CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 29 giugno 2010
345.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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AUDIZIONI INFORMALI

Martedì 29 giugno 2010.

Audizione del professore Glauco Giostra, ordinario di procedura penale presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza», e di rappresentanti della Federazione nazionale stampa italiana (FNSI) e della Federazione italiana editori giornali (FIEG) in relazione all'esame del disegno di legge C. 1415-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato, recante norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali.

L'audizione informale è stata svolta dalle 12.45 alle 15.

SEDE REFERENTE

Martedì 29 giugno 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati.

La seduta comincia alle 15.

Disposizioni in materia di responsabilità civile dei magistrati.
C. 1956 Brigandì.

(Esame e rinvio. Abbinamento delle proposte di legge C. 252 Bernardini, C. 1429 Lussana, C. 2089 Mantini, C. 3285 Versace e C. 3300 Laboccetta).

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La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che alla proposta di legge C. 1956 Brigandì sono abbinate le proposte di legge C. 252 Bernardini, recante «Modifiche alla legge 13 aprile 1988, n. 117, in materia di responsabilità civile dei magistrati», C. 1429 Lussana, recante «Modifiche alla legge 13 aprile 1988, n. 117, in materia di responsabilità civile dei magistrati», C. 2089 Mantini, recante «Modifiche agli articoli 2 e 8 e abrogazione dell'articolo 5 della legge 13 aprile 1988, n. 117, in materia di responsabilità civile dei magistrati», C. 3285 Versace, recante «Modifiche alla legge 13 aprile 1988, n. 117, in materia di responsabilità civile dei magistrati» e C. 3300 Laboccetta, recante «Modifiche alla legge 13 aprile 1988, n. 117, in materia di responsabilità dei magistrati, e al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, in materia di sanzioni per gli illeciti disciplinari dei magistrati».

Matteo BRIGANDÌ (LNP), relatore, illustra in primo luogo la proposta di legge n. 1956, che ha per oggetto una materia molto delicata, quale quella della responsabilità civile dei magistrati regolata dalla legge 13 aprile 1988, n. 117.
Obiettivo della proposta di legge è di dare finalmente piena attuazione al referendum del 1987 con il quale l'ottanta per cento dei votanti ha abrogato le norme che impedivano di ottenere che il giudice che avesse arrecato - con dolo o con colpa grave - un danno al cittadino fosse tenuto a risponderne sul piano civile, così come avviene per gli altri pubblici dipendenti.
Il testo in esame, in particolare, modifica la legge del 1988 ritenendo che questa non consenta un reale ed efficace risarcimento del danno realmente subito dal cittadino.
La legge n. 117 afferma il principio della risarcibilità di qualunque danno ingiusto conseguente ad un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere da un magistrato con «dolo» o «colpa grave» nell'esercizio delle sue funzioni ovvero conseguente «a diniego di giustizia» (articolo 2). Tuttavia, il cittadino non può fare causa direttamente al magistrato, ma deve chiamare in giudizio lo Stato e chiedere a esso il risarcimento del danno. Se poi il giudizio sarà positivo per il cittadino, allora sarà lo Stato a chiamare a sua volta in giudizio il magistrato, che, a quel punto, potrà essere chiamato a rispondere in prima persona, ma solo entro il limite di un terzo di annualità di stipendio.
La proposta in esame, invece, è volta a dare la possibilità di chiamare in causa direttamente il magistrato che abbia errato dolosamente o per colpa grave e chiedergli il risarcimento del danno che ha prodotto emanando, ad esempio, mandati di cattura clamorosamente sbagliati a causa di omonimie non controllate, o avendo ordinato una carcerazione preventiva con leggerezza, o che, in base a vaghi sospetti, avessero messo a repentaglio i più elementari diritti dei cittadini.
Un'anomalia della legge n. 117 che finisce sicuramente per danneggiare il cittadino e mettere il magistrato in una situazione di privilegio rispetto agli altri dipendenti pubblici è quella prevista dagli articoli 4 e 5, che prevedono delle particolari competenze ed una serie di limiti di ammissibilità alla domanda di risarcimento del danno che non trovano riscontro in altre parti dell'ordinamento. In particolare si prevede che l'azione di risarcimento deve essere esercitata nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri e davanti al tribunale del capoluogo del distretto della corte d'appello competente ai sensi dell'articolo 11 c.p.p., che tale azione è esperibile soltanto quando siano stati esperiti i mezzi ordinari di impugnazione o gli altri rimedi previsti avverso i provvedimenti cautelari e sommari, e comunque quando non siano più possibili la modifica o la revoca del provvedimento ovvero, se tali rimedi non sono previsti, quando sia esaurito il grado del procedimento nell'ambito del quale si è verificato il fatto che ha cagionato il danno.
Inoltre la domanda, che deve essere proposta a pena di decadenza entro 2 anni dal momento in cui l'azione è esperibile (3

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anni dalla data del fatto che ha cagionato il danno se in tal termine non si è concluso il grado del procedimento nell'ambito del quale il fatto stesso si è verificato), viene sottoposta a delibazione preliminare di ammissibilità (controllo presupposti, rispetto termini e valutazione manifesta infondatezza) da parte del tribunale distrettuale.
È a tutti evidente come questo farraginoso procedimento finisca per rendere più difficile il risarcimento del danno nei confronti di un magistrato anziché nei confronti di un dipendente pubblico. A ciò si aggiunga che non risultano esservi sentenze di condanna emesse sulla base della normativa vigente.
Altra disposizione della normativa vigente che non sembra essere conforme ai principi generali dell'ordinamento in materia processuale civile è quella prevista dall'articolo 6 della legge n. 117, che ammette nel giudizio di risarcimento la facoltà d'intervento del magistrato il cui comportamento, atto o provvedimento rileva in giudizio; questi non può essere assunto come teste né nel giudizio preliminare di ammissibilità, né nel giudizio contro lo Stato.
In sostanza viene derogato il principio secondo il quale è l'attore a scegliere la parte da citare in giudizio. Nel caso in esame un cittadino non potrebbe citare in giudizio direttamente il magistrato che ha procurato un danno ingiusto nei suoi confronti, ma è costretto a rivolgersi contro lo Stato rimanendo tuttavia la facoltà per il magistrato stesso di scegliere se intervenire in giudizio. Anche questa disposizione non trova alcuna giustificazione.
Sono pertanto abrogati gli articoli della legge n. 117 che disciplinano il particolare procedimento giudiziario diretto ad accertare la responsabilità dei magistrati, applicandosi così le norme generali del codice di procedura civile.
Si interviene anche sull'articolo 13 della legge n. 117, avente ad oggetto la responsabilità civile per fatti costituenti reato. Tale disposizione stabilisce che chi ha subito un danno in conseguenza di un fatto costituente reato commesso dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni ha diritto al risarcimento nei confronti del magistrato e dello Stato. In tal caso l'azione civile per il risarcimento del danno ed il suo esercizio anche nei confronti dello Stato come responsabile civile sono regolati dalle norme ordinarie. La proposta di legge in esame svincola tale disciplina dal compimento del reato.
Passa quindi ad illustrare le proposte di legge oggi abbinate, che vertono sulla materia della responsabilità civile dei magistrati, alcune avendo in parte contenuto identico a quella già illustrata.
Le proposte C. 252 Bernardini e C.1429 Lussana intervengono sulla legge n. 117 eliminando il procedimento speciale previsto da tale legge e, quindi, sancendo la piena e diretta responsabilità dei magistrati secondo quanto sancito dal referendum del 1987. Si interviene anche sull'articolo 9 relativo all'azione disciplinare per ragioni di coordinamento a causa dell'abrogazione dell'articolo 5.
La proposta n. 2089 Mantini pur vertendo sulla medesima materia ha un contenuto diverso da quelle già illustrate, in quanto non scardina la struttura della legge n. 117, ma stabilisce un ulteriore caso di colpa grave dei magistrati, si abroga l'articolo 5 sulla ammissibilità della domanda e pone un limite minimo alla determinazione del diritto di rivalsa dello Stato in riferimento alla retribuzione del magistrato. Per il primo aspetto si prevede la responsabilità anche nel caso di la palese violazione, con condotte inescusabili, dell'obbligo previsto per il pubblico ministero di svolgere accertamenti su fatti e su circostanze in favore della persona sottoposta alle indagini, ai sensi dell'articolo 358 del codice di procedura penale. Attualmente le ipotesi di colpa grave sono le seguenti: a) la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile; b) l'affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento; c) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento; d) l'emissione

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di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione. Per quanto attiene al limite del diritto di rivalsa dello Stato che ha già risarcito per intero il cittadino, si conferma che questo abbia come tetto massimo il terzo di una annualità dello stipendio, al netto delle trattenute fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui l'azione di risarcimento è proposta, ma si prevede che non possa essere inferiore ad un quinto.
La proposta C. 3285 Versace è composta di due articoli. Il primo ha contenuto identico alle intere proposte C. 252 Bernardini e C.1429 Lussana, mentre l'articolo 2 pone l'obbligo per magistrati di sottoscrivere una polizza assicurativa per la responsabilità civile derivante da comportamenti, atti o provvedimenti giudiziari posti in essere dagli stessi magistrati con dolo o con colpa grave. Il magistrato che omette di sottoscrivere la polizza o che non la rinnova alla data di scadenza è sottoposto ad azione disciplinare ed è sospeso dalle funzioni fino a quando non ha adempiuto all'obbligo.
La proposta C. 3300 Laboccetta coincide con la proposta C. 1956 a mia firma, già illustrata, in relazione all'articolo 1. Rispetto a tutte le altre proposte abbinate, questa interviene anche in materia disciplinare tipizzando una nuova ipotesi di responsabilità disciplinare, che comunque sarebbe causa anche di responsabilità civile, trattandosi dell'emissione di un provvedimento limitativo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge.
Inoltre si interviene in tema di sanzioni disciplinari applicabili, prevedendosi che si applichi la sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni nel caso del nuovo illecito appena illustrato. Attualmente tale misura si prevede per il magistrato che è stato condannato in sede disciplinare per l'accettazione e per lo svolgimento di incarichi e di uffici vietati dalla legge ovvero per l'accettazione e per lo svolgimento di incarichi per i quali non è stata richiesta od ottenuta la prescritta autorizzazione, qualora per l'entità e per la natura dell'incarico il fatto si appalesi di particolare gravità.
Si prevede altresì che si applichi la sanzione della rimozione al magistrato che è stato condannato in sede disciplinare per l'emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile. Attualmente tale sanzione si applica al magistrato che ha ottenuto, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni da soggetti che egli stesso sa essere parti o indagati in procedimenti penali o civili pendenti presso l'ufficio giudiziario di appartenenza o presso altro ufficio che si trovi nel distretto di Corte d'appello nel quale esercita le funzioni giudiziarie, ovvero dai difensori di costoro, nonché abbia ottenuto, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni, a condizioni di eccezionale favore, da parti offese o testimoni o comunque da soggetti coinvolti in detti procedimenti. Si tratta di comportamenti messi in essere al di fuori dell'esercizio delle funzioni. In entrambi i casi la sanzione si applica se il magistrato incorre nell'interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo non inferiore a un anno la cui esecuzione non è stata sospesa, ai sensi degli articoli 163 e 164 del codice penale, o per la quale è intervenuto un provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell'articolo 168 dello stesso codice.

Enrico COSTA (PdL) a conferma della necessità di un intervento normativo, rileva come in materia di responsabilità dei magistrati risultino pochissime sentenze della Corte di Cassazione e tutte di assoluzione. Sottolinea quindi l'opportunità di effettuare una ricerca giurisprudenziale più ampia, comprendente anche le sentenze dei giudici di merito.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.15.

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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 29 giugno 2010.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.15 alle 15.25.

ATTI DEL GOVERNO

Martedì 29 giugno 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati.

La seduta comincia alle 15.25.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica in materia di rilascio delle informazioni antimafia a seguito degli accessi e accertamenti nei cantieri delle imprese interessate all'esecuzione di lavori pubblici.
Atto n. 217.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto.

Giulia BONGIORNO, presidente, in sostituzione del relatore, onorevole Torrisi, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, illustra il contenuto del provvedimento.
Rileva quindi come lo schema di regolamento in esame sia adottato in attuazione dell'articolo 5-bis (Poteri di accesso e accertamento del prefetto) del decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490; tale disposizione è stata aggiunta dall'articolo 2, comma 2, lett. b), della legge 15 luglio 2009 n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), con la finalità di implementare il sistema dei controlli volti a prevenire e reprimere le infiltrazioni mafiose nel settore degli appalti pubblici attraverso l'ampliamento dei poteri dei prefetti.
In base al comma 1 di tale disposizione, il prefetto può disporre accessi ed accertamenti nei cantieri delle imprese interessate all'esecuzione di lavori pubblici, avvalendosi, a tal fine, dei gruppi interforze di cui all'articolo 5, comma 3, del decreto del Ministro dell'interno 14 marzo 2003.
In base al comma 2, con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400/1988, sono definite le modalità di rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia riguardanti tali accessi e accertamenti.
La disciplina contenuta nel regolamento deve collocarsi nel quadro della normativa regolamentare dettata, per le comunicazioni e informazioni antimafia, dal decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252 (contenente il regolamento recante Semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia).
Sul piano sistematico, tuttavia, mentre la disciplina delle comunicazioni-informazioni antimafia contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica del 1998 ha carattere preventivo, collocandosi in una fase anteriore alla stipula del contratto (o alla concessione di una sovvenzione o all'iscrizione in un albo, elenco, ecc.), l'intervento del prefetto disciplinato dal regolamento in esame si colloca invece in una fase successiva, incidendo su un rapporto contrattuale in corso.
Come indicato dalla relazione del Governo, il regolamento in esame intende disciplinare «le modalità procedurali con cui i prefetti - a seguito delle risultanze dell'attività svolta dalle Forze di polizia presso i cantieri - intervengono nella fase di prosecuzione dei lavori, attraverso l'emanazione di provvedimenti antimafia che producono effetti novativi ovvero caducatori sulla documentazione in precedenza rilasciata».
Inoltre, l'azione ispettiva dei prefetti nei cantieri prescinde dai valori soglia degli appalti pubblici: essa può attivarsi oltre che nei casi di appalti di valore superiore alla soglia comunitaria, anche nei casi di appalti per i quali è rilasciata la sola comunicazione-certificazione antimafia o nei cantieri in cui si lavora in

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regime di autocertificazione (per l'esiguo valore del contratto).
Lo schema di regolamento consta di sei articoli.
L'articolo 1 ne delinea l'oggetto e l'ambito di applicazione individuato nella disciplina delle modalità di rilascio delle informazioni antimafia a seguito delle ispezioni e accertamenti nei cantieri disposti dal prefetto. La norma precisa che sono soggette al regolamento non solo le imprese che hanno stipulato il contratto con la pubblica amministrazione ma, più in generale, ogni soggetto che, a qualsiasi titolo, intervenga nel ciclo di realizzazione dell'opera, anche fornendo beni e servizi, compresi quelli di natura intellettuale, indipendentemente dall'importo dei contratti o subcontratti stipulati.
L'articolo 2, relativo agli accessi ed accertamenti nei cantieri disposti dal prefetto, oltre che confermare il ricorso ai gruppi interforze di cui all'articolo 5, comma 3, del decreto ministeriale 14 marzo 2003, prevede che le verifiche, ispirate a criteri di celerità ed efficacia amministrativa, tengano contro del contesto ambientale di esecuzione del contratto.
L'articolo 3 stabilisce la procedura per l'adozione da parte del prefetto delle informazioni antimafia: il gruppo interforze, entro 30 gg. dall'ordine che dispone l'accesso al cantiere, redige una relazione sui dati e le informazioni acquisite e la trasmette al prefetto (comma 1); quest'ultimo, entro i 15 gg. dall'acquisizione della relazione, se dai dati pervenuti sull'impresa (o sui soggetti che possano condizionarne le scelte) emergano elementi su tentativi di infiltrazione mafiosa, emette l'informazione antimafia, previa eventuale audizione dell'interessato mediante il procedimento disciplinato dal successivo articolo 5 (comma 2).
Se l'impresa oggetto dell'accertamento ha sede in altra provincia, il prefetto trasmette senza ritardo tutta la documentazione al prefetto competente che provvede secondo le modalità indicate al comma 2 (comma 3).
Ai fini degli effetti dell'informazione antimafia adottata a seguito dei controlli nei cantieri che rileva il tentativo d'infiltrazione mafiosa, l'articolo 4 del regolamento richiama, l'articolo 11, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 252 del 1998; tale disposizione disciplina la facoltà di revoca e di recesso dal contratto da parte delle PA anche quando gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all'autorizzazione dei subcontratti; in virtù del richiamo al comma 2 viene fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite.
L'articolo 4 individua, inoltre, nei seguenti i soggetti ai quali viene comunicata l'informazione antimafia per l'adozione dei provvedimenti di competenza: stazione appaltante; Camera di commercio del luogo ove ha sede l'impresa; prefetto che ha disposto l'accesso al cantiere; Osservatorio centrale appalti pubblici presso la DIA (Direzione investigativa antimafia); Osservatorio dei contratti pubblici, istituito presso l'Autorità di vigilanza dei lavori pubblici, per l'inserimento nel relativo casellario informatico; Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; Ministero dello sviluppo economico.
L'articolo 5 disciplina il procedimento per l'audizione eventuale degli interessati, nelle more dell'adozione dell'informazione prefettizia. Se ne ravvisa l'utilità, il prefetto invia al responsabile legale dell'impresa una comunicazione formale con cui invita in audizione personale i soggetti interessati a produrre, anche per via documentale, ogni informazione ritenuta utile. Dell'audizione viene redatto verbale in duplice originale, di cui una copia è consegnata all'interessato.
L'articolo 6, infine, detta disposizioni sull'acquisizione e gestione informatica dei dati relativi all'accesso ai cantieri e sui controlli effettuati.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.30.

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AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE


Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali.
C. 1415-B Governo, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.
Disposizioni in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura.
C. 3143 Rao.
Disposizioni in materia di assegnazione di posti nei concorsi notarili.
C. 2661 Antonio Pepe.
Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo.
C. 668 Lussana e C. 657 D'Antona.