CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 28 aprile 2010
316.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 28 aprile 2010. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 11.35.

Delega al Governo in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.
Emendamenti C. 1441-quater/E Governo, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

Isabella BERTOLINI (PdL), presidente e relatore, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 e l'emendamento 20.100 del Governo non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 11.40.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 28 aprile 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Intervengono il ministro per la semplificazione

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normativa Roberto Calderoli, il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico ed i sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio Francesco Belsito e Aldo Brancher.

La seduta comincia alle 14.20.

Semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative e Carta delle autonomie locali.
C. 67 Stucchi, C. 68 Stucchi, C. 711 Urso, C. 736 Mogherini Rebesani, C. 846 Angela Napoli, C. 2062 Giovanelli, C. 2247 Borghesi, C. 2471 Di Pietro, C. 2488 Ria, C. 2651 Mattesini, C. 2892 Reguzzoni e C. 3118 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato da ultimo, nella seduta del 27 aprile 2010.

Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI) esprime il timore che l'importanza del provvedimento in esame, quale potenziale strumento di riorganizzazione della governance multilivello, venga sottovalutata e fa presente come tale provvedimento sia a tal punto essenziale da costituire il presupposto per tutte le altre decisioni da prendere per l'attuazione del federalismo.
Ritiene essenziale che l'intervento in questione tenga presente il disegno di fondo sotteso alla riforma del titolo V della parte II della Costituzione, nel quale il mantenimento del gettito tributario nei territori in cui esso è prodotto non era l'obiettivo principale, ma solo un corollario. L'obiettivo principale di quel disegno strategico era la semplificazione del sistema istituzionale a tutti i livelli come presupposto per la semplificazione delle procedure amministrative: se non è chiaro chi ha la responsabilità di una decisione non è possibile, infatti, semplificare le procedure amministrative, che è quello che ci si propone da decenni. Il disegno riformatore sotteso al nuovo titolo V, nel sancire il principio della equiordinazione delle istituzioni territoriali, anziché della subordinazione gerarchica degli enti territorialmente minori ai maggiori e allo Stato, impone di specializzare la missione dei diversi livelli di governo. Il codice delle autonomie ha una funzione essenziale nell'attuazione di questo disegno, in quanto deve definire quale sia la missione specifica di ciascun livello di governo.
Rileva che da questo punto di vista, il disegno di legge del Governo appare poco ambizioso, limitandosi ad elencare le funzioni fondamentali dei diversi enti, senza individuare la missione specifica di ciascuno di essi. Occorrerebbe invece un intervento più radicale. A suo avviso, si dovrebbe innanzitutto distinguere tra la regione e gli enti locali: alla regione dovrebbero spettare solo la funzione legislativa e la funzione di programmazione, nonché i compiti relativi allo sviluppo economico del territorio, mentre l'erogazione dei servizi dovrebbe essere di competenza di comuni e province. Più precisamente, ai comuni dovrebbe competere la gestione dei servizi alla persona, cosiddetti di prossimità, e di quelli alle imprese operanti sul territorio, mentre le province dovrebbero occuparsi dei servizi a rete: non solo di quelli caratterizzati da una rete materiale, ma di tutti quelli per i quali si rinviene l'esigenza di una gestione unica a livello territoriale ampio, come i servizi scolastici. Se non si definisce la missione istituzionale di ciascun livello di governo, l'elencazione delle funzioni rischia di essere caotica, come è quella del disegno di legge in esame.
Osserva che la specializzazione di ciascun livello di governo, in un sistema nel quale non esiste più un rapporto gerarchico tra i livelli di governo, è indispensabile per evitare che, come succede oggi, tutti gli enti si occupino di tutto, intralciandosi reciprocamente. Questo moltiplica gli apparati, e quindi la spesa, e crea confusione per i cittadini e per le imprese, che non sanno più a chi devono rivolgersi per ottenere un servizio o un'autorizzazione. Senza una definizione chiara dei compiti non sarà possibile procedere all'indispensabile opera di sfoltimento della

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attuale «giungla» di migliaia di enti pubblici, il cui costo è insostenibile sotto il profilo finanziario. Per attuare il federalismo, il legislatore statale deve risolvere questi problemi e per farlo deve avere il coraggio di imporre alle autonomie territoriali anche una riforma non condivisa, sia pure dopo aver ascoltato e valutato le loro ragioni e obiezioni. La riforma deve ripensare il sistema istituzionale mettendolo al servizio del cittadino e non del ceto politico, altrimenti non si arriverà a quel cambiamento che è indispensabile per la competitività del sistema Paese.
Premesso poi che sugli aspetti di dettaglio si soffermerà nella fase di esame degli emendamenti, desidera segnalare fin d'ora alcuni punti fondamentali. Innanzitutto, sottolinea la necessità di definire un quadro unitario in materia di controlli interni e di bilanci degli enti territoriali. La standardizzazione dei documenti di bilancio e delle procedure di valutazione delle prestazioni è infatti una precondizione per la determinazione dei costi standard, senza i quali il federalismo fiscale non può funzionare. In secondo luogo, suggerisce che i collegi sindacali e i controlli interni potrebbero esser valorizzati prevedendo che siano espressione delle opposizioni presenti nei consigli, anziché delle giunte, come avviene oggi, il che permetterebbe nel contempo di rafforzare le assemblee elettive, delle quali è stato lamentato l'indebolimento rispetto agli esecutivi.

Paolo FONTANELLI (PD) concorda con la collega Lanzillotta sulla rilevanza del provvedimento in esame, volto a riformare il sistema delle autonomie locali ed elemento essenziale per portare avanti in maniera costruttiva il confronto sul federalismo fiscale.
Ricorda come il suo gruppo avesse evidenziato, sin dall'avvio della discussione del disegno di legge poi divenuto legge n. 42 del 2009, la necessità di assicurare una continuità tra il federalismo fiscale e le funzioni proprie del sistema degli enti locali. Da questo punto di vista sarebbe anche opportuna una accelerazione dell'esame del provvedimento in titolo ma è a tutti evidente che sono necessari seri ed attenti approfondimenti.
Si sofferma, quindi, sui recenti dati pubblicati dagli organi di stampa da cui emerge una grande varietà di situazioni per quanto attiene alle entrate tributarie ed alle spese nelle città capoluogo di regione, varietà che prescinde anche dalla collocazione geografica. È quindi ancora più evidente l'esigenza di procedere con cautela e con attente valutazioni su ciò che riguarda il federalismo fiscale: diversamente, il rischio è quello di approvare provvedimenti che portano a risultati diversi da quelli della riduzione dei costi e del miglioramento dell'efficienza.
Rileva come da parte del suo gruppo siano state più volte definite come improprie le anticipazioni operate con le disposizioni - contenute nel disegno di legge C. 3118 - e poi confluite nella legge finanziari per il 2010 e nel decreto-legge n. 2 del 2010. Si è, infatti, trattato di un intervento che ha corrisposto soprattutto ad una logica elettorale, in disarmonia con quanto aveva invece sottolineato nella seduta di ieri il collega Volpi.
Ribadisce quindi come tale scelta non abbia contribuito a creare un clima più costruttivo, necessario soprattutto su temi come questo, rispondendo più ad un orientamento dirigista che ad una volontà reale di dialogo con gli enti territoriali.
Evidenzia come non sia possibile sottovalutare il ruolo ed il peso degli enti locali di fronte ad una situazione della finanza locale che, in particolare per i comuni, sta diventando sempre più grave e soffocante, come è recentemente emerso anche da manifestazioni di sindaci. Di fatto, oggi si è arrivati a svuotare i comuni di quella parte di autonomia fiscale che avevano acquisito con l'introduzione dell'ICI nel 1992. Si è infatti tornati ad un regime di finanza derivata e, al tempo stesso, gli amministratori locali vivono il Patto di Stabilità e crescita come una cappa insostenibile, con una situazione di grande incertezza. Il provvedimento in discussione ha quindi il compito di cercare di definire un quadro di riferimento.

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Sottolinea come dalle stesse audizioni dei professori universitari, svolte dalla I Commissione, emergono aspetti condivisi da tutti, a partire dalla necessità di una seria ed ulteriore riflessione sul testo, di cui è stata sottolineata la parzialità e l'assenza di organicità ed in cui permangono ambiguità sulle competenze e rischi di dare luogo a conflitti istituzionali. La stessa disposizione recante una delega legislativa al Governo per l'elaborazione di una Carta delle autonomie è apparsa debole, con la necessità di introdurre norme che ne precisino i profili problematici e gli aspetti carenti.
Evidenzia come il suo gruppo avvii la discussione del provvedimento in esame con quello stesso spirito positivo e fattivo che vi era stato nell'esame della legge n. 42 del 2009. Resta tuttavia ferma la necessità di disporre del tempo necessario e di un impegno superiore alla norma da parte dell'intera Commissione per un reale miglioramento del testo, che lo renda in primo luogo più organico.
Ritiene tale aspetto necessario anche per recuperare i danni causati finora: non ritiene infatti positivo aver favorito una lettura del ruolo degli enti locali quali istituzioni che si caratterizzano per costi e sprechi - come avvenuto nel corso dell'esame della legge finanziaria per il 2010 e del decreto-legge n. 2 del 2010 - anziché ragionare su come razionalizzare i costi partendo dal ruolo centrale degli enti locali. Come evidenziato dal collega Giovanelli, c'è un elemento di democrazia da considerare.
Ritiene altresì allarmante quanto emerso dai dati relativi alla partecipazione alle recenti elezioni regionali e amministrative. Ribadisce quindi come anche la vita democratica degli enti locali costituisca un elemento fondante e come l'aver agito in quei termini abbia costituito una ferita al valore della rappresentanza, spostando l'attenzione da un principio di rappresentatività a un dibattito sui costi, senza sicuramente favorire la partecipazione.
Per quanto attiene al tema delle circoscrizioni, ricorda di aver espresso perplessità sin dall'inizio, non condividendo un'impostazione che considera come un peso e non come una risorsa la partecipazione a forme di rappresentanza che coinvolgono i cittadini. È noto che di recente si è diffusa la costituzione di consigli territoriali di partecipazione a base volontaria e gratuita poiché si sente la necessità di un'interlocuzione. A suo avviso un ragionamento andrebbe fatto, invece, sulle disposizioni che riguardano i compensi.
Ritiene inoltre non condivisibile la decisione di abolire la figura del difensore civico, che era nella discrezionalità dei singoli comuni, soprattutto alla luce delle esigenze di trasparenza. Ritiene infatti che il messaggio da dare sia quello di una democrazia efficiente, che dà risposte, e non solo che produce oneri e che va quindi ridimensionata.
Considera altresì importante la valorizzazione dell'autonomia, come evidenziato dal collega Giovanelli. Su tali profili ritiene utile un lavoro comune per migliorare alcuni aspetti. Rileva come certamente il ruolo del consiglio rispetto a quello dell'esecutivo vada rafforzato, ma questo non può passare attraverso la mozione di sfiducia: l'aspetto su cui concentrarsi maggiormente attiene, a suo avviso, ad una valorizzazione del potere di controllo e di verifica sull'indirizzo strategico in capo al consiglio.
Per quanto riguarda gli assetti organizzativi, condivide un'impostazione che va verso l'obbligatorietà della gestione associata dei comuni più piccoli, con una soglia che potrà essere quella di 3.000 o di 5.000 abitanti. Rileva come in Italia, dove i comuni sono circa 8.200, è complesso ipotizzare un decremento del loro numero come avvenuto in altri Paesi europei, anche per una questione di identità. Sicuramente invece una strada da seguire per ridurre i costi ed aumentare l'efficienza è quella della gestione associata.
In merito alle funzioni, se è vero che vi è una spinta conservatrice, ritiene tuttavia opportuno guardare con fiducia a questo processo sulla base del binomio di autonomia e responsabilità, due profili da

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tenere uniti in un percorso che deve portare ad una sostanziale semplificazione, che eviti duplicazioni, pur nella consapevolezza che questo non sarà probabilmente possibile in tutte le materie. Ritiene che la via più giusta da seguire sia quella di un'impostazione che attribuisce ai comuni ciò che attiene all'erogazione dei servizi ai cittadini ed alle province la parte in cui vi è un ruolo di coordinamento sovracomunale e di rete. In merito a quanto previsto dal disegno di legge C. 3118, rileva come non possa non essere posto in capo ai comuni ciò che riguarda il governo del territorio, l'urbanistica, l'edilizia nonché, in futuro, il catasto. In tale quadro, è impensabile che, svolgendo tali funzioni, i comuni non influenzino poi la stessa economia del territorio.
Ritiene poi necessario lavorare per definire elementi di chiarezza e di razionalizzazione per quanto attiene alle città metropolitane, realtà istituzionali previste dalla Costituzione ma allo stato mere chimere.
Ritiene, infine, importante un intervento che coinvolga anche il riordino delle amministrazioni statali e la distribuzione delle funzioni. Ricorda come il presidente dell'ANCI della Lombardia abbia ricordato come il totale delle imposte versate dai cittadini confluisce per il 77,5 per cento alle casse dello Stato e solo per la restante parte vada a vantaggio degli enti territoriali. Sottolinea quindi l'importanza di affrontare anche il tema dei costi e delle funzioni dello Stato.
Ricorda, ad esempio, che i comuni in cui hanno sede i tribunali in base ad una legge del 1942 devono farsi carico delle spese di funzionamento della giustizia ed hanno, in tempi lunghi, il rimborso dallo Stato per una quota non superiore all'80 per cento. Si tratta di una funzione che non può che essere di competenza statale ma che di fatto grava sui comuni.
Serve quindi una reale opera di razionalizzazione e di miglioramento.

Donato BRUNO, presidente, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione.
C. 3209-bis Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato da ultimo, nella seduta del 27 aprile 2010.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.10.