CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 8 aprile 2010
306.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Giovedì 8 aprile 2010. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 10.10.

Legge comunitaria 2009.
C. 2449-B Governo, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 31 marzo 2010.

Mario PESCANTE, presidente, intende preliminarmente stigmatizzare - come ha già avuto modo di fare in precedenti occasioni - l'utilizzo improprio del disegno di legge comunitaria, veicolo per istanze di ogni genere. Ritiene che occorra invertire tale tendenza, affinché, per il futuro, il lavoro della Commissione sia ricondotto a termini più seri.
Come preannunciato la scorsa settimana, e anche alla luce dei criteri seguiti per gli emendamenti sottoposti alla valutazione del Presidente della Camera, desidera intervenire ad integrazione dei giudizi di inammissibilità espressi nelle sedute del 18 e del 19 marzo scorso.
Richiama, in particolare, l'articolo 70, comma 2, del Regolamento, ai sensi del

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quale, riguardo ai progetti di legge già approvati dalla Camera e modificati dal Senato, la Camera delibera soltanto sulle modificazioni apportate dal Senato e sugli emendamenti ad esse conseguenti. Sulla base dell'indicato parametro regolamentare, sono da considerare inammissibili le seguenti proposte emendative, volte a modificare disposizioni del testo approvate dalla Camera e non modificate dal Senato, e per le quali si è quindi già compiuta la doppia lettura conforme, costituzionalmente richiesta per l'approvazione delle leggi, ovvero volte ad introdurre modifiche non conseguenti alle modifiche introdotte dal Senato:
Relatore 1.5, limitatamente all'inserimento in allegato B della direttiva 2009/158/CE riguardante norme di polizia sanitaria per gli scambi e le importazioni di pollame e uova da cova e della direttiva 2009/162/CE sull'IVA sulle cessioni di gas ed energia elettrica;
Aniello Formisano 16.2, che intervenendo sulla delega per il recepimento della direttiva sullo stoccaggio geologico di CO2, introduce un nuovo criterio direttivo, volto a prevedere che lo stoccaggio geologico di CO2 non si traduca in un incentivo all'aumento delle centrali a combustibili fossili, a scapito delle politiche per il risparmio energetico, le energie rinnovabili e altre tecnologie a basse emissioni di carbonio. Tale criterio non appare conseguente alle modifiche apportate dal Senato all'articolo 16;
Pianetta 23.1 limitatamente al comma 1-ter, che reca la disciplina metrologica degli strumenti di misura del tempo legale, demandandola a un decreto ministeriale. Anche in questo caso le modifiche proposte appaiono estranee al contenuto della direttiva 2008/84/CE;
25.3 Fluvi ed altri, poiché non è riferito ad amministratori delle società quotate, laddove l'articolo 25, inserito nel corso dell'esame al Senato, attiene al recepimento nell'ordinamento interno delle raccomandazioni della Commissione europea 2004/913/CE e 2009/385/CE, riguardanti esclusivamente la remunerazione degli amministratori delle società quotate.
Fucci 41.2, che reca ulteriori modifiche al decreto legislativo n. 219 del 2006, recante l'attuazione della direttiva sul codice comunitario dei medicinali ad uso umano, laddove il testo dell'articolo approvato dal Senato modifica tale decreto legislativo unicamente per la parte concernente gli emoderivati, in recepimento delle direttive 2005/62/CE e 2001/83/CE;
Ghiglia 44.3, che modifica il decreto legislativo n. 209 del 2003, di attuazione della direttiva sui veicoli fuori uso, con riferimento alle operazioni di trattamento per la promozione del riciclaggio e, in particolare, alla rimozione delle parti in plastica. L'emendamento non risulta conseguente al disposto dell'articolo 44, che modifica il medesimo decreto legislativo, ma unicamente con riferimento ai soggetti ai quali possono essere consegnati da parte degli autoriparatori i pezzi usati allo stato di rifiuto, materia oggetto di procedura di infrazione.

Avverte quindi che i firmatari degli emendamenti Abrignani 38.3 e Abrignani 17.23, limitatamente ai commi 4,5, 6 e 7 hanno chiesto alla Presidenza di rivalutare la pronuncia di inammissibilità.
Quanto all'emendamento Abrignani 38.3, esso reca disposizioni di carattere contabile in materia di riassegnazione al Ministero dello sviluppo economico dei contributi dovuti dagli operatori del settore postale e ora versati all'entrata del bilancio dello Stato. Si tratta di disposizioni non riconducibili al contenuto proprio della direttiva 2008/6/CE, avente ad oggetto il completamento della liberalizzazione del mercato postale. Conferma dunque il giudizio di inammissibilità espresso nella seduta dello scorso 18 marzo.
Con riferimento all'emendamento Abrignani 17.23, ricorda che è stato dichiarato inammissibile limitatamente ai commi da 4 a 8.
Al riguardo rammenta che l'articolo 17 reca i principi e criteri direttivi per l'attuazione

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della direttiva 2009/73/CE relativa a norme comuni sul mercato interno del gas naturale. La direttiva stabilisce le norme relative all'organizzazione, e al funzionamento del settore del gas naturale, all'accesso al mercato, ai criteri e le procedure applicabili in materia di rilascio di autorizzazioni per il trasporto, la distribuzione, la fornitura, lo stoccaggio di gas naturale.
I commi dichiarati inammissibili prevedono invece l'applicazione dell'aliquota IVA del 10 per cento anche al gas immesso nelle reti di trasporto e non solo in quelle di distribuzione come attualmente previsto (comma 4); che nella nozione di gas immesso nelle reti di trasporto rientri anche quello ceduto al gestore del sistema e che le cessioni di tale gas si considerino effettuate, ai fini IVA, all'atto del pagamento del corrispettivo (comma 5); l'obbligo di pagamento dell'accisa anche per i soggetti che acquistano il gas per uso proprio sul mercato del gas gestito dal gestore del mercato elettrico, riconoscendo nel contempo come soggetti obbligati i soggetti che invece acquistino gas per uso proprio da due o più fornitori, qualora abbiano consumi annui superiori a 1.200.000 metri cubi (comma 6); l'accesso per le imprese distributrici con meno di 5.000 punti vendita alle procedure di perequazione specifica aziendale previste dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (comma 7).
I proponenti hanno contestato la dichiarazione di inammissibilità per quel che concerne i commi da 4 a 7, rilevando come le misure prospettate nelle disposizioni in questione risultino necessarie per la promozione della concorrenza nel settore del gas. Al riguardo, rileva che in realtà i commi sopra richiamati contengono misure puntuali di carattere fiscale e tariffario non direttamente riconducibili all'attuazione della direttiva 2009/73/CE, che invece reca disposizioni relative all'organizzazione e alla disciplina del mercato del gas. Anche in questo caso conferma il giudizio di inammissibilità espresso nella seduta dello scorso 18 marzo.
Avverte infine che sono stati ritirati gli emendamenti 7.2 Gozi, 13.4 Pini, 23.2 Gozi, 25.11 del Governo, 25.6, 25.7 e 25.8 Pini e Fugatti, 39.2 Montagnoli e Pini e 49.2 del Relatore, e che il fascicolo degli emendamenti, aggiornato in base alla pronuncia odierna e alle comunicazioni dello scorso 31 marzo, sarà allegato al resoconto della seduta (vedi allegato).
Desidera, in conclusione, ringraziare tutti i colleghi della Commissione per il senso di responsabilità dimostrato nell'esame del provvedimento, anche attraverso il ritiro di alcuni degli emendamenti presentati.

Gianluca PINI (LNP) precisa di aver ritirato - per dovere di coalizione - tutti gli emendamenti a sua firma che potevano determinare problemi, benché fossero stati inizialmente ritenuti ammissibili e, solo in un secondo momento, dichiarati inammissibili dalla Presidenza. Esprime quindi perplessità sul metodo seguito, richiamando in particolare l'emendamento 15.3 presentato da colleghi del suo gruppo e avente ad oggetto il divieto di gare di Formula Uno in circuiti cittadini ad esclusione degli autodromi. L'inammissibilità dell'emendamento, pronunciata dal Presidente della Commissione nella seduta del 19 marzo scorso, è stata poi confermata dal Presidente della Camera, a seguito del ricorso presentato dai firmatari. Ritiene che tale valutazione assuma una valenza politica e sottolinea come il suo gruppo sia contrario ad un uso delle regole finalizzato alla difesa parziale di interessi territoriali.

Mario PESCANTE, presidente, precisa che il vaglio di ammissibilità sugli emendamenti presentati presso la XIV Commissione spetta al Presidente della Commissione medesima. Nell'assumere pienamente la responsabilità delle decisioni prese, ricorda peraltro, con riferimento all'emendamento richiamato dall'onorevole Pini, che questo richiamava impropriamente, oltre alle gare di Formula Uno, anche l'inquinamento acustico provocato dallo svolgimento di discipline sportive olimpiche che, come è noto, non provocano alcun rumore, tenuto conto, tra l'altro, che gli sport motoristici non sono ricompresi tra le suddette discipline.

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Sandro GOZI (PD) esprime la crescente preoccupazione del suo gruppo per il metodo seguito dal Governo e dalla maggioranza nella gestione del disegno di legge comunitaria, che rivela le difficoltà interne alla coalizione. Il Ministro per le politiche europee aveva preannunciato un iter rapido e un provvedimento leggero, mentre quella in esame appare la legge comunitaria più lenta e pesante della storia parlamentare. Si tratta di una valutazione che il suo gruppo non mancherà di esprimere anche nel corso dell'esame del provvedimento in Assemblea.

Karl ZELLER (Misto-Min.ling.) si sofferma sui contenuti dell'articolo 25 del provvedimento, che affronta il problema reale delle remunerazioni degli amministratori di società quotate, sebbene le norme introdotte in materia nel corso dell'esame del provvedimento presso il Senato non appaiano adeguate, laddove si aggancia il trattamento economico dei dirigenti a quello dei parlamentari. Richiama quindi il contenuto degli emendamenti a sua firma presentati all'articolo 25, ribadendo la necessità che il trattamento economico sia subordinato all'approvazione dell'assemblea dei soci delle società medesime.

Mario PESCANTE, presidente, precisa che le questioni sollevate dall'onorevole Zeller rientrano nelle competenze della Commissione di merito, laddove la XIV Commissione è rivolta all'esame della compatibilità comunitaria delle disposizioni.

Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, desidera rivolgere un ringraziamento, in qualità di relatore, ai componenti del gruppo Pdl in Commissione, come anche ai colleghi Pini e Gozi, che hanno condiviso con lui l'impegno a non trasformare il disegno di legge comunitaria in un mero contenitore di norme, usato strumentalmente. Il senso di responsabilità dimostrato si pone peraltro in linea con l'invito formulato dal Ministro Ronchi a rendere il disegno di legge comunitaria uno strumento serio, e non un provvedimento omnibus.

Mario PESCANTE, presidente, ritiene che quello sollevato sia un tema particolarmente importante, che auspica possa essere oggetto di riflessione anche nell'ambito della giornata di studio che la Commissione intenderebbe realizzare il prossimo 3 maggio.
Quanto al numero di emendamenti complessivamente presentati al disegno di legge comunitaria, ricorda che questi sono stati circa 180, 70 dei quali presentati da deputati dell'opposizione.

Sandro GOZI (PD) osserva che il suo gruppo - una volta constatato che il Governo e la maggioranza non avrebbero tenuto la linea di rigore preannunciata - ha presentato a sua volta emendamenti. Personalmente, ha anche presentato emendamenti aventi ad oggetto la legge n. 11 del 2005, in considerazione del fatto che, sul tema, sono state apportate modifiche nel corso dell'esame presso il Senato, malgrado il processo complessivo di riforma avviato alla Camera. Ben diverso sarebbe stato l'atteggiamento dell'opposizione ove si fosse seguito, da parte della maggioranza, un metodo rigoroso.
Occorre certamente imboccare una strada di serietà e rigore, come enunciato dal ministro Ronchi, anche se in questa occasione non si è riusciti a seguire la direzione auspicata. Conferma, in ogni caso, il proprio impegno in tal senso.

Mario PESCANTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.40.

SEDE CONSULTIVA

Giovedì 8 aprile 2010. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 10.40.

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Ratifica ed esecuzione del Protocollo ai sensi dell'articolo 34 del Trattato sull'Unione europea recante modifica, per quanto attiene all'istituzione di un archivio di identificazione dei fascicoli a fini doganali, della Convenzione sull'uso dell'informatica nel settore doganale, fatto a Bruxelles l'8 maggio 2003.
C. 3211 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, ricorda preliminarmente che la cooperazione comunitaria tra amministrazioni doganali nella lotta al crimine organizzato ed alla criminalità transfontaliera è attualmente disciplinata dal regolamento (CE) n. 515/97 del Consiglio, del 13 marzo 1997 (come integrato dal regolamento (CE) n. 766/2008) che prevede la mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e la collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta applicazione delle normative doganale e agricola. Tale regolamento prevede l'assistenza e la cooperazione nell'individuazione e nella ricerca delle infrazioni alle disposizioni doganali comunitarie.
Il regolamento (CE) n. 515/1997 può considerarsi la base giuridica principale nella lotta contro le frodi doganali e agricole, attraverso lo scambio di informazioni e l'organizzazione di missioni negli Stati membri e nei Paesi terzi. In particolare, l'articolo 15 del regolamento dispone che le autorità competenti di uno Stato membro sono tenute a comunicare «senza indugio» alle autorità competenti dello Stato interessato «qualsiasi informazione utile che si riferisce ad operazioni che sono o che appaiono loro contrarie alle regolamentazioni doganale e agricola».
Un elemento che ha limitato, nell'esperienza applicativa, la portata del regolamento n. 515/1997/CE riguarda le modalità tecniche con cui debbono essere trasmesse le richieste di assistenza e fornite le risposte. Il regolamento infatti non prevede particolari obblighi e lascia la possibilità di trasmettere domande e risposte anche in forma cartacea.
Il maggior merito del citato regolamento n. 515/1997/CE è, comunque, allo scopo di un rapido e sistematico scambio delle informazioni comunicate alla Commissione, la costituzione di un sistema informativo doganale automatizzato sul piano comunitario, nell'ambito del quale memorizzare le informazioni sensibili relative a frodi e irregolarità in materia doganale o agricola in una base di dati centrale accessibile agli Stati membri, tutelando il carattere riservato delle informazioni scambiate, con particolare riguardo ai dati di carattere personale.
A livello di cooperazione intergovernativa le basi giuridiche sono invece costituite dalla Convenzione di Napoli del 1967 e dalla Convenzione conclusa sulla base dell'articolo K3 del Trattato sull'Unione europea, relativa alla mutua assistenza e alla cooperazione tra amministrazioni doganali, firmata a Bruxelles il 18 dicembre 1997 (cosiddetta «Napoli II»), che disciplina la collaborazione tra le amministrazioni doganali degli Stati membri dell'Unione europea allo scopo di prevenire, accertare e reprimere le violazioni della normativa doganale e che prevede anche forme di cooperazione necessarie nella fase repressiva e sanzionatoria, in particolare attraverso la previsione di sanzioni penali nei settori rimasti di competenza dei singoli Stati membri.
Nell'ambito degli strumenti giuridici di cooperazione in materia doganale si colloca altresì la Convenzione sull'uso dell'informatica nel settore doganale, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995 e resa esecutiva dalla legge 30 luglio 1998, n. 291, che ha previsto la creazione di un Sistema informativo doganale (SID). Il SID è gestito dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e permette lo scambio di informazioni a livello comunitario utilizzando la rete Ccn/Csi (Common Communication Network/Common System Interface), piattaforma comune che ha lo scopo di assicurare tutte le trasmissioni per via elettronica

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tra le autorità competenti nel settore delle dogane e della fiscalità. Il SID, operando al contempo come database e come meccanismo di allerta, mira pertanto ad agevolare la prevenzione, l'individuazione e il perseguimento delle operazioni che sono contrarie alle regolamentazioni doganale o agricola, rendendo più efficaci, mediante una più rapida diffusione delle informazioni, le procedure di cooperazione e controllo delle autorità competenti di cui al presente regolamento e consiste in una base di dati centrale cui si può accedere tramite terminali situati in ogni Stato membro e presso la Commissione. Il sistema comprende dati, raggruppati secondo le seguenti categorie: merci, mezzi di trasporto, imprese, persone, tendenze in materia di frode, competenze disponibili.
L'utilizzo dei dati è limitato al perseguimento degli scopi stabiliti dalla Convenzione ed è subordinato all'adozione di norme interne conformi al dettato della Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione delle persone nei confronti del trattamento informatizzato dei dati, fatta a Strasburgo il 28 gennaio 1981.
Il Parlamento italiano ha autorizzato la ratifica della Convenzione di Strasburgo con la legge 21 febbraio 1989, n. 98, ma l'entrata in vigore per il nostro Paese è avvenuta soltanto il 1o luglio 1997, successivamente all'approvazione delle leggi 31 dicembre 1996, n. 675 (Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali), 31 dicembre 1996, n. 676, (Delega al Governo in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali) e successive integrazioni, che hanno introdotto le norme interne previste dalla citata Convenzione di Strasburgo.
La Convenzione è composta di un Preambolo e di undici Titoli, e si occupa anzitutto (Titolo III), del funzionamento e dell'utilizzazione del SID: una banca-dati centralizzata, nella quale vengono immesse informazioni, rilevanti per gli scopi della Convenzione, attinenti sia a merci ed imprese che a persone. La Commissione europea provvede alla gestione dell'infrastruttura, secondo le indicazioni del Consiglio. La selezione dei dati da immettere nel SID spetta agli Stati membri secondo i loro ordinamenti, ma l'articolo 4 della Convenzione elenca esplicitamente gli elementi relativi alle persone da inserire nella banca-dati, intesi come limite oltre il quale si opererebbe una violazione ingiustificata della privacy.
L'utilizzazione dei dati può consentire successivamente un'attività di sorveglianza discreta o anche di controllo (se lo consentono le leggi nazionali), i cui risultati possono essere trasmessi allo Stato membro che ha immesso i dati, a norma dell'articolo 6. Ai dati del SID accedono solo le autorità nazionali designate dagli Stati membri in base alle proprie normative.
Il Titolo IV disciplina le modifiche ai dati, attribuendone il diritto esclusivo allo Stato che li ha inseriti, anche sulla base di inesattezze segnalate da un altro Stato membro.
A norma del Titolo V i dati vanno conservati solo per il periodo necessario al raggiungimento dello scopo per cui sono stati inseriti, al termine del quale vengono trasferiti per un anno in una sezione del SID ad accesso ristretto solo ad alcune autorità di controllo: trascorso l'anno i dati vengono cancellati.
Il Titolo VI concerne la protezione dei dati a carattere personale: è stabilito che solo gli Stati per i quali siano in vigore norme tali da assicurare un livello di protezione almeno pari a quello risultante dalla già citata Convenzione di Strasburgo del 1981, possano inserire o ricevere dati del SID. Inoltre ogni Stato membro dovrà, come presupposto, designare una o più autorità nazionali di sorveglianza. In ogni Stato membro chiunque può, secondo la normativa ivi vigente, richiedere la cancellazione o la correzione dei dati personali che lo riguardino, qualora siano di fatto inesatti o inseriti in violazione della presente Convenzione o della Convenzione di Strasburgo del 1981.
Il Titolo VII istituisce un Comitato composto di rappresentanti delle amministrazioni doganali degli Stati membri: esso

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è responsabile della corretta applicazione della Convenzione, nonché del funzionamento tecnico-operativo del SID. Il Comitato riferisce annualmente al Consiglio, e può formulare raccomandazioni.
È altresì istituita (Titolo VIII) un'autorità comune di controllo, composta da due rappresentanti di ciascuna autorità nazionale.
Per quanto concerne la sicurezza informatica del SID, il Titolo IX ne delega la tutela alle amministrazioni doganali dei singoli Stati membri, per i terminali di loro competenza, e al Comitato di cui al Titolo VII, per il sistema centrale.
Il Titolo X stabilisce le responsabilità degli Stati, che riguardano sia l'esattezza e la legalità dei dati, sia i danni arrecati a persone: per questi ultimi la responsabilità primaria ricade sullo Stato che ha fornito i dati illegali, e sono previsti accordi di compensazione fra Stati per quanto concerne gli indennizzi. Gli Stati sopportano i costi relativi al funzionamento del SID nel proprio territorio, oltre a quelli inerenti al SID a livello centrale, questi ultimi in proporzione al prodotto nazionale lordo di ciascuno.
Il Titolo XI, infine, contiene le clausole finali sulla ratifica, l'entrata in vigore e l'adesione di futuri Stati membri dell'Unione europea; l'articolo 27 demanda alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee la risoluzione di controversie sull'applicazione della Convenzione, siano esse tra Stati membri, o tra questi e la Commissione, qualora non si sia potuto risolverle mediante negoziati.
Il 29 novembre 1996 gli Stati membri dell'Unione europea hanno poi sottoscritto un Protocollo che consente l'interpretazione pregiudiziale, da parte della Corte di Giustizia, della Convenzione sull'uso dell'informatica nel settore doganale: il Protocollo stabilisce (articolo 2) che ognuno degli Stati firmatari possa, tramite dichiarazione scritta, accettare la competenza della Corte di Giustizia a pronunciarsi in via pregiudiziale per iniziativa di un qualsiasi organo giurisdizionale interno.
L'entrata in vigore del Protocollo non potrà comunque precedere quella della Convenzione (articolo 4); il Protocollo sarà aperto all'adesione di futuri nuovi Stati membri dell'Unione europea (articolo 5), ma ognuno di questi Stati, qualora aderisca alla Convenzione, dovrà accettare anche le disposizioni del Protocollo (articolo 6).
Un successivo Protocollo alla Convenzione del 1995 - relativo al riciclaggio di proventi illeciti e all'inserimento nella Convenzione del numero di immatricolazione del mezzo di trasporto, fatto a Bruxelles il 12 marzo 1999 - è stato ratificato dal nostro Paese con la legge 6 febbraio 2006, n. 53.
Quanto ai contenuti del Protocollo di modifica dell'8 maggio 2003, ricorda che il Preambolo, constatando come sia necessario trarre il massimo profitto dalle indagini sulla criminalità transnazionale, come previsto nel punto 43 delle Conclusioni del Consiglio europeo di Tampere dell'ottobre 1999, e rilevando altresì come la criminalità economica presenti sempre più spesso profili inerenti al diritto tributario e alla materia doganale (punto 49 di Tampere), asserisce doversi stabilire una base giuridica complementare rispetto alla Convenzione sull'uso dell'informatica nel settore doganale, per rendere possibile il perseguimento di scopi ulteriori. Il Preambolo, in particolare, evidenzia come al momento - ovvero in base al mero disposto della Convenzione sull'uso dell'informatica nel settore doganale - non esista la possibilità di uno scambio di informazioni, sistematico e agevolato dalla via elettronica, tra le competenti autorità dei vari Stati membri dell'Unione europea, in merito all'esistenza eventuale di fascicoli riguardanti indagini in corso o completate.
Il Protocollo è stato adottato ai sensi dell'articolo 34 del Trattato sull'Unione europea che prevede, nel quadro del Titolo VI, dedicato alla cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale che, su iniziativa di uno Stato membro o della Commissione, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, stabilisca convenzioni di cui raccomanda l'adozione

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agli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali (paragrafo 2, lettera d)).
L'articolo 1 del Protocollo, che ne costituisce la parte fondamentale, inserisce dopo il titolo V della Convenzione del 1995 tre ulteriori titoli, il primo dei quali (titolo V A) consta del solo articolo 12 A, il primo comma del quale aggiunge al Sistema informativo doganale istituito dalla Convenzione del 1995 i dati previsti dal titolo V A, che devono afferire a una specifica banca dati denominata «Archivio di identificazione dei fascicoli a fini doganali». Il comma 2 enuncia lo scopo dell'istituzione di tale banca dati, ovvero consentire alle autorità nazionali competenti per le indagini doganali, all'atto dell'apertura di un'indagine su una o più persone o imprese, di individuare prontamente le competenti autorità di altri Stati membri che a carico degli stessi soggetti abbiano in corso o abbiano ultimato indagini doganali. In base al comma 3, ai fini della costituzione della predetta banca dati ciascuno degli Stati membri dell'Unione europea comunica agli altri, nonché al Comitato istituito dall'articolo 16 della Convenzione del 1995, l'elenco delle violazioni gravi delle leggi nazionali, intese come quelle punibili con una pena o misure di sicurezza detentive non inferiori nel massimo a 12 mesi, oppure con un'ammenda non inferiore, nel massimo, alla somma di 15.000 euro.
Il titolo V B è invece dedicato alle modalità di utilizzazione dell'archivio di identificazione dei fascicoli a fini doganali, e consta di tre articoli, il primo dei quali (articolo 12 B) stabilisce che l'introduzione di dati sui fascicoli d'indagine riguardi unicamente persone o imprese che siano o siano state oggetto di un fascicolo d'indagine in quanto sospettate di gravi violazioni delle leggi nazionali, ovvero rispetto alle quali si sia constatata la commissione o la partecipazione a una di tali violazioni o, ancora, che siano state oggetto di sanzione amministrativa o penale in relazione a dette violazioni. Il comma 2 dell'articolo 12 B limita con precisione i dati a carattere personale che possono essere immessi nella banca dati per le persone e per le imprese, e rinvia per la durata della loro conservazione al successivo articolo 12 E.
L'articolo 12 C consente a uno Stato membro di non procedere alla registrazione dei dati di cui in precedenza, qualora e fintantoché ciò possa nuocere all'ordine pubblico o ad altri interessi essenziali dello Stato medesimo, soprattutto in riferimento alla materia della protezione dei dati.
L'articolo 12 D, infine, limita l'introduzione dei dati e la relativa consultazione alle autorità competenti, nonché a una precisa elencazione di dati di carattere personale.
Il titolo V C, che consta del solo articolo 12 E, riguarda i tempi di conservazione dei dati nell'archivio di identificazione dei fascicoli a fini doganali, e prevede che tempi di conservazione siano fissati in conformità delle normative in vigore nello Stato membro che fornisce i dati medesimi, in nessun caso superando il periodo di tre anni per i dati su fascicoli di indagini in corso, di sei anni per i dati relativi a fascicoli che hanno consentito la constatazione di violazioni e di dieci anni per i dati relativi a fascicoli da cui sia scaturita una condanna o un'ammenda. È prevista l'automatica cancellazione dei dati al superamento dei periodi massimi di conservazione sopra indicati, nonché l'immediata cancellazione dei dati riguardanti una persona o un'impresa che risultino estranee ai fatti oggetto di indagine.
I rimanenti quattro articoli del Protocollo riguardano le consuete clausole finali degli strumenti internazionali sulle modalità di entrata in vigore, l'apertura del Protocollo all'adesione di ogni futuro Stato membro dell'Unione europea che parallelamente aderisca anche alla Convenzione del 1995, l'indicazione del Depositario nel Segretario generale del Consiglio dell'Unione europea.

Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

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Ratifica ed esecuzione dell'Accordo multilaterale tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, la Repubblica di Albania, la Bosnia-Erzegovina, la Repubblica di Bulgaria, la Repubblica di Croazia, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, la Repubblica d'Islanda, la Missione delle Nazioni Unite per l'amministrazione ad interim nel Kosovo, la Repubblica di Montenegro, il Regno di Norvegia, la Romania e la Repubblica di Serbia, relativo all'istituzione di uno Spazio aereo comune europeo, con Allegati, fatto a Lussemburgo il 9 giugno 2006.
C. 3259 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Giovanni DELL'ELCE, relatore, ricorda che l'accordo relativo all'istituzione di uno spazio aereo comune europeo (ECAA) tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, oltre all'Islanda e alla Norvegia, da un lato, e gli Stati dei Balcani occidentali (per il Kosovo, la missione ONU UNMIK di amministrazione ad interim), dall'altro, costituisce un significativo superamento della precedente - e tuttora vigente - dimensione bilaterale nel campo degli accordi sui servizi aerei. Infatti, oltre ad aprire gradualmente i rispettivi mercati del trasporto aereo, esso prevede l'allineamento progressivo delle parti contraenti ad alcuni elementi di base della legislazione comunitaria, come la sicurezza dei voli, la tutela della concorrenza, la gestione del traffico aereo, la tutela dei consumatori e dell'ambiente.
Segnala tuttavia che tra gli Stati balcanici contraenti dell'accordo in esame come controparti della CE figurano anche la Romania e la Bulgaria, divenute intanto membri dell'Unione europea a tutti gli effetti. Al proposito il comma 2 dell'articolo 31 dell'Accordo prevede che al momento dell'adesione all'Unione europea di una parte associata (cioè di uno Stato balcanico), quest'ultima passi automaticamente nel novero degli Stati membri della UE anche ai fini del presente accordo.
Come risulta dalla relazione introduttiva al disegno di legge, l'accordo in esame è il risultato delle linee-guida inaugurate dalla Commissione europea nel marzo 2005 e fatte proprie successivamente dal Consiglio UE, allo scopo di giungere alla conformità degli accordi bilaterali - vigenti nel settore tra ciascuno Stato membro e paesi terzi - con la normativa comunitaria in vigore, nel contesto di un ampliamento dell'accesso al mercato.
Ricorda che nello stesso alveo dell'accordo in esame si pone l'Accordo euro-mediterraneo UE-Marocco, il primo con un Paese non europeo, quale estensione dello spazio aereo comune europeo agli Stati interessati dalla Politica di vicinato: l'accordo è stato ratificato dall'Italia con la legge n. 158 del 2009.
Segnala parimenti che l'accordo in esame appartiene alla categoria degli accordi cosiddetti «misti», in quanto esso, oltre alle disposizioni più strettamente economico-commerciali, da tempo delegate alla Comunità europea, contiene anche ulteriori previsioni di competenza del diritto interno degli Stati membri, i quali, pertanto, devono ratificare l'accordo. Considerata la durata delle procedure di ratifica necessarie per il perfezionamento degli Accordi misti, è prassi che la Comunità europea concluda contestualmente i cosiddetti Accordi interlocutori (o interinali), che contengono le disposizioni commerciali e dai quali vengono scorporate le parti politiche che comportano le ratifiche da parte dei singoli Stati membri nonché il parere conforme del Parlamento europeo. Nel caso dell'accordo in esame, tuttavia, invece di un separato accordo interinale, l'articolo 29, comma 3, ne ha previsto la possibilità di applicazione in via provvisoria tra la CE e i suoi Stati membri e almeno uno dei Paesi balcanici, secondo il diritto interno delle parti, sin dalla data della firma.
La relazione introduttiva al disegno di legge chiarisce come, essendo impossibile un adeguamento contemporaneo di tutti i paesi del sudest europeo coinvolti dall'accordo in esame agli standard di sicurezza, controllo e gestione del traffico

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aereo e degli aeroporti, è stato previsto che successivi accordi separati integreranno quello in esame, l'applicazione del quale è infatti suddivisa in tre fasi, sottoposte al vaglio della Commissione europea e degli Stati membri. Il passaggio da una fase all'altra avverrà in tempi diversi tra i diversi paesi balcanici, e comunque, propedeutico al passaggio alla prima fase, è stato firmato con ciascun paese un protocollo integrativo dell'accordo in esame, che specifica caso per caso il cammino da compiere. La piena integrazione di mercato potrà realizzarsi soltanto nella terza fase, con pieno diritto di stabilimento e di esercizio del trasporto aereo di cabotaggio all'interno dell'Unione europea. L'accordo in esame si configura pertanto alla stregua di cornice preliminare di un processo di integrazione ancora piuttosto lungo.
Passando propriamente al contenuto dell'accordo in esame, evidenzia che esso si compone di un preambolo, 34 articoli e 5 allegati e, come sopra ricordato, 9 protocolli.
L'articolo 1 enuncia gli obiettivi e i principi dell'accordo, che prevede l'applicabilità tra le parti contraenti delle disposizioni normative riportate nell'allegato I; una serie di protocolli, almeno uno per ciascuna parte associata (ovvero paese balcanico) riporta le disposizioni transitorie applicabili nei confronti di essa.
L'articolo 2 procede a una serie di definizioni, tra le quali spiccano quella di «partner ECAA», quella di «convenzione» - che si riferisce alla Convenzione sull'aviazione civile internazionale di Chicago del 1944 -, e, infine, della SESAR (attuazione tecnica del Cielo unico europeo).
Gli articoli 5 e 6 contengono rispettivamente una clausola di salvaguardia dei rapporti tra le parti contraenti dell'accordo sullo spazio economico europeo - ovvero gli Stati membri della UE più l'Islanda e la Norvegia -, e una clausola di non discriminazione in ragione della nazionalità nell'ambito di applicazione dell'accordo in esame.
Gli articoli 7, 8 e 9 riguardano il diritto di stabilimento, vietando ogni restrizione alla libertà in questo ambito nei confronti di cittadini o di imprese di uno Stato membro della Comunità europea o di un partner ECAA. L'assenza di previsioni sulla libertà di stabilimento di soggetti appartenenti ai paesi balcanici conferma peraltro il carattere nei loro riguardi meramente programmatico delle disposizioni dell'accordo di esame, poiché, come già accennato, solo al completamento del processo di integrazione potrà essere riconosciuta analoga facoltà. È fatta salva l'applicabilità nazionale di disposizioni in materia di ingresso e soggiorno e più in generale di trattamento dei cittadini stranieri per motivi di politica pubblica, di sanità o di sicurezza.
In base all'articolo 11, concernente specificamente la sicurezza aerea, le parti si impegnano a garantire che i propri aeromobili, quando impiegati in scali di altre parti contraenti, rispettino le norme di sicurezza internazionale stabilite dalla Convenzione di Chicago del 1944, consentendo altresì adeguate ispezioni sulla regolarità dei documenti e sulla condizione degli aeromobili. In ogni caso, la competente autorità nazionale nel campo dell'aviazione civile può immediatamente adottare misure appropriate alla constatazione del mancato rispetto di norme essenziali, informandone tempestivamente le competenti autorità delle altre parti. Assai rilevante appare l'obbligo di ciascuna parte contraente di notificare alle altre ogni modifica della legislazione nazionale che possa incidere sullo statuto della competente autorità nel campo dell'aviazione civile.
Particolare rilievo assume l'articolo 12, dedicato alla protezione della navigazione aerea da illecite interferenze: le parti si impegnano ad attuare tutte le relative norme e meccanismi di controllo quali indicati nell'allegato I, fornendosi reciprocamente a richiesta tutta l'assistenza necessaria alla prevenzione di ogni atto illecito di sequestro, o di attentati alla sicurezza della navigazione aerea e dei relativi impianti e servizi. Ancor più stringente è l'impegno delle parti a fornirsi

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tutta l'assistenza necessaria in caso di messa in atto di sequestri o attentati alla navigazione aerea.
Per quanto concerne la gestione del traffico aereo, l'articolo 13 impegna le parti contraenti alla cooperazione al fine di estendere il «cielo unico europeo» all'accordo sullo spazio aereo comune europeo, rafforzando così le norme di sicurezza e accrescendo l'efficienza del traffico aereo generale in Europa. In particolare, i paesi balcanici si impegnano a designare quanto prima organismi di controllo nazionali indipendenti dalle imprese che forniscono i servizi di trasporto aereo.
L'articolo 14, in materia di concorrenza, rimanda alle disposizioni dell'allegato III: quando tuttavia esistano accordi conclusi tra due o più parti contraenti, come gli accordi di associazione all'Unione europea, e questi contengano norme sulla concorrenza o gli aiuti di Stato, viene salvaguardata l'applicazione di dette norme tra le parti interessate. Le disposizioni dell'allegato III vengono inoltre salvaguardate rispetto a quanto disposto dai successivi articoli 15-17, che non si applica nei confronti di esse.
Sulla scorta dell'articolo 15 ciascuna parte si impegna a garantire la tutelabilità presso i propri tribunali nazionali dei diritti derivanti dall'accordo in esame: quando tuttavia sia in gioco la stessa possibilità di effettuare i servizi aerei previsti dall'accordo, le istituzioni della Comunità europea intervengono esercitando i poteri loro conferiti in base alle norme riportate nell'allegato I. Sulle decisioni adottate dalle istituzioni comunitarie è in tal caso competente in via esclusiva la Corte di giustizia delle Comunità europee.
L'articolo 16 stabilisce le procedure relative all'interpretazione delle disposizioni dell'accordo in esame e dell'allegato I, e l'articolo 17 contempla il caso dell'adozione in una delle parti contraenti di nuove disposizioni in materia di trasporti o nei settori connessi: mentre tale facoltà è assicurata per le parti UE, per l'Islanda e la Norvegia, per quanto concerne i paesi balcanici essi potranno adottare tali nuove disposizioni solo se conformi all'accordo in esame.
Gli articoli da 18 a 22 riguardano il comitato misto, le sue competenze e le misure di salvaguardia che le parti possano adottare. Il comitato misto, composto da rappresentanti delle parti contraenti, ha il compito di gestire l'accordo e l'attuazione di esso, e a tal fine emana raccomandazioni e adotta decisioni, le quali ultime sono vincolanti per le parti. Al comitato possono essere demandate controversie sull'applicazione e l'interpretazione dell'accordo: se il comitato non giunge a una decisione entro quattro mesi, le parti possono adire la Corte di giustizia secondo le procedure di cui all'allegato IV, per una decisione definitiva e vincolante.
Gli articoli 24, 25 e 26 sono dedicati all'obbligo di reciproca consultazione delle parti, in seno al comitato misto, sull'evoluzione delle questioni relative al trasporto aereo nell'ambito delle organizzazioni internazionali, nonché su vari aspetti dei possibili sviluppi nei rapporti tra le parti contraenti e paesi terzi nelle medesime materie.
L'articolo 27 è dedicato alle disposizioni transitorie di cui ai protocolli I-IX, secondo le procedure di cui già in precedenza.
In base all'articolo 28 le disposizioni dell'accordo in esame prevalgono su quelle applicabili contenute in accordi bilaterali in vigore tra uno degli Stati balcanici e uno degli Stati membri dell'Unione europea (oppure la Norvegia o l'Islanda), ovvero in accordi bilaterali tra gli Stati balcanici stessi.
Gli articoli da 29 a 34 contengono infine le consuete clausole finali dell'accordo: in particolare, è previsto che la comunità europea e i suoi Stati membri, unitamente ad almeno uno degli Stati balcanici, possano decidere di applicare già dalla data della firma l'accordo in via temporanea. Al proposito tuttavia, come riportato nell'Analisi tecnico-normativa che accompagna il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, l'Italia ha depositato

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una dichiarazione unilaterale con la quale in sostanza non ritiene opportuno avvalersi di tale facoltà di applicazione in via provvisoria.
Si prevede la possibilità, a richiesta di una parte contraente, di riesaminare l'accordo: ciò avverrà comunque cinque anni dopo l'entrata in vigore di esso.
Vengono inoltre dettate le procedure per la cessazione dell'accordo, rispetto alle quali rileva in particolare il caso di cessazione o sospensione nei confronti di una parte associata la quale si sia visto rispettivamente cessare o sospendere il corrispondente accordo di associazione con la UE.
È infine prevista la possibilità di allargare lo spazio aereo comune europeo nei confronti di qualsiasi Stato o identità legati alla Comunità europea da un quadro di cooperazione economica stretta e che abbia deciso di omogeneizzare la sua legislazione in materia di trasporti aerei con quella comunitaria.

Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 10.50 alle 10.55.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE CONSULTIVA

Disposizioni per la promozione del diritto alla formazione e allo sviluppo professionale.
C. 1079 Bobba e abb.