CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 11 marzo 2010
296.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Giovedì 11 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Intervengono il ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli e il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 8.30.

DL 29/2010: Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione.
C. 3273 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta pomeridiana del 10 marzo.

Giuseppe CALDERISI (PdL), relatore, intende fare una precisazione con riferimento alla relazione illustrativa svolta nella seduta di ieri, con riguardo al riparto di competenze costituzionalmente definite.
Intende, infatti, evidenziare come l'intero comma 1 dell'articolo 1, in tema di accesso ai locali del tribunale, investa le competenze esclusive dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere f), g) e l). Le leggi regionali non potrebbero dunque dettare una disciplina in materia: la stessa regione Toscana - la cui legge regionale ha ridefinito l'intero sistema elettorale - reca un rinvio, contenuto nell'articolo 2 della legge regionale n. 74 del 2004, all'articolo 8, comma 1, della legge 17 febbraio 1968, n. 108, con ciò riconoscendo la competenza esclusiva dello Stato su tali profili.

Gianclaudio BRESSA (PD) ritiene che quanto testè illustrato dal collega Calderisi appaia un accanimento più che un chiarimento.

Alessandro NACCARATO (PD) evidenzia come il provvedimento in esame, anche alla luce della recenti decisioni degli organi giurisdizionali del Lazio e della Lombardia, appaia ormai di scarsa utilità. Sarebbe quindi opportuno che il Governo lo ritirasse o lo lasciasse decadere. Lo stesso principio del favor electionis è già previsto e tutelato nell'ordinamento.
Per quanto riguarda la formulazione del provvedimento, si sofferma in particolare sul comma 1 dell'articolo 1 che, impropriamente, fa riferimento all'ingresso «nei locali del tribunale» anziché alla cancelleria.
Ricorda che lo stesso Ministro Calderoli, oggi presente, ha richiamato la vicenda davanti agli organi di stampa, facendo presente che, dalla ricostruzione ufficiale, emerge come fossero presenti quattro rappresentanti di lista ma nessuno del Popolo delle libertà. Condivide quindi le affermazioni del ministro ribadendo come ci si trovi di fronte ad una materia per la quale il decreto-legge in esame è superfluo.
Per quanto concerne le previsioni del comma 1 dell'articolo 1, rileva come l'ingresso nei locali del tribunale, ivi previsto, sia un fatto giuridicamente privo di significato: l'ingresso non dimostra infatti che i delegati alla presentazione delle liste avessero con sé i documenti in regola, che è l'altro requisito richiesto dalla legge.
Per tali ragioni - e tenuto conto che il decreto-legge non riesce a sanare tale situazione - ribadisce l'opportunità che lo stesso venga ritirato o lasciato decadere. Ricorda che vi sono precedenti analoghi

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ed auspica che si tenga conto di quanto evidenziato, evitando il protrarsi di una situazione imbarazzante.
Invita infine i colleghi ad evitare richiami al Presidente della Repubblica in questa vicenda essendo chiaro a tutti che, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, il Governo adotta i decreti-legge sotto la propria responsabilità e che, in base all'articolo 87 della Costituzione, il Presidente della Repubblica si limita ad emanarli.

Mario TASSONE (UdC), nel soffermarsi su alcuni specifici profili, rileva come gli articoli 1 e 48 della Costituzione, richiamati dal collega Calderisi nella relazione illustrativa, non siano a suo avviso evocabili. Ritiene che il favor electionis presupponga la messa in atto di precondizioni per la presentazione delle liste. Evidenzia come le regole e le condizioni per la presentazione delle liste non siano profili di carattere flessibile e sono volte a rendere uguale tutto il corpo elettorale: se mancano uno o più elementi è quindi evidente che non possa essere rivendicato il principio del favor electionis.
Ritiene, infatti, che tale principio non sarebbe stato richiamato con tanta intensità nel dibattito politico e parlamentare se la questione avesse riguardato un'altra lista anziché quella del partito di maggioranza del Paese. Sarebbe quindi più opportuno appellarsi al principio di eguaglianza.
Per quanto riguarda la formulazione del comma 1 dell'articolo 1, ritiene sia defatigante comprendere nella formulazione del testo quali siano gli uffici giudiziari a cui si fa riferimento, mentre è evidente che è la cancelleria la sede competente a ricevere le liste.
Ritiene che sulla questione del riparto di competenze tra Stato e regioni in materia elettorale la questione di fondo da porsi sia soprattutto quella di capire se sia stata una buona scelta affidare alle regioni la disciplina del sistema elettorale. Ritiene, infatti, che vi sia una confusione in merito all'intreccio di competenze che vi è sulla materia, che non giova soprattutto ai cittadini.
Ritiene inoltre che vi sia una contraddizione tra il preannunciato federalismo ed un provvedimento «centralista» come quello in esame.
Evidenzia, dunque, come uno dei problemi sia costituito dalla necessità di una riflessione sulla formulazione del Titolo V della Parte II della Costituzione, anche con riguardo alla coerenza con il profilo storico delle istituzioni del nostro Paese.
Non condivide le reazioni al provvedimento in esame, quali un forte ostruzionismo parlamentare, manifestazioni di piazza e richiami al Presidente della Repubblica. Resta il fatto che la questione che si sta affrontando è foriera di pericoli e che più volte è stato affermato che non si modificano le regole del gioco quando questo è in corso. Appare infatti evidente che il provvedimento non contiene disposizioni di interpretazione autentica ma reca una disciplina innovativa.
Rileva infine come ci si trovi di fronte ad una vicenda che ha mortificato lo spirito democratico del Paese e che, se ci fosse stata più cura per le istituzioni, vi sarebbe stato un atteggiamento diverso. Invita quindi tutti al senso di responsabilità.

Antonino LO PRESTI (PdL) condivide i richiami alla legalità ed al rispetto delle regole evidenziati nel corso del dibattito. Ritiene, tuttavia, che il problema si ponga quando queste sono violate da chi è tenuto a farle rispettare.
Richiama, quindi, la motivazione del Presidente della Repubblica che costituisce la premessa del decreto-legge in esame.

Gianclaudio BRESSA (PD) rileva come costituisca una nozione basilare del diritto costituzionale sapere che il preambolo del decreto-legge è di competenza del Governo che lo adotta. Ritiene quindi una «bestialità» l'affermazione del collega Lo Presti.

Antonino LO PRESTI (PdL) rileva come le affermazioni sulla «bestialità» vadano

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piuttosto rivolte al collega Bressa, che non è degno di stare nella I Commissione.
(Scambio di apostrofi tra l'onorevole Gianclaudio Bressa e l'onorevole Antonino Lo Presti).

Donato BRUNO, presidente, sospende la seduta.

La seduta, sospesa alle 8.55, riprende alle 9.

Donato BRUNO, presidente, auspica che il dibattito possa riprendere in un clima di serenità e di rispetto reciproco.

Pierangelo FERRARI (PD) intende sollecitare il Governo a lasciare decadere il provvedimento in esame. Rileva che, pur avendo rispetto per il relatore Calderisi per il grave compito a cui è stato chiamato, leggendo le dichiarazioni da lui rese nel corso dei giorni emergono più facce dello stesso relatore. All'indomani dell'episodio della mancata presentazione delle liste, infatti, il collega Calderisi, con dichiarazioni rese agli organi di stampa, ha fatto riferimento ad un «colpo di Stato» evidenziando come ci si trovasse di fronte ad un reato e non ad un problema di procedimenti amministrativi. Ha usato toni forti che ricordano quelli utilizzati nella conferenza stampa di ieri dallo stesso Presidente del Consiglio.
Ricorda come, con il trascorrere dei giorni, il reato richiamato dal collega Calderisi sia divenuto nelle sue parole - come si legge nella relazione illustrativa al provvedimento da lui svolta nella seduta di ieri - una «colpevole negligenza», non essendo stata registrata la mano alzata di un delegato alla presentazione delle liste.

Giuseppe CALDERISI (PdL), relatore, precisa di aver fatto riferimento, nella propria relazione ad una «violazione delle leggi» avutasi nel Lazio e in Lombardia.

Pierangelo FERRARI (PD) rileva comunque come il collega Calderisi abbia poi giustamente ricondotto la vicenda nell'ambito di un procedimento amministrativo, in cui sarebbe sfuggita la mano alzata di un delegato alla presentazione delle liste nei corridoi del tribunale. Ritiene, peraltro, rischiosa l'estensione del perimetro della cancelleria che si desume dal riferimento del collega Calderisi ai «corridoi» del tribunale.

Giuseppe CALDERISI (PdL), relatore, fa presente di aver precisato che la violazione della legge ha riguardato la mancata redazione del verbale da parte dell'ufficio elettorale competente.

Pierangelo FERRARI (PD) rileva, quanto alla sostanza politica, che occorre tenere conto delle dichiarazioni rese sugli organi di stampa in questi giorni, da cui emerge come esponenti del partito della Lega Nord Padania siano stati molto più misurati di quelli del Popolo delle libertà.
Richiama le numerose dichiarazioni alla stampa fatte da diversi esponenti della maggioranza, tra le quali, in particolare, quella del sottosegretario agli Esteri, Stefania Craxi, che ha fatto presente come prima di tutto bisognerebbe chiedere scusa agli elettori, per un fatto di serietà, per il pasticcio delle liste che non è una bella pagina della vita democratica del Paese.
Richiama quindi gli interventi svolti da Ministri della Repubblica sulla questione, quali in particolare il Ministro Rotondi ed il Ministro Zaia. Quest'ultimo ha rilevato che certe figuracce bisognerebbe evitarle, anche perché poi difficilmente si riescono a spiegare all'elettorato, affermando che nel Lazio c'è stato un «mega pasticcio».
Ritiene inaccettabile che il Ministro della difesa - che ieri ha svolto le funzioni di «buttafuori» durante la conferenza stampa del Presidente del Consiglio - abbia affermato che si farà «di tutto» per riammettere al voto la lista del Popolo della Libertà, salvo aggiungere solo successivamente che ciò sarebbe avvenuto nei limiti democratici.
Considerato che appare chiara la mancanza di una maggioranza che condivida il provvedimento in esame e, vista anche

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l'inefficacia delle sue norme, auspica che si giunga alla decisione di lasciarlo decadere.
Ritiene si tratti dell'ennesimo episodio che si verifica lungo una strada che dura da troppo tempo, con il ricorso ossessivo allo strumento della decretazione d'urgenza, all'apposizione della questione di fiducia, a ripetute leggi ad personam, che rispecchiano una concezione della politica che sta minando il fragile tessuto del Paese. Rileva come lo stesso relatore, che ha una cultura liberale, non possa non rendersi conto come ci si trovi di fronte ad un ennesimo colpo alla democrazia liberale.
Richiama quanto evidenziato nella seduta di ieri dal collega Bordo e rileva come il Paese abbia bisogno di una maggioranza che governi rafforzando la democrazia e non smantellandola.

Donato BRUNO, presidente, essendo previsti ulteriori punti all'ordine del giorno della Commissione, non procrastinabili, rinvia il seguito dell'esame alla seduta prevista alle ore 14, facendo presente che la Commissione sarà altresì convocata - per il seguito dell'esame del provvedimento in titolo e per gli altri punti previsti all'ordine del giorno - al termine delle votazioni dell'Assemblea della giornata odierna.

La seduta termina alle 9.10.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Giovedì 11 marzo 2010. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 9.10.

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, recante misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori.
C. 3243 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla X Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Andrea ORSINI (PdL), relatore, illustra il testo del disegno di legge, approvato dal Senato, di conversione in legge del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, recante misure urgenti per garantire la sicurezza di approvvigionamento di energia elettrica nelle isole maggiori.
Rileva che le disposizioni da esso recate sono, nel complesso, riconducibili alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», di competenza concorrente tra Stato e regioni, per la quale la legislazione statale è chiamata ad individuare i soli principi fondamentali.
Sottolinea quindi che, in ordine alle disposizioni relative alla regolamentazione del settore energetico, la Corte costituzionale ha ritenuto ammissibile la normazione di dettaglio, da parte dello Stato, in tale settore di legislazione concorrente, quando ciò avvenga in applicazione del principio di «attrazione in sussidiarietà», ossia del principio secondo cui, quando una funzione amministrativa è assunta dallo Stato, ai sensi dell'articolo 118, primo comma, della Costituzione, questo è legittimato a intervenire in via legislativa anche se la materia nella quale la funzione incide è rimessa alla potestà legislativa concorrente o a quella residuale (sentenza n. 303 del 2003).
Ricorda come la Corte abbia peraltro precisato che la valutazione della necessità del conferimento di funzioni amministrative ad un livello superiore rispetto a quello comunale - cui tendenzialmente spetterebbero in base all'articolo 118, primo comma - spetta al legislatore statale, fermo restando che questo deve procedere, in tale valutazione, nel rispetto di taluni principi, a partire da quelli di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza e di leale collaborazione con gli altri livelli di governo (sentenza n. 6 del 2004).
Si sofferma quindi sugli articoli 1 e 2 - che istituiscono un nuovo servizio per la

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sicurezza in Sicilia e Sardegna che garantisca la possibilità di ridurre la domanda elettrica in tali isole - che sono inoltre riconducibili agli «interventi speciali» che, a norma dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione lo Stato può effettuare, in determinati comuni, province, città metropolitane e regioni, per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni.
Evidenzia infine che, con riferimento all'articolo 2-sexies, rileva la materia «tutela dell'ambiente», di competenza esclusiva statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
Alla luce di tali considerazioni presenta una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Interventi in materia di ammortizzatori sociali e tutela di determinate categorie di lavoratori.
Testo unificato C. 2100 Damiano ed abb.

(Parere alla XI Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Raffaele VOLPI (LNP), relatore, rileva preliminarmente come non intenda più svolgere, dopo la seduta odierna, le funzioni di relatore su provvedimenti all'esame del Comitato permanente per i pareri, fino a quando gli esponenti della maggioranza non parteciperanno, con presenze maggiori, alle sedute del Comitato.
Illustra quindi il testo unificato in esame, che reca interventi in materia di ammortizzatori sociali e tutela di determinate categorie di lavoratori.
Considerato che le disposizioni da esso recate sono riconducibili alle materie «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» e «previdenza sociale» che le lettere m) e o) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuiscono alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e rilevato che non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale presenta una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Legge quadro per lo spettacolo dal vivo.
Testo unificato C. 136 Carlucci e abb.

(Parere alla VII Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 4 marzo 2010.

Isabella BERTOLINI, presidente e relatore, ricorda che nella seduta del 4 marzo scorso aveva illustrato il testo unificato in esame presentando un'articolata proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 3).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 9.20.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Giovedì 11 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la pubblica amministrazione e l'innovazione Andrea Augello.

La seduta comincia alle 14.05.

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Sulla pubblicità dei lavori.

Donato BRUNO, presidente, avverte che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

5-02641 Sulla nomina del presidente di DigitPA.

Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI), nell'illustrare l'interrogazione in titolo, sottolinea come la mancata emanazione del decreto di nomina di Davide Giacalone a presidente di DigitPA abbia paralizzato l'attività dell'ente e bloccato tutte le procedure di acquisto per le quali è previsto il parere preventivo dell'ente stesso, con gravi ricadute sul mondo dell'ICT. Ricordando come i gruppi di opposizione avessero avanzato fortissime riserve sul nome proposto dal Governo, ritenendolo inadeguato all'incarico, domanda se questa sia la ragione della mancata emanazione del provvedimento di nomina e, in questo caso, che cosa il Governo intenda fare.

Il sottosegretario Andrea AUGELLO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).

Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI), replicando, prende atto del fatto che Davide Giacalone ha tolto il Governo dall'imbarazzo di insistere su una posizione indifendibile e suggerisce che, in futuro, si presti più attenzione alle considerazioni dell'opposizione. Prende altresì atto con preoccupazione della tendenza del ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione a ricorrere a commissari: è stato fatto per l'Aran e si fa di nuovo per DigitPA. Si augura che quanto prima il Governo insedi gli organi ordinari in modo da assicurare l'equilibrata gestione dell'ente e assicura che la sua parte politica vigilerà su questo.

Donato BRUNO, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata all'ordine del giorno.

La seduta termina alle 14.10.

SEDE REFERENTE

Giovedì 11 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 14.15.

DL 29/2010: Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione.
C. 3273 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella odierna antimeridiana.

Pierluigi MANTINI (UdC), premesso di parlare a nome del gruppo dell'Unione di centro, esprime un giudizio critico sulla relazione svolta dal relatore, deputato Calderisi, sul disegno di legge in titolo.
Osserva, in primo luogo, che il decreto-legge si pone in contrasto con la legge 23 agosto 1988, n. 400, alla quale è riconosciuto un valore ordinamentale. Questa, all'articolo 15, comma 2, lettera b), stabilisce che «il governo non può, mediante decreto-legge provvedere nelle materie indicate nell'articolo. 72, quarto comma, della Costituzione», tra le quali è espressamente annoverata la materia elettorale.
In secondo luogo, rileva che il decreto-legge si pone in contrasto con gli articoli 122, 117 e 118 della Costituzione, in forza dei quali la materia elettorale relativa alle elezioni regionali è di competenza delle

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regioni, sicché, come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 196 del 2003, «spetta alla legge della regione disciplinare il sistema di elezione del consiglio, della giunta e del presidente regionale».
Fa presente che, trattandosi di un principio costituzionale di riparto della competenza legislativa, esso vale sia per le regioni che hanno già esercitato la potestà legislativa in materia elettorale, sia per le regioni che non l'hanno ancora fatto. È dunque pacifico che al legislatore statale è precluso intervenire con norme di dettaglio su questa materia. Semmai, si sarebbe dovuto intervenire, in presenza delle opportune e condivise condizioni politiche, con una norma di principio innovativa, che le regioni avrebbero poi dovuto recepire.
Rileva quindi che il decreto-legge qualifica le proprie disposizioni come «norme di interpretazione autentica», sebbene sia difficile negarne il carattere innovativo: si pensi alla modifica del termine per l'affissione del manifesto recante le liste e le candidature ammesse, di cui all'articolo 2, o alla norma che consente l'immediato ricorso al giudice amministrativo contro le decisioni dell'ufficio centrale regionale, a fronte peraltro di un ben contrario indirizzo giurisprudenziale - e ricorda al riguardo la sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 10 del 2005 - o ancora, alla norma di cui all'articolo 1, comma 4, con cui si assegna un nuovo termine per la presentazione delle liste.
Gli stessi rilievi valgono per altre disposizioni, sicché il decreto, nel complesso, appare un intervento volto a sanare, in modo dichiarato, a procedimento elettorale già iniziato, le irregolarità di due liste determinate, nel Lazio e nella Lombardia.
In tal senso il decreto si pone in palese contrasto anche con gli articoli 3 e 51 della Costituzione, per violazione dei principi di eguaglianza di fronte alla legge e di accesso, in condizioni di parità, agli uffici pubblici.
La disposizione di cui al comma 3 dell'articolo 1 è, inoltre, palesemente irragionevole, e quindi contrastante con l'articolo 3 della Costituzione, perché pretende di dettare l'interpretazione autentica del quinto comma dell'articolo 10 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, riferendosi tuttavia a contenuti normativi diversi, in particolare a quanto previsto dal comma quarto.
Analogamente occorre concludere a proposito dell'articolo 1, comma 4, del decreto, nel quale si afferma che «le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle operazioni e ad ogni altra attività relative alle elezioni regionali, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto». Come noto, il procedimento elettorale, disciplinato dalla legge n. 108 del 1968, si articola per fasi e la fase relativa alla «ammissione delle liste e relativi reclami» si è chiusa da tempo anche nelle regioni Lombardia e Lazio. Dunque deve concludersi che le norme dell'articolo 1 non si applicano all'ammissione delle liste e ai relativi reclami, in quanto attività procedimentali già concluse e non, invece, «in corso» alla data di entrata in vigore del decreto: in altre parole, il decreto non si applica in nessuna regione visto che alla data di entrata in vigore le attività relative al procedimento elettorale erano ovunque concluse. L'irragionevolezza è dunque manifesta e il decreto legge inutile in quanto inapplicabile.
Sul piano politico, la sua parte politica stigmatizza l'incompetenza dimostrata dal Governo e censura le parole del relatore, il quale ha ripetutamente attribuito la stesura del decreto alla responsabilità del Capo dello Stato, pur sapendo che la responsabilità politica dell'emanazione dei decreti legge è esclusivamente del Governo.

Doris LO MORO (PD), premesso che si soffermerà soltanto sulla relazione introduttiva del relatore, per il resto richiamandosi alle considerazioni svolte sul decreto-legge dagli altri deputati del suo gruppo, osserva che quella relazione contiene ragionamenti artificiosi, costruiti in funzione dell'obiettivo che la maggioranza vuole raggiungere, ossia quello di giustificare un intervento ingiustificabile fatto per

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sanare, a favore del Popolo della libertà, gli errori commessi da questo partito nella presentazione delle liste in Lazio e in Lombardia. Tra l'altro, sottolinea come le situazioni di Lazio e Lombardia non siano assimilabili, atteso che il Lazio ha adottato una propria legge in materia elettorale, mentre la Lombardia non l'ha ancora fatto.
Ricorda inoltre come il relatore, nella relazione introduttiva, abbia fatto riferimento alla necessità di una disposizione applicativa valida anche per le regioni che, avendo già esercitato la loro competenza in materia elettorale, non hanno potuto ancora introdurre una apposita regolamentazione. Osserva che si tratta di un passaggio poco perspicuo, che rivela la difficoltà in cui si trova il relatore a sviluppare le sue argomentazioni.

Oriano GIOVANELLI (PD) ricorda il dibattito, sul quale la sua parte politica si è a lungo intrattenuta in passato, sulla differenza e sui legami tra democrazia formale e democrazia sostanziale. Ci sono voluti anni perché fosse chiaro che la democrazia formale è condizione indispensabile per la democrazia sostanziale. Il rispetto delle regole, delle forme non è una formalità della democrazia, e non si può quindi che stigmatizzare la denigrazione delle regole da parte di chi svolge le funzioni di governo. L'attenzione alle forme nei passaggi delicati del procedimento elettorale è a garanzia di tutti.
Osserva poi che la superficialità e l'improvvisazione con le quali è stato definito l'intervento normativo per porre rimedio a una situazione contingente rischiano di provocare gravi danni in futuro. La norma, se il decreto non è ritirato o lasciato decadere come la sua parte si augura, resterà infatti in vigore, con la conseguenza che in futuro chiunque potrà con poche difficoltà pretendere di consegnare le liste in ritardo, adducendo che, entro il termine, si trovava all'interno del tribunale. Conclude invitando la maggioranza a non manomettere i principi fondamentali della democrazia.

Donato BRUNO, presidente, essendo convocato alle 14.30 il comitato dei nove costituito nell'ambito delle Commissioni riunite I e II per l'esame degli emendamenti presentati in Assemblea al decreto-legge n. 4 del 2010, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata al termine dei lavori dell'Assemblea.

La seduta termina alle 14.35.

SEDE REFERENTE

Giovedì 11 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Intervengono il ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli e il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 17.50.

Sull'ordine dei lavori

Donato BRUNO, presidente, propone di invertire l'ordine del giorno, iniziando i lavori in sede referente dai progetti di legge in materia di ordinamento regionale e degli enti locali (C. 67 e abb.), al solo fine di svolgere la relazione introduttiva.

La Commissione concorda.

Semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative e Carta delle autonomie locali.
C. 67 Stucchi, C. 68 Stucchi, C. 711 Urso, C. 736 Mogherini Rebesani, C. 846 Angela Napoli, C. 2062 Giovanelli, C. 2247 Borghesi, C. 2488 Ria, C. 2651 Mattesini, C. 2892 Reguzzoni e C. 3118 Governo.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Donato BRUNO, presidente e relatore, avverte che è stata raggiunta l'intesa tra i Presidenti di Camera e Senato nel senso

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che, in deroga alla prassi consolidata e in considerazione della scelta del Governo di presentare alla Camera dei deputati il proprio disegno di legge in materia di riordino delle autonomie territoriali, la discussione dei progetti di legge in titolo abbia luogo in prima lettura presso quest'ultimo ramo del Parlamento. La Commissione inizia oggi l'esame.
In qualità di relatore, premette quindi che svolgerà una relazione introduttiva sintetica, richiamando il contenuto dei provvedimenti in esame per somme linee e soffermandosi in modo particolare sul disegno di legge del Governo C. 3118.
Fa presente che questo si compone di 32 articoli che modificano ampiamente la disciplina degli enti locali e delegano il Governo all'adozione di una «Carta delle autonomie locali» che raccolga e coordini le disposizioni in questa materia.
Ricorda inoltre che le proposte di legge di iniziativa parlamentare presentate su questa materia fino a questo momento sono dieci.
In particolare, le proposte di legge C. 736 Mogherini Rebesani e C. 2062 Giovanelli recano una riforma complessiva del sistema degli enti locali. Le proposte di legge C. 2488 Ria, C. 2247 Borghesi e C. 2892 Reguzzoni intervengono su aspetti specifici della materia.
Le restanti cinque proposte di legge d'iniziativa parlamentare incidono su singole questioni. In particolare, la proposta di legge C. 67 Stucchi prevede l'istituzione delle comunità territoriali; le proposte di legge C. 711 Urso e C. 846 Angela Napoli affrontano il tema delle comunità montane; la proposta di legge C. 68 Stucchi interviene in materia di organi di revisione economico-finanziaria dei piccoli comuni e delle comunità montane, mentre la proposta di legge C. 2651 Mattesini tratta delle circoscrizioni di decentramento comunale.
Nel passare al disegno di legge del Governo (C. 3118), ricorda che l'articolo 1 di esso indica l'oggetto delle disposizioni contenute negli articoli successivi e le finalità del provvedimento.
Gli articoli da 2 a 8 individuano le funzioni fondamentali degli enti locali e le modalità del loro esercizio, dando in questo modo attuazione a quanto previsto dall'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, che annovera tra le materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato l'individuazione delle funzioni fondamentali di comuni, province, e città metropolitane.
Rileva che l'articolo 9 del disegno di legge reca una delega al Governo per l'attuazione dell'articolo 118, primo e secondo comma, della Costituzione in materia di conferimento delle funzioni amministrative a regioni ed enti locali nelle materie di competenza legislativa esclusiva statale.
Fa presente che anche due delle proposte di legge di iniziativa parlamentare prevedono l'adozione di decreti delegati, oltre che per l'individuazione e il trasferimento delle funzioni amministrative ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, anche per l'individuazione delle funzioni fondamentali degli enti locali: si tratta, in particolare, delle proposte di legge C. 736 (articoli 7 e 8) e C. 2062 (articoli 2, 3 e 6). La proposta di legge C. 2488, invece, individua esclusivamente le funzioni delle province.
L'articolo 10 del disegno di legge disciplina il trasferimento di risorse agli enti locali quando una funzione fondamentale è attribuita ad un ente locale diverso dall'ente che la esercita alla data di entrata in vigore della legge.
L'articolo 11 del disegno di legge disciplina l'individuazione ed il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative ancora esercitate dallo Stato alla data di entrata in vigore della legge nelle materie di competenza legislativa concorrente e residuale regionale.
L'articolo 12 del disegno di legge riguarda la disciplina da parte delle regioni, con propria legge, delle funzioni amministrative nelle materie di competenza legislativa concorrente e residuale e la razionalizzazione e semplificazione delle strutture, enti, agenzie o organismi operanti a

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livello regionale. Disposizioni analoghe sono recate dall'articolo 10 della proposta di legge C. 2062.
L'articolo 13 del disegno di legge e l'articolo 12 della proposta di legge 2062 recano una delega al Governo per l'adozione della «Carta delle autonomie locali», al fine di riunire e coordinare sistematicamente in un codice le disposizioni statali che disciplinano gli enti locali.
Gli articoli 14 e 15 del disegno di legge recano due deleghe al Governo volte, rispettivamente, alla razionalizzazione e riduzione delle province e al riordino delle prefetture-uffici territoriali del Governo. In materia intervengono anche le proposta di legge C. 736 (articoli 9 e 10) e C. 2062 (articoli 8 e 11).
Gli articoli da 16 a 19 del disegno di legge dispongono la soppressione di diversi enti e organismi quali i difensori civici comunali, le comunità montane, le circoscrizioni di decentramento comunale, salvo che nei comuni con più di 250 mila abitanti, e i consorzi tra enti locali per l'esercizio di funzioni, tranne i bacini imbriferi montani.
Per quanto riguarda la soppressione del difensore civico comunale, rileva che la legge finanziaria 2010 (articolo 2, comma 186, lettera a)) aveva già previsto la soppressione dei difensori civici.
Ricorda che giovedì 4 marzo, in sede di conversione del decreto-legge n. 2 del 2010, recante misure urgenti in materia di enti locali, con l'approvazione dell'emendamento del Governo dis. 1.1, su cui era stata posta il giorno prima la questione di fiducia, è stata prevista la modifica del testo della legge finanziaria.
Evidenzia che le modifiche alla legge finanziaria approvate dall'Assemblea limitano l'intervento di soppressione ai difensori civici comunali e specificano, in linea con quanto previsto dall'articolo 16 del disegno di legge C. 3118, che nei comuni le funzioni del difensore civico comunale possano essere attribuite, mediante apposita convenzione, al difensore civico della provincia nel cui territorio rientra il relativo comune. In tale caso il difensore civico provinciale assume la denominazione di «difensore civico territoriale» ed è competente a garantire l'imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze e i ritardi dell'amministrazione nei confronti dei cittadini.
Parimenti, la soppressione delle circoscrizioni di decentramento comunale era prevista dall'articolo 2, comma 186, lettera b)) della legge finanziaria 2010.
L'emendamento del Governo approvato in sede di conversione del decreto-legge n. 2 conserva le circoscrizioni nei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti, il che è in linea con quanto previsto dal disegno C. 3118. È stato però fatto espressamente salvo il comma 5 dell'articolo 17 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, del quale l'articolo 18, ultimo comma, del disegno di legge C. 3118 prevede invece l'abrogazione. Il comma 5 in questione stabilisce che nei comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti, lo statuto può prevedere particolari e più accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale, determinando, altresì, anche con il rinvio alla normativa applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status dei componenti e le relative modalità di elezione, nomina o designazione. Il consiglio comunale può deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi della normativa statutaria.
Anche dei consorzi di funzioni tra enti locali aveva disposto la soppressione già la legge finanziaria 2010 (articolo 2, comma 186, lettera e)). L'emendamento del Governo approvato in sede di conversione del decreto-legge n. 2 introduce una deroga per i bacini imbriferi montani (BIM). Fa presente che anche questa previsione risulta in linea con il disegno di legge del Governo C. 3118.
Tornando all'analisi dei testi in discussione oggi, rileva che sulle comunità montane

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intervengono anche le proposte di legge n. 711, 846, 2247 e 2892. Sulle circoscrizioni di decentramento comunale, intervengono invece le proposte di legge n. 2247, che fissa in 300 mila abitanti il limite al di sotto del quale le circoscrizioni non sono previste, e n. 2892, che dispone la soppressione delle circoscrizioni in tutti i comuni. In direzione opposta si orienta la proposta di legge 2651, che prevede, in favore dei comuni capoluogo di provincia, una deroga al limite minimo di 100 mila abitanti per la costituzione di circoscrizioni.
Sui consorzi di enti locali interviene anche la proposta n. 2247, agli articoli 2 e 3. La proposta citata sopprime anche l'Autorità d'ambito territoriale ottimale (ATO). Al riguardo va detto che la soppressione delle ATO è stata prevista anche in sede di conversione del decreto-legge n. 2 del 2010.
Evidenzia che le proposte di legge 736 (articolo 6) e 2062 (articolo 7) affidano a Stato, regioni ed enti locali il compito di individuare gli enti e gli organismi da sopprimere tra quelli rientranti nelle proprie competenze.
La riduzione dei componenti delle giunte e dei consigli comunali e provinciali è prevista dagli articoli da 20 a 23 del disegno di legge 3118, dall'articolo 1 della proposta di legge 2488 e dagli articoli 1 e 2 della proposta di legge 2892.
In particolare, il disegno di legge C. 3118, nel rimettere agli statuti la determinazione del numero di componenti, stabilisce un tetto massimo al numero dei componenti la giunta comunale o provinciale basato non sul numero di componenti dei rispettivi consigli, bensì - come quello al numero dei componenti dei consigli - sul numero dei residenti. Ai sensi dell'articolo 22 le norme sul ridimensionamento degli organi si applicano dalla data di cessazione dei mandati degli organi in carica al momento dell'entrata in vigore della legge.
La riduzione dei componenti delle giunte provinciali e comunali era prevista anche dall'articolo 2, comma 185, della legge finanziaria 2010. Sul punto è tornato l'emendamento del Governo approvato in sede di conversione del decreto-legge n. 2 del 2010, il quale ha da una parte elevato da un quinto a un quarto dei consiglieri provinciali il numero massimo degli assessori consentiti nelle giunte provinciali, equiparando in questo modo il tetto delle giunte provinciali a quello delle giunte comunali previsto dalla legge finanziaria, e dall'altra parte ha precisato che, ai fini della determinazione della quota di un quarto, sono computati nel numero dei consiglieri anche il sindaco o, rispettivamente, il presidente della provincia.
Quanto alla decorrenza delle misure di ridimensionamento degli organi, ricorda che l'emendamento del Governo approvato giovedì 4 marzo stabilisce che la riduzione del numero dei consiglieri comunali e provinciali prevista dall'articolo 2, comma 186, della legge finanziaria 2010 si applichi a decorrere dal 2011, e per tutti gli anni a seguire, ai singoli enti per i quali ha luogo il primo rinnovo del rispettivo consiglio, con efficacia dalla data del medesimo rinnovo; e che la riduzione del numero degli assessori si applichi a decorrere dal 2010, e per tutti gli anni a seguire, ai singoli enti per i quali ha luogo il primo rinnovo del rispettivo consiglio, con efficacia dalla data del medesimo rinnovo.
L'articolo 24 del disegno di legge interviene sulla disciplina delle attribuzioni dei consigli comunali e provinciali.
Gli articoli da 25 a 26 del disegno di legge introducono la definizione di piccoli comuni e prevedono per questi ultimi una serie di misure agevolative.
L'articolo 28 del disegno di legge sopprime la figura del direttore generale nei comuni con meno di 65.000 abitanti.
La soppressione della figura del direttore generale era già prevista dall'articolo 2, comma 186, lettera d) della legge finanziaria 2010. Con l'emendamento del Governo approvato in sede di conversione del decreto-legge n. 2 è stato specificato che la figura del direttore generale nei comuni permane nei comuni con più di 100 mila abitanti.

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Gli articoli 29 e 30 del disegno di legge riformano la disciplina dei controlli negli enti locali.
L'articolo 31 del disegno di legge reca numerose disposizioni di abrogazione riguardanti prevalentemente le comunità montane.
Infine, l'articolo 32 del disegno di legge reca una norma di coordinamento per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, prevedendo che queste disciplinano le materie del provvedimento in esame secondo quanto stabilito dai rispettivi statuti di autonomia e dalle norme di attuazione.
Richiama, infine, le disposizioni delle proposte di legge di iniziativa parlamentare che non trovano riscontro nel disegno di legge 3118.
In particolare, le proposte di legge C. 736 (articolo 1) e C. 2247 (articolo 5) prevedono l'istituzione di unioni di comuni obbligatori per l'esercizio associato di funzioni fondamentali.
Le proposte C. 736 (articolo 2) e C. 2062 (articolo 4) prevedono norme in favore di comuni contermini, anche appartenenti a regioni diverse.
Le proposte C. 736 (articoli 3 e 4) e C. 2062 (articolo 5) disciplinano il procedimento di istituzione delle città metropolitane.
Le proposte C. 736 (articolo 5) e C. 2062 (articolo 9) recano una delega al Governo per la disciplina dell'ordinamento di Roma capitale.
La proposta C. 2488 reca norme in materia di ineleggibilità e incompatibilità dei consiglieri comunali e provinciali e prevede l'introduzione di un sistema elettorale provinciale di secondo grado.
La proposta C. 67 dispone l'istituzione delle comunità territoriali, enti intermedi tra comune e provincia.
La proposta C. 68, infine, prevede la possibilità per i piccoli comuni e per le comunità montane di nominare fino a 3 revisori dei conti, in luogo di uno solo, come attualmente previsto.
Come convenuto in precedenza, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

DL 29/2010: Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione.
C. 3273 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella odierna antimeridiana.

Roberto ZACCARIA (PD) intende porre alcune questioni che ritiene opportuno che la Commissione approfondisca con la dovuta attenzione. Richiama in primo luogo quanto evidenziato dal relatore nella relazione illustrativa di ieri in merito alla riconducibilità del preambolo del decreto-legge in esame al Presidente della Repubblica. Il relatore ha, in proposito, espressamente richiamato le «circostanze straordinarie di necessità e di urgenza che il Presidente della Repubblica ha posto a giustificazione dell'adozione del decreto-legge».
Ritiene si tratti di un grave errore da un punto di vista formale che pone questioni molto pericolose.
Rileva che il Presidente della Repubblica è fuori dalla vicenda politica. È quindi palesemente errato ricondurre un atto eminentemente politico al Capo dello Stato, al quale spetta il ruolo di custode della Costituzione e di certo non è riconducibile la titolarità di decreti di urgenza. Il Presidente della Repubblica svolge la funzione di garante in un dibattito tipicamente politico, che, ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione, coinvolge il Governo e il Parlamento.
Ricorda che i requisiti della necessità e dell'urgenza, previsti dalla Costituzione, sono verificati in base al nostro ordinamento da tre soggetti istituzionali: il Presidente della Repubblica in limine, il Parlamento centralmente con gli strumenti di cui dispone e la Corte Costituzionale.

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In merito alla possibilità per il Governo di intervenire con lo strumento del decreto-legge in materia elettorale ricorda come molto sia stato detto. Dalla documentazione elaborata dagli Uffici emerge come siano numerosi i precedenti in materia che però hanno sempre riguardato il profilo dell'organizzazione della materia elettorale. Emerge, inoltre, che non vi sono precedenti di decreti-legge in materia elettorale adottati in piena campagna elettorale. L'unico precedente risale al 1995 - - si riferisce peraltro allo spostamento di termini: era stato adottato però prima delle elezioni e, in ogni caso, non è stato convertito dalla Camera proprio per la mancanza dei presupposti di necessità e di urgenza.
Occorre quindi la consapevolezza di trovarsi di fronte ad un decreto-legge che è un unicum per il fatto di essere stato adottato in piena campagna elettorale.
Per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente previste sulla materia elettorale, ricorda che in questo caso - nel rapporto tra le fonti - si adotta il criterio della competenza ed emerge pacificamente come ci si trovi di fronte ad una norma ad effetti differenziati in rapporto all'esercizio della legge da parte delle regioni.
In merito alla natura interpretativa del provvedimento in esame ricorda come gli esperti di diritto costituzionale abbiano affermato, in prevalenza, come - ad eccezione di alcuni commi che recano interpretazioni di scarsa utilità - la parte più significativa del decreto-legge in esame abbia natura innovativa in quanto non interviene per sanare un contrasto giurisdizionale che in questo caso non sussiste.
Evidenzia pertanto come, con riguardo ai commi 1 e 4 dell'articolo 1, si utilizzi in maniera inappropriata lo schema della interpretazione per cercare di attribuire alle norme un'efficacia retroattiva. Si tratta, tuttavia, di aspetti su cui sono già stati esercitati diritti così ledendo l'articolo 3 della Costituzione.
Alla luce di tali considerazioni esprime la propria contrarietà rispetto al provvedimento in esame.

Manlio CONTENTO (PdL) intende portare un contributo costruttivo alla discussione in corso con l'auspicio che, prima di affermare l'incostituzionalità e l'illegittimità del provvedimento in esame, si voglia dare risposta alle questioni che porrà.
Si sofferma in primo luogo sul comma 3 dell'articolo 1, del quale è stato detto che sarebbe in contrasto con la giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di interpretazione autentica su processi giurisdizionali in atto. Si tratta di una censura a suo avviso non accoglibile. Il comma 3 dell'articolo 1 è infatti effettivamente una norma di interpretazione autentica che recepisce gli orientamenti più recenti sulla possibilità di impugnazione nell'immediato, superando i precedenti orientamenti in cui si rappresentava la necessità di attendere la proclamazione degli eletti per esperire il ricorso. Quest'ultima interpretazione poneva l'effettivo rischio di una pronuncia giurisdizionale successiva allo svolgimento delle elezioni. La recente giurisprudenza ha già superato tale impostazione.
Fa presente, inoltre, di essere rimasto colpito dalla tranquillità con cui esperti di diritto costituzionale hanno considerato fondati alcuni concetti che, a suo avviso, andrebbero presi con cautela.
In merito alla legge regionale del Lazio, ricorda che vi sono opinioni diverse sulla natura del rinvio da questa disposto. Il TAR ha ritenuto che sia un rinvio di carattere materiale, mentre altri lo considerano di carattere formale. Rileva che di certo non si tratta di una questione di agevole soluzione visto che la legge regionale del Lazio 13 gennaio 2005, n. 2, prevede, al comma 2 dell'articolo 1, che, per quanto non espressamente previsto, sono recepite la legge 17 febbraio 1968, n. 108, e la legge 23 febbraio 1995, n. 43. Sulla base di tale previsione il TAR del Lazio ha ritenuto che il rinvio abbia carattere materiale, sostenendo che non vi è pertanto lo spazio per un intervento legislativo statale e, quindi, per un decreto-legge.
Ritiene tuttavia che occorra una valutazione più approfondita e completa, la

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quale tenga conto anche del comma 3 dell'articolo 1 della predetta legge regionale, che stabilisce che si applicano inoltre, in quanto compatibili con tale legge, le altre disposizioni vigenti nell'ordinamento in materia. Ritiene che la materia non possa che essere quella elettorale.
Rilevato quindi come la norma recata dal decreto-legge sia una effettivamente una norma di interpretazione autentica, ritiene utile richiamare al riguardo quanto evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 196 del 2003. La Corte evidenzia come «non era di per sé precluso al legislatore regionale disporre, come fa l'articolo 1 della legge abruzzese, il «recepimento» della legge statale n. 108 del 1968 «con le successive modificazioni e integrazioni». Tale «recepimento» va ovviamente inteso nel senso che la legge regionale viene a dettare, per relationem, disposizioni di contenuto identico a quelle della legge statale, su alcune delle quali, contestualmente, gli articoli successivi operano modificandole o sostituendole: ferma restandone la diversa forza formale e la diversa sfera di efficacia. Non si può omettere di notare la improprietà di una tecnica legislativa che, operando il «recepimento» e poi la parziale sostituzione delle disposizioni della legge statale (fra l'altro, a quanto sembra, della sola legge n. 108 del 1968, con le modifiche apportate successivamente al suo testo, in particolare da vari articoli della legge n. 43 del 1995, e non delle autonome disposizioni dettate successivamente dalla stessa legge n. 43 del 1995), dà vita ad una singolare legge regionale, dal testo corrispondente a quello della legge statale, i cui contenuti, peraltro, non risultano sempre legittimamente assumibili dalla legge regionale, in quanto estranei alla sua competenza: così quelli che riguardano, ad esempio, oltre che, come si dirà, la durata in carica del Consiglio, di cui all'articolo 3, i ricorsi giurisdizionali, di cui all'articolo 19, o le norme sullo svolgimento contemporaneo delle elezioni regionali, provinciali e comunali, di cui agli articoli 20 e 21».
Ritiene che, se il TAR avesse voluto svolgere appieno i propri compiti, avrebbe dovuto tenere presenti tali rilievi.
Per quanto riguarda la qualificazione degli uffici elettorali ricorda come, in proposito, la legislazione non possa che essere statale non trattandosi di uffici regionali. Ricorda infatti che si tratta di uffici atipici che rientrano nella competenza statale secondo quanto stabilito dalla legge n. 108 del 1968.
Ritiene abbastanza pacifico tale aspetto, tanto più alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n 216 del 1972 che evidenzia come «sotto il profilo soggettivo gli uffici elettorali circoscrizionali sono organi temporanei, costituiti di volta in volta «presso il tribunale» nella cui giurisdizione è il comune capoluogo di provincia, i quali, mentre non si identificano con lo stesso tribunale, nemmeno danno vita ad altrettante sezioni o particolari articolazioni del medesimo, e non sono perciò istituzionalmente incardinati nel potere giurisdizionale dello Stato».
Ritiene quindi che l'interpretazione autentica delle norme in materia sia pacificamente di competenza dello Stato, spettando ad esso, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, la competenza in materia di organi statali. Si tratta di profili di cui tenere conto se si vuole affrontare la questione con la dovuta serietà.
Per quanto attiene, infine, alla parte del decreto-legge riguardante l'interpretazione della norma sul rispetto dei termini orari, fa presente come il legislatore abbia voluto interpretare i profili che riguardano la fase antecedente alla presentazione delle liste, considerato che, nella fase successiva, l'ordinamento attribuisce con chiarezza le competenze agli uffici incaricati.
Auspica, in conclusione, di avere dato un contributo concreto sulla questione, non avendo avuto in alcun modo l'intenzione di alzare i toni. È infatti convinto che le responsabilità maggiori siano di coloro che dovevano presentare le liste, ma ritiene altresì innegabile che nell'ufficio del Tribunale si siano verificate situazioni anomale.

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Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI) dichiara la propria netta contrarietà al provvedimento, che tenta di porre rimedio ad un problema della maggioranza mediante una forzatura che viola il diritto. Non è certamente un bene che in una democrazia vi siano liste escluse dalla competizione elettorale, ma per risolvere il problema si sarebbe dovuto procedere diversamente, ammettendo l'errore commesso e invocando la disponibilità delle altre parti politiche a trovare una soluzione condivisa. Questo avrebbe, tra l'altro, salvato l'immagine delle istituzioni agli occhi dei cittadini.
Quanto al merito, reputa poco onorevole, dopo aver forzato la mano al Presidente della Repubblica perché emanasse un decreto-legge del quale non era convinto, nascondersi dietro di lui imputandogli scelte la cui responsabilità ricade, e non potrebbe che ricadere, interamente sul Governo. L'articolo 77 della Costituzione non lascia margini a dubbio: è il Governo che adotta, sotto la sua responsabilità, i decreti-legge. Il Presidente della Repubblica, in sede di emanazione, svolge un apprezzamento di carattere generale sulla sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza e sulla non manifesta incostituzionalità del provvedimento, ma questo, per il resto, resta sotto la responsabilità del Governo che lo ha voluto.
Quanto alla questione se un decreto-legge possa intervenire in materia elettorale, va precisato innanzitutto che il provvedimento contiene solo poche disposizioni di carattere effettivamente interpretativo, per il resto recando norme non solo di portata innovativa, ma innovativa su principi generali dell'ordinamento pubblicistico, quale quello della presentazione di un atto entro termini stabiliti. Non ci si è, tra l'altro, forse resi conto appieno del fatto che la norma che si è introdotta con il comma 1 dell'articolo 1 rischia di generare confusione in tutti gli ambiti del rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini nei quali questi siano tenuti al rispetto di determinati termini. I cittadini potranno infatti pretendere che valga anche per loro quel modo di interpretare la presentazione in termini che si pretende valga per i partiti. Tornando al decreto, come già evidenziato dal deputato Zaccaria, si tratta di un provvedimento che, a differenza dei decreti-legge adottati in passato in materia elettorale, interviene a procedimento elettorale già iniziato, per cambiare le regole solo per alcuni.
Si sofferma poi sul punto se il legislatore statale possa, con propria legge, intervenire in questa materia. Si dice convinta che in futuro sarebbe bene rivedere l'articolo 122 della Costituzione, non essendo pensabile che su materie delicate come questa possano esserci normative differenti da regione a regione. Ad oggi, tuttavia, è vigente l'articolo 122, che non consente al legislatore statale di porre altro che norme di principio in materia di sistema di elezione regionale. La regione Lazio - perché il problema riguarda questa, essendosi quello della Lombardia risolto - ha legiferato in materia, seppur con rinvii alla legge statale. Ci si può chiedere chi abbia titolo, a questo punto, a dettare norme di interpretazione autentica, ammesso che di questo si trattasse, delle disposizioni statali cui è fatto rinvio nella legge regionale. Al riguardo la Corte costituzionale, con la sentenza n. 232 del 2006, ha chiarito che il potere di interpretazione di una norma spetta non all'organo che ha prodotto la norma ma all'organo che detiene la potestà legislativa sulla materia. È quindi innegabile che le disposizioni statali in materia di termini di presentazione delle liste per le elezioni regionali possano essere interpretate solo dal legislatore regionale che ad esse ha fatto rinvio.
In conclusione, la valutazione del provvedimento non può che essere di ferma contrarietà.

Salvatore VASSALLO (PD), premesso di essersi formato all'idea che la democrazia è rispetto delle regole e dominio della legge, anziché degli uomini, e che le elezioni sono il momento cardinale della vita democratica, ritiene tuttavia utile riflettere su cosa sarebbe accaduto se a Milano, dove il problema si è risolto abbastanza

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facilmente, le cose fossero andate come a Roma, cioè se il ritardo nella presentazione avesse riguardato non una lista, ma il cosiddetto listino. In quel caso tutte le forze politiche avrebbero dovuto prendere atto della necessità di una forzatura delle regole in favore di una parte: non sarebbe stato infatti immaginabile che alle elezioni mancasse per intero il centrodestra, tanto più in una regione come la Lombardia. L'astratto rispetto delle regole non avrebbe potuto prevalere sulla sostanza della democrazia, che impone la proposta agli elettori di liste alternative. È come quando fallisce una grande banca: la colpa può essere di pochi, ma è colpito un bene collettivo, ed è quindi dovere delle istituzioni intervenire per salvarlo. Il sistema politico italiano, soprattutto il Governo, ha tuttavia mostrato di non essere all'altezza di un problema come questo: il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto infatti ammettere l'errore dei suoi ed invitare tutte le altre forze politiche a riconoscere la necessità di trovare una soluzione che garantisca il diritto dei cittadini ad essere rappresentati secondo il proprio orientamento politico. Si è invece preferito ricorrere a un decreto-legge.
Quanto al merito del decreto-legge, non si sofferma sul punto, su cui molto è già stato detto, se questo potesse intervenire in materia elettorale regionale. In ogni caso, certamente non è possibile intervenire con decreto-legge nella materia elettorale con questa invasività e non ad operazioni elettorali già iniziate. Non c'è dubbio infatti che le norme del decreto-legge siano in larga misura innovative. Oltre che innovative, esse sono anche inapplicabili. In particolare, è innovativa e inapplicabile la disposizione di cui al comma 1 dell'articolo 1: innovativa perché non c'è dubbio che i locali del tribunale siano altra cosa dalla cancelleria, che è un locale specifico; inapplicabile perché non è possibile accertare chi sia presente nei locali del tribunale ad una certa ora, né, soprattutto, se abbia con sé la documentazione prescritta, per cui la disposizione consente di fatto di presentare le liste oltre il termine.
In conclusione, ritiene che il decreto, oltre a mostrare l'inadeguatezza del Governo a gestire situazioni delicate per la vita democratica, ne prova ancora una volta una sorta di pulsione autoritaria. Ricorda che, per il caso del comune di Bologna, nel quale si è costretti ad un lungo commissariamento a causa di un ritardo nelle dimissioni del sindaco riconducibile non ad errori ma alla responsabile volontà di approvare i bilanci, la maggioranza ha sostenuto fermamente che le regole elettorali non si possono modificare per adattarle ai casi particolari. È chiaro ora che le regole elettorali non si possono modificare solo quando questo non è nell'interesse di chi governa. Si dice certo, in ogni caso, che gli elettori abbiano capito che la condotta del Governo non è ispirata ai pieni valori della democrazia.

Andrea ORSINI (PdL), premesso che, rispetto a molti di quanti lo hanno proceduto, svolgerà un ragionamento di carattere più prettamente politico, osserva innanzitutto che, per quanto riguarda il ruolo del Presidente della Repubblica nella faccenda, non è intenzione di nessuno attribuirgli responsabilità che non gli spettano. Sarebbe però irrispettoso ridurre la sua funzione ad una funzione meramente notarile. È noto che il Presidente della Repubblica ha fatto riferimento al principio del favor electionis ed è altrettanto noto che in altri casi si è rifiutato di emanare un decreto-legge, ritenendo che non sussistessero i presupposti di necessità e urgenza: pensa, da ultimo, al caso del decreto che il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe voluto per Eluana Englaro.
Per quanto riguarda poi la presunta violazione del principio di eguaglianza che il decreto avrebbe perpetrato, ritiene che il ragionamento debba essere rovesciato: l'uguaglianza da tutelare innanzitutto è quella degli elettori, e dunque è il diritto di tutti gli elettori a poter scegliere, alle elezioni, la parte politica dalla quale si sentono rappresentati. Questo diritto sarebbe conculcato se i cittadini del Lazio che si riconoscono nel Popolo della libertà

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non potessero eleggere al consiglio regionale rappresentanti di questo partito. Le considerazioni che il deputato Vassallo svolge per la Lombardia possono ritenersi valide anche per il Lazio.
Quanto poi alla tesi che questo sarebbe il primo decreto-legge che interviene in materia elettorale ad operazioni già avviate, come sostenuto dal deputato Zaccaria, fa presente che essa non è corretta: ricorda, tra i diversi precedenti che potrebbe citare, che il Governo Prodi varò un decreto-legge il 15 febbraio 2008, a nove giorni dall'indizione dei comizi elettorali, per disciplinare alcuni profili del procedimento elettorale.
Ciò premesso, rileva che il dovere della politica è di garantire ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti. Difendere questo diritto dovrebbe essere considerato un atto dovuto da parte del Governo. L'opposizione non dovrebbe pretendere che un intervento con questa finalità debba essere concertato, né dovrebbe fare riferimento a casi del tutto diversi come quello di Bologna, dove non è a rischio la possibilità per gli elettori di votare i rappresentanti nei quali si riconoscono. Un consiglio regionale nel Lazio nel quale non fossero eletti per la provincia di Roma rappresentanti del Popolo della libertà sarebbe infatti, senza dubbio, un consiglio non pienamente rappresentativo.
In conclusione, soprattutto in materie come questa forma e sostanza non possono essere in contraddizione: se lo sono, è un problema ed è giusto che il Governo intervenga per risolverlo.

La seduta termina alle 19.15.

ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 11 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 19.15.

Schema di regolamento di organizzazione del Ministero degli affari esteri.
Atto n. 192.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 9 marzo 2010.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che sullo schema di regolamento in oggetto, il termine per l'espressione del parere è fissato al 27 marzo. Al riguardo comunica che sullo stesso è pervenuta la valutazione favorevole con un rilievo di carattere finanziario della V Commissione, che è in distribuzione mentre la III Commissione è stata autorizzata ad esprimere i rilievi, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del Regolamento.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 19.20.

DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 11 marzo 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 19.20.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante riordino dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
Atto n. 190.

(Rilievi alla Commissione parlamentare per la semplificazione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Raffaele VOLPI (LNP), relatore, ricorda preliminarmente che lo schema di decreto

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del Presidente della Repubblica recante riordino dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) (atto n. 190) è stato adottato in attuazione dell'articolo 26 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e dell'articolo 2, comma 634, della legge finanziaria per il 2008, come da ultimo modificati dall'articolo 17 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.
Ricorda che il predetto comma 634 stabilisce che, al fine di conseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, di ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, di incrementare l'efficienza e di migliorare la qualità dei servizi, con uno o più regolamenti di delegificazione, sono riordinati, trasformati o soppressi e messi in liquidazione, enti ed organismi pubblici statali, nonché strutture pubbliche statali o partecipate dallo Stato, anche in forma associativa, nel rispetto di determinati princìpi e criteri direttivi.
Al riguardo, come ricordato dal Consiglio di Stato - sezione consultiva per gli atti normativi, nel parere n. 7525/09 del 28 dicembre 2009, i criteri di delegificazione alla cui stregua va verificata la coerenza dello schema in esame, vanno rinvenuti in particolare nelle lettere d), h) ed i) del suddetto articolo 2, comma 634, della legge finanziaria per il 2008, e, pertanto: razionalizzazione degli organi di indirizzo, gestione e consultivi, con riduzione del numero dei componenti; riduzione del numero degli uffici dirigenziali esistenti con riduzione dell'organico e delle spese relative alla logistica e al funzionamento; analoga riduzione da parte delle amministrazioni vigilanti del numero dei propri uffici e delle spese per la logistica ed il funzionamento. Il Consiglio di Stato ha infatti rilevato come si tratta di criteri che, sia pure con le diversificazioni connesse alla specifica natura giuridica degli enti oggetto di riordino, presiedono e vanno ricostruiti all'interno di tutti gli schemi che attuano questo disegno.
Ricorda che l'articolo 26, comma 1, del suddetto decreto-legge n. 112 del 2008, a sua volta, prevede la soppressione di tutti gli enti pubblici non economici, per i quali, alla scadenza del 31 ottobre 2009, non siano stati emanati i regolamenti di riordino ai sensi del suddetto articolo 2, comma 634, della legge finanziaria per il 2008. Tale termine si intende comunque rispettato con l'approvazione preliminare del Consiglio dei Ministri degli schemi dei regolamenti di riordino: lo schema in esame è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 28 ottobre 2009.
Fa presente che il provvedimento in esame, quindi, dispone - all'articolo 3 -la riduzione del numero dei componenti del Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica e - all'articolo 4 - del Consiglio dell'ISTAT. Lo schema in esame prevede inoltre, all'articolo 1, la riduzione del personale dirigenziale e la possibile riduzione della pianta organica del personale non dirigenziale. Esso, infine, accentua i poteri del Presidente, con corrispondente riduzione di quelli del Consiglio, in materia di conferimento di incarichi dirigenziali.
Rileva che, come emerge dalla documentazione allegata allo schema di regolamento in esame, con riferimento ai principi direttivi fissati dalla suddetta lettera h), il Consiglio di Stato ha, a più riprese, chiesto chiarimenti al Governo in merito alle riduzioni che si profilavano come ragionevolmente ottenibili in termini di riduzioni del personale non dirigenziale e in termine di contenimento delle spese relative alla logistica ed al funzionamento.
In un primo momento, l'Amministrazione proponente ha individuato nella connessione tra la previsione dei tagli alle posizioni dirigenziali e quella della costituzione di un'unica struttura permanente presso l'ISTAT, deputata allo svolgimento dell'attività di formazione e qualificazione professionale per i dirigenti ed il personale dell'Ente e delle pubbliche amministrazioni, per gli operatori e gli addetti al Sistema statistico nazionale, il profilo organizzativo

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dal quale potranno scaturire rilevanti elementi di razionalizzazione nell'impiego delle risorse, al di là della riduzione di una posizione dirigenziale. Il Consiglio di Stato ha chiesto sul punto una ulteriore e più analitica indagine istruttoria, al fine di mettere a fuoco con maggiore precisione i percorsi e le razionalizzazioni organizzative che ci si propone di attuare, come retroazione del taglio della dirigenza. Esso ha inoltre proposto l'inserimento, al comma 1 dell'articolo 5, di una nuova lettera g) recante la previsione di possibili riduzioni della pianta organica del personale non dirigenziale e delle connesse prevedibili economie in termini di logistica e funzionamento. Tale proposta è stata accolta dall'Amministrazione proponente.
Ricorda che, anche con riferimento al criterio di cui alla lettera i) - la riduzione di personale da parte delle amministrazioni vigilanti -, il Consiglio di Stato ha chiesto una più puntuale ed esauriente ricostruzione degli effetti attesi dal riordino. L'Amministrazione proponente ha replicato che nell'ambito dell'amministrazione vigilante non sussistono strutture deputate a svolgere in via esclusiva funzioni di vigilanza in ordine all'ISTAT, idonee, in quanto tali, ad essere oggetto delle riduzioni previste dalla lettera in questione.
Ricorda, infine, che la Ragioneria generale dello Stato, con nota del 4 novembre 2009, allegata al provvedimento in esame, ha rilevato che talune disposizioni dello schema, quali quelle sulle funzioni dell'ISTAT, di cui all'articolo 2, e quelle contenute nell'articolo 5, comma 1, lettera e) - previsione di un concorso pubblico per dirigente di seconda fascia, con riserva di posti in favore del personale di ruolo che abbia ricoperto incarichi dirigenziali presso l'ISTAT per almeno un triennio - e lettera f) - formazione accentrata presso la Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche - esorbitano dai principi e dai criteri direttivi di cui al suddetto comma 634, lettera h), dell'articolo 2.
Per quanto riguarda il contenuto del provvedimento, fa presente che l'articolo 1 reca le disposizioni generali confermando, al comma 2, l'organizzazione e le funzioni di cui al decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, recante «Norme sul sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica, ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400», salvo quanto diversamente previsto dal provvedimento in esame in merito alla composizione e ai compiti degli organi collegiali e alla articolazione degli uffici dirigenziali. L'articolo 6 del provvedimento in esame prevede, infatti, l'abrogazione degli articoli 17, 18 e 22, comma 2, lettera f), e comma 3, del predetto decreto legislativo n. 322, oltre che di ogni altra disposizione incompatibile.
L'articolo 2, che disciplina i compiti dell'ISTAT, quale ente pubblico dotato di autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile, prevede che esso svolga la propria attività secondo i principi di indipendenza scientifica, imparzialità, obiettività, affidabilità, qualità e riservatezza dell'informazione statistica dettati a livello europeo ed internazionale.
Il comma 2, nel ridefinire i compiti dell'ISTAT, conferma quelli già previsti dall'articolo 15 del decreto legislativo n. 322 del 1989, precisando che gli stessi dovranno essere esercitati anche al fine di dare attuazione agli atti comunitari in materia di statistiche europee e di autorità statistiche nazionali e comunitarie.
A tal fine, l'ISTAT dovrà mantenere i rapporti con enti ed uffici internazionali operanti nel settore dell'informazione statistica, coordinare tutte le attività connesse allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee e fungere da interlocutore della Commissione europea per le questioni statistiche, svolgere l'attività di formazione e qualificazione professionale per i dirigenti ed il personale dell'ISTAT e delle pubbliche amministrazioni, per gli operatori e per gli addetti al Sistema statistico nazionale e per gli altri soggetti pubblici e privati, definire i metodi di formazione e i formati da utilizzare

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da parte delle pubbliche amministrazioni per lo scambio e l'utilizzo in via telematica dell'informazione statistica e finanziaria, nonché coordinare modificazioni, integrazioni e nuove impostazioni della modulistica e dei sistemi informativi utilizzati per fini statistici.
L'articolo 3 dispone la riduzione - da 22 a 15 - del numero dei componenti del Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica, chiamato a svolgere le funzioni direttive dell'ISTAT nei confronti degli uffici di informazione statistica.
La suddetta riduzione riguarda le amministrazioni statali, che perdono 4 rappresentanti; le regioni e gli enti locali che, complessivamente considerati, perdono 2 rappresentanti. Inoltre, non farà più parte del Comitato il direttore generale dell'ISTAT.
Si prevede comunque che il comitato possa essere integrato, su proposta del presidente, da rappresentanti di altre amministrazioni statali competenti per specifici oggetti di deliberazione.
L'articolo 4 ridisciplina la composizione del Consiglio dell'ISTAT, che svolge le funzioni di programmazione, indirizzo e controllo dell'attività dell'Istituto. Il comma 2 riduce - da 10 a 7 - il numero dei componenti del Consiglio.
Il comma in esame riduce i componenti del Consiglio con riguardo ai membri di nomina governativa - che passano da 5 a 3 - e il presidente della Commissione per la garanzia dell'informazione statistica, che non farà più parte del Consiglio ma che, ai sensi dell'articolo 3, parteciperà alle riunioni del Comitato.
L'articolo 5 - relativo agli Uffici dirigenziali e organizzazione interna - rivede il numero dei dirigenti e fissa i criteri che dovranno guidare le successive modifiche dell'assetto organizzativo della dirigenza e dell'organizzazione interna dell'Istituto, che saranno introdotte con deliberazione del Consiglio adottata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
In particolare, il comma 1 prevede che, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, vengano apportate modifiche al regolamento di organizzazione dell'ISTAT, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o agosto 2000, con particolare riguardo alla dirigenza ed alle strutture giuridiche, amministrative, di produzione e di ricerca e sulla base dei criteri fissati alle lettere a) e b), c), d), e) e f). Viene quindi attribuito al Presidente dell'ISTAT il potere di conferire gli incarichi dirigenziali amministrativi di prima fascia e quelli dirigenziali tecnici di primo livello dovendo sentire il Consiglio solo nel caso di conferimento dell'incarico di direttore generale.
L'articolo 6, infine, dispone le abrogazioni e prevede che si proceda alla rinnovazione del Comitato e del Consiglio entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Ai sensi del comma 3, nelle more della riorganizzazione di cui all'articolo 5, resta fermo il conferimento degli incarichi dirigenziali ai sensi e con le modalità di cui al regolamento di organizzazione dell'ISTAT.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 19.30.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e

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per la codificazione in materia di pubblica amministrazione.
C. 3209-bis Governo.
Modifica all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab.
C. 627 Binetti, C. 2422 Sbai, C. 2769 Cota, C. 3018 Mantini, C. 3020 Amici e C. 3183 Lanzillotta.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

COMITATO RISTRETTO

Istituzione della Giornata della memoria per le vittime della mafia.
C. 656 D'Antona, C. 833 Angela Napoli e C. 1925 Granata.