisce il monitoraggio annuale, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, sulle occorrenze finanziarie connesse alla graduale attuazione della delega legislativa di cui al comma 1, a fronte delle somme stanziate annualmente in bilancio per lo stesso fine, anche al fine di dare copertura alle eventuali maggiori spese che si riscontrino rispetto alle previsioni iniziali, ai sensi dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468 del 1978.
In merito alla formulazione di tale disposizione rileva anche in questo caso la necessità di correggere il riferimento, ivi contenuto, alla legge n. 468 del 1978, integralmente abrogata dalla legge n. 196 del 2009.
Sempre con riguardo agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala l'articolo 15, comma 1, il quale impegna lo Stato a garantire norme e regimi fiscali di maggiore vantaggio per le imprese avviate da giovani di età inferiore a trentacinque anni, nei primi tre anni di attività, al fine di conservare e sviluppare l'imprenditorialità diffusa.
Tale termine di tre anni è prorogato di ulteriori due per le nuove imprese tecnologiche, per le nuove imprese femminili e per le imprese localizzate nelle aree svantaggiate.
In merito a tale disposizione, rileva come essa risulti piuttosto generica, ed abbia pertanto carattere eminentemente programmatico, non individuando in alcun modo in cosa consista il predetto regime tributario di vantaggio.
Il comma 2 prevede che le regioni, gli enti locali e le camere di commercio possono mettere a disposizione delle nuove imprese tecnologiche, che hanno in essere contratti stabili di collaborazione per ricerca e formazione con università e con enti di ricerca, aree e locali senza oneri per i primi cinque anni di attività dell'azienda; tali aree e locali possono essere affidati senza oneri a «soggetti di servizio» senza scopo di lucro partecipati a maggioranza da associazioni di imprese.
In meriti a tale disposizione, rileva l'opportunità di chiarire meglio la nozione di «soggetti di servizio»
Il comma 3 affida alle camere di commercio il compito di garantire la formazione e l'assistenza, anche operativa, ai soggetti di cui all'articolo 15.
L'articolo 16 istituisce l'Agenzia nazionale per le micro, piccole e medie imprese, alla quale è attribuito il compito di elaborare proposte per favorire lo sviluppo delle imprese con meno di cinquanta addetti e di predisporre un rapporto annuale del Presidente del Consiglio dei ministri, che individui le politiche e le specifiche misure da attuare per favorire la competitività delle micro, piccole e medie imprese.
Il predetto rapporto è trasmesso al Parlamento, che si esprime su di esso nei successivi sessanta giorni, anche adottando uno specifico atto sulle misure prioritarie da attuare.
L'Agenzia, che si avvale del contributo di un tavolo di consultazione permanente delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative del settore delle imprese, compie inoltre l'analisi preventiva circa l'impatto sulle micro, piccole e medie imprese dei disegni di legge e degli schemi di decreti legislativi, e verifica l'impatto successivo su tali imprese degli atti normativi.
Ai sensi dell'articolo 17 l'Agenzia è composta dal presidente, nominato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, e da quattro membri, di cui due nominati dal Ministero dello sviluppo economico, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome e uno dall'Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Il mandato del presidente e dei membri dell'Agenzia è fissato in cinque anni ed è rinnovabile una sola volta.
L'articolo 18 istituisce una Commissione parlamentare per le micro, piccole e medie imprese, composta da dieci senatori e da dieci deputati, avente compiti di indirizzo e controllo sull'attuazione degli

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accordi internazionali e della legislazione relativi alle micro, piccole e medie imprese.
Ai sensi dell'articolo 19, la Commissione valuta l'attuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi alle micro, piccole e medie imprese, favorisce lo scambio di informazioni e promuove le opportune sinergie con gli organismi e gli istituti per la promozione e la tutela delle micro, piccole e medie imprese operanti in Italia e all'estero e con associazioni, organizzazioni non governative e altri soggetti operanti in tale ambito.
La Commissione riferisce annualmente alle Camere sui risultati della propria attività e formula osservazioni e proposte.
L'articolo 20 pone le spese per il funzionamento della Commissione, pari a 30.000 euro annui, a carico, in parti eguali, dei bilanci interni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
L'articolo 20-bis introduce nel panorama legislativo nazionale lo strumento della «Legge annuale per la tutela e lo sviluppo delle micro e piccole imprese», stabilendo al riguardo l'obbligo del Governo di presentare, entro il 30 giugno di ogni anno, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni-città ed autonomie locali, un disegno di legge che definisca gli indirizzi, i criteri, le modalità e le materie di intervento al riguardo, sia attraverso norme di immediata applicazione, sia mediante deleghe legislative, autorizzazione all'adozione di regolamenti, decreti ministeriali e altri atti, sia attraverso norme integrative o correttive di disposizioni contenute in precedenti leggi, con esplicita indicazione delle norme da modificare o abrogare.
L'articolo 21 indica che le disposizioni della legge sono espressione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e), l) ed m), della Costituzione, ferma restando la potestà delle regioni e degli enti locali di garantire livelli ulteriori di tutela.
A tali fini, le regioni promuovono la stipula di accordi e di intese in sede di Conferenza permanente Stato-regioni per favorire il coordinamento dell'esercizio delle competenze normative in materia di adempimenti amministrativi delle imprese, nonché per il conseguimento di ulteriori livelli minimi di liberalizzazione degli adempimenti connessi allo svolgimento dell'attività d'impresa.
L'articolo 22 dispone in merito all'entrata in vigore delle legge, stabilendo, in tale contesto, al comma 2, che, salvo quanto diversamente ed espressamente previsto dai singoli articoli, gli organi ed i provvedimenti necessari per l'attuazione del provvedimento sono, rispettivamente, istituiti ed adottati entro sei mesi dalla sua entrata in vigore dalla medesima legge.
L'articolo 23 stabilisce che gli oneri derivanti dall'attuazione della legge saranno coperti con le risorse stanziate annualmente dalla legge finanziaria e determinate dai conseguenti provvedimenti attuativi.
A tale proposito, segnala come, a seguito della riforma della contabilità pubblica realizzata con la legge n. 196 del 2009, la legge finanziaria abbia mutato la sua denominazione in legge di stabilità.
Si riserva, quindi, di formulare una compiuta proposta di parere all'esito del dibattito, anche in considerazione dell'opportunità di verificare in maniera approfondita se le disposizioni recate dal provvedimento possano in qualche modo limitare od ostacolare lo svolgimento delle attività imprenditoriali, alle quali dovrebbe essere consentito di svilupparsi in un quadro di regole il più possibile chiaro e semplificato.

Gianfranco CONTE, presidente, condivide l'esigenza di un ulteriore approfondimento delle disposizioni recate dal provvedimento.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad un'altra seduta.

La seduta termina alle 13.20.

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ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Martedì 19 ottobre 2010. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Sonia Viale.

La seduta comincia alle 13.20.

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1060/2009, relativo alle agenzie di rating del credito.
COM (2010) 289 definitivo.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e conclusione - Approvazione di un documento finale).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 12 ottobre scorso.

Gianfranco CONTE, presidente, ricorda che, nella seduta del 12 ottobre scorso, il relatore, Fluvi, ha presentato una proposta di documento finale ed informa che la Commissione Politiche dell'Unione europea ha espresso nella giornata odierna il proprio parere sulla proposta di regolamento in esame.

La Commissione approva la proposta di documento finale formulata dal relatore (vedi allegato).

Gianfranco CONTE, presidente, informa che, se non vi sono obiezioni, il documento approvato, unitamente al parere espresso dalla Commissione Politiche dell'Unione europea, sarà trasmesso, oltre che al Governo, anche al Parlamento europeo e alla Commissione europea.

Sui lavori della Commissione.

Alberto FLUVI (PD) sollecita il Governo ad esprimere la propria posizione in merito al trasferimento dell'esame alla sede legislativa del testo unificato delle proposte di legge C. 2426 Golfo e C. 2956 Mosca, recante disposizioni in materia di parità di accesso agli organi delle società quotate in mercati regolamentati.
Rileva, peraltro, come il Governo non abbia ancora dato riscontro alla richiesta di predisporre una relazione tecnica sulla proposta di legge C. 1807 De Micheli, in materia di regime tributario dei redditi da locazione di immobili, adottata dalla Commissione come testo base nella seduta del 13 ottobre 2009.
Osserva, a tale ultimo riguardo, come una disposizione che prevede l'introduzione, in alternativa al regime ordinario vigente per la determinazione del reddito fondiario, di un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali, nonché dell'imposta di bollo, sui contratti di locazione, sia stata inserita nella bozza dello schema di decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale, esprimendo in proposito il timore che il comportamento del Governo sia volto, in realtà, ad insabbiare, di fatto, l'iter parlamentare della predetta proposta di legge.
Rinnova, infine, l'invito al Governo a definire con sollecitudine la questione della nomina del presidente della CONSOB, della quale evidenzia la particolare urgenza, ove si tenga conto, da un lato, del fatto che la predetta Autorità sta assolvendo le proprie funzioni in una composizione appena superiore al numero minimo per la formazione del collegio, con gli immaginabili rischi per la sua stessa operatività, e, dall'altro, della necessità di assicurare sia un'efficace vigilanza, in un momento di perdurante turbolenza dei mercati finanziari, sia un'adeguata rappresentanza del nostro Paese nelle sedi europee, presso le quali è in corso di definizione la riforma del sistema europeo di vigilanza finanziaria.

Gianfranco CONTE, presidente, informa di avere a sua volta sollecitato il Governo a fornire alla Commissione la richiesta relazione tecnica sulla proposta di legge volta ad introdurre la cosiddetta cedolare

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secca sugli affitti, ritenendo, peraltro, che la questione concernente la nomina del presidente della CONSOB sia ormai in via di risoluzione,
Ricorda, inoltre, di avere sollecitato al Ministro per i rapporti con il Parlamento e al Ministro dell'economia e delle finanze l'espressione dell'assenso del Governo in ordine al trasferimento alla sede legislativa dell'esame del testo unificato in materia di parità di accesso agli organi delle società quotate in mercati regolamentati, rilevando come, in caso di perdurante ritardo, appaia opportuno proseguire l'esame in sede referente del provvedimento, ai fini del suo inserimento in un prossimo calendario dei lavori dell'Assemblea.
Informa, altresì, di avere recentemente incontrato il nuovo presidente dell'Associazione bancaria italiana, Mussari, il quale ha manifestato la propria disponibilità ad intervenire dinanzi alla Commissione, nei primi giorni del mese di novembre, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui mercati degli strumenti finanziari.

Il Sottosegretario Sonia VIALE si impegna a fornire, in una delle prossime sedute, risposta alle richieste avanzate dalla Commissione, in particolare per quanto riguarda l'eventuale assenso del Governo alla proposta di trasferire alla sede legislativa l'esame del testo unificato in materia di parità di accesso agli organi delle società quotate in mercati regolamentati.

La seduta termina alle 13.30.