CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 29 luglio 2010
361.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 29 luglio 2010. - Presidenza del presidente Valentina APREA.

La seduta comincia alle 9.

Schema di direttiva, per l'anno 2010, recante gli interventi prioritari, i criteri generali per la ripartizione delle somme, le indicazioni sul monitoraggio, il supporto e la valutazione degli interventi previsti dalla legge n. 440 del 1997, concernente l'istituzione del fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi.
Atto n. 231.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dello schema all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 20 luglio 2010.

Maria Letizia DE TORRE (PD) preannuncia innanzitutto di aver presentato una risoluzione sui temi oggetto del provvedimento in esame, che reca una valutazione più generale sull'uso della legge in raffronto al compito che il Parlamento aveva affidato al Governo nel 1997 per supportare la nascente autonomia delle istituzioni scolastiche, di cui raccomanda la discussione in tempi brevi. Ricorda che, come aveva affermato già lo scorso anno, nell'esprimere il parere sulla Direttiva 2010 per l'assegnazione dei fondi della legge n. 440 del 1997, occorre muoversi in almeno due direzioni: una valutazione più generale sull'uso della legge, in raffronto al compito che il Parlamento aveva affidato al governo nel 1997 per supportare la nascente autonomia delle istituzioni scolastiche; un parere puntuale sulla ripartizione dei fondi per l'anno 2010. Segnala che affronterà nell'intervento di quest'anno la dimensione complementare alla tesi dello scorso anno e che cercherà, seppure per punti e necessariamente in modo superficiale, di dimostrare che l'attuale modalità di ripartizione del fondo non dà solidità, non incentiva al miglioramento, ma piuttosto allo status quo; mortifica la novità dell'autonomia nella scuola. Sottolinea innanzitutto che l'entità del Fondo va drasticamente riducendosi, come si evince sia dalla proiezione per gli anni futuri che, per effetto dei tagli lineari della manovra finanziaria (articolo 2 comma 1 del decreto-legge n. 78 del 2010), prevede 141.043 euro nel 2009; 128.943 nel 2010; 99.516 nel 2011; 99.516 nel 2012; sia dalla considerazione che i 130.213 euro previsti nella legge finanziaria 2010 (legge n. 191 del 2009) sono stati ridotti per finanziare le missioni internazionali (decreto-legge 1 gennaio 2010, n. 1). Sottolinea quindi che le cifre parlano da sé e che occorre chiedersi se ha senso togliere risorse rivolte alla qualità delle singole istituzioni scolastiche in un tempo in cui tutti i Paesi puntano sulla qualità dell'istruzione per uscire e uscire migliori dalla crisi; se ha senso inoltre devolverli in parte a finanziare guerre già perse. Teme peraltro si tratti di voci nel deserto.
Osserva altresì che il ritardo con cui anche questo anno si procede non consentirà di assegnare i finanziamenti alle scuole prima del gennaio-febbraio 2011, tradendo la finalità della legge che è quella di favorire la progettualità delle scuole autonome, finanziando per tempo le attività da inserire nel POF dell'anno scolastico corrente. Evidenzia che va su questo

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punto sollevata un'attenzione, dato che, secondo voci di corridoio, per così dire, i sindacati hanno avanzato l'ipotesi che sia penalizzante per le scuole - e dunque negativo - il passaggio della Direttiva in Parlamento; potrebbero, invece, curare loro stessi la distribuzione dei Fondi con una trattativa sindacale in modo che i medesimi fondi siano assegnati in modo corretto e tempestivo. Al riguardo sottolinea che, al di là del fatto che non è il Parlamento a determinare il ritardo nell'adozione definitiva della direttiva, che è stata assegnata invece in Commissione pochi giorni fa, è urgente riflettere sul fatto che se il Parlamento non affermerà con i fatti l'efficienza e l'efficacia del proprio ruolo, si troverà svuotato di ogni compito, anche per questa piccola ma importante legge. Riguardo alla ripartizione, segnala che il decremento viene posto a carico esclusivamente delle scuole, tanto che il finanziamento destinato all'Amministrazione centrale aumenta lievemente anche in termini assoluti - dai 49,290 milioni del 2008 ai 51,900 del 2010 - mentre negli stessi anni si passa dai 53,355 ai 30,000 milioni di euro per le scuole. Ritiene sorprendente questa logica per una legge la cui ratio originaria è quella di un fondo a disposizione delle istituzioni scolastiche, senza eccessivi vincoli di destinazione, mentre, invece, di volta in volta, vengono poste a carico del fondo destinazioni improprie, iniziative che poco hanno a che fare con il rispetto dell'autonomia. Osserva quindi che la maggioranza sembra ritenere il Governo talmente superfederalista e superrispettoso della sussidiarietà, da non preoccuparsi neppure di controllare la sua azione; da non chiedere neppure una motivazione, in questo caso, di un dimezzamento dei fondi della legge n. 440 alle scuole. Sottolinea che, per il gruppo cui appartiene, autonomia e sussidiarietà sono una cosa seria; sarebbe stato auspicabile che la Direttiva motivasse il perché di questo consistente decremento delle risorse della legge n. 440 alle scuole, che si tradurrà in una minore capacità di autonomia progettuale delle stesse, anche nei rapporti con il territorio e le istituzioni locali di riferimento.
Ritiene inoltre necessario chiarire se corrisponde al dettato della legge che il Ministero dell'istruzione utilizzi i fondi della legge n. 440 - con un aumento da 4 a 12 milioni - per la formazione gestita a livello nazionale. Rileva infatti che ogni questione che emerge sollecita a livello ministeriale nuove iniziative finanziate con la legge n. 440, ancor prima di chiedersi se per caso vi siano iniziative già in atto da parte delle istituzioni scolastiche autonome. Cita al riguardo, tra gli altri molteplici esempi, il tema della lingua inglese, del bullismo, della multimedialità, di legalità, cittadinanza, ambiente, salute, pratica sportiva e guida dei motorini, nonché la Costituzione nelle scuole, evidenziando che si tratta di iniziative meritorie che sono però di titolarità della autonomia didattica delle scuole oppure che dovrebbero gravare su altri specifici e diversi settori di spesa dell'Istruzione o addirittura di altri Ministeri, per esempio della salute o dei trasporti. Non comprende inoltre per quale motivo si prevedono voci quali "la cultura scientifica", "l'innovazione tecnologica", "l'editoria digitale", "i progetti su orientamento, eccellenze, accordi con associazioni», e l'educazione degli adulti. Si chiede se non sono queste ultime voci ordinarie di un sistema moderno di istruzione, da finanziare diversamente. Soffermandosi sull'educazione degli adulti (EDA) e sull'alternanza scuola/lavoro, che assorbono una parte oltremodo rilevante del fondo, pari a 35.250 milioni, 28.500 milioni e 38.023 milioni, rispettivamente per il 2008, il 2009 e il 2010, si chiede come sia possibile che l'educazione degli adulti e l'alternanza scuola/lavoro e l'area professionalizzante, così determinanti nell'epoca della conoscenza, della flessibilità, della mondializzazione ed in questa fase in cui si deve uscire dalla crisi economica anche attraverso l'istruzione, debba vedere un finanziamento precario che ancora una volta erode i fondi dell'autonomia delle scuole. Ritiene che non possa funzionare così un sistema di istruzione; considera

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inoltre opportuno che si eroda il fondo della legge n. 440 anche per finanziare la valutazione e la ricerca; cita al riguardo i finanziamenti di Invalsi e Ansas di 8 milioni di euro.
Ricorda quindi che tutti gli altri paesi europei hanno fondi dedicati a valutazione, ricerca e miglioramento; fondi certi e autonomi e mai sottratti alle scuole da un fondo ad esse dedicato. Ritiene che oltretutto questa sottrazione di risorse al lavoro dei docenti, renderà ostici, se non odiosi i processi di miglioramento. Passando alla parte del fondo che nella legge n. 440 è dedicato alle problematiche della disabilità, segnala che il 55 per cento della somma - 10,99 milioni di euro - sarebbe destinato agli istituti atipici e il 45 per cento alle azioni per l'integrazione, legate anche all'autonomia didattica. Ritiene che il Ministero abbia il dovere di preoccuparsi di far crescere la competenza della scuola italiana verso gli studenti con disabilità. Non è sufficiente invece procedere con interventi «a pioggia». Non si tratta infatti di dare autonomia senza supporto didattico, non si tratta di lasciare la scuola italiana al «fai da te»; occorre, al contrario, avere il coraggio di azioni significative, di rendere più esperta, più formata, più organizzata la scuola italiana, perché altrimenti, si perde la straordinaria esperienza di piena inclusione della scuola italiana. Paventa quindi il rischio che altrimenti ci si troverà sempre a «correre dietro» alle leggi finanziarie che tagliano i cosiddetti insegnanti di sostegno o aumentano gli alunni per classe e, prima o poi, il sistema non reggerà non tanto dal punto di vista finanziario, ma prima ancora dal punto di vista didattico. Aggiunge inoltre che si sarebbe aspettata che il ministero relazionasse sull'utilizzo del fondo negli anni passati. Tale relazione, tra le altre cose, potrebbe riportare anche gli esiti positivi di un grande piano di formazione delle scuole condotto durante il governo Prodi. Auspica quindi che la Commissione possa affrontare tale questione nel prossimo autunno.
Rileva inoltre che, come si può vedere dalle tabelle, nessuna somma è destinata nella legge n. 440 del 1997 per gli alunni immigrati e che anche la direttiva 2009 non stanziava fondi per questo settore, ormai rilevante e stabile. Si deve addirittura chiedere un chiarimento al fine di capire se laddove la direttiva cita la lingua italiana, ad esempio al 1o capitolo, punto 1, lettera a), si riferisca a generali iniziative di migliore conoscenza della nostra lingua nazionale o all'insegnamento di italiano lingua 2 agli alunni non italofoni. Aggiunge che, in ogni caso, i fondi - dispersi anche in altri capitoli - andrebbero comunque incrementati per entrambe le finalità, certo senza erodere ulteriormente l'autonomia delle scuole. Ritiene infine che vada affrontata a fondo la questione delle risorse che tutti i soggetti auditi, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle problematiche connesse all'accoglienza di alunni con cittadinanza non italiana nel sistema scolastico italiano, hanno sottolineato essere necessari e urgenti. Auspica quindi che l'indagine conoscitiva si concluda concordemente in Commissione «non con parole, ma con fatti» e possa influire sulla futura Direttiva 2011.

Valentina APREA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.20.

SEDE CONSULTIVA

Giovedì 29 luglio 2010. - Presidenza del presidente Valentina APREA.

La seduta comincia alle 9.20.

Norme per la salvaguardia del sistema scolastico in Sicilia e per la rinnovazione del concorso per dirigenti scolastici indetto con decreto direttoriale 22 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 94 del 26 novembre 2004.
Nuovo testo C. 3286 Siragusa.

(Parere alla I Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazione).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

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Alessandra SIRAGUSA (PD), relatore, ricorda che la proposta di legge in esame reca interventi per salvaguardare il sistema scolastico siciliano, prevedendo la rinnovazione del concorso per dirigenti scolastici, indetto con decreto direttoriale 22 novembre 2004 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 94 del 26 novembre 2004. Osserva che la proposta di legge in titolo, intende porre rimedio ad una situazione alquanto particolare, creatasi a seguito delle sentenze n. 477 e n. 478 del Consiglio di giustizia amministrativa della regione Sicilia, che hanno annullato il concorso ordinario a dirigente scolastico, bandito appunto il 22 novembre 2004, a seguito del ricorso presentato da due insegnanti escluse e successivamente bocciate per altre due volte da commissioni differenti. Sottolinea che con il citato decreto direttoriale del 22 novembre 2004 veniva bandito il corso concorso a posti di dirigente scolastico. In Sicilia, i candidati che si sono presentati alle prove scritte sono stati 1571, dei quali più di un terzo ammessi con riserva, per decisione dei TAR. In base al numero dei partecipanti, in applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 341 del 2001, che recita: «Le Commissioni esaminatrici possono essere suddivise in sottocommissioni con l'integrazione di un numero di componenti, unico restando il Presidente, pari a quello delle Commissioni originarie (...)", è stata costituita un'ulteriore sottocommissione formata da due componenti. Ricorda quindi che, stante l'unicità del presidente, l'Ufficio legislativo del Ministero, con un argomentato parere trasmesso alle Direzioni Regionali con nota n. 1160 del 19 settembre 2005, ha ribadito che le eventuali sottocommissioni dovevano essere costituite da due membri dato che il presidente è unico; tale nota è stata diramata al fine di assicurare in Italia «l'omogeneità dei criteri interpretativi».
Evidenzia peraltro che tutti gli altri Uffici Regionali, che hanno registrato forti numeri di candidati alle prove scritte, hanno costituito la seconda sottocommissione secondo l'indicazione ministeriale: a titolo di esempio, cita i provvedimenti della Sicilia, del Veneto e della Puglia. Ricorda che è facile verificare la loro conformità alle disposizioni e che tutte le Direzioni delle grandi regioni si sono comportate in maniera analoga. Ricorda inoltre che, quando dal contenzioso emersero dubbi sulla legittimità delle commissioni, il Ministro - con nota 915 del 4 agosto 2006 - ribadì la portata innovativa del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. A pubblicazione degli esiti delle due prove scritte, molti dei non ammessi adirono quindi il TAR per la revisione dei compiti; tutte le revisioni non produssero peraltro alcuna variazione del numero degli ammessi. Evidenzia quindi che le due ricorrenti, dopo due ricorrezioni con esito negativo, sono ricorse al Consiglio di Giustizia Amministrativa (CGA) che ha riformato completamente le precedenti sentenze del TAR, annullando le procedure dell'intero concorso. È stata così ottenuta la nuova ricorrezione dei compiti da parte di una nuova commissione creata ad hoc che ha riconfermato l'esito negativo. Per quel che riguarda la procedura concorsuale, evidenzia che il CGA, accogliendo i ricorsi avverso le decisioni del TAR favorevoli all'Amministrazione, statuiva l'illegittimità delle operazioni di concorso successive alla prova scritta, per il fatto che la commissione era irregolarmente costituita; dato che, stante l'unicità del presidente, non era possibile garantire la sua partecipazione ai lavori delle due sottocommissioni nelle quali era divisa la commissione stessa. Il CGA affermava in particolare che l'annullamento della procedura concorsuale era incardinato sulla violazione del principio fondamentale dell'ordinamento giuridico in tema di natura del collegio perfetto delle commissioni giudicatrici dei concorsi e, in particolare, evidenziava la violazione nel combinato tra il disposto dell'articolo 8 del bando di concorso e l'articolo 2 comma 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 341 del 2001.

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Aggiunge quindi che l'articolo 8 del bando di concorso prevedeva, al punto 1, che «la commissione giudicatrice è unica in relazione ai posti messi a concorso relativi ai tre settori formativi ed è nominata con decreto del Dirigente generale dell'Ufficio Scolastico Regionale competente, secondo le indicazioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 maggio 2001 n. 341». Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 341 del 30 maggio 2001, all'articolo 2 comma 7, stabiliva quindi che «le commissioni esaminatrici possono essere suddivise in sottocommissioni qualora i candidati ammessi (...) superino complessivamente le 500 unità, unico restando il presidente». Pertanto, la commissione del concorso in Sicilia è stata regolarmente costituita e nominata in applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 341 del 30 maggio 2001, come in tutte le altre regioni d'Italia con elevato numero di partecipanti. Rileva inoltre che è fuor di dubbio che le sentenze definitive vadano rispettate ed eseguite, ma osserva che resta il problema dei 378 dirigenti scolastici già assunti in ruolo, che hanno come unica responsabilità, a differenza dei colleghi di altre regioni ove le commissioni hanno operato con modalità analoghe, di avere sostenuto le prove in Sicilia. Aggiunge, infine, che i dirigenti scolastici in servizio sono rimasti estranei ai giudicati che sconvolgono la loro posizione e, non essendovi dubbio che le commissioni siano state costituite in Sicilia così come nelle altre grandi regioni - come da Direttiva n. 1160 del 16 settembre 2005 -, il contenzioso che si aprirà, a prescindere dalle opposizioni di terzo, potrà chiamare in causa la regolarità delle operazioni concorsuali delle altre Regioni nelle quali sono state costituite due sottocommissioni. Ricorda inoltre che, sin da quando vennero resi noti i risultati della valutazione delle prove scritte, si è assistito ad una campagna di diffusione di notizie che, aiutate da una verbalizzazione quantomeno approssimativa, ha reso possibile mettere in dubbio la correttezza delle procedure e della valutazione, che si è attestata sempre sui due minuti e mezzo. I numerosi compiti, positivamente valutati, sarebbero, secondo interpretazioni di stampa, intrisi di errori di grammatica. Il fatto peraltro che i tempi citati non riguardassero che alcune sedute e che gli errori evidenziati, almeno dalle citazioni, concernessero un solo compito, non è mai emerso. Rileva quindi che è importante evidenziare che la magistratura penale ha archiviato l'indagine relativa al comportamento della commissione, senza rilevare alcuna scorrettezza e tanto meno illegalità.
Osserva, peraltro, che il TAR Lazio, prima sezione di Roma, con sentenza del 23 maggio 2007, ha respinto il ricorso n. 4004 proposto da una candidata al concorso per uditore giudiziario, decreto ministeriale del 17 ottobre 2000, confermando la legittimità di correzioni ictu oculi, stante criteri di valutazione delle prove scritte che sono sostanzialmente in re ipsa. Tale metro di giudizio è stato seguito dal TAR Sicilia nel respingere i ricorsi delle due candidate, sino allo stravolgimento delle sentenze da parte del CGA, che trova così modo di dare una portata erga omnes alle sue decisioni. Ricorda che le problematiche connesse al decreto-legge e all'annullamento del concorso sono l'annullamento delle procedure, con la conseguenza che annullare i contratti potrebbe portare alla nullità di tutti gli atti di gestione posti in essere dai dirigenti scolastici in questione, dato che diventano funzionari di fatto; la necessità di coprire con reggenze 358 scuole nella regione Sicilia, con la conseguenza di rendere problematica la funzionalità di queste ultime, trattandosi di circa un terzo del numero complessivo delle istituzioni scolastiche, circa 1150; restituire 378 persone al ruolo di provenienza, mettendole a disposizione per supplenze, con evidenti costi a carico dello Stato. Ricorda inoltre che è impossibile, a distanza di anni, ricostituire la posizione originaria di titolarità, dato il succedersi delle operazioni di mobilità che hanno riguardato altri docenti. Rileva, inoltre, che i dirigenti in questione sono stati estranei ai giudicati che sconvolgono le loro posizioni e non

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essendovi dubbio che le commissioni sono state costituite, nelle grandi regioni, alla stessa maniera - come da direttiva n. 6141 del 16 settembre 2005 -, il contenzioso che si sta per scatenare, a prescindere dalle opposizioni di terzo, porterà a chiamare in causa la regolarità delle operazioni concorsuali delle altre regioni nelle quale sono state costituite due sottocommissioni. Aggiunge, inoltre, che, poiché l'articolo 1 sexies della legge n. 43 del 2005 abolisce gli incarichi di presidenza, a decorrere dall'anno scolastico 2006-2007 non sono più conferiti nuovi incarichi di presidenza, fatta salva la conferma degli incarichi già conferiti. I posti vacanti di dirigente scolastico sono conferiti con incarico di reggenza; il che rende ancora più instabile la situazione che si verrebbe a determinare nel sistema scolastico regionale. Si aggiunge a questa situazione, già di per sé molto complessa, la sentenza del Consiglio di Stato n. 7964/2009. Quest'ultimo, nel rigettare il ricorso presentato avverso la sentenza del TAR della Puglia concernente «Corso concorso per il reclutamento di n. 141 Dirigenti scolastici», stabiliva che in base al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 341 del 30 maggio 2001 nella situazione in esame, essendosi presentati 932 candidati, la divisione in sotto-commissioni era evidentemente legittima, così come non potevano non ritenersi legittime, in base alle finalità sopra ricordate, la simultaneità dei lavori delle sottocommissioni e l'indicata presenza in entrambe della figura del Presidente, essendo tale presenza da intendere non in senso fisico continuativo, ma a livello di supervisione e di coordinamento. È di tutta evidenza, del resto, che se il medesimo Presidente fosse stato tenuto a partecipare a tutti i lavori delle sottocommissioni, queste ultime avrebbero dovuto riunirsi in giorni diversi, con totale vanificazione dell'intento acceleratorio perseguito. I verbali nella fattispecie contestati dovevano quindi ritenersi regolari, nella parte in cui menzionavano la partecipazione del Presidente contemporaneamente nelle due sotto-commissioni, avendo lo stesso, in entrambe, funzioni garantistiche dell'uniformità di giudizio e dovendo, comunque, eventuali contestazioni investire eventualmente le norme regolamentari, che - imponendo di non sdoppiare anche la presidenza della Commissione - conducevano necessariamente ad una partecipazione dell'unico Presidente nei termini sopra indicati. Rammenta inoltre che già con sentenza n. 6228/2008 il Consiglio di Stato, al punto 2.2, stabiliva che: «non vanno condivisi i motivi di impugnativa che investono la composizione ed il numero delle sottocommissioni da istituire in presenza di un numero di candidati eccedente le 500 unità. Va in primo luogo osservato che, ai fini della nomina e della composizione delle commissioni di esame per l'espletamento del concorso cui ha partecipato la ricorrente, non assumono rilievo le disposizioni dettate dall'articolo 418, comma ottavo, del decreto legislativo n. 297/1994. Relativamente al reclutamento dei dirigenti scolastici la materia ha formato invero oggetto di nuova e speciale disciplina in relazione alla delega di cui all'articolo 29, comma settimo, del decreto legislativo n. 165/2001, con effetto abrogativo di ogni precedente e diversa regolamentazione».
Entrando nel merito delle motivazioni che hanno portato a presentare la proposta di legge in esame e delle conseguenti soluzioni che, dopo lungo approfondimento, sono sembrate adeguate a risolvere una vicenda complicatissima, che rischia di mettere in ginocchio il sistema scolastico siciliano che ha assoluto e urgente bisogno di avere dirigenti scolastici pienamente legittimati, ricorda che la motivazione dell'annullamento da parte del Consiglio di giustizia Amministrativa origina, in definitiva, dà un'interpretazione del decreto del Presidente del Consiglio di ministri 30 maggio 2001, n. 341, che stabilisce, ovviamente per tutto il territorio nazionale, le modalità di composizione delle commissioni per il concorso a dirigente scolastico. Rileva che il Consiglio di giustizia Amministrativa ha tuttavia inteso individuare, solo per la Sicilia, la causa della caducazione delle procedure nella violazione del combinato disposto dell'articolo 8

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del bando di concorso e dell'articolo 2, comma 7, del suddetto decreto, sul principio del collegio perfetto in fase di correzione degli elaborati scritti, avendo entrambe le sottocommissioni proceduto alla contemporanea correzione, unico rimanendo il presidente. La magistratura amministrativa siciliana ha quindi interpretato il decreto del Presidente del Consiglio di ministri 30 maggio 2001, n. 341, nel senso dell'obbligatorietà, per la correzione, del collegio perfetto, mentre diversa interpretazione del decreto è stata affermata per le procedure concorsuali di tutto il resto del territorio nazionale e confermato anche dalle, già citate, sentenze del Consiglio di Stato n. 6228 del 2008 e n. 7964 del 2009. Osserva dunque che ci si trova di fronte ad una situazione certamente straordinaria ed eccezionale, quale è assai raro incontrare, nella quale vengono in gioco e rischiano di configgere, richiedendo pertanto una oculata composizione, numerosi e fondamentali principi di rango costituzionale, dagli articoli 24 e 111, sotto i diversi profili del rispetto dovuto alle decisioni giurisdizionali anche da parte del legislatore, alla altrettanto dovuta garanzia dei diritti di difesa correlati al giusto processo; all'articolo 97 della Costituzione, anch'esso rilevante per i diversi aspetti della garanzia di buon funzionamento delle attività amministrative nel fondamentale settore dell'istruzione pubblica e della rilevanza del principio di selezione ed accesso agli impieghi pubblici mediante concorso. In tale situazione, ritiene che la composizione attraverso un intervento legislativo del complesso quadro di regole costituzionali, diritti personali ed interessi pubblici, debba necessariamente contemperare alcuni principi.
Sottolinea quindi che non si è voluto ricorrere ad una soluzione legislativa che, mantenendo semplicemente ferma l'efficacia della graduatoria concorsuale dichiarata illegittima con le pronunce giurisdizionali, finirebbe per rendere vani quegli effetti delle pronunce medesime che lo stesso organo da cui promanano ha ritenuto di portata generale, e perciò «erga omnes». La conseguenza che da ciò discende è che l'effetto demolitorio che ha investito la graduatoria di concorso, fa sì che tale atto non sia più esistente allo stato attuale, ed impedisce altresì che essa possa essere mantenuta in vita, senza creare un vulnus di costituzionalità per violazione dell'articolo 24 della Costituzione. La conseguenza di tale profilo sta nel fatto che, essendo stata demolita la graduatoria concorsuale, i dirigenti scolastici attualmente nominati si troverebbero privi della legittimazione a ricoprire il posto mediante concorso, che è richiesta dal terzo comma dell'articolo 97 della Costituzione. Su questo piano invece, un intervento legislativo di carattere riparatorio è compatibile col quadro costituzionale, tanto in via generale, quanto, in particolare, con riferimento al contemperamento dei molteplici profili di natura costituzionale che la vicenda presenta. Il terzo comma dell'articolo 97 della Costituzione, infatti, nell'indicare come regola costituzionale quella del pubblico concorso, ha tuttavia ritenuto di dover precisare che trattasi di regola alla quale può farsi eccezione per i «casi previsti dalla legge». La giurisprudenza costituzionale a sua volta, ha manifestato una chiara apertura a tali eccezioni, soprattutto nel caso in cui ci si trovi in presenza di condizioni e situazioni peculiari e straordinarie, nelle quali vengono in rilievo e vanno ricomposti, mediante l'esercizio della potestà legislativa primaria, molteplici e configgenti principi di rango costituzionale. Richiama, in tal senso, la decisione della Corte Costituzionale del 9 novembre 2006 n. 363 secondo cui, stabilita la regola del pubblico concorso «le eccezioni a tale regola, consentite dall'articolo 97 della Costituzione purché disposte con legge, debbono rispondere a peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico». Ed ancora, ricorda la decisione della Corte Costituzionale del 10 maggio 2005 n. 190, secondo cui la deroga legislativa al principio è costituzionalmente legittima «in presenza di peculiari situazioni giustificatrici individuate dal legislatore nell'esercizio di una discrezionalità non irragionevole, che

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trovi il proprio limite specifico nella necessità di meglio garantire il buon andamento della pubblica amministrazione». Quanto al fatto che la norma legislativa «riparatrice», giovi a contemperare altri interessi di rango costituzionale che in caso contrario risulterebbero inevitabilmente pregiudicati, osserva in primo luogo come con essa verrebbe risarcito un vulnus arrecato all'articolo 24 ed all'articolo 111 della Costituzione, sotto il diverso ma altrettanto essenziale profilo della lesione dei diritti di difesa dei dirigenti scolastici attualmente in servizio quali vincitori del concorso. Non basta, infatti, ritenere che tali diritti di difesa possano essere garantiti mediante il rimedio eccezionale dell'opposizione di terzo, poiché la Corte Costituzionale con la decisione n. 177 del 1995 che è servita ad introdurre tale rimedio, ha tuttavia voluto precisare come esso abbia carattere residuale e straordinario e rimanga comunque essenziale la garanzia della piena e diretta tutela di tutte le parti interessate ad agire e contraddire nel processo. Sotto altro profilo, rileva che la norma «riparatrice» consentirebbe di evitare una serie di gravose e per la loro complessa articolazione tuttora imprevedibili conseguenze anche di natura risarcitoria ai danni del buon andamento dell'azione amministrativa e dell'amministrazione pubblica, garantendo altresì essenzialmente la continuità della direzione didattica e disciplinare degli istituti scolastici.
Aggiunge che le considerazioni sin qui svolte possono consentire non solo di ritenere costituzionalmente legittima, ma anche urgente per ripristinare la funzionalità del sistema scolastico siciliano, una norma con la quale si preveda la rinnovazione del concorso siciliano con modalità diverse per le diverse tipologie di concorrenti: una prova vertente sull'esperienza maturata per i dirigenti scolastici già vincitori del concorso caducato, lo stesso ma relativo ad argomento trattato durante il corso di formazione svolto per gli idonei utilmente collocati in graduatoria; la ricorrezione delle prove scritte, ovviamente opportunamente secretate, e un corso di formazione con colloquio selettivo finale per coloro che non erano stati ammessi alle prove successive nel concorso caducato. In questo modo, verrebbe per questi ultimi semplificata la procedura concorsuale, in quanto non verrebbe effettuato il colloquio orale precedente al corso di formazione, che pure gli altri avevano sostenuto. I vincitori del concorso caducato quindi verrebbero confermati in servizio e gli idonei in graduatoria, a seguito del superamento della prova. Gli altri concorrenti, superate le prove previste nella proposta di legge, sarebbero inseriti in una graduatoria valida per due anni. In questo modo verrebbero garantite, da una parte, il rispetto delle sentenze e quello della Costituzione e, dall'altra parte, la funzionalità del sistema scolastico siciliano, che ha urgente bisogno di ritrovare serenità e stabilità. Rileva, quindi, che la proposta di legge mira a definire una volta per tutte la indicata e urgente questione. E proprio perché urgente propone di esprimere parere favorevole.

Valentina APREA, presidente, esprime la propria soddisfazione per lo svolgimento dell'iter del provvedimento in esame che è stato sottoscritto da tutte le forze politiche presenti in Commissione cultura. Al riguardo, auspica che la I Commissione possa approvare il testo definitivo in sede legislativa. Ritiene opportuno peraltro che nella proposta di parere illustrata dalla relatrice venga inserita un'osservazione tendente a segnalare l'opportunità di prevedere all'articolo 1 che la prova scritta consista nella presentazione di una relazione idonea a documentare l'attività svolta nei tre anni di servizio, in qualità di dirigenti scolastici.

Alessandra SIRAGUSA (PD), concordando con la presidente Aprea, ne accoglie la proposta riformulando conseguentemente la proposta di parere (vedi allegato 1).

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La Commissione approva quindi la proposta di parere favorevole con osservazione, come riformulata dal relatore (vedi allegato 1).

Sui lavori della Commissione.

Valentina APREA, presidente, avverte che non si procederà all'esame in sede consultiva del disegno di legge recante norme di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, nuovo testo C. 1415-B Governo, approvato dalla Camera e modificato dal Senato, in quanto la Commissione giustizia ne ha già terminato l'esame nella serata di ieri.

Ricardo Franco LEVI (PD) ritiene importante rendere note alla Commissione quali sarebbero state le motivazioni politiche del gruppo da lui rappresentato se si fosse potuto procedere all'esame del provvedimento in oggetto. Avverte per intero il senso di responsabilità che deriva dalle proprie dichiarazioni, espresse anche a nome dei colleghi del Partito Democratico e su incarico della rappresentante del gruppo in Commissione, onorevole Ghizzoni. Comunica, quindi, che la decisione del gruppo parlamentare del Partito Democratico in Commissione sarebbe stata quella di non partecipare alla discussione, in merito al parere sul disegno di legge sulle intercettazioni, qualora essa fosse avvenuta. Sottolinea che si sarebbe voluto intervenire nel merito di tale provvedimento. Al riguardo, osserva che il provvedimento in questione renderà i cittadini italiani meno sicuri perché spunterà, nel contrasto alla criminalità, l'arma preziosa e spesso decisiva delle intercettazioni. Aggiunge che, così facendo, si finirà per sottrarre elementi di conoscenza non solo ai magistrati ma anche a tutti i cittadini. Evidenzia poi le gravi conseguenze sulla circolazione delle informazioni che deriveranno dai nuovi gravami imposti all'operare dei blog su internet. In conclusione, osserva che, costringendo l'editore, attraverso lo strumento delle sanzioni, al controllo sulle notizie pubblicate, si abbatterà il muro che fino ad oggi ha tenuto distinte le responsabilità e i ruoli del direttore responsabile e dell'editore e si finirà per minare la solidità di uno dei pilastri sui quali, nella tradizione del giornalismo italiano, si è costruita e difesa la libertà di stampa. Sottolinea ancora una volta che queste sarebbero state le osservazioni che si sarebbero volute esprimere nel corso del dibattito che si sarebbe dovuto aprire in Commissione.
Osserva in ogni caso che tali considerazioni non sarebbero comunque state pronunciate in quanto la scelta di affidare il ruolo di relatore all'onorevole Renato Farina, su un provvedimento che tocca in modo diretto i temi della sicurezza e dell'informazione, avrebbe costretto il gruppo a cui appartiene a non partecipare al dibattito. Si tratta di una decisione grave, una decisione della quale, per l'impegno che si è sempre dimostrato, seduta dopo seduta, nel lavoro parlamentare della Commissione, avverte tutto il grave peso. Aggiunge peraltro che si tratta di un peso ancora più grave, in quanto si sono sempre volute distinguere le questioni personali, da quelle politiche. Nello specifico non si tratta però di una questione personale ma, per l'appunto, di una questione politica, profondamente politica. Ricorda quindi alla presidente Aprea e ai colleghi della Commissione che l'onorevole Renato Farina ha ammesso di avere collaborato, quando era vicedirettore di «Libero», con i servizi segreti italiani, fornendo informazioni e pubblicando notizie false in cambio di denaro. Rammenta che per questi episodi, che configurano, come noto, un comportamento «incompatibile con tutte le norme deontologiche della professione giornalistica», l'onorevole Renato Farina fu radiato dall'Ordine Nazionale dei Giornalisti, in accoglimento della richiesta avanzata dal Procuratore Generale della Repubblica di Milano secondo il quale la sospensione di 12 mesi comminata dal Consiglio regionale della Lombardia era «inadeguata rispetto alla gravità della condotta ascritta ed accertata». Conclude, infine, osservando che i fatti, seppur così brevemente descritti, valgono a dare ragione

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alla decisione, del gruppo parlamentare che rappresenta, di non partecipare al dibattito sul provvedimento in esame, se questo si fosse tenuto.

Valentina APREA, presidente, censura fermamente le dichiarazioni testé espresse dal collega Levi, ricordando innanzitutto che la sede in cui sono state svolte è quella di una Commissione parlamentare e non un'aula di tribunale. Mai, e sottolinea mai, si sarebbe aspettata dall'onorevole Levi un intervento così inopportuno e drastico che mette in discussione il lavoro finora svolto dalla Commissione cultura con leale e fattiva collaborazione tra tutte le forze politiche. Si tratta di affermazioni che non solo ledono le prerogative del collega Farina, al quale rivolge sentitamente il senso della più profonda stima personale, ma soprattutto quelle della Presidenza della Commissione che lo ha indicato come relatore.

Antonio PALMIERI (PdL), intervenendo a nome del gruppo cui appartiene, osserva che mai avrebbe voluto udire in Parlamento un intervento come quello svolto dall'onorevole Levi. Nel confronto pur aspro, il rispetto dei colleghi e delle persone è preminente e il dibattito deve essere sempre mantenuto a livello politico e mai trascendere sul piano personale. Ritiene, invece, che in tale circostanza si sia in presenza di un accanimento verso una persona, un collega, che innanzitutto ha già pagato per ciò che ha fatto, ma al quale va in ogni caso il rispetto dovuto ad un rappresentante eletto dal popolo italiano. Considera letteralmente abominevole l'intervento dell'onorevole Levi, rilevando che lascerà un seguito determinante nei futuri rapporti tra la maggioranza e l'opposizione in Commissione.

Paola GOISIS (LNP) evidenzia che la posizione del gruppo da lei rappresentato è sempre stata di completo sostegno a tutti i colleghi che lavorano nella Commissione. Ritiene che, in ogni caso, la responsabilità è personale e non può essere sollevata come fatto politico. Esprime quindi, anche a nome del gruppo che rappresenta, rinnovata stima e solidarietà al collega Farina.

Manuela DI CENTA (PdL) desidera esprimere il profondo disagio che ha avvertito nell'ascoltare l'intervento dell'onorevole Levi. Al riguardo, sottolinea che non avrebbe mai immaginato di assistere in Commissione cultura ad un vero e proprio processo nei confronti di un collega e per la scelta della presidente di incaricarlo quale relatore su un disegno di legge. Ritiene l'atteggiamento dell'onorevole Levi indegno non solo di un collega, ma offensivo anche della più elementare convivenza civile e democratica. Si appella quindi alla presidente della Commissione affinché si faccia interprete nelle sede idonee del sentimento da lei espresso, in modo tale che in futuro non avvengano più episodi come quello in questione. Rinnova quindi al collega Renato Farina la propria, personale, piena solidarietà per il grave disagio e il forte imbarazzo nel quale si è venuto, suo malgrado, inaspettatamente a trovare.

Emerenzio BARBIERI (PdL) si riconosce interamente nelle parole già espresse, a nome del gruppo del PdL, dal collega Palmieri. Sottolinea d'altra parte la contraddizione in cui cade l'onorevole Levi che considera il collega Farina degno di rappresentare il popolo italiano, in quanto deputato eletto dai cittadini, ma non di fare il relatore su un provvedimento. È un atteggiamento inconsistente e ridicolo che risulta ancora più grave in quanto svolto a nome dell'intero gruppo del Partito Democratico. Si sarebbe aspettato, al limite, che l'intervento dell'onorevole Levi fosse fatto a titolo personale. Conclude, infine, ricordando che nelle precedenti legislature erano presenti in Commissione colleghi colpevoli di ben più gravi episodi, ma nei loro confronti mai, e ribadisce mai, i deputati del gruppo cui appartiene si sono abbassati a portare attacchi personali di tale natura.

Elena CENTEMERO (PdL) si riconosce pienamente nelle dichiarazioni espresse

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dai colleghi intervenuti. Esprime quindi piena solidarietà alla presidente Aprea e all'onorevole Renato Farina, dichiarandosi sconcertata per la posizione espressa dal collega Levi, a nome del gruppo del Partito democratico.

Valentina APREA, presidente, nel rinnovare un'incondizionata stima al collega Renato Farina, importante punto di riferimento per la Commissione, in quanto competente su diverse e delicate materie e questioni, invita i componenti del gruppo del Partito Democratico a porgere le proprie scuse all'onorevole Farina. Fa presente in ogni caso che rappresenterà la questione nella prossima riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti.
Dichiara quindi conclusa la seduta, avvertendo che sono imminenti votazioni in Assemblea.

La seduta termina alle 9.45.

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

Giovedì 29 giugno 2010. - Presidenza del presidente Valentina APREA.

La seduta comincia alle 14.

Sulla missione svolta a Shanghai dal 23 al 25 giugno 2010.
(Svolgimento e conclusione).

Valentina APREA, presidente, rende le comunicazioni sulla missione svolta a Shanghai dal 23 al 25 giugno 2010 (vedi allegato 2), rivolgendo in particolare un ringraziamento agli uffici per l'organizzazione della missione.

La Commissione prende quindi atto delle comunicazioni rese.

La seduta termina alle 14.15.

ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 29 luglio 2010. - Presidenza del presidente Valentina APREA.

La seduta comincia alle 14.15.

Schema di direttiva, per l'anno 2010, recante gli interventi prioritari, i criteri generali per la ripartizione delle somme, le indicazioni sul monitoraggio, il supporto e la valutazione degli interventi previsti dalla legge n. 440 del 1997, concernente l'istituzione del fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi.
Atto n. 231.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e conclusione - Parere favorevole con una condizione e osservazioni).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, rinviato, da ultimo, nella seduta antimeridiana della giornata odierna.

Elena CENTEMERO (PdL), relatore, illustra una proposta di parere sullo schema in esame (vedi allegato 3). Precisa, in particolare, per quel che riguarda l'alternanza scuola-lavoro che tale aspetto viene riconosciuto con gli strumenti fondamentali a supporto dell'attività didattica, anche al fine di acquisire competenze non solo disciplinari.

Maria Letizia DE TORRE (PD) ricorda che nel suo intervento precedente aveva fatto riferimento alla necessità di pervenire ad una modifica urgente sulle modalità di attuazione della legge n. 400. Ribadisce di aver presentato in tal senso una risoluzione, firmata da tutti i gruppi, che andrebbe discussa al più presto. Sottolinea, più in generale, che, non solo per la legge n. 400 ma anche per altre, appare fondamentale rivedere il meccanismo che ne disciplina l'attuazione. Ringraziando la relatrice per il lavoro svolto, preannuncia quindi anche a nome dei deputati del

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proprio gruppo, l'astensione sulla proposta di parere presentata.

Emerenzio BARBIERI (PdL) ringraziando la relatrice per il lavoro svolto e formulando un apprezzamento per l'atteggiamento molto responsabile del gruppo del Partito Democratico, chiede alla relatrice se sia possibile trasformare la seconda osservazione in una condizione. Si darebbe così un segnale importante anche a livello locale, dove sono sempre forti le pressioni per avere maggiori risorse per le scuole.

Elena CENTEMERO (PdL) concorda con la proposta del collega Barbieri, rilevando in particolare che l'articolo 3 della legge n. 440 concerne proprio il ruolo degli enti locali. Riformula quindi conseguentemente la proposta di parere (vedi allegato 4).

Maria Letizia DE TORRE (PD) concorda con la nuova formulazione della proposta di parere, ribadendo l'astensione dei deputati del proprio gruppo.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdC) esprime il proprio apprezzamento per il lavoro svolto dal relatore, rilevando in particolare che molte osservazioni sono state recepite. Ricorda che la risoluzione citata dalla collega De Torre è stata sottoscritta anche dal gruppo dell'UdC. Preannuncia quindi, anche a nome dei deputati del proprio gruppo, il voto di astensione sulla proposta di parere presentata.

La Commissione approva quindi la proposta di parere favorevole con condizione e osservazioni, così come riformulata dal relatore (vedi allegato 4).

Valentina APREA, presidente, ricorda che il ministero sarà prontamente informato dell'unità di intenti che la Commissione ha raggiunto nell'approvazione del parere in oggetto.

La seduta termina alle 14.25.

SEDE REFERENTE

Giovedì 29 luglio 2010. - Presidenza del presidente Valentina APREA.

La seduta comincia alle 14.25.

Concessione di contributi per il finanziamento di attività di ricerca sulla cultura latina del medioevo europeo.
C. 2774 Barbieri.

(Seguito dell'esame e rinvio - Adozione del nuovo testo elaborato dal Comitato ristretto).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 16 giugno 2010.

Emerenzio BARBIERI (PdL), relatore, propone di adottare come testo base per il seguito dell'esame il nuovo testo della proposta di legge, elaborato all'unanimità nel corso del Comitato ristretto, ritenendo di conseguenza opportuno fissare un termine breve per la presentazione di eventuali emendamenti (vedi allegato 5).

La Commissione concorda.

Valentina APREA, presidente, sulla base di quanto proposto dal relatore, propone di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 15.30 della giornata odierna.

La Commissione concorda.

Valentina APREA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame al termine della seduta odierna.

Disposizioni per il restauro e la valorizzazione della Rocca di Canossa e per la celebrazione del nono centenario della morte della contessa Matilde di Toscana.
C. 2967 Alessandri.

(Seguito dell'esame e rinvio - Abbinamento della proposta di legge C. 3307).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 24 febbraio 2010.

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Valentina APREA, presidente, ricorda che la Commissione ha iniziato, in data 10 febbraio 2010, l'esame della proposta di legge C. 2967 Alessandri recante disposizioni per il restauro e la valorizzazione della Rocca di Canossa e per la celebrazione del nono centenario della morte della Contessa Matilde di Toscana. In data 29 aprile 2010, è stata quindi assegnata alla Commissione la proposta di legge C. 3307 Castagnetti ed altri, recante «Disposizioni per lo studio della figura di Matilde di Canossa e per la salvaguardia e la valorizzazione culturale, ambientale e turistica dei luoghi e dei territori matildici». Vertendo su analoga materia, ne propone quindi l'abbinamento alla proposta di legge all'ordine del giorno C. 2967 Alessandri, ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del Regolamento.

La Commissione concorda.

Emerenzio BARBIERI (PdL), relatore, ricorda che la proposta C. 3307, presentata l'11 marzo 2010, si compone di 8 articoli e, come esplicitato negli articoli 1 e 2, è finalizzata a favorire le iniziative di approfondimento e di studio della figura di Matilde di Canossa e alla salvaguardia e valorizzazione culturale, ambientale e turistica dei luoghi e dei territori matildici, ovvero delle aree facenti parte del suo regno e, in particolare, del territorio a nord del Po fra i fiumi Adda, Mincio e il lago d'Iseo, l'intero corso del Po dalle confluenze dell'Adda e del Taro fino alle valli di Comacchio, i territori a sud del Po compresi fra il Taro e il Reno in Emilia, il monte Cimino a sud, la costa tirrenica a ovest e la dorsale dell'Appennino tosco-emiliano a est. A tal fine, ricorda che l'articolo 3 della proposta di legge individua, come meritevoli di finanziamento pubblico, gli studi e le ricerche sulla figura di Matilde di Canossa, il risanamento ambientale dei luoghi e dei paesaggi storici, il restauro scientifico e il risanamento conservativo di immobili di interesse storico-artistico ubicati nei luoghi e nei territori matildici, la definizione di itinerari turistici, e il miglioramento della ricettività turistica dell'area e la produzione di materiale informativo. In tale ambito, meritano una particolare citazione gli interventi finalizzati alla valorizzazione di alcuni specifici prodotti agroalimentari tipici del territorio matildico. Osserva quindi che l'articolo 4 istituisce il Fondo per lo studio della figura di Matilde di Canossa e per la salvaguardia e la valorizzazione culturale, ambientale e turistica dei luoghi e dei territori matildici, con una dotazione finanziaria pari a 5 milioni di euro in ragione d'anno a decorrere dall'anno 2010. Rileva inoltre che l'articolo 5 affida alla «Commissione per lo studio della figura di Matilde di Canossa e per la salvaguardia e la valorizzazione culturale, ambientale e turistica dei luoghi e dei territori matildici», istituita presso il Ministero per i beni e le attività culturali, il compito di individuare le linee generali di programmazione degli interventi, le azioni prioritarie, gli obiettivi e le caratteristiche dei progetti ammessi al finanziamento. Il Ministero per i beni e le attività culturali, acquisite le linee generali di programmazione da parte della predetta Commissione, provvederà a definire con le regioni interessate, attraverso specifici accordi di programma quadro, il piano esecutivo degli interventi. Evidenzia che nell'articolo 7, in vista del nono centenario della morte di Matilde di Canossa, è contemplata la possibilità per gli enti locali, gli enti pubblici, le istituzioni culturali, i comitati promotori e le amministrazioni dello Stato, di richiedere l'istituzione di un comitato nazionale per le celebrazioni nel nono centenario della morte di Matilde di Canossa.
Sottolinea quindi che l'articolo 8 disciplina la copertura finanziaria stabilendo che all'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2010 al 2015, si provvede mediante le maggiori entrate da reperire, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, tramite le aliquote di base dell'imposta di consumo sui tabacchi lavorati previste dal comma 1

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dell'articolo 28 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, che sono incrementate al fine di assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2010 al 2015. Aggiunge che le due proposte di legge in esame, pur vertendo su analoga materia, presentano notevoli diversità a partire dal titolo: sostanzialmente la proposta C. 3307 Castagnetti e altri si differenzia dalla proposta C. 2967 Alessandri e Reguzzoni, estendendo la previsione normativa ad un territorio geografico più ampio della sola Rocca di Canossa e comprendente tutti i territori matildici, ampliandone anche l'ambito culturale; si prevedono, oltre ad interventi di restauro e di valorizzazione ambientale e turistica, anche profili di studio e di approfondimento per la figura stessa di Matilde di Canossa e della sua epoca. Evidenzia che la proposta C. 2967 prevede inoltre che il progetto è realizzato dall'istituendo comitato nazionale per il nono centenario, ai sensi dell'articolo 4; nella proposta C. 3307 si prevede invece l'istituzione di un Fondo, finalizzato alla concessione di contributi ai progetti volti al perseguimento delle finalità della legge. Una Commissione istituita dall'articolo 5 della medesima proposta di legge ha il compito poi di «individuare le linee di programmazione degli interventi, le azioni prioritarie, gli obiettivi e le caratteristiche dei progetti ammessi al finanziamento a valere sul Fondo di cui all'articolo 4». Ricorda che per la proposta Castagnetti, l'istituzione del Comitato nazionale è prevista dall'articolo 7. Sottolinea infine che i due progetti di legge si distinguono sia per gli importi finanziari relativi alla copertura finanziaria, a cui rinvia.

Valentina APREA, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla vendita del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera e sulle vicende a questa relative accadute negli anni dal 1981 al 1984.
C. 3363 Bergamini e C. 3535 Maurizio Turco.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta dell'8 luglio 2010.

Deborah BERGAMINI (PdL), in qualità di prima firmataria della proposta di legge n. 3363, preannuncia che non darà lettura di memorie giudiziarie o di relazioni documentali, come invece fatto da altri colleghi, ma si limiterà a chiarire e rendere più esplicite le ragioni per cui ritiene opportuno e doveroso procedere all'istituzione della Commissione d'inchiesta sui temi in questione. Segnala innanzitutto che l'intento che ha mosso la presentazione della proposta di legge in titolo non è stato certo quello di voler riscrivere la verità giudiziaria che è nota nella sua articolata complessità, ma che fotografa comunque in modo parziale la storia politica, economica e sindacale di quegli avvenimenti. Al riguardo, sottolinea infatti che le ricostruzioni che sono state fatte fino ad oggi sono avvenute esclusivamente in ambito giudiziario, dove l'attività d'inchiesta è finalizzata esclusivamente a fare emergere elementi di colpevolezza. La visione giudiziaria si muove infatti in ambiti precisi ma non strettamente coincidenti con la reale ricostruzione storica. Ritiene invece che occorra procedere ad una puntuale ricostruzione storica, necessaria soprattutto quando si cerca di legare insieme eventi delicati che hanno interessato il Paese e che ancora oggi ne condizionano alcuni aspetti. Ritiene che il compito della Commissione d'inchiesta debba essere proprio quella di ricostruire gli aspetti nascosti e in ombra della vicenda, che sono rimasti sul fondo del contesto politico, storico ed economico, al fine di completare la conoscenza dei fatti accaduti. Per questo, ritiene che sia obbligo del Parlamento

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mettere in evidenza gli aspetti indicati, con l'istituzione di una Commissione di inchiesta che non appare quindi superflua ma necessaria, volta a completare e non a sovrapporsi alla conoscenza dei fatti, raggiunta con la vicenda giudiziaria.
In sintesi, ricorda che all'epoca dei fatti il gruppo Rizzoli era il primo gruppo editoriale in Italia, secondo in Europa con migliaia di dipendenti, uno degli ultimi editori «puri» del Paese. Rammenta che la vicenda ha avuto strascichi durati per oltre venticinque anni, di cui ancora oggi si parla continuando ad attrarre attenzione e ad alimentare interessi. Si tratta pertanto di vicende di sicuro interesse pubblico per le quali la Costituzione prevede l'istituzione di una Commissione di inchiesta che ne possa completare la conoscenza. Tiene a precisare, innanzitutto, che ha trovato sorprendente l'intervento fatto dall'onorevole Levi sul provvedimento in oggetto. Non comprende, anzi, perché il collega Levi definisca intimidatoria la proposta di istituzione della Commissione d'inchiesta, soprattutto perché non è chiaro verso chi tale eventuale atto intimidatorio sarebbe rivolto. Al contrario, sarebbe grave non cercare di comprendere avvenimenti che «fortunosamente» o «colpevolmente» hanno interessato il più grande gruppo editoriale italiano. Osserva quindi che le vicende oggetto della proposta di Commissione d'inchiesta sono state attraversate da «torbidi intrecci» che si sono riflessi sull'intero Paese, sottolineando peraltro che i fatti, pur noti, della vicenda sono innumerevoli e complessi. Al riguardo, ricorda, che le vicende in oggetto partono dal 1970, quando l'allora potente gruppo, presieduto da Andrea Rizzoli, era in una fase imprenditorialmente espansiva e per tale motivo si era interessato all'acquisizione del Corriere della Sera, che, all'epoca, apparteneva con quote ammontanti al 33 per cento alle famiglie Moratti, Agnelli e Crespi. Ricorda che per portare a termine tale operazione, furono investiti allora 100 miliardi di lire, con un'impresa di vasta portata e di enorme complessità economica e politica; al riguardo sottolinea come il Corriere della Sera rappresentasse all'epoca il più importante quotidiano, con problematiche complesse che ne attraversavano la gestione, sia dal punto di vista politico, economico, che sindacale. Da tempo si attendeva per esempio l'erogazione di fondi per l'editoria che condizionava la vera e propria sopravvivenza di molti quotidiani e giornali dell'epoca. Alcuni di questi, come il Corriere della Sera furono costretti a rivolgersi ad istituti bancari per ottenere i finanziamenti necessari, in attesa che i fondi fossero sbloccati dal Governo.
Aggiunge d'altra parte che nello stesso periodo la politica esercitava un ruolo marcato sulla gestione del Corriere, che era in particolare considerato dai gruppi dirigenti della Democrazia cristiana un giornale non affidabile; lo stesso Fanfani nutriva perplessità sul giornale circa l'atteggiamento tenuto in occasione del referendum sul divorzio, tanto da considerare il Corriere della Sera un quotidiano che poteva creare problemi ai partiti di Governo dell'epoca. Dal punto di vista imprenditoriale poi il Corriere aveva in essere un contratto di pubblicità con la società SIPRA il cui responsabile era considerato più vicino al Partito comunista che alla DC. In questo quadro, l'editore Rizzoli decise comunque di acquisire al buio la testata di via Solferino, per un importo di cento miliardi, ma si trovò sospesi tutti i finanziamenti bancari, che lo spinsero a rivolgersi a Calvi, cioè al Banco Ambrosiano, e ad Ortolani.
Aggiunge che Rizzoli volle acquistare anche il 33 per cento di quota pertinente alla famiglia Agnelli; osserva che a questo punto la pressione dell'indebitamento cominciò a premere sempre di più sul gruppo Rizzoli, e per tale motivo l'amministratore Tassan Din si rivolse al banchiere Calvi. L'operazione fu portata avanti in modo che il Banco Ambrosiano acquisisse il restante 33 per cento delle quote da acquisire, di proprietà della famiglia Agnelli, a fronte dell'inglobamento dell'80 per cento dell'intero gruppo Rizzoli, con la facoltà però, da parte della famiglia, di poterlo poi riscattare. Il finanziamento

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non era però sufficiente a risollevare la situazione, che continuò a peggiorare, sebbene alcune delle criticità rilevate al momento della prima acquisizione del quotidiano cominciassero ad allentarsi. Al riguardo, sottolinea che l'indebitamento sempre più pesante impose a Rizzoli una ricapitalizzazione di centocinquanta miliardi, per consentire alla centrale finanziaria di acquisire il 40 per cento delle quote del Banco ambrosiano e riscattare così l'80 per cento del gruppo Rizzoli, dato in pegno all'istituto di credito. Evidenzia peraltro come sia emerso successivamente che la cifra ammontante a centocinquanta miliardi non arrivò mai nelle casse del gruppo Rizzoli ma venne intercettata e trasferita nei fondi esteri del cosiddetto pattone Blu, dalle iniziali di Bruno Tassandin, Licio Gelli e Umberto Ortolani. In coincidenza di tali vicende, sono già stati ampiamente ricordati gli eventi legati alla morte dello stesso Calvi e al crac dell'Ambrosiano, che ebbero la conseguenza di far precipitare definitivamente il gruppo di Angelo Rizzoli. Anche il tentativo di vendere il 52 per cento di quote appartenenti a Rizzoli, per il 40 per cento a lui intestate e per il 10,2 a Tassan Din, fallì proprio per il rifiuto di questo ultimo di vendere la sua quota. Sottolinea che naturalmente il mancato ingresso dei centocinquanta miliardi al gruppo ne determinò il tracollo finanziario, con conseguente amministrazione controllata e il successivo arresto dello stesso Rizzoli per bancarotta fraudolenta.
Eppure, segnala che poco tempo prima erano intervenuti alcuni fatti importanti che avrebbero potuto dare respiro al gruppo, a partire dallo sblocco dei fondi per l'editoria varato da Palazzo Chigi, e, poco prima dell'arresto di Rizzoli, un contratto pubblicitario che garantiva comunque introiti fissi al gruppo. Al riguardo, ricorda che importanti uomini politici dell'epoca come Andreotti fecero dichiarazioni che mettevano in guardia su possibili soggetti interessati a far fallire la Rizzoli e a comprare per pochi spiccioli il Corriere della Sera. Ricorda quindi che con il crac del Banco Ambrosiano e la successiva nascita del Nuovo Banco Ambrosiano, divenne presidente dell'Istituto Bazoli, che per prima cosa richiese al gruppo la restituzione di settanta miliardi di lire in quindici giorni; cifra che naturalmente Rizzoli non poteva restituire. Al riguardo, evidenzia che prima della fine dell'amministrazione controllata lo stesso Bazoli propose al Tribunale di Milano una cordata di compratori interessati all'acquisto del quotidiano, rappresentati, insieme ad altri, dalla GEMINA e dalla MITTEL, società di cui lo stesso Bazoli era stato presidente; carica peraltro dalla quale si dimise prima di assumere la presidenza del Nuovo Banco Ambrosiano e che peraltro riassunse, dopo essere cessato da questa ultima. Sottolinea quindi come tali vicende mostrino comunque dei lati oscuri, come ad esempio la volontà di svendere l'intero gruppo editoriale, senza peraltro mantenerne le quote, come vietava d'altra parte la normativa vigente che impediva ad istituti di credito di acquisire il controllo di quotidiani. Ricorda peraltro che in altri casi, come ad esempio per Il Mattino di Napoli, il Banco Napoli mantenne la titolarità di quote del giornale, senza che fu eccepito alcunché. Sottolinea comunque che l'intero gruppo fu acquisito dalla cordata di riferimento pagando il 50, 2 per cento delle quote nove miliardi di lire, mentre la perizia del Tribunale di Milano stimava, solo il valore patrimoniale del gruppo, a duecento miliardi.
Rileva quindi che esistono senz'altro adeguate e comprovate motivazioni per giustificare l'istituzione di una Commissione di inchiesta che faccia luce sulla situazione che ha illustrato, chiarendo quelle situazioni dubbie che hanno segnato la storia editoriale del Paese e per molti versi ancora la segnano.

Giuseppe GIULIETTI (Misto) prende atto delle considerazioni espresse dalla collega Bergamini, che ringrazia senz'altro per l'esposizione accattivante dei fatti, che omette peraltro la narrazione di alcuni eventi. Ritiene condivisibile certo l'idea di accedere ad una ricostruzione storica, puntuale di fatti che hanno segnato le

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vicende del Paese, occulti e nascosti, ma nella loro interezza. Al riguardo, sottolinea infatti che tale ricostruzione non possa limitarsi alla vicenda Rizzoli, ingenerando il sospetto che ci si voglia limitare ad un solo aspetto, ma deve estendersi ai fatti complessivi di quella stagione politica. Richiama in tal senso la documentata e splendida relazione dell'onorevole Levi, fin troppo pacata, nonché una lettura attenta degli atti della Commissione d'inchiesta sulla P2, segnatamente le sue relazioni di minoranza, compresa quella del gruppo dell'allora Movimento Sociale Italiano, nelle quali pagine si potranno trovare ricostruzioni ben più puntuali di quella fornita dalla collega Bergamini. Ritiene d'altra parte necessario scoraggiare l'uso e l'istituzione di Commissioni d'inchiesta su fatti concernenti privati cittadini, sottolineando che tale operazione potrebbe configurarsi come un prolungamento, in sede istituzionale, del noto conflitto di interessi in cui versa l'attuale maggioranza.
Ritiene che con i fatti legati alla vicenda Rizzoli vi sia stata in Italia la prima messa in opera e sperimentazione di comportamenti altamente corruttivi e illegali, come quelli relativi alle «sentenze comprate», nonché alle pressioni che hanno portato a modificazioni importanti degli assetti editoriali e in parte anche democratici del Paese; come per esempio nel caso della Mondadori. In questo quadro, ritiene che occorrerebbe cambiare il titolo della proposta di legge in «Commissione d'inchiesta sul ruolo delle logge sull'assetto editoriale dell'Italia». Si potrebbe addirittura abbinare al provvedimento in esame la proposta di legge di recente presentata da alcuni colleghi, tra i quali l'onorevole Bindi e l'onorevole Zaccaria, sul ruolo dell'associazione segreta P3 nell'editoria. Rileva quindi che la proposta di legge in esame non è condivisibile per il semplice fatto che non intende accertare la verità dei fatti, ma in qualche modo ricostruirla ad arte.

Valentina APREA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Norme per l'inserimento dello studio della tecnica e della tecnologia atte al superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati nei programmi didattici.
C. 2367 Argentin.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Manuela GHIZZONI (PD), relatore, ricorda che la proposta di legge in esame reca norme per l'inserimento, nei programmi didattici delle scuole secondarie di secondo grado e nell'ambito degli insegnamenti impartiti presso le università, dello studio della tecnica e della tecnologia atte al superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati. La proposta prevede altresì l'introduzione di sanzioni penali per il mancato adeguamento di edifici e spazi pubblici alla vigente normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche. Evidenzia che la proposta di legge a prime firme Argentin e Paglia ha un grande valore, esplicitato nel titolo, che attiene al pieno sviluppo delle capacità delle persone e alla tutela e alla piena esigibilità dei loro diritti. Essa rappresenta per i componenti della Commissione, in particolare, e in generale per tutti i deputati, l'opportunità di affrontare il tema dell'integrazione delle persone con disabilità, più di quanto i nostri lavori ci abbiano consentito di fare fino ad ora. Forti della tradizione legislativa italiana, tesa all'affermazione dei diritti delle persone con disabilità, ritiene quindi che si sia di fronte alla responsabilità di avviare una discussione ampia, finalizzata a dare concreta attuazione all'obiettivo più profondo della proposta di legge, cioè diffondere e radicare, nella società italiana, quella cultura che consente di superare nella vita quotidiana i problemi legati all'integrazione delle persone con disabilità. Rileva che da questa

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volontà nasce la finalità espressa nell'articolo 1 che affida alla Repubblica la promozione dello studio e della conoscenza della cultura dell'accessibilità, quale elemento dell'universal design, che consiste nella progettazione di spazi, ambienti e oggetti utilizzabili dal più ampio numero di persone a prescindere dalla loro età, dalla loro condizione fisica e capacità psichica, così come definito ai sensi delle linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale di cui al decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 28 marzo 2008. All'attuazione delle finalità esplicitate nell'articolo 1 - finalità ambiziose che vanno sostenute con tenacia - concorrono gli articoli successivi. In particolare, rileva che l'articolo 2 prevede che entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge il Governo modifichi i programmi didattici delle scuole secondarie di secondo grado ad indirizzo tecnico, con particolare riguardo alla specializzazione in edilizia, al fine di inserire elementi di base riguardanti gli aspetti edilizi e urbanistici relativi all'universal design e al superamento delle barriere architettoniche, nonché lo studio della domotica in rapporto alla disabilità.
Aggiunge che l'articolo 3 del progetto di legge in commento prevede quindi che le università statali, non statali e telematiche, nel rispetto della loro autonomia didattica, inseriscano lo studio della tecnica e delle tecnologie atte a realizzare l'universal design e il superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati nelle discipline obbligatorie di base delle classi di laurea: L-7 Ingegneria civile e ambientale; L-17 Scienze dell'architettura; L-21 Scienze della pianificazione territoriale, urbanistica, paesaggistica e ambientale; L-23 Scienze e tecniche dell'edilizia. A tal fine, si dispone che entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca modifica il decreto ministeriale 16 marzo 2007 con il quale sono state definite le classi delle lauree. In virtù del sistema normativo vigente, le discipline indicate dall'articolo 3 citato sembrerebbero dover essere inserite dal Ministero dell'istruzione, università e ricerca nelle attività formative indispensabili previste dagli allegati del decreto ministeriale 16 marzo 2007. Specifica quindi che gli articoli 2 e 3 intervengono sul percorso formativo di tutti quei «futuri tecnici» che nella loro vita professionale avranno la responsabilità di rendere un ambiente o uno spazio «accessibile», cioè fruibile, sicuro, confortevole per tutti i possibili utilizzatori. Le due norme si fondano sulla consapevolezza che i tecnici debbano avere adeguate competenze perché già nella fase della progettazione e successivamente della realizzazione di strutture pubbliche e private, aperte e chiuse, siano sempre tenute in considerazione le necessità di tutti i possibili fruitori, siano essi mamme con bambini in carrozzina, bambini, adulti, anziani con ridotte capacità motorie o sensoriali, persone con disabilità permanente o temporanea. Solo attraverso un'adeguata formazione potrà radicarsi la cultura della accessibilità, affinché tutti possano muoversi in sicurezza e vivere in autonomia. Ritiene peraltro che la promozione della cultura dell'accessibilità non sia sufficiente, se al contempo non si rispetta la normativa già vigente in favore delle persone con disabilità. Pertanto, l'articolo 4, comma 1, della proposta di legge in esame, attribuisce all'amministratore pubblico competente la responsabilità diretta per il mancato adeguamento degli edifici e degli spazi pubblici esistenti alla normativa in materia di accessibilità e di eliminazione delle barriere architettoniche contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503, regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici. In particolare, evidenzia che la disposizione in commento sembra aggiungere un'ulteriore ipotesi di responsabilità a quelle già previste dall'ordinamento. Il successivo comma 2 dell'articolo 4 prevede invece che, qualora entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge non avvenga il previsto adeguamento degli edifici e degli spazi pubblici, l'amministratore pubblico competente è punito

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con un'ammenda da euro 10.000 a euro 50.000 e con l'arresto da 6 mesi a 2 anni. L'amministratore pubblico competente - che è dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa - è individuato nel dirigente al quale spettano i poteri di gestione o nel funzionario non avente qualifica dirigenziale nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto a un ufficio avente autonomia gestionale. L'individuazione spetta all'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali è svolta l'attività. Ricorda che il comma 3 del medesimo articolo 4 dispone, peraltro, che in caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri previsti dal comma 2, l'amministratore pubblico competente coincide con l'organo di vertice dell'amministrazione pubblica competente.
Dal punto di vista della formulazione del testo, segnala per completezza che all'articolo 1, occorrerebbe sostituire le parole «e aperta alla firma il 30 marzo 2007», con le parole «, ratificata dall'Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18». All'articolo 2 occorrerebbe inoltre specificare ulteriormente l'espressione «con appositi provvedimenti», sopprimendo le parole «disposizioni di legge»; i programmi didattici sono attualmente disciplinati infatti con decreto del Presidente della Repubblica. Risulterebbe altresì opportuno adeguare l'espressione «a indirizzo tecnico, con particolare riguardo alla specializzazione in edilizia» con la disciplina vigente prevista per gli istituti tecnici superiori. All'articolo 3, infine, il riferimento all'autonomia didattica degli atenei andrebbe completato citando anche il decreto ministeriale n. 270 del 2004. All'articolo 4, infine, sarebbe opportuno riformulare i commi 2 e 3 in un unico comma, definendo «ai sensi della presente legge» i soggetti che possono rivestire la qualifica di amministratore pubblico; definizione che non è chiaramente riconducibile a una figura presente nell'ordinamento. A conclusione del dibattito generale, ritiene che si possa prevedere un ciclo di audizioni di associazioni, esperti e soggetti che i commissari vorranno segnalare. Ritiene inoltre che sarebbe opportuno costituire un Comitato ristretto per l'approfondimento del testo di legge ed il suo raccordo con l'esito delle audizioni. Nella certezza che i colleghi della Commissione metteranno, come sempre, la loro passione e le loro competenze per la definizione di un testo il più possibile meditato e condiviso, auspica in ogni caso un iter celere dell'esame della proposta di legge, per giungere rapidamente alla sua approvazione.

Ileana ARGENTIN (PD), ringraziando la relatrice, in qualità di prima firmataria della proposta di legge, ricorda che l'idea di fondo del provvedimento è quella di costruire senza barriere architettoniche e non di essere costretti ad abbattere le barriere architettoniche esistenti. Evidenzia che tale idea di fondo può contribuire a migliorare la vita di tutti i cittadini, non solo delle persone che hanno vere e proprie disabilità. Pensa alle persone che hanno difficoltà momentanee negli spostamenti, come ad esempio le madri incinta o con figli piccoli che devono quindi muoversi con una carrozzina, o gli anziani e così via. Ricorda inoltre che uno dei problemi di fondo è che da molti anni le normative che tendono ad evitare la creazione di barriere architettoniche non sono sufficientemente finanziate. Più in generale, il problema è quello della mancanza di progettualità, problema che è accentuato dal fatto che gli interventi vengono posti in essere dai singoli municipi e possono quindi essere tra loro discordanti.
Evidenzia quindi che con la proposta di legge in esame si intende aiutare le persone che lavorano nella progettazione, fornendo loro una formazione adeguata. Segnala in particolare che la mancanza di progettualità fa sì, ad esempio, che si costruiscano bagni che possano andare bene per determinate categorie di disabili, ma non per altri. Auspica, in ogni caso, che vi sia un cambiamento di mentalità nel modo di intendere gli interventi fatti in favore dei disabili; spesso, infatti, si pensa che la persona con disabilità rappresenti un costo aggiuntivo, mentre deve essere

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considerata alla stregua di chiunque abbia la necessità di vivere in modo adeguato la città, in relazione alle sue condizioni fisiche o familiari, temporanee o permanenti che siano. Occorre quindi un cambiamento di mentalità, a partire dalla formazione che viene fatta nelle scuole, proprio per aiutare i tecnici a saper affrontare adeguatamente fin dall'inizio le problematiche evidenziate, senza dover intervenire in una fase successiva delle costruzioni.

Gianfranco PAGLIA (PdL)segnala innanzitutto che la proposta di legge nasce da una esigenza condivisa da tutte le forze politiche. Nel merito, aggiunge solo che l'articolo 4 della proposta di legge non deve spaventare, anzi è fondamentale, in quanto introduce sanzioni essenziali. Concorda inoltre con quanto espresso dalla collega Argentin, rilevando come spesso non sia facile educare alla gestione delle dinamiche conseguenti alle disabilità. Auspica quindi che la proposta di legge possa essere esaminata in Comitato ristretto, al fine di giungere ad una sua rapida approvazione.

Emerenzio BARBIERI (PdL) concorda con quanto espresso dai colleghi Argentin e Paglia e auspica che il provvedimento possa essere al più presto trasferito in sede di Comitato ristretto. Rileva peraltro che un punto politico delicato è legato al comma 1 dell'articolo 3 in materia di autonomia universitaria. Si chiede in particolare come si possa conciliare l'autonomia universitaria con le disposizioni di cui al comma 1 citato. Ritiene inoltre che potrebbe essere svolta una serie di audizioni di soggetti interessati all'applicazione del provvedimento, al fine di approfondire tutte le tematiche affrontate dalla proposta di legge.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdC) ringrazia la Presidente per aver consentito l'avvio dell'esame della proposta di legge, affidandone la relazione alla collega Ghizzoni. Condivide la proposta di proseguire l'esame del provvedimento in Comitato ristretto, anche con lo svolgimento di audizioni di soggetti interessati all'applicazione del provvedimento, di cui si riserva di fornire l'indicazione.

Maria Letizia DE TORRE (PD) sottolinea che la proposta di legge in esame è particolarmente attuale, visto che un terzo della società italiana è composta da persone ultra sessantacinquenni, che sono interessate alla sua applicazione. Con il provvedimento in discussione si evita inoltre il rischio di sanitarizzare la società, aiutando le famiglie e i disabili a poter vivere autonomamente a casa. A regime, si ridurranno infatti di molto i costi di gestione. Concorda quindi con la proposta di proseguire l'esame del provvedimento in Comitato ristretto, riservandosi di indicare i soggetti da audire.

Valentina APREA, presidente, complimentandosi con i colleghi che hanno assunto l'iniziativa di presentare la proposta di legge in esame, sottolinea l'importanza di creare forme di aggregazione e strutture che facilitino la vita delle persone con varie forme di inabilità. Rileva peraltro che spesso in passato si sono spese risorse in modo inadeguato, come ad esempio nel caso degli interventi resi necessari nel settore dell'edilizia scolastica per adeguare le strutture alla normativa sui disabili. Auspica che il provvedimento possa trovare, in tempi brevi, la più ampia condivisione fra tutte le forze politiche.

Manuela GHIZZONI (PD), relatore, prende atto delle considerazioni espresse dai colleghi, riservandosi di proporre soluzioni adeguate alla Commissione, come per esempio in riferimento al tema sollevato dal collega Barbieri. Condivide poi le finalità dell'articolo 4 della proposta di legge, individuando però in modo specifico le relative responsabilità. Ritiene in conclusione che la proposta di legge sia un'occasione importante per prevedere una disciplina adeguata per il settore. Ribadisce la proposta di proseguire l'esame del provvedimento in Comitato ristretto.

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Valentina APREA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Adeguamento dell'organizzazione del Comitato olimpico nazionale italiano in senso federalista, regionale e provinciale.
C. 3019 Reguzzoni.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Valentina APREA, presidente, intervenendo in sostituzione del relatore, ricorda che la proposta di legge in esame modifica le disposizioni relative al Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), «riportando anche lo stesso a un'organizzazione su base regionale», secondo quanto indicato nella relazione illustrativa. Il progetto di legge si compone di quattro articoli. L'articolo 1 novella vari articoli del decreto legislativo n. 242 del 1999, recante il riordino del Comitato olimpico nazionale italiano - CONI. In particolare, il comma 1, lettera a), stabilisce che il CONI si articola in una struttura organizzativa di tipo federale ed è posto sotto la vigilanza della Conferenza Stato-regioni. La successiva lettera b) stabilisce che lo statuto del CONI è adottato a maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio nazionale ed è approvato dalla Conferenza Stato-regioni, non più quindi dal Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro del tesoro. Rispetto alla normativa vigente, viene anche meno la proposta della Giunta nazionale al Consiglio e non è indicato il termine entro il quale si perviene all'approvazione dello Statuto. La norma stabilisce, inoltre, che l'organizzazione del CONI è strutturata su base federale ed è disciplinata dallo statuto garantendo l'autonomia delle strutture regionali e provinciali. La lettera c) abroga quindi l'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 242, concernente la durata in carica degli organi e il limite di alcuni mandati nell'ambito della Giunta nazionale; ai sensi della disposizione di cui si propone l'abrogazione, gli organi restano in carica quattro anni. Con l'abrogazione, non sarà più previsto un termine per la durata del Consiglio nazionale, del presidente e del Segretario generale; viceversa, avranno un termine specifico alcuni componenti della Giunta nazionale e il Collegio dei revisori dei Conti. Si precisa inoltre che la medesima lettera c) demanda la determinazione del compenso spettante agli organi ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sulla base delle vigenti direttive in materia, invece che ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Evidenzia che la lettera d) interviene quindi sulla composizione del Consiglio nazionale. In particolare, le modifiche concernono la presenza nell'ambito del Consiglio, oltre che dei presidenti delle federazioni sportive nazionali, dei presidenti delle federazioni sportive regionali e provinciali e di tre rappresentanti dei docenti di educazione fisica nelle scuole secondarie di II grado; questi ultimi, in sostituzione dei rappresentanti delle strutture territoriali di livello regionale e provinciale, modifiche che incidono in misura rilevante sul numero complessivo dei membri del Consiglio. Aggiunge che la successiva lettera e) modifica, quindi, la composizione della Giunta nazionale e la relativa disciplina di elezione. In particolare, rispetto alla norma vigente sono ridotti da 10 a 5 i rappresentanti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate, e sono inseriti 5 presidenti delle federazioni sportive regionali e 5 presidenti delle federazioni sportive provinciali. Al contempo, viene eliminata la rappresentanza delle strutture territoriali. Si stabilisce inoltre che i rappresentanti delle federazioni sportive e degli enti di promozione sportiva sono eletti dal Consiglio nazionale per un periodo di tre anni e sono rieleggibili una sola volta. Le modalità di elezione sono

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demandate allo Statuto che le disciplina tenendo conto delle dimensioni delle federazioni sportive nazionali, regionali e provinciali. Al contempo, sono soppresse le norme sull'elettorato passivo dei rappresentanti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate. Ricorda che la lettera f) dell'articolo in esame individua inoltre la Conferenza Stato-regioni - e non più il Ministero vigilante - quale organo competente ad approvare la delibera annuale sui criteri e i parametri fondamentali cui deve attenersi il contratto di servizio tra il CONI e la CONI Servizi S.p.a.; mentre la successiva lettera g) modifica le modalità di nomina del Collegio dei revisori dei conti, sostituendo la nomina ministeriale con una nomina, ogni tre anni, effettuata dai Presidenti delle regioni, a rotazione. Le modalità di rotazione sono definite dallo Statuto che le disciplina, tenendo conto delle dimensioni delle regioni in termini di abitanti. Rispetto alla normativa vigente, non è indicato invece il numero di membri di cui si compone il Collegio - ora, 5 più 2 supplenti - e vengono meno i criteri per la composizione dell'organo; attualmente due membri che rappresentano il Ministero vigilante e il Ministero dell'economia e delle finanze, mentre gli altri sono designati dal CONI fra iscritti al registro dei revisori contabili o tra persone con specifica professionalità. Sottolinea quindi che la lettera h) reca disposizioni in materia di vigilanza e controllo sulle federazioni sportive regionali e provinciali, ad opera del CONI e dei presidenti delle regioni e delle province. In particolare, è demandata allo statuto del CONI la definizione di norme quadro per la redazione degli statuti delle federazioni sportive regionali e provinciali. Gli statuti delle federazioni sono approvati dai presidenti delle regioni e delle province, secondo la rispettiva competenza territoriale, i quali vigilano anche sull'osservanza degli stessi e intervengono con poteri commissariali nei casi più gravi. La norma sostituisce quindi integralmente l'articolo 13 del decreto legislativo n. 242 del 1999 che attualmente disciplina la vigilanza sul CONI, l'eventuale commissariamento e l'approvazione dei provvedimenti adottati concernenti indirizzo e controllo.
Ricorda che l'articolo 2 della proposta di legge in esame stabilisce quindi che il CONI adegua il proprio statuto alle modifiche recate dall'articolo 1 entro tre mesi dalla data della sua entrata in vigore. In caso di inadempienza i poteri sostitutivi sono conferiti alla Conferenza Stato regioni, per gli statuti del CONI e delle federazioni sportive nazionali; ai presidenti delle assemblee regionali e provinciali, invece, per gli statuti delle federazioni sportive regionali e provinciali. Segnala che il successivo articolo 3 dispone quindi la proroga dei vertici del CONI in carica alla data di entrata in vigore della legge fino alla costituzione dei nuovi organi dell'ente e delle federazioni sportive nazionali, regionali e provinciali. Ricorda che, attualmente, gli organi del CONI restano in carica 4 anni ed i componenti che ne entrano a far parte durante il quadriennio rimangono in carica fino alla scadenza degli organi. L'articolo 4 stabilisce infine che la legge entra in vigore decorsi 30 giorni dalla data della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Con riferimento alla formulazione del testo, segnala che all'articolo 1, comma 1, lettera e), capoverso 2, si affida allo statuto la disciplina delle modalità di elezione sia dei rappresentanti delle federazioni sportive che di quelli degli enti di promozione sportiva, mentre il criterio indicato fa riferimento solo alle federazioni sportive. Alla lettera f), inoltre, il riferimento corretto è alla lettera a-bis) e non alla lettera a). Aggiunge inoltre che l'articolo 2, comma 1, secondo periodo, prevede poteri sostitutivi nel caso di mancato adeguamento degli statuti delle federazioni sportive nazionali, regionali e provinciali; il primo periodo, peraltro, prescrive l'adeguamento statutario esclusivamente al CONI. Sembrerebbe pertanto opportuno coordinare i periodi indicati. All'articolo 3, infine, sembrerebbe opportuno specificare l'espressione «i vertici del CONI».
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

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Concessione di contributi per il finanziamento di attività di ricerca sulla cultura latina del medioevo europeo.
C. 2774 Barbieri.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento rinviato, da ultimo, nella seduta odierna.

Valentina APREA, presidente, avverte che non sono stati presentati emendamenti al nuovo testo della proposta di legge in esame che verrà quindi trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione del parere.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.40.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non è sono stati trattati:

SEDE CONSULTIVA

Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali.
Nuovo testo C. 1415-B Governo, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

SEDE REFERENTE

Modifiche alla legge 18 marzo 1968, n. 337, e all'articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 135, in materia di spettacolo viaggiante e di parchi di divertimento, nonché alla legge 27 luglio 1978, n. 392, per la tutela delle attività alberghiere, teatrali e cinematografiche.
C. 3428 Aprea.