CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 3 giugno 2010
331.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
COMUNICATO
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AUDIZIONI

Giovedì 3 giugno 2010. - Presidenza del vicepresidente Roberto TORTOLI.

La seduta comincia alle 14.15.

Audizione di rappresentanti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 3496 di conversione del decreto-legge n. 72 del 2010, recante misure urgenti per il differimento di termini in materia ambientale e di autotrasporto, nonché per l'assegnazione di quote di emissione di CO2.
(Svolgimento, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, e conclusione).

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Roberto TORTOLI, presidente, propone che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso.
Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.
Introduce quindi l'audizione.

Il dottor Antonio Pilati, commissario dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

Intervengono per formulare quesiti ed osservazioni i deputati Elisabetta ZAMPARUTTI (PD), Ermete REALACCI (PD), Sergio Michele PIFFARI (IdV) e Alessio BONCIANI (PdL).

Il dottor Antonio Pilati, commissario dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, fornisce ulteriori precisazioni.

Roberto TORTOLI, presidente, ringrazia gli intervenuti e dichiara conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14.40.

N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

SEDE REFERENTE

Giovedì 3 giugno 2010. - Presidenza del vicepresidente Roberto TORTOLI, indi del presidente Angelo ALESSANDRI. - Interviene il sottosegretario di Stato per le infrastrutture ed i trasporti, Mario Mantovani

La seduta comincia alle 14.40.

Decreto-legge 62/2010: Temporanea sospensione di talune demolizioni disposte dall'autorità giudiziaria in Campania.
C. 3514 Governo, approvato dal Senato.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giuseppe SCALERA (PdL) relatore, ricorda che è stato assegnato alla Commissione, in sede referente, il disegno di legge recante la conversione in legge del decreto legge 28 aprile 2010, n. 62 in materia di temporanea sospensione di talune demolizioni disposte dall'autorità giudiziaria in Campania.
Rileva che il decreto legge - che è stato approvato in prima lettura dal Senato con modificazioni - trova il suo fondamento costituzionale nella necessità e urgenza di sospendere le attività di demolizione, disposte dall'autorità giudiziaria, relativamente a fabbricati destinati a civile abitazione nella regione Campania realizzati in violazione della normativa urbanistica. Si tratta, secondo quanto rilevato nella relazione illustrativa al testo originario del disegno di legge, di circa seicento casi che coinvolgono altrettante famiglie. La sospensione è ritenuta necessaria dal Governo in dipendenza sia della gravissima situazione abitativa, che risulterebbe ulteriormente compromessa dall'esecuzione degli ordini di demolizione, sia degli effetti dell'applicazione delle sentenze della Corte Costituzionale n. 199 del 28 giugno 2004 e n. 49 del 6 febbraio 2006, che sono intervenute in vario modo sulla questione della sanatoria di abusi edilizi in Campania.
Quanto alle richiamate pronunce della Corte costituzionale, ricorda che nella regione Campania la normativa sul cd. «terzo condono edilizio», introdotta dal decreto legge n.269 del 2003, è risultata di difficile individuazione per una serie articolata di vicende. In primo luogo, nelle more dell'approvazione della legge regionale, prevista dal comma 26 dell'articolo 32 del citato decreto legge, la Giunta regionale aveva emanato la deliberazione della n. 2827 del 30 settembre 2003 recante l'integrazione alle linee guida per la Pianificazione Territoriale in Campania di cui alla precedente delibera n. 4459 del 30 settembre 2002, con la quale la regione poneva un divieto di sanatoria degli abusi

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edilizi. A seguito del ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri per conflitto di attribuzioni, la Corte costituzionale, con sentenza n. 199 del 2004, aveva annullato la citata deliberazione, in considerazione del fatto che non spettava alla Regione Campania adottare un atto con il quale si negava efficacia, all'interno del proprio territorio, ad un atto legislativo dello Stato.
In secondo luogo, in conseguenza della sentenza della Corte costituzionale n. 199, la regione Campania aveva approvato la legge regionale 18 novembre 2004, n. 103 sul condono edilizio, ma fuori dai termini previsti dall'articolo 5 del decreto legge 168/2004 (entro l'11 novembre 2004). Contro tale legge regionale lo Stato aveva quindi promosso un ricorso dinanzi alla Corte costituzionale conclusosi con la sentenza n. 49 del 2006, in base alla quale la mancata emanazione della legge regionale entro il termine previsto era da ritenere una violazione del principio di leale collaborazione. La Corte aveva, tuttavia, ribadito il riconoscimento alle Regioni del potere di modulare l'ampiezza del condono edilizio in relazione alla quantità e alla tipologia degli abusi sanabili, ferma restando la spettanza al legislatore statale della potestà di individuare la portata massima del condono edilizio straordinario, attraverso la definizione sia delle opere abusive non suscettibili di sanatoria, sia del limite temporale massimo di realizzazione delle opere condonabili, sia delle volumetrie massime sanabili. Inoltre, in considerazione della evidente interdipendenza fra la legislazione esclusiva statale sul condono edilizio per quanto riguarda le conseguenze penali e quella regionale sul condono edilizio per ciò che riguarda il versante amministrativo, la Corte aveva affermato che l'adozione della legislazione da parte delle Regioni era non solo opportuna, ma doverosa e da esercitare entro il termine determinato dal legislatore nazionale; nell'ipotesi limite che una Regione o Provincia autonoma non avesse esercitato il proprio potere legislativo in materia nel termine massimo prescritto, a prescindere dalla considerazione se ciò costituisse un'ipotesi di grave violazione della leale cooperazione che deve caratterizzare i rapporti fra Regioni e Stato, la Corte aveva ritenuto che non poteva che trovare applicazione la disciplina dell'articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003.
Rileva, quindi, che il decreto legge in esame va quindi letto alla luce della articolata vicenda del condono edilizio in Campania sopra riportata. L'articolo 1 indica, infatti, quali finalità del provvedimento, da un lato, la necessità di fronteggiare la grave situazione abitativa nella regione Campania e, dall'altro, quello di effettuare una ricognizione dei vincoli di tutela paesaggistica, «anche in dipendenza delle problematiche determinatesi dopo gli interventi della Corte costituzionale successivi al 2003». Nel corso dell'esame al Senato, è stato poi inserito che la ricognizione delle necessità determinanti vincoli di tutela paesaggistica dovrà essere attuata in sede di redazione del piano paesaggistico di cui all'articolo 143 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
Ricorda, quindi, che a tal fine l'articolo 1, al comma 1, sospende temporaneamente - sino al 30 giugno 2011 - le demolizioni di immobili siti nella regione Campania che: riguardino immobili destinati a prima abitazione e occupati da soggetti sforniti di altra abitazione; siano state disposte a seguito di sentenza penale; siano correlate ad abusi realizzati entro il 31 marzo 2003.
Fa notare, in merito alla prima delle condizioni (immobili destinati a prima abitazione), che l'espressione «prima abitazione» si discosta dalle espressioni generalmente utilizzate quali «prima casa» o «abitazione principale» per indicare la dimora abituale, come sembrerebbe in considerazione del requisito ulteriormente richiesto e cioè che si tratti di immobili occupati da soggetti sforniti di altra abitazione. Aggiunge, poi, relativamente a quest'ultimo requisito, che il riferimento alla mancanza di un'altra abitazione non chiarisce, in primo luogo, se si intenda far riferimento solo alla titolarità di diritti reali o anche alla titolarità di diritti di

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natura contrattuale su altri immobili ad uso abitativo, in secondo luogo, se assuma rilievo l'ubicazione degli eventuali altri immobili, ad esempio all'estero o al di fuori del comune considerato.
In relazione alla seconda condizione, il comma 1 prevede che gli ordini di demolizioni devono essere stati disposti a seguito di sentenza penale: a tale proposito ricordo che con la sentenza di condanna per il reato di abuso edilizio, a norma dell'articolo 44 del testo unico dell'edilizia, è ordinata la demolizione delle opere illecitamente realizzate, salvo che la stessa, spontaneamente o coattivamente, sia stata già eseguita. Si tratta di una sanzione amministrativa sottratta alla regola del giudicato, sicché ne è sempre possibile la revoca ovvero la sospensione.
La terza condizione del comma 1, ossia la sussistenza di un abuso edilizio eseguito entro il 31 marzo 2003, fa riferimento al termine previsto dal condono edilizio di cui l'articolo 32, comma 25, del decreto legge 269/2003 che dispone l'ammissibilità del condono per le opere comunque realizzate entro la data del 31 marzo 2003 e per le quali gli interessati abbiano presentato domanda di definizione dell'illecito edilizio tra l'11 novembre e il 10 dicembre 2004.
L'articolo 1, al comma 2, dispone che la sospensione dell'ordine di demolizione non opera qualora l'ufficio tecnico del comune competente o l'ufficio regionale della protezione civile riscontrino pericoli per l'incolumità privata o pubblica o sia stata accertata la violazione di vincoli paesaggistici. Nel corso dell'esame al Senato, il testo del comma 2 è stato modificato prevedendo altresì che, nel caso in cui sia accertata la violazione di vincoli paesaggistici, la demolizione avverrà dopo il 31 dicembre 2010 se la violazione del vincolo risulti dal piano paesaggistico, adottato entro il predetto termine, ovvero in caso di mancata adozione del medesimo piano entro il medesimo termine: ovviamente anche per tale parte si fa riferimento alle demolizioni disposte a seguito di sentenza penale relativamente ad immobili destinati esclusivamente a prima abitazione, purché riguardanti immobili occupati stabilmente da soggetto sforniti di altra abitazione e concernenti abusi realizzati entro il 31 marzo 2003, secondo quanto richiesto dal comma 1.
Su tali modifiche, nel corso del dibattito al Senato, il Governo ha chiarito che tali modifiche siano utili per dare la possibilità di definire i piani paesaggistici da cui discende l'obbligo di stendere i piani di governo del territorio, ritenuti il problema della Campania. In tale ambito, il Governo ha inoltre precisato che ci sono zone che potrebbero essere escluse dal vincolo di inedificabilità assoluta e per le quali, attraverso i piani particolareggiati, esistono «possibilità che non si possono negare ai cittadini campani».
Ciò premesso, riservandosi comunque di tenere nella dovuta considerazione le osservazioni che dovessero emergere dal dibattito, esprime un orientamento favorevole sul decreto legge in esame che reca una proroga breve delle demolizioni, per il tempo strettamente necessario a che gli enti territoriali abbiano la possibilità di esercitare le loro competenze.

Ermete REALACCI (PD) ritiene necessario chiarire che la vicenda in esame trae origine dal fatto che la regione Campania ha emanato le norme sul condono edilizio fuori dai termini previsti dalla legge statale; ciò, però, non può far dimenticare che il fenomeno dell'abusivismo in Campania riveste dimensioni drammatiche e che ultimamente si sono verificati tre decessi nell'isola di Ischia propria a causa degli illeciti edilizi commessi. Ritiene, pertanto, necessario acquisire una relazione dettagliata dal Governo in ordine all'entità delle case che sarebbero interessate dal provvedimento, ritenendo che il dato fornito di seicento unità abitative sia difficilmente corrispondente alla realtà della situazione campana. Rileva, inoltre, che proprio per evitare provvedimenti che sembrano legittimare comportamenti illeciti legati all'abuso edilizio, sarebbe opportuno ben definire i limiti dell'intervento, semmai, prevedendo l'acquisizione da parte dello Stato delle unità abitative in

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questione che potrebbero poi essere riassegnate ai quei soggetti che si trovano in una situazione di emergenza abitativa.

Sergio Michele PIFFARI (IdV) rileva in primo luogo che, nonostante le declamate intenzioni federaliste della maggioranza, il Governo ha emanato un provvedimento ad hoc per la Campania; per queste ragioni il gruppo dell'Italia dei Valori ha presentato una pregiudiziale di costituzionalità sul decreto-legge in esame. Concorda con quanto rilevato dal deputato Realacci in ordine alla necessità di disporre di un censimento delle unità abitative interessate dal provvedimento. Ritiene, inoltre, necessario distinguere tra fenomeni di abusivismo che interessano il singolo cittadino in condizioni di disagio socioeconomico e lottizzazioni legate semmai alla criminalità organizzata. In tal caso sottolinea come occorra prestare particolare attenzione nel momento in cui saranno rivisti i piani paesaggistici in quanto il rischio di pressioni è elevatissimo.

Tommaso FOTI (PdL) nel ritenere prive di fondamento molte delle osservazioni svolte dai deputati dell'opposizione, sottolinea che il provvedimento d'urgenza in esame trae principalmente origine dalla necessità di intervenire, dando seguito alle sentenze della Corte Costituzionale n. 199 del 2004 e n. 49 del 2006, per porre rimedio alla grave situazione determinatasi a seguito dell'inopinato tentativo, a suo tempo fatto dalla regione Campania, di vietare con legge regionale la sanatoria degli abusi edilizi disposta con legge dello Stato nel 2003. Ritiene, invece, che meriti di essere approfondita la questione relativa all'appropriatezza dell'espressione «prima abitazione» usata nel testo del decreto-legge e della sua eventuale sostituzione con un'espressione che faccia più chiaramente riferimento alla nozione di «abitazione principale». Aggiunge, poi, che il provvedimento non ha alcun effetto di messa in discussione del giudicato penale, dal momento che la demolizione degli immobili abusivi costituisce una sanzione amministrativa, la quale può ben essere sospesa o revocata quando ne sussistano i presupposti, come è il caso delle citate pronunce della Corte Costituzionale. Quanto, infine, alla richiesta avanzata al Governo di fornire dati relativi all'ampiezza del fenomeno dell'abusivismo, osserva, da un lato, che la relazione illustrativa del provvedimento contiene già una indicazione precisa - indicandosi in 600 i casi interessati all'applicazione del decreto-legge -, dall'altro, che spetti a chi oggi afferma che i casi sono molto più numerosi di fornire elementi a supporto di tale asserzione.

Domenico SCILIPOTI (IdV) ritiene che occorra dare un segnale forte e chiaro sia nei confronti dei soggetti autori degli abusi edilizi in questione che degli amministratori locali che hanno consentito che gli stessi potessero essere posti in essere. In tal senso, nel giudicare negativamente qualsiasi ipotesi di sanatoria, ritiene che la Commissione debba esprimersi con nettezza a favore della prosecuzione delle operazioni di demolizione degli immobili abusivi disposte dall'autorità giudiziaria.

Roberto MORASSUT (PD), nel prendere atto delle motivazioni sociali poste nella relazione illustrativa a base del provvedimento d'urgenza in titolo, esprime la propria preoccupazione per i potenziali effetti concreti del provvedimento stesso. Sotto questo profilo, giudica indispensabile che il Governo fornisca dati analitici sia sul piano quantitativo - quanti sono gli immobili abusivi - che su quello qualitativo - chi sono gli autori degli abusi - . Tenuto conto, inoltre, delle enormi difficoltà applicative del condono del 2003 riscontrate in tutto il Paese in ordine ai divieti di sanatoria nelle zone agricole, ovvero in quelle sottoposte a vincolo paesaggistico o archeologico, paventa il rischio che il decreto legge in esame finisca per fare da «apripista» per situazioni diverse da quelle oggi poste all'attenzione del Parlamento. Conclude, quindi, ribadendo quanto già detto dal deputato Realacci circa l'opportunità, se davvero si vuole qualificare il provvedimento in esame

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come un provvedimento diretto a dare risposta all'emergenza abitativa in atto, di introdurre - sulla falsariga di quanto previsto, ad esempio, nel condono del 1985 - misure che consentano allo Stato l'acquisizione senza indennizzo degli immobili abusivi con contestuale loro assegnazione a coloro che vi abitano.

Giuseppe SCALERA (PdL), relatore, in risposta alle osservazioni svolte dai deputati, ribadisce anzitutto che il provvedimento d'urgenza si è reso necessario perché a suo tempo i cittadini della Campania non furono messi in condizione di fruire della sanatoria degli abusi edilizi disposta con legge dello Stato nel 2003. Osserva, altresì, che la quantificazione di 600 casi indicata dal Governo poggia sul dato concreto rappresentato dal numero dei cittadini nei confronti dei quali l'autorità giudiziaria ha emesso sentenze penali. Sottolinea, quindi, che nel provvedimento non c'è alcuna revoca delle sanzioni emesse fino ad oggi, ma solo la loro sospensione in attesa della emanazione degli atti delle autorità regionali competenti in materia paesaggistica e urbanistica. Conclude, richiamando la puntuale indicazione nel provvedimento in esame dei requisiti oggettivi e soggettivi che limitano in modo preciso l'ambito di applicazione del decreto-legge e escludono ogni rischio di una indiscriminata estensione dei suoi effetti.

Ermete REALACCI (PD), intervenendo per una precisazione, dichiara che la sua richiesta di dati sull'esatta quantificazione del fenomeno oggetto del provvedimento è da intendersi rivolta al Governo. Auspica, in ogni caso, che sia da parte del relatore che da parte del Governo si presti ogni attenzione alla proposta di introdurre nel testo misure dirette all'acquisizione senza indennizzo degli immobili abusivi da parte dello Stato e alla contestuale riassegnazione degli stessi ai cittadini che vi abitano.

Angelo ALESSANDRI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.20.

ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 3 giugno 2010. - Presidenza del presidente Angelo ALESSANDRI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Menia.

La seduta comincia alle 15.20.

Schema di decreto legislativo recante «Disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale».
Atto n. 220.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Angelo ALESSANDRI, presidente e relatore, ricorda che il provvedimento in esame reca modifiche alla parte prima, recante disposizioni comuni e principi generali, alla parte seconda, recante procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (AIA) nonché alla parte quinta, recante norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera, del Codice ambientale, di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, e successive modificazioni.
Tali modifiche trovano la propria legittimazione nell'articolo 12 della legge 69 del 2009 che ha previsto una nuova delega al Governo - da esercitare entro il 30 giugno 2010 - in materia ambientale, da attuarsi nel rispetto dei principi e criteri direttivi stabiliti dalla originaria legge di delega n. 308 del 2004.
Riporta, quindi, le principali modifiche apportate con il provvedimento in esame.

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Quanto all'articolo 1, di revisione della parte prima del Codice, esso introduce la «tutela dell'ambiente» quale finalità di tutta l'azione normativa ed amministrativa dello Stato e non del solo decreto legislativo. Fa, inoltre salvo, qualora il Codice preveda poteri sostitutivi del Governo, il potere delle Regioni di prevedere, nelle materie di propria competenza, poteri sostitutivi per il compimento di atti o attività obbligatorie, nel caso di inerzia o di inadempimento da parte dell'ente competente.
L'articolo 2 traspone, conformemente a quanto indicato dal Consiglio di Stato nel parere n.3838 del 2007, all'interno della parte seconda del Codice ambientale, la disciplina in materia di autorizzazione ambientale integrata (AIA), oggi contenuta nel decreto legislativo n.59 del 2005, ed apporta anche alcune modifiche alla già vigente disciplina della valutazione ambientale strategica (VAS) e della valutazione dell'impatto ambientale (VIA). Ritiene che con tali riforme si è inteso semplificare l'espletamento delle procedure previste dalla normativa nazionale e comunitaria in materia ambientale, coniugando l'interesse pubblico alla tutela dell'ambiente con l'interesse allo sviluppo economico del Paese, nonché con gli altri interessi pubblici sottesi alla realizzazione ed all'esercizio di infrastrutture ed impianti, alla pianificazione del territorio ed alla programmazione degli interventi.
Tra gli interventi più significativi, ricorda che all'articolo 5, comma 1, lettere l), l-bis), l-ter) ed m), le modifiche apportate alle definizioni già esistenti hanno lo scopo di chiarire maggiormente il campo di applicazione della disciplina. In particolare viene chiarita la definizione di «modifica sostanziale» ai fini di un'autorizzazione ambientale, che è la modifica di un piano, di un programma o di un progetto che, secondo l'Autorità competente, comporta, e non più che può comportare, impatti significativi e negativi sull'ambiente. Inoltre, viene specificata la definizione della verifica di assoggettabilità, la quale si attiva allo scopo di valutare se i piani, i programmi o i progetti devono proseguire una valutazione di VAS o di VIA, secondo la disciplina del codice, verificando se gli stessi hanno un impatto non solo significativo ma anche negativo sull'ambiente, considerando il diverso livello di sensibilità ambientale delle aree interessate. Ritiene trattarsi di una modifica sostanziale e in conformità con le direttive comunitarie, che ha risvolti positivi di semplificazione sull'intero testo del codice, in quanto in questo modo si chiarisce che devono proseguire le successive fasi di valutazione VAS o VIA solo i piani, i programmi o i progetti che hanno effetti «negativi» sull'ambiente;
In collegamento con tale semplificazione, ricorda che all'articolo 6, comma 3, viene eliminato l'aggettivo «minori» riferito alle modifiche dei piani e dei programmi precisando, così, che tutte le modifiche dei piani e dei programmi possono fermarsi alla sola verifica di assoggettabilità, proseguendo la valutazione di VAS solo quelli che presentano effetti «negativi» per l'ambiente. All'articolo 6, comma 3-ter è stata prevista un'integrazione tra le procedure di VAS e di VIA nel caso di piani regolatori portuali che presentino contenuti sia progettuali che di pianificazione, prevedendo che per i progetti di opere da realizzare in attuazione di un Piano regolatore portuale, già sottoposto a VAS, e che rientrano tra quelli per i quali è prevista la VIA, vengono considerati dati acquisiti tutti gli elementi già valutati in sede di VAS o comunque desumibili dal Piano regolatore portuale. Inoltre, allo scopo di semplificare le procedure ed evitare duplicazioni si prevede che qualora il piano regionale paesaggistico presenta contenuti tali da poter essere considerato come progetto definitivo secondo la definizione dell'articolo 5 del codice, si effettua un'unica procedura di una VIA integrata con i contenuti di VAS. Ritiene trattarsi di una disposizione importantissima per il sostegno della portualità italiana, che semplifica in maniera sostanziale le copiose procedure di approvazione dei piani regolatori portuali che attualmente sono sottoposti prima a VAS regionale

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e poi a VIA statale secondo le norme comunitarie. Sottolinea che analoghi problemi di tempo in ordine alle procedure si riscontrano anche nell'approvazione dei Piani di sviluppo aeroportuali che anche essi, come i piani portuali, si presentano nella doppia veste di piano e di progetto e devono comunque essere sottoposti a VIA nella loro interezza secondo le norme comunitarie.
Rileva, inoltre, che all'articolo 7, comma 4-bis viene specificato il campo di applicazione dell'AIA statale - quelle relative all'attività di cui all'allegato XII e gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici- , mentre il comma 4-ter indica il campo di applicazione dell'AIA regionale che riguardano i progetti di cui all'allegato VIII e le modifiche sostanziali degli impianti stessi. Dalla prima lettura del testo ritiene utile un chiarimento ulteriore da parte del Governo sui motivi per i quali le modifiche sostanziali degli impianti sottoposti ad AIA statale non vengano anche esse sottoposte ad AIA statale, come viceversa le modifiche sostanziali degli impianti sottoposti ad AIA regionale vengano sottoposte ad AIA regionale. In merito all'articolo 7, comma 5, ricorda che viene attribuita la competenza in materia di VIA e VAS non più all'organo di vertice politico ma all'organo di vertice gestionale, in linea con la natura tecnica delle due valutazioni ed allo scopo, probabilmente, di abbreviare i passaggi burocratici delle autorizzazioni. Richiama l'attenzione su tale previsione che comporterebbe un declassamento delle autorizzazioni VIA, da decreto concertato tra due Ministri, quello dell'ambiente e quello dei beni culturali, ad un atto dirigenziale di portata minore, tenuto conto delle prescrizioni disposte con i decreti VIA, che hanno ricadute notevoli non solo sull'ambiente ma anche sull'attività e sull'economia imprenditoriale. All'articolo 7, comma 7, è stata introdotta la lettera e) con la quale si chiarisce che le amministrazioni regionali mantengono una propria potestà legislativa in materia di procedure VAS, VIA ed AIA, ma nel rispetto dei limiti contenuti nel codice e nei limiti indicati dall'articolo 29 della legge generale sul procedimento amministrativo. Il nuovo articolo 8-bis inserisce all'interno del Codice le norme relative alla Commissione IPPC, rinviando tuttavia al decreto del Presidente della Repubblica n. 90/2007 e all'articolo 28 del decreto-legge n. 112 del 2008 per la definizione rispettivamente dei compiti e dei componenti della Commissione e lasciando invariate tali norme. All'articolo 10 sono state introdotte disposizioni di coordinamento tra le procedure di VIA ed AIA, prevedendo che per i progetti soggetti a VIA statale e anche ad AIA statale, il provvedimento di VIA sostituisce l'AIA e i monitoraggi e i controlli previsti dalla VIA sono integrati con quelli dell'AIA. Se a seguito della verifica di assoggettabilità, l'autorità competente valuta di non assoggettare i progetti a VIA si procede comunque all'espletamento dell'AIA. In ogni caso, se l'autorità competente in materia di VIA coincide con quella competente al rilascio dell'AIA, si prevede lo svolgimento di un unico procedimento di VIA che fa luogo anche dell'AIA. In caso contrario si prevede un semplice coordinamento delle due procedure. All'articolo 11, comma 3, viene chiarito che la valutazione ambientale strategica si colloca durante la fase di adozione del piano, o, nel caso in cui questa manchi, nel momento dell'elaborazione dello stesso, né può mai collocarsi in un momento successivo alla sua prima stesura, trattandosi di una valutazione delle strategie di sviluppo che deve coadiuvare il piano nella sua formazione per assicurarne la sostenibilità ambientale dello stesso. Agli articoli 12, 20, 21 e 23, si prevede, in via generale, il ricorso obbligatorio alla strumentazione informatica per la trasmissione della documentazione oggetto delle valutazioni ambientali. Agli articoli, 15, 20 e 26, si prevede l'esperibilità del ricorso avverso il silenzio dell'amministrazione previsto dall'articolo 21 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034. Tale modifica risulta necessaria in quanto la mancata pronuncia dell'autorità competente produce l'effetto di arrestare il procedimento. All'articolo 15, comma 2, viene

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precisato il carattere vincolante della VAS e, anche al fine di superare la procedura di infrazione sulla VAS n. 2009/2235, si chiarisce che se c'è un contrasto tra piano o programma e parere motivato VAS, il primo deve essere modificato per renderlo compatibile col parere. Inoltre, viene posto risalto ai risultati delle consultazioni transfrontaliere. All'articolo 17, comma 2, viene chiarito, considerata la natura vincolante del parere motivato di VAS, che i soggetti che hanno presentato osservazioni sono legittimati ad impugnare il provvedimento di approvazione del piano o del programma per il mancato rispetto del parere di cui all'articolo 15. Ritiene necessario, al riguardo, approfondire se tale disposizione non possa essere utilizzata strumentalmente per bloccare l'attuazione dei piani e programmi dell'amministrazione pubblica. Ricorda, quindi, che le modifiche dell'articolo 20 sottopongono a verifica di assoggettabilità tutte le modifiche dei progetti degli allegati II e III che comportano effetti sull'ambiente e non solo quelli che comportino effetti negativi apprezzabili, lasciando all'Autorità competente della VIA il compito di valutare se tali modifiche hanno effetti significativi e negativi o rappresentano modifiche sostanziali tali da richiedere una successiva valutazione nell'ambito di una procedura di VIA. All'articolo 23, comma 4, e all'articolo 29-ter, viene prevista, in merito alla presentazione dell'istanza, una regolamentazione maggiormente dettagliata della cosiddetta «verifica di procedibilità» dell'istanza, al fine di evitare l'avvio delle procedure in presenza di una documentazione priva degli elementi essenziali. Agli articoli 24, 25 e 26, viene uniformata la disciplina nel caso di richiesta di integrazione documentale, anche al fine di prevedere la possibilità per il pubblico e per le amministrazioni interessate di aggiornare le proprie osservazioni/valutazioni in caso di modifica sostanziale del progetto presentato. Agli articoli 25 e 26, comma 4, vengono chiarite le modalità attraverso cui la VIA sostituisce o coordina le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale di competenza di altre amministrazioni. All'articolo 28, comma 1-bis, viene previsto che qualora dai monitoraggi effettuati risulta un impatto ambientale negativo non previsto in sede di valutazione, previa acquisizione delle informazioni e dei pareri eventualmente necessari, il provvedimento di VIA può essere modificato e nei casi più gravi, nelle more delle determinazioni correttive, può anche essere ordinata la sospensione dei lavori o delle attività. Ritiene, comunque, opportuno chiarire, allo scopo di garantire i diritti e la tranquillità degli operatori e la certezza degli investimenti effettuati, che un'eventuale correzione dell'autorizzazione VIA deve comunque avvenire a seguito di un'apposita istruttoria, mentre l'eventuale sospensione dei lavori e delle attività può essere ordinata solo in casi di gravi ripercussioni negative, non preventivamente valutate, sulla salute pubblica e la tutela degli ecosistemi. Al Titolo III-bis - viene introdotta la disciplina in materia di AIA di cui al d.lgs. n. 59/2005, all'interno della Parte Seconda. Agli articoli 29-bis e 29-terdecies, viene prevista l'abrogazione delle disposizioni istitutive di una Commissione di esperti incaricata di predisporre le linee guida in materia di AIA, già adottate negli anni 2007-2008 e di un Osservatorio che doveva essere istituito a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 59/2005, con funzioni di coordinamento tra le autorità competenti, in particolare per la conservazione e la gestione dei dati ambientali. Tali funzioni sono ora attribuite all'ISPRA nell'ambito dei propri fini istituzionali. All'articolo 29-quater, viene introdotta l'abbreviazione dei termini procedimentali, attraverso una riduzione dei termini per l'integrazione della documentazione progettuale da parte del gestore, nonché l'obbligatorietà della conferenza dei servizi quale modulo procedimentale per addivenire alla decisione finale del procedimento di AIA. All'articolo 32, sono state apportate

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talune modificazioni in materia consultazioni transfrontaliere, in modo da adeguarlo ai rilievi sollevati nella procedura di infrazione UE C/2009/2235 anche al fine di garantire una corretta partecipazione degli Stati confinanti in caso di piani, programmi o progetti che possono avere impatti rilevanti sull'ambiente di un altro Stato.
In merito alle modifiche apportate alla parte quinta del decreto legislativo 152/2006, in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera, rileva che il provvedimento in esame prevede una serie di correzioni ed integrazioni volte ad assicurare un preciso quadro giuridico di riferimento a tutti i destinatari della disciplina ed un elevato livello di tutela ambientale in materia di emissioni in atmosfera.
Le modifiche interessano, in particolare, il titolo I della parte quinta del decreto legislativo 152 del 2006. In particolare, all'articolo 267 viene precisato il rapporto tra il titolo I e le disposizioni che disciplinano gli impianti di incenerimento e coincenerimento di rifiuti. Viene, inoltre, confermata la disciplina in materia di certificati verdi maturati a fronte di energia prodotta ai sensi dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, specificando che i medesimi possono essere utilizzati per assolvere all'obbligo di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, in una misura non superiore al 10 per cento dell'obbligo di competenza. Ritiene opportuno, al riguardo, coordinare la norma con l'avvenuta soppressione del citato comma 71 e chiarire, anche in coordinamento con la nuova disciplina sull'abolizione dell'obbligo di acquisizione di tutti i certificati verdi rimasti invenduti da parte del GSE, introdotta con la nuova manovra economica del Governo, chiarendo se la disposizione si deve intendere come un obbligo del ritiro, da parte del GSE, di una quota minima del 10 per cento dei certificati verdi dell'obbligo di competenza, rischiando altrimenti di restare invenduti tutti i certificati verdi prodotti dagli impianti cogenerativi. L'articolo 268 introduce alcune correzioni e integrazioni alle definizioni ivi contenute. La modifica più importante riguarda l'introduzione di una distinzione tra la nozione di impianto e la nozione di stabilimento. Tale distinzione, presente in termini molto ambigui nel previgente decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988 e non riportata nel vigente decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, risulta, infatti, indispensabile per la definizione degli adempimenti che ricadono sui gestori e sull'amministrazione. Viene, poi, precisato che alcune disposizioni si riferiscono agli impianti - i valori limite di emissione, i criteri di convogliamento delle emissioni, ecc.- ed altre si riferiscono agli stabilimenti - le procedure autorizzative -. Infine, viene apportata una modifica all'articolo 268, comma 1, lett. p) del decreto legislativo in esame al fine di colmare la lacuna del sistema in tema di controlli delle emissioni di impianti sottoposti alla competenza statale. L'articolo 269 è stato modificato al fine di garantire, da un lato, una semplificazione dell'azione amministrativa ed, dall'altro, un efficace controllo degli impianti sul territorio. A tal fine, l'obbligo di indire un'apposita conferenza di servizi per istruire le domande di autorizzazione alle emissioni è stato limitato ai soli stabilimenti nuovi (per i quali esistono evidenti motivi di interlocuzione con le altre autorità competenti a decidere circa l'insediamento della struttura). Per rinnovare le autorizzazioni degli stabilimenti già esistenti appare invece sufficiente un autonomo procedimento amministrativo da parte dell'autorità competente, con il parere delle altre autorità locali. In caso di modifica di alcuni impianti o attività presenti nello stabilimento, l'autorità avrà anche, secondo lo schema di decreto, il potere di rinnovare l'autorizzazione con un'istruttoria estesa a tutto lo stabilimento. Si consente poi che gli atti autorizzativi possano individuare, per ciascun inquinante, speciali valori limite di emissione (»flussi di massa annuali») da riferire al complesso delle emissioni di tutti gli impianti e le attività di uno stabilimento. Tali speciali valori limite si aggiungono a

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quelli fissati per ciascun impianto dello stabilimento e sono finalizzati a garantire un controllo sull'impatto complessivo che lo stabilimento può determinare sulla qualità dell'aria della zona in cui è situato. L'articolo 270 introduce alcune precisazioni circa i criteri che disciplinano il potere dell'amministrazione di considerare, in determinate situazioni, più impianti come un unico impianto. L'articolo 271 prevede importanti precisazioni circa i valori limite di emissione e le prescrizioni per l'esercizio degli impianti. Si prevede, infatti, che i datati valori e le prescrizioni previste dal decreto ministeriale 12 luglio 1990 (inseriti nell'allegato I alla parte quinta) debbano applicarsi solo agli impianti e alle attività degli stabilimenti più risalenti (ossia quelli anteriori al 1988) e soltanto fino al rinnovo dell'autorizzazione. In tutti gli altri casi, invece, i limiti di emissione e le altre prescrizioni debbono essere stabiliti, in sede di autorizzazione, sulla base delle migliori tecniche disponibili e di quelli stabiliti dai piani regionali di qualità dell'aria. Tali limiti dovranno sempre essere, secondo lo schema di decreto, non meno severi di quelli dell'allegato I. Le correzioni rispondono alla necessità di superare un indirizzo interpretativo invalso presso molte amministrazioni, per effetto dell'attuale formulazione dell'articolo 271 del decreto legislativo n. 152 del 2006, secondo il quale le autorizzazioni di tutti gli stabilimenti, inclusi quelli nuovi a anteriori al 2006, possono continuare ad imporre i risalenti valori limite del decreto 12 luglio 1990, attualmente inseriti nell'allegato I alla parte quinta. Tale indirizzo interpretativo pone tuttavia le premesse per la violazione dei doveri imposti agli Stati dalle direttive vigenti in materia di qualità dell'aria (direttiva quadro 2008/50/CE e direttiva 2004/107/CE). Viene, inoltre, previsto che gli atti autorizzativi possano individuare, per ciascun inquinante, speciali valori limite di emissione - «flussi di massa annuali»- da riferire al complesso delle emissioni di tutti gli impianti e delle attività di uno stabilimento. Tali speciali valori limite si aggiungono a quelli fissati per ciascun impianto dello stabilimento e sono finalizzati a garantire un controllo sull'impatto complessivo che lo stabilimento può determinare sulla qualità dell'aria della zona in cui è situato. Alla stessa preminente esigenza si conformano le ulteriori correzioni e integrazioni proposte in relazione all'articolo 271. In particolare, viene precisato che le regioni hanno il potere di introdurre, specialmente attraverso i piani di risanamento della qualità dell'aria, appositi valori di emissione e prescrizioni in aggiunta quelli definiti dagli allegati della parte quinta. Ritiene necessario valutare attentamente tale previsione che oltre a creare discriminazioni tra gli operatori economici potrebbe limitare l'iniziativa statale nelle proprie valutazioni ambientali degli impianti energetici.
Viene, inoltre, stabilito che l'istruttoria svolta in sede di autorizzazione per la fissazione dei limiti di emissione e delle prescrizioni debba considerare il complesso di tutte le emissioni degli impianti e delle attività dello stabilimento, le emissioni provenienti da altre fonti e lo stato di qualità dell'aria nella zona interessata. È precisato, infine, che l'autorizzazione debba contenere anche prescrizioni dirette a consentire la stima delle sostanze pericolose emesse nei periodi in cui si verificano anomalie o guasti, nonché appositi limiti di emissione per tali periodi, espressi come flussi di massa annuali. L'articolo 272, recante norme sugli impianti e le attività in deroga, viene in parte corretto al fine di razionalizzare e semplificare l'attuale quadro delle deroghe, caratterizzato, nei primi mesi di applicazione della norma, da varie criticità sul piano operativo. Per evitare, inoltre, le contrastanti interpretazioni emerse in ordine agli effetti della deroga, è stato chiarito che gli esercizi previsti dall'articolo 272, comma 1, alla cui disciplina soggiace l'elenco di cui all'allegato IV, parte I), sono esentati dall'autorizzazione alle emissioni e sono soggetti esclusivamente ai valori limiti di emissione e alle prescrizioni che le autorità competenti decidano di imporre con i propri provvedimenti. Restano, come è

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evidente, soggetti ad autorizzazione gli stabilimenti in cui sono presenti anche impianti e attività non inclusi nell'elenco in esame. L'elenco di cui all'allegato IV, parte I, è stato, poi, modificato al fine di introdurre nuove soglie di rilevanza per gli allevamenti. Nelle modifiche all'articolo 272, commi 2 e 3, sono stati, poi, precisate, al fine di unificare le discordanti prassi emerse presso le diverse amministrazioni, le modalità da seguire per il rilascio delle speciali autorizzazioni in forma semplificata (autorizzazioni generali riferite ad intere categorie di stabilimenti, inclusi, in particolare, quelli elencati nell'allegato IV, parte II) e le modalità di adesione a tali atti autorizzativi. Gli articoli 273 e 274 (grandi impianti di combustione) e 275 ((emissioni di cov) sono stati oggetto di alcune limitate correzioni, tese a superare problemi di coordinamento e di coesione interna dell'attuale norma. L'articolo 279, recante disposizioni sulle sanzione, è stato oggetto di alcune limitate correzioni formali, dovute alla riformulazione delle precedenti definizioni legali. L'articolo 281, le cui modifiche sono invece dirette ad assicurare una migliore chiarezza espositiva, senza modificare la sostanza delle attuali disposizioni. In particolare, per gli stabilimenti che non ricadevano nel campo di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988 e che ricadono nell'attuale titolo I, il termine per la presentazione della domanda di autorizzazione è stato differito al 31 dicembre 2010 e il termine di adeguamento al 31 dicembre 2011. La soppressione del comma 10 dell'articolo 281 si giustifica, infine, per effetto della compiuta disciplina riservata dal precedente articolo 271 ai rapporti tra potestà statali e regionali in materia di fissazione dei valori limite di emissione e delle prescrizioni per l'esercizio degli impianti e delle attività. L'articolo 282, in materia di impianti termici civili, è stato modificato prevedendo che la disciplina speciale del titolo II si applica soltanto agli impianti termici civili con potenza termica nominale inferiore a 3 MW. Sono invece sottoposti alla disciplina ordinaria del titolo I gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale uguale o superiore; ciò in quanto gli impianti termici civili dotati di una maggiore potenza termica non si differenziano, sul piano delle emissioni in atmosfera, dai normali impianti industriali e devono pertanto soggiacere alle stesse regole. Gli articoli 285 e 286 vengono modificati al fine di garantire un più elevato livello di tutela contro l'inquinamento prodotto dai sistemi di riscaldamento e di conformare le caratteristiche degli impianti termici civili alle esigenze ambientali di ciascun territorio. A tal fine si attribuisce inoltre ai piani regionali di qualità dell'aria il potere di imporre nuovi requisiti tecnico-costruttivi e di imporre valori limite di emissione più severi di quelli statali. L'articolo 287 è stato modificato al fine di recepire quanto previsto nella sentenza della Corte costituzionale n. 250 del 24 luglio 2009, che ha rilevato alcuni profili di incostituzionalità nella vigente formulazione, per violazione della competenza regionale in tema di formazione.
In relazione al titolo III alla parte quinta, relativo ai combustibili, rileva che sono state inserite le necessarie precisazioni conseguenti alle modifiche dei titoli I e II. Sono state, altresì, previste nell'articolato e nell'allegato X, alcune disposizioni finalizzate a precisare il rapporto che intercorre, in materia di combustibili, tra la parte quarta e la parte quinta del decreto. Richiama in particolare l'attenzione all'articolo 293, comma 1, lettera b) che assegna alle regioni e ad altre autorità, non meglio precisate, un potere illimitato di introdurre limiti o divieti in materia di combustibili, poiché tale disposizione crea divieti sulla libera scelta del Governo di decidere il più opportuno mix energetico per la strategia energetica nazionale.
I commi finali dell'articolo 3 del decreto sono infine dedicati a dettare una serie di norme di coordinamento, finalizzate a disciplinare la transizione tra il testo precedente e quello che risulterà dalla modifica proposta.
L'articolo 4 reca le abrogazioni (d.lgs. 59/2005 e DM dell'ambiente 19 aprile

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2006); viene fatta salva la vigente disciplina in materia di sicurezza antincendio.
Infine richiama l'attenzione della Commissione sul fatto che la manovra economica del Governo di cui al decreto-legge n. 78 del 2010 e precisamente l'articolo 49, reca modifiche alla disciplina VAS-VIA, nell'ambito della riorganizzazione dell'istituto della Conferenza di servizi, che peraltro sono già in vigore. Il testo riprende in realtà il contenuto dell'articolo 5-bis dell'A.C. 3209-bis, in materia di semplificazione, approvato dalla I Commissione e tiene conto delle condizioni poste dalla Commissione VIII, nel parere di competenza. Ritengo che il Governo dovrebbe coordinare le disposizioni tra i due provvedimenti.
Nessuno chiedendo di intervenire rinvia ad altra seduta il seguito dell'esame del provvedimento.

La seduta termina alle 15.30.

SEDE REFERENTE

Giovedì 3 giugno 2010. - Presidenza del presidente Angelo ALESSANDRI. - Interviene il sottosegretario di Stato per le infrastrutture ed i trasporti, Mario Mantovani.

La seduta comincia alle 15.30.

Principi fondamentali per il governo del territorio.
C. 329 Mariani, C. 438 Lupi, C. 1794 Mantini, C. 3379 Lupi.
(Seguito dell'esame e rinvio - Abbinamento della proposta di legge C. 3379 Lupi).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 30 ottobre 2008.

Angelo ALESSANDRI, presidente, comunica che l'11 maggio scorso è stata assegnata alla Commissione la proposta di legge n. 3379, la quale verte su materia analoga a quella delle proposte di legge in titolo. Propone, pertanto, che la Commissione deliberi l'abbinamento della proposta di legge in oggetto.

La Commissione delibera di abbinare la proposta di legge Lupi ed altri n. 3379 alle proposte di legge Mariani C. 329, Lupi C. 438 Lupi e Mantini C. 179.

Angelo ALESSANDRI, presidente,rileva che, a seguito dell'abbinamento, nei lavori del Comitato ristretto, nominato ai fini della predisposizione di un testo unificato, si terrà conto anche della proposta di legge abbinata nella seduta odierna.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.35.

COMITATO RISTRETTO

Principi fondamentali per il governo del territorio.
C. 329 Mariani, C. 438 Lupi, C. 1794 Mantini, C. 3379 Lupi.

Il Comitato ristretto si è riunito dalle 15.35 alle 15.40.

RISOLUZIONI

Giovedì 3 giugno 2010. - Presidenza del presidente Angelo ALESSANDRI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Menia.

La seduta comincia alle 15.40.

7-00304 Alessandri: Sull'incendio sviluppatosi in località Vascigliano nell'area destinata ad attività industriali nel comune di Stroncone (Terni).
7-00309 Bocci: Sull'incendio sviluppatosi in località Vascigliano nell'area destinata ad attività industriali nel comune di Stroncone (Terni).
(Seguito discussione congiunta e rinvio).

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La Commissione prosegue la discussione congiunta delle risoluzioni in titolo, rinviata il 20 aprile 2010.

Il sottosegretario Roberto MENIA rileva che in base alle indagini ambientali sinora svolte da Arpa Umbria ed altri organismi territoriali, peraltro ancora in corso, ed ad una ricognizione dello stato dei luoghi specificamente effettuata, l'Ispra ha effettuato una prima valutazione del risarcimento per equivalente patrimoniale del danno ambientale conseguente all'incendio che ha interessato lo stabilimento della Ecorecuperi srl. nel Comune di Stroncone.
A seguito dell'incendio suddetto, le Pubbliche Amministrazioni - Vigili del Fuoco, Arpa, Asl, Comune di Stroncone- hanno messo in atto una serie di azioni e interventi per limitare l'estensione delle conseguenze sull'ambiente da parte dell'incendio stesso. I costi di tali iniziative sono da annoverare tra i costi che devono essere sostenuti da chi ha provocato il danno ambientale.
In aggiunta a tali somme sono da ricomprendere anche i costi sostenuti direttamente da soggetti privati che si sono attenuti all'osservanza dei provvedimenti assunti dall'Autorità competente per limitare l'estensione del danno ambientale causato dall'incendio menzionato, ad esempio smaltimento di foraggi come rifiuto, distruzione di prodotti ortofrutticoli, latte, abbattimento di animali da allevamento, etc.
La somma a tal fine complessivamente quantificata da ISPRA in capo a chi ha provocato il danno all'ambiente risulta pari a 13.480.213,00 euro e la stessa rappresenta un risarcimento patrimoniale sia per le pubbliche amministrazioni che per le aziende, relativamente alle spese già sostenute o che necessariamente dovranno essere sostenute nel prossimo futuro.
L'Ispra ha individuato nella sua relazione la risorsa aria tra le principali risorse lese a seguito dell'incidente in questione. In particolare, per tale risorsa non è realizzabile alcun intervento di ripristino primario della sua qualità in quanto non sono più identificabili i volumi inquinati dalle particelle emesse a seguito dell'incendio che si sono successivamente diluiti nel rimescolamento delle masse atmosferiche.
Nell'impossibilità di attuazione di una reale «riparazione primaria» l'Ispra ha valutato il costo di ripristino della qualità dell'aria - relativamente alle polveri emesse - come l'equivalente monetario rappresentato dal guadagno annuale previsto dall'esercizio dell'impianto (500.000 euro all'anno, desunto dal quadro economico contenuto nella richiesta di autorizzazione) moltiplicato per gli anni necessari all'impianto (nel rispetto dei limiti dell'autorizzazione) per emettere una quantità di polveri pari a quelle emesse durante l'incendio.
Dai calcoli effettuati dall'Ispra, il tempo di esercizio dell'impianto necessario per l'emissione della stessa massa di polveri prodotte dall'incendio sarebbe di circa 47 anni, per cui il risarcimento risulta pari a 23.500.000,00 euro.
L'Ispra ha evidenziato, inoltre, che il risarcimento così calcolato compensa tutta una serie di ulteriori danni arrecati alle varie matrici ambientali, per i quali il risarcimento non può essere valutato con gli elementi attualmente disponibili.
In merito ad ulteriori danni arrecati all'ambiente a seguito dell'incendio, l'Ispra ha rappresentato che sono ancora da quantificare nel dettaglio i danni relativi alla qualità ambientale del suolo (ad esempio alterazione causata dalla ricaduta di polveri contenenti contaminanti molto pericolosi per la salute) nonché i danni derivanti dalla perdita di servizi forniti dalle varie risorse lese (ad esempio diminuzione del flusso turistico).
Alla luce di quanto sopra, l'Ispra ha quantificato il risarcimento totale che deve corrispondere la ditta Ecorecuperi srl per il danno ambientale causato dall'incendio iniziato il 2 luglio 2009 nell'impianto di Vascigliano di Stroncone pari a 36.980.213,00 euro.

Angelo ALESSANDRI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia

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il seguito dell'esame delle risoluzioni in titolo ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.50 alle 16.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

ATTI DEL GOVERNO

Proposta di nomina del dottor Arturo Diaconale a Presidente dell'Ente parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
Nomina n. 67.