CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 23 giugno 2010
343.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 23 giugno 2010. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 10.15.

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, recante disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali.
Emendamenti C. 3552 Governo, approvato dal Senato.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

Isabella BERTOLINI, presidente e relatore, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 10.20.

COMITATO DEI NOVE

Mercoledì 23 giugno 2010.

Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali. Riordino di enti ed organismi decentrati.
Emendamenti C. 3118-A Governo.

Il Comitato si è riunito dalle 14.10 alle 14.15.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 23 giugno 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO, indi del vicepresidente Roberto ZACCARIA. - Interviene il ministro per l'attuazione del federalismo Aldo Brancher.

La seduta comincia alle 14.15.

Modifiche alla legge n. 91 del 1992, recante nuove norme sulla cittadinanza.
C. 103 Angeli, C. 104 Angeli, C. 457 Bressa, C. 566 De Corato, C. 718 Fedi, C. 995 Ricardo Antonio Merlo, C. 1048 Santelli, C. 1592 Cota, C. 2006 Paroli, C. 2035 Sbai, C. 2431 Di Biagio, C. 2670 Sarubbi, C. 2684 Mantini, C. 2904 Sbai e C. 2910 Garagnani.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato da ultimo, nella seduta del 22 giugno 2010.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che nella seduta di ieri si era convenuto che entro oggi i gruppi avrebbero fatto sapere alla presidenza quali sono gli elementi conoscitivi che intendono chiedere al ministro dell'interno. Al fine della predisposizione di un quadro competo di tali elementi da inoltrare al ministro stesso, sollecita i gruppi a comunicare quanto prima i quesiti che intendono porre al Governo.

Roberto ZACCARIA (PD) propone che sia la relatrice a predisporre un elenco di questioni, da integrare o modificare successivamente sulla base delle indicazioni dei gruppi.

Donato BRUNO, presidente, ritiene che si possa procedere nel modo proposto dal deputato Zaccaria, a condizione che non si perda tempo, in modo che la Commissione sia pronta a riferire all'Assemblea nel caso in cui la conferenza dei presidenti dei gruppi che si riunirà il 1o luglio decidesse di iscrivere il provvedimento nel calendario

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dei lavori dell'Aula già per il mese di luglio.

Roberto ZACCARIA (PD) ritiene che, al di là del completamento dell'istruttoria in Commissione, occorra affrontare un problema di fondo: nella seduta di ieri il deputato Luciano Dussin, che è espressione di una componente della maggioranza, ha espresso posizioni molto nette, alla luce delle quali è legittimo domandarsi se ci siano le condizioni per portare avanti il provvedimento. A suo avviso sarebbe auspicabile un chiarimento al riguardo.

Raffaele VOLPI (LNP) ricorda che la posizione del suo gruppo in materia di cittadinanza è stata espressa con chiarezza fin dall'inizio del dibattito, che questa posizione è unanime all'interno del gruppo e non è mai stata modificata: sulla base di tale posizione il suo gruppo appoggia il testo formulato dalla relatrice e portato all'attenzione dell'Assemblea prima del rinvio in Commissione. Non è pertanto corretto, a suo avviso, sostenere che la Lega Nord Padania costituisce un ostacolo al prosieguo dell'esame.

Mario TASSONE (UdC), espresso apprezzamento per il difficile lavoro svolto dalla relatrice su una materia complessa come quella della cittadinanza, si dice convinto che alla soluzione dei problemi emersi nel dibattito contribuirebbe un intervento del ministro dell'interno. A suo avviso, è indispensabile capire se c'è lo spazio per riprendere un tentativo di accordo su alcuni temi; diversamente, è preferibile desistere. L'intervento del ministro dell'interno è opportuno affinché questo fornisca non tanto un contributo tecnico, quanto un contributo politico ai lavori della Commissione, chiarendo l'orientamento del Governo sulla materia.

Isabella BERTOLINI (PdL), relatore, ricorda che nel mese di dicembre scorso aveva elaborato un testo su cui è stato conferito al relatore il mandato a riferire in Assemblea. Successivamente si è deciso di svolgere ulteriori approfondimenti, ma trova singolare che da parte dei gruppi di opposizione vi sia una insistenza per accelerare i lavori su questo provvedimento sempre poco prima delle sospensioni dei lavori dell'Assemblea, per la pausa natalizia o per quella estiva.
Non vorrebbe che una materia così delicata e rilevante fosse utilizzata come strumento politico di dibattito, soprattutto con dichiarazioni sugli organi di stampa, nei momenti in cui non vi sono altri temi di rilievo in discussione. Ritiene che in questa fase i cittadini italiani abbiano altre emergenze, pur essendo indubbia l'importanza dell'argomento in discussione.
Rileva come il tema dell'attribuzione della cittadinanza ai minori stia a cuore ai gruppi dell'opposizione così come a parte della maggioranza. Fa osservare come nel corso delle audizioni svolte sul tema dei minori siano stati sollevati degli appelli a prendere in considerazione tale argomento ma non siano stati chiariti i profili su cui vi erano esigenze di approfondimento emerse nel corso dell'iter parlamentare.
Ritiene quindi che l'acquisizione di dati da parte del Ministro dell'interno, anche attraverso lo svolgimento di una audizione da programmare in Commissione, potrebbe essere di grande utilità così da poter poi pervenire all'esame del testo unificato.
Chiede tuttavia ai gruppi se effettivamente ritengono così urgente, da un punto di vista politico, accelerare i lavori della Commissione, considerato che un lavoro frettoloso ed a cui si sovrapporrà anche l'esame parlamentare della manovra economica, attualmente all'esame del Senato, potrebbe risultare più complesso e meno soddisfacente.

Giuseppe CALDERISI (PdL) ricorda che il regolamento riserva ai gruppi di opposizione una quota dei provvedimenti da iscrivere nel calendario dei lavori dell'Assemblea, ma non assicura che in Assemblea i provvedimenti giungano nel testo voluto dai gruppi di opposizione. Ricorda altresì che il suo gruppo è favorevole ad una riforma della legge sulla

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cittadinanza nei termini del testo portato dalla Commissione all'esame dell'Assemblea a dicembre. Non c'è dubbio che su alcuni punti sia utile un approfondimento e che l'acquisizione di ulteriori elementi di conoscenza potrebbe aiutare a comprendere appieno il fenomeno. La cosa migliore, a questo punto, è predisporre il questionario per il ministro dell'interno ed acquisire da quest'ultimo le informazioni ulteriori che si riterrà di chiedere. Ciascun gruppo valuterà poi, secondo i propri orientamenti, se sia il caso di rimettere mano al testo portato all'esame dell'Assemblea a dicembre.

Roberto ZACCARIA (PD) precisa come non sia da considerarsi negativo il fatto che un gruppo della maggioranza abbia espresso un orientamento differente, visto che la posizione effettiva di un gruppo si misura al momento della votazione.
Per quanto riguarda il rischio di un'accelerazione prima delle pause dei lavori dell'Assemblea, paventato dalla relatrice, ricorda come la Commissione sia stata effettivamente impegnata in questi mesi su due disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica che hanno fatto sì che solo oggi si riprendesse la discussione sulle proposte di legge in esame. Ritiene tuttavia che la questione non sia questa, riguardando piuttosto l'esigenza di acquisire entro tempi ragionevoli i dati da parte del Ministero dell'interno e di potere affrontare con serietà l'argomento.
Ricorda inoltre che il testo unificato è stato rinviato in Commissione anche perché, per il suo gruppo, la proposta non rappresentava un significativo passo in avanti. In questa fase, tuttavia, si era fatto l'idea di poter trovare forme di intesa affrontando l'argomento in un ambito più limitato, circoscrivendo l'intervento normativo alla questione dell'attribuzione della cittadinanza ai minori, come d'altronde prospettato anche dalla VII Commissione Cultura nel parere reso sul testo unificato nel mese di dicembre scorso.
L'auspicio è quindi quello di vedere se, anziché prevedere una riforma organica della legge n. 91 del 1992, si potrà trovare un terreno di incontro su un tema di rilievo qual è quello che riguarda i minori. Dal dibattito di ieri in Commissione aveva avuto tuttavia l'impressione che da parte di un gruppo della maggioranza vi fosse stato un «freno» in questo senso.

Pierguido VANALLI (LNP) ricorda che non è stato il suo gruppo a chiedere il rinvio del provvedimento in Commissione. Il suo gruppo ha aderito alla proposta di rinvio in quanto ritiene che ogni approfondimento utile a migliorare un provvedimento su una materia così delicata debba essere perseguito. Non è però il suo gruppo ad ostacolare l'iter del provvedimento. Il suo gruppo è anzi pronto a ritornare in qualsiasi momento in Assemblea con il testo già approvato dalla Commissione a dicembre. Auspica quindi che i lavori della Commissione, che da dicembre ad oggi sono andati a rilento, procedano in futuro più speditamente e soprattutto che vi partecipino anche quei deputati della maggioranza, anche componenti della Commissione, che sulla materia sono soliti pronunciarsi sui giornali anziché nelle aule parlamentari. Invita infine l'opposizione a non approfittare di un ritardo nei lavori dovuto a circostanze varie per dichiarare in pubblico che la maggioranza non intende fare nulla in materia di cittadinanza.

Andrea SARUBBI (PD) richiama l'intervento svolto dal presidente del gruppo PDL, Fabrizio Cicchitto, nella seduta dell'Assemblea del 22 dicembre scorso, in cui ha affermato che «sulla questione dei bambini faremo una riflessione che avremmo potuto fare se ci aveste consentito di approfondire il ragionamento in Commissione». Ricorda che, in tale ambito, su trentasette interventi ventotto - di deputati appartenenti a vari schieramenti politici - si sono espressi in favore della cittadinanza ai minori.
Ritiene quindi che non si possa dire che la questione riguarda solo un'ala politica del Popolo delle libertà poiché il problema reale consiste nel fatto che il

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PDL ancora non ha una propria posizione sulla questione. Il timore è che il Ministro dell'interno, quando interverrà in Commissione, verrà a dire quale sarà la linea della maggioranza. Rileva pertanto come, finché non vi sarà un chiarimento politico vero nel PDL, sul tema dei minori si continuerà a fare un lavoro inconcludente, definibile come «aria fritta».
Auspica quindi che sia possibile trovare un accordo in Commissione, rimettendo poi all'Assemblea - in cui vi saranno anche molte votazioni segrete - le decisioni finali. Chiede pertanto al relatore di fare il massimo lavoro di sintesi fissando un termine, un orizzonte per il lavoro della Commissione sulle proposte di legge in esame.

Isabella BERTOLINI (PdL), relatore, ritiene ingenerosa l'accusa rivolta dal deputato Sarubbi alla relatrice ed alla maggioranza di aver portato all'esame dell'Assemblea un provvedimento privo di sostanza, «aria fritta». Ricorda che il suo gruppo ha assunto una posizione chiara in materia di cittadinanza già prima che il provvedimento andasse all'esame dell'Assemblea: questa posizione era quella definita nel testo proposto dalla relatrice ed approvato dalla maggioranza come testo da portare all'Assemblea. Non è in alcun modo corretto sostenere che il suo gruppo non avrebbe una posizione propria e avrebbe portato in Assemblea un testo definito alle condizioni poste dall'alleato di maggioranza. C'è stato un dibattito, è emersa una divergenza di opinioni e le posizioni, da dicembre ad oggi, non sono cambiate. Dopodiché il suo gruppo è disponibile ad un ulteriore riflessione e ad un supplemento di istruttoria, ma possibilmente evitando sterili accuse reciproche che non aiutano il confronto.

Donato BRUNO, presidente, avverte che il gruppo dell'Unione di centro ha comunicato alla presidenza un elenco di quesiti da sottoporre al Ministero dell'interno. Invita gli altri gruppi a far pervenire i propri. Quindi, nessun altro chiedendo di intervenire, invia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifica all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab.
C. 627 Binetti, C. 2422 Sbai, C. 2769 Cota, C. 3018 Mantini, C. 3020 Amici, C. 3183 Lanzillotta, C. 3205 Vassallo e C. 3368 Vaccaro.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato da ultimo, nella seduta del 22 giugno 2010.

Donato BRUNO, presidente, avverte che, essendovi deputati iscritti a parlare che hanno comunicato di non poter intervenire nella seduta di oggi e non essendo il provvedimento iscritto nel programma dei lavori dell'Assemblea, la discussione di carattere generale proseguirà ancora la prossima settimana.

Michele BORDO (PD) dichiara di nutrire forti perplessità, di natura giuridica e politica, sull'orientamento manifestato dalla Commissione e dal suo stesso gruppo in ordine al provvedimento in esame e che tali perplessità lo hanno portato a sottoscrivere, assieme ad altri, la proposta di legge Vassallo n. 3205, la quale prevede che l'uso di indumenti che coprono il volto per ragioni di natura religiosa o etnico-culturale costituisca giustificato motivo ai fini dell'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, fermo restando che, ove richiesto da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio per motivate e specifiche esigenze di pubblica sicurezza, la persona che indossa il velo integrale ha l'obbligo di scoprirsi per lasciarsi identificare. La proposta di legge Vassallo è tra l'altro conforme alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, che, con la pronuncia della VI Sezione n. 3076 del 19 giugno 2008, ha chiarito che all'utilizzo del burqa non può applicarsi il divieto di cui all'articolo 5 della legge n. 152 del 1975 in quanto tale utilizzo non è diretto

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ad evitare il riconoscimento ma è motivato da ragioni religiose e costituisce quindi, in definitiva, giustificato motivo.
A suo avviso, la proposta di legge Vassallo, in linea con la giurisprudenza citata, opera un equo bilanciamento tra il diritto della persona a decidere quali parti di sé mostrare e quali coprire e l'interesse della collettività a proteggersi da potenziali terroristi. Nel dibattito in Commissione si è infatti perso di vista che il velo può essere utilizzato dalla donna musulmana anche liberamente, ossia non per un'imposizione o una violenza di padri o mariti, ma per una scelta consapevole motivata dall'adesione a una tradizione religiosa, sia essa giusta o sbagliata, condivisibile o meno, secondo i parametri della cultura occidentale.
Vietare l'uso del velo in nome della tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza dal rischio del terrorismo, ossia dei beni per la cui tutela fu adottata la legge Reale, è d'altra parte incongruo. Allo stato, non ci sono infatti ragioni per temere che dietro a un velo integrale si nasconda un terrorista, sia perché non ci sono stati in Italia attentati ad opera di donne velate, sia perché in Italia il velo integrale è utilizzato da un numero di donne così esiguo che queste attirano inevitabilmente l'attenzione, anche delle forze dell'ordine, il che è esattamente quel che un terrorista cerca di evitare. A fronte di questa inesistente minaccia per l'ordine pubblico e la sicurezza da parte delle donne velate, esiste invece una tutela costituzionale non solo del diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, di farne propaganda e di esercitarne il culto, ma anche della libertà personale, che è definita inviolabile dalla Costituzione. Un divieto dell'uso del velo integrale in nome di un'esigenza come quella della sicurezza contro il terrorismo rischia di essere incostituzionale sia perché viola la libertà personale, sia perché discrimina in base alla religione, costringendo persone che vorrebbero seguire le proprie convinzioni religiose a tenere comportamenti non voluti e questo in nome di un interesse pubblico che, per le ragioni anzidette, non appare ragionevolmente perseguito attraverso quel divieto.
Non si vuole con questo negare che l'uso del velo possa essere dovuto in molti casi non ad una scelta libera e consapevole della donna musulmana, ma ad un'imposizione dei mariti e dei padri o in generale a un condizionamento della società di provenienza, ma non è attraverso il divieto che si può sperare di proteggere dalla violenza dei congiunti le donne che subiscono il velo come un'imposizione o di emancipare le donne che lo scelgono perché condizionate da una cultura che reprime e mortifica la donna. Per difendere le donne dalla prepotenza dei congiunti l'ordinamento appresta già dei rimedi: la violenza privata, la violazione della libertà personale sono infatti reati, e quindi perseguiti e repressi dall'autorità pubblica. Per diffondere invece l'idea che il velo è una mortificazione della persona occorre spiegare, parlare, non vietare. Il divieto del velo rischia di essere colto come un atto ideologico di imposizione dei valori occidentali e di esasperare quindi l'integralismo, trasformando il velo stesso in un simbolo di appartenenza; rischia di acuire le tensioni con la comunità islamica e di accentuare la segregazione delle donne che subiscono il velo come violenza, le quali verrebbero probabilmente relegate in casa piuttosto che lasciate uscire in pubblico a volto scoperto. Tutto questo non solo non può giovare alla pacifica convivenza di culture diverse, ma non serve allo scopo della legge n. 152 del 1975: per identificare una persona con il velo è infatti sufficiente, come prevede la proposta di legge Vassallo, stabilire l'obbligo per la persona velata di scoprire il volto, a richiesta delle autorità di pubblica sicurezza, per il tempo necessario all'identificazione.

Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI) richiama la sua proposta di legge n. 3183, che estende agli indumenti religiosi l'applicabilità del divieto di cui all'articolo 5 della legge n. 152 del 1975. Il divieto ha come finalità immediata quella di consentire

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l'identificabilità della persona, ma, al di là di questo, tende ad un obiettivo più complesso. Sta infatti prendendo piede in Europa, all'interno dell'acceso dibattito in corso sulle forme della convivenza tra le culture, la convinzione che il modello generico del multiculturalismo inteso come giustapposizione di fedi e culture differenti non sia più soddisfacente e debba essere superato da un nuovo modello di integrazione caratterizzato dalla fusione delle etnie, almeno al livello dei valori fondamentali della cultura occidentale. In altre parole, chi vuole integrarsi in Europa deve accettare i principi e i valori fondamentali della cultura europea. La libertà di religione è certamente un valore nella cultura europea, ma lo sono anche la dignità della persona e l'eguaglianza tra donne e uomini. Il velo integrale è una pratica che per l'appunto lede la dignità della persona ed esprime un'idea di differente dignità e stato tra uomo e donna. Non si tratta peraltro di un precetto religioso, atteso che lo stesso mondo musulmano afferma che l'uso del burqa e delle sue varianti non costituisce un precetto dell'Islam, ma piuttosto una pratica retriva tipica del fondamentalismo islamico e dei Paesi retti da regimi fondamentalisti, come l'Afghanistan dove sono stati i talebani, una volta saliti al potere, ad imporlo a donne e bambine, sulla base di una cultura deteriore che le autorità pubbliche ed il legislatore hanno a suo avviso il dovere di contrastare. Non è infatti possibile accettare tutto in nome del rispetto dell'altro: non è possibile accettare l'imposizione del velo come non era possibile tollerare il delitto d'onore. In definitiva, il provvedimento in esame vuole parlare alle donne musulmane invitandole a riconoscersi nei valori di libertà, dignità della persona ed uguaglianza di uomini e donne propri della cultura occidentale e tentare di dare loro il coraggio di opporsi ad ogni forma di mortificazione e di segregazione. In poche parole, un Paese come l'Italia non può nascondersi dietro la libertà di scelta per difendere la negazione della libertà.

Pierluigi MANTINI (UdC) non concorda con l'intervento testé svolto dal collega Bordo, caratterizzato da una concezione antiliberale ed antidemocratica. Trova molto grave tale posizione: ci si trova di fronte ad un dibattito che ha assunto un valore simbolico nelle società multietniche e anche su altri temi, come le pratiche di infibulazione, vi furono colleghe del Partito democratico che ritenevano tali pratiche riferite a modelli culturali radicati.
Rispetto a tali posizioni, intende ricordare che la donna sotto il burqa o il niqab è una donna gravemente offesa, ridotta in schiavitù. Occorre comprendere le cause che possono portare una persona ad accettare più o meno volontariamente una tale prigione. In ogni modo, non si può non vedere come il burqa o il niqab siano una forma di negazione della dignità della persona sulla base di una concezione in base alla quale la donna è vergogna. Rileva invece che la donna è madre e sposa e quindi tale impostazione paternalista, maschilista e schiavista va contrastata.
Sottolinea pertanto come sia necessario, quanto prima, un impegno serio da parte di tutti. Ritiene che chi è a favore del burqa e del niqab è contro i diritti della persona ed i valori liberali, ponendosi in sintonia con i fondamentalisti talebani che impongono tali indumenti. Ci si trova di fronte ad una errata concezione che si fonda sul relativismo dei diritti in favore di una malcelata libertà che, senza regole né principi, potrebbe portare ovunque.
Rileva come la propria proposta di legge parta da un assunto preciso, che è divenuto ancora più chiaro dopo l'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione. Evidenzia infatti che la maggior parte dei soggetti auditi ha evidenziato come il burqa e il niqab non costituiscono simboli religiosi. Pertanto, se la qualifica religiosa non può attribuirsi in maniera inequivoca a tali indumenti, allora il bilanciamento tra diritto alla dignità della persona e diritto a manifestare liberamente le proprie convinzioni religiose viene a cadere. Ci si trova quindi solo di fronte ad una

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pratica barbara dei talebani e degli estremisti, che non costituisce un precetto della religione musulmana.
Invita quindi i colleghi a svolgere un'ulteriore riflessione su questo aspetto che fa sì che venga a mancare il principale presupposto del ragionamento da loro svolto sul bilanciamento tra principi costituzionali. Il rischio è inoltre quello di un fiancheggiamento di una pratica barbara imposta in Paesi in cui i nostri soldati danno la vita per contrastare proprio tali imposizioni.

Luciano DUSSIN (LNP) si associa a quanto testé evidenziato dal collega Mantini.

Roberto ZACCARIA (PD), ricorda che in tutta Europa è in corso un dibattito di grande intensità sulle questioni della convivenza. Non c'è quindi da meravigliarsi che all'interno dello stesso gruppo possano sussistere orientamenti diversi. È d'altra parte necessario evitare le crociate e cercare di capirsi. Le proposte di legge in esame hanno punti comuni, che è possibile enucleare. Nel merito: il burqa ha carattere religioso? Non è possibile stabilirlo sulla base delle audizioni. Certamente ha carattere religioso secondo la giurisprudenza. La giurisprudenza ha affermato che il velo indossato per motivi religiosi costituisce giustificato motivo per l'esenzione dal divieto di cui alla legge Reale e sarebbe giustificato motivo anche se l'uso del velo non fosse in effetti un precetto della religione musulmana: lo è se la persona che lo indossa è convinta di seguire un precetto religioso. La proposta di legge Amici, di cui è cofirmatario, intende per l'appunto superare questa interpretazione giurisprudenziale attraverso una formulazione normativa che, evitando il riferimento a indumenti specifici a carattere religioso o presuntamente tale, non rischia di incorrere in censure di incostituzionalità per discriminazione religiosa né di essere incompleta per aver omesso di menzionare un qualche altro tipo di indumento che copra il volto. La proposta di legge Vassallo invece registra la situazione attuale: la legge come interpretata dalla giurisprudenza, ed è pertanto superflua.

Souad SBAI (PdL), relatore, prospetta l'opportunità di acquisire, sulle proposte di legge in esame, l'orientamento della Consulta per l'Islam istituita presso il Ministero dell'interno. La Consulta, infatti, è un organismo consultivo composto da studiosi, esperti ed intellettuali che possono fornire un utile contributo ai lavori della Commissione.

Roberto ZACCARIA, presidente, fa presente che il termine per lo svolgimento dell'indagine conoscitiva deliberata dalla Commissione nell'ambito delle proposte di legge in esame è ormai scaduto. In ogni modo, nell'ambito dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, si potrà valutare l'opportunità di richiedere la trasmissione di ulteriore documentazione o la programmazione di audizioni.

Pierluigi MANTINI (UdC) ritiene opportuno svolgere, nei tempi e nei modi che saranno possibili, ulteriori approfondimenti istruttori anche su dati e documenti che saranno eventualmente trasmessi.

Michele BORDO (PD), intervenendo per fatto personale, non ritiene accettabile l'interpretazione data dal collega Mantini al proprio intervento.
Rileva come già oggi, in base all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, dovrebbe essere vietato indossare indumenti quali il burqa e il niqab. L'interpretazione della giurisprudenza non lo ha tuttavia ritenuto applicabile, affermando che tali indumenti investono aspetti religiosi. Non può pertanto essere la Commissione a stabilire cosa sia o cosa non sia precetto di una religione.

Roberto ZACCARIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.50.

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 23 giugno 2010. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 15.50.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Belarus sulla cooperazione e la mutua assistenza amministrativa in materia doganale, con allegato, fatto a Minsk il 18 aprile 2003.
C. 3498 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Alessandro NACCARATO (PD), relatore, illustra il disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Belarus sulla cooperazione e la mutua assistenza amministrativa in materia doganale, fatto a Minsk il 18 aprile 2003.
Considerato che il provvedimento interviene in una materia, quella della «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», che l'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e che, in generale, non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Modifiche all'articolo 1 della legge 24 dicembre 1993, n. 560, in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
C. 1074 Velo.
(Parere alla VIII Commissione).
(Seguito esame e conclusione - Parere favorevole con condizione).

Il Comitato prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 26 maggio 2010.

Alessandro NACCARATO (PD), relatore, nel richiamare quanto evidenziato nella relazione illustrativa svolta nella precedente seduta, formula una proposta di parere favorevole con condizione (vedi allegato 2).
Nella proposta di parere si ricorda che, secondo la giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 94 del 2007 e n. 121 del 2010), l'edilizia residenziale pubblica possiede «caratteri di trasversalità» e non risulta pertanto interamente classificabile all'interno di una denominazione contenuta nell'articolo 117 della Costituzione.
In particolare, rileva che la materia dell'edilizia residenziale pubblica si estende su tre livelli normativi e che la disciplina dell'alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica appare riferibile al terzo livello normativo, ascrivibile alla competenza residuale delle regioni, che riguarda la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale.
Nella proposta di parere si ricorda, quindi, che è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di disposizioni che incidevano, tra l'altro, sulla determinazione del prezzo di vendita degli immobili e sul diritto di opzione all'acquisto (sentenze della Corte Costituzionale n. 94 del 2007 e n. 121 del 2010); la Corte Costituzionale ha inoltre rilevato che il riconoscimento di facoltà direttamente in capo agli enti proprietari degli immobili di edilizia residenziale pubblica costituisce una lesione delle competenze regionali in quanto consente ai predetti enti di scavalcare le possibili scelte gestionali delle regioni (sentenza della Corte Costituzionale n. 94 del 2007).
Va pertanto a suo avviso evidenziata, nella proposta di parere, la necessità di valutare le disposizioni dell'articolo 1,

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comma 1, lettere b) e c) e comma 2 del testo in esame alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia.
Di conseguenza, propone di formulare una condizione nel parere da esprimere alla Commissione di merito in cui si evidenzia la necessità di riformulare il testo in esame rimettendo alle regioni la potestà di disciplinare le procedure ivi previste, considerato che la disciplina dell'alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica è ascrivibile alla competenza residuale delle regioni, come confermato anche dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale sulla materia.

Pierguido VANALLI (LNP) condivide la proposta di parere formulata dal relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Disposizioni sulle associazioni di tutela delle persone disabili.
Testo base C. 1732 Porcu ed abb.
(Parere alla XII Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazioni).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Beatrice LORENZIN (PdL), relatore, illustra brevemente il provvedimento in esame, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito.
In proposito osserva che esso reca disposizioni riconducibili, nel complesso, alle materie «ordinamento civile» e «previdenza sociale» che le lettere l) ed o) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuiscono alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Si sofferma quindi sul comma 1 dell'articolo 1, che prevede che le attività di informazione, assistenza e tutela attribuite alle associazioni di tutela dei disabili concernano esclusivamente la specifica categoria di competenza.
Rileva, peraltro, che il comma 3 dell'articolo 1 rimette ad un decreto ministeriale la definizione di procedure e modalità di verifica e controllo per assicurare che le attività degli istituti di patronato, riguardino unicamente il conseguimento di prestazioni o diritti relativi al riconoscimento dell'invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità.
Evidenzia quindi che il comma 3, che determina il contenuto di un decreto ministeriale di verifica e controllo, sembra avere una portata in parte differente rispetto al comma 1, delimitando l'attività di assistenza e tutela non solo alla categoria di competenza di ciascuna associazione ma anche al conseguimento di prestazioni e diritti connessi alla disabilità.
Segnala pertanto l'opportunità di un coordinamento tra quanto previsto al comma 1 rispetto alla previsione del comma 3 dell'articolo 1.
Rileva, infine, l'opportunità di specificare la natura regolamentare del decreto previsto dal comma 2 dell'articolo 1, per la definizione delle garanzie finanziarie patrimoniali e tecniche dirette a dimostrare l'adeguatezza patrimoniale dei costituendi istituti di patronato e le procedure e le modalità di verifica e controllo dell'attività degli istituti medesimi.
Formula, quindi, una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 3).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 16.