CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 28 settembre 2010
374.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 28 settembre 2010. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 11.10.

Disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare.
Nuovo testo C. 2260-A Governo ed abb.

(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazioni).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Maria Piera PASTORE (LNP), relatore, illustra il provvedimento in esame. Preliminarmente, osserva che esso reca una serie articolata di misure volte a rafforzare la competitività del settore agroalimentare ed appare pertanto riconducibile nel suo complesso alla materia della tutela della concorrenza, di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione nonché alla materia «agricoltura», di competenza residuale delle regioni.
Segnala quindi che all'articolo 2, comma 1-sexies, nel disciplinare la «produzione integrata», appare opportuno specificare maggiormente quale sia il soggetto (il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali d'intesa con le regioni ai sensi del comma 1-sexies ovvero l'organismo tecnico-scientifico di cui al comma 1-octies) cui compete la previsione di «un opportuno coordinamento con eventuali segni distintivi già adottati dalle regioni per la produzione integrata», ai sensi dell'ultimo periodo del suddetto comma 1-sexies.
Si sofferma poi sul comma 1-octies, che prevede che l'istituzione di un organismo tecnico-scientifico all'interno del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali avvenga con successivi provvedimenti, da adottare «di concerto con le regioni e le province autonome».
Sottolinea, al riguardo, l'opportunità di valutare se fare riferimento, al suddetto comma 1-octies, «all'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni» anziché al «concerto con le regioni e le province autonome», considerato che, ai sensi della circolare del Presidente della Camera del 20 aprile 2001, il termine «intesa» si utilizza per le procedure tra soggetti appartenenti ad enti diversi mentre il termine «concerto» per le procedure tra più soggetti appartenenti allo stesso ente.
Rileva, infine, l'opportunità di valutare se la definizione di «requisiti e dei dettagli tecnici che contraddistinguono la produzione integrata», che il comma 1-sexies attribuisce ad un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con le regioni, non possa in parte sovrapporsi con la definizione del «regime e modalità di gestione del sistema di produzione integrata» e con la «disciplina produttiva e modalità di controllo» che il comma 1-octies attribuisce all'organismo tecnico-scientifico istituito all'interno del Ministero.
Pertanto, alla luce di quanto testé evidenziato, formula una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato).

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

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Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario.
C. 3687 Governo ed abb.

(Parere alla VII Commissione).
(Esame e rimessione alla Commissione).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Alessandro NACCARATO (PD) chiede che, in considerazione della particolare rilevanza del provvedimento in titolo, il relativo esame si svolga presso la Commissione nella sua composizione plenaria.

Isabella BERTOLINI, presidente, prende atto della richiesta del collega Naccarato e, sentito il presidente della Commissione, avverte che la seduta in sede consultiva per l'esame del provvedimento in titolo sarà convocata nella giornata odierna.

La seduta termina alle 11.20.

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

Martedì 28 settembre 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 11.30.

In ordine alla proposta di legge C. 3579 Lo Monte ed altri recante «Norme per la salvaguardia del sistema scolastico nella regione Sicilia e per la rinnovazione del concorso per dirigenti scolastici indetto con decreto direttoriale 22 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 94 del 26 novembre 2004».

Donato BRUNO, presidente, ricorda che la Commissione, nella seduta del 3 agosto 2010, ha concluso l'esame in sede referente della proposta di legge C. 3286 Siragusa, conferendo al relatore, deputato Cristaldi, mandato a riferire favorevolmente in Assemblea sul testo elaborato dalla Commissione, il quale prevede «norme per la salvaguardia del sistema scolastico nella regione Sicilia e per la rinnovazione del concorso per dirigenti scolastici indetto con decreto direttoriale 22 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 94 del 26 novembre 2004».
Avverte che, successivamente al conferimento del mandato al relatore, è stata assegnata alla Commissione la proposta di legge C. 3579 Lo Monte ed altri recante «Norme per la salvaguardia del sistema scolastico nella regione Sicilia e per la rinnovazione del concorso per dirigenti scolastici indetto con decreto direttoriale 22 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 94 del 26 novembre 2004».
Propone pertanto che la proposta di legge n. 3579, vertente su materia identica a quella della proposta di legge C. 3286, sia considerata ricompresa nella relazione da svolgere per l'Assemblea.

Nicolò CRISTALDI (PdL), relatore sulla proposta di legge C. 3286, prende atto della comunicazione del presidente. Ricorda quindi che erano state avviate le procedure per il trasferimento alla sede legislativa ma ora sembra esservi stata una pausa di riflessione; a questo punto, segnala la necessità di chiarire come si intenda procedere sul provvedimento in titolo.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che, in un primo momento, era stato acquisito il consenso di tutti i rappresentanti dei gruppi in Commissione al trasferimento alla sede legislativa del provvedimento ma, successivamente, il gruppo della Lega Nord Padania ha ritirato il proprio assenso. Occorre quindi verificare se, a questo punto, vi sia o meno il consenso di più dei quattro quinti dei componenti della Commissione, come prescritto dal regolamento della Camera per il trasferimento alla sede legislativa.

La seduta termina alle 11.35.

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ATTI DEL GOVERNO

Martedì 28 settembre 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 11.35.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2008/51/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, che modifica la direttiva 91/477/CEE del Consiglio, relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi.
Atto n. 236.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 22 settembre 2010.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.40

DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Martedì 28 settembre 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 11.40.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province.
Atto n. 240.

(Rilievi alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale).
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 22 settembre.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.45.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 28 settembre 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Guido Viceconte.

La seduta comincia alle 11.45.

Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento.
Nuovo testo C. 2350, approvato in un testo unificato dal Senato ed abb.

(Parere alla XII Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Isabella BERTOLINI (PdL), relatore, avverte che nella relazione che si accinge a svolgere formulerà alcune considerazioni di carattere personale, dalle quali ritiene di non doversi esimere, considerata la delicatezza della materia in discussione, fermo restando che al momento della predisposizione della proposta di parere terrà conto, in qualità di relatrice, degli orientamenti prevalenti che saranno emersi dal dibattito.
Illustra quindi la proposta di legge in esame, approvata in un testo unificato dal Senato, che interviene per disciplinare i temi dell'alleanza terapeutica tra medico e paziente, del consenso informato e delle dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT). Ricorda che l'introduzione nel nostro ordinamento di disposizioni su queste materie è da anni oggetto di discussione in Italia.

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Rileva che con tale innovazione legislativa si vuole consentire ad ogni individuo di esprimere le proprie determinazioni in relazione ad una eventuale situazione in cui potrà venirsi a trovare in futuro. Ciò consente che il trattamento medico che gli verrà riservato nella situazione in cui non fosse più capace di intendere e di volere corrisponda alla sua visione del mondo ed alla sua percezione sul modo in cui sia giusto attraversare la fase estrema della vita.
Si tratta di temi da tempo oggetto di dibattito dottrinario e giurisprudenziale, collegati al riconoscimento costituzionale (articolo 32) del diritto alla salute quale diritto fondamentale e all'individuazione - salvo i casi di trattamenti sanitari obbligatori previsti da una legge - di una generale libertà di autodeterminazione nelle scelte terapeutiche, della quale una piena e consapevole informazione è presupposto essenziale.
La proposta di legge in esame circoscrive l'autodeterminazione del soggetto-paziente sia rispetto alle forme con le quali può redigere le DAT (atto scritto, validità, revocabilità, eccetera), sia rispetto ai contenuti che esse possono assumere. In particolare viene escluso che tali direttive possano richiedere qualsiasi forma di eutanasia, attiva o passiva, e che con esse si possa chiedere di non essere assoggettati a idratazione ed alimentazione, in quanto tali trattamenti non sono cure, ma forme di sostegno vitale.
Per quanto riguarda le dichiarazioni anticipate di trattamento, queste possono assumere rilievo in presenza di malati terminali in stato di incoscienza, in particolare quando non sussistano ragionevoli possibilità di una progressione favorevole del loro decorso clinico. In tale ambito, infatti, si è ritenuto necessario valutare la possibilità di dare rilievo alle volontà precedentemente manifestate dal paziente, qualora ci siano, individuando spazi attribuiti alla discrezionalità medica nel verificare la rilevanza che a tali volontà si debba riconoscere.
Rileva che attualmente, specifiche disposizioni normative prevedono il consenso informato nei trattamenti sanitari, mentre manca una disciplina normativa delle dichiarazioni anticipate di trattamento, a parte riferimenti alla volontà del paziente contenuti nella Convenzione di Oviedo e nel codice di deontologia medica.
Si sofferma dunque sul contenuto del provvedimento, del quale la XII Commissione affari sociali ha concluso l'esame il 12 maggio scorso, che si compone di 9 articoli. L'articolo 1 sancisce i principi della tutela della vita umana e della dignità della persona, del divieto dell'eutanasia e dell'accanimento terapeutico, del consenso informato quale presupposto di ogni trattamento sanitario, a cui nessuno può essere obbligato se non per disposizione di legge e con i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Sancisce poi il diritto dei pazienti terminali ad essere assistiti mediante un'adeguata terapia del dolore.
L'articolo 2 disciplina il consenso informato, quale presupposto di ogni trattamento sanitario, preceduto da una corretta informazione medica. Il consenso informato si esplicita in un documento firmato dal paziente ed è comunque sempre revocabile. Viene salvaguardato il diritto del paziente di rifiutare in tutto o in parte le informazioni che gli competono. L'articolo richiama poi gli istituti previsti dal codice civile per i soggetti giuridicamente incapaci. Viene inoltre esclusa la necessità del consenso informato nel caso di pericolo per la vita della persona in stato di incapacità di intendere e di volere per il verificarsi di una grave complicanza o di un evento acuto.
L'articolo 3 delinea quali debbano essere le caratteristiche essenziali della dichiarazione anticipata di trattamento, dove il dichiarante esprime il proprio orientamento sui trattamenti sanitari che vuole siano attivati in previsione di un'eventuale futura perdita della propria capacità di intendere e di volere. L'articolo prevede invece che non possono essere oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento, l'alimentazione e l'idratazione, che devono essere mantenute fino al termine della vita, salvo il caso in cui esse

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non risultino più efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo. La dichiarazione naturalmente assume rilievo in presenza dell'incapacità permanente del soggetto a comprendere le informazioni sul trattamento sanitario e ad assumere le decisioni che lo riguardano.
L'articolo 4 disciplina la forma e la durata della dichiarazione anticipata di trattamento e dispone che le dichiarazioni non sono obbligatorie e sono redatte in forma scritta con atto sottoscritto dal soggetto maggiorenne capace di intendere e di volere. Tali dichiarazioni sono raccolte esclusivamente dal medico di medicina generale, che contestualmente le sottoscrive. Eventuali dichiarazioni od orientamenti espressi in forme diverse sono prive di qualsiasi valore. Le dichiarazioni anticipate sono valide per cinque anni; sono revocabili, rinnovabili e modificabili. In ogni caso esse non si possono applicare in condizioni di urgenza, oppure quando il soggetto versa in pericolo di vita immediato.
L'articolo 5 qualifica come livello essenziale di assistenza l'assistenza ai soggetti in stato vegetativo, assicurata mediante prestazioni ospedaliere, residenziali e domiciliari e viene rimessa al Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, la definizione di linee guida in materia, cui si devono conformare le regioni.
L'articolo 6 prevede la facoltà del dichiarante di nominare un fiduciario che, in caso di nomina, è l'unico soggetto autorizzato ad interagire con il medico sui contenuti della dichiarazione anticipata di trattamento e l'unico ad agire nell'esclusivo e migliore interesse del paziente. Se non c'è la nomina del fiduciario, questi compiti vengono svolti da alcune categorie di familiari.
L'articolo 7 disciplina ciò che deve fare il medico e prevede che quest'ultimo prenda in considerazione le volontà espresse dal soggetto nella dichiarazione anticipata annotando nella cartella clinica, sentito il fiduciario, le ragioni per cui intende o meno seguirle. In ogni caso, però, il medico non può tenere in considerazione eventuali indicazioni dirette a cagionare la morte del paziente o che siano in contrasto con norme giuridiche o di deontologia medica. Le indicazioni sono valutate dal medico in scienza e coscienza, nel rispetto del principio dell'inviolabilità della vita umana e della tutela della salute, secondo i principi di precauzione, proporzionalità e prudenza. In caso di controversia tra medico e fiduciario è prevista l'espressione di un parere da parte di un collegio medico, che diviene vincolante per il medico curante, il quale non è comunque tenuto ad effettuare prestazioni contrarie alle sue convinzioni scientifiche e deontologiche. Resta comunque sempre valido il principio della inviolabilità e dell'indisponibilità della vita umana.
L'articolo 8 prevede l'intervento autorizzatorio del giudice tutelare - previo parere del collegio medico di cui all'articolo 7 - in assenza del fiduciario e di contrasto tra soggetti parimenti legittimati ad esprimere il consenso o di inadempimento o inerzia di questi ultimi.
L'articolo 9, infine, istituisce il registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento, indicando il Ministero della salute come titolare del trattamento dei dati contenuti nell'archivio. La definizione delle regole tecniche e delle modalità di accesso e di consultazione del Registro sono rimesse ad un decreto ministeriale, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.
Evidenzia quindi che rispetto ad alcune disposizioni della proposta di legge sono state avanzate varie obiezioni, sia di opportunità, sia di legittimità costituzionale. Diversi hanno sostenuto che le limitazioni alla facoltà di disporre sarebbero in contrasto con il principio di autodeterminazione del paziente nella scelta delle cure, che avrebbe base costituzionale negli articoli 13 e 32 della Carta costituzionale italiana.
Innanzitutto ritiene opportuno sottolineare che la proposta di legge introduce nell'ordinamento italiano, in forma prudente, uno strumento nuovo che andrà

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verificato nella sua applicazione, circa la propria idoneità (in particolare sotto il profilo procedurale ma anche sostanziale) a rispondere alla domanda sociale di una più chiara partecipazione del paziente alle scelte che lo riguardano nelle fasi di fine vita; pertanto, il dibattito parlamentare finora svoltosi ha arricchito la discussione al fine di valutare ogni possibile criticità che questo strumento potrà presentare nella sua fase applicativa.
Sottolinea che l'autodeterminazione è un principio o un valore fondamentale, un diritto inviolabile, sancito dall'articolo 2 della Costituzione, di cui non si discute. Quando però l'autodeterminazione si rivolge a valori indisponibili, come la tutela della vita, deve trovare anch'essa un bilanciamento. Bilanciamento che, in base a dati costituzionali e normativi, deve risolversi a favore del diritto alla vita e non della morte del soggetto. Anche l'articolo 2 infatti fa menzione, oltre che dei diritti, dei doveri inderogabili di solidarietà, che gravano su tutti, pur se con diversità di forme e di effetti. Ecco perché, oltre ad esistere un diritto di rifiutare i trattamenti, esiste anche un dovere della tutela della propria salute e della propria vita, che deve essere ribadita anche dal legislatore, poiché la vita dei cittadini è un bene per la stessa società.
Rileva che si potrebbe opporre, però, a queste valutazioni che esiste un diritto di rifiutare l'accanimento terapeutico. Ma a questo proposito evidenzia come questo rifiuto non possa essere oggetto di scelta per il semplice motivo che esso è illegittimo sia sul piano clinico, sia sul piano etico. Non avrebbe perciò senso invitare i cittadini a firmare una dichiarazione per ottenere in termini di scelta ciò che deve essere loro garantito dallo stesso sistema sanitario nazionale e dalla buona prassi clinica.
Per quanto attiene, poi, ai profili di legittimità costituzionale delle limitazioni al contenuto delle DAT, si impone un ragionamento più articolato. Alla stregua infatti dell'interpretazione prevalente degli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione, deve ritenersi che il paziente abbia diritto a rifiutare le cure e che queste possano essergli prestate solo sulla base del suo consenso, sorretto da adeguata informazione, con l'eccezione dei trattamenti di emergenza.
Richiama, a questo proposito, le profonde differenze che ci sono fra il consenso informato e le direttive anticipate di trattamento. Queste ultime, per loro natura sono generiche e generali. Vengono sottoscritte da un cittadino che non è ancora paziente, che pertanto non sta sperimentando la malattia e non sa nemmeno di quale malattia potrà essere vittima. Sono, cioè, scritte in una situazione di incertezza conoscitiva quanto alla situazione personale ed alla situazione della prassi clinica nella quale potranno diventare attuali. E questo espone ad alcuni rischi che non possono essere ignorati. Innanzitutto l'espressione di una volontà al di fuori di un contesto clinico, che espone all'inevitabile rischio di fare riferimento ad una situazione non reale, ma astratta. Anzi, è possibile che il verificarsi della situazione concreta possa far variare o sviluppare sentimenti e desideri diversi da quelli espressi in precedenza dal paziente. Non solo. La vincolatività di un documento che contiene volontà anticipate entra, poi in conflitto con l'autonomia del medico ridotto a mero esecutore della volontà del paziente e mortificato profondamente nella sua coscienza professionale. Per la loro formalità e per la loro formulazione, le DAT fuori dal rapporto terapeutico rischiano di stravolgere la prassi medica riducendola in generica prestazione d'opera e non favoriscono quel confronto che è invece possibile (o dovrebbe essere possibile) a partire da un consenso informato che è sempre circostanziato.
Ecco perché, nonostante le numerose pronunce della Corte Costituzionale, restano aperte alcune questioni di «confine». In primo luogo, fermo il diritto di rifiutare nuove cure, non è chiaro se tale diritto possa estendersi anche alla richiesta di interruzione di cure già in corso, quando conseguenza immediata di esse sia con ragionevole certezza, la morte del paziente. La distinzione che al riguardo si

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può fare dal punto di vista etico - fra la legittimità di una richiesta di interruzione di cure ritenute ormai insostenibili e la illegittimità di una analoga richiesta, con finalità apertamente eutanasiche - non è infatti agevolmente trasferibile sul piano giuridico.
In secondo luogo, non tutto ciò che può essere disposto materialmente nell'esercizio di una libertà può essere oggetto di una disposizione per il futuro: tra le due facoltà soggettive non vi è un esatto parallelismo.
Ciò vale in primo luogo per il problema dell'attualità della volontà del paziente, e vale anche per i trattamenti che è possibile rifiutare.
Sottolinea come siano in discussione in questo provvedimento, da una parte, il diritto alla vita, il diritto alla salute e il dovere del medico di curare; dall'altra il diritto all'autodeterminazione ed al rifiuto di trattamenti sanitari non voluti, ai sensi dell'articolo 32, comma 2, della Costituzione.
Evidenzia come il tentativo fatto dal legislatore di trovare il migliore bilanciamento tra questi beni e diritti e la mancata chiara definizione legale di eutanasia, cioè del comportamento che si intende vietare, rischiano di dare vita ad una legge che lascerà spazio proprio a quelle interpretazioni giudiziarie divergenti, che si volevano invece evitare.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario.
C. 3687 Governo ed abb.

(Parere alla VII Commissione).
(Esame e rinvio).

Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL) ricorda che il testo sul quale la Commissione è chiamata ad esprimere il parere è quello approvato dal Senato il 29 luglio 2010. La Commissione cultura non ha infatti modificato il testo trasmesso dal Senato, il quale ha compiuto un approfondito lavoro di esame del disegno di legge originario del Governo, apportandovi alcune modifiche.
Illustrando brevemente il contenuto del provvedimento, ricorda che al Ministero dell'istruzione e della ricerca scientifica (MIUR) fa capo la definizione di obiettivi e indirizzi strategici e di verifica dei risultati; la distribuzione delle risorse sarà coerente con gli obiettivi indicati e con la valutazione dei risultati (articolo 1). Si tratta dei principi già indicati nelle Linee guida per l'università del 2008.
L'articolo 2 delinea indirizzi per la revisione degli statuti delle università statali riguardo a composizione, durata e funzioni degli organi, nonché organizzazione interna.
In particolare, si prevede un limite al mandato del rettore, il quale è responsabile del perseguimento delle finalità dell'università ed è passibile di mozione di sfiducia da parte del Senato accademico.
Si distinguono le funzioni del Senato accademico - che ha competenza scientifica - e del Consiglio di amministrazione - che ha competenza gestionale. Il primo organo è costituito da personale accademico scelto su base elettiva, mentre il secondo è composto da membri selezionati mediante avvisi pubblici tra esperti in campo gestionale. Di entrambi gli organi fanno parte il rettore e una rappresentanza degli studenti. Si sostituisce la figura del direttore amministrativo con quella del direttore generale.
Si stabilisce che i componenti del nucleo di valutazione devono essere in prevalenza esterni all'ateneo. Si individuano i dipartimenti quale luogo di raccordo fra ricerca e didattica e se ne prevede una riorganizzazione. Le università che hanno conseguito stabilità di bilancio e risultati di elevato livello possono sperimentare propri modelli organizzativi, sulla base di accordi di programma con il MIUR (articolo 1, comma 2). Anche gli istituti di istruzione universitaria ad ordinamento

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speciale adottano proprie modalità organizzative, fermi restando alcuni principi indicati per le università statali (articolo 2, comma 3). Tutte le università, poi, devono adottare un codice deontologico.
Alle università farà capo la competenza disciplinare: infatti, l'articolo 10 stabilisce che presso ciascuna università è costituito un collegio di disciplina, finora istituito a livello nazionale, nell'ambito del Consiglio universitario nazionale (CUN). Il progetto di legge, inoltre, delega il Governo ad adottare decreti legislativi per il rilancio della qualità e dell'efficienza del sistema universitario. Tra l'altro (articolo 5), si prevedono l'accreditamento periodico delle sedi e dei corsi di studio e meccanismi premiali nella distribuzione dei fondi, in base ai risultati conseguiti e valutati.
Viene istituito un Fondo di ateneo per la premialità di professori, ricercatori e, in taluni casi, del personale tecnico-amministrativo (articolo 9), nonché un Fondo per il merito, per premiare gli studenti migliori (articolo 4). Le modalità di attuazione dell'articolo, comprese le modalità di utilizzo del fondo, sono rimesse a un decreto ministeriale «di natura non regolamentare» da adottarsi «sentita la Conferenza Stato-regioni». Riguardo al Fondo per il merito sarebbe peraltro opportuno prevedere l'intesa, e non il semplice parere, della Conferenza Stato-regioni sul decreto di disciplina del fondo considerato che la Corte costituzionale - con riferimento ad un fondo analogo, quello per la garanzia del rimborso dei prestiti fiduciari agli studenti universitari - ha chiarito che, essendo la materia dell'istruzione una materia di competenza legislativa concorrente tra lo Stato e le regioni, le modalità di utilizzo dei fondi che attengono a tale materia devono essere definite con il diretto coinvolgimento delle regioni.
È previsto, ancora, che gli atenei possano federarsi o fondersi tra loro - nonché con enti operanti nel campo della ricerca e dell'alta formazione, e con gli istituti tecnici superiori - per razionalizzare l'offerta formativa (articolo 3).
Il progetto di legge interviene anche sul diritto allo studio, delegando il Governo a rivedere le norme e a definire i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), anche con riferimento ai requisiti di merito ed economici, al fine di assicurare a tutti il conseguimento di un pieno successo formativo (articolo 5).
Quanto al reclutamento nelle università, si prevede per i professori ordinari ed associati, quale requisito per l'accesso alle due fasce del ruolo, il conseguimento di un'abilitazione scientifica nazionale, di durata quadriennale rilasciata da una commissione nazionale i cui membri sono scelti mediante sorteggio. In una seconda fase, interviene la chiamata da parte degli atenei, attraverso selezioni basate sulla valutazione di pubblicazioni e curricula.
Per diventare ricercatori è prevista una selezione di ateneo riservata ai dottori di ricerca e ai medici specializzati. Il superamento della prova comporterà la stipula di un contratto a tempo determinato.
Le chiamate in servizio dei professori e la stipula dei contratti a tempo determinato dei ricercatori sono effettuate sulla base di una programmazione triennale, che assicura la sostenibilità nel tempo degli oneri stipendiali. Peraltro, gli oneri possono essere a totale carico di soggetti pubblici e privati, sulla base di convenzioni. Una parte delle risorse deve essere vincolata alla chiamata di soggetti esterni all'ateneo (articolo 17).
Per il conseguimento dell'abilitazione scientifica, si prevede la definizione di settori concorsuali, che devono avere una consistenza minima di professori e che sono raggruppati in settori macroconcorsuali: essi possono essere articolati in settori scientifico-disciplinari (articolo 15).
Vi sono anche nuove norme inerenti alla chiamata diretta di studiosi impegnati all'estero (articolo 25, comma 6) e il conferimento a studiosi stranieri di incarichi annuali rinnovabili, in esecuzione di accordi culturali internazionali che prevedono l'utilizzo reciproco di lettori (articolo 23).
Ulteriori novità riguardano i contratti per attività di insegnamento - di cui si

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prevedono due tipologie (articolo 20) - e il conferimento di assegni di ricerca (articolo 19).
Si conferma che il regime di impegno di professori e ricercatori è a tempo pieno o definito e si introduce un impegno orario figurativo pari a 1.500 ore annue per il tempo pieno, una quota delle quali (almeno 350 ore per i professori e al massimo 350 ore per i ricercatori) deve essere riservata alla didattica e agli studenti, mentre la restante quota è destinata alle attività di ricerca e di aggiornamento. L'effettivo svolgimento delle attività didattiche deve essere certificato, mentre la valutazione delle attività dei singoli docenti e ricercatori fa capo alle università.
Sono disciplinate le incompatibilità e le attività consentite, nonché misure volte ad incentivare la mobilità interuniversitaria, a carico del Fondo di finanziamento ordinario per le università.
Il trattamento economico di professori e ricercatori sarà rivisto con due regolamenti di delegificazione.
Con riguardo al pensionamento, l'articolo 22 prevede che ai professori e ai ricercatori non si applicano le disposizioni sul biennio di prosecuzione del rapporto di lavoro recate dall'articolo 16 del decreto legislativo 503 del 1992, disponendo anche la decadenza dei provvedimenti già adottati dalle università, ad eccezione di quelli che hanno già iniziato a produrre i propri effetti.
Sono previste norme in materia di finanziamenti alle università statali e varie altre disposizioni che riguardano, tra l'altro, i crediti formativi; la tecnica di valutazione fra pari per la selezione dei progetti di ricerca; l'anagrafe nazionale degli studenti e dei laureati delle università (articolo 24); e i soggetti abilitati a svolgere attività di ricerca presso le università (articolo 17, comma 5).
Per quanto riguarda il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, va detto che la materia università non è espressamente citata nell'articolo 117 della Costituzione. Soccorre, tuttavia, l'articolo 33, che stabilisce che le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
Le disposizioni relative alle procedure di reclutamento dei docenti universitari possono essere ricondotte alla materia ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali (articolo 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione), di competenza legislativa esclusiva statale.
In conclusione, si riserva di formulare una proposta di parere nella prossima seduta.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.

SEDE REFERENTE

Martedì 28 settembre 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Guido Viceconte.

La seduta comincia alle 12.

Modifica all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab.
C. 627 Binetti, C. 2422 Sbai, C. 2769 Cota, C. 3018 Mantini, C. 3020 Amici, C. 3183 Lanzillotta, C. 3205 Vassallo e C. 3368 Vaccaro.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 22 settembre 2010.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL) rileva che dalla lunga discussione fin qui svolta è emerso un ampio e trasversale consenso dei gruppi alla proposta di vietare l'uso del velo integrale. Non sono mancate peraltro alcune isolate voci dissenzienti.

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Il deputato Bordo, in particolare, ha manifestato perplessità rispetto al divieto, sostenendo, tra l'altro, che il Consiglio di Stato, con la pronuncia della VI Sezione n. 3076 del 19 giugno 2008, avrebbe chiarito che all'utilizzo del burqa non può applicarsi il divieto previsto dalla «legge Reale» (n. 152 del 1975), in quanto tale utilizzo non sarebbe diretto ad evitare il riconoscimento della persona ma sarebbe motivato da ragioni religiose e costituirebbe quindi un caso di giustificato motivo ai sensi della legge stessa.
Al riguardo fa presente che il Consiglio di Stato non ha affermato che per l'uso del burqa o di indumenti simili sussisterebbe un giustificato motivo, di modo che non varrebbe il divieto previsto dalla legge Reale in via generale, ma si è limitato ad annullare l'ordinanza di un sindaco che, richiamandosi alla legge in questione, aveva vietato l'uso del burqa. In sostanza il Consiglio di Stato ha chiarito che non spetta al sindaco individuare i giustificati motivi di deroga al divieto e ha quindi lasciato indecisa, rimettendola al legislatore, la questione se l'uso del velo integrale abbia o meno un giustificato motivo.
Per affrontare la questione nel modo corretto, ritiene peraltro essenziale ricordare che, secondo quanto emerso anche dalle audizioni informali svolte dalla Commissione nell'ambito dell'istruttoria del provvedimento, i motivi alla base del velo integrale, comunque denominato, non sono di carattere religioso, bensì etnico-culturale: l'uso del velo integrale non è, in altre parole, un precetto dell'islam, ma un'usanza deteriore di alcune comunità musulmane integraliste, a cominciare dai talebani dell'Afghanistan. Si tratta di un'usanza barbara, propria di una società maschilista e repressiva, che intende spersonalizzare la donna e mantenerla in condizione di sottomissione, segregandola e riducendola in uno stato di alienazione: un'usanza che i musulmani moderati disconoscono e ritengono anzi contraria agli insegnamenti del Corano.
Aggiunge che la tutela della dignità della donna in quanto persona non è peraltro l'unico motivo, per quanto sia il principale, per il quale è giusto vietare l'uso del velo integrale. Vi è infatti anche l'esigenza di tutelare l'ordine pubblico. Il deputato Bordo ha sostenuto che le donne velate non costituiscono un rischio per la sicurezza, ma è vero piuttosto il contrario: sotto il burqa può infatti nascondersi e rendersi irriconoscibile chiunque, anche un terrorista, anche un terrorista uomo. Del resto il Belgio e la Francia, che hanno già adottato leggi per vietare l'uso del burqa, hanno ritenuto che il rischio per la sicurezza fosse un valido motivo, accanto a quello prevalente della tutela della persona, per agire in questo senso.
Fa presente che, in ogni caso, prima dell'esigenza di tutela della sicurezza, viene l'esigenza di tutela della libertà e della dignità umana. Si tratta di un principio cardinale del nostro ordinamento e della nostra cultura, riconosciuto e sancito dalla Costituzione italiana e da tutte le carte dei diritti, nazionali e internazionali. Il divieto di uso del burqa non va infatti considerato nell'ottica di una limitazione della libertà religiosa: a parte il fatto che, come detto, il burqa non è un indumento di natura religiosa, c'è da dire che la libertà religiosa è consentita fino a quando non lede la libertà e la dignità della persona, che sono valori riconosciuti da tutti gli ordinamenti democratici come prevalenti su qualunque altro.
Conclude sottolineando come le leggi approvate in Belgio e in Francia costituiscano delle ottime linee-guida da seguire anche in Italia e ringraziando la relatrice per l'ottimo lavoro svolto.

Pierguido VANALLI (LNP) ricorda che il suo gruppo ha presentato una nuova proposta di legge sulla materia (C. 3715) che chiede di abbinare ai provvedimenti in titolo.

Donato BRUNO, presidente, fa presente che la proposta di legge C. 3715 sarà abbinata ai provvedimenti in titolo, vertenti su materia analoga, non appena assegnata. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

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Disposizioni per il trasferimento a Milano delle sedi della Commissione nazionale per le società e la borsa e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
C. 3572 Reguzzoni.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 22 settembre 2010.

Souad SBAI (PdL) evidenzia come la proposta di legge in titolo, che dispone il trasferimento da Roma a Milano delle sedi della Consob e dell'Autorità Garante della Concorrenza e del mercato (Antitrust), presenti diversi aspetti problematici sotto i profili di competenza della I Commissione.
Rileva, infatti, come all'articolo 3 non si specifichi con quale atto il Governo debba adottare le misure di attuazione, non chiarendo in particolare se debba trattarsi di un regolamento o di un decreto legislativo. In ogni caso appare del tutto carente l'indicazione dei criteri e dei principi cui il Governo dovrebbe attenersi per adottare le disposizioni necessarie a realizzare materialmente l'intento legislativo; inoltre, non dispone le necessarie facoltà di opzione a favore dei dipendenti che si trovino nell'impossibilità di trasferirsi per posizioni di ruolo in amministrazioni paragonabili, né stabilisce le altrettanto necessarie forme di compensazione economiche per coloro che si trasferiscono.
Evidenzia come la norma sembri dunque prefigurare una sorta di delega in bianco al Governo rischiando di minare l'indipendenza dell'istituzione, cancellando di fatto l'autonomia dell'Antitrust che, non solo secondo l'ordinamento nazionale ma anche in base a quanto ci richiede l'Unione europea, deve essere indipendente.
Del resto, è stato il legislatore stesso, individuando con la legge istitutiva la sede unica dell'Antitrust in Roma, a radicare nei dipendenti dell'Autorità vent'anni di legittimo affidamento con riguardo alle scelte di vita, pure economiche, di quanti si sono messi a studiare e hanno vinto il concorso per lavorare all'Antitrust, hanno ora una famiglia, hanno contratto mutui per comprare casa e hanno avuto dei figli. Ci possiamo concentrare sull'Antitrust in quanto la Consob, pur avendo a Roma la sua sede, è già presente anche a Milano, dove ha una sede operativa.
Fa presente come l'Antitrust abbia, nel complesso, circa 250 dipendenti, di cui 200 di ruolo e circa 50 con rapporto a tempo determinato. Si tratta quindi di circa 250 famiglie.
È evidente che un provvedimento di trasferimento, quale quello che, allo stato, si prefigura comporterebbe inevitabili perdite di professionalità ed esperienze consolidate da parte dell'amministrazione (molti funzionari lascerebbero l'impiego), la disgregazione familiare e rilevanti pregiudizi economici e sociali. Non è stata, infatti, affrontata alcuna riflessione sui costi che una simile operazione comporterebbe necessariamente a carico dell'Erario e, conseguentemente, non si è ragionato in termini di analisi costi-benefici, essenziale in periodo di crisi strutturale della finanza pubblica.
Fa presente che se si ritenesse di proseguire nella direzione indicata dalla proposta, si dovrebbero necessariamente prevedere meccanismi compensativi per i dipendenti la cui situazione familiare o personale impedisce loro di cambiare radicalmente vita, dopo aver vinto i concorsi nei quali era indicato che la sede di lavoro sarebbe stata Roma. Ovvero, quanto meno, si deve prevedere sia il trasferimento a domanda nei ruoli di altri organismi equivalenti, sia l'adozione di strumenti economici compensativi per quanti potrebbero trasferirsi, assimilabili a quelli previsti per il personale della Banca d'Italia, cui sempre per legge deve rifarsi il trattamento dei dipendenti antitrust, sia la cosiddetta clausola Alitalia.
Rileva che, naturalmente, tutte queste necessarie condizioni hanno, come è intuitivo, costi rilevanti, che peraltro do- vranno

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essere quantificati e dovrà essere individuata la necessaria copertura, senza di che emerge un ulteriore profilo di incostituzionalità.
Altra considerazione importante sotto il profilo degli equilibri istituzionali è quella che una parte importante delle funzioni dell'Antitrust consiste nell'attività di segnalazione, ugualmente rivolta al Governo, al Parlamento, alle diverse Amministrazioni centrali e locali, senza distinzione rispetto alla loro collocazione geografica.
Diventa quindi fondamentale la contiguità dell'Autorità in questione alle istituzioni del Paese con le quali appunto essa dialoga costantemente.
Per quanto attiene poi ai raffronti con gli altri Paesi, l'Antitrust non è certo comparabile con l'Ufficio Centrale Brevetti ma è deputata all'esercizio di una competenza che la Costituzione colloca a livello nazionale. In Germania, Stato notoriamente federale, la rispettiva Antitrust (il Bundeskartellamt) è nata a Bonn quando lì aveva sede la capitale tedesca, e lì è rimasta quando la capitale è stata spostata a Berlino dopo la riunificazione. Anche in Francia l'Antitrust è situata a Parigi, così come le Autorità omologhe degli altri Stati membri. Anche negli Stati Uniti, la Federal Trade Commission ha sede a Washington, in quanto organo federale.
Fa presente che, in una prospettiva costruttiva e sicuramente molto meno onerosa, per venire incontro alle esigenze dei proponenti di potenziare i servizi a favore delle imprese del Nord, si potrebbe, senza però smantellare un'istituzione di controllo che è del Paese intero e non solo del Nord, prevedere l'istituzione di una sede ulteriore, costituita con personale da assumere ex-novo mediante concorsi. In tal modo, si darebbe corso ad un opportuno potenziamento dell'istituzione, senza che si realizzino tutte quelle conseguenze negative sul piano operativo, finanziario e costituzionale che il trasferimento tout court dell'istituzione a Milano sicuramente determinerebbe.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 28 settembre 2010.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 12.40 alle 13.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 28 settembre 2010. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 13.

DL 125/2010: Misure urgenti per il settore dei trasporti e disposizioni in materia finanziaria. Proroga del termine di esercizio della delega legislativa in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio di amministrazioni pubbliche.
Emendamenti C. 3725 Governo, approvato dal Senato.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

Isabella BERTOLINI, presidente, intervenendo in sostituzione della relatrice, impossibilitata a partecipare alla seduta odierna, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 13.05.