CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 30 settembre 2010
376.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
COMUNICATO
Pag. 74

SEDE REFERENTE

Giovedì 30 settembre 2010. - Presidenza del presidente Valentina APREA. - Interviene il Ministro dell'istruzione, università e ricerca, Mariastella Gelmini.

La seduta comincia alle 14.30.

Variazione nella composizione della Commissione.

Valentina APREA, presidente, comunica che sono entrati a far parte della Commissione i deputati Giuseppe Drago e Renzo Lusetti, ai quali rivolge un caloroso benvenuto e un sincero augurio di buon lavoro.

Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario.
C. 3687 Governo, approvato dal Senato, e abbinate C. 591 Tassone, C. 1143 Ghizzoni, C. 1154 Barbieri, C. 1276 Grimoldi, C. 1397 Barbieri, C. 1578 Mario Pepe (PdL), C. 1828 Narducci, C. 1841 Grassi, C. 2218 Picierno, C. 2220 Fucci, C. 2250 Garagnani, C. 2330 Garavini, C. 2458 Fioroni, C. 2460 Goisis, C. 2726 Carlucci, C. 2748 La Loggia, C. 2841 Lorenzin e C. 3408 Anna Teresa Formisano.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 22 settembre 2010.

Valentina APREA, presidente, avverte che sono pervenuti i seguenti pareri sul disegno di legge C. 3687, approvato dal Senato, adottato come testo base: la III Commissione ha espresso parere favorevole; la VI Commissione e la XIV Commissione hanno espresso parere favorevole con una osservazione; la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha espresso parere favorevole con condizioni ed osservazione; il Comitato per la Legislazione ha espresso parere favorevole con condizioni ed osservazioni.

Pag. 75

Avverte che nel corso dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti dei gruppi è stato deliberato di avviare in Assemblea l'esame del provvedimento in discussione, giovedì 14 ottobre 2010.

Manuela GHIZZONI (PD) prende atto favorevolmente delle decisioni assunte dalla Conferenza dei presidenti dei gruppi di calendarizzare la discussione del provvedimento in esame in Assemblea per giovedì 14 ottobre 2010, proprio nella direzione auspicata dal gruppo che rappresenta. Nel merito del provvedimento rileva che permangono diverse criticità, malgrado gli interventi correttivi già introdotti nel corso dell'esame al Senato, che non hanno risolto in radice le lacune del disegno di legge e che motivano una netta contrarietà sul provvedimento da parte del suo gruppo. Come già rilevato dai molti interventi svolti dai deputati del PD sia nel corso dell'esame in Commissione che nell'ambito delle audizioni, l'università italiana necessità di una riforma coraggiosa, davvero aperta al contributo di tutte le forze politiche e dei soggetti interessati alla sua applicazione - studenti, docenti, personale tecnico - che non coincidono con la rappresentanza della Conferenza dei rettori. Ritiene che il Ministro Gelmini abbia tradito con la riforma le proprie dichiarazioni programmatiche, rilevando che la fase della lunga gestazione del disegno di legge non abbia coinvolto le forze politiche e le rappresentanze sociali e di categoria, come d'altra parte accaduto al Senato. Il disegno di legge in esame è un pessimo provvedimento, pericoloso in diversi suoi aspetti. Pensa, in questo senso, agli accordi di programma, previsti all'articolo 1, comma 1; alla separazione tra merito e reddito nei premi di studio, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, alla delega per la predisposizione di un piano triennale sui rapporti di consistenza del personale dell'università, di cui all'articolo 5, comma 4, lettera d); all'associata asfissia di risorse e all'assoluta assenza di risposte alle legittime aspettative avanzate dai giovani di talento che vogliono entrare in modo strutturato nelle università, nonché da coloro i quali, già di ruolo, desiderano progredire nella carriera accademica.
Ribadisce che il progetto di legge è soffocato dall'ipertrofia normativa e da un uso spregiudicato della delega e della delegificazione. Richiama in questo senso l'attenzione del Ministro sul parere reso dal Comitato per la legislazione che esprime chiaramente come l'impalcatura della delegificazione prevista dal provvedimento in esame sia piena di errori, contraddizioni, eccessi di delega e così via. Si tratta quindi di un disegno di legge il quale, attraverso i suoi 200 commi e sottocommi, prevede una minuziosa cura dei dettagli, anche quantitativi, che produrranno l'effetto di fuga dalle responsabilità politiche e culturali, contrario a quello di autonomia responsabile attraverso la valutazione dei risultati e non il controllo dei processi, di cui realmente ha bisogno il sistema nazionale. Sottolinea la mancanza grave di risorse per gli atenei, ai quali per il prossimo anno difettano 1350 milioni di euro, che si aggiungono alle gravissime e draconiane misure previste dal decreto-legge n. 78 del 2010 contro i lavoratori del comparto ai quali sono stati tagliati scatti stipendiali, bloccate le progressioni di carriera, oltre che ridotte del 50 per cento i contratti a termine. Ribadisce quindi che non vi è traccia nel disegno di legge in esame di misure volte a risolvere la crisi finanziaria gravissima in cui il Governo ha portato l'università italiana, quasi come se le risorse necessarie fossero una variante ininfluente. Si tratta di una scelta inaccettabile, al pari di quella di anticipare l'esame del provvedimento in Assemblea prima dell'avvio della sessione di bilancio, considerando che nessuna norma incide sull'avvio del prossimo anno accademico. Ritiene quindi imprescindibile sapere quante risorse saranno restituite all'FFO e quante allocate per la progressione di carriera, per consentire l'attivazione di contratti a tempo determinato e sostenere il diritto allo studio. Anche la disciplina della governance risulta critica, in evidente violazione dell'autonomia delle università e in contraddizione con le dichiarazioni svolte dal Ministro

Pag. 76

in sede programmatica, allorquando dichiarava di preferire di porre le condizioni per valorizzare le specificità del sistema universitario piuttosto che prevederne una gestione fortemente centralizzata. Anche la trasformazione del Senato accademico in un mero organo consultivo è negativa, visto che dovrebbe essere l'organo il quale, in virtù della sua rappresentanza, definisce i piani strategici delle attività e gli indirizzi culturali didattici e di ricerca dell'ateneo.
Aggiunge che il diritto allo studio delineato dal Fondo per il merito appare come una scatola vuota e stigmatizza che il merito non è associato al reddito dei beneficiari, allontanandosi pericolosamente dal dettato costituzionale. Rispetto alle deleghe previste all'articolo 5, denuncia il rinvio sine die al'uso della valutazione per la valorizzazione del sistema. Rileva inoltre che la delega sulla contabilità è in palese contrasto con la legge 196 di riforma della contabilità e della finanza pubblica. Con riferimento ai ricercatori precari ritiene del tutto insoddisfacente la riscrittura della disciplina relativa agli assegni di ricerca, poiché considera necessario ripensare la condizione lavorativa del cosiddetto preruolo, preannunciando al riguardo proposte modificative al testo in esame volte ad introdurre la disciplina del contratto unico di formazione di ricerca, per garantirne le tutele sociali. Rileva d'altro canto che se non sarà sbloccato il turn over, con nuovi investimenti, si porrà una pietra tombale sulle legittime aspettative di coloro che, previa valutazione, aspirano ad entrare nel sistema universitario e progredire nella carriera. In conclusione, aggiunge, in ordine ai ricercatori di ruolo che con il loro lavoro gratuito consentono il regolare svolgimento dell'attività didattica, che appare necessario prevedere nuove risorse per sbloccare la relativa possibilità di carriera allo stato esistente, per almeno 15 mila posizioni.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdC) ringraziando il Ministro per la presenza che valorizza i lavori della Commissione, ritiene che la riforma universitaria, attesa da tutti, sia necessaria e urgente. Segnala peraltro che si tratta di un processo riformatore complesso da realizzare, che passa attraverso un percorso virtuoso di modifica che non si limita ad evidenziare ciò che non va. Considera però errore principale della riforma la mancata previsione di risorse a sostegno della sua attuazione: non è possibile effettuare riforme a costo zero, considerato che la mancanza di risorse a sostegno della riforma è ancora più grave ove si consideri che i recenti tagli al settore sono stati assai rilevanti. Aggiunge che nei prossimi anni la riduzione delle risorse per il settore universitario aumenterà ulteriormente, con un ulteriore ridimensionamento dell'università italiana che appare già oggi sottodimensionata rispetto ad altri Paesi europei. Il sistema è quindi al collasso, dato che le università, a fronte dei tagli previsti, nel 2011 non saranno più in grado di funzionare, nonostante le risorse ultimamente messe a disposizione dal Ministro Tremonti. Esprime, più in particolare, la convinzione che incentivare la competitività e il merito è sicuramente un obiettivo da apprezzare, ma che tale intenzione non può essere, di fatto, realizzata in mancanza dei fondi necessari. Avrebbe apprezzato maggiormente una riforma più coraggiosa, perseguendo l'obiettivo dell'abolizione del valore legale del titolo di studio e dell'unicità dei contratti previsti per i ricercatori; in essa manca inoltre una maggiore sinergia tra settore pubblico e privato.
Apprezza d'altro canto il rinvio dell'esame del provvedimento in Assemblea, ma ribadisce, nel merito, che si prevede un eccesso di dirigismo e centralismo che contrasta con il principio dell'autonomia universitaria. In particolare, non è accettabile che vi sia un'articolazione così puntuale delle regole che riguardano la governance ed altri aspetti organizzativi; se è importante senz'altro fissare delle regole, occorre però avere maggiore fiducia nell'autonomia delle università. Ritiene, quindi, che il sistema migliore sarebbe stato quello di prevedere il commissariamento

Pag. 77

delle università nel caso in cui non siano raggiunti gli obiettivi previsti o si superino gli stanziamenti di bilancio riconosciuti. Si tratta quindi di una normativa eccessivamente puntigliosa che crea confusione, soprattutto nel settore della governance - assegnando eccessiva importanza al ruolo del rettore -, senza considerare invece in modo adeguato il diritto allo studio e in particolare la necessità di garantire la parità di condizioni agli studenti meno abbienti. Sui ricercatori, infine, auspica che lo slittamento dei tempi per l'esame del provvedimento in Assemblea consenta un confronto tra tutti i gruppi, al fine di trovare soluzioni migliorative del testo.

Pierfelice ZAZZERA (IdV), premettendo di voler liberare la discussione da una contrapposizione delle parti di tipo esclusivamente ideologico, sottolinea innanzitutto che l'università e la formazione sono senz'altro dei settori importanti da riformare, sui quali è necessario investire, come peraltro ha affermato anche il Presidente del Consiglio nel corso del suo intervento di ieri alla Camera. Ritiene quindi fuor di dubbio che occorra riformare il settore, apprezzando il fatto che siano giunti importanti segnali di disponibilità dal Governo a modificare il provvedimento, senza porre la questione di fiducia, o ricorrere allo strumento del decreto legge. Apprezza in ogni caso il fatto che sia stato riconosciuto più tempo alla Commissione per esaminare il provvedimento, senza accelerare la calendarizzazione del provvedimento in Assemblea. Esiste quindi la possibilità di addivenire e scelte condivise.
Sottolinea quindi che ci sono alcuni aspetti del provvedimento che sono condivisibili, come ad esempio il principio dell'assegnazione dei finanziamenti sulla base della qualità; la scelta di prevedere un incarico a termine per il rettore; i codici etici; l'accorpamento degli Atenei e dei dipartimenti; l'obbligo di presenza per i docenti. Ritiene invece che il centralismo presente nel provvedimento e l'eccessiva burocratizzazione siano i suoi principali elementi critici; si può invece riflettere sulla ripartizione dei poteri tra Senato accademico e Consiglio di amministrazione. In particolare, ritiene che il settore pubblico e il settore privato debbano necessariamente fare sinergia, sottolineando peraltro che sarebbe necessario prevedere che la presenza degli studenti sia prevista piuttosto che nel Consiglio, all'interno dell'organo che si occupa di programmare l'attività didattica nell'università. Si chiede d'altra parte se sia utile ricorrere al previsto modello del Consiglio di amministrazione o se, invece, al fine di ottenere decisioni più immediate, sulla base di quanto si realizza anche dall'esperienza delle ASL, non sia più utile affidarsi ad un general manager. Ritiene quindi che la previsione di due distinte verifiche, una a livello nazionale e una a livello locale, non produrrà effetti benefici nel contrasto al fenomeno del nepotismo, considerando preferibile una soluzione che punti solo al concorso nazionale. Aggiunge, inoltre, che al fine di evitare il fenomeno del nepotismo, occorrerebbe intervenire con una specifica disposizione normativa che preveda l'incompatibilità di assumere incarichi accademici fino al terzo grado di parentela.
Sul tema dello svecchiamento delle università, segnala che non è ammissibile prevedere un'età pensionabile diversa per i docenti universitari rispetto ad altri soggetti pubblici, ritenendo di conseguenza necessario fissare anche per essi il limite di età pensionabile a 65 anni. Occorre infatti investire sui giovani, magari incentivando i docenti in pensione a lavorare presso istituti privati. Ritiene inoltre che per risolvere il problema dei ricercatori non serva una soluzione ope legis: si tratta infatti di lavoratori che sono per definizione a tempo determinato, ma che non possono restare precari a vita, dovendosi quindi prefigurare un percorso adeguato per consentire loro di accedere alla docenza. Segnala infine la necessità di prevedere adeguate risorse, anche tenendo conto di quanto, da ultimo, è stato investito in altri Paesi europei.

Pag. 78

Emerenzio BARBIERI (PdL) apprezza alcuni passaggi dell'intervento del collega Zazzera, che non ha esitato a cogliere favorevolmente alcuni aspetti della riforma, rivolgendosi al Governo in modo affatto diverso da quello riservato ieri dal presidente del suo partito al Presidente Berlusconi. Ritiene che sussista il dovere della maggioranza di valutare nel seguito dell'esame le proposte che verranno formulate dai gruppi di minoranza, come d'altra parte già preannunciato sia dal ministro che dal relatore. Valutare le proposte, peraltro, non significa necessariamente condividerle. Sottolinea quindi che nei giorni scorsi, dopo alcuni incontri che ha svolto con rappresentanti dell'opposizione, è emerso che le distanze su alcuni aspetti del provvedimento siano meno siderali di quanto sembri. Vi è quindi la possibilità di svolgere un confronto costruttivo e non preconcetto. È indubbio che prima dell'approvazione del provvedimento al Senato, l'università non fosse in situazione migliore di quella attuale. Si deve dare atto alla maggioranza invece di avere previsto una riforma che intende risolvere molte delle criticità del settore. Sul tema delle risorse, più volte richiamato nel corso del dibattito, tutti naturalmente auspicano che gli stanziamenti siano maggiori di quelli attuali; d'altra parte segnala che non è solo l'università, ma tutti i settori a lamentare la carenza di fondi, vista la difficile situazione economica mondiale. In conclusione, ritiene che il ministro stia facendo tutto ciò che è nelle sue possibilità per favorire gli stanziamenti previsti, in accordo con il ministro Tremonti. Auspica che analoghi sforzi siano portati avanti da tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione, presenti in Commissione, allo scopo di giungere alla definitiva approvazione del provvedimento.

Paola FRASSINETTI (PdL), relatore, intervenendo in sede di replica, desidera rispondere innanzitutto alle obiezioni pervenute nel corso del dibattito in Commissione sia sul metodo che sul merito. Sul metodo, ritiene che le proteste pervenute dall'opposizione sui presunti tempi stretti di esame siano frutto più di una volontà di contestazione aprioristica che di una reale necessità. È noto infatti come le linee guida del disegno di legge in esame siano state presentate dal ministro Gelmini quasi due anni fa e che il provvedimento è rimasto fermo al Senato per circa 8 mesi. Sui lavori della Commissione evidenzia invece la quantità di giorni e di ore passate ad esaminare il provvedimento e la qualità del dibattito che si è svolto. Ringrazia quindi innanzitutto la Presidente Aprea per aver consentito un'ampia discussione che ha visto interventi di molti esponenti della Commissione e anche di altri autorevoli deputati non facenti parte di essa, a dimostrazione della completezza della discussione. Per quanto riguarda la fase istruttoria delle audizioni, ribadisce d'altro canto che sono state audite tutte le parti interessate alla riforma, sia quelle istituzionali - come la CRUI, il CUN e il CNSU - che le associazioni di ricercatori, fino alle organizzazioni rappresentative delle categorie interessate dall'applicazione del provvedimento. Avrebbe compreso quindi una presa di posizione dura se ci fosse stata l'intenzione di approvare il provvedimento nel testo licenziato dal Senato; avendo invece già preannunciato l'intendimento di consentire margini di modificabilità del disegno di legge, ribadisce l'invito ai gruppi dell'opposizione a formulare proposte nel merito del provvedimento e non a limitarsi a sterili denunce di metodo.
Proprio nel merito, rileva che l'opposizione ha espresso posizioni diversificate: alcune di critica totale, altre anche di apprezzamento e riconoscimento della necessità della riforma. Richiama in particolare l'autorevole intervento del vicepresidente Nicolais che nel suo intervento ha apprezzato l'istituzione dell'abilitazione nazionale ed il sistema di valutazione; come pure quello della collega De Torre, che ritiene importante la possibilità delle università di federarsi, o della collega Santolini che ha individuato molti aspetti positivi nella nuova governance, nella mobilità dei docenti, nel fondo per gli studenti

Pag. 79

meritevoli. Rileva che le critiche si sono soprattutto concentrate sulla mancanza di risorse, sul fatto di come la tenure track sia uno strumento positivo che senza risorse diventerebbe inutile. In altre occasioni, invece, l'opposizione ha avanzato critiche generiche senza indicare un vero e proprio modello alternativo. Il collega Tocci, nel suo veemente intervento, ha formulato obiezioni sul mancato avvio dell'Anvur, sulla mancanza di risorse, sull'eccessiva presenza di norme, ma non ha formulato alcuna proposta autenticamente alternativa. Richiama d'altra parte proprio le considerazioni svolte dal collega Zazzera, invitando il collega Tocci a precisare come si può sostenere che ci sia una aziendalizzazione del sapere, se secondo lui la presenza di tre esterni nel Consiglio di amministrazione significa privatizzazione, con un'idea un po' particolare di privatizzazione. Occorre poi chiarire se si ritiene che ci sia un'impostazione dirigistica del Ministro o, come si afferma, se si va invece verso un modello aziendalista dell'università. Si tratta di considerazioni contraddittorie perché solitamente le spinte dirigiste e centralistiche vanno in direzione opposta al concetto di privatizzazione che presuppone uno stemperamento del potere centrale verticistico.
Ricorda, d'altra parte, come nel corso delle audizioni svolte gli organismi istituzionali delle Università abbiano espresso giudizi complessivamente positivi sulla riforma. Per esempio il CUN valuta favorevolmente la scelta di operare una riforma dell'intero sistema universitario, intervenendo su alcuni aspetti importanti quali la semplificazione della governance; la possibilità degli atenei di fondersi; l'abilitazione scientifica nazionale, auspicando al contempo che non si verifichi un blocco pluriennale dei concorsi. Sottolinea d'altra parte l'importanza della presa di posizione della CRUI che richiede di approvare rapidamente il testo, richiesta che, pervenendo proprio da chi vive l'università in prima persona, come fanno i rettori, ha un particolare significato. Tra le proposte emendative avanzate dalla CRUI nessuna tende invece a snaturare il provvedimento e anzi alcune sono degne d'attenzione, come quella sui cosiddetti ex lettori, relativa agli agganci stipendiali ai quali fare riferimento nelle ricostruzioni di carriera mettendo gli atenei al riparo da contenziosi; nonché quella relativa all'inserimento dei presidenti di dipartimento nel Senato accademico. Anche i rappresentanti degli studenti hanno espresso giustamente preoccupazione per gli stanziamenti di risorse, pur apprezzando il fatto che la loro presenza negli organi degli atenei sia aumentata. Ritiene quindi significativo che proprio dai giovani giungano apprezzamenti alla riforma in esame. Preannuncia in specie che prenderà in seria considerazione l'interessante proposta fatta da alcuni studenti del CNSU, affinché il prestito d'onore non sia richiesto agli studenti che si siano laureati con il massimo dei voti e siano in possesso di determinati requisiti meritocratici. Aggiunge che anche il dottor Rocca, rappresentante di Confindustria, ha espresso un giudizio complessivamente positivo sul provvedimento in esame, in particolare ritenendo che il sistema di reclutamento di docenti e ricercatori in esso previsto sia in linea con la migliore prassi internazionale, con il riconoscimento di una nuova governance snella ed efficace che rassicura sulla bontà della scelta. Sottolinea che le associazioni dei ricercatori che si sono presentate in Commissione hanno esposto il problema noto che li riguarda, pur esprimendo profonde divisioni e differenti punti di vista. Rileva peraltro con soddisfazione di aver sentito soprattutto dai giovani ricercatori della CGA apprezzamenti sull'impianto del disegno di legge in esame.
Ribadisce quindi l'intendimento di evitare qualsiasi tipo di sanatoria che sarebbe in totale contrasto con lo spirito della riforma. Il problema dei ricercatori si risolve sia con la tenure track, reale opportunità per i più giovani, sia con l'auspicabile indizione di bandi di concorso, per favorire l'inserimento di un numero di ricercatori a tempo indeterminato equivalente a quello in possesso dei requisiti richiesti. Ripete quindi i motivi illustrati nella relazione, che richiama, per i quali

Pag. 80

ritiene positiva la riforma, ma evidenzia che nel corso dell'esame è intervenuto un fatto nuovo e positivo: gli interventi del ministro Gelmini e del ministro Tremonti sugli stanziamenti all'università, relativamente anche alla nuova dotazione. Proprio in occasione dell'annuncio di quegli interventi si è sottolineato come non sia possibile sviluppare la riforma senza rivedere la dotazione necessaria; nello stesso tempo la dotazione poteva essere però rivista solo sul presupposto della riforma. È comunque rassicurata dal fatto che tra le necessità individuate dal Governo sia data priorità a garantire il diritto allo studio, supportando gli studenti meritevoli, ma con difficoltà economiche; al completamento del percorso universitario e allo stanziamento di risorse per consentire ai ricercatori di avere prospettive di carriera.
In conclusione, si riserva di presentare emendamenti al testo in esame, rappresentando la propria disponibilità a valutare attentamente eventuali proposte di modifica che dovessero venire presentate dai gruppi, con un unico punto fermo: non snaturare l'impianto essenziale della riforma, garantendone l'integrità strutturale. Preannuncia che non potranno pertanto trovare accoglimento eventuali emendamenti volti a stravolgere l'impianto del provvedimento. Il disegno di legge potrà essere ancora migliorato, ma ritiene che vada salvaguardato lo spirito del testo che considera di alto profilo, approvandolo rapidamente per difendere le conquiste ottenute nell'interesse dell'università italiana e quindi dell'Italia.

Il ministro Mariastella GELMINI sottolinea che ha seguito con grande interesse gli elementi emersi nel corso dell'esame del disegno di legge di riforma universitaria, a partire dalla relazione dell'onorevole Frassinetti, che ringrazia calorosamente per la sua limpida e dettagliata illustrazione del disegno di legge del Governo, a seguire poi con i numerosi interventi di maggioranza e opposizione. Ritiene che si sia assistito ad una discussione di alto livello che contribuirà certamente a migliorare ulteriormente il testo. L'imminenza della sessione di bilancio e la prossima apertura dell'anno accademico impongono peraltro uno sforzo di sintesi e di concretezza che privilegi la qualità degli interventi, sulla quantità. Sottolinea che ci sono state anche posizioni critiche, ma che sono stati toccati punti molto importanti. Dalla discussione è emersa prima di tutto l'assoluta condivisione del fatto che non si può rimandare oltre un intervento riformatore incisivo: lo hanno detto colleghi della maggioranza e dell'opposizione e ritiene che ci sia una vasta consapevolezza di ciò anche all'esterno del Parlamento. Segnala, inoltre, che ha colto in molti interventi, qualcuno con più critiche, altri meno, la sottolineatura della necessità di una riforma organica, sia per quel che riguarda la governance sia per ciò che concerne il reclutamento. Non ritiene, però, che l'università italiana sia «un malato terminale», né, rispondendo all'onorevole Bachelet, che essa sia «la sede di tutti i mali». Esistono però, a suo giudizio, storture e problemi che tutti conoscono, cercare di rimediare alle quali non significa ignorare quanto di buono le università e i docenti fanno giorno dopo giorno. Ritiene in particolare che i fenomeni di nepotismo e di gestione non oculata delle risorse da parte di alcune università non possano essere sottaciuti, in quanto, altrimenti, si rischierebbe di compromettere anche il buon nome dell'università in generale e quello, in particolare, delle università d'eccellenza. Esiste quindi il dovere del Parlamento di salvaguardare il buon nome dell'università, intervenendo lì dove c'è poca trasparenza.
Ringrazia quindi i colleghi che hanno messo in luce il respiro e l'organicità del provvedimento, come hanno fatto le onorevoli Goisis e Giammanco. Sottolinea che è questo uno dei tratti distintivi del disegno di legge in esame, apprezzando il fatto che il Parlamento abbia resistito alla facile tentazione di stralciare alcune parti di esso, preferendo invece lavorare su un testo che coniughi organicamente norme in materia di governance, diritto allo studio e reclutamento. Proprio sulla governance, segnala che occorre prima di tutto

Pag. 81

riconoscere la necessità di una maggiore trasparenza e responsabilizzazione, come ha giustamente sottolineato l'onorevole Di Centa; l'autonomia, riferendosi alle parole dell'onorevole Goisis, ha portato infatti ad abusi ed eccessi, ma non per questo, certo, va abbandonata. Ritiene infatti che il provvedimento in esame contempli un buon grado di autonomia con uno di responsabilità, prevedendo tra l'altro, all'articolo 1, comma 2, una clausola di progressiva liberalizzazione delle norme in materia, man mano che le università dimostrano di essere ben gestite. Rileva inoltre che il provvedimento è stato accusato di dirigismo, accusa facile, ma ingiusta. In futuro poi la forza della valutazione e il suo impatto pervasivo sui comportamenti dei singoli e delle istituzioni consentiranno di abbandonare molte delle regole che previste dal provvedimento. Ritiene però che i tempi per la rivoluzione indicata non siano ancora maturi. Sottolinea d'altra parte che l'accusa di dirigismo sarebbe giusta se ci fosse già un sistema di valutazione pienamente operativo, come ad esempio succede negli USA e in altri Stati europei; il dirigismo compensa infatti l'assenza di dati in materia di valutazione. Rileva invece che tale sistema ancora non esiste, in quanto l'ANVUR è nella fase iniziale della sua operatività. Precisa peraltro che a breve l'attività dell'ANVUR potrà definitivamente decollare; quindi tra un paio di anni, e solo allora, non sarà più necessaria una normativa così dettagliata. Il disegno di legge si colloca infatti nel contesto storico nel quale si trova, contesto che a fronte dell'assenza della valutazione e della troppa autonomia data alle università, obbliga a prevedere normative molto dettagliate. Evidenzia, d'altro canto, che se è vero che il 7-10 per cento delle risorse è stato distribuito sulla base di criteri meritocratici, i dati presi in considerazione per tale assegnazione sono ancora troppo recenti e troppo scarni; la deregulation non è quindi ancora possibile. Invita, in ogni caso, i colleghi a considerare con particolare attenzione le norme che già si spingono in quella direzione: la possibilità che gli atenei virtuosi sperimentino proprie modalità di organizzazione e gestione; la facoltà data agli atenei medi e piccoli di semplificare ulteriormente la struttura interna, una norma che riguarda oltre la metà di tutte le istituzioni universitarie; l'eliminazione di macchinose procedure elettive per la formazione delle commissioni di concorso e la completa libertà data agli atenei di regolare, come meglio credono, le procedure interne di chiamata, selezione e promozione.
Fa proprio l'auspicio dell'onorevole Capitanio Santolini relativo a una riforma più coraggiosa. Precisa al riguardo che se ci saranno proposte in linea con lo spirito riformista del provvedimento, passi in avanti e non indietro, aperture e non chiusure, saranno valutate con la massima attenzione. L'abolizione del valore legale del titolo di studio rappresenta però un punto d'arrivo e di qualcosa quindi che non si può fare subito; ma l'introduzione dell'accreditamento delle sedi e dei corsi va proprio nella direzione indicata, insieme a tante altre norme - come ad esempio quelle relative al costo standard per studente - che porteranno le università a concentrarsi proprio sulla qualità intrinseca dei corsi. Ha rilevato inoltre con particolare interesse alcune osservazioni sulla necessità che il sistema universitario sappia meglio differenziarsi per compiti e funzioni, come messo in evidenza per esempio dall'onorevole De Torre. Si tratta di un'esigenza necessaria, non per ripartire le università in gironi, ma per consentire a ciascuna di esse di esprimere al meglio le proprie potenzialità. Ritiene, infatti, che se si vuole un'università più internazionale e più attrattiva, come chiede l'onorevole Garavini, occorre liberare le energie del sistema e metterlo in grado di competere. Sottolinea come molti colleghi abbiano affrontato il tema delle risorse, che ovviamente è centrale. Ricorda peraltro che la settimana scorsa il Governo, nella persona del Ministro Tremonti, ha assunto un impegno pubblico a ripristinare le risorse necessarie per il 2011, sottolineando peraltro che è la legge di bilancio di fine anno a prevederle e che

Pag. 82

alcune prime misure qualificanti verranno anticipate nel disegno di legge di riforma. Sottolinea in particolare che è stato fatto un grande lavoro con il Ministero dell'economia in sede politica e tecnica per individuare tutti gli spazi possibili al fine di liberare risorse per l'università. È stato un lavoro lungo, per alcuni aspetti conflittuale, e impegnativo, considerando la giusta necessità del Ministero dell'economia di risparmiare quanto più possibile. Ringrazia quindi il Ministro dell'economia e i Capi Dipartimento dei vari ministeri che si sono adoperati per il raggiungimento dell'accordo: è stata raggiunta un'intesa importante di cui si è data notizia in una Conferenza stampa la scorsa settimana, anche alla presenza dei gruppi di opposizione. Ritiene che si tratti della prima volta in cui un Ministro del'economia dà la disponibilità a rivedere un taglio di spesa di oltre un miliardo e duecento milioni, tenendo conto del finanziamento degli stipendi, delle risorse del Fondo di finanziamento ordinario per le università, del diritto allo studio - per esempio progetti come Erasmus -, delle università non statali e dei ricercatori.
Sui ricercatori, segnala in specie che si tratta dell'elemento indubbiamente di maggiore criticità, in quanto il blocco dello scatto di anzianità incide in particolare sui primi anni di carriera e i concorsi inoltre sono bloccati. Si prevede quindi un blocco degli scatti di anzianità e concorsi a professori associati per i ricercatori che già operano, mentre per i non ricercatori si è introdotto la figura del tenure track. Sottolinea che la risposta che si intende dare ai ricercatori è pragmatica e realistica, ma profondamente rispettosa del loro ruolo e della loro funzione. Essa si articola in almeno due distinti provvedimenti: per prima cosa si intende garantire con un cofinanziamento alle università la messa a concorso di un congruo numero di posti di associato all'anno nei prossimi 6 anni, a partire già dal 2011. Si tratta di posti che potranno essere coperti con le nuove regole previste dal provvedimento, senza le interminabili lungaggini dei vecchi concorsi. Si vuole inoltre reintrodurre per i ricercatori e i docenti nelle prime fasi della carriera, su base valutativa e meritocratica, gli scatti stipendiali. Ricorda, inoltre, che si stanno valutando ulteriori misure per venire incontro alle legittime aspirazioni dei ricercatori, nel rispetto dei principi generali cui si ispira il provvedimento. Invita tutti a valutare serenamente il pacchetto di misure previste; di più o di diverso non è possibile fare, a meno di non voler prendere strade irresponsabili. Ritiene quindi che il Governo abbia fatto ciò che era suo compito fare. Si tratta di una riforma buona, anche se naturalmente perfezionabile. Ricorda però che sono fatti due anni di lavoro intenso, ascoltando tutti i soggetti coinvolti; il disegno di legge è frutto infatti della concertazione con il mondo universitario, le forze di opposizione e i soggetti che rappresentano il settore della competitività. In particolare, è stata coinvolta la Confindustria e anche le regioni per quel che riguarda il diritto allo studio. Rileva inoltre che con i risparmi relativi alle sedi distaccate e al taglio degli insegnamenti sono state trovate risorse per circa un miliardo di euro, cioè circa quello che era stato tagliato.
Sottolinea quindi che, concluso il lavoro del Governo, il disegno di legge deve essere ora valutato dal Parlamento al quale spetta di decidere. Auspica che si raggiunga su di esso un'ampia condivisione. Esprime peraltro il proprio disappunto sul fatto che il provvedimento potrebbe venire approvato probabilmente dall'Assemblea dopo la sessione di bilancio. Ciò complicherebbe infatti la vita degli atenei che devono predisporre i bilanci per l'anno prossimo e la situazione dei ricercatori. Il Governo ha fatto quel che doveva fare; dell'eventuale rinvio dell'anno accademico, o di altre tensioni sociali dovute al ritardo dell'approvazione del disegno di legge, dovrà invece farsi carico il Parlamento. Ribadisce che le risorse per l'avvio della riforma ci sono, auspicando che nel corso della prossima settimana possa essere concluso l'esame di eventuali emendamenti che tengano conto anche di questo aspetto. Deve rilevare però che la decisione della Conferenza dei presidenti

Pag. 83

dei gruppi di prevedere l'avvio dell'esame del provvedimento in Assemblea a partire dal prossimo 14 ottobre - che deriva forse da tensioni di tipo politico, non riconducibile al tema dell'università - potrebbe creare problemi rilevanti per il settore. Auspica quindi che in Commissione possa esserci l'assunzione di responsabilità dei parlamentari di tutte le forze politiche, per giungere all'approvazione del provvedimento prima dell'avvio della sessione di bilancio alla Camera.

Valentina APREA, presidente, sottolinea la gravità e la serietà delle parole del Ministro Gelmini, al di là delle riserve espresse da alcuni colleghi in merito alla veridicità dei dati forniti, e la responsabilità che ricade sulla Commissione per la discussione del provvedimento, in relazione ai tempi previsti per la sua approvazione.

Manuela GHIZZONI (PD) ribadisce che non esiste alcuna contraddizione tra l'esame del provvedimento in discussione e l'avvio della sessione di bilancio, nell'ambito della quale potranno essere allocate le relative risorse.

Il ministro Mariastella GELMINI ribadisce che vi è una forte tensione tra i ricercatori, rilevando che i bilanci delle università si approvano a fine anno ma sono definiti nel corso di queste settimane. Ribadisce le preoccupazioni già espresse per l'eventuale ritardo di un'entrata in vigore della riforma, per la quale attuazione è stato previsto lo stanziamento contestuale delle risorse che sarà formalizzato nel disegno di legge collegato alla manovra finanziaria previsto a dicembre. Sottolinea quindi che licenziare il disegno di legge a metà ottobre avrebbe sicuramente un valore diverso, rispetto all'approvazione del provvedimento a novembre. Confida quindi che, nel corso di un'ulteriore settimana di lavoro, la Commissione possa pervenire all'eventuale valutazione di modificare alcuni aspetti del provvedimento emersi nel corso della discussione, per giungere però alla sua approvazione definitiva prima dell'avvio della sessione di bilancio. Non si tratta di fare un favore al Governo, ma all'università; l'accordo all'interno dell'Esecutivo, tra il suo dicastero e quello dell'economia, è assodato e la riforma è in campo. Ritiene quindi che il provvedimento potrà essere affinato, ma approvarlo in tempi brevi rappresenterebbe il fiore all'occhiello per tutti.

Valentina APREA, presidente, auspica che l'esame del provvedimento possa concludersi in tempi rapidi, confidando sulla disponibilità di tutti i gruppi a svolgere un confronto costruttivo sui temi emersi nella discussione.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 16 alle 16.15.