CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 4 maggio 2010
318.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 4 maggio 2010. - Presidenza del vicepresidente Raffaello VIGNALI.

La seduta comincia alle 14.10.

Disposizioni concernenti la definizione della funzione pubblica internazionale e la tutela dei funzionari italiani dipendenti da organizzazioni internazionali.
C. 3241 Pianetta.
(Parere alla XI Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Paola PELINO (PdL), relatore, illustra la proposta in titolo che reca disposizioni concernenti la definizione della funzione pubblica internazionale e la tutela dei funzionari italiani dipendenti da organizzazioni internazionali.
L'articolo 1, comma 1, nel promuovere l'accesso alla funzione pubblica internazionale, riconosce il ruolo svolto dai funzionari italiani che prestano servizio presso le organizzazioni internazionali alle quali l'Italia aderisce.
Il comma 2 definisce - per le finalità del provvedimento in esame - «funzionari internazionali» i cittadini italiani che svolgono funzioni professionali o direttive con rapporto di lavoro dipendente presso un'organizzazione internazionale.
Si osserva che nell'ordinamento vigente la definizione di «funzionari internazionali» è contenuta nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, n. 72, recante il regolamento concernente il concorso di accesso alla carriera diplomatica, che, all'articolo 3, comma 1, lettera b), considera funzionari internazionali, ai fini del superamento del limite di età per l'ammissione al concorso diplomatico, «i cittadini italiani che siano

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stati assunti presso un'organizzazione internazionale a titolo permanente o a contratto a tempo indeterminato o determinato per posti per i quali è richiesto il possesso di titoli di studio di livello universitario».
L'articolo 2 istituisce l'elenco dei funzionari internazionali di cittadinanza italiana (di seguito elenco) presso il Ministero degli affari esteri (comma 1). Ai sensi del successivo comma 2, sono iscritti nell'elenco i funzionari internazionali che svolgono o che hanno svolto funzioni professionali o direttive con rapporto di lavoro dipendente presso organizzazioni internazionali per almeno due anni continuativi ovvero per almeno tre anni non continuativi. L'iscrizione avviene dietro presentazione di apposita domanda da parte del funzionario internazionale interessato (comma 3). Una sezione speciale del richiamato elenco è prevista per l'iscrizione dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001 (comma 4). Allo stesso Ministero è demandata la tenuta e l'aggiornamento dell'elenco, il controllo del quale, con cadenza almeno annuale, è conferito ad un'apposita commissione interministeriale, istituita presso il medesimo Ministero (comma 5). La commissione è composta da un rappresentante designato dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, da un rappresentante designato dal Ministero degli affari esteri e da un rappresentante designato dal Ministero dell'economia e delle finanze, ed è integrata da un rappresentante designato a maggioranza delle associazioni dei funzionari internazionali di cittadinanza italiana costituite nelle città estere sedi di organizzazioni internazionali. Lo stesso Ministero provvede a pubblicizzare e a dare il più ampio risalto possibile all'elenco, sia presso le amministrazioni pubbliche sia presso le imprese private, allo scopo di facilitare la mobilità da e verso le organizzazioni internazionali (comma 6). Il comma 7 dispone, infine che, con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, su proposta del Ministro degli affari esteri, entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge in esame, siano disciplinate le modalità di iscrizione e di cancellazione dall'elenco e le modalità di costituzione e di funzionamento della commissione interministeriale di controllo in precedenza richiamata.
L'articolo 3, comma 1, prevede che lo Stato favorisca la formazione mirata all'ottenimento delle professionalità necessarie per l'accesso alle organizzazioni internazionali. Il successivo comma 2 riconosce le attività di promozione e diffusione delle iniziative di formazione attuate ai sensi del precedente comma da parte del Ministero degli affari esteri.
L'articolo 4 prevede il riconoscimento della qualifica di funzionario internazionale quale titolo valutabile per i concorsi pubblici per la copertura di posti vacanti, commisurato agli anni di servizio effettivo prestato nelle organizzazioni internazionali, in base a criteri da stabilire con lo stesso regolamento disciplinante le modalità di iscrizione e di cancellazione dall'elenco e le modalità di costituzione e di funzionamento della commissione interministeriale di controllo.
L'articolo 5 introduce l'istituto dell'aspettativa per i coniugi lavoratori, pubblici e privati, che prestano servizio all'estero in qualità di funzionario internazionale ai sensi del provvedimento in esame. In particolare, il comma 1 prevede la facoltà, per i coniugi dipendenti delle amministrazioni pubbliche, di richiedere il collocamento in aspettativa, nel caso in cui l'amministrazione (si suppone di appartenenza del coniuge) non ritenga di poterlo destinare a prestare servizio nella stessa località in cui si trovi il coniuge, o qualora non sussistano i presupposti per il suo trasferimento nella medesima località. Tale aspettativa, ai sensi del successivo comma 2, ha una durata massima di cinque anni. Il successivo comma 5 dispone l'applicabilità delle disposizioni di cui alla legge n. 26 del 1980, recante norme relative al collocamento in aspettativa

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dei dipendenti dello Stato il cui coniuge, anche esso dipendente dello Stato, sia chiamato a prestare servizio all'estero, per quanto non espressamente previsto dall'articolo in esame. In particolare, l'articolo 1 della legge n. 26 del 1980 ha disposto la possibilità, per l'impiegato dello Stato, il cui coniuge - dipendente civile o militare della pubblica amministrazione - presti servizio all'estero, di essere collocato in aspettativa, nel caso in cui l'amministrazione non ritenga di poterlo destinare a prestare servizio nella stessa località in cui si trova il coniuge, o qualora non sussistano i presupposti per un suo trasferimento nella località in questione. I successivi articoli 2 e 3 hanno stabilito che l'aspettativa concessa al coniuge dipendente dello Stato non è remunerata e che può essere revocata in qualunque momento per ragioni di servizio o se il dipendente in aspettativa non risiede effettivamente all'estero. Il tempo trascorso in aspettativa, inoltre, non viene calcolato ai fini della progressione di carriera, né per l'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e nemmeno ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza. Il comma 3 del provvedimento in esame disciplina l'aspettativa concernente i lavoratori privati. In particolare, si prevede l'obbligo, per il datore di lavoro del dipendente di un'impresa privata il cui coniuge presti servizio all'estero in qualità di funzionario internazionale, di concedere al lavoratore, su richiesta dello stesso, il collocamento in aspettativa, con mantenimento del posto di lavoro, senza diritto al trattamento economico.
Ai sensi del successivo comma 4, l'aspettativa concessa ai dipendenti privati ha una durata minima di un anno.
Considerato che le disposizioni in esame investono solo marginalmente le competenze della X Commissione, propone di esprimere un parere favorevole.

Nessuno chiedendo di parlare, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Malawi sulla promozione e protezione degli investimenti, fatto a Blantyre il 28 agosto 2003.
C. 3365 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Raffaello VIGNALI (PdL), presidente, in sostituzione del relatore Allasia, illustra l'Accordo sulla promozione e protezione degli investimenti tra Italia e Malawi è stato firmato nell'agosto 2003: come illustrato nella relazione che accompagna il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, il paese africano presenta attualmente una cornice assai più favorevole agli investimenti esteri di quanto non fosse in passato, e ciò sia per le maggiori garanzie democratiche e di stabilità politica che offre, sia per la fitta rete di sostegno delle istituzioni finanziarie internazionali, che a sua volta è legata all'impegno dimostrato dal Malawi nella realizzazione di importanti riforme strutturali.
Osserva che sinora i rapporti bilaterali dell'Italia con il Malawi sono stati contenuti, mentre il saldo commerciale è stato negli ultimi anni costantemente a favore del nostro Paese, le cui esportazioni tuttavia sono state prevalentemente limitate a prodotti cartacei, articoli di coltelleria e ferramenta, e in minor misura a macchinari specializzati. Il paese presenta opportunità diversificate di futuri investimenti per le imprese italiane, tanto nel settore agroindustriale, quanto nel turismo e nelle miniere - in Malawi vi sono giacimenti non irrilevanti di pietre preziose e semipreziose, nonché uranio, fosfati, bauxite. Il settore turistico rappresenta già oltre il 7 per cento del PIL malawiano, ma abbisogna di notevoli investimenti per le relative infrastrutture.
L'Accordo provvede in primo luogo a fornire le definizioni di termini quali «investimento», «investitore», «persona fisica», «persona giuridica», «redditi» e

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«territorio», necessari ad individuare in modo certo l'ambito di applicazione oggettivo e soggettivo dell'accordo (articolo 1). La definizione di «investimento» ricomprende un elenco, non tassativo, di beni e diritti siti nel territorio del paese contraente.
In base all'articolo 2, l'applicazione dell'Accordo riguarda in via esclusiva gli investimenti nel territorio di una Parte contraente, effettuati da cittadini o società dell'altra Parte, approvati dall'autorità competente designata dalla Parte nel cui territorio avviene l'investimento, eventualmente alle condizioni da questa fissate. L'Accordo si applicherà anche agli investimenti precedenti l'entrata in vigore di esso, e indipendentemente (articolo 13) dall'esistenza di relazioni diplomatiche tra le Parti.
Al fine di incoraggiare gli investimenti esteri ciascuna delle Parti, si impegna (articolo 3) anzitutto ad assicurare sul proprio territorio agli investitori dell'altra Parte un trattamento giusto ed equo, assicurando altresì piena e totale protezione agli investimenti da essi operati, nonché la libertà di soggiornare - con i loro familiari - nel territorio dell'altra Parte per il periodo necessario, durante il quale potranno liberamente procedere all'assunzione di personale dirigenziale di qualsiasi nazionalità.
Le Parti garantiscono, inoltre, agli investimenti dell'altra Parte contraente un trattamento non meno favorevole di quello riservato agli investitori di paesi terzi (articolo 4). Fanno però eccezione i benefici concessi da una delle Parti ad investitori di Paesi terzi in virtù di specifici accordi, come ad esempio gli accordi per evitare le doppie imposizioni, e fanno altresì eccezione i vantaggi riconosciuti da una delle Parti ad investitori esteri per effetto della partecipazione a livello regionale a Unioni economiche o a zone di libero scambio (articolo 5).
La clausola della nazione più favorita trova applicazione anche in caso di risarcimento di danni derivanti da guerre, rivoluzioni, rivolte, stati di emergenza o altri avvenimenti similari (articolo 6).
La protezione degli investimenti è assicurata inoltre (articolo 7) dalla clausola che stabilisce che gli investimenti effettuati da soggetti appartenenti ad uno degli Stati contraenti non potranno costituire oggetto di nazionalizzazioni, espropriazioni, requisizioni o altre misure con analogo effetto se non per fini pubblici o per motivi di interesse nazionale, in conformità alle disposizioni di legge e dietro corresponsione di un adeguato risarcimento. Tale indennizzo dovrà essere equivalente al valore di mercato del bene alla data in cui siano state annunciate le decisioni di nazionalizzazione o di esproprio e dovrà comprendere gli interessi maturati alla data di pagamento.
Ognuna delle due Parti contraenti si impegna a garantire il diritto per l'investitore dell'altra Parte a trasferire all'estero, dopo aver assolto gli obblighi fiscali, senza ritardo indebito e in valuta convertibile al tasso di cambio al momento prevalente, tutti i capitali investiti e guadagnati: anche a tali trasferimenti sarà applicabile la clausola della nazione più favorita (articoli 8 e 10).
In caso di garanzia assicurativa prestata da una delle Parti contro i rischi non commerciali derivanti dagli investimenti effettuati dai propri investitori nel territorio dell'altra Parte, è prevista la surroga nella titolarità dei crediti spettanti all'assicurato (articolo 9).
Vengono stabilite, inoltre, procedure arbitrali affidate ad organi imparziali per la composizione delle controversie che dovessero insorgere fra investitori e Parti contraenti (articolo 11) o fra le Parti stesse (articolo 12) in relazione a questioni di interpretazione o applicazione dell'accordo.
Per le controversie di cui all'articolo 11, in particolare, qualora non sia possibile un'amichevole composizione di esse, è prevista l'opzione fra i tribunali della Parte contraente avente giurisdizione territoriale, da un lato, e l'arbitrato internazionale - quale previsto dai regolamenti della Commissione ONU sul diritto commerciale internazionale -, dall'altro. Le controversie

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fra Parti disciplinate dall'articolo 12 prevedono invece il ricorso eventuale a un Tribunale arbitrale ad hoc.
L'articolo 14 permette alle Parti contraenti e ai loro investitori di avvalersi di disposizioni più favorevoli di quelle dell'Accordo in esame, qualora siano previste dal diritto internazionale generale o pattizio, oppure da leggi o regolamenti interni delle Parti contraenti, nonché di ricevere un indennizzo in caso di inottemperanza di una delle Parti a tali previsioni.
La durata dell'Accordo (articolo 16) è prevista in dieci anni, con rinnovo automatico per cinque anni, salvo denuncia di una delle due Parti, da inoltrare almeno un anno prima della scadenza: in ogni caso, gli investimenti effettuati prima dell'eventuale cessazione dell'Accordo rimarranno soggetti alle disposizioni degli articoli 1-14 dello stesso per cinque anni dopo la scadenza.
Il disegno di legge consta dei consueti tre articoli recanti, il primo, l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo con il Malawi sulla promozione e protezione degli investimenti, il secondo, l'ordine di esecuzione ed il terzo, la data di entrata in vigore della legge, fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
L'esecuzione dell'Accordo in questione non comporta, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge, oneri a carico del bilancio dello Stato. Nella relazione si precisa che maggiori spese per il bilancio statale hanno un carattere meramente eventuale, poiché legate a indennizzi per danni o espropri, e dunque non preventivamente quantificabili; ad esse si potrà fare fronte, prosegue il citato documento, con provvedimenti legislativi ad hoc, mentre per gli eventuali esborsi per le procedure di contenzioso ci si potrà avvalere del capitolo concernente spese per liti e arbitraggi dello stato di previsione del Ministero degli Affari esteri.
Per quanto concerne gli specifici interessi degli imprenditori italiani - come ha sottolineato nella Commissione di merito il relatore Repetti - l'Accordo offre un quadro di riferimento organico agli investitori, capace di stimolare l'intensificazione dei rapporti economici consentendo, tra l'altro, la creazione di piccole e medie imprese e la costituzione di joint venture. Gli specifici interessi degli investitori italiani trovano nell'Accordo una prospettiva di applicazione delle migliori condizioni, anche fiscali, per i loro investimenti, come anche la garanzia della possibilità di libero trasferimento degli utili e dei capitali e dell'applicazione di criteri imparziali in caso di controversie.
Formula quindi un parere favorevole sul provvedimento in esame.

Nessuno chiedendo di parlare, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo sdoganamento centralizzato, concernente l'attribuzione delle spese di riscossione nazionali trattenute allorché le risorse proprie tradizionali sono messe a disposizione del bilancio dell'UE, fatta a Bruxelles il 10 marzo 2009.
C. 3356 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Raffaello VIGNALI (PdL), presidente, in sostituzione del relatore Gava, illustra la Convenzione in esame, fatta a Bruxelles il 10 marzo 2009, che fissa il meccanismo di ridistribuzione delle spese di riscossione dei dazi doganali, indispensabile per l'applicazione del Codice doganale comunitario (regolamento (CE) n. 450/2008).
La procedura dello sdoganamento centralizzato, definita dall'articolo 106 del Codice doganale comunitario, offre agli operatori economici la possibilità di presentare

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la dichiarazione doganale elettronica all'ufficio doganale del luogo ove sono stabiliti, indipendentemente dal luogo in cui le merci entrano, escono o sono presentate nel territorio doganale dell'Unione europea. Il luogo della dichiarazione è, quindi, dissociato dal luogo in cui le merci sono fisicamente presentate e le responsabilità sono divise tra i differenti uffici coinvolti: la dogana di entrata o uscita è responsabile per la custodia e i controlli sulle merci, richiesti dall'ufficio doganale di importazione o esportazione. Si determinano, pertanto, alcune spese amministrative da compensare, perché alcune merci sono dichiarate per l'immissione in libera pratica in uno Stato membro, ma sono presentate alla dogana di un altro Stato membro. Da qui l'esigenza di una parziale ridistribuzione degli introiti derivanti dalle spese di riscossione, attualmente pari al 25 per cento degli importi da versare al bilancio dell'Unione europea a titolo di dazi, che sono trattenute allorché le risorse proprie tradizionali sono messe a disposizione del bilancio dello Stato.
Per quanto riguarda i contenuti, la Convenzione si compone di un Preambolo, che richiama i presupposti normativi comunitari dell'accordo, e di dieci articoli raggruppati in quattro capitoli.
L'articolo 1 definisce il campo di applicazione della Convenzione, ossia le procedure di ridistribuzione - che le Parti devono seguire in caso di sdoganamento centralizzato - in relazione alle spese di riscossione quando le risorse proprie sono messe a disposizione del bilancio dell'Unione europea.
L'articolo 2 contiene le definizioni utili alla precisa comprensione del testo della Convenzione. Il Capitolo II riguarda la determinazione e la ridistribuzione delle spese di riscossione.
L'articolo 3 prevede che lo Stato membro al quale appartiene l'autorità doganale che rilascia l'autorizzazione per l'immissione in libera pratica delle merci debba notificare le informazioni relative all'importo delle spese di riscossione da ridistribuire allo Stato membro cui appartiene l'autorità doganale che fornisce l'assistenza per il controllo della procedura e lo svincolo delle merci. L'articolo 3 specifica, inoltre, la natura delle informazioni che le autorità doganali delle due parti sono tenute a scambiarsi.
L'articolo 4 dispone che la Parte contraente in cui è stata presentata la dichiarazione in dogana ridistribuisca il 50 per cento delle spese di riscossione trattenute alla Parte contraente la cui autorità doganale riceve le merci e rilascia l'autorizzazione all'immissione in libera pratica.
L'articolo 5 stabilisce che il pagamento dell'importo delle spese di riscossione di cui al precedente articolo 4, deve essere effettuato nel mese nel corso del quale l'importo delle risorse proprie accertato è accreditato, così come previsto dalla normativa comunitaria sul sistema delle risorse proprie dell'Unione europea. Al riguardo, si ricorda che attualmente le risorse proprie sono rappresentate dai dazi doganali, dai diritti agricoli, dai contributi zucchero, da un'aliquota prelevata sulla base imponibile armonizzata dell'IVA e da un'altra aliquota prelevata sul reddito nazionale lordo. Il comma 2 sancisce il ritardo del pagamento entro il termine prescritto con l'applicazione di un interesse di mora e ne determina i criteri di calcolo.
Il Capitolo III, che contiene il solo articolo 6 prescrive che le eventuali controversie, qualora non ricomponibili per via negoziale, devono essere affidate ad un conciliatore.
Il Capo IV contiene le disposizioni finali, riguardanti il depositario della Convenzione, le modalità attraverso le quali è possibile modificare - come già accennato - la Convenzione, la procedura per il suo riesame (entro tre anni dalla data di applicazione del codice doganale aggiornato), nonché la procedura per la denuncia dell'accordo.
Il disegno di legge consta di tre articoli, recanti, le consuete disposizioni riguardanti,

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rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione, l'ordine di esecuzione della stessa e la data di entrata in vigore della legge fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, l'esecuzione della Convenzione in questione non comporta nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato.
Non essendo rilievi da formulare per quanto riguarda le competenze della X Commissione, formula una proposta di parere favorevole.

Nessuno chiedendo di parlare, la Commissione approva la proposta di parere del relatore

La seduta termina alle 14.40.