CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 7 luglio 2010
349.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Mercoledì 7 luglio 2010.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14 alle 14.15.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 7 luglio 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 14.15.

Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali.
C. 1415-B Governo, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato il 6 luglio 2010.

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che ieri è iniziato l'esame preliminare del provvedimento che proseguirà oggi per concludersi domani. Finora sono intervenuti i deputati Tenaglia, Ferranti, Bernardini, Di Pietro, Costa, Capano e Samperi. Alcuni di questi si sono riservati di intervenire in maniera più approfondita nel merito. Risulta iscritto a

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parlare l'onorevole Contento al quale dà la parola.

Manlio CONTENTO (PdL) ricorda preliminarmente il limite costituzionale della doppia lettura conforme tra Camera e Senato, osservando come proprio esso costituisca il confine entro il quale le modifiche sono autorizzate, ma al di là del quale, indipendentemente da ogni considerazione per la dottrina e la giurisprudenza, non è possibile andare.
Dichiara inoltre che, pur sottolineando la novità di una relazione che si apre con l'attenzione al dibattito giuridico utile ai fini della eventuale modifica del testo, condivide perfettamente l'esigenza di una riforma della disciplina delle intercettazioni che consenta innanzitutto il rispetto del diritto alla riservatezza, obiettivo del tutto disatteso dalla normativa vigente in materia, pur nella chiara e netta affermazione che le intercettazioni costituiscono uno strumento indispensabile nella lotta alla criminalità.
Precisa, quindi, che cercherà di seguire la traccia predisposta dal relatore nel corso della sua esposizione cominciando, però, da un tema sollevato in questi giorni da più parti e relativo ai cosiddetti «reati spia», cioè quelli considerati, da alcuni, quali possibile indice rivelatore della presenza di associazioni di stampo mafioso.
A suo giudizio, indipendentemente dalla difficoltà di delineare la categoria dei «reati spia» sulla base di criteri oggettivi, la controindicazione ad ampliare l'elenco dei reati assoggettabili alle operazioni di intercettazione deriva dal limite costituzionale della doppia lettura, dal momento che l'unico inserimento effettuato dal Senato consiste nell'aggiunta della fattispecie di «atti persecutori» costituendo, quindi, esclusivamente esso l'oggetto di eventuali interventi di modifica. Né, sempre a suo giudizio, sarebbe corretto intervenire con modifiche al comma 3-bis dell'articolo 267, introdotto dal Senato, magari estendendo i termini di intercettazione previsti, in via straordinaria, nei casi in cui siano scaduti quelli ordinari, dal momento che un'eccezione in tal senso, rispetto ai reati previsti all'articolo 266, rischierebbe di essere il frutto di una scelta di dubbia ragionevolezza e che, comunque, infrangerebbe la coerenza normativa del testo. Altrettanto osserva in relazione all'ipotesi di modificare i presupposti soggettivi per detti «reati spia», ipotesi che potrebbe dar vita ad un'irragionevole differenziazione in quanto ancorata non a fattori oggettivi, ma a scelte sostanzialmente di tutt'altro che giustificata arbitrarietà.
Condivide, invece, il rilievo tecnico-giuridico relativo alla soppressione, operata dal Senato, delle norme che disciplinavano il regime delle intercettazioni nel caso in cui siano ignoti gli autori del reato.
L'individuazione dei nuovi presupposti, di cui all'articolo 267, comma 1, che legittimano il ricorso alle intercettazioni, se, da un lato, ha risposto all'esigenza di circoscrivere soggettivamente i destinatari delle operazioni - con ciò rispondendo alle sollecitazioni ricavabili dalla giurisprudenza delle Corte di Strasburgo - dall'altro ha finito per impedire addirittura l'acquisizione dei tabulati del traffico telefonico nel caso ricordato degli ignoti, cioè di uno strumento prezioso per avviare le indagini allorché risultassero degli indizi utilizzabili allo scopo. Né la questione può risolversi attraverso un'interpretazione dell'articolo 267, comma 1, lettera c).
Si tratta, a suo giudizio, di ristabilire le finalità di interesse pubblico dirette ad assicurare alla giustizia i colpevoli dei reati che risultano frustrate dall'erronea soppressione del testo originario. Sempre sull'acquisizione dei tabulati, richiama l'attenzione della Commissione sulla giurisprudenza costituzionale che amplia la garanzia anche ai dati riferibili alla conversazione (sentenza n. 81 del 1993).
Ritornando, poi, sul nuovo testo dell'articolo 267, comma 3-bis, che dispone, sussistendone i presupposti ivi indicati, la proroga delle intercettazioni, rileva che, sul piano di principio, la modifica va incontro alle obiezioni di chi riteneva di dubbia costituzionalità la possibilità di non poter acquisire elementi indispensabili alle indagini per decorso del termine massimo stabilito.

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Si porrà sicuramente in discussione il termine breve di proroga, ma andrebbe ricordato che esso è giustificato dal carattere di eccezionalità della nuova disposizione.
Molto più delicata è la questione della convalida. Il fatto che essa, a regime, come per l'autorizzazione allo svolgimento delle operazioni previste dal nuovo articolo 266, sia affidata alla competenza collegiale, potrebbe dar vita a situazioni difficili da gestire sia a causa dell'esigenza di istituire i collegi, sia con riferimento alle conseguenti incompatibilità.
Si tratta di un aspetto delicato su cui ricorda di aver richiamato l'attenzione del Governo e della Commissione sin dall'avvio della discussione generale del provvedimento.
La preclusione sul punto non consente di modificare la disposizione, ma ritiene frutto di una scelta intelligente la norma transitoria, introdotta al Senato, che differisce di dodici mesi l'entrata in vigore della nuova competenza collegiale, norma che consente un'utile pausa di riflessione.
Quanto alle intercettazioni tra presenti, va ricordato che il principio volto a consentirle solo quando vi sia fondato motivo che nei luoghi interessati si stia svolgendo l'attività criminosa è frutto della doppia lettura, ma esso risulta ora temperato dalla modifica apportata dal Senato che ha ampliato, in casi eccezionali, il ricorso allo strumento per tre giorni purché con riferimento ai luoghi diversi da quelli di cui all'articolo 614 del codice penale.
Come per l'altra norma che introduce l'eccezione volta a consentire la proroga per tre giorni, anche con riferimento a quest'ultima, si potrebbe fare questione sulla durata, ma è evidente che essa trova ragione proprio nel suo carattere derogatorio e nella sua reiterabilità.
Svolge, poi, una serie di considerazioni sulle disposizioni dedicate alle videoriprese e sulla possibile interpretazione a seconda che si intendano riferite anche alla captazione o meno delle conversazioni.
Rileva, quindi, che altra preclusione riguarda il meccanismo di deposito e trascrizione delle conversazioni.
Passando ad altro aspetto, ritiene che il fatto di aver introdotto l'obbligo di autorizzazione preventiva nel caso in cui dagli atti di indagine emerga che le operazioni di intercettazione fossero finalizzate «anche indirettamente» ad accedere alla sfera del parlamentare, vada inteso come un contributo a rendere più chiara l'applicazione di un principio che tutela le assemblee legislative.
Sul punto precisa come, a suo modo di vedere, la norma miri a tradurre in legge proprio le decisioni della Corte costituzionale (n. 390 del 2007 e n. 113 del 2010) allorché hanno fatto riferimento alle cosiddette «intercettazioni indirette». L'interpretazione, quindi, non potrà che essere coerente con quella costituzionale.
Affronta, quindi, la questione relativa alle sanzioni previste per giornalisti ed editori.
Quanto ai primi, rammenta come lo slogan mediatico «il carcere per i giornalisti» non tenga conto del vigente articolo 684 del codice penale che già prevede che la pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale di cui sia vietata la divulgazione sia punita anche con la pena dell'arresto fino a trenta giorni, previsione, però, mai applicata in concreto anche perché, per tale contravvenzione, è possibile effettuare l'oblazione ed estinguere il reato.
Ricorda, quindi, che le modifiche, coperte ormai dalla doppia lettura, si limitano ad aumentare la sanzione pecuniaria (ammenda da 1.000 a 5.000 euro) e a prevederne l'applicazione ai casi di pubblicazione dei nomi e delle immagini dei magistrati in relazione ai procedimenti penali loro affidati nonché l'estensione, con aumento della pena pecuniaria (ammenda da 2.000 a 10.000 euro) nel caso in cui la pubblicazione riguardi le intercettazioni.
Chiede, quindi, in che altro modo si potrebbe garantire il divieto di pubblicazione degli atti penali contro la sistematica violazione di esso anche in considerazione

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del fatto che quella norma intende tutelare non solo lo Stato, ma anche le parti processuali ed indirettamente anche la reputazione delle stesse.
Sottolinea che la previsione di sanzioni non è assolutamente in contrasto con la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali che, anzi, consente certe restrizioni proprio a garanzia degli interessi della giustizia.
Del tutto coerente è poi la sanzione rivolta a punire la pubblicazione delle intercettazioni di cui sia stata ordinata la distruzione o di quelle espunte perché relative a fatti o persone estranee alle indagini.
Ricorda, quindi, che il Senato ha ampliato le ipotesi di responsabilità delle persone giuridiche introducendo sanzioni sia nel caso di violazione dell'articolo 684 sia dell'articolo 617, quarto comma del codice penale. Rileva come su di esse si sia concentrata la reazione di chi ha ritenuto che tali sanzioni siano censurabili in quanto finirebbero per limitare la libertà del giornalista consentendo agli editori di determinare la linea dei mezzi di comunicazione. Ricorda che già nel codice penale esistono disposizioni volte a sanzionare il direttore o l'editore in caso di consumazione di reati connessi con il mezzo della stampa da parte del giornalista, ragione per cui, in via astratta, non ritiene inammissibili o incostituzionali disposizioni che intervengano a rafforzare il divieto di pubblicazione di atti di un procedimento penale di cui sia vietata la divulgazione.
Non è un mistero, continua, che la pubblicazione sia spesso effettuata anche in vista di una maggiore diffusione dei giornali o di un accresciuto interesse per chi se ne avvantaggia.
L'aver, quindi, operato all'interno del decreto legislativo n. 231 del 2001 appare coerente con questa impostazione ed essa non appare censurabile sul presupposto che il soggetto interessato sia un editore in veste societaria o associativa. A questo proposito, segnala come anche l'A.C. 1510 (proposta del PD) all'articolo 22 preveda un'analoga sanzione per gli editori in caso di violazione del divieto di pubblicazione degli atti di un procedimento penale, addirittura più grave di quella stabilita dal Senato.
Altra questione è se l'entità della sanzione possa avere effetti dissuasivi sull'informazione al pubblico riguardo a temi di interesse generale. Si tratta di una questione suggestiva, ma che non pare cogliere nel segno perché si è di fronte alla pubblicazione di atti vietati dalla legge.
Da ultimo, fa riferimenti sulla formulazione del nuovo articolo 616-bis del codice penale e sulla norma transitoria domandandosi se, in caso di modifiche, non risulti opportuna una migliore definizione del testo.

Marilena SAMPERI (PD) ricorda come il provvedimento nasca con lo scopo di bilanciare gli interessi, contrapposti e spesso confliggenti, della riservatezza, dell'efficacia dell'azione penale e del diritto di cronaca. Vi è poi il convitato di pietra, rappresentato dal profilo della sicurezza dei cittadini, che non sembra minimamente tenuto in considerazione. Come rilevato dallo stesso Garante della privacy, il provvedimento appare eccessivamente sbilanciato in favore della tutela della privacy, a scapito degli altri valori. Se l'obiettivo da raggiungere fosse stato realmente, come qualcuno afferma, quello di proteggere i cittadini che sarebbero in balia della stampa, sarebbe stato possibile intervenire in via normativa senza elidere l'efficacia di uno strumento di indagine indispensabile come le intercettazioni, soprattutto nel contesto di una società tecnologica e globalizzata.
Dopo avere ricordato come nel nostro Paese le intercettazioni siano disposte nell'ambito di un procedimento giurisdizionalizzato e come ciò di per sé garantisca il cittadino, evidenzia come con l'applicazione della nuova disciplina non si riuscirebbe comunque ad evitare la pubblicazione di intercettazioni non attinenti alle indagini, atteso che la cosiddetta «udienza filtro» si potrebbe tenere anche dopo l'udienza preliminare. Ciò che si critica

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maggiormente, pertanto, è l'attenzione spropositata per la riservatezza, nonché la presenza di taluni errori tecnici grossolani.
Rileva, quindi, come vi sia un eccessivo sacrificio anche della libertà di stampa, poiché, sia pure indirettamente, si crea un meccanismo che potrebbe indurre gli editori ad ingerire eccessivamente sulla scelta di ciò che viene pubblicato.
Nel replicare all'onorevole Contento, sottolinea come vi siano dei reati che sono tipicamente di interesse delle associazioni mafiose, quali, ad esempio, la corruzione, il riciclaggio e l'estorsione. Nessuno di questi reati rientra nel binario più elastico previsto per le indagini che riguardano la criminalità organizzata. Tali indagini, pertanto, saranno fortemente limitate. Le intercettazioni infatti sono indispensabili e irrinunciabili non solo per le indagini contro ignoti ma anche per altri reati di forte impatto sociale.
Esprime una valutazione fortemente critica nei confronti dell'equiparazione fra intercettazioni ordinarie, acquisizione di tabulati telefonici e intercettazioni ambientali e, nell'ambito di queste ultime, fra intercettazioni captative e non captative.
Sottolinea infine come il provvedimento non tenga assolutamente in considerazione la situazione di grave carenza di risorse umane e finanziarie nella quale versano gli uffici giudiziari. Questi ultimi infatti non saranno in grado di dare attuazione, se non con gravi sacrifici e conseguenti disfunzioni, alle norme che attribuiscono al tribunale in composizione collegiale il potere di autorizzare le intercettazioni, che prevedono proroghe di soli tre giorni e che determineranno di conseguenza il trasferimento di enormi fascicoli.

Anna ROSSOMANDO (PD) preliminarmente si sofferma sulla questione dei limiti di modifiche ai testi esaminati in seconda lettura non condividendo quanto affermato dall'onorevole Contento. A tale proposito sottolinea come tale individuazione non possa sottostare a formalismi e a rigidità interpretative, in quanto tutte le volte che una Camera in seconda lettura interviene su dei punti di un provvedimento approvato dall'altra Camera stravolgendone sostanzialmente il contenuto, deve essere data la possibilità alla Camera che interviene successivamente di poter modificare qualsiasi disposizione che comunque abbia un collegamento con quei punti che sono stati modificati. Ad esempio, la circostanza che il Senato sia intervenuto nella materia dei presupposti delle intercettazioni reintroducendo il criterio dei gravi indizi di reato, ma agganciandolo ai parametri di valutazione della prova previsti dall'articolo 192 del codice di procedura penale, deve consentire alla Camera dei deputati di poter affrontare il tema delle intercettazioni in maniera non limitata, pur se naturalmente con ciò non si intende voler fare ripartire l'esame del provvedimento dall'inizio. L'importante è che l'esame della Camera non sia limitato da pretestuosi limiti formali.
Per quanto riguarda il merito, rileva che spesso nel corso dell'esame si è fatto riferimento al lavoro svolto nella scorsa legislatura. A tale proposito evidenzia come due delle proposte di legge presentate in prima lettura, ed in particolare quelle rispettivamente a firma degli onorevoli Tenaglia e Contento, siano state formulate proprio sulla base di quel lavoro. Queste proposte hanno opportunamente come obiettivo quello di fronteggiare gli abusi nell'utilizzazione delle intercettazioni nonché di far venire meno il fenomeno della pubblicazione del contenuto di intercettazioni estranee alle indagini e comunque irrilevanti. Chiede pertanto all'onorevole Contento che cosa sia mutato rispetto a quando ha presentato la sua proposta di legge, considerato che oggi è favorevole ad un provvedimento che ha una ratio ed una finalità del tutto diversa.
In merito all'esigenza di fronteggiare gli abusi nell'utilizzo delle intercettazioni, ritiene che ogni tipo di intervento legislativo debba essere fatto tenendo conto della indispensabilità delle intercettazioni come strumento di indagine, considerate le modalità con le quali opera oggi la criminalità. Non è pertanto assolutamente condivisibile la tesi secondo la quale le indagini debbono essere svolte attraverso altri strumenti,

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che invece erano compatibili e congrui rispetto alla criminalità del passato. Ridurre la possibilità di ricorrere alle intercettazioni significa sostanzialmente volere impedire lo svolgimento delle indagini. Se questo è l'obiettivo della maggioranza e del Governo, si deve avere il coraggio di dichiararlo. La contraddizione della maggioranza è stata resa evidente dall'intervento dello stesso rappresentante del gruppo PdL, onorevole Costa, che ha dichiarato che la disciplina vigente è in realtà congrua ma che la sua applicazione distorta ha portato i magistrati ad abusarne. Se ciò è vero, si sarebbe dovuto unicamente intervenire rendendo più stringente la motivazione sia dell'autorizzazione che delle proroghe delle intercettazioni. Inoltre, si sarebbero dovuti mettere limitazioni più stringenti rispetto alla possibilità di pubblicare ciò che è estraneo alle indagini. A tale proposito evidenzia come alcune formulazioni del testo siano del tutto erronee anche rispetto agli obiettivi dichiarati dalla maggioranza, tutelandosi, ad esempio, i soggetti estranei al procedimento senza fare riferimento anche alle conversazioni estranee. L'intenzione della maggioranza di limitare fortemente lo strumento delle intercettazioni risulta chiara anche se si considera che in un primo momento si era cercato di ridurre fortemente l'ambito applicativo delle stesse per poi, dopo un lungo confronto sia in Parlamento che nel Paese, decidere di non modificare l'elenco dei reati intercettabili e di rendere eccessivamente rigorosi i presupposti delle intercettazioni.
Altra questione estremamente delicata è quella del doppio binario che il provvedimento prevedrebbe per consentire una maggiore facilità di intercettazione nei confronti dei reati di mafia e terrorismo. Ritiene che in realtà il provvedimento non preveda alcun doppio binario, in quanto rimane estremamente difficile intercettare i cosiddetti reati spia, cioè quei reati dalla cui commissione è possibile desumere l'appartenenza di un soggetto ad una associazione criminale di stampo mafioso.
Replicando all'intervento svolto nella scorsa seduta dall'onorevole Costa, rileva che l'Associazione nazionale dei magistrati, elencando tutte le indagini che non potrebbero essere più svolte qualora venisse approvato il disegno di legge in esame, non ha tenuto assolutamente un atteggiamento politico, quanto piuttosto ha espresso una forte preoccupazione per la sicurezza dei cittadini. A proposito delle indagini che non potrebbero essere più svolte, ricorda, riferendosi a fatti recenti e di cronaca, quelle relative ad una sventata truffa a Torino ai danni delle assicurazioni nonché alle rapine in villa.
Si sofferma poi sulla questione del raffronto della legislazione italiana in materia di intercettazioni con quella delle legislazioni straniere sottolineando come da questo raffronto emerga una maggiore matrice garantista della normativa italiana, la quale si basa sul principio della giurisdizionalizzazione delle intercettazioni. La presenza di un giudice garantisce la persona sottoposta ad intercettazioni sicuramente in maniera maggiore rispetto ad intercettazioni preventive svolte dalla polizia nella sua autonomia. Evidenzia come l'idea che siano più garantiste le legislazioni straniere sia conforme alla ratio di un provvedimento del Governo, che attualmente si trova all'esame del Senato secondo il quale la polizia giudiziaria deve essere svincolata dal controllo del pubblico ministero. Si tratta di una visione dello Stato che né lei ne il suo gruppo condividono.
Ritiene che la stessa formulazione del testo sia così poco chiara in molti suoi punti che alla fine, nel momento applicativo delle norme, avrà così tante zone grigie che faciliteranno ulteriori abusi nel disporre le intercettazioni.
Dichiara di non condividere assolutamente le considerazioni dell'onorevole Contento in merito ai tabulati, in quanto è stata citata una sentenza che in realtà si riferisce all'applicazione di una normativa, quale quella vigente, del tutto diversa rispetto a quella che si vuole introdurre con il testo in esame.

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In merito alla disciplina della durata delle intercettazioni, osserva che in realtà la gran parte delle intercettazioni che si svolgono oggi durano meno dei 75 giorni previsti dal provvedimento e che una minima parte dura per un periodo maggiore. A suo parere ciò significa che l'intervento legislativo da fare dovrebbe essere quello di rendere più stringenti le motivazioni che possono giustificare delle proroghe, senza tuttavia porre dei limiti massimi di tempo. Evidenzia inoltre l'incongruenza della disciplina delle proroghe anche in relazione al fatto che ogni proroga possa essere concessa sulla base di un diverso parametro di valutazione, mentre la scelta logica sarebbe stata quella di mantenere sempre il medesimo parametro prevedendo tuttavia un maggior rigore nella sua valutazione per ogni proroga successiva. Altra questione relativa alle proroghe è quella inerente alla collegialità del giudice che le deve decidere, in quanto ciò presuppone uno spostamento di atti e documenti processuali da un tribunale all'altro senza che vi sia una sufficiente organizzazione per consentirlo e senza tenere conto di tutti i problemi di riservatezza che tali spostamenti determinerebbero.
Precisa di non essersi volontariamente soffermata sulle gravi violazioni del diritto di informazione che determinerebbe l'approvazione del provvedimento, in quanto altrimenti avrebbe corso il rischio di non sottolineare adeguatamente la gravità del provvedimento per la sicurezza dei cittadini.
Auspica che l'esame sia orientato in maniera tale da consentire un dibattito sulla stessa struttura del provvedimento affrontando tutte le questioni che questo pone senza formalistiche limitazioni dovute alla circostanza che il provvedimento è esaminato dalla Camera in seconda lettura.

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO precisa di avere presentato personalmente al Senato l'emendamento modificativo dell'articolo 267, non ignorando che le precisazioni nello stesso contenute servissero non solo per valutare la prova ma anche i gravi indizi di colpevolezza. Ricorda, per altro, che i gruppi del PD e IDV avevano presentato emendamenti identici, successivamente ritirati.
Per quanto riguarda l'informatizzazione degli uffici giudiziari ricorda di avere prodotto al Senato della documentazione che garantiva la sua realizzazione in sei mesi e che poi si è ritenuto di modificare la relativa norma transitoria, ampliando il termine da sei mesi ad un anno, per consentire una più ampia valutazione di tale profilo, anche in relazione all'esame del provvedimento che riguarda le misure personali di prevenzione.
Dichiara, quindi, di doversi allontanare dalla Commissione per la presenza di concomitanti impegni al Senato, scusandosene con la Commissione medesima.

Donatella FERRANTI (PD) auspica che il sottosegretario, non appena terminati i suoi impegni presso il Senato, possa essere nuovamente presente ai lavori della Commissione, poiché, anche in considerazione della delicatezza del provvedimento, sussiste un forte interesse dei commissari ad interloquire con il Governo.

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO assicura che parteciperà nuovamente ai lavori della Commissione, non appena assolti i concomitanti impegni presso l'altro ramo del Parlamento.

Pasquale CIRIELLO (PD) ritiene che il provvedimento in esame, già fortemente criticabile come approvato dalla Camera, sia stato addirittura peggiorato nel corso dell'esame al Senato. In particolare sottolinea come il bilanciamento fra diversi interessi di rilievo primario e costituzionalmente tutelati non sia riuscito. Ciò risulta particolarmente evidente se si considerano le forti proteste di coloro che rappresentano i tre interessi in questione: la stampa e gli editori, l'Associazione nazionale dei magistrati e perfino il Garante per la privacy.
Rileva come, sul piano mediatico, si sia tentato di alterare la realtà dei fatti, descrivendo l'Italia come un paese dove

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tutti i cittadini sono sottoposti ad intercettazioni, presentando dati statistici di comparazione con altri paesi che sono del tutto disomogenei. Il tutto per tentare di giustificare di fronte all'opinione pubblica un intervento normativo che non ha eguali nei paesi democratici. Sottolinea per altro come, a suo giudizio, l'opinione pubblica abbia dimostrato maggiore capacità critica di quanto non abbia fatto in passato.
Dopo aver ricordato le forti perplessità espresse anche dalla Presidenza della Repubblica, sottolinea come, di fronte ai gravi problemi della giustizia in Italia, al provvedimento in esame sia attribuito il carattere di assoluta priorità.
Ritiene, inoltre, che il provvedimento sia viziato all'origine dalla totale mancanza di una valutazione dell'impatto della relativa disciplina sulla repressione e prevenzione della criminalità. A tale proposito, rileva come il silenzio del Ministro dell'interno dimostri che il Governo è molto meno compatto di quanto non voglia apparire, anche e soprattutto sul delicato tema delle intercettazioni.
Riservandosi di intervenire più diffusamente sul merito, esprime forti perplessità sulle reali finalità del meccanismo di sostituzione del pubblico ministero, previsto dall'articolo 1, sottolineando come tale norma appaia del tutto estranea al tema delle intercettazioni e consenta in realtà di scegliere i giudici in «modalità self-service». Si interroga inoltre su quale possa mai essere il senso della complessa e macchinosa disciplina delle proroghe del termine per le intercettazioni, nonché della disomogeneità delle motivazioni a tal fine richieste. Si interroga, inoltre, sulle concrete possibilità del tribunale distrettuale in composizione collegiale di gestire le competenze derivanti dal provvedimento, considerati anche i problemi di incompatibilità che ne deriveranno. Esprime, infine, forti dubbi che le limitazioni imposte alla libertà di stampa siano compatibili con una moderna società.
Auspica, quindi, che sul provvedimento si possa riflettere ancora con estrema attenzione, non ritenendo assolutamente opportuno che si acceleri il relativo iter di approvazione.

Federico PALOMBA (IdV) preannuncia che il gruppo dell'Italia dei Valori contrasterà duramente e con ogni mezzo consentito dal regolamento un provvedimento che considera inaccettabile sotto ogni profilo, che intralcia le indagini, imbavaglia la stampa e impedisce ai cittadini di conoscere la verità. Preannuncia, inoltre, che il proprio gruppo presenterà molti emendamenti, alcuni dei quali riproduttivi dei rilievi espressi nella sua relazione dal Presidente Bongiorno, al quale deve riconoscersi di aver dimostrato una grande onestà intellettuale. La sua relazione, infatti, è stata apprezzata dal gruppo dell'Italia dei Valori, anche nelle parti che il gruppo non condivide.
Ritiene opportuno preliminarmente sgomberare il campo da taluni erronei luoghi comuni.
In primo luogo ricorda come la maggioranza insista perché il provvedimento sia approvato in fretta, atteso che l'esame è già durato due anni. Sottolinea quindi come la responsabilità per questo asserito ritardo non sia certamente ascrivibile all'opposizione, bensì ad una maggioranza divisa e disomogenea, della quale fanno parte colleghi di intelligenza giuridica e sensibilità tali da non consentire loro questo provvedimento. Evidenzia inoltre come la situazione di confusione in cui versa la maggioranza sia dimostrata anche dall'enorme cambiamento che il provvedimento ha subito nel corso dell'iter parlamentare.
Ricorda come i due terzi degli italiani non condividano il provvedimento; come anche il Presidente della Repubblica, sia pure con il consueto garbo, abbia manifestato forti perplessità; come il provvedimento abbia ricevuto delle severe critiche anche nelle sedi internazionali e come lo stesso sia stato contestato dalla magistratura e dalle forze di polizia, nonché dalla stampa e dagli editori, anche quelli allineati con il centrodestra. Sottolinea, quindi, l'opportunità che anche il Ministro

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dell'interno partecipi ai lavori della Commissione e chiarisca la propria posizione in ordine al provvedimento in esame.
A suo giudizio l'unico reale scopo del provvedimento è quello di evitare che i reati vengano scoperti e portati a conoscenza dell'opinione pubblica.
In secondo luogo ritiene che se vi sono stati abusi rappresentati dalla pubblicazione non consentita di intercettazioni irrilevanti, ciò comunque non giustifica un intervento normativo sostanzialmente volto a sopprimere le intercettazioni. A tal fine sarebbero necessari alcuni ragionevoli modifiche della disciplina vigente.
In terzo luogo, contesta l'affermazione secondo la quale i cittadini italiani sarebbero tutti sotto intercettazione. Sottolinea come i dati dell'Associazione nazionale magistrati dimostrino che il numero delle intercettazioni è molto inferiore a quanto non si voglia far credere.
Infine, sotto il profilo dei costi, ritiene necessario individuare dei gestori pubblici e collocarli presso le sedi abilitate allo svolgimento delle operazioni di intercettazione. Rileva altresì come un quotidiano molto attento abbia evidenziato che il rapporto tra i costi delle intercettazioni ed i relativi benefici, anche in termini finanziari, siano nettamente a vantaggio dei secondi.
Chiede quindi che il Governo fornisca dati ed informazioni che evidenzino il rapporto tra costi e benefici delle intercettazioni, ai sensi dell'articolo 79, comma 6, del regolamento.

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda all'onorevole Palomba che la richiesta di dati ed informazioni al Governo deve essere presentata da almeno quattro deputati. Tale richiesta dovrà essere poi valutata dall'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Donatella FERRANTI (PD), Cinzia CAPANO (PD) e Marilena SAMPERI (PD) si associano alla richiesta dell'onorevole Palomba.

Giulia BONGIORNO, presidente, assicura che la richiesta ai sensi dell'articolo 79, comma 6, del Regolamento sarà esaminata nel corso del prossimo ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, una volta che sia precisata nei suoi contenuti.

Federico PALOMBA (IdV), proseguendo nel proprio intervento, sottolinea come per prevenire gli abusi dai quali assertivamente si sono prese le mosse per riformare la disciplina delle intercettazioni, sarebbero in realtà necessarie tre sole modifiche normative. Anzitutto, occorrerebbe una norma che identifica con precisione quali siano gli atti non pubblicabili: ovvero quelli relativi a persone e fatti estranei alle indagini, a fatti privati o coperti da segreto istruttorio, finché il segreto perduri. Sarebbe inoltre necessaria una disposizione che disciplini la tenuta dell'archivio riservato e le relative responsabilità. Occorrerebbe, infine, una norma che preveda adeguate sanzioni per la violazione dei divieti introdotti dalle due precedenti disposizioni. Se l'obiettivo fosse effettivamente quello di impedire gli abusi, queste tre norme sarebbero più che sufficienti. Al contrario, con il provvedimento in esame si vuole impedire che siano svolte le indagini e si vogliono coprire gli scandali.
Con riferimento alla tutela della privacy, sottolinea come vi siano necessariamente soggetti che in via istituzionale vengono a conoscenza dei fatti privati delle persone. La vera garanzia in questa materia, pertanto, è costituita dalle sanzioni per la violazione del segreto d'ufficio. Nel provvedimento in esame, invece, sono solo previste limitazioni alle attività di indagine.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che vi sono imminenti votazioni in Assemblea e che la Commissione deve ancora affrontare due importanti punti all'ordine del giorno. Sospende quindi la seduta che riprenderà al termine delle votazioni della seduta pomeridiana dell'Assemblea.

La seduta, sospesa alle 15.55, riprende alle 18.35.

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Alfonso PAPA (PdL) precisa preliminarmente di voler tenere fede, con questo intervento, alla posizione da lui già espressa circa due anni fa, quando il disegno di legge in esame, invero allora molto diverso da quello attuale, era in esame in prima lettura alla Camera.
Ritiene superfluo soffermarsi sulla comparazione delle discipline di altri Paesi, essendo piuttosto evidente come in nessun altro Paese occidentale sia dato riscontrare una disciplina che attribuisca poteri tanto ampi agli organi inquirenti comprimendo correlativamente la riservatezza dei cittadini, come quella attualmente vigente in Italia. Ritiene altresì superfluo soffermarsi sulle cosiddette intercettazioni «a strascico», trattandosi con tutta evidenza di una prassi distorta e contraria anche alla normativa vigente.
Esprime piuttosto disagio dovendo constatare come nel dibattito parlamentare, nonostante il numero elevato di audizioni svolte, non siano stati tenuti presenti alcuni dati assolutamente essenziali per garantire la serietà stessa dell'esame del provvedimento.
Richiama quindi dei dati dei quali ne è a conoscenza diretta in quanto si riferiscono al periodo nel quale lui era direttore generale della giustizia civile, non potendo citare dati più recenti considerato che incomprensibilmente il Ministero della Giustizia sembra non volerli fornire. Fa presente,quindi, come nel 2008 il Ministero della giustizia liquidò somme corrispondenti a circa 120.000 utenze sottoposte intercettazioni: cifra, quest'ultime, che per quanto a lui risulti, può essere confermata negli anni successivi e fino ad oggi. Invita il Governo a precisare se sia in possesso di dati in grado di smentire quelli ora riferiti ed esprime rammarico per non essere riuscito ad ottenere conferme, precisazioni od eventuali smentite dagli uffici del Ministero della giustizia ed anche da colleghi magistrati.
Rileva come nessuno abbia ancora evidenziato che il meccanismo per effettuare i pagamenti relativi alle intercettazioni non ha equivalenti nella pubblica amministrazione, poiché l'organo che impegna la spesa (la Procura della Repubblica) è diverso da chi effettua il pagamento (il Ministero della giustizia), senza che vi sia alcuna forma di controllo preventivo. Ricorda altresì come il contenzioso tra il Ministero della giustizia e gli operatori in materia di pagamenti derivi da una diversa interpretazione in merito all'applicazione delle in relazione alle utenze intercettate ed al numero dei contatti telefonici.
Sottolinea come ciascuno dei predetti 120.000 decreti che dispongono le intercettazioni si riferiscono ciascuno quantomeno ad una utenza. Secondo una media ponderale calcolata presso il Ministero della giustizia nella precedente legislatura, sarebbero da riferire a ciascuna utenza intercettata da 30 a 50 contatti telefonici. Sviluppando questi dati si arriva alla stima secondo la quale nel 2008 sarebbero stati intercettati tra i 4 e i 6 milioni di cittadini italiani.
Dichiara di avere motivo di ritenere che questi dati siano tuttora in possesso del Ministero della giustizia, ne sottolinea l'evidente utilità ai fini del dibattito parlamentare e ricorda come gli stessi furono oggetto di audizioni nell'ambito di una indagine conoscitiva svolta dal Senato nella precedente legislatura. Chiede quindi se il Governo sia in grado di smentire che negli ultimi anni circa il 10 per cento della popolazione sia sotto intercettazione.
Rileva come oggi, per quanto a lui risulti e sempre che non sopraggiungano smentite anche con riferimento a questo dato, le intercettazioni siano svolte esclusivamente in via telematica. Le intercettazioni, pertanto, arrivano nelle mani della polizia giudiziaria al termine del periodo per il quale le intercettazioni medesime sono state disposte. In tale contesto, risulta che nell'ambito di attività investigative di alcune Procure della Repubblica e, in particolare, di quelle di di Bari e di Trani, a seguito di perquisizioni siano stati rinvenuti files di intercettazioni non ancora giunte alla polizia giudiziaria. Il sistema attuale evidentemente consente in via di fatto forme di archiviazione autonome e indipendenti, con conseguenti gravissimi

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rischi di fuga di notizie ancora prima che i supporti informatici siano stati consegnati alla polizia giudiziaria.
Ribadisce quindi la richiesta al Governo o a chiunque altro ne disponga, di fornire eventuali dati in grado di smentire quelli da lui oggi illustrati. In difetto di una simile smentita, non potrà fare altro che confermare il proprio appoggio pieno e totale al provvedimento in esame.

Donatella FERRANTI (PD), in primo luogo ritiene fare riferimento all'intervento appena svolto dall'onorevole Papa, che non condivide assolutamente. Da tale intervento sembrerebbe che da una indagine conoscitiva svolta al Senato nella scorsa legislatura sia emerso che costantemente le intercettazioni siano svolte in maniera anomala senza un ascolto costante da parte della polizia giudiziaria, che interverrebbe in un secondo momento dopo che le operazioni siano state svolte da società private. In realtà, tale ricostruzione non corrisponde assolutamente a quella che è la prassi applicativa della normativa, la quale è caratterizzata da un lavoro costante e acuto da parte della polizia giudiziaria. Anche in questo caso, vengono confusi casi isolati di non corrette applicazioni normative con quella che è invece la prassi costante. Da tale confusione si vogliono poi far derivare delle conseguenze normative che di fatto finirebbero per paralizzare lo strumento delle intercettazioni.
Dichiara di essere ben consapevole della necessità di un intervento normativo, che, al contrario di quello fatto dal Governo e dalla maggioranza, non dovrebbe avere intenti punitivi ma dovrebbe essere ispirato ad una visione equilibrata dei diversi diritti e interessi coinvolti dal tema delle intercettazioni.
Per quanto attiene al problema dei costi delle intercettazioni, piuttosto che vietare sostanzialmente il ricorso a tale strumento sarebbe stato opportuno prevedere la possibilità per il Ministero della giustizia di fare delle convenzioni con società esterne che fossero valide per tutte le procure d'Italia, anziché lasciare l'iniziativa ad ogni procura. Su questo tema, ritiene che le valutazioni fatte dall'onorevole Papa non siano fondate, considerato che le procedure di liquidazione le fa la procura e non il ministero.
In relazione al tema della riservatezza, che secondo la maggioranza dovrebbe portare ad una sorta di azzeramento delle intercettazioni, osserva come dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo risulti che in Italia non vi sia una situazione di illegalità relativamente alle pubblicazioni delle intercettazioni.
Rileva poi come a livello internazionale la nuova normativa sulle intercettazioni abbia subito forti critiche delle quali non si può non tenere conto, così come non si può non tenere conto, come prevede lo stesso regolamento all'articolo 79, comma 4, lettera b), della normativa europea e, quindi, del Trattato di Lisbona che considera in maniera prioritaria la lotta contro la criminalità.
In merito al tema della pubblicazione degli atti di indagine e delle intercettazioni, rileva che il testo approvato nella precedente legislatura era sicuramente migliore in quanto tutelava maggiormente il diritto all'informazione. Quel testo, tra l'altro, al contrario di quanto più volte dichiarato dai deputati della maggioranza, non conteneva alcuna sanzione nei confronti degli editori.
La circostanza che il testo in esame violi in maniera palese principi fondamentali per uno Stato democratico fa capire quanto in realtà poca attenzione abbia il Governo anche per quell'interesse alla riservatezza che dovrebbe essere il punto di riferimento della riforma delle intercettazioni. Un Governo che considera di particolare rilevanza un determinato interesse dovrebbe bilanciare questo interesse con tutti quegli altri interessi che sono coinvolti dalla disciplina che si intende riformare. Nel caso in esame, tutti questi altri interessi sono stati calpestati.
Tra le diverse assurdità del testo, vi è anche quella della soppressione della disposizione che consente l'intercettazione contro gli ignoti. A tale proposito, si chiede come una maggioranza di centrodestra che dovrebbe

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essere particolarmente attenta alla sicurezza dei cittadini possa cercare di fare approvare una legge che elimina di fatto lo strumento delle indagini che maggiormente viene utilizzato per contrastare il crimine.
Ricorda come nel corso dell'audizione dell'Associazione Nazionale Magistrati, che incomprensibilmente l'onorevole Costa ha tacciato come una «cantilena» delle indagini che non si potrebbero più svolgere, sia emerso chiaramente come l'approvazione del testo in esame possa sostanzialmente determinare la paralisi delle indagini.

Luigi VITALI (PdL), dopo aver rilevato che dall'intervento dell'onorevole Ferranti sembrerebbe che alcune soluzioni già adottate nel testo approvato in prima lettura erano in realtà condivise anche dall'opposizione per quanto allora invece le contestava e quindi dopo aver auspicato che questi ripensamenti possano ripetersi nuovamente sul testo ora in esame, si sofferma sulle ragioni per le quali il Parlamento da diverse legislature tenta di riformare la disciplina delle intercettazioni. La ragione di fondo per la quale tutti sentono l'esigenza di procedere a tale riforma, è data dal fatto storico dell'abuso dell'utilizzo di questo strumento di indagine che finisce per controllare circa 120 mila utenze ogni anno, che si traduce, tenendo conto dei diversi contatti che ogni utenza presuppone, in un controllo di un numero di cittadini che può arrivare fino a 4 milioni l'anno. Considerato che non sono sempre gli stessi soggetti ad essere intercettati, risulta chiaro che una grande parte della popolazione finisce per essere sotto controllo. Questi sono numeri che non si riscontrano in nessun altro Paese, indipendentemente dalla natura delle intercettazioni. Un esempio emblematico della eccessiva disinvoltura con la quale la magistratura utilizza questo strumento è quello del Ministro Raffaele Fitto che è stato sottoposto ad intercettazione insieme alla sua famiglia per cinque anni, senza che poi le risultanze delle intercettazioni ne abbiano giustificato il loro svolgimento.
È quindi necessaria una riforma che tuteli non solo le persone non indagate che si vedono intercettate e poi subiscono anche la pubblicazione delle intercettazioni anche quando sono irrilevanti ai fini delle indagini, ma anche coloro che sono indagati e le cui intercettazioni sono poi pubblicate pur senza che siano utili per le indagini.
Ciò che occorre non è una normativa che renda più difficile l'utilizzo delle intercettazioni, quanto piuttosto che si autorizzino solo quelle intercettazioni che la legge consente di fare.
Ritiene che il testo in esame non sia soddisfacente, come peraltro aveva già rilevato, anche attraverso la presentazione di un notevole numero di emendamenti poi ritirati per disciplina di partito, in quanto sarebbe servita una riforma più rigorosa. Tuttavia, nonostante le molte incongruenze del testo, dichiara che voterà per la sua approvazione. Tra le incongruenze del testo, si sofferma sulla attribuzione al giudice collegiale della competenza di autorizzare le intercettazioni, ritenendo che questa scelta, condivisibile in linea astratta, possa essere un ostacolo alla effettuazione delle intercettazioni per ragioni meramente organizzative nell'ambito degli uffici giudiziari, che continuano a risentire negativamente di un irrazionale assetto della geografia giudiziaria.
Non condivide neanche la scelta del Senato di prevedere delle proroghe ulteriori di tre giorni che possono protrarsi all'infinito, ritenendo invece opportuno prevedere un termine certo della durata delle intercettazioni, che potrebbe essere anche superiore a quello dei settantacinque giorni previsti dal Senato. La mancanza di certezza obiettiva nel termine, a suo parere, finisce per attribuire una eccessiva discrezionalità ai magistrati che può poi tradursi in un abuso.
È invece un falso problema quello della incongruità della normativa relativa alle intercettazioni per i reati di mafia e terrorismo, trattandosi di una disciplina che, come più volte ribadito nel corso dei lavori parlamentari, non ha subito alcuna modifica. Un falso problema è anche quello dei cosiddetti «reati spia», in quanto si tratta di una categoria di reati in realtà

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non individuabile a priori e, quindi, suscettibile di intercettazione così come qualsiasi altro reato intercettabile.
Per quanto attiene alla parificazione della acquisizione dei tabulati alle intercettazioni, ritiene che, alla luce delle tante e non sempre giustificate proteste sollevate, si potrebbe prevedere anche la soppressione della relativa disposizione. Osserva che in questo caso in realtà dalla acquisizione del tabulato non deriva alcuna lesione al diritto alla riservatezza del soggetto interessato.
Non condivide la scelta del Senato, in contrasto con l'esigenza di ridurre il fenomeno delle «intercettazioni a strascico», di ampliare l'ambito dei reati per i quali l'intercettazione può essere utilizzata nonostante che sia stata disposta in relazione ad altri reati.
Concludendo, ribadisce che per disciplina di partito voterà il testo in esame, anche se non lo soddisfa, essendo troppo blando rispetto ai limiti che si sarebbero dovuti mettere al fine di ridurre l'abuso nell'utilizzazione dello strumento delle intercettazioni. Vi è poi l'errore della maggioranza e dell'opposizione di affrontare il tema della riforma delle intercettazioni non sulla base di argomentazioni tecnico-giuridiche, quanto invece secondo una logica di scontro politico. Da ciò ne è derivato un danno per il Paese che ha portato ad una situazione di un caos tale da far perdere di vista la reale portata dei problemi che attualmente attengono al fenomeno delle intercettazioni.

Giulia BONGIORNO, presidente, rinvia il seguito dell'esame alla seduta convocata domani per la conclusione dell'esame preliminare.

La seduta termina alle 18.40.

ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 7 luglio 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO.

La seduta comincia alle 15.55.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica in materia di rilascio delle informazioni antimafia a seguito degli accessi e accertamenti nei cantieri delle imprese interessate all'esecuzione di lavori pubblici.
Atto n. 217.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto, rinviato il 1o luglio 2010.

Salvatore TORRISI (PdL), relatore, presenta una proposta di parere che illustra (vedi allegato).

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che la proposta di parere sarà votata la prossima settimana. Rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Mercoledì 7 luglio 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO.

La seduta comincia alle 16.

Programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2010 e programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea presentato dalle Presidenze spagnola, belga e ungherese.
COM(2010)135 def. - 17696/09.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126-ter del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che il Programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2010 ed il Programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea, elaborato dalle presidenze spagnola, belga e ungherese, sono stati assegnati congiuntamente alla XIV

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Commissione, per l'esame generale, e a tutte le altre Commissioni permanenti, compresa quindi la Commissione Giustizia, per l'esame delle parti di rispettiva competenza.
Nei limiti delle materie di propria competenza, la Commissione è quindi chiamata ad approvare, entro oggi, una relazione da trasmettere alla XIV Commissione e a nominare un relatore incaricato di riferire alla predetta Commissione.
È anche prevista la possibilità di presentare proposte di relazione di minoranza
Precisa, infine, che la Commissione dovrà concentrare il dibattito sulle principali questioni di carattere generale relative alla determinazione degli argomenti e all'ordine rispettivo di priorità, su cui verte il programma legislativo, non invece sugli aspetti attinenti al merito delle scelte legislative, che potranno eventualmente essere discusse nell'ambito delle procedure specificamente previste dal Regolamento per l'esame delle proposte di singoli atti normativi dell'Unione europea.

Maurizio SCELLI (PdL), relatore, osserva che le istituzioni comunitarie hanno di recente adottato i programmi di intervento per i prossimi mesi, individuando le priorità politiche, gli obiettivi e le principali iniziative da realizzare. In particolare, il Consiglio dell'Unione europea ha approvato il 30 giugno 2008 il Programma di 18 mesi delle Presidenze francese, ceca e svedese (1o luglio 2008-31 dicembre 2009). Il 18 novembre 2008 la Commissione ha deliberato altresì il Programma legislativo e di lavoro per il 2009, Agire adesso per un'Europa migliore, elaborato sulla base della strategia politica annuale presentata dalla stessa Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo il 15 febbraio 2008.
Per quanto concerne gli ambiti di competenza della Commissione giustizia, si segnala che il Programma legislativo e di lavoro della Commissione preannuncia per il 2009 misure volte ad assicurare ai cittadini un accesso equo alla giustizia e alla protezione giuridica, iniziative destinate a migliorare il reciproco riconoscimento in materia penale e civile e finalizzate a rendere l'Unione «un più autentico spazio di giustizia», nonché proposte volte a garantire una maggiore sicurezza dei cittadini UE. Uno sviluppo costante dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia costituisce priorità anche del Programma di diciotto mesi del Consiglio (per il periodo dal luglio 2008 al dicembre 2009), elaborato dalle Presidenze francese, ceca e svedese.
Secondo quanto auspicato nel Programma delle Presidenze, la Commissione, nel suo Programma legislativo, preannuncia una decisione quadro finalizzata all'adozione di norme comuni minime per garantire processi equi all'interno dell'UE, con particolare riferimento ai diritti della difesa.
Nel Programma legislativo della Commissione si preannuncia un'iniziativa non legislativa per migliorare il reciproco riconoscimento di atti e provvedimenti in materia civile e penale (sentenze, diritti procedurali, successioni e testamenti), nonché la revisione del regolamento sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Anche nel Programma delle Presidenze vengono indicati sostanzialmente i medesimi obiettivi.
Sul piano della cooperazione in materia penale, nel programma delle Presidenze si sollecita la Commissione a presentare proposte per un mandato europeo di ricerca delle prove e si prospetta la necessità di continuare la valutazione del mandato d'arresto europeo in vista dell'attuazione coerente della decisione quadro in materia. Inoltre, si intende rafforzare ulteriormente Eurojust e la rete giudiziaria europea.
Con riferimento alla cooperazione in materia civile, anche sotto il profilo del ravvicinamento delle legislazioni, le Presidenze intendono concentrarsi sul diritto di famiglia (con particolare riferimento alla competenza giurisdizionale e alla legge applicabile in materia matrimoniale e all'adozione di un nuovo regolamento in materia di obbligazioni alimentari), sull'avvio dei lavori sulle successioni e testamenti

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e sull'adozione di un quadro comune di riferimento nel settore della legge contrattuale europea. Si prospetta infine l'adozione di una serie di misure pratiche finalizzate ad una maggiore cooperazione nel settore giudiziario, tra le quali il sistema europeo di informazioni sui casellari giudiziari, il completamento del portale della giustizia europea e la giustizia elettronica, la formazione dei giudici e del personale della giustizia.
Nel Programma legislativo della Commissione si prevede, inoltre, un pacchetto di misure legislative volte a incoraggiare l'azione penale contro i trasgressori e la tutela delle vittime, in primo luogo le più deboli, con un'attenzione specifica per i bambini. Nell'ambito delle misure del pacchetto, si preannunciano specifiche iniziative volte alla lotta alla criminalità informatica, attraverso il rafforzamento della cooperazione internazionale per la repressione e prevenzione degli attacchi informatici.
La lotta contro il terrorismo resta fra le massime priorità del Programma legislativo per il 2009. A tal fine, a livello europeo, si preannuncia un'iniziativa di carattere non legislativo per far fronte in particolare alla minaccia di attacchi chimici, biologici, nucleari e radiologici. Nel Programma delle Presidenze si sottolinea inoltre la necessità di misure atte a contrastare l'abuso di internet a fini terroristici, dell'attuazione del piano di azione per la sicurezza degli esplosivi, di una maggiore cooperazione tra gli Stati membri per scoprire tempestivamente attività terroristiche, dell'adozione della decisione quadro che rende penalmente punibili l'incitamento a compiere atti terroristici e il reclutamento a scopo di terrorismo.
Nel Programma delle Presidenze si segnala altresì la necessità di adottare un nuovo Piano d'azione per la lotta al narcotraffico, relativo al periodo 2009-2012, finalizzato tra l'altro alla definizione di una posizione comune europea in relazione al riesame della politica di lotta alla droga delle Nazioni Unite.
Nel Programma delle Presidenze si prospetta, infine, la necessità di una rapida adozione della direttiva sulla tutela penale dell'ambiente, della direttiva relativa all'inquinamento provocato dalle navi e di accelerare il processo di negoziazione in materia di tutela penale dei diritti di proprietà intellettuale.
Formula quindi una proposta di relazione favorevole.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, avverte che la proposta di relazione sarà posta in votazione nella seduta di domani alla quale rinvia il seguito dell'esame.

La seduta termina alle 16.05.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori.
C. 2011 Ferranti, C. 52 Brugger e C. 1814 Bernardini.

Disposizioni in materia di responsabilità civile dei magistrati.
C. 1956 Brigandì, C. 252 Bernardini, C. 1429 Lussana, C. 2089 Mantini, C. 3285 Versace e C. 3300 Laboccetta.

Disposizioni in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura.
C. 3143 Rao.