CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 28 luglio 2010
360.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 28 luglio 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 18.35.

Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali.
Nuovo testo C. 1415-B Governo, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.
(Parere alla II Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 27 luglio.

Donato BRUNO, presidente, avverte che il relatore ha presentato una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1) e che da parte del gruppo Partito democratico, a firma del deputato Bressa, è stata presentata una proposta alternativa di parere (vedi allegato 2).

Doris LO MORO (PD) ritiene che, nonostante le modifiche apportate al provvedimento dal Senato e dalla Commissione giustizia della Camera in seconda lettura abbiano consentito di superare almeno parte dei problemi, il testo rimane inaccettabile, sia sotto il profilo tecnico sia sotto quello politico.
Premesso che si limiterà a segnalare i soli problemi di costituzionalità, astenendosi dall'entrare nell'ambito di competenza della Commissione di merito, rileva innanzitutto che la modifica apportata al testo in base alla quale la sostituzione del

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pubblico ministero è disposta non più se questi è iscritto nel registro degli indagati ma solo se nei suoi confronti viene esercitata l'azione penale, sebbene più garantista, non è assolutamente idonea a garantire il rispetto del principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, di cui all'articolo 25 della Costituzione, richiamato nel parere espresso dalla Commissione affari costituzionali con riferimento al primo testo elaborato dalla Commissione giustizia: infatti ottenere l'azione penale contro un magistrato è facile atteso che l'azione penale è un atto dovuto anche solo in presenza, ad esempio, di una denuncia ben argomentata. È giusto accrescere le garanzie dell'imputato, ma non bisogna trascurare di garantire anche le parti civili, che potrebbero essere contrarie alla sostituzione del pubblico ministero.
In secondo luogo, esprime preoccupazione per il generico divieto imposto al magistrato di rilasciare dichiarazioni sul procedimento affidatogli. Al magistrato va infatti riconosciuto come ad ogni altro cittadino un diritto di parola ai sensi dell'articolo 21 della Costituzione. È naturale che il magistrato non debba rivelare fatti coperti dal segreto istruttorio, ma, al di fuori di questo limite, deve poter parlare liberamente anche del procedimento e delle indagini, il che spesso avviene nell'interesse di queste ultime.
In terzo luogo, osserva che la previsione in base alla quale l'autorizzazione alle intercettazioni e la relativa proroga è disposta dal tribunale in composizione collegiale anziché dal giudice monocratico è irragionevole, considerato che al giudice monocratico sono attribuiti dall'ordinamento poteri molto consistenti anche in materia di limitazione della libertà personale, ed è inoltre tale da provocare un rallentamento se non una paralisi del procedimento, con conseguente nocumento per il buon andamento dell'amministrazione della giustizia, che è un principio costituzionale, atteso che l'articolo 97 della Costituzione sancisce che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge che assicurino il buon andamento, oltre che l'imparzialità dell'amministrazione, e che la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che per pubblici uffici si intendono anche gli uffici giudiziari.
Infine, ricorda che la tesi secondo cui le intercettazioni dovrebbero costituire non la principale fonte di prova, ma soltanto una conferma di un quadro accusatorio sorretto da prove più forti, a cominciare dalla testimonianza intesa come prova regina, non ha alcuna aderenza alla realtà, soprattutto quando si parla di lotta alla criminalità organizzata di stampo mafioso.

Jole SANTELLI (PdL), nel dichiarare il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere del relatore, sottolinea come il testo in esame contenga un equo bilanciamento tra il diritto alla riservatezza, il diritto di stampa e l'interesse pubblico al perseguimento dei reati. Il diritto alla riservatezza, seppure non previsto in questi termini dalla Costituzione, ha il suo fondamento nell'articolo 15 della Costituzione, che è uno dei primi articoli contenenti l'elenco dei diritti e delle libertà fondamentali del cittadino, anteposto allo stesso articolo 21, che sancisce la libertà di stampa. Non è un caso che il legislatore costituente abbia attribuito tanta importanza alla riservatezza: l'Italia usciva da una dittatura ed è tipico delle dittature violare la sfera privata delle persone per acquistare un potere costrittivo nei loro confronti. L'esigenza di tutelare la sfera della riservatezza personale dall'attenzione del potere pubblico non dovrebbe essere trascurata.
Quanto alla presunta irragionevolezza della previsione per cui l'autorizzazione alle intercettazioni e alla loro proroga può essere disposta solo dal tribunale in composizione collegiale, rileva che deve considerarsi piuttosto irragionevole che l'ordinamento attribuisca al giudice monocratico poteri idonei ad incidere in modo molto grave sulla libertà personale degli individui, ad esempio disponendo la custodia cautelare in carcere. Sarebbe ora, a suo avviso, di cambiare la legge per limitare

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il potere dei giudici monocratici, anziché pretendere di attribuire loro il potere di disporre atti lesivi del diritto alla riservatezza come le intercettazioni.
Quanto al ruolo delle intercettazioni nel processo penale, premesso che il provvedimento non tocca la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, va detto che è vero che molti processi importanti ad organizzazioni criminali sono fondati principalmente sulle intercettazioni, ma è anche vero che processi di questo tipo si concludono spesso con assoluzioni, proprio perché manca un solido e convincente quadro probatorio.

Gianclaudio BRESSA (PD), intervenendo per illustrare la proposta alternativa di parere presentata dal suo gruppo, chiarisce che la proposta di esprimere parere contrario nasce dalla considerazione che, se anche il lavoro della Commissione giustizia in seconda lettura ha consentito di superare i problemi inizialmente posti dal testo in relazione alla limitazione della libertà di stampa, restano insoluti i problemi che il testo fa sorgere in relazione al potere di indagine della magistratura.
In primo luogo, l'attribuzione della competenza ad autorizzare le intercettazioni al tribunale del distretto in composizione collegiale è irragionevole e rischia di avere un impatto organizzativo disastroso sull'amministrazione della giustizia. Per ogni intercettazione telefonica, per ogni utenza, per ogni proroga, per ogni captazione ambientale, per ogni convalida di atto urgente adottato dal pubblico ministero sarà infatti necessario riunire un collegio di tre persone nella sede del distretto di Corte d'appello: si tratta di una previsione irragionevole se si considera che al giudice monocratico l'ordinamento oggi attribuisce il potere di disporre non solo custodie cautelari in carcere e altre limitazioni della libertà personale ma anche di irrogare, in sede di giudizio abbreviato, le pene detentive, compreso l'ergastolo. Sul piano organizzativo, inoltre, si pone il problema della carenza di risorse umane, giacché saranno necessari più magistrati, mentre è noto che la magistratura soffre di carenza di organici; senza contare che le operazioni saranno più complicate, dal momento che sarà competente il tribunale nella sede della Corte d'appello, il quale potrebbe essere lontano dalla sede delle indagini, con conseguente necessità di spostare fascicoli da una città all'altra con dispendio di uomini e mezzi. Per questi motivi la disposizione richiamata si pone, a giudizio del suo gruppo, in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, per irragionevolezza dovuta ad illogicità intra ius e intra legem nonché per violazione del principio di buon andamento degli uffici pubblici previsto dall'articolo 97 della Costituzione per la pubblica amministrazione ma ritenuto dalla Corte costituzionale, con consolidata giurisprudenza, applicabile anche alla funzione giurisdizionale.
In secondo luogo, fa presente che, quanto agli strumenti investigativi diversi dalle intercettazioni, quali le ispezioni, le perquisizioni e i sequestri - vale a dire i tipici mezzi a sorpresa di ricerca della prova - un emendamento del Governo ha introdotto un'ulteriore limite alle indagini, con il comma 3 del nuovo articolo 268-bis del codice di procedura penale. Viene infatti richiesto che, se l'atto di ispezione o perquisizione viene disposto in seguito a notizie apprese da intercettazioni, l'atto deve essere preceduto obbligatoriamente dal deposito delle intercettazioni nella cancelleria del giudice collegiale nella sede del distretto con contestuale informazione alla parte senza alcuna possibilità di valutazione da parte del giudice se tale atto possa pregiudicare la prosecuzione delle indagini: tale norma si pone quindi in contrasto con l'articolo 112 della Costituzione, come interpretato dalle sentenze della Corte costituzionale richiamate nella proposta di parere alternativa, nelle quali è stata sottolineata l'ovvia dignità costituzionale dell'interesse alla repressione dei reati.
In terzo luogo, sussiste ancora violazione dell'articolo 112 della Costituzione, atteso che questo non solo prevede l'obbligatorietà dell'azione penale, ma, per

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costante giurisprudenza costituzionale, implica anche un principio di necessaria efficacia dell'azione penale stessa, in quanto il provvedimento in discussione prevede solo per alcuni reati la possibilità di disporre le intercettazioni anche in presenza di indizi di reato sufficienti, anziché di gravi. Con l'abrogazione dell'articolo 13 della cosiddetta «legge Falcone» (il decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152), prevista dal comma 36 dell'articolo 1, restano fuori dall'elenco dei reati per i quali si può far ricorso alle intercettazioni in presenza di indizi di reato sufficienti, reati gravi come quello di costituzione di organizzazioni criminose stabili volte a perpetrare gravi reati comuni tra cui usura, bancarotta, truffe aggravate e non, corruzione, concussione, peculato, abuso d'ufficio, sfruttamento della prostituzione e della manodopera agricola e in genere tutti i reati commessi dalla criminalità organizzata.
In conclusione, se l'intento iniziale del provvedimento era quello di tutelare la sfera della riservatezza personale, l'effetto che si rischia di ottenere è quello di ostacolare se non addirittura paralizzare l'attività inquirente della magistratura.

Mario TASSONE (UdC), premesso che non esprimerà una valutazione complessiva del provvedimento, ricorda come nel lungo dibattito svolto le aspre polemiche che hanno opposto i sostenitori ai detrattori della legge abbiano fatto perdere di vista l'essenziale. Questo, d'altronde, è normale quando su un'iniziativa legislativa del Governo gravano forti sospetti. Il provvedimento nasceva in ogni caso da un intento condivisibile: quello di tutelare la sfera della riservatezza personale dall'invadenza della stampa. Accade spesso in Italia che il semplice invio di un avviso di garanzia si trasformi in una sentenza passata in giudicato. Il dibattito si è concentrato sulla limitazione del diritto di stampa perdendo di vista il diritto alla riservatezza e trascurando le gravi responsabilità delle procure della Repubblica, che in certi momenti hanno fatto vero e proprio mercimonio di informazioni riservate relative alle indagini. Sarebbe stato utile cercare un equo bilanciamento tra esigenze della giustizia, libertà di stampa e tutela della riservatezza, ma il dibattito è stato distolto da ragionamenti di altro tipo e non è stato all'altezza della delicatezza dei valori costituzionali chiamati in causa dal provvedimento. In definitiva, si tratta di un provvedimento deludente.

Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL), relatore, nel confermare la sua proposta di parere favorevole, fa presente al deputato Bressa che la previsione del tribunale in composizione collegiale come giudice competente è stata già oggetto di doppia deliberazione conforme di Camera e Senato. Peraltro, c'è la norma transitoria che dispone che l'efficacia della norma sulla nuova competenza decorre solo dopo un anno dall'entrata in vigore della legge.
Quanto alla seconda obiezione mossa dal deputato Bressa, si limita a far presente che il segreto rimane regolato dalle norme processuali speciali: il deposito delle intercettazioni è richiesto quando si tratta di avviare un altro procedimento.
Quanto alla terza obiezione, osserva che il reato di associazione a delinquere è compreso, per alcune forme, nell'articolo 407 del codice di procedura penale, mentre per le figure diverse di associazione valgono le norme ordinarie.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che porrà in votazione per prima la proposta di parere del relatore e che, in caso di sua approvazione, la proposta di parere alternativa si intenderà preclusa e non sarà posta in votazione.
La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 19.15.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 28 luglio 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 19.15.

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Modifica all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab.
C. 627 Binetti, C. 2422 Sbai, C. 2769 Cota, C. 3018 Mantini, C. 3020 Amici, C. 3183 Lanzillotta, C. 3205 Vassallo e C. 3368 Vaccaro.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 21 luglio 2010.

Donato BRUNO, presidente, avverte che, in risposta alla richiesta da lui inviata il 7 luglio 2010, sulla base delle determinazioni dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, il ministro dell'interno, con lettera del 21 luglio 2010, ha trasmesso il parere espresso dal Comitato per l'Islam italiano nella seduta del 14 luglio 2010.
Quindi, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime di tragedie causate dall'incuria dell'uomo e dalle calamità naturali.
C. 197 Murgia e C. 3351 Rossa.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 27 luglio 2010.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che domani, alle ore 14, avranno luogo, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge in titolo, le audizioni informali di rappresentanti del Comitato per i sopravvissuti del Vajont e dell'Associazione memoria condivisa.
Quindi nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 19.20.