CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 16 marzo 2010
298.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 16 marzo 2010.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 9.40 alle 9.45.

SEDE REFERENTE

Martedì 16 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 9.45.

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DL 29/2010: Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione.
C. 3273 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 12 marzo 2010.

Giuseppe CALDERISI (PdL), relatore, intende preliminarmente ringraziare per gli apprezzamenti e la stima per le sua competenze a lui rivolti da alcuni rappresentanti del Partito democratico. Intende tuttavia rilevare scherzosamente come i rappresentanti del Partito democratico siano soliti far seguire tali apprezzamenti dalla valutazione negativa sul caso di specie come evidenziando «ma questa volta non possiamo condividere» e poi una sequela di motivazioni contrarie. La proposizione avversativa, che immancabilmente inizia con il «ma questa volta» non manca mai, è divenuta una sorta di esercizio retorico. Per il futuro, dunque, preferirebbe meno apprezzamenti e, almeno, qualche volta, almeno una volta, qualche condivisione.
Vuole comunque rassicurare i rappresentanti del Partito democratico: non lo spaventano i casi difficili, anzi ne ha quasi una predilezione se sono accompagnati, come nel caso in questione, da profonde e valide ragioni, ancorché oscurate da una gigantesca campagna di disinformazione.
Deve innanzitutto rilevare una grandissima contraddizione presente negli interventi dei rappresentanti del Partito democratico. Da una parte, essi difendono il Presidente Napolitano che ha affermato che il decreto legge «non ha presentato a mio avviso evidenti vizi di incostituzionalità» e che, di conseguenza, ha firmato il decreto del Governo; dall'altra, invece, sostengono che il decreto presenta vizi di incostituzionalità non solo evidenti, ma anzi evidentissimi, clamorosi, assoluti, che esso è «pericoloso sotto il profilo dell'ordinamento costituzionale», che «costituisce un precedente gravissimo sotto il profilo della violazione delle norme costituzionali», che produce «una grave alterazione della regolarità del procedimento elettorale» eccetera.
Rileva che se tali affermazioni avessero fondamento solo per il 10 per cento, allora il Presidente della Repubblica non avrebbe dovuto firmare il decreto. Delle due l'una, terzium non datur: o ha ragione il Presidente Napolitano e si può discutere, semmai, di dubbi di costituzionalità non evidenti. E allora il Partito democratico deve abbondare i toni da crociata che sta impiegando. Oppure sono fondate le affermazioni del Partito democratico, ma allora ne consegue che anche per il Partito democratico il Presidente Napolitano non doveva firmare. Sotto questo profilo considera allora più coerente, anche se evidentemente non lo condivide affatto, l'atteggiamento del deputato Di Pietro. Sostenendo che il decreto è così clamorosamente incostituzionale, ne deriva inevitabilmente la fondatezza delle critiche al Presidente Napolitano.
Ribadisce che, a suo avviso, il decreto-legge non è affatto incostituzionale. Esso non rappresenta affatto una violazione delle regole ma, al contrario, esso ripristina la legalità che è stata violata. La forma è sostanza e, personalmente, non ha impiegato mezzo secolo per scoprirlo, come ha ammesso il deputato Giovanelli con riferimento alla propria parte politica.
Sottolinea come le regole vadano rispettate. Ma è proprio questo il problema, perché in questo caso non sono state rispettate. Non sono state rispettate proprio da parte di coloro che dovevano applicarle e farle rispettare, ossia da parte di alcuni uffici elettorali. Quello di Milano che ha ammesso un ricorso contro l'ammissione di una lista laddove la legge, già abbastanza chiara prima del decreto-legge, afferma che sono ammissibili, in sede di ufficio centrale regionale, solo ricorsi avverso l'esclusione di liste e candidati. E quello di Roma, che ha compiuto un clamoroso abuso di potere rifiutandosi di ricevere e verbalizzare una lista laddove le regole vigenti prima del decreto - vigenti

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anche per il Lazio - affermano che il cancelliere «non può rifiutarsi di ricevere le liste di candidati neppure se le ritenga irregolari e se siano presentate tardivamente».
Ne deriva quindi che, anche in caso di errori da parte dei delegati del Popolo delle libertà, l'ufficio circoscrizionale di Roma era tenuto a ricevere la lista, verbalizzando il ritardo e tutto ciò che, a suo avviso, ne pregiudicava l'ammissibilità. Invece ha compiuto un gravissimo abuso di potere perché ha privato quella lista della possibilità di tutela giurisdizionale: se manca il verbale ricorrere diventa, evidentemente, una «mission impossible».
Sottolinea che queste sono le ragioni del decreto, ma non si deve confondere - passando all'esame dettagliato delle varie motivazioni di incostituzionalità che sono state poste - l'occasio legis con l'applicazione di disposizioni scritte in un atto avente forza di legge.
Affermare che le disposizioni del decreto-legge - in particolare i commi 1 e 4 dell'articolo 1 - sono incostituzionali perché sono «concrete», cioè prive di astrattezza e generalità o «provvedimentali» è sbagliato, perché un conto è l'occasio legis da cui il Governo ha preso le mosse e un altro è l'applicazione, temporalmente non delimitata e riguardante una pluralità indeterminata di destinatari, di disposizioni scritte in un atto avente forza di legge.
Rileva che è sbagliato, inoltre, perché tanto la Costituzione quanto gli Statuti regionali definiscono le fonti primarie non già in ragione del loro contenuto, bensì in dipendenza di caratteri formali, quali la provenienza da un certo organo o potere, il procedimento di formazione e il loro particolare valore giuridico (rango primario della norma, trattamento giuridico in sede di controllo o di sindacato eccetera), come confermato dalla sentenza Corte costituzionale n. 331 del 1988. Non sta quindi scritto da nessuna parte, tanto meno nella Costituzione, che le leggi non possano avere un contenuto anche provvedimentale.
Evidenzia che il fatto che le disposizioni del decreto-legge in esame abbiano carattere di generalità e astrattezza è del resto dimostrato dal fatto che, grazie al decreto, hanno fatto ricorso e sono state ammesse dagli organi della giustizia amministrativa diverse liste in varie regioni, in Liguria (lista del Nuovo Psi), Lombardia (lista della destra di Storace) e altre ancora.
Ricorda che una serie di obiezioni riguarda la natura non interpretativa ma innovativa del decreto. Si citano le sentenze della Corte Costituzionale n. 341 del 2003 e n. 155 del 1990, là dove essa afferma che va «riconosciuto carattere interpretativo soltanto ad una legge che, fermo il tenore testuale della norma interpretata, ne chiarisce il significato normativo ovvero privilegia una tra le tante interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto precettivo è espresso dalla coesistenza delle due norme, le quali rimangono entrambe in vigore e sono quindi anche idonee ad essere modificate separatamente.» Si sostiene che l'interpretazione della normativa su cui interviene il decreto legge non fosse controversa. Ma questo non è affatto vero.
Per quanto riguarda il comma 1 dell'articolo 1, rileva come esista un'ampia giurisprudenza in ordine alla questione del rispetto dei termini orari di presentazione delle liste. Esistono numerose sentenze del Consiglio di Stato - almeno una decina - che avvalorano il favor partecipationis.
Ha già citato nella sua relazione la sentenza della V sezione 4 marzo 2002 n. 1271, secondo cui un minimo scostamento di orario, giustificato da validi motivi, di per sé non è motivo sufficiente a giustificare l'esclusione, tenuto conto del principio di favore per la più ampia partecipazione alla competizione elettorale. Ma a fronte di tale giurisprudenza, il comportamento dei diversi uffici elettorali è molto difforme, fino a giungere, addirittura, al caso di rifiuto di verbalizzazione su cui mi è già soffermato. L'esigenza di una norma interpretativa che chiarisca come si deve considerare assolto il rispetto dei termini orari è pertanto più che mai

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giustificata. La condivisione della norma, nel merito, è evidentemente altra questione.
Rileva che il comma 1 non stabilisce affatto, come ha affermato il deputato Bressa, che «le liste sono ritenute validamente presentate quando i delegati incaricati delle presentazione delle liste, muniti della prescritta documentazione, abbiano fatto ingresso nei locali del Tribunale». Il comma 1 non cambia affatto il luogo dove devono essere presentate le liste, che rimane la cancelleria del tribunale. E solo l'ufficio elettorale, dopo la presentazione della lista, può e deve verificare l'idoneità della documentazione prescritta.
Sottolinea che, pertanto, non esiste affatto - come invece ha sostenuto il deputato Bressa - «una nuova modalità di presentazione delle liste, parallela ed ulteriore rispetto a quella attualmente in vigore».
Quanto alla parola «prescritta», rileva che essa è un termine neutro, interpretarlo nel senso che ai delegati incomberebbe l'obbligo di dimostrare, prima di aver depositato la documentazione, che essa abbia i requisiti prescritti dalla legge è un non senso giuridico, è illogico e irragionevole. Evidenzia come la norma sia chiarissima e la questione da provare con ogni mezzo idoneo è solo la presenza dei delegati nei locali del tribunale entro i termini di legge. Poi, ribadisce, sta all'ufficio elettorale, dopo il ricevimento e la verbalizzazione della lista, compiere le verifiche circa l'idoneità della documentazione presentata rispetto ai requisiti prescritti dalla legge.
Fa presente che anche il comma 2 dell'articolo 1 interviene su una questione notoriamente oggetto di un ampia e variegata giurisprudenza, là dove i vari uffici elettorali interpretano in modo molto difforme le condizioni necessarie per la validità dell'autenticazione. Le stesse identiche irregolarità a volte vengano ritenute tali da pregiudicare l'ammissione della lista, altre volte sono ritenute irregolarità non essenziali, altre volte ancora sono considerate irregolarità sanabili nella fase immediatamente successiva al deposito della lista. Una norma interpretativa che faccia chiarezza sulla materia è pertanto estremamente opportuna e necessaria.
Quanto al comma 3, ricorda come il contenuto del primo e del terzo periodo sia già scritto nelle norme vigenti e sono semmai alcuni uffici elettorali a interpretarlo male.
Il secondo e quarto periodo sono tipicamente interpretativi, perché risolvono un noto contrasto giurisprudenziale: addirittura vi è un'adunanza plenaria del Consiglio di Stato in data 24 novembre 2005, n. 10, in base alla quale l'impugnazione degli atti endoprocedimentali concernenti l'ammissione di liste di candidati va proposto entro il termine di 30 giorni dalla data di proclamazione degli eletti, essendo esclusa la possibilità di impugnazione, prima della proclamazione, di tutti gli atti endoprocedimentali (quelli degli uffici elettorali). A fronte di questa adunanza plenaria, autorevolissima ma non vincolante, stanno molti precedenti contrari del Consiglio di Stato e del TAR che ritengono ammissibili i ricorsi di fronte a loro. Anche il recentissimo Tar Lombardia ha ragionato in questo modo e senza applicare il decreto-legge.
Rileva che sostenere, come è stato detto, che le disposizioni del decreto-legge sono incostituzionali perché configurano un intervento d'urgenza retroattivo in materia elettorale è sbagliato: la nostra Costituzione prevede un divieto di retroattività solo in materia penale, all'articolo 25, con la conseguenza che le fonti ordinarie non incontrano in generale il limite della retroattività, ma solo quello della retroattività irragionevole per violazione dell'articolo 3 della Costituzione, limite che viene superato solo allorché a giustificazione della scelta legislativa non sia invocabile alcuna plausibile ragione.
Evidenzia ancora, come si esprime la Corte costituzionale nella sentenza n. 374 del 2000 a proposito di una legge d'interpretazione autentica, che «non è decisivo verificare se la norma censurata abbia carattere effettivamente interpretativo (e sia perciò retroattiva) ovverosia innovativa

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con efficacia retroattiva, poiché - nel rispetto dell'articolo 25 della Costituzione - il legislatore può emanare norme con efficacia retroattiva - interpretative o innovative che siano - purché la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori o interessi costituzionalmente protetti. Nel caso in esame, anche ammesso (ma non concesso per tutte quelle del decreto-legge) che si tratti di disposizioni innovative-retroattive, la ragionevolezza sta nella necessità, spiegata nelle premesse al decreto-legge, di consentire il corretto svolgimento delle consultazioni elettorali, di rendere effettivo l'esercizio del diritto politico di elettorato attivo e passivo, nel rispetto costituzionalmente dovuto per il favore nei confronti della espressione della volontà popolare. Diritto politico di elettorato attivo e passivo messo in causa proprio dalla violazione delle regole operata da alcuni uffici elettorali.
Rileva, inoltre, che in questo caso non si interviene sulla materia elettorale in senso sostanziale, cioè la trasformazione dei voti in seggi, ma solo su aspetti delle operazioni elettorali preparatorie. Qui, semmai, valore costituzionalmente protetto è la par condicio delle liste e dei candidati quanto alla possibilità di disporre di un tempo congruo di campagna elettorale, ma ciò riguarderebbe le liste riammesse tardivamente alla competizione elettorale.
Quanto al decreto legge in materia elettorale, i precedenti, come noto, sono numerosi, e anche alcuni di questi sono intervenuti quando il procedimento elettorale era in corso: non solo il d.l. n. 90 del 1995 che ha posticipato il termine per la presentazione delle liste per le elezioni regionali che scadeva lo stesso giorno di emanazione del decreto legge, decreto respinto ma di cui furono sanati gli effetti; ma anche il dl n. 24 del 2008, emanato vari giorni dopo il decreto di convocazione dei comizi elettorali, che ha inciso fortemente sul regime della presentazione delle liste alle elezioni, modificando i requisiti della sottoscrizione da parte di un certo numero di elettori.
Infine, sulla presunta violazione delle competenze delle regioni ai sensi dell'articolo 122 della Costituzione ribadisce che la materia del decreto riguarda competenze esclusive dello Stato: organi dello Stato, ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato, ordinamento civile e giustizia amministrativa sono competenze statali in base alle lettere f), g) ed l) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione. Ha già citato la sentenza della Corte costituzionale n. 196 del 2003 che sottolinea la improprietà della tecnica legislativa adottata da alcune regioni che «operando il recepimento e poi la parziale sostituzione delle disposizioni della legge statale n. 108 del 1968, dà vita ad una singolare legge regionale dal testo corrispondente a quello della legge statale, i cui contenuti, peraltro, non risultano sempre legittimamente assumibili dalla legge regionale, in quanto estranei alla sua competenza».
Sulla competenza regionale in materia elettorale di dettaglio osserva inoltre che, in quanto destinate a consentire la migliore tutela dei diritti fondamentali di elettorato attivo e passivo, anche scelte di dettaglio contenute in una norma statale potrebbero considerarsi costituzionalmente legittime in termini di riparto delle competenze, proprio perché strettamente funzionali e collegate a questo obbiettivo, che non può subire frazionamenti normativi o trattamenti differenziati sul territorio nazionale. Si tratta, in altri termini, della tutela del «livello essenziale» di un diritto fondamentale. Certo, l'articolo 117, comma 2 lettera m) ragiona certo solo di diritti civili e sociali. Si chiede infatti se sia pensabile che i diritti politici possano essere tutelati diversamente a seconda della regione.

Il sottosegretario Michelino DAVICO fa presente che il Governo ha ascoltato con grande attenzione i vari interventi che si sono succeduti nei giorni scorsi in Commissione sui contenuti e sul merito del decreto-legge n. 29, che è stato adottato per assicurare nel miglior modo il regolare svolgimento delle consultazioni elettorali

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per il rinnovo degli organi regionali, fissate per il 28 e 29 marzo 2010.
Rileva che si è trattato, come sempre, di interventi autorevoli e di alto livello, che si distinguono per la dottrina e per la ricchezza di argomentazioni giuridiche e politiche delle quali il Governo terrà senz'altro conto nella propria azione.
Esprime quindi un particolare apprezzamento al relatore Calderisi, per le sue relazioni illustrative nel corso del dibattito.
Sul merito del provvedimento, evidenzia che più volte, nel corso della legislatura, ha avuto occasione di argomentare in merito all'ammissibilità dello strumento del decreto-legge in materia elettorale. Ammissibilità riconosciuta, in particolar modo dalla I Commissione, laddove si tratti, come nel caso di specie, di provvedimenti che incidono sulla cosiddetta legislazione elettorale di contorno, cioè su disposizioni volte a regolare la competizione elettorale sotto gli aspetti procedurali ed organizzativi.
Rileva che il decreto-legge adottato non è intervenuto sul procedimento già avviato, perché non contiene norme di carattere innovativo. La iniziativa di urgenza si limita, invece, a recare norme di interpretazione autentica di disposizioni già esistenti nell'ordinamento elettorale.
Fa presente che si possono avere idee e valutazioni diverse sull'opportunità di ricorrere o meno all'iniziativa d'urgenza. Tuttavia, non si può fare a meno di riflettere che senza un tale intervento, necessitato dalla vicinanza della scadenza elettorale, si sarebbe impedito a taluni cittadini di esercitare il diritto di voto. In caso contrario, vi sarebbe stato il rischio concreto di una alterazione del consenso.
Ribadisce, quindi, che il decreto-legge non ha introdotto nuove disposizioni ma si limita a dettare criteri interpretativi di norme in materia di rispetto dei termini per la presentazione delle liste, di autenticazione delle firme e di ricorsi contro le decisioni dell'Ufficio centrale regionale e viene incontro alla esigenza di assicurare la piena partecipazione dei diversi schieramenti alle elezioni regionali.
Aggiunge, infine, che con le norme contenute nel decreto-legge in esame si è inteso offrire la cornice giuridica affinché la magistratura, sia ordinaria sia amministrativa, potesse pronunciarsi, senza dubbi ed incertezze, in una materia tanto delicata ma anche altrettanto sensibile per i diritti dei cittadini chiamati a rinnovare gli organi delle regioni.
Fa presente che sono a conoscenza del Parlamento le decisioni che i vari organi giurisdizionali, nell'ambito delle rispettive competenze, hanno adottato nella materia.
Assicura, quindi, la Commissione che il Governo nutre il più profondo rispetto per le pronunce dell'Autorità giudiziaria alle quali intende conformare il proprio operato.

Mario TASSONE (UdC), intervenendo sui lavori della Commissione, chiede al presidente di chiarire quale sia l'organizzazione della discussione degli emendamenti e in quale giorno il provvedimento passerà all'esame dell'Assemblea.

Donato BRUNO, presidente, risponde che la presidenza sta valutando gli emendamenti sotto il profilo dell'ammissibilità e che il loro esame comincerà nella seduta già convocata per oggi, 15 minuti dopo il termine delle votazioni antimeridiane dell'Assemblea. Rilevato quindi che gli emendamenti presentati sono molto numerosi, invita i gruppi a valutare la possibilità di concentrare il dibattito su alcuni di essi soltanto, a tal fine segnalandoli alla presidenza. Per quanto riguarda la discussione del provvedimento in Assemblea, chiarisce che, allo stato, la conferenza dei presidenti di gruppo non ha ancora stabilito una data; il regolamento, peraltro, all'articolo 96-bis, comma 4, stabilisce, come termine ordinario per la conclusione dell'esame in sede referente dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge, quello di quindici giorni. Quindi, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.10.

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ATTI DEL GOVERNO

Martedì 16 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 10.10.

Schema di regolamento di organizzazione del Ministero degli affari esteri.
Atto n. 192.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta dell'11 marzo 2010.

Maria Elena STASI (PdL), relatore, richiamandosi alla relazione introduttiva svolta, ribadisce che, per i profili di competenza della I Commissione, non vi sono questioni da evidenziare con riferimento al provvedimento in titolo.

Donato BRUNO, presidente, avverte che la III Commissione dovrebbe esprimere i propri rilievi sul provvedimento nella seduta odierna. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già prevista per il pomeriggio.

La seduta termina alle 10.15.

DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Martedì 16 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Intervengono il ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli e il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 10.20.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante riordino dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
Atto n. 190.

(Rilievi alla Commissione parlamentare per la semplificazione).
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta dell'11 marzo 2010.

Roberto ZACCARIA (PD) manifesta forte perplessità sulla scelta del legislatore di demandare ad una commissione parlamentare speciale, sottraendola alle commissioni permanenti la competenza all'espressione del parere sugli schemi di regolamento di delegificazione previsti dal programma «taglia-enti». Esprime, più in generale, perplessità sul meccanismo complessivo di questo programma, che, nel prevedere la soppressione di tutti gli enti pubblici che il Governo ritenga inutili, rimette a regolamenti di delegificazione il riordino degli enti non soppressi. Il problema, a suo avviso, è rappresentato dal fatto che, mentre si spoglia del potere di legiferare in materia, il legislatore primario non stabilisce limiti precisi al potere di delegificazione del Governo.
Ricorda che lo schema della delegificazione previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 era piuttosto chiaro nel prevedere che «con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle

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norme regolamentari». Il programma taglia-enti non solo ha eliminato il parere delle Commissioni permanenti competenti per materia, sostituendolo con quello della Commissione parlamentare per la semplificazione, ma ha attribuito al Governo un potere di delegificazione privo di limiti temporali ed estremamente ampio, dai contorni indefiniti, basato su norme generali regolatrici della materia alquanto generiche, che devono valere per il riordino di un numero indefinito di enti. Tale potere, per giunta, è utilizzato dal Governo in modo non sempre rigoroso. Basti pensare che, mentre la legge n. 400 del 1988 esigeva che la stessa norma di delegificazione individuasse le disposizioni da considerare abrogate a decorrere dall'entrata in vigore del regolamento di delegificazione, e questo perché si intendeva che l'autorizzazione a delegificare fosse conferita al Governo su una materia delimitata in modo netto, il programma «taglia-enti» lascia carta bianca al Governo anche su questo punto. Il Governo, tuttavia, non sempre si cura di precisare quali norme di legge restino in vigore e quali siano abrogate, come dimostra l'articolo 6 dello schema in esame, il quale stabilisce che, del decreto legislativo n. 322 del 1989, sono abrogate, oltre a poche disposizioni individuate, tutte le disposizioni incompatibili con il regolamento di delegificazione. Questa indeterminatezza, com'è evidente, genera non pochi problemi sul piano della certezza del diritto e non va certamente nella direzione della semplificazione normativa.
Quanto al merito del provvedimento in esame, rileva che è paradossale pensare che, nel momento in cui si aumentano i compiti dell'Istat e se ne riduce il personale, si possano conseguire incrementi di efficienza. Reputa inoltre criticabile la scelta di rafforzare il presidente dell'ente, a scapito degli organi collegiali, quando il ridimensionamento di questi ultimi avrebbe permesso di potenziarne il ruolo. Infine, nel ribadire come le norme generali regolatrici della materia poste alla base del regolamento di delegificazione in schema - erroneamente qualificate dalla legge come principi e criteri direttivi - siano alquanto generiche, si limita ad osservare che nel caso in esame, a tacere di altro, esse non sembrano consentire la previsione, contenuta nell'articolo 5, comma 1, lettera e), di un concorso pubblico per il reclutamento di dirigenti.
Conclude invitando la presidenza ad adoperarsi per salvaguardare le prerogative della Commissione affari costituzionali nell'attività consultiva al Governo su materie come quella recata dal provvedimento in esame.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che la Commissione parlamentare per la semplificazione è stata istituita, nella XIV legislatura, dall'articolo 14, comma 19, della «legge Baccini» (n. 246 del 2005) e che il parere di questa Commissione sugli schemi dei regolamenti di delegificazione è stato previsto dall'articolo 2, comma 635, della legge finanziaria per il 2008 (n. 244 del 2007), approvata nella XV legislatura, nell'ambito del programma taglia-enti delineato dal comma 634 del medesimo articolo 2: sotto questi profili l'articolo 26 del decreto-legge n. 112 del 2008 si è limitato, nel riprendere il programma taglia-enti, a fare rinvio ai sopracitati commi 634 e 635. L'assegnazione dello schema di regolamento in esame alla Commissione parlamentare per la semplificazione è pertanto avvenuta sulla base di una norma di legge e non è quindi in potere della Presidenza della Camera rivedere tale assegnazione.

Barbara POLLASTRINI (PD), nell'esprimere condivisione per le questioni poste dal collega Zaccaria sul provvedimento in esame, intende avanzare una proposta che auspica possa essere condivisa dalla Commissione.
Considerato che con lo schema di regolamento in discussione si sta operando una riforma dell'ISTAT, sarebbe un segnale culturale significativo segnalare l'esigenza - nei rilievi da trasmettere alla Commissione per la semplificazione - di richiamare espressamente nel testo l'articolo 51 della Costituzione. Com'è noto,

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infatti, tale articolo - proposto da un governo di centro-sinistra e poi approvato quasi all'unanimità sotto un governo di centro-destra - prevede che tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possano accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
Sarebbe quindi importante che nello schema di regolamento in esame fosse recepito lo spirito del suddetto articolo 51, sia quale criterio di fondo nelle premesse dei rilievi sia con riferimento specifico alla composizione del Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica, di cui all'articolo 3, e del Consiglio di cui all'articolo 4.
Ricorda come sia, infatti, noto il gap che vi è nel Paese tra i talenti delle donne e la loro rappresentatività fino ai livelli più alti. Tale distinzione in Italia nasce a partire dagli istituti che dovrebbero fotografare e monitorare costantemente l'andamento economico e sociale del Paese.
Auspica, quindi, che nei rilievi da esprimere alla Commissione per la semplificazione possa essere evidenziata l'opportunità di assicurare la ripartizione per genere nelle ricerche statistiche e di dare attuazione all'articolo 51 della Costituzione nella composizione degli organi di un ente moderno qual è l'ISTAT.

Roberto ZACCARIA (PD), prendendo la parola per una precisazione a margine del precedente intervento, osserva che, se lo schema della delegificazione di cui all'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 fosse rispettato e il potere di delegificazione fosse quindi conferito per materie precisamente delimitate, con norme generali regolatrici della materia ben definite e con chiara indicazione delle disposizioni da abrogare, non sarebbe poi necessario chiedere il parere di una commissione parlamentare speciale, in quanto basterebbero i pareri delle commissioni permanenti. Per quanto poi riguarda le considerazioni svolte dalla collega Pollastrini, invita il relatore a valutare se far riferimento, nei rilievi da trasmettere alla Commissione di merito, alla necessità di rispettare il principio di pari opportunità tra donne e uomini di cui all'articolo 51 della Costituzione.

Raffaele VOLPI (LNP), relatore, nel ringraziare i colleghi per i contributi forniti, ritiene che - se vi è consenso da parte della Commissione - quanto evidenziato dalla collega Pollastrini possa essere evidenziato nei rilievi da trasmettere alla Commissione per la semplificazione, così da dare un segnale positivo alla questione. Si potrà, in particolare, evidenziare tale profilo nelle premesse - così da dare un messaggio di carattere generale - sviluppando poi un rilievo che segnali l'esigenza di assicurare la ripartizione per genere nelle ricerche statistiche.
Prende poi atto del complesso ed articolato intervento testé svolto dal collega Zaccaria, che ha richiamato le modalità sempre più diffuse cui si ricorre per gli interventi di delegificazione e di riorganizzazione, concordando sul fatto che è divenuto ormai serrato il dialogo tra il Governo ed il Consiglio di Stato su alcuni provvedimenti. Sarà dunque quanto mai utile una riflessione di carattere generale che investa anche i profili che attengono al ruolo del Parlamento e della Commissione Affari costituzionali.
Intende, infine, tenere conto, nei rilievi da trasmettere alla Commissione per la semplificazione, di quanto sottolineato in merito al fatto che con il provvedimento in esame si prevede un rafforzamento dei poteri in capo al presidente dell'ISTAT, con un intervento di cui non si ravvisa la piena rispondenza con i principi che la legge pone alla base del provvedimento.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.50.

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SEDE REFERENTE

Martedì 16 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli.

La seduta comincia alle 10.50.

Semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative e Carta delle autonomie locali.
C. 67 Stucchi, C. 68 Stucchi, C. 711 Urso, C. 736 Mogherini Rebesani, C. 846 Angela Napoli, C. 2062 Giovanelli, C. 2247 Borghesi, C. 2488 Ria, C. 2651 Mattesini, C. 2892 Reguzzoni e C. 3118 Governo.

(Rinvio del seguito dell'esame).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta dell'11 marzo 2010.

Donato BRUNO, presidente e relatore, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione.
C. 3209-bis Governo.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che la Commissione avvia oggi l'esame del provvedimento in titolo, nel testo risultante dallo stralcio degli articoli 14, 25 e 27, disposto dal Presidente della Camera, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento, e comunicato all'Assemblea il 2 marzo 2010.

Andrea ORSINI (PdL), relatore, intende richiamare le ragioni essenziali che sono alla base del disegno di legge in esame e gli aspetti maggiormente caratterizzanti dello stesso.
Sottolinea come ci si trovi di fronte ad un provvedimento strutturale e strategico, espressione della cultura liberale che è alla base del consenso che la maggioranza ha ricevuto dagli elettori.
Il provvedimento è volto, in primo luogo, a rovesciare il rapporto tra Stato - da intendere come uno strumento - ed i cittadini, i veri soggetti di tale rapporto. Si tratta di una visione che si può riassumere nei principi di sussidiarietà e di visione federale e liberale dello Stato, finalizzata a compiere un'opera di semplificazione ponendo la pubblica amministrazione al servizio dei cittadini.
L'intenzione è, al contempo, quella di avere leggi chiare, trasparenti ed intellegibili per tutti.
Rileva che gli obiettivi testé ricordati sono quelli che sono posti alla base dei tre Capi in cui si suddivide l'articolato del provvedimento. Al tempo stesso, il disegno di legge è particolarmente rilevante anche sotto l'aspetto di politica economica giacché - com'è noto - il grande impegno per il rilancio della crescita economica del Paese, a cui Governo e Parlamento pongono una grande attenzione, non può non passare per gli incentivi ed i tagli fiscali - strumenti che recano oneri per il bilancio statale - e per un'azione di semplificazione che è l'unica a costo zero per lo Stato e che consente di alleviare i cittadini e le imprese dagli ostacoli burocratici liberando risorse.
Richiama, a titolo esemplificativo, il contenuto dell'articolo 1, volto alla semplificazione della tenuta dei libri sociali, che da solo consente un risparmio complessivo per lo Stato valutato in 750 milioni di euro annui, sulla base di una misurazione realizzata sulla base di dati forniti dalla Commissione europea.
Si sofferma, quindi, sulle previsioni degli articoli 28 e 29 che - nel prevedere l'adozione di una Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche, rappresentano

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l'applicazione dei principi di uno Stato liberale che si sostanziano nel ruolo fondante del criterio della trasparenza.
Si vuole altresì assicurare il massimo grado del diritto di accesso per i cittadini che ne hanno interesse, prevedere una maggiore chiarezza di linguaggio ed il minimo aggravio possibile nella vita quotidiana dei cittadini.
Rileva che questi sono i criteri fondanti della delega che tali articoli attribuiscono al Governo, da attuare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base dei principi e criteri fissati dall'articolo 29.
Evidenzia che un altro profilo particolarmente qualificante va rinvenuto nell'articolo 30, che delega il Governo ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei suddetti decreti legislativi, anche avvalendosi del Consiglio di Stato, un decreto legislativo con il quale riunire in un unico codice le disposizioni di cui alle seguenti leggi: legge 7 agosto 1990, n. 241; testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445; decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165; codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82; decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150; i decreti legislativi di cui all'articolo 28 del disegno di legge in esame.
In proposito, l'intenzione è quella di dare vita a uno strumento normativo che componga in un quadro sistematico i diritti dei cittadini e i doveri delle amministrazioni pubbliche nei loro confronti, completando il lavoro di semplificazione e chiarezza normativa avviato dal Ministro per la semplificazione Calderoli ed assicurando, al tempo stesso, piena coerenza e sistematicità alla normativa che negli anni si è succeduta e stratificata sul punto.
Si sofferma quindi sulle singole disposizioni del disegno di legge, volte in primo luogo ad una semplificazione della materia e delle procedure. Oltre all'articolo 1, già illustrato, richiama quindi l'articolo 2, che introduce una semplificazione per quanto riguarda l'iscrizione all'albo provinciale delle imprese artigiane, alla luce dell'introduzione della comunicazione unica per la nascita d'impresa per l'iscrizione al registro delle imprese e ai fini previdenziali, assistenziali e fiscali. Al fine di garantire l'uniformità, la chiarezza e l'efficacia delle procedure è stato quindi previsto un regime di iscrizione conforme a livello nazionale che risulti in linea con gli appositi indirizzi approvati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, consistente nel conseguire l'iscrizione all'albo delle imprese artigiane - nonché la modificazione e la cancellazione - in forza di una dichiarazione sostitutiva dell'interessato, attestante la sussistenza - ovvero la modifica o la perdita - dei requisiti di legge, da presentare mediante la comunicazione unica, mantenendo ferme le competenze di accertamento e di controllo ex post delle commissioni provinciali per l'artigianato.
L'articolo 3 prevede un duplice intervento in materia di semplificazione degli adempimenti per i gestori delle strutture ricettive, sotto il profilo della semplificazione della registrazione dei clienti e dell'eliminazione delle licenze di pubblica sicurezza per l'installazione di postazioni internet. La disposizione è volta ad eliminare l'obbligo della licenza e degli adempimenti connessi all'installazione di postazioni internet nelle strutture ricettive, in quanto l'efficacia antiterroristica della misura risulta essere praticamente nulla.
Rileva che tale disposizione è stata preventivamente concordata con il Ministero dell'interno tenendo conto degli scarsi risultati per l'azione di antiterrorismo conseguiti con i suddetti obblighi posti in capo ai gestori delle strutture ricettive.
L'articolo 4, a sua volta, mira a ridurre gli oneri eccessivi derivanti dalla conservazione cartacea delle cartelle cliniche per l'amministrazione sanitaria, prevedendo la loro conservazione solo in forma digitale; l'eventuale rilascio su supporto cartaceo potrà avvenire unicamente su espressa richiesta e dietro pagamento di un corrispettivo (diritto di segreteria).

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L'articolo 5 prevede che non siano più soggette alla dichiarazione di inizio attività una serie di piccole attività edilizie, quali gli interventi di manutenzione ordinaria; alcuni interventi di manutenzione straordinaria, nel caso che non riguardino le parti strutturali dell'edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento rispetto ai parametri urbanistici esistenti; alcuni interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche; opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo e movimenti di terra strettamente pertinenti all'esercizio dell'attività agricola; le serre mobili stagionali; le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni; i pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoio; gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici.
Al fine di semplificare il rilascio del certificato di prevenzione degli incendi per tali attività, il certificato stesso, ove previsto, è rilasciato in via ordinaria con l'esame a vista.
L'articolo 6 stabilisce che la comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza della cessione di fabbricato, richiesta in ogni ipotesi di cessione o di locazione di immobili, avvenga con modalità telematica e che possa essere effettuata direttamente dal notaio che ha stipulato l'atto.
L'articolo 7 elimina l'obbligo, attualmente previsto a carico del datore di lavoro, di effettuare due distinte denunce - all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e all'autorità di pubblica sicurezza - in caso di infortunio sul luogo di lavoro, con la previsione di un'unica comunicazione al solo ente assicuratore, che provvederà a darne notizia alla competente direzione provinciale del lavoro.
L'articolo 8, a sua volta, interviene in materia di previdenza per il settore dello spettacolo, prevedendo l'informatizzazione di tutte le comunicazioni e le procedure connesse, con semplificazione anche delle modalità operative di versamento dei contributi.
L'articolo 9, che interviene su una materia particolarmente delicata, reca una serie di interventi finalizzati a rafforzare le attività di misurazione e di riduzione degli oneri amministrativi in linea con gli obiettivi assunti in sede di Unione europea. Attualmente, infatti, la misurazione è limitata agli oneri gravanti sulle imprese nelle materie di competenza statale. Con il provvedimento in esame si prevede invece l'adozione generalizzata di questo metodo al fine della semplificazione amministrativa nei settori regolati dalle autorità amministrative indipendenti e in favore dei cittadini, in conformità a quanto sta avvenendo in molti altri Paesi europei. L'estensione della norma «taglia-oneri» alle regioni potrà, inoltre, recare un risparmio stimato dal Governo in circa 5 miliardi di euro all'anno soltanto per le piccole e medie imprese.
La materia è attualmente all'esame della Conferenza Stato-regioni ed auspica che esso possa concludersi durante l'iter del provvedimento in Commissione.
L'articolo 10, in materia di anagrafe, prevede che l'Esecutivo introduca alcune modifiche al regolamento anagrafico della popolazione residente, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, allo scopo, da un lato, di consentire l'effettuazione del cambio di residenza con le modalità generali di sottoscrizione delle istanze e delle dichiarazioni, rimuovendo i vincoli che richiedono necessariamente la presenza fisica dell'interessato e rendendo possibile il cambio di residenza per via telematica; dall'altro lato, le modifiche regolamentari in esame mirano a produrre immediatamente, al momento della dichiarazione, gli effetti giuridici del cambio di residenza.
L'articolo 11 è volto a consentire il rilascio della carta d'identità a coloro che hanno compiuto i dieci anni di età in analogia con quanto previsto per il rilascio del passaporto e reca altre misure in materia di documenti di identità.
L'articolo 12 è finalizzato a prevedere la presentazione, esclusivamente per via

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telematica, di istanze e dichiarazioni, nonché della relativa documentazione, allo sportello unico per l'edilizia.
L'articolo 13 prevede, per le amministrazioni e gli enti interessati, la possibilità di ricorrere, avverso le deliberazioni più rilevanti rese in sede di controllo sulla gestione, innanzi alla Corte dei conti a sezioni riunite.
L'articolo 15 stabilisce che la formazione e l'utilizzo della base unitaria di dati statistici avvengano nel rispetto delle norme e delle procedure che regolano il sistema statistico nazionale, nonché dei princìpi vigenti in materia di trattamento dei dati e della normativa sulla protezione dei dati personali.
L'articolo 16 dispone l'obbligo di attribuire d'ufficio il codice fiscale ai cittadini residenti all'estero.
L'articolo 17, integrando quanto già previsto dall'articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, in materia di monitoraggio della spesa nel settore sanitario, introduce la prescrizione farmaceutica e specialistica in formato elettronico, la cosiddetta «ricetta elettronica». Si dispone inoltre in merito ad un introduzione graduale della ricetta elettronica in modo da assicurarne la concreta fattibilità.
L'articolo 18 stabilisce il valore giuridico della pagella on-line, prevista nel quadro degli interventi relativi al settore scuola, individuati dal piano per l'e-government 2012, in via di realizzazione. Giova ricordare che a seguito di tali interventi, entro il 2012 tutte le istituzioni scolastiche pubbliche e paritarie saranno connesse in rete e dotate di strumenti e di servizi tecnologici avanzati per la didattica e per le relazioni tra la scuola e la famiglia, tra cui la possibilità di rendere disponibile per le famiglie la pagella in forma elettronica. L'introduzione di una specifica previsione normativa relativamente alla validità legale delle pagelle on-line consentirà la messa a sistema delle iniziative attualmente in corso e permetterà l'effettivo passaggio alla modalità digitale, eliminando i costi legati alla gestione delle pagelle di tipo cartaceo. Nella relazione di accompagnamento si sottolinea come si tratti di un passo importante per avviare la digitalizzazione dei servizi amministrativi e per operare una semplificazione delle comunicazioni tra scuola e famiglia, rendendole più celeri e sicure.
L'articolo 19 introduce alcune modifiche in materia di recupero e di riscossione delle spese di giustizia, al fine di completare la riforma del settore attuata dalla legge 18 giugno 2009, n. 69.
L'articolo 20 reca norme volte alla semplificazione in materia di oneri informativi per la gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
L'articolo 21, con una grande significato simbolico, è finalizzato a reintrodurre un'apposita disciplina in materia di giuramento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. In particolare, ferma restando la specifica disciplina vigente per il personale in regime di diritto pubblico, si stabilisce l'obbligo, a pena di licenziamento, e solo in occasione della prima assunzione presso la pubblica amministrazione, di prestare, al momento dell'assunzione in servizio, giuramento di fedeltà alla Repubblica e di leale osservanza della Costituzione e delle leggi.
Nella relazione di accompagnamento si sottolinea come la difesa di atti simbolici, come il giuramento, serva a rafforzare la coscienza civile del Paese e a valorizzare la figura del dipendente pubblico, il quale è chiamato, peraltro, a prestare formale giuramento di adempiere ai doveri del proprio ufficio nell'interesse dell'amministrazione e per il pubblico bene.
L'articolo 22 provvede ad ampliare la deroga al blocco generale delle assunzioni per gli incarichi dirigenziali di cui all'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in considerazione della necessità di garantire il corretto funzionamento degli uffici e dell'apparato amministrativi attraverso la possibilità di conferire incarichi dirigenziali a esperti, fermo restando che la disciplina assicura già un uso circoscritto alle percentuali espressamente indicate.

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Rileva che su tale articolo andrà svolta un'ulteriore riflessione considerato che una previsione analoga è stata introdotta nel decreto-legge n. 194 del 2009 recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative.
L'articolo 23 autorizza, senza nuovi o maggiori oneri, l'aumento del contingente di personale in assegnazione temporanea presso il Dipartimento della funzione pubblica necessario per lo svolgimento dei nuovi compiti di coordinamento istituzionale derivanti da recenti provvedimenti di legge.
L'articolo 24 reca l'obbligo di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica i dati mensili relativi alle assenze per malattia, con previsione di una sanzione. Qualora non si provveda alla comunicazione dei dati per un tempo superiore a tre mesi si applica, infatti, la sanzione della sospensione del pagamento della retribuzione accessoria a carico dei dirigenti e dei responsabili degli uffici che devono provvedere alla comunicazione. L'articolo 26 reca norme sul servizio temporaneo dei dipendenti pubblici all'estero.
Preannuncia, infine, l'intenzione di chiedere che le questioni su cui interviene il provvedimento in esame siano approfondite anche mediante lo svolgimento di audizioni.

Donato BRUNO, presidente, fa presente che tale richiesta potrà essere valutata dall'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi. Quindi, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.05.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 16 marzo 2010. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 11.05.

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, recante misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori.
Emendamenti C. 3243 Governo, approvato dal Senato.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

Andrea ORSINI (PdL) relatore, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 11.10.

SEDE REFERENTE

Martedì 16 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 13.50.

DL 29/2010: Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione.
C. 3273 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato da ultimo, nella odierna seduta antimeridiana.

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Donato BRUNO, presidente, avverte che sono stati presentati emendamenti (vedi allegato 1). Prima di procedere alle dichiarazioni di inammissibilità, ritiene utile che i gruppi si pronuncino sulla proposta da lui avanzata questa mattina, vale a dire quella di concentrare il dibattito su un numero ristretto di emendamenti. Fa presente, inoltre, che, in considerazione dell'andamento dei lavori dell'Assemblea in questa settimana, la Commissione potrebbe concludere la discussione, conferendo il mandato al relatore, entro la giornata di domani. Propone altresì che nella seduta di oggi si svolgano soltanto gli interventi sul complesso degli emendamenti, rinviandosi le votazioni a domani.

Gianclaudio BRESSA (PD) dichiara che il suo gruppo condivide le proposte del presidente e chiede che, degli emendamenti del suo gruppo, siano posti in votazione soltanto quelli soppressivi, sia di articoli, sia di singoli commi, nonché l'emendamento Lo Moro 1.128. Ritira pertanto gli altri emendamenti presentati da deputati del suo gruppo, fermo restando che gli stessi saranno ripresentati in Assemblea.

Mario TASSONE (UdC), premesso che il suo gruppo ha presentato solo emendamenti soppressivi, chiede la votazione di tutti gli emendamenti. Concorda inoltre sulla proposta di rinviare le votazioni a domani, svolgendo oggi soltanto interventi sul complesso degli emendamenti.

Donato BRUNO, presidente, prende atto che i rappresentanti dei gruppi di opposizione presenti sono d'accordo a rinviare le votazioni a domani e che da parte dei gruppi di maggioranza non vi sono obiezioni.
Passando quindi alle dichiarazioni di inammissibilità, fa presente che sono da considerarsi inammissibili gli emendamenti Bressa 1.23, 1.24 e 1.25.
Avverte quindi che la presidenza non ritiene altresì ammissibile l'emendamento Tassone 3.1, volto a sopprimere l'articolo 3, concernente l'entrata in vigore del decreto-legge medesimo e la sua presentazione alle Camere. Tale emendamento non risulta, infatti, congruo rispetto al contesto logico e normativo del decreto-legge, ai sensi di quanto previsto al punto 5.2 della circolare 10 gennaio 1997 del Presidente della Camera sull'istruttoria legislativa. La sua approvazione, infatti, determinerebbe un esito incongruo rispetto al sistema ordinamentale concernente i decreti-legge, che presuppone la continuità temporale tra decreto-legge e relativa legge di conversione.
Avverte infine che, sulla base di quanto previsto al punto 5.5 della suddetta circolare del Presidente della Camera del 10 gennaio 1997, i seguenti emendamenti, in quanto meramente formali, non saranno posti in votazione e saranno presi in considerazione ai soli fini del coordinamento formale del testo: Favia 1.7 e 1.8, Donadi 1.9, Favia 1.12 e 1.13, Donadi 1.16, 1.22, 1.44 e 1.45, Favia 1.46, Donadi 1.47, Favia 1.49, Donadi 1.50, Favia 1.51, Donadi 1.52, Favia 1.53, 1.55 e 1.56, Donadi 1.57 e 1.58, Favia 1.60, Donadi 1.61, Favia 1.62 e 1.63, Donadi 1.64 e 1.69, Favia 1.76, Donadi 1.78, Favia 1.99 e 1.101, Donadi 1.102, Favia 1.103, Donadi 1.106, Favia 1.109 e 1.110, Donadi 1.111, Favia 1.112, Donadi 1.113, Favia 1.116, Donadi 1.117, Favia 1.169, Donadi 1.175, Favia 1.180 e 2.4, Donadi 2.6 e 2.8, Favia 2.9, Donadi 2.10 e Favia 2.11.

Mario TASSONE (UdC), intervenendo sul complesso degli emendamenti, esprime non soltanto un giudizio negativo sul provvedimento in esame, ma una forte preoccupazione. Si tratta di un provvedimento pericoloso in quanto stabilisce un precedente di intervento, a competizione elettorale avviata, sulle regole della competizione stessa, a favore di una sola forza politica. Le motivazioni addotte dal relatore a giustificazione dell'intervento non sono state, a suo avviso, convincenti. Si tratta di un provvedimento indiscutibilmente innovativo sul piano del diritto: si pretende infatti di interpretare norme che non sono affatto controverse. In definitiva, la maggioranza dovrebbe prendere atto

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che, se l'elettore del Popolo della libertà non potrà votare per i propri rappresentanti, la responsabilità è da cercarsi unicamente all'interno del partito in questione. Per queste ragioni e in considerazione dei diversi profili di incostituzionalità del provvedimento già evidenziati nel corso della discussione, il suo gruppo è totalmente contrario al testo ed ha quindi presentato emendamenti soppressivi di tutti gli articoli.

David FAVIA (IdV) fa presente, preliminarmente, che anche il suo gruppo, come preannunciato dal collega Bressa per il Partito Democratico, ritira tutti gli emendamenti presentati, ai fini del successivo esame in Assemblea, ad eccezione di quelli soppressivi degli articoli o dei commi del provvedimento. Preannuncia, infatti, che vi sarà un atteggiamento ostruzionistico in Assemblea se non saranno modificati gli intendimenti del Governo e della maggioranza con riguardo al decreto-legge in esame.
Nell'illustrare gli emendamenti presentati nel loro complesso richiama quanto già evidenziato nella seduta odierna dell'Assemblea, nell'ambito della discussione sulle questioni di pregiudizialità presentate con riferimento al provvedimento in esame. Sottolinea, in particolare, come le ragioni di incostituzionalità del provvedimento vadano ricondotte all'assenza dei requisiti di necessità ed urgenza, alla riserva di Assemblea prevista per la materia elettorale e quindi all'incongruenza dello strumento del decreto-legge, nonché alla lesione delle competenze regionali sancite dagli articoli 122 e 117 della Costituzione.
A ciò si aggiungono le evidenti ragioni di inopportunità del provvedimento in esame.
Si dice inoltre certo che molti colleghi della maggioranza, esperti di diritto costituzionale, sentiranno un certo contrasto interno nel dover sostenere un decreto-legge che interviene sulla materia elettorale in piena campagna elettorale per sopperire ad errori e a ritardi dovuti a faide politiche interne al partito del Popolo delle Libertà.
Rileva come sarebbe stato sicuramente più dignitoso ed elegante prendere atto di quanto accaduto, concentrandosi sulla campagna elettorale in favore del candidato presidente, comunque sostenuto da una lista, individuando eventualmente metodi interni di riequilibrio politico Sicuramente molti esponenti del centrodestra erano di tale avviso.
Sottolinea come il decreto-legge in esame sia realmente impresentabile. È noto, infatti, come il luogo in cui occorre accedere entro le ore 12 della giornata a ciò deputata è l'aula del tribunale destinata al deposito delle liste: il provvedimento in esame, invece, interviene su tale previsione, creando oltretutto una serie di incertezze interpretative che attengono alle modalità con cui individuare i locali del tribunale, non essendo oltretutto chiaro quali siano i mezzi idonei a provare la presenza dei delegati nonché quali siano, nel concreto, i locali in questione. Si tratta dunque di una probatio diabolica.
Ritiene altresì inconcepibile la disposizione che attiene alla regolarità delle firme. In tale caso, è la forma che fa la sostanza e non si può innovare con una affermazione del tutto illegittima che porta a una normativa oltretutto sbagliata.
Considera inoltre subdolo intervenire sulla facoltà di presentazione del ricorso, ponendosi in chiaro contrasto con le previsioni dell'articolo 113 della Costituzione.
Ribadisce, pertanto, come ci si trovi di fronte ad un provvedimento palesemente incostituzionale e si dice certo che la Corte Costituzionale sottolineerà tali aspetti. Al tempo stesso, per ovvi motivi, il provvedimento non ha raggiunto i propositi per cui era stato emanato.
Ricorda come lo stesso Presidente Berlusconi abbia sottolineato la perdita di consensi avuta a seguito dell'emanazione di tale provvedimento, che si è dunque dimostrato sbagliato anche a livello di marketing.
Auspica, quindi, che il Governo e la maggioranza vorranno compiere un atto di buon senso ritirando il decreto-legge per sanare il vulnus creato con la sua presentazione,

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in considerazione dell'indecenza e dell'incostituzionalità del suo contenuto.

Gianclaudio BRESSA (PD) chiarisce che il suo gruppo si riconosce essenzialmente negli emendamenti soppressivi in quanto è totalmente contrario al provvedimento. Ricorda che questo è stato adottato non perché fosse oggettivamente necessario, bensì per pura convenienza di parte, come dimostra il fatto che, nell'immediato, sia il Presidente del Consiglio dei ministri, sia autorevoli esponenti del Governo e della maggioranza, avevano escluso la necessità di ricorre a un decreto-legge per la soluzione del problema che si era creato, dichiarando di confidare nella magistratura.
Ricorda, ancora una volta, che la contrarietà della sua parte politica al decreto-legge in esame è dovuta alla considerazione che questo, oltre che inopportuno sul piano politico, è incostituzionale sotto diversi profili. Prima di ricordare questi ultimi, ribadisce l'infondatezza di ogni tentativo di rendere il Capo dello Stato corresponsabile con il Governo per l'emanazione del decreto-legge. Le tesi sostenute dal relatore e da altri deputati della maggioranza a questo riguardo sono poco convincenti. Il Presidente della Repubblica è infatti tenuto ad emanare i decreti-legge e può rifiutarsi solo qualora manchino i presupposti di necessità e urgenza ovvero si configuri una violazione grave ed evidente di principi costituzionali, tale da integrare la fattispecie dell'attentato alla Costituzione. Non è però questo il caso.
Ciò premesso, ricorda che, ad avviso del suo gruppo, il provvedimento è incostituzionale in quanto non può ammettersi l'intervento con decreto-legge in materia elettorale, tanto più se la competizione elettorale è già in corso: esiste un solo precedente del genere, risalente al 1995, e si tratta di un decreto-legge del quale le Camere negarono poi la conversione. Il provvedimento è altresì incostituzionale perché, sotto la forma dell'interpretazione autentica e quindi con effetto retroattivo, reca norme innovative dell'ordinamento; perché viola il principio di uguaglianza dei diversi partecipanti alla competizione elettorale e, ledendo il principio di affidamento nel diritto, consente ad una sola parte politica di presentare le liste fuori termine; perché interviene in una materia che è riservata alla legge regionale; perché, infine, è irragionevole nel contenuto, e quindi non applicabile, come dimostrano le pronunce degli organi giurisdizionali aditi dagli interessati.

Sesa AMICI (PD), nel richiamare quanto testé evidenziato dal collega Bressa, ribadisce l'auspicio che la discussione del provvedimento in esame non giunga in Assemblea, fermandosi in questa fase.
Ricorda che nel corso del dibattito svoltosi in Assemblea nella seduta odierna, il deputato Calderisi ha affermato che vi è una contraddizione tra la questione di pregiudizialità presentata e la firma del Presidente della Repubblica sul provvedimento in esame.
Si tratta di un'affermazione assiomatica del collega Calderisi, che ha al contempo sostenuto come «un'informazione distorta» sia riuscita a ribaltare completamente la realtà dei fatti. Rileva che, se ciò fosse vero, tale «informazione distorta» vedrebbe protagonisti anche appartenenti a gruppi di maggioranza che hanno fatto le affermazioni su cui tutti poi si sono basati, ritenendo l'informazione valida.
Ricorda che la stessa informazione ha portato anche autorevoli membri della maggioranza a qualificare come «deprecabile» quanto avvenuto in merito alla mancata presentazione della lista del Popolo delle Libertà nel Lazio.
Si sofferma, quindi, sulle disposizioni di particolare irragionevolezza recate dal provvedimento in esame, a partire dai commi 1 e 4 dell'articolo 1. Rileva come, in questa vicenda, il preambolo al decreto-legge rappresenti un elemento di cornice che il Governo ha posto alla base delle proprie motivazioni nel momento in cui ha deciso di «mettere una pezza» su

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quanto avvenuto, facendolo però in modo sbagliato, come chiaramente emerso in questi giorni.
Rileva come un altro elemento su cui riflettere sia dato dalla natura del decreto-legge, che si continua a definire interpretativa, e che invece è tutto salvo che questo. Evidenzia come si intervenga soprattutto sulla nozione spazio-temporale, riconducendo il requisito di legge alla sola presenza del delegato: si tratta di un intervento normativo innovativo, adottato al solo scopo di correggere le anomalie del Lazio.
Ritiene che da ciò emergano importanti elementi di riflessione, anche alla luce delle numerose assenze di deputati di maggioranza nella seduta odierna dell'Assemblea. Vi è un malessere politico indotto dalla contraddizione tra chi pensa di poter risolvere ogni cosa con un provvedimento d'urgenza come quello in esame e chi non intende contribuire alla conversione di un decreto-legge che assume sempre più connotati dubbi.
A suo avviso, dunque, proseguire nella discussione testimonierebbe una sorta di arroganza legislativa che va oltre il limite di buon senso nell'uso disinvolto della decretazione d'urgenza. Si tratta di una pagina pessima sotto il profilo legislativo, totalmente stridente con la realtà delle cose visto anche che - come ricordato dal collega Calderisi in Assemblea - dal 1968 ad oggi vi sono state solo 10 sentenze del Consiglio di Stato riferite alle disposizioni oggi in discussione. Ciò a testimonianza della qualità della disciplina procedurale per la presentazione delle liste, che era anche un'importante garanzia di tutela del principio di eguaglianza.
L'intervento compiuto con il provvedimento in esame introduce, invece, un elemento di disuguaglianza dovuto alla prevaricazione della maggioranza.
Invita, quindi, a non proseguire nella discussione del provvedimento in Assemblea per non aggravare ulteriormente la situazione e non danneggiare il ruolo del Parlamento.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta di domani.

La seduta termina alle 15.

DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Martedì 16 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio Aldo Brancher.

La seduta comincia alle 15.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante riordino dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
Atto n. 190.

(Rilievi alla Commissione parlamentare per la semplificazione).
(Seguito esame, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella odierna seduta antimeridiana.

Salvatore VASSALLO (PD) intende segnalare alcune questioni che auspica che possano essere evidenziate dai rilievi che la Commissione esprimerà sul provvedimento in esame.
Ricorda che lo schema di decreto in discussione è stato adottato sulla base di quanto disposto dall'articolo 26, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 2008 e dei criteri individuati dall'articolo 2, comma 634, della legge finanziaria per il 2008, come da ultimo modificati dall'articolo 17 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.
Fa dunque presente che, come evidenziato anche nella sequenza di pareri resi dal Consiglio di Stato sul provvedimento in esame, i criteri di riferimento sono circoscritti alla razionalizzazione degli organi

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di indirizzo, gestione e consultivi, con riduzione del numero dei componenti nonché alla riduzione del numero degli uffici dirigenziali esistenti con riduzione dell'organico e delle spese relative alla logistica e al funzionamento.
Accanto a ciò, le funzioni dell'ISTAT devono essere ridefinite per assicurare una maggiore rispondenza alle direttive ed agli indirizzi comunitari che richiedono un maggiore coordinamento tra gli istituti di statistica, intervenendo al contempo anche sulla governance dell'istituto.
Richiama, in proposito le disposizioni che riducono il numero dei componenti degli organi dell'ISTAT, con particolare riferimento al Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica di cui all'articolo 3 ed al Consiglio dell'ISTAT di cui all'articolo 4.
Rileva, al riguardo, come i risparmi derivanti da tali previsioni siano abbastanza contenuti e come sia stata disposta una riduzione meno penetrante delle posizioni dirigenziali, che passano da 76 a 73.
Evidenzia che la riduzione dei costi complessivi conseguenti al provvedimento in esame è stata stimata in circa 396.990 euro. Al riguardo, segnala come nel 2009 sia stata ridefinita l'indennità spettante al presidente dell'istituto, facendola passare dai precedenti 90 mila euro annui a una somma pari a circa 300 mila euro annui.
Sottolinea come il provvedimento in esame operi dunque una significativa modifica della governance dell'istituto, pur non essendovi la previsione in tal senso nei criteri cui il Governo era chiamato ad attenersi.
Rileva altresì che un organismo che dovrebbe essere indipendente per le funzioni di certificazione dei dati relativi, tra l'altro, all'andamento dell'economia ha bisogno di garanzie. Il provvedimento in esame reca invece un accentramento dei poteri nelle mani del presidente, che è chiamato a chiedere il parere del Consiglio per la nomina del direttore generale e non per le altre nomine.
Evidenzia, inoltre, l'incongruità dello strumento normativo adottato, segnalando come sarebbe stato più appropriato ricorrere allo strumento della legge ordinaria.

Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI) intende formulare alcune osservazioni sullo schema di regolamento in esame, che interviene in attuazione dei principi posti nell'ambito dell'obiettivo di riduzione degli oneri finanziari.
Rileva come, qualora si intendesse che il provvedimento in esame sia abilitato ad intervenire anche sui profili che attengono alla governance, sarebbe essenziale intervenire anche su altri aspetti sulla base di alcune considerazioni.
In primo luogo, evidenzia come l'ISTAT non disponga ancora del finanziamento per gli oneri del censimento, essenziale per dare attuazione al federalismo fiscale. È emerso infatti che si sta lavorando, in tale ambito, su dati diversi da quella che è la realtà. Evidenzia che, nel momento in cui si è chiamati a quantificare i flussi per ciascun ente territoriale, tale lavoro diviene irrealizzabile se l'ISTAT non è nelle condizioni di aggiornare tempestivamente tali dati.
Richiama, al contempo, la necessità di assicurare l'affidabilità dei dati sulla contabilità nazionale, questione di grande delicatezza e rilievo soprattutto nel rapporto con l'Unione europea.
Sottolinea, pertanto, come sarebbero necessari interventi volti, in primo luogo, a rafforzare l'autonomia dell'ISTAT rispetto all'Esecutivo, considerato che l'istituto fornisce un servizio al Paese che richiede necessariamente una terzietà di intervento. Ritiene non più sostenibile che la Commissione per la Garanzia dell'Informazione Statistica faccia capo alla Presidenza del Consiglio.
Fa presente come l'ISTAT costituisca il fulcro del sistema di statistica nazionale e, al contempo, lo snodo di una rete con valenza europea nonché la sede di raccordo delle informazioni sui sistemi territoriali. Occorre, dunque, una configurazione multilivello che tenga conto di tali aspetti, incluso il raccordo con Eurostat.
Ricorda come l'Italia sia uno dei Paesi in cui si aggiornano con maggiore frequenza

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i parametri di contabilità nazionale con la conseguenza di una minore affidabilità dei dati.
Alla luce di tali considerazioni, si sarebbe aspettato da parte del Governo un intervento volto ad adeguare l'intero ordinamento dell'istituto. Deve invece prendere atto che ci si trova di fronte a un provvedimento poco ambizioso e sollecita il Governo ad intervenire quanto prima, con un intervento di riforma più generale, cui si accompagnerebbero anche proposte da parte di gruppi dell'opposizione.

Raffaele VOLPI (LNP), relatore, si riserva di presentare una proposta di rilievi nella seduta di domani, tenendo conto di quanto emerso dal dibattito.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.15.

SEDE REFERENTE

Martedì 16 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio Aldo Brancher.

La seduta comincia alle 15.15.

Modifica all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab.
C. 627 Binetti, C. 2422 Sbai, C. 2769 Cota, C. 3018 Mantini, C. 3020 Amici, C. 3183 Lanzillotta e C. 3205 Vassallo.

(Seguito dell'esame e rinvio - Abbinamento delle proposte di legge C. 3183 Lanzillotta e C. 3205 Vassallo).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 9 marzo 2010.

Donato BRUNO, presidente, comunica che sono state assegnate alla I Commissione la proposta di legge n. 3183 del deputato Lanzillotta, recante «Modifica dell'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto dell'uso di indumenti o altri oggetti che impediscano l'identificazione nei luoghi pubblici o aperti al pubblico» e n. 3205 del deputato Vassallo, recante «Modifica dell'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, in materia di tutela dell'ordine pubblico e di uso di indumenti indossati per ragioni di natura religiosa o etnico-culturale».
Poiché le suddette proposte di legge vertono sulla stessa materia delle proposte di legge già all'ordine del giorno, avverto che ne è stato disposto l'abbinamento, ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del regolamento.

Souad SBAI (PdL), relatore, considerato che sono state assegnate alla I Commissione le nuove proposte di legge C. 3183 Lanzillotta e C. 3205 Vassallo ritiene opportuno illustrarne brevemente il contenuto.
Rileva che la proposta di legge C. 3183 Lanzillotta si propone di sostituire l'attuale testo dell'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, prevedendo che, al fine di consentire l'identificazione di ogni soggetto, nei luoghi pubblici o aperti al pubblico è vietato, senza giustificato motivo, anche di carattere contingente, e salvo che la legge non preveda diversamente, l'uso di indumenti o di altri oggetti che nascondono il viso impedendo l'identificabilità del soggetto. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la sanzione prevista è quella dell'ammenda da 300 a 1.000 euro.
La proposta di legge stabilisce, dunque, un divieto di carattere generale che, evidentemente, riguarda anche la possibilità di consentire alle donne islamiche di indossare in Italia indumenti quali il burqa o il niqab che ne celino il volto impedendo di riconoscerne l'identità.
Al tempo stesso, la proposta prevede che si possa derogare al suddetto divieto, oltre che nei casi previsti dalla legge, quali

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l'obbligo di casco per i motociclisti e per gli sciatori, per motivi giustificati, anche di carattere contingente, tra i quali nella relazione di accompagnamento si richiamano, a titolo esemplificativo, mascherine sanitarie o maschere di carnevale.
Infine, rileva che la proposta di legge prevede l'abolizione della pena dell'arresto per chi contravviene al divieto (che l'attuale testo dell'articolo 5 della legge n. 152 del 1975 prevede da 1 a 2 anni) e la pena facoltativa dell'arresto in flagranza (prevista dal terzo comma del predetto articolo). Prevede inoltre la riduzione dell'entità dell'ammenda (che l'articolo 5 della legge n. 152 del 1975 prevede da 1.000 euro a 2.000 euro).
La proposta di legge C. 3205 Vassallo, a sua volta, propone di sostituire l'attuale formulazione dell'articolo 5 della legge n. 152 del 1975 stabilendo il divieto di usare caschi protettivi, o qualunque altro mezzo «o indumento» atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo, prevedendo che è in ogni caso vietato l'uso predetto in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino.
Il comma 1 reca, dunque, una formulazione analoga a quella vigente, con la specificazione della parola «indumento».
Al comma 2 la proposta di legge aggiunge che, al fine di cui al comma 1, costituisce giustificato motivo la circostanza per cui l'uso di indumenti che coprono il volto sia motivato da ragioni di natura religiosa o etnico-culturale. In tali casi, ove richiesto da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio per motivate e specifiche esigenze di pubblica sicurezza la persona deve tempestivamente consentire di essere riconosciuta mostrando il volto, al fine della momentanea identificazione.
Sono, infine, previste le medesime sanzioni attualmente stabilite dall'articolo 5 della legge n. 152 del 1975.

Donato BRUNO, presidente, considerato che sono previsti altri argomenti all'ordine del giorno e che vi sono numerose richieste di intervento sulle proposte di legge in esame, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione.
C. 3209-bis Governo.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Enrico LA LOGGIA (PdL) rileva di aver presentato la proposta di legge n. 98 recante «Disposizioni per la semplificazione e l'accelerazione degli adempimenti relativi all'avvio delle attività imprenditoriali», vertente su materia affine a quella del disegno di legge in esame. Chiede quindi di valutare la possibilità di procedere ad un abbinamento ai sensi dell'articolo 77 del regolamento della Camera.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.25.

COMITATO RISTRETTO

Martedì 16 marzo 2010.

Istituzione della Giornata della memoria per le vittime della mafia.
C. 656 D'Antona, C. 833 Angela Napoli e C. 1925 Granata.

Il Comitato si è riunito dalle 15.25 alle 15.35.

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 16 marzo 2010. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 15.35.

Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione del 29 gennaio 1951 tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese relativa alle stazioni internazionali di Modane e Ventimiglia ed ai tratti di ferrovia compresi tra le stazioni e le frontiere d'Italia e di Francia, fatto a Roma il 22 gennaio 2003.
C. 3226 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL), relatore, illustra il disegno di legge di ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione del 29 gennaio 1951 tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese relativa alle stazioni internazionali di Modane e Ventimiglia ed ai tratti di ferrovia compresi tra le stazioni e le frontiere d'Italia e di Francia, fatto a Roma il 22 gennaio 2003.
Considerato che il provvedimento interviene in una materia, quella della «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», che l'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e che, in generale, non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione del Protocollo all'Accordo tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo della Repubblica di Malta per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, fatto a Roma il 13 marzo 2009.
C. 3227 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL), relatore, illustra il disegno di legge di ratifica ed esecuzione del Protocollo all'Accordo tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo della Repubblica di Malta per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, fatto a Roma il 13 marzo 2009.
Considerato che il provvedimento interviene in una materia, quella della «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», che l'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e che, in generale, non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 3).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione tra Italia e Cipro per evitare le doppie imposizioni e per prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito, fatto a Nicosia il 4 giugno 2009.
C. 3228 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

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Maria Elena STASI (PdL), relatore, illustra il disegno di legge di ratifica ed esecuzione del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione tra Italia e Cipro per evitare le doppie imposizioni e per prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito, fatto a Nicosia il 4 giugno 2009.
Considerato che il provvedimento interviene in una materia, quella della «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», che l'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e che, in generale, non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 4).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Istituzione di un Fondo per il restauro, il recupero e la valorizzazione culturale, religiosa, turistica e sociale del complesso monastico di San Giovanni Battista del Monte Venda.
C. 2298 Goisis.

(Parere alla VII Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Doris LO MORO (PD), relatore, illustra il testo della proposta di legge C. 2298 Goisis ed altri, recante «Istituzione di un Fondo per il restauro, il recupero e la valorizzazione culturale, religiosa, turistica e sociale del complesso monastico di San Giovanni Battista del Monte Venda».
Ricorda che l'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, annovera la «tutela dei beni culturali» tra le materie di competenza esclusiva dello Stato, mentre l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, include la «valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali» tra le materie di legislazione concorrente; inoltre, l'articolo 118, terzo comma, della Costituzione, devolve alla legge statale il compito di disciplinare «forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali» tra Stato e regioni.
Ricorda, altresì, che la Corte costituzionale ha affermato che lo sviluppo della cultura corrisponde a finalità di interesse generale, «il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (articolo 9 della Costituzione), anche al di là del riparto di competenze per materia fra Stato e regioni».
Rileva che, successivamente all'adozione del codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004), la Corte costituzionale, nella sentenza n. 232 del 2005, ha richiamato, ai fini del riparto di competenze, le disposizioni in esso contenute e che tale testo legislativo ribadisce l'esigenza dell'esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali (articolo 4, comma 1) e, nel contempo, stabilisce che lo Stato, le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni assicurano e sostengono la conservazione del patrimonio culturale e ne favoriscono la pubblica fruizione e la valorizzazione (articolo 1, comma 3);
Alla luce di tali considerazioni, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 5).

Raffaele VOLPI (LNP) nel ricordare come in più occasioni la I Commissione sia chiamata ad esprimere pareri su provvedimenti del tenore di quello in esame, esprime disagio per tale situazione anche considerato che ci sono priorità molto più stringenti che impegnano la I Commissione.

Doris LO MORO (PD), relatore, nell'associarsi a quanto evidenziato dal deputato Volpi fa presente che nella formulazione del parere favorevole ha preso in considerazione i profili di costituzionalità della proposta di legge, senza entrare nel merito degli interventi previsti.

Alessandro NACCARATO (PD) si associa al disagio evidenziato dal collega Volpi.

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Isabella BERTOLINI, presidente, condivide la questione posta nel corso della discussione, ma sottolinea come essa esuli dalle competenze proprie del Comitato permanente per i pareri e, più in generale, della I Commissione, chiamati ad esprimersi sulla costituzionalità dei provvedimenti. Ritiene comunque che ciascun deputato possa rappresentare, tramite il gruppo di appartenenza, le proprie perplessità alla Commissioni di merito.

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Disposizioni per la valorizzazione del patrimonio archivistico, librario, artistico e culturale dell'Abbazia di Montecassino e per il recupero e il restauro del Monastero di San Benedetto in Subiaco, nonché per la valorizzazione storica, culturale, turistica e ambientale di Volandia - Museo dell'aeronautica in Zizzola Ticino.
Nuovo testo C. 2165 Anna Teresa Formisano e C. 2550 Reguzzoni.

(Parere alla VII Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con una condizione).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Doris LO MORO (PD), relatore, illustra l'ulteriore nuovo testo della proposta di legge C. 2165 Anna Teresa Formisano e C. 2550 Reguzzoni, richiamando - in merito al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite - quanto già evidenziato nel parere espresso dal Comitato permanente per i pareri della I Commissione il 3 novembre 2009 sul precedente testo della proposta di legge C. 2165 Anna Teresa Formisano.
Ricorda che, rispetto a quanto previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, gli interventi di restauro previsti dal testo in esame sembrerebbero delineare, per i casi specifici di interventi di restauro, una procedura alternativa con riferimento, in particolare, all'intervento finanziario dello Stato e alle modalità di erogazione del contributo.
Rileva inoltre che l'articolo 2 prevede la predisposizione di un progetto - da attuarsi entro il 2014, per la realizzazione di interventi di recupero, restauro e valorizzazione del patrimonio storico, culturale, architettonico e ambientale di Volandia - Museo dell'aeronautica - con la finalità di conseguire determinati obiettivi.
Segnala che nel testo non viene esplicitato con chiarezza a chi spetti predisporre il suddetto progetto, salvo individuare, all'articolo 3, nella Fondazione Volandia - Museo dell'aeronautica la destinataria del relativo finanziamento.
Evidenzia, al riguardo, l'opportunità di definire con chiarezza le modalità ed i soggetti competenti alla predisposizione del progetto previsto dall'articolo 2, in modo da assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni ed adeguati meccanismi di cooperazione.

Alessandro NACCARATO (PD) invita la relatrice ad evidenziare il rilievo testè illustrato come condizione, affinché abbia un carattere più stringente.

Doris LO MORO (PD), relatore, tenuto conto di quanto evidenziato, formula una proposta di parere favorevole con una condizione (vedi allegato 6).

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili.
Nuovo testo unificato C. 82 Stucchi ed abb.

(Parere alla XI Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Raffaele VOLPI (LNP) relatore, illustra il nuovo testo unificato delle proposte di

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legge C. 82 Stucchi e abbinate recante «Norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili».
Ricorda che le disposizioni da esso recate sono riconducibili alla materia «previdenza sociale» che il secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Fa altresì presente che è stata tenuta in considerazione l'osservazione formulata nel parere reso dal Comitato permanente per i pareri della I Commissione sul precedente testo unificato elaborato dalla Commissione di merito.
Formula, pertanto, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 7).

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Norme sul riconoscimento e sulla promozione del diritto alla formazione e allo sviluppo professionale.
Testo unificato C. 1079 Bobba e abb.

(Parere alla XI Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con condizioni).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Maria Piera PASTORE (LNP) (PD), relatore, illustra il testo unificato delle proposte di legge C. 1079 Bobba e abb., recante «Norme sul riconoscimento e sulla promozione del diritto alla formazione e allo sviluppo professionale».
Rileva, preliminarmente, che le disposizioni da esso recate sono in gran parte riconducibili alla materia della «formazione professionale», attribuita alla competenza residuale delle regioni ai sensi dell'articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione.
Ricorda che la Corte costituzionale ha rilevato che «la competenza esclusiva delle regioni in materia di istruzione e formazione professionale riguarda la istruzione e la formazione professionale pubbliche che possono essere impartite sia negli istituti scolastici a ciò destinati, sia mediante strutture proprie che le singole regioni possano approntare in relazione alle peculiarità delle realtà locali, sia in organismi privati con i quali vengano stipulati accordi. La disciplina della istruzione e della formazione professionale che i privati datori di lavoro somministrano in ambito aziendale ai loro dipendenti, ... da ritenere essenziale con riguardo alla causa mista propria dei contratti a contenuto formativo, di per sé non è compresa nell'ambito della suindicata competenza né in altre competenze regionali. La formazione aziendale rientra invece nel sinallagma contrattuale e quindi nelle competenze dello Stato in materia di ordinamento civile.» (sentenza della Corte Costituzionale n. 50/2005).
Ricorda, al contempo, che secondo la giurisprudenza costituzionale, un intervento statale in materie di competenza concorrente e residuale può essere giustificato in applicazione della cd. chiamata in sussidiarietà, ovvero del principio secondo cui, quando una funzione amministrativa è assunta dallo Stato, ai sensi dell'articolo 118, primo comma, della Costituzione, questo è legittimato a intervenire in via legislativa anche se la materia nella quale la funzione incide è rimessa alla potestà legislativa concorrente o a quella residuale (sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del 2003).
Fa altresì presente che la Corte Costituzionale ha precisato che la valutazione della necessità del conferimento di funzioni amministrative ad un livello superiore rispetto a quello comunale - cui tendenzialmente spetterebbero in base all'articolo 118, primo comma - spetta al legislatore statale, fermo restando che questo deve procedere, in tale valutazione, nel rispetto di taluni principi, a partire da quelli di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza e di leale collaborazione con gli altri livelli di governo (sentenze della Corte Costituzionale n. 6 del 2004, n. 383 del 2005, n. 248 del 2006 e n. 88 del 2009).

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Rileva, quindi, che il provvedimento reca una delega al Governo, in cui i singoli principi e criteri direttivi si intersecano con una pluralità di ambiti materiali previsti dall'articolo 117 della Costituzione e che in sede di attuazione delle previsioni di cui all'articolo 1 occorrerà, in primo luogo, prevedere procedure che consentano il rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, nonché adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali.
Ricorda, altresì, che la giurisprudenza costituzionale ha costantemente evidenziato che «l'esercizio dell'attività legislativa sfugge alle procedure di leale collaborazione» (sentenze della Corte Costituzionale n. 88 del 2009, n. 371 e n. 159 del 2008) escludendo quindi l'applicabilità del principio di leale collaborazione con riferimento all'attività consultiva della Conferenza Stato-regioni nel procedimento di adozione di un decreto legislativo (sentenze della Corte Costituzionale n. 225/2009, n. 159 del 2008 e n. 401 del 2007).
Si sofferma, quindi, sui principi e criteri direttivi di delega, di cui all'articolo 1, comma 1, evidenziando che, per quanto concerne la promozione di tirocini formativi, di cui alla lettera a), n. 1, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 60 del decreto legislativo n. 276 del 2003, in quanto attinente alla competenza esclusiva delle regioni in materia di formazione professionale (sentenza della Corte Costituzionale n. 50 del 2005).
Ritiene che le previsioni del comma 1, lettera b), n. 2, relative al coordinamento delle banche dati in materia di mercato del lavoro, appaiano riconducibili alla competenza esclusiva dello Stato in materia di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale e alla competenza concorrente in materia di tutela e sicurezza del lavoro.
Richiama, al riguardo, la sentenza della Corte costituzionale n. 384 del 2004, con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di una disposizione, nella parte in cui non prevedeva che un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali concernente le modalità di attuazione e funzionamento di una banca dati in ambito lavoristico fosse adottato previa intesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni, giacché la banca dati riguardava, tra l'altro, «informazioni e approfondimenti sulle dinamiche del mercato del lavoro», materia che rientra nella tutela e sicurezza del lavoro.
Fa presente che le previsioni della lettera e), concernenti il monitoraggio sui trattamenti di cassa integrazione e mobilità e sull'obbligo di formazione ad essi connessi, appaiono riconducibili alla materia «previdenza sociale», di competenza esclusiva dello Stato, nonché «tutela e sicurezza del lavoro», di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni.
La lettera f), relativa ad iniziative formative nei luoghi di lavoro o volte al sostegno di soggetti deboli, appare riconducibile alle materie «ordinamento civile», di competenza esclusiva dello Stato, e «tutela e sicurezza del lavoro», di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni.
La lettera g), sul diritto all'aggiornamento professionale dei quadri e dirigenti, la lettera h), sul coordinamento dei piani formativi aziendali, e la lettera i), sulla certificazione dei percorsi di formazione, appaiono prevalentemente riconducibili alla materia «formazione professionale», mentre la lettera l) appare, a sua volta, riconducibile alle materie «tutela e sicurezza del lavoro» e «formazione professionale».
La lettera m), relativa all'integrazione tra sistemi educativi e formativi e mercato del lavoro, con riferimento anche al contratto di apprendistato, appare riconducibile alle materie «istruzione», di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni, nonché alla materia «istruzione e formazione professionale», di competenza regionale, e «ordinamento civile», di competenza esclusiva dello Stato.
La lettera o), sulle nuove forme di formazione, incide principalmente sulla

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materia della «formazione professionale» mentre la lettera q), sulle misure di sostegno agli individui, appare riconducibile alla materia «politiche sociali», di competenza residuale delle regioni.
Le lettere r) e s), rispettivamente riguardanti i mestieri d'arte e la semplificazione delle procedure, sono ascrivibili alla materia «formazione professionale», così come le lettere u), v), aa) e bb); la lettera t), sui fondi interprofessionali, è riconducibile, da una parte, alla materia «ordinamento civile e previdenza sociale», di competenza esclusiva statale, e dall'altra parte alla materia «formazione professionale», di competenza regionale.
Ritiene quindi necessario evidenziare alla Commissione la necessità di sopprimere - o riformularla adeguatamente - la disposizione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), n. 1, riguardante la promozione di tirocini formativi, tenendo conto della sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 2005, in cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 60 del decreto legislativo n. 276 del 2003, in quanto attinente alla competenza esclusiva delle regioni in materia di formazione professionale.
Al contempo, è necessario evidenziare la necessità di rivedere le disposizioni di cui alle lettere g), h), i), l), m) o), q), r), s), t), u), v), aa), bb), del comma 1 dell'articolo 1, che investono materie di competenza residuale delle regioni ovvero, in mancanza, di prevedere - già nell'ambito dei principi e criteri direttivi di delega - procedure che, in sede attuativa, consentano il rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni ed adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali.
Alla luce di tali considerazioni, formula una proposta di parere favorevole con due condizioni (vedi allegato 8).

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 15.55.