CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 27 aprile 2010
315.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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INDAGINE CONOSCITIVA

Martedì 27 aprile 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 9.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

Donato BRUNO, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 3209-bis Governo recante «Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione».
Audizione di rappresentanti di Confindustria.
(Svolgimento e conclusione).

Donato BRUNO, presidente, introduce l'audizione.

Giampaolo GALLI, Confindustria, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

Interviene, per porre quesiti e formulare osservazioni, il deputato Raffaele VOLPI (LNP).

Giampaolo GALLI, Confindustria, e Marcella PANUCCI, Confindustria, rispondono ai quesiti posti e rendono ulteriori precisazioni.

Interviene, per porre quesiti e formulare osservazioni, il deputato Andrea ORSINI (PdL), relatore sul disegno di legge C. 3209-bis Governo.

Giampaolo GALLI, Confindustria, risponde ai quesiti posti e rende ulteriori precisazioni.

Donato BRUNO, presidente, dichiara conclusa l'audizione.

La seduta, sospesa alle 9.40, riprende alle 9.45.

Audizione di rappresentanti di Casartigiani, CNA, Confapi, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti.
(Svolgimento e conclusione).

Donato BRUNO, presidente, introduce l'audizione, salutando i rappresentanti di Casartigiani, CNA, Confapi, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti.

Cesare FUMAGALLI, Confartigianato, svolge, anche a nome di Casartigiani, CNA, Confcommercio e Confesercenti, una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

Intervengono per formulare osservazioni i deputati Oriano GIOVANELLI (PD) e Roberto ZACCARIA (PD).

Armando OCCHIPINTI, Confapi, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

Intervengono, per porre quesiti e formulare osservazioni, i deputati Raffaele VOLPI (LNP) e Pierluigi MANTINI (UdC).

Cesare FUMAGALLI, Confartigianato, e Armando OCCHIPINTI, Confapi, rispondono ai quesiti posti e rendono ulteriori precisazioni.

Il deputato Andrea ORSINI (PdL), relatore sul disegno di legge C. 3209-bis Governo, svolge alcune considerazioni conclusive.

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Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire ringrazia i partecipanti e dichiara conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10.45.

N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

SEDE REFERENTE

Martedì 27 aprile 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Intervengono i sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio Francesco Belsito e Aldo Brancher e il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 11.35.

Semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative e Carta delle autonomie locali.
C. 67 Stucchi, C. 68 Stucchi, C. 711 Urso, C. 736 Mogherini Rebesani, C. 846 Angela Napoli, C. 2062 Giovanelli, C. 2247 Borghesi, C. 2471 Di Pietro, C. 2488 Ria, C. 2651 Mattesini, C. 2892 Reguzzoni e C. 3118 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato da ultimo, nella seduta del 22 aprile 2010.

Mario TASSONE (UdC) intende svolgere alcune valutazioni sulla ratio del provvedimento governativo C. 3118.
È noto l'intenso lavoro svolto al riguardo dall'Esecutivo, anche nell'ambito della Conferenza Stato-regioni, che tuttavia non ha consentito di giungere ad una conclusione, come emerso dalla presa di posizione dei Presidenti dell'ANCI, dell'UPI e della Conferenza delle regioni sulle audizioni programmate dalla I Commissione.
Ricorda come, con riguardo al disegno di legge C. 3118, si sia parlato di «intervento rivoluzionario» volto all'ammodernamento dell'apparato pubblico e ad una maggiore razionalizzazione, nella direzione da tutti auspicata. Deve invece prendere atto che l'articolato del Governo non corrisponde agli auspici iniziali, intervenendo in gran parte su questioni già affrontate in altri provvedimenti, recentemente approvati dal Parlamento.
Rileva, in particolare, come nel provvedimento del Governo non vi siano reali misure innovative rispetto al funzionamento dei comuni, delle province e delle comunità montane. Evidenzia inoltre che argomenti quali la figura del difensore civico o del direttore generale sono stati già oggetto di discussione e definizione nel corso dell'esame del decreto-legge n. 2 del 2010, recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni.
Ritiene quindi che non vi sia il superamento di problemi nodali; lo stesso federalismo fiscale è, a suo avviso, solo un modo per evitare di affrontare il tema del federalismo inteso come nuova articolazione dello Stato. Nel disegno di legge del Governo non vi è dunque traccia di una nuova configurazione dell'assetto territoriale del Paese, nonostante tale provvedimento fosse atteso da tempo con l'auspicio di poter giungere a chiarimenti quanto mai necessari. Il disegno di legge si presenta, invece, come un mero commento a provvedimenti vigenti dal 1990.
Rileva come, nello sfondo, rimanga la questione - connessa anche a profili culturali -concernente il ruolo da affidare alle regioni nell'ambito di un assetto federale: se non si dà soluzione a tale aspetto rimarrà a suo avviso un forte squilibrio. Sottolinea, inoltre, come non sia ininfluente il diverso ruolo che connota le province e i comuni che fanno parte delle regioni a statuto speciale rispetto a quelli appartenenti alle regioni ordinarie. L'interrogativo cogente attiene quindi a come risolvere tali grandi questioni. Lo stesso vale per i consorzi degli enti locali e per le comunità montane, che investono una serie di problemi tuttora irrisolti.

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Ritiene altresì opportuno un chiarimento su quanto attiene agli uffici territoriali: resta, infatti, nell'ombra la tematica che attiene alle prefetture. Se, da una parte, si parla di una loro abolizione, dall'altra parte si enuncia una volontà di rafforzarle: in proposito ritiene che non si possa non tenere conto del ruolo differente che hanno assunto nel corso dell'evoluzione storica.
Si sofferma, quindi, sulle questioni che investono le città metropolitane nonché l'importante tematica che attiene ai controlli. Al riguardo, rileva come l'articolato del Governo faccia riferimento principalmente alle funzioni di revisione dei conti; a suo avviso, l'aspetto principale attiene al controllo sugli atti dei comuni e degli enti partecipati, anche a prescindere dal processo di liberalizzazione in atto. Rileva come il ruolo dei segretari comunali appaia sempre più sbiadito e si sorprende del fatto che il Ministero dell'interno non intenda invece intervenire per un suo rafforzamento.
Sottolinea, inoltre, come non vi siano riferimenti riguardo al ruolo dei consigli comunali: in proposito, preannuncia l'intenzione di presentare un emendamento che recuperi lo spirito della sua proposta di legge C. 588 in materia di mozione di sfiducia nei confronti degli organi di governo del comune e della provincia. Tale proposta è infatti volta a recuperare il ruolo dei consigli comunali che si sta invece sgretolando, come d'altronde avviene per il Parlamento.
Ritiene, infine, un vulnus per la democrazia la prevista abolizione dei consigli circoscrizionali, a fronte di esigui risparmi di spesa che al massimo si potevano ottenere consentendo di svolgere tale funzione senza la relativa indennità.
Chiede quindi chiarimenti al Presidente sull'articolazione dei lavori della Commissione in merito al provvedimento in esame.

Donato BRUNO, presidente e relatore, rileva che, a seguito di quanto convenuto nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della I Commissione del 21 aprile scorso, ha provveduto a sottoporre all'attenzione del Presidente della Camera l'esigenza di differire di quindici giorni il termine per la conclusione della discussione in Assemblea del disegno di legge C. 3118, attualmente fissato al 15 maggio 2010. Fa presente che nella giornata di domani è prevista una riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo che dovrebbe esaminare anche tale questione.
Alla luce delle decisioni che assumerà la Conferenza dei presidenti di gruppo, nella giornata di domani, sarà dunque ridefinita - nell'ambito della riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della I Commissione prevista per giovedì 29 aprile - l'organizzazione dei lavori per l'esame dei provvedimento in titolo.

Pierguido VANALLI (LNP), richiamato l'intervento del deputato Tassone, ricorda che il controllo esterno sugli atti amministrativi degli enti locali è stato abolito da anni e che i comuni si sono organizzati per svolgere i controlli al proprio interno: si tratta di un principio acquisito che non può essere rimesso in discussione. Quanto alla perdita di peso dei consigli comunali, fa presente che il provvedimento in esame, in controtendenza rispetto alle riforme degli ultimi anni, che hanno rafforzato gli esecutivi, si sforza di riequilibrare i rapporti di forza interni agli organi comunali, spostando verso il consiglio alcune competenze della giunta. È vero poi che l'intervento sulle circoscrizioni comunali forse non riduce i costi della politica, ma certamente contribuisce alla semplificazione del sistema istituzionale e alla eliminazione di enti inutili. A questo proposito, per inciso, ricorda che il gruppo cui appartiene il deputato Tassone non sostenne la riforma costituzionale approvata dal centrodestra nel 2005, la quale prevedeva, tra l'altro, la riduzione del numero dei parlamentari e il superamento del bicameralismo perfetto. Quanto infine alla dichiarazione provocatoria del deputato Tassone, secondo cui, visto che progressivamente si sono spogliati i prefetti di molti compiti, tanto varrebbe sopprimerli, il suo

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gruppo è pronto a prenderla sul serio e a discuterla.
Conclude osservando che sarebbe certamente utile se la Commissione potesse disporre di qualche giorno in più per esaminare il provvedimento, trattandosi di un testo complesso e importante, che segna un ulteriore passo avanti in direzione della riforma federalista del Paese.

Oriano GIOVANELLI (PD) rileva con rammarico che il dibattito parlamentare in corso non rende merito al provvedimento in esame, che è di importanza fondamentale nell'attuazione del disegno di riforma costituzionale del 2001 e del federalismo fiscale, e che è stato lungamente atteso dalle autonomie territoriali. Dopo aver ricordato che la Repubblica delle autonomie territoriali delineata dalla riforma del titolo V della parte II della Costituzione non è soltanto un diverso ordinamento fiscale o finanziario del Paese, ma un nuovo modello di ordinamento generale che aspira ad essere più efficiente e meno costoso, fa presente che quello in esame è il provvedimento più importante per l'attuazione di questo modello.
È stato sostenuto, nel corso delle audizioni svolte giovedì scorso, che la riforma del titolo V è stata timida e che si sarebbe potuto osare di più accentuando il ruolo delle regioni anziché equiparare i livelli di Governo come fa il nuovo articolo 114 della Costituzione. A suo avviso, vi sono in ogni caso i margini, anche con l'attuale articolo 114 della Costituzione, per rafforzare le autonomie regionali. Se non si insiste in questa direzione, è difficile pensare di cambiare alcunché e di addivenire ad un sistema davvero autonomistico. Rispetto a questa esigenza, il disegno di legge in esame non appare pienamente soddisfacente: si limita a ratificare l'esistente, senza tentare di cambiarlo.
In ogni caso, il titolo V della parte II della Costituzione impone di assumere una prospettiva di sistema. Sarebbe sbagliato pensare che possa cambiare soltanto lo Stato e non anche gli altri soggetti istituzionali della Repubblica. Serve una visione d'insieme, che si può definire tenendo presenti tre requisiti che devono essere tutti soddisfatti: democrazia, autonomia, efficacia.
Sotto il primo profilo, va detto che regioni, province e comuni svolgono un ruolo fondamentale nel radicamento della democrazia in Italia. Se c'è una crisi della democrazia è perché c'è una crisi della rappresentanza. Questa va affrontata potenziando, e non sminuendo, la rappresentanza popolare al livello istituzionale più vicino agli elettori, quello comunale. Per questo, se la riduzione del numero degli assessori può essere condivisibile, non lo è la riduzione del numero dei consiglieri comunali. La riduzione indiscriminata delle assemblee rappresentative rischia infatti di danneggiare la democrazia. Un discorso analogo può svolgersi per le circoscrizioni di decentramento comunale. Sono organi che hanno il compito fondamentale di trasmettere la voce dei cittadini alle istituzioni. È innegabile che esista anche un problema di costi delle istituzioni, ma questo può essere risolto anche in altri modi, per esempio ammettendo il mandato elettorale a titolo gratuito. Contemporaneamente, occorre trasformare le assemblee rappresentative, rafforzandone le funzioni di indirizzo e controllo e diminuendone quelle di decisione amministrativa.
Sotto il profilo dell'autonomia, va detto innanzitutto che l'autonomia statutaria degli enti locali è una conquista importante, da difendere, contro ogni timore di possibile uso distorto della stessa. Quanto all'autonomia organizzativa, va sottolineata l'importanza dell'esistenza, all'interno delle amministrazioni locali, di figure manageriali scelte dalle amministrazioni locali stesse. La figura del direttore generale qualifica in senso positivo l'amministrazione, come è emerso dai dati forniti nel corso delle audizioni, e dovrebbe essere prevista anche nei comuni con meno di quindicimila abitanti. Quanto invece all'autonomia amministrativa, occorre resistere a ogni tentazione di ripristinare i controlli esterni. Serve semmai rafforzare i controlli interni e promuovere i rapporti di collaborazione tra le

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amministrazioni locali e la Corte dei conti; serve rendere obbligatorio il controllo strategico e il bilancio consolidato. Si tratta di misure che il disegno di legge C. 3118 prevede, anche se all'interno di un meccanismo eccessivamente complesso, che forse potrà essere semplificato in sede emendativa.
Sotto il profilo dell'efficacia, infine, va detto che appare poco convincente la scelta di non comprendere tra le funzioni fondamentali dei comuni la promozione dello sviluppo economico e di configurare in termini di mera partecipazione la competenza dei comuni in materia di pianificazione urbanistica. È giusto invece prevedere, come fa il disegno di legge in esame, che alcune funzioni debbano essere obbligatoriamente esercitate in forma associata. Appare peraltro contraddittorio, nel momento in cui opportunamente si promuovono le gestioni associate, colpire le comunità montane, che rappresentano allo stato la più importante forma di gestione associata di funzioni; senza contare che l'articolo 44 della Costituzione vincola il legislatore a tenere conto delle esigenze delle zone montane, che formano la gran parte del territorio italiano. È essenziale poi che sulle varie forme di gestione associata di funzioni svolga un ruolo di controllo la regione. Anche a questo fine sarebbe opportuno tentare di valorizzare, come sedi di dialogo tra la regione e gli enti locali, i consigli delle autonomie locali previsti dalla Costituzione.
Di grande interesse è poi la proposta avanzata dal disegno di legge C. 3118 in merito agli uffici territoriali del Governo. Su questo fronte occorrerebbe procedere più speditamente, la delega biennale rischia di essere troppo lunga. È indispensabile razionalizzare al più presto il sistema dell'amministrazione periferica dello Stato, trasferendo agli altri livelli di governo tutte le funzioni che non ha più senso che siano svolte dallo Stato. È qui infatti che si annidano i maggiori sprechi di risorse pubbliche.
Quanto alle province, la sua parte politica è contraria alla loro soppressione, come ha già avuto modo di chiarire in occasione della discussione delle proposte di legge vertenti su questa materia, ma è certamente favorevole a una revisione delle loro circoscrizioni in vista di una riduzione di numero. Altrettanto importante sarebbe la riduzione del numero dei comuni, che si potrebbe conseguire incoraggiando la fusione di comuni.

Raffaele VOLPI (LNP) rileva come il collega Giovanelli, nel proprio intervento, abbia voluto lanciare una sfida a lavorare su un provvedimento che ha molti significati, ricordando che quando si parla di enti territoriali si fa riferimento ad una parte di storia importante del Paese che oltretutto, chi ha esperienza diretta di amministrazione locale, conosce bene, con particolare riguardo a tutti i profili che attengono al rapporto con i cittadini.
Ritiene, infatti, che chi svolge un ruolo politico non possa mettersi in una posizione di terzietà, dovendo piuttosto raccogliere e tenere conto dei bisogni che emergono quotidianamente nella vita dei cittadini, traendone spunti per l'azione politica.
A suo avviso, quindi, a prescindere da interventi correttivi che potranno essere apportati, il provvedimento governativo investe una concezione essenziale della democrazia che è quanto mai importante in un intervento normativo che concerne gli enti territoriali.
Rileva come le scelte che si decide di operare sulla base di esigenze emerse dai cittadini possono a volte apparire difficili ed impopolari, ma vanno portate avanti sulla base di un principio di responsabilità che non deve farsi influenzare da una mera logica elettorale.
Sottolinea, quindi, come il disegno di legge C. 3118 contenga importanti interventi, volti in primo luogo all'eliminazione di sovrastrutture, che certamente andranno coordinati con le disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2010 e nel decreto-legge n. 2 del 2010 in materia di enti locali e regioni. Ribadisce quindi la necessità di operare le scelte sulla base dei principi di responsabilità e rappresentatività, senza trovare alibi o motivazioni per rinviarne l'efficacia.

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Rileva come, a suo avviso, occorra altresì prevedere verifiche di responsabilità nei confronti delle cosiddette società municipalizzate, affinché si giunga ad una logica che porti alla sostituzione di coloro che, nella gestione, hanno dato luogo a risultati negativi e ad un'esposizione debitoria rilevante di tali società.
Ritiene che sia responsabilità del Parlamento la previsione di norme generali e valide per tutti, che non siano riferite unicamente ad alcune esperienze dirette che attengono a determinati territori.
Per quanto riguarda le comunità montane, ritiene configurabile nel territorio la previsione di unioni di comuni di cui le prime sono la parte pioneristica, consentendo di esaltarne le specificità anche individuando forme differenti. A suo avviso è importante attribuire alle comunità montane forme di riconoscibilità omogenee rispetto alle altre.
Ritiene che in questo nuovo sistema - in cui ci sarà sicuramente spazio per il contributo di tutti - è fondamentale la questione dei nuovi livelli strategici. Si prevedono infatti interventi sulle funzioni, sui livelli di responsabilità, sulla revisione delle province stesse, facendo il possibile per giungere ad un rilancio del territorio che coniughi le esigenze di omogeneità con le vocazioni delle singole realtà.
Rileva come, su un livello di territorio che è già area vasta come la provincia, l'intenzione è quella di dare gli strumenti affinché sia possibile definire indirizzi di sviluppo oltre a quelli correttivi dell'esistente. È infatti difficile in un piccolo comune elaborare strategie senza aver prima individuato le forme organizzative di aggregazione che possono consentire interventi efficaci ed economicamente sostenibili. Nel disegno di legge C. 3118 vi sono, dunque, gli strumenti per rispondere a questa esigenza, tanto più importante in un momento di difficoltà come quello attuale. Sottolinea, infatti, come sia fondamentale un'impostazione che parte dagli enti locali, ovvero da una coesione che viene dal basso piuttosto che fondata su geografie artefatte e lontane dalla realtà dei territori.
Richiama, quindi, le questioni che attengono ai ruoli, soffermandosi in particolare sulla paventata sovrapposizione tra il segretario comunale ed il direttore generale dei comuni. Rileva come si tratti di profili di particolare delicatezza sottolineando come non possa che attribuirsi un ruolo di terzietà al segretario comunale nel momento in cui si ritenga necessaria la funzione di garanzia che esso svolge. Occorre, in particolare, chiarire la differenza tra chi è chiamato ad attuare la linea politica della maggioranza e chi invece svolge una funzione di garanzia anche nel rapporto con il consiglio comunale. Se si vuole infatti una figura autorevole, terza e «protetta», che svolga tali funzioni, tale figura istituzionale può assumere un ruolo importante.
Rileva infine come, seppure sono stati necessari circa due anni per giungere alla discussione del provvedimento in esame, era molto tempo che si attendeva un intervento normativo di tale portata su una materia quale quella in discussione, che necessariamente richiede serietà intellettuale, tempo ed adeguate riflessioni, con un primario coinvolgimento degli enti locali. L'intenzione è quindi quella, senza preclusioni da parte di nessuno, di giungere all'approvazione di un solido tassello che costituisca la base della piramide per la revisione dell'architettura dello Stato, che non può non partire dagli enti locali nell'ambito di un percorso caratterizzato da serietà e riflessione.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione.
C. 3209-bis Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 15 aprile 2010.

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Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.45.

ATTI COMUNITARI

Martedì 27 aprile 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 12.45.

Modifica del regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio che istituisce un'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (Frontex).
COM(2010)61 def.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 22 aprile 2010.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 27 aprile 2010.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 12.50 alle 12.55.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 27 aprile 2010. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 13.35.

Delega al Governo in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.
C. 1441-quater/D Governo, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica.

(Parere alla XI Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazioni).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Isabella BERTOLINI, presidente e relatore, ricorda che il disegno di legge C. 1441-quater-D è stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, per una nuova deliberazione, con messaggio del 31 marzo 2010, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione.
Ricorda inoltre che, nella seduta del 14 aprile scorso, la XI Commissione ha deliberato di proporre all'Assemblea la limitazione della discussione del provvedimento alle sole parti ritenute oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica, e dunque, precisamente, ai soli articoli 20, 30, 31, 32 e 50: tale proposta è stata approvata dall'Assemblea nella seduta del 20 aprile scorso.
La I Commissione è quindi chiamata ad esprimere il parere di competenza con riferimento ai suddetti articoli, come modificati dalla XI Commissione Lavoro nel corso dell'esame in sede referente.
Rileva che, nel messaggio del Capo dello Stato, si evidenzia come l'esame in sede referente del provvedimento si sia concentrato alla Camera nella Commissione lavoro e al Senato nelle Commissioni affari costituzionali e lavoro, sottolineando come la Commissione affari costituzionali della Camera sia intervenuta esclusivamente in sede consultiva. La nuova deliberazione si fonda quindi sulla problematicità - evidenziata dal Presidente Napolitano - di alcune disposizioni che disciplinano temi di indubbia delicatezza sul piano sociale, attinenti alla tutela del diritto alla salute e di altri diritti dei lavoratori temi.

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Si riferisce, specificamente, all'articolo 31 che modifica le disposizioni del codice di procedura civile in materia di conciliazione ed arbitrato nelle controversie individuali di lavoro e all'articolo 20 relativo alla responsabilità per le infezioni da amianto subite dal personale che presta la sua opera sul naviglio di Stato.
Per quanto riguarda l'articolo 31, nel messaggio si evidenzia come l'introduzione nell'ordinamento di strumenti idonei a prevenire l'insorgere di controversie ed a semplificarne ed accelerarne le modalità di definizione possa risultare certamente apprezzabile e merita di essere valutata con spirito aperto: ma occorre verificare attentamente che le relative disposizioni siano pienamente coerenti con i principi della volontarietà dell'arbitrato e della necessità di assicurare una adeguata tutela del contraente debole, come costantemente affermato in numerose pronunce dalla Corte costituzionale.
Per il Presidente della Repubblica destava quindi serie perplessità la previsione del precedente comma 9 dell'articolo 31, secondo cui la decisione di devolvere ad arbitri la definizione di eventuali controversie può essere assunta non solo in costanza di rapporto allorché insorga la controversia, ma anche nel momento della stipulazione del contratto, attraverso l'inserimento di apposita clausola compromissoria: la fase della costituzione del rapporto è infatti il momento nel quale massima è la condizione di debolezza della parte che offre la prestazione di lavoro.
Del resto, sottolinea il Presidente, l'esigenza di verificare che la volontà delle parti di devolvere ad arbitri le controversie sia «effettiva» risulta dalla stessa formulazione del comma 9, che affida tale accertamento agli organi di certificazione di cui all'articolo 76 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003. Garanzia che peraltro non appare sufficiente, perché tali organi - anche a prescindere dalle incertezze sull'ambito dei relativi poteri, che scontano più generali difficoltà di «acclimatamento» dell'istituto - non potrebbero che prendere atto della volontà dichiarata dal lavoratore, una volta che sia stata confermata in una fase che è pur sempre costitutiva del rapporto e nella quale permane pertanto una ovvia condizione di debolezza.
Ulteriori motivi di perplessità richiamati dal Capo dello Stato discendono dalla circostanza che, ai sensi della formulazione proposta dell'articolo 412 del codice di procedura civile - contenuta nel precedente comma 5 dell'articolo 31 - la clausola compromissoria può ricomprendere anche la «richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento».
Perplessità ulteriori, ad avviso del Presidente della Repubblica, suscitava l'estensione della possibilità di ricorrere a tale tipo di arbitrato anche in materia di pubblico impiego: in tal caso è particolarmente evidente la necessità di chiarire se ed a quali norme si possa derogare senza ledere i princìpi di buon andamento, trasparenza ed imparzialità dell'azione amministrativa sanciti dall'articolo 97 della Costituzione.
In sostanza, il Presidente sottolinea come l'obiettivo che si intende perseguire è quello di una incisiva modifica della disciplina sostanziale del rapporto di lavoro che si è finora prevalentemente basata su normative inderogabili o comunque disponibili esclusivamente in sede di contrattazione collettiva. E in effetti, l'esigenza di una maggiore flessibilità risponde a sollecitazioni da tempo provenienti dal mondo dell'imprenditoria, alle quali le organizzazioni sindacali hanno mostrato responsabile attenzione guardando anche alla competitività del sistema produttivo nel mercato globale. Si tratta, pertanto, di un intendimento riformatore certamente percorribile, ma che deve essere esplicitato e precisato, non potendo essere semplicemente presupposto o affidato in misura largamente prevalente a meccanismi di conciliazione e risoluzione equitativa delle controversie, assecondando una discutibile linea di intervento legislativo - basato sugli istituti processuali piuttosto e prima che su quelli sostanziali - di cui l'esperienza applicativa mostra tutti i limiti.

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Il problema che si pone è dunque quello di definire - nelle sedi dovute e in primo luogo nel Parlamento - in modo puntuale modalità, tempi e limiti che rendano il ricorso all'arbitrato - nell'ambito del rapporto di lavoro - coerente con la necessità di garantire l'effettiva volontarietà della clausola compromissoria e una adeguata tutela dei diritti più rilevanti del lavoratore (da quelli costituzionalmente garantiti agli altri che si ritengano ugualmente non negoziabili). Si tratta cioè di procedere ad adeguamenti normativi che vanno al di là della questione, pur rilevante, delle garanzie apprestate nei confronti del licenziamento dall'articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
Il Presidente sottolinea come solo il legislatore possa e debba stabilire le condizioni perché possa considerarsi «effettiva» la volontà delle parti di ricorrere all'arbitrato; e solo esso può e deve stabilire quali siano i diritti del lavoratore da tutelare con norme imperative di legge e quali normative invece demandare alla contrattazione collettiva. A quest'ultima, nei diversi livelli in cui si articola, può inoltre utilmente affidarsi la chiara individuazione di spazi di regolamentazione integrativa o in deroga per negoziazioni individuali adeguatamente assistite così come per la definizione equitativa delle controversie che insorgano in tali ambiti.
Si avvierebbe in tal modo un processo concertato, ed insieme ispirato ad un opportuno gradualismo, attraverso il quale ripristinare quella certezza del diritto che è condizione essenziale nella disciplina dei rapporti di lavoro per garantire una efficace tutela del contraente debole e una effettiva riduzione del contenzioso in un contesto generale di serena evoluzione delle relazioni sindacali.
Non sembra invece coerente, ad avviso del Presidente della Repubblica, con i principi generali dell'ordinamento e con la stessa impostazione del comma 9 in esame, che consente di pattuire clausole compromissorie solo ove ciò sia previsto da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro, il prevedere un intervento suppletivo del Ministro - di cui tra l'altro non si stabilisce espressamente la natura regolamentare né si delimitano i contenuti - che dovrebbe consentire comunque, anche in assenza dei predetti accordi, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge tale possibilità, stabilendone le modalità di attuazione e di piena operatività: suscita infatti serie perplessità una così ampia delegificazione con modalità che non risultano in linea con le previsioni dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Al di là delle osservazioni a proposito dell'articolo 31, il Presidente ha sottolineato l'opportunità di una riflessione anche su disposizioni in qualche modo connesse - presenti negli articoli 30, 32 e 50 - che riguardano gli stessi giudizi in corso e che oltretutto rischiano, così come sono formulate, di prestarsi a seri dubbi interpretativi e a potenziali contenziosi.
Ritiene quindi opportuno richiamare alcuni aspetti richiamati dal Presidente della Repubblica nell'ambito della proposta di parere da esprimere alla XI Commissione, segnalando, in particolare, l'opportunità - all'articolo 31, comma 9-bis, di valutare la previsione di un termine conclusivo per la procedura prevista in via sperimentale in capo al Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero l'introduzione di una «clausola di cedevolezza» che preveda la vigenza del decreto ministeriale fino al raggiungimento di successivi accordi interconfederali o contratti collettivi di cui al primo periodo del comma 9 del medesimo articolo 31.
Anche con riguardo all'articolo 32, comma 1, appare opportuno segnalare l'esigenza di valutare di chiarire se la forma scritta è richiesta anche per la comunicazione di motivi, in analogia a quanto ivi previsto per la comunicazione «scritta» del licenziamento, ovvero di sopprimere la parola «scritta» in considerazione del fatto che, per entrambe le fattispecie, l'articolo 2 della legge 15 luglio 1966, n. 604, già richiede la forma scritta.
In conclusione, formula una proposta di parere che tiene contro di quanto fin qui detto (vedi allegato 1).

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Alessandro NACCARATO (PD) sottolinea l'opportunità di porre, come osservazione nella proposta di parere, anche la questione problematica - evidenziata dal Presidente della Repubblica ed attualmente richiamata solo nella premessa della proposta di parere - riguardante l'estensione della possibilità di ricorrere all'arbitrato di equità anche in materia di pubblico impiego: in tal caso è particolarmente evidente la necessità di chiarire se ed a quali norme si possa derogare senza ledere i princìpi di buon andamento, trasparenza ed imparzialità dell'azione amministrativa sanciti dall'articolo 97 della Costituzione.
Rileva inoltre come sarebbe più opportuno riformulare la prima osservazione come condizione, considerato il rilievo della questione in discussione.
Ricorda poi come nella Commissione di merito il suo gruppo abbia presentato in sostanza emendamenti volti a sopprimere le disposizioni problematiche richiamate dal Capo dello Stato. Prende comunque atto che nella proposta di parere formulata dalla relatrice si richiamano, nel dettaglio, i diversi elementi di criticità sollevati dal Presidente della Repubblica sul provvedimento in esame.

Isabella BERTOLINI, presidente e relatore, tenendo conto di quanto evidenziato dal collega Naccarato riformula la propria proposta di parere (vedi allegato 2) aggiungendo un'ulteriore osservazione in cui si invita la XI Commissione a tenere conto di quanto evidenziato, nel messaggio alle Camere sul provvedimento in esame, dal Presidente della Repubblica che ha segnalato come «perplessità ulteriori susciti la estensione della possibilità di ricorrere all'arbitrato di equità anche in materia di pubblico impiego: in tal caso è particolarmente evidente la necessità di chiarire se ed a quali norme si possa derogare senza ledere i princìpi di buon andamento, trasparenza ed imparzialità dell'azione amministrativa sanciti dall'articolo 97 della Costituzione».
Con riguardo al rilievo contenuto alla lettera a) della proposta di parere ritiene opportuno mantenerlo come osservazione, considerato che si prevedono diverse soluzioni possibili e che lo stesso Presidente della Repubblica non ha individuato un'univoca strada da percorrere per superare le perplessità suscitate dal testo precedente.

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente, come riformulata.

Norme in materia di nomina del Comandante generale del Corpo della guardia di finanza.
Testo unificato C. 864 Vannucci ed abb. ed emendamenti.

(Parere alla IV Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole - Parere su emendamenti).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Maria Elena STASI (PdL), relatore, illustra il testo unificato in esame, che reca disposizioni mirate alla modifica dei criteri di nomina e della durata in carica dei vertici del Corpo della Guardia di finanza, nonché sulla disciplina del rapporto tra il Corpo della Guardia di finanza ed il Ministero della difesa. Il testo consente, in particolare, di nominare Comandante generale della Guardia di finanza anche i generali di corpo d'armata dello stesso Corpo e non solo, come avviene attualmente, quelli dell'Esercito. Il mandato del Comandante generale ha una durata pari a due anni ed è rinnovabile salvo che nel frattempo il Comandante debba cessare dal servizio permanente effettivo per raggiungimento dei limiti di età o per altra causa prevista dalla legge.
È altresì stabilito che la carica di Comandante in seconda del Corpo della Guardia di finanza sia attribuita, come già previsto, al più anziano in ruolo tra i generali di corpo d'armata in servizio permanente presso il Corpo, ma, qualora l'avente diritto abbia assunto la carica di

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Comandante generale, l'incarico è assegnato al parigrado che lo segue in ordine di anzianità.
Si sofferma, quindi, sugli emendamenti Maurizio Turco 1.1, Di Pietro 1.2, Fava 1.3, Bosi 1.4, sugli identici emendamenti Rugghia 1.5 e Di Stanislao 1.6, Di Pietro 1.7, Rugghia 1.8 e sugli articoli aggiuntivi Cicu 1.01 e 1.02, trasmessi dalla IV Commissione.
Tenuto conto che le disposizioni recate dal testo unificato sono riconducibili alle materie «difesa e Forze armate» ed «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato», che le lettere d) e g) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuiscono alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e rilevato che non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, presenta una proposta di parere favorevole sul testo unificato ed una proposta di nulla osta sugli emendamenti trasmessi dalla IV Commissione (vedi allegato 3).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Misure straordinarie per il sostegno del reddito e per la tutela di determinate categorie di lavoratori.
Emendamenti testo unificato C. 2100-A ed abb.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

Raffaele VOLPI (LNP), relatore, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 2 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 13.50.