CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 21 aprile 2010
312.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Mercoledì 21 aprile 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO indi del vicepresidente Federico PALOMBA. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati e Giacomo Caliendo e il sottosegretario per l'interno Alfredo Mantovano.

La seduta comincia alle 14.

Riforma della disciplina delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute.
C. 1090 Vietti.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato il 20 aprile 2010.

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che sono stati presentati emendamenti e articoli aggiuntivi al provvedimento in esame (vedi allegato al Bollettino Giunte e Commissioni del 20 aprile 2010), iscritto nel calendario dell'Assemblea a partire da lunedì 26 aprile. Avverte che prima di procedere alla eventuale illustrazione degli emendamenti ed all'espressione dei pareri ha chiesto di intervenire il rappresentante del Governo.

Il sottosegretario Maria Elisabetta ALBERTI CASELLATI ricorda che già nel

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corso dell'esame preliminare aveva chiesto la sospensione dell'iter legislativo in attesa della presentazione da parte del Governo di un disegno di legge avente ad oggetto la medesima materia disciplinata dal provvedimento in esame. Considerato che oramai il preannunciato disegno di legge è sostanzialmente pronto nel suo contenuto e che è prossima la sua presentazione alla Camera dei deputati, rappresenta l'opportunità di rinviare l'esame dell'Assemblea rispetto alla data già fissata. Ciò consentirebbe alla Commissione di tenere conto anche del lavoro svolto dal Governo su una materia tanto delicata quanto quella della disciplina delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute. Conclude sottolineando come la sua richiesta non abbia alcun intento dilatorio.

Giulia BONGIORNO, presidente, chiede all'onorevole Vietti, in qualità sia di relatore che di rappresentante del gruppo che ha chiesto l'inserimento del provvedimento nel calendario dell'Assemblea in quota opposizione, di rappresentare la propria posizione in merito alla richiesta del Governo.

Michele Giuseppe VIETTI (UdC), relatore, dopo aver rilevato che la richiesta appena formulata dal sottosegretario gli era stata già rappresentata per le vie brevi dal Ministro della giustizia, dichiara di essere favorevole ad un rinvio dell'inizio dell'esame del provvedimento da parte dell'Assemblea a condizione che non si tratti di un rinvio sine die ma circoscritto in tempi brevi. Ricorda a tale proposito che il provvedimento in esame è stato da lui presentato all'inizio della legislatura e che la Commissione ne ha avviato l'esame il 18 dicembre 2008. Inoltre osserva che questo ha ad oggetto una materia che, come è stato evidenziato anche nell'audizione del professor Andrea Zoppini, è da tempo all'attenzione della dottrina. Per quanto attiene al contenuto della proposta di legge, ricorda che questa è il risultato del lavoro di due commissioni ministeriali istituite l'una da un Governo di centrodestra l'altra da un Governo di centrosinistra. Si chiede pertanto quale possa essere l'ulteriore apporto del Governo, anche considerato che gli uffici legislativi del Ministero della giustizia sono oggi sicuramente più attenti a questioni di diritto penale sostanziale o processuale anziché alle questioni inerenti al diritto civile, come ad esempio la disciplina delle associazioni. Tuttavia, auspicando che non vi siano in futuro ulteriori richieste di rinvio dell'esame in Assemblea, ribadisce la propria adesione alla richiesta del sottosegretario.

Enrico COSTA (PdL) dichiara di condividere la richiesta del sottosegretario nonché l'auspicio del relatore affinché non vi siano ulteriori rinvii dell'esame del provvedimento una volta che sia stato inserito nel calendario dell'Assemblea. Ritiene, in particolare, che la materia della proposta di legge in esame sia particolarmente importante e delicata e che, quindi, richieda un serio approfondimento anche alla luce del disegno di legge del Governo di prossima presentazione.

Donatella FERRANTI (PD), in considerazione di quanto è emerso dal dibattito, dichiara di essere favorevole ad un rinvio dell'esame del provvedimento da parte dell'Assemblea.

Giulia BONGIORNO, presidente, prendendo atto degli interventi appena svolti ed in particolare della circostanza che anche il gruppo dell'UdC è favorevole ad un rinvio da parte dell'Assemblea dell'esame della proposta di legge n. 1090, il cui inserimento nel calendario dell'Assemblea è stato chiesto dal medesimo gruppo, assicura che scriverà al Presidente della Camera per chiedere che l'Assemblea esamini il predetto provvedimento nel mese di giugno. Rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta e sospende la seduta al fine di procedere all'esame degli atti comunitari ed alla seduta in sede consultiva.

La seduta, sospesa alle 14.10, riprende alle 14.25.

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Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno e sospensione del procedimento con messa alla prova.
C. 3291 Governo e C. 3009 Vitali.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato il 20 aprile 2010.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che il sottosegretario Giacomo Caliendo ha presentato i dati richiesti nelle scorse sedute da deputati di maggioranza e opposizione (vedi allegato).

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO illustra i dati forniti rilevando che solo per alcuni uffici non è stato ancora possibile raccogliere le informazioni richieste.

Rita BERNARDINI (PD), dopo aver ricordato che da notizie di stampa risulta l'intenzione del Governo di presentare un decreto legge di medesimo contenuto del disegno di legge in esame, ritiene che i gruppi contrari al trasferimento in sede legislativa del medesimo disegno di legge dovrebbero rivedere la propria posizione anche al fine di tenere in ambito esclusivamente parlamentare l'esame delle questioni oggetto del disegno di legge. Inoltre, sottolinea come il mancato trasferimento in sede legislativa del disegno di legge in esame determini necessariamente un eccessivo ritardo dell'approvazione dello stesso anche nel caso in cui questo dovesse essere calendarizzato dall'Assemblea nella prima settimana di maggio, come lei auspica. Osserva che, trattandosi di un provvedimento non contingentabile in ragione del suo contenuto, l'approvazione da parte dell'Assemblea avverrebbe necessariamente in un mese successivo rispetto a quello nel quale si avvia l'esame in Assemblea. Tutto ciò contrasta con la drammatica situazione delle carceri italiane caratterizzata da un sovraffollamento che ha oramai da tempo superati i limiti di umana tollerabilità. A tale proposito sottolinea come una delle ragioni per le quali i detenuti sono costretti a rimanere in cella anche per 22 ore in un giorno sia la carenza di personale penitenziario, la quale nel periodo estivo, a causa delle ferie, sarà ancora maggiore. Conclude ribadendo l'invito ai gruppi di acconsentire al trasferimento dell'esame del provvedimento in sede legislativa, sottolineando l'esigenza che il provvedimento sia approvato definitivamente dalle Camere in tempi utili affinché la situazione di drammatico sovraffollamento delle carceri possa iniziare a trovare una soluzione prima dell'estate.

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO smentisce le notizie di stampa secondo le quali vi sarebbe l'intenzione del Ministro della giustizia di presentare al Preconsiglio dei Ministri una bozza di decreto legge avente ad oggetto le medesime disposizioni contenute nel disegno di legge in esame, rilevando come tale passaggio procedurale non sarebbe necessario in considerazione del fatto che il predetto disegno di legge è stato approvato all'unanimità dal Consiglio dei ministri. Per quanto per ora non vi sia l'intenzione di adottare il predetto decreto legge, sottolinea tuttavia la gravità della situazione delle carceri che il disegno di legge in esame affronta pur non mirando a risolvere definitivamente. Ribadisce quindi l'esigenza di approvare il testo urgentemente, come consentirebbe solamente il trasferimento del medesimo all'esame in sede legislativa. A tale proposito sottolinea come la gravità del sovraffollamento nelle carceri abbia raggiunto livelli tali che non consentono di ritardare ulteriormente, in vista dell'estate, l'approvazione del testo.
Soffermandosi su alcune critiche avanzate nel corso del dibattito in Commissione al provvedimento in esame, osserva che in realtà non vi è alcun rischio di indulto mascherato, ritenendo, anche sulla base della sua esperienza personale di magistrato, che non vi sia il rischio concreto che i detenuti sottoposti per

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pochi mesi agli arresti domiciliari evadano commettendo un reato punito rigorosamente.
In relazione agli effetti sulla popolazione carceraria delle disposizioni in materia di detenzione domiciliare, ribadisce quanto già dichiarato nella precedente seduta sulla impossibilità di valutare quanti detenuti beneficerebbero della nuova misura, la quale a regime si dovrebbe comunque applicare a circa 2.000 detenuti.
Dichiara di non comprendere l'assoluta contrarietà manifestata dall'onorevole Di Pietro alla introduzione nell'ordinamento del nuovo istituto della messa alla prova, che peraltro costituisce oggetto di una proposta di legge presentata dal gruppo dell'Italia dei Valori. Ritiene che su questo istituto si possa discutere per quanto attiene alla normativa di dettaglio ovvero alla scelta di considerarlo applicabile ad un medesimo soggetto per più di una volta, ma non si dovrebbero esprimere tutte quelle perplessità di fondo che sono state da taluno sollevate. A tale proposito ritiene che con l'apporto costruttivo di tutti i gruppi si possa arrivare ad una disciplina della messa alla prova condivisa ed efficace.

Donatella FERRANTI (PD) dopo aver ribadito che il proprio gruppo non è contrario al trasferimento in sede legislativa del disegno di legge una volta che siano state approfondite le diverse questioni applicative che questo comporta, sottolinea come il disegno di legge non possa essere considerato in alcun modo come la soluzione del problema del sovraffollamento delle carceri.

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO, replicando all'onorevole Ferranti, ricorda che la questione delle carceri è affrontata dal Governo in maniera ben più articolata e complessa rispetto al provvedimento in esame, che costituisce un tassello, sicuramente importante, di un quadro di interventi di diversa natura. A tale proposito ricorda che il 18 aprile prossimo scade il termine per la presentazione del Piano carceri che prevede la costruzione di 11.000 posti nelle carceri entro 18 mesi.

Donatella FERRANTI (PD) ritiene che il Piano carceri dovrà essere adeguatamente esaminato in sede parlamentare per poterne valutare l'efficacia ed accertare che non si traduca sostanzialmente in una attribuzione di poteri sena rispettivi controlli al Commissario straordinario. Sottolinea che nel frattempo la Commissione dovrà approfondire nel merito, anche attraverso audizioni, le diverse questioni connesse al provvedimento in esame.
Si sofferma quindi sull'articolo 1 del disegno di legge esprimendo forti perplessità sulla scelta del Governo di introdurre una nuova misura alternativa di detenzione anziché modificare la disciplina della detenzione domiciliare già prevista dalla legge Gozzini, eliminando tutta una serie di vincoli che i governi di centrodestra vi hanno posto negli anni a partire dalla cosiddetta legge ex Cirielli. Tra questi vincoli quello che impedisce di fatto una efficace applicazione della disciplina vigente della detenzione domiciliare è sicuramente quello relativo ai recidivi reiterati. Inviata quindi la Commissione a valutare l'opportunità di andare ad incidere sulla disciplina della detenzione domiciliare con l'obiettivo di consentirne una maggiore applicazione anche in relazione a coloro che debbano scontare meno di 12 mesi di reclusione.
Altra questione di fondo che deve essere affrontata è quella della mancata previsione di aumenti di organici a favore sia della magistratura di sorveglianza che del personale che a vario titolo opera nelle carceri. Tale scelta del Governo si contraddice con tutti quei nuovi compiti che a tali categorie vengono attribuite dal provvedimento in esame nonostante il sovraccarico di lavoro al quale queste sono sottoposte. A tale proposito rileva come ad esempio la detenzione domiciliare prevista dall'articolo 1 non sia applicabile automaticamente, ma richieda una relazione comportamentale del detenuto

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che deve essere effettuata coinvolgendo i direttori delle carceri e coloro che seguono in prima persona il trattamento dei detenuti, come ad esempio gli educatori.
A suo parere vi sono poi anche delle contraddizioni tra la relazione di accompagnamento al disegno di legge e l'articolato del medesimo. Un esempio evidente di ciò riguarda il limite della recidiva reiterata che, secondo la relazione del Governo e quella dello stesso relatore, onorevole Papa, non sussisterebbe per la nuova misura di detenzione domiciliare, ma che invece, in ragione del richiamo all'articolo 47-ter della legge Gozzini effettuato dal comma 6 dell'articolo 1 del disegno di legge, troverebbe di fatto applicazione anche per questa nuova misura. Sul punto invita il relatore ad effettuare un'attenta verifica.
Altra questione da affrontare è anche quella del braccialetto elettronico, il cui relativo contratto di fornitura scadrà il 2011. Osserva criticamente che questo, così come è oggi funzionante, non consente il collegamento satellitare che servirebbe a monitorare in ogni momento la reale posizione del detenuto.
Rileva altresì che la nuova disciplina della detenzione domiciliare non appare essere coordinata con alcune scelte legislative effettuate ultimamente dalla maggioranza di centrodestra. Si riferisce in particolare alla disciplina della esecuzione delle pene detentive prevista dall'articolo 656 del codice di procedura penale, in quanto non si terrebbe conto che il comma 9 del predetto articolo stabilisce una serie di ipotesi in cui non viene sospesa l'esecuzione della pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, quando non sia superiore a tre anni. Queste ipotesi previste dal comma 9, proprio perché non toccate dal disegno di legge, troverebbero applicazione anche per la nuova misura che questo mira a introdurre nell'ordinamento, riducendone fortemente la portata applicativa.
Conclude sottolineando come il provvedimento in esame, oltre ad essere carente sotto il profilo organizzativo in relazione al personale sia di magistratura che penitenziario, non possa essere considerato in alcun modo idoneo a risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri. Problema che può essere risolto solo attraverso interventi strutturali adeguati.

Antonio DI PIETRO (IdV) ribadisce la contrarietà del gruppo di Italia dei Valori al provvedimento in esame, sia per la parte relativa alla detenzione domiciliare sia per quella inerente alla messa alla prova.
Per quanto attiene alla detenzione domiciliare dichiara di non condividere assolutamente la scelta del Governo di far uscire dalle carceri, attraverso un provvedimento legislativo di carattere necessariamente generale ed astratto, coloro che a seguito di un processo siano stati condannati a scontare la pena detentiva in carcere. Ritiene che ciò costituisca un «indulto mascherato», in quanto, al contrario di quanto fisiologicamente dovrebbe avvenire, la scelta di non far scontare ad un determinato soggetto la pena entro le mura carcerarie viene fatta dal legislatore anziché dal giudice. Ritiene che solo quest'ultimo è in grado di stabilire se un determinato detenuto sia meritevole in concreto di beneficiare delle misure alternative.
In merito alle disposizioni sulla messa alla prova, sottolinea quanto la disciplina del disegno di legge sia inutile e dannosa. Evidenzia, in particolare, che in realtà l'obiettivo di alleggerire il carico di lavoro dei magistrati non viene raggiunto, in quanto questi comunque debbono svolgere le indagini preliminari e formulare un capo di imputazione. Inoltre, una volta sospeso il processo e sottoposto l'imputato al lavoro di pubblica utilità, vi dovranno essere dei soggetti pubblici preposti a controllare la correttezza dello svolgimento di tale lavoro nonché il rispetto dei vincoli apposti dal giudice. Osserva peraltro che il lavoro di pubblica utilità, così come delineato dal provvedimento in esame, sia uno strumento

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poco utile, i cui effetti negativi sono sicuramente maggiori rispetto a quelli positivi. Anzi, in molti casi, ritiene che esso si tradurrà in una «finta misura»alla quale viene sottoposto un soggetto per beneficiare addirittura dell'effetto estintivo del reato. Rispetto ai benefici per la collettività, maggiori saranno sicuramente gli oneri che lo Stato dovrà accollarsi per controllare che il lavoro sia realmente svolto.
Per quanto attiene alla proposta di legge presentata dal suo gruppo in merito alla messa alla prova, osserva che questa si ispira a principi ben diversi rispetto a quelli che hanno indotto il Governo a presentare il disegno di legge in esame. Ad esempio, la proposta di legge del suo gruppo non prevede l'effetto della estinzione del reato, ma incide unicamente sulla esecuzione della pena.
Conclude ribadendo la contrarietà del suo gruppo al disegno di legge in esame e sottolineando come la questione carceraria possa essere risolta solo aumentando il personale che lavora nelle carceri nonché creando nuove strutture penitenziarie e non sottraendo alla discrezionalità del magistrato la scelta dell'applicazione delle misure alternative alla detenzione.

Luca Rodolfo PAOLINI (LNP), dopo aver sottolineato come il provvedimento in esame affronti questioni estremamente complesse, invita la Commissione a tenere conto che attualmente la prescrizione dei reati costituisce una vera e propria forma di immunità. Di fronte a questa situazione il disegno di legge in esame, nella parte in cui introduce l'istituto della messa alla prova, rappresenta il male minore. Piuttosto si dovrebbe lasciare una maggiore discrezionalità al magistrato in merito all'applicabilità sia della messa alla prova che della nuova misura della detenzione domiciliare. Ricorda infine, come evidenziato dal rappresentante del Governo, che il disegno di legge rappresenta solo un tassello di un piano ben più complesso con il quale il Governo intende affrontare la questione del sovraffollamento delle carceri. A tale proposito ricorda che in meno di due anni sono stati già costruiti circa 1700 posti nelle carceri e che nei prossimi 18 mesi se ne costituiranno altri 11 mila. Invita pertanto tutti i gruppi ad avere un atteggiamento propositivo che consenta di formulare un testo che possa affrontare in maniera adeguata la questione del sovraffollamento delle carceri, evitando comunque che dei delinquenti, che debbono scontare ancora mesi di detenzione, escano fuori dalle carceri per commettere gravi reati.

Federico PALOMBA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia.
C. 3290 Governo e C. 529 Vitali.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato il 20 aprile 2010.

Donatella FERRANTI (PD), dopo aver preannunciato la presentazione della richiesta di una serie di audizioni, sottolinea come la delega prevista dall'articolo 1 in relazione al riordino ed alla armonizzazione della normativa antimafia sia caratterizzata da una totale carenza di principi e criteri direttivi, i quali invece sono stati previsti in maniera sufficientemente dettagliata in relazione alla delega sulla riforma della disciplina delle misure di prevenzione. Ritiene che la denunciata carenza di determinatezza di principi e criteri direttivi sia tale da far sorgere seri e fondati dubbi sulla legittimità costituzionale del disegno di legge in esame. Sottolinea inoltre l'esigenza di verificare se il reale obiettivo del Governo sia quello di semplificare una serie di istituti e di documentazioni finalizzati al contrasto alla mafia.

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Il sottosegretario Alfredo MANTOVANO rileva che i principi e i criteri direttivi di delega previsti dal provvedimento in esame sono stati individuati dal Governo sulla base delle esigenze emerse nel corso degli anni in relazione all'applicazione della normativa antimafia, stratificatasi nel tempo a seguito di interventi in molti casi dettati da situazioni emergenziali. Ribadisce quanto da lui già sottolineato nel corso dell'esame del provvedimento circa l'esigenza di approvarlo in tempi celeri, secondo peraltro quanto richiesto da coloro che quotidianamente operano nel settore della lotta alla mafia.
In merito all'ultima obiezione dell'onorevole Ferranti dichiara che l'intenzione del Governo è quella di non semplificare gli istituti quanto piuttosto di renderli meno formalistici e maggiormente efficaci.

Federico PALOMBA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Norme per il contrasto dell'omofobia e transfobia.
C. 2802 Soro e C. 2807 Di Pietro.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato il 17 marzo 2010.

Giovanni CUPERLO (PD), dopo aver ricordato che la Camera dei Deputati nello scorso ottobre è stata prossima all'approvazione di un testo sull'omofobia formulato dalla Commissione giustizia pressoché all'unanimità dopo un lungo ed approfondito esame, ma che poi, per una serie di considerazioni certamente non giuridiche, questo è stato respinto dall'Assemblea, rileva come il tema dell'omofobia sia improvvisamente scomparso non tanto dall'agenda del Parlamento, quanto dal dibattito pubblica. La stessa opinione pubblica non sembra più percepire tale tema nella sua reale gravità ed attualità. Ritiene che tutto ciò sia dovuto ad una logica dell'emergenza che ha caratterizzato la legislazione degli ultimi anni. Secondo questa logica un determinato tema, dopo essere percepito dalla collettività come un'emergenza, lascia il posto ad un altro tema, che viene considerato come l'unica emergenza sulla quale concentrarsi. Sotto il profilo meramente legislativo il risultato di questo modo di fare sono delle «leggi manifesto» che non hanno alcuna ricaduta sostanziale sulle gravi questioni che dovrebbero risolvere. In questa logica si è più attenti ad un generalizzato e sterile consenso piuttosto che alla reale efficacia che le leggi dovrebbero avere per risolvere gravi e spesso drammatici fenomeni. Considerato che anche il tema dell'omofobia si colloca in questo fenomeno, invita la Commissione a lavorare al fine di arrivare all'approvazione di un testo largamente condiviso che possa realmente contrastare un fenomeno discriminatorio che non può essere tollerato da una democrazia matura come è quella italiana. In una democrazia di tal senso il legislatore dovrebbe emanare delle norme dirette a prevenire i reati di discriminazione e ad educare le persone al rispetto ed alla integrazione del prossimo indipendentemente dal suo genere od orientamento sessuale. A queste disposizioni se ne dovrebbero poi aggiungere altre volte all'assistenza e alla cura delle vittime dei reati nonché alla rapidità dei processi e alla certezza della pena.
Sottolinea pertanto l'esigenza che sia approvata una legge contro l'omofobia che serva a colmare una grave lacuna dell'ordinamento italiano in merito ad un tema estremamente importante quale quello della lotta contro le discriminazioni che attengono al modo di essere di una persona.
Conclude, auspicando che i lavori della Commissione siano programmati in maniera tale che in tempi rapidi si possa pervenire all'approvazione della legge contro l'omofobia.

Federico PALOMBA, presidente, considerato che oramai da tempo è in corso l'esame preliminare delle proposte di legge abbinate in materia di lotto contro l'omofobia,

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ritiene che vi siano le condizioni per adottare il testo base già dalla prossima settimana e quindi fissare il termine per la presentazione degli emendamenti.

Anna Paola CONCIA (PD), relatore, pur ritenendo urgente l'approvazione di una legge contro l'omofobia, sottolinea l'esigenza di non accelerare l'iter legislativo in Commissione qualora non vi siano ancora delle reali e concrete possibilità di addivenire ad un testo condiviso che possa essere approvato anche dall'Assemblea.

Federico PALOMBA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.45.

ATTI COMUNITARI

Mercoledì 21 aprile 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati e Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 14.10.

Iniziativa per una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'ordine di protezione europeo.
17513/09 COPEN 247, COR 1 e PE-CONS 2/10.

(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Francesco Paolo SISTO (PdL), relatore, rileva che il 1o febbraio 2010 è stata trasmessa dal Consiglio al Parlamento europeo e ai Parlamenti nazionali UE un'iniziativa di dodici Stati membri (Belgio, Bulgaria, Estonia, Spagna, Francia, Italia, Ungheria, Polonia, Portogallo, Romania, Finlandia e Svezia) recante una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'ordine di protezione europeo (documento CO-PE n. 2/10).
Attraverso l'istituzione di un «Ordine di protezione europeo (OPE)», inteso quale strumento basato sul principio del reciproco riconoscimento nell'ambito della cooperazione giudiziaria penale, si intende integrare la vigente normativa UE a tutela delle vittime di reati: emesso su richiesta della persona interessata, qualora essa stia per lasciare o abbia lasciato il territorio dello Stato membro che aveva originariamente emesso una misura di protezione in suo favore, l'OPE è riconosciuto, nello Stato membro di destinazione, il quale è tenuto a darne esecuzione in base alla sua legislazione nazionale.
La relazione che accompagna la proposta di direttiva, sottolinea come tutti gli Stati membri UE dispongano di misure intese a tutelare la vita, l'integrità fisica, psichica o sessuale e la libertà delle vittime di reati, ma che l'efficacia di tali misure risulta limitata attualmente al territorio dello Stato membro che le ha adottate, lasciando quindi la vittima priva della protezione da esse garantita quando varca le frontiere dello Stato in questione. La proposta di direttiva in esame intende colmare il predetto vuoto legislativo.
La base giuridica della proposta è costituita dall'articolo 82, paragrafo 1, lettera d) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), relativo alla cooperazione giudiziaria in materia penale, il quale stabilisce che il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottino misure intese a facilitare la cooperazione tra le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli Stati membri in relazione all'azione penale e all'esecuzione delle decisioni.
Per quanto riguarda il principio di sussidiarietà, la relazione che accompagna la proposta sottolinea che, data la dimensione transnazionale del problema, gli obiettivi della proposta non possono essere realizzati in maniera sufficiente dagli Stati membri. Per quanto riguarda il principio

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di proporzionalità, la relazione sottolinea che la proposta di direttiva non prevede un'armonizzazione delle misure contemplate negli Stati membri dell'UE, ma si limita ad introdurre un meccanismo basato sul reciproco riconoscimento che consenta di estendere la protezione di cui gode una persona in uno Stato membro ad un altro Stato membro in cui essa si trova, in conformità della legislazione di quest'ultimo e nel pieno rispetto del suo sistema giuridico.
In base alla proposta di direttiva (articolo 1) si intende per «ordine di protezione europeo» una decisione giudiziaria riguardante una misura di protezione emessa da uno Stato membro al fine di facilitare, se del caso, l'adozione da parte di un altro Stato membro di una misura di protezione in base al suo diritto nazionale per la salvaguardia della vita, dell'integrità fisica e psichica, della libertà o dell'integrità sessuale di una persona. La relazione di accompagnamento specifica che l'ordine di protezione si riferisce alle misure adottate nel corso di un procedimento penale in senso lato (comprendente sia la fase precedente al giudizio che il procedimento propriamente detto e la fase di esecuzione) come anche alle misure adottate da organi giurisdizionali civili se la violazione della misura comporta conseguenze sul piano penale.
L'ordine di protezione europeo può essere emesso (articolo 2) in qualsiasi momento in cui la persona protetta intende lasciare o ha lasciato lo Stato di emissione per recarsi in un altro Stato membro. Condizione per l'emissione è che sia stata precedentemente adottata nello Stato di emissione una misura di protezione che imponga alla persona che determina il pericolo uno o più dei seguenti obblighi o divieti: divieto di frequentare determinate località, determinati luoghi o zone definite in cui la persona protetta risiede o che essa frequenta; obbligo di rimanere in un luogo determinato, eventualmente in ore stabilite; restrizioni del diritto di lasciare il territorio dello Stato di emissione; obbligo di evitare contatti con la persona protetta; divieto di avvicinarsi alla persona protetta entro un perimetro definito.
Gli Stati membri sono tenuti a riconoscere qualsiasi ordine di protezione europeo emesso conformemente alle disposizioni della direttiva (articolo 3).
Ciascuno Stato membro (articolo 4) è tenuto ad informare il segretariato generale del Consiglio in merito alle autorità giudiziarie che ai sensi della legislazione interna sono competenti a emettere e a riconoscere gli ordini di protezione europei. Tuttavia, gli Stati membri possono designare, quali autorità competenti, autorità non giudiziarie purché tali autorità siano competenti per l'adozione di decisioni di tipo analogo ai sensi della legislazione e delle procedure nazionali.
L'emissione dell'ordine di protezione europeo avviene (articolo 5) solo su richiesta della persona protetta (anche tramite il suo rappresentante legale) qualora essa stia per lasciare o abbia lasciato il territorio dello Stato che ha emesso la misura di protezione.
L'ordine di protezione europeo deve essere redatto in conformità al modello riportato in allegato alla proposta e deve contenere le informazioni indicate dall'articolo 6.
In base all'articolo 8 della proposta l'autorità competente dello Stato di esecuzione, alla ricezione di un ordine di protezione europeo lo riconosce e adotta, se del caso, tutte le misure che sarebbero previste dalla legislazione nazionale in casi simili per garantire la protezione dell'interessato, a meno che non decida di invocare uno dei motivi di non riconoscimento previsti dalla proposta.
L'eventuale rifiuto del riconoscimento di un ordine di protezione europeo deve essere debitamente motivato ed è possibile solo nelle seguenti circostanze (articolo 9): l'ordine di protezione europeo è incompleto o non è stato completato entro il termine stabilito dall'autorità competente dello Stato di esecuzione; le condizioni della proposta di direttiva non sono state soddisfatte; la protezione deriva dall'esecuzione di una sanzione o

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misura coperta da amnistia in conformità della legislazione dello Stato di esecuzione e si riferisce ad un atto che rientra nella sua competenza in conformità di detta legislazione; la legislazione dello Stato di esecuzione prevede l'immunità per la persona che determina il pericolo, rendendo così impossibile l'adozione di misure di protezione.
Per quanto riguarda i termini temporali della procedura, la proposta privilegia un regime flessibile, stabilendo (articolo 12) che l'ordine di protezione europeo debba essere riconosciuto senza indugio e che l'autorità competente dello Stato di esecuzione decida senza indugio l'adozione delle misure del caso.
Il gruppo di lavoro sulla cooperazione in materia penale, istituito in seno al Consiglio, ha avviato l'esame della proposta nelle riunioni del 18 e 26 gennaio scorso. Tra le osservazioni emerse, si segnala che, nella maggior parte degli Stati membri misure di protezione vengono adottate nell'ambito di procedimenti civili o amministrativi. È stata quindi sollevata la questione della necessità di aggiungere, quale base giuridica, anche l'articolo 81 TFUE, relativo alla cooperazione giudiziaria civile o, comunque di specificare, nell'ambito delle definizioni, che l'OPE deve essere emesso nel contesto di procedimenti penali o di ogni altro tipo di procedimento che venga avviato in conseguenza di un reato. È inoltre emersa la necessità che la definizione di «Ordine di protezione europeo» specifichi quali tipi di reato sono rilevanti ai fini dell'applicazione dello strumento legislativo, concentrandosi in particolare sui crimini che mettono in pericolo la vita della persona protetta, la sua integrità fisica, psichica e sessuale, ad esempio prevenendo qualunque forma di molestia, come anche i reati lesivi della libertà personale, (rapimento, stalking e altre forme indirette di coercizione).
Per quanto riguarda il Parlamento europeo, la proposta è attualmente all'esame della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni.
Ai fini della valutazione dell'impatto della direttiva sul nostro ordinamento, occorre considerare, in primo luogo, che in Italia attualmente non esiste uno strumento di tutela delle persone che si trovino sul territorio italiano dopo essere stato oggetto di un ordine di protezione in un altro Paese dell'Unione Europea. Sotto il profilo dell'esecuzione in altri Paesi UE delle misure di protezione adottate in Italia, nello Stato di esecuzione dovrebbero essere adottate tutte le misure che sarebbero previste dalla propria legislazione nazionale in casi simili per garantire la protezione dell'interessato.
Con riferimento alle misure di protezione che possono essere adottate nel nostro ordinamento, le quali potenzialmente potrebbero costituire oggetto di un ordine di protezione europeo si richiamano alcune delle misure coercitive disciplinate dagli articoli 280 e seguenti del codice di procedura penale, direttamente connesse ad esigenze di protezione della persona offesa.
In generale si ricorda che le misure coercitive possono essere disposte dal giudice nei confronti dell'imputato quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni e in presenza delle esigenze cautelari previste dagli articoli 273 e seguenti del codice di procedura civile.
In particolare si segnalano il provvedimento di allontanamento dalla casa familiare (articolo 282-bis); il divieto di avvicinamento dell'imputato ai luoghi frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa (articolo 282-ter), introdotto dal decreto-legge n. 11/2009 (convertito dalla legge n. 38/2009), che ha previsto nel nostro ordinamento il reato di stalking.
A prescindere dal collegamento con un procedimento penale, si richiamano inoltre gli ordini di protezione contro gli abusi commessi in ambito familiare (articoli 342-bis e 342-ter del codice civile) che

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possono essere disposti dal giudice in presenza di una condotta causa di «grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà» della vittima all'interno di una relazione familiare.

Giulia BONGIORNO, presidente, dopo aver sottolineato la delicatezza della materia oggetto del provvedimento in esame ed aver invitato i membri della Commissione ad approfondire le diverse questioni ad essa connesse, nessuno chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.20.

SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 21 aprile 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati e Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 14.20.

Delega al Governo in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.
C. 1441-quater/D Governo, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica.

(Parere alla XI Commissione).
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato il 20 aprile 2010.

Giulia BONGIORNO, presidente, dopo aver ricordato che ieri è stato illustrato il provvedimento, avverte che oggi la Commissione di merito esaminerà gli emendamenti e successivamente trasmetterà alla Commissione giustizia il testo risultante dagli emendamenti eventualmente approvati. Su questo testo verrà espresso martedì prossimo il parere, in considerazione che il giorno successivo sarà avviato l'esame sul medesimo da parte dell'Assemblea. Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.25.