CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 11 febbraio 2010
282.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 11 febbraio 2010. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE.

La seduta comincia alle 13.50.

Legge Comunitaria 2009.
C. 2449-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

(Relazione alla XIV Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Gianfranco CONTE, presidente, avverte che la Commissione procederà, a partire dalla seduta odierna, all'esame in sede consultiva, ai sensi dell'articolo 126-ter del Regolamento, del disegno di legge C. 2449-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza alle Comunità europee - Legge comunitaria 2009.
Ricorda che la Commissione è chiamata a formulare, entro il termine del 25 febbraio prossimo, una relazione sul disegno di legge, nominando altresì un relatore, che può partecipare alle sedute della Commissione politiche dell'Unione europea; le relazioni di minoranza sono anch'esse trasmesse alla Commissione, dove possono essere illustrate da uno dei proponenti.
Rammenta quindi che, nel corso dell'esame in sede consultiva presso le Commissioni di settore, possono essere presentati gli emendamenti al disegno di legge rientranti negli ambiti di competenza delle singole Commissioni, i quali, se approvati, saranno trasmessi in allegato alla relazione approvata sul provvedimento stesso alla XIV Commissione.
Circa i criteri di ammissibilità degli emendamenti, segnala inoltre che il disegno di legge è già stato esaminato in prima lettura dalla Camera e successivamente

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modificato dal Senato, e che pertanto possono essere presentate solo le proposte emendative riferite alle parti del provvedimento modificate o introdotte nel corso dell'esame al Senato.

Gerardo SOGLIA (PdL), relatore, illustrando le modifiche apportate dal Senato al provvedimento, relative agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala innanzitutto l'articolo 13, il quale integra il contenuto della delega legislativa attribuita al Governo dall'articolo 33 della legge n. 88 del 2009, legge comunitaria 2008, per l'attuazione della direttiva 2008/48/CE, volta ad armonizzare il quadro normativo, regolamentare ed amministrativo degli Stati membri in tema di contratti di credito al consumo, aggiungendo un ulteriore principio di delega a quelli già recati dal predetto articolo 33.
In particolare, la disposizione inserisce una nuova lettera d-bis) nel comma 1 del citato articolo 33, la quale impone al legislatore delegato di prevedere il ruolo dell'educazione finanziaria come strumento di tutela del consumatore, attribuendo il potere di promuovere iniziative di informazione ed educazione volte a diffondere la cultura finanziaria fra il pubblico, al fine di favorire relazioni responsabili e corrette tra intermediari e clienti.
Al riguardo, ricorda che, nel corso dell'indagine conoscitiva sul credito al consumo svolta dalla Commissione, i temi dell'adeguatezza dell'informazione del consumatore in merito agli elementi costitutivi dei contratti, e dell'esigenza di migliorare l'educazione finanziaria dei risparmiatori italiani sono stati più volte sollevati nel corso delle audizioni.
In merito alla formulazione della disposizione in esame, segnala l'opportunità di precisare a quali soggetti si intenda attribuire il potere di promuovere le suddette iniziative di informazione ed educazione.
L'articolo 24 reca una serie di principi e criteri direttivi specifici (che si aggiungono a quelli generali per tutte le direttive indicati dall'articolo 2 del disegno di legge) per l'esercizio della delega legislativa conferita al Governo per l'attuazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2009/44/CE, la quale modifica la direttiva 98/26/CE, concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli, e la direttiva 2002/47/CE, relativa ai contratti di garanzia finanziaria per quanto riguarda i sistemi connessi e i crediti.
Per quanto riguarda il contenuto della direttiva di cui si dispone il recepimento, la direttiva 2009/44/CE modifica in primo luogo la direttiva 98/26/CE, con la quale è stato costituito un regime che garantisce il carattere definitivo degli ordini di trasferimento e del netting - ovvero delle operazioni di compensazione, tra due parti, dei crediti e degli impegni risultanti dallo stesso genere di attività - e che tutela l'efficacia della garanzia finanziaria nei confronti dei partecipanti nazionali ed esteri nel regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli.
Tali modifiche alla direttiva 98/26/CE sono state reputate necessarie dagli organismi europei alla luce di alcuni importanti cambiamenti nel settore dei sistemi di pagamento e di regolamento titoli e, soprattutto, nell'ottica di chiarire e semplificare quanto previsto dalle norme già emanate. Il principale fattore di cambiamento è stato individuato nella progressiva interdipendenza dei sistemi di pagamento i quali, all'epoca dell'elaborazione della direttiva 98/26/CE, operavano invece su base in prevalenza nazionale e indipendente.
Inoltre, la direttiva 2009/44/CE apporta modificazioni anche alla direttiva 2002/47/CE, con la quale è stato creato un quadro giuridico uniforme per l'uso transfrontaliero delle garanzie finanziarie ed è stata abolita la maggior parte dei requisiti formali tradizionalmente imposti ai contratti di garanzia.
Le modifiche apportate alla direttiva 2002/47/CE si inseriscono nell'alveo delle determinazioni della BCE, la quale ha deciso di introdurre tra le tipologie di

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garanzia per le operazioni di credito dell'Eurosistema anche i crediti, con decorrenza dal 1o gennaio 2007. Di conseguenza, la Banca Centrale europea ha raccomandato un'estensione dell'ambito di applicazione della direttiva 2002/47/CE, al fine di massimizzare l'impatto economico derivante dall'uso dei crediti e ampliare il pool di garanzie disponibili.
L'articolo 1 della direttiva reca le modifiche alla direttiva 98/26/CE, in particolare novellando alcune definizioni rilevanti ai fini del funzionamento delle norme sui sistemi interoperabili, volte a ridefinirne l'applicazione oggettiva e soggettiva. In tale ambito si stabilisce che il conto di regolamento è inteso come «conto presso una banca centrale, un agente di regolamento o una controparte centrale usato per detenere fondi o titoli o per regolare operazioni tra i partecipanti a un sistema». La nozione di «garanzia» è inoltre allargata a numerose forme di garanzia finanziaria, nonché «alle operazioni pronti contro termine o contratti simili». Si prevede altresì che la nozione di: «giorno lavorativo» deve comprendere sia i regolamenti diurni sia i regolamenti notturni e include tutti gli eventi che occorrono durante il ciclo lavorativo del sistema.
Vengono altresì introdotte le definizioni di «sistemi interoperabili», costituiti da due o più sistemi i cui operatori hanno concluso un accordo che contempla l'esecuzione di ordini di trasferimento tra sistemi e di «operatore del sistema», indicato come il soggetto o i soggetti giuridicamente responsabile/i della gestione del sistema.
Il medesimo articolo 1 fissa inoltre le condizioni di vincolatività e opponibilità a terzi degli ordini di trasferimento e del netting in caso di apertura di una procedura d'insolvenza nei confronti di un partecipante; impone ai sistemi inoperabili di stabilire nelle proprie regole il momento di immissione nel sistema, con finalità di coordinamento.
Sono altresì modificate la disciplina delle procedure di insolvenza sul funzionamento dei sistemi di pagamento, di cui agli articoli 7 e 9 della direttiva 98/26/CE, Permane la disposizione secondo cui agli Stati membri è lasciata la designazione dei sistemi e degli operatori da includere nell'ambito della disciplina europea, precisando altresì l'operatività delle nuove norme.
L'articolo 2 reca le modifiche alla direttiva 2002/47/CE: in particolare, sono aggiornate le definizioni recate dalla direttiva 98/26/CE, alla luce della normativa nel frattempo intervenuta in materia finanziaria e creditizia; inoltre, con una modifica all'articolo 1, paragrafo 4, lettera a), si prevede che la garanzia finanziaria possa essere fornita anche tramite crediti, e non più solo in contanti o a mezzo di strumenti finanziari.
Al fine di limitare gli oneri amministrativi, viene altresì imposto agli Stati membri, attraverso una modifica all'articolo 3 della direttiva 2002/47/CE, di non prescrivere particolari oneri formali per la creazione, la validità, il perfezionamento, la priorità, la realizzabilità o l'ammissibilità come prova di tale garanzia finanziaria, salvo l'obbligo di prescrivere l'esecuzione di un atto formale, quale la registrazione o la notificazione, ai fini del perfezionamento, della priorità e della realizzabilità o ammissibilità come prova nei confronti del debitore o dei terzi.
Ai sensi dell'articolo 3 il termine di recepimento della direttiva è il 30 dicembre 2010, mentre l'articolo 4 ne fissa l'entrata in vigore al 30 giugno 2009.
Per quanto riguarda invece il contenuto specifico dell'articolo 24, la lettera a) del comma 1 prescrive di apportare le opportune modifiche alle norme che concernono l'ambito di applicazione e il regime giuridico della disciplina sulla definitività degli ordini immessi in un sistema di pagamento o di regolamento titoli, con particolare riferimento ai sistemi interoperabili, all'operatore del sistema e al concetto di «giorno lavorativo».
Al riguardo ricorda che la normativa italiana di recepimento della direttiva 98/26/CE, di cui al decreto legislativo n. 210 del 2001, stabilisce, tra l'altro, la vincolatività degli ordini di trasferimento, della compensazione e dei conseguenti pagamenti

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e trasferimenti tra i partecipanti a un sistema e, nel caso di apertura di una procedura d'insolvenza nei confronti di un partecipante, anche la loro opponibilità ai terzi, qualora siano soddisfatte specifiche condizioni relative al momento di immissione nel sistema degli ordini di trasferimento.
La lettera b) prevede, nell'ipotesi di sistemi interoperabili, l'inserimento di norme che favoriscano il coordinamento delle regole sul momento di immissione e irrevocabilità di ordini di trasferimento in detti sistemi, al fine di evitare incertezze giuridiche in caso di inadempimento.
La lettera c) prevede, in conformità alla direttiva 2009/44/CE, che siano apportate opportune modifiche alle norme concernenti l'ambito di applicazione e il regime giuridico della disciplina in materia di garanzie finanziarie, con particolare riferimento ai crediti dati in garanzia, anche mediante il coordinamento tra l'esigenza di limitare le formalità amministrative gravanti sui soggetti che costituiscono e utilizzano la garanzia e il fine di tutelare il creditore ceduto e i terzi.
In proposito rammenta che, ai sensi della normativa italiana di attuazione della direttiva 2002/47/CE, di cui al decreto legislativo n. 170 del 2004, n. 170, i contratti di garanzia finanziaria sono i contratti di pegno o di cessione del credito o di trasferimento della proprietà di attività finanziarie con funzione di garanzia, ivi compreso il contratto di pronti contro termine, nonché qualsiasi altro contratto di garanzia reale che abbia ad oggetto attività finanziarie e sia volto a garantire l'adempimento di obbligazioni finanziarie, allorché le parti contraenti rientrino in una delle seguenti categorie. In tale contesto è disciplinata, tra l'altro, l'efficacia della clausola di close-out netting, in base alla quale, in caso di eventi che determinino l'escussione della garanzia finanziaria, le obbligazioni diventano immediatamente esigibili e sono convertite nell'obbligazione di versare un importo pari al loro valore corrente stimato, oppure esse sono estinte e sostituite dall'obbligazione di versare tale importo, ovvero viene calcolato il debito di ciascuna parte nei confronti dell'altra con riguardo alle singole obbligazioni e viene determinata la somma netta globale risultante dal saldo e dovuta dalla parte il cui debito è più elevato, ad estinzione dei reciproci rapporti.
La lettera d) impone di introdurre le occorrenti modificazioni alla normativa vigente, anche di derivazione comunitaria, per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, al fine di realizzarne il migliore coordinamento.
La lettera e) prevede di rivedere, ove necessario, la disciplina delle insolvenze di mercato di cui agli articoli 72 e 202 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, tenuto conto dell'obiettivo di ridurre le turbative ai sistemi derivanti dall'insolvenza di un partecipante.
Al riguardo ricorda che il predetto articolo 72 del TUF attribuisce alla CONSOB il potere di dichiarare l'insolvenza di mercato dei soggetti ammessi alle negoziazioni nei mercati regolamentati e dei partecipanti ai servizi di compensazione e liquidazione delle operazioni su strumenti finanziari non derivati e ai sistemi di compensazione e garanzia delle operazioni su strumenti finanziari, con immediata liquidazione dei contratti dell'insolvente. La disposizione demanda inoltre alla CONSOB - d'intesa con la Banca d'Italia - il potere di stabilire i casi di inadempimento e le altre ipotesi in cui sussiste l'insolvenza di mercato nonché le relative modalità di accertamento e di liquidazione; la liquidazione delle insolvenze di mercato è effettuata da uno o più commissari nominati dalla CONSOB, d'intesa con la Banca d'Italia, cui è affidato il potere di compiere tutti gli atti necessari alla liquidazione dell'insolvenza.
L'articolo 202 del TUF prevede invece, fatte salve le prescrizioni dell'articolo 72, l'applicazione delle disposizioni relative alla liquidazione coattiva dei contratti conclusi dagli agenti di cambio anche alle imprese di investimento e alle banche autorizzate all'esercizio delle attività di

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negoziazione per conto proprio di strumenti finanziari, ovvero di esecuzione di ordini per conto dei clienti.
L'articolo 25 del disegno di legge delega il Governo ad adottare, entro 6 mesi, un decreto legislativo per l'attuazione delle sezioni II e III della raccomandazione 2004/913/CE della Commissione, del 14 dicembre 2004, e della sezione II, paragrafi 5 e 6, della raccomandazione 2009/385/CE della Commissione, del 30 aprile 2009 in materia di remunerazione degli amministratori delle società quotate.
Al riguardo ricorda che la sezione II della raccomandazione 2004/913/CE della Commissione prevede in particolare, al punto 3, che ogni società quotata dovrebbe rendere pubblica una dichiarazione sulla propria politica delle remunerazioni, la quale dovrebbe far parte di una relazione sulla remunerazione e/o essere inclusa nei conti annuali e nella relazione annuale o negli allegati ai conti annuali della società, nonché figurare sul sito web della società quotata.
Tale dichiarazione dovrebbe concentrarsi soprattutto sulla politica delle remunerazioni per l'esercizio finanziario successivo e, se del caso, per i seguenti, mettendo particolarmente in rilievo i cambiamenti significativi nella politica delle remunerazioni della società quotata rispetto all'esercizio finanziario precedente. La dichiarazione dovrebbe altresì sintetizzare e illustrare la politica della società quotata rispetto alle condizioni contrattuali degli amministratori con incarichi esecutivi, includendo, fra l'altro, informazioni relative alla durata dei contratti degli amministratori con incarichi esecutivi, alle disposizioni riguardanti le remunerazioni da corrispondere in caso di cessazione del rapporto di lavoro. Dovrebbero, inoltre, essere pubblicate le informazioni relative all'iter preparatorio e decisionale necessario per definire la politica delle remunerazioni degli amministratori della società quotata, includendo, se del caso, ragguagli inerenti al mandato e alla composizione del comitato delle remunerazioni, i nomi dei consulenti esterni ai quali ci si è rivolti per definire la politica delle remunerazioni e il ruolo dell'assemblea generale annuale degli azionisti.
Il punto 4 della predetta sezione II, relativo al voto degli azionisti, prevede che, fatto salvo il ruolo e l'organizzazione degli organismi responsabili per stabilire le remunerazioni degli amministratori, la politica delle remunerazioni, nonché ogni sostanziale modificazione di detta politica, dovrebbe costituire un punto separato all'ordine del giorno dell'assemblea generale annuale; la dichiarazione relativa alle remunerazioni dovrebbe a sua volta essere sottoposta al voto, vincolante oppure consultivo, dell'assemblea generale annuale degli azionisti. Gli Stati membri possono tuttavia stabilire che si proceda a tale voto soltanto qualora lo richieda un numero di azionisti pari ad almeno il 25 per cento del totale dei voti detenuti dagli azionisti, fermo comunque restando il diritto degli azionisti di presentare una risoluzione in Assemblea conformemente alla legislazione nazionale.
Con la Raccomandazione della Commissione n. 2009/385/CE sono state integrate le raccomandazioni 2004/913/CE e 2005/162/CE per quanto riguarda il regime concernente la remunerazione degli amministratori delle società quotate, specificando che la dichiarazione relativa alle retribuzioni dovrebbe essere chiara e facilmente comprensibile e che la dichiarazione dovrebbe recare ulteriori informazioni.
La sezione III della raccomandazione 2004/913/CE interviene invece in merito alla pubblicità della remunerazione dei singoli amministratori, specificando che la remunerazione totale, nonché le altre prestazioni accordate ai singoli amministratori nel corso dell'esercizio finanziario considerato, dovrebbero figurare in modo dettagliato nei conti annuali o negli allegati a detti conti oppure, se del caso, nella relazione sulle remunerazioni. I conti annuali o i loro allegati oppure, se del caso, la relazione sulle remunerazioni, dovrebbero contenere almeno le informazioni relative alla remunerazione o al trattamento, alle cosiddette stock option, alle

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pensioni integrative e agli eventuali prestiti, pagamenti anticipati e garanzie da parte dalla società stessa, da una sua controllata ovvero da una società inclusa nei suoi conti annuali consolidati.
L'articolo 25 del disegno di legge specifica che il legislatore delegato, oltre a rispettare i principi e criteri direttivi di cui alle raccomandazioni 2004/913/CE e 2009/385/CE, dovrà attenersi alle seguenti ulteriori previsioni:
a) prevedere che le società quotate rendano pubblica una relazione sulle remunerazioni che illustri in apposita sezione la loro politica in materia di remunerazione dei componenti dell'organo di amministrazione, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilità strategiche per l'esercizio finanziario successivo;
b) anche al fine di assicurare la trasparenza dell'attuazione della politica di remunerazione, prevedere che la relazione sulla remunerazione illustri in apposita sezione i compensi corrisposti nell'esercizio di riferimento a qualsiasi titolo e in qualsiasi forma ai componenti degli organi di amministrazione e di controllo, ai direttori generali e ai dirigenti con responsabilità strategiche;
c) ferme restando le disposizioni legislative che disciplinano la competenza a determinare la remunerazione dei componenti degli organi di amministrazione, stabilire il coinvolgimento dell'assemblea dei soci nell'approvazione della politica di remunerazione;
d) prevedere che il trattamento economico onnicomprensivo dei componenti dell'organo di amministrazione, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilità strategiche di banche ed istituti di credito, nonché delle società quotate, non possa superare il trattamento annuo lordo spettante ai membri del Parlamento;
e) prevedere che i sistemi retributivi degli amministratori e dei membri del consiglio di amministrazione degli istituti di credito non debbano essere in contrasto con le politiche di prudente gestione del rischio della banca e con le sue strategie di lungo periodo, stabilendo altresì il divieto di includere tra gli emolumenti e le indennità di cui beneficiano i medesimi soggetti le stock option e le azioni di cui all'articolo 51, comma 2, lettera g-bis), del testo unico delle imposte sui redditi approvato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986;
f) attribuire, per quanto occorra, alle amministrazioni o alle autorità di vigilanza competenti i poteri regolamentari per l'attuazione delle norme emanate ai sensi della delega.

Con riferimento alla previsione di cui alla lettera a), rileva come, nella prassi, le politiche in materia di remunerazione dei componenti dell'organo di amministrazione, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilità strategiche abbiano carattere pluriennale.
Esprime quindi perplessità in relazione alla lettera d), evidenziando come la previsione legislativa di un limite alla retribuzione corrisposta da parte di soggetti privati potrebbe risultare lesiva del principio di autonomia negoziale che connota, nel nostro ordinamento, l'iniziativa economica privata, tutelata dall'articolo 41 della Costituzione. Rileva inoltre come tale previsione, introdotta, nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, potrebbe produrre distorsioni nel mercato il cui impatto non è stato probabilmente pienamente valutato.
In merito alla formulazione della lettera e), segnala come la richiamata lettera g-bis) del comma 2 dell'articolo 51 del TUIR sia stata abrogata dall'articolo 82, comma 23, del decreto- legge n. 112 del 2008. Inoltre, qualora la previsione debba intendersi nel senso di un divieto di attribuzione di stock option agli amministratori e membri del consiglio di amministrazione degli istituti di credito, appare opportuno coordinare tali previsioni con le disposizioni contenute all'articolo 114-bis del TUF, il quale prevede, per gli emittenti quotati e gli emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante,

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che i piani di compensi basati su strumenti finanziari a favore di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, di dipendenti o di collaboratori, ovvero di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, di dipendenti o di collaboratori di altre società controllanti o controllate sono approvati dall'assemblea ordinaria dei soci.
Sempre con riferimento alla lettera e), sottolinea altresì la necessità di valutare se la previsione legislativa di un divieto alla retribuzione corrisposta da parte di soggetti privati contrasti con il principio di libertà dell'iniziativa economica privata, di cui all'articolo 41 della Costituzione.
L'articolo 51, inserito nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, delega il Governo ad adottare un decreto legislativo per l'attuazione agli articoli 22 e 36 del regolamento (CE) n. 1060/2009, relativo alle agenzie di rating del credito, che stabilisce le condizioni per l'emissione dei rating, fissando disposizioni in merito all'organizzazione e allo svolgimento delle attività delle agenzie di rating del credito, al fine di promuoverne l'indipendenza e di prevenire i conflitti di interesse.
Al riguardo ricorda che il regolamento n. 1060/2009 è stato emanato soprattutto in ragione del ruolo svolto dalle agenzie di rating sui mercati mobiliari e bancari mondiali, e dell'impatto significativo che tali rating hanno sul funzionamento del mercato e sulla fiducia degli investitori e dei consumatori, in considerazione del fatto che essi sono utilizzati dagli investitori, dai mutuatari, dagli emittenti e dai governi come elementi che contribuiscono alla formazione di decisioni informate in materia di investimenti e di finanziamenti.
In tale contesto l'articolo 51, in ottemperanza al disposto dell'articolo 22 del regolamento n. 1060/2009, il quale prevede che entro il 7 giugno 2010 ciascuno Stato membro designi un'autorità competente ai fini indicati dal regolamento medesimo, individua allo scopo la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), attribuendole i poteri di vigilanza e di indagine di cui agli articoli 23, 24 e 25 del citato regolamento n. 1060/2009.
A tale proposito ricorda che l'articolo 23 del regolamento assegna alle autorità competenti, a norma della legislazione nazionale, tutti i poteri di vigilanza e di indagine necessari per l'esercizio delle loro funzioni. Esse esercitano tali poteri, direttamente, in collaborazione con altre autorità o rivolgendosi alle autorità giudiziarie competenti. I poteri di vigilanza comprendono, tra l'altro, l'accesso documentale, la richiesta di informazioni e il potere ispettivo, unicamente nei confronti delle agenzie di rating del credito, delle persone che partecipano alle attività di rating, delle entità valutate e dei terzi collegati, dei terzi a cui le agenzie di rating del credito hanno esternalizzato determinate funzioni o attività e di altre persone diversamente collegate o connesse con le agenzie di rating del credito o con le attività di rating.
L'articolo 24 del regolamento sancisce quali misure di vigilanza possono essere adottate dalle autorità competenti dello Stato membro di origine, tra le quali si prevede la revoca della registrazione dell'agenzia di rating al CESR - (Committee of European Securities Regulators) e il divieto di emettere rating efficaci in tutta la Comunità.
L'articolo 25 disciplina invece le misure di vigilanza che possono essere adottate dalle autorità competenti diverse da quella dello Stato membro di origine.
In tale contesto l'articolo 51 del disegno di legge, in ottemperanza alle indicazioni contenute nell'articolo 36 del regolamento n. 1060/2009, il quale impone agli stati membri di determinare le sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni del regolamento medesimo, nonché di adottare tutte le misure necessarie ad assicurare la loro applicazione, stabilisce l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 193 del decreto legislativo n. 58 del 1998 (TUF), concernenti le sanzioni amministrative in materia di informazione societaria e doveri dei sindaci e delle società di revisione.

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L'articolo 51 reca infine la clausola di invarianza finanziaria, ai sensi della quale dall'attuazione della norma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto le amministrazioni interessate (ovvero la CONSOB) devono svolgere le attività previste con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Per quanto riguarda le direttive contemplate nell'Allegato B (i cui schemi di decreto legislativo di recepimento sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari), nel corso dell'esame al Senato sono state introdotte alcune direttive rientranti negli ambiti di competenza della Commissione Finanze.
La direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, stabilisce il regime generale relativo alle accise gravanti sul consumo dei seguenti prodotti: prodotti energetici ed elettricità di cui alla direttiva 2003/96/CE; alcole e bevande alcoliche di cui alle direttive 92/83/CEE e 92/84/CEE; tabacchi lavorati di cui alle direttive 95/59/CE, 92/79/CE e 92/80/CE.
Questi prodotti sottoposti ad accisa sono soggetti a tale imposta all'atto della loro fabbricazione, compresa, se applicabile, l'estrazione, nel territorio della Comunità, ovvero al momento della loro importazione nel territorio della Comunità.
La direttiva si applica al territorio della Comunità europea, fatta eccezione per le isole Canarie, Dipartimenti francesi d'oltremare, isole Áland, isole Anglo-normanne, nonché a quei territori che non fanno parte del territorio doganale della Comunità (isola di Helgoland; territorio di Büsingen; Ceuta; Melilla; Livigno; Campione d'Italia; acque italiane del lago di Lugano).
Le accise divengono esigibili al momento e nello Stato membro dell'immissione in consumo. Il debitore dell'accisa è generalmente il depositario autorizzato o il destinatario registrato.
I prodotti sottoposti ad accisa che sono stati immessi in consumo possono essere oggetto di rimborso o sgravio alle condizioni stabilite dagli Stati membri.
I prodotti sottoposti ad accisa sono esentati dal pagamento dell'accisa quando sono destinati a essere utilizzati nel quadro di relazioni diplomatiche o consolari; da organizzazioni internazionali; dalle forze armate di qualsiasi Stato; nel quadro di un accordo concluso con paesi terzi o organizzazioni internazionali.
Gli Stati membri possono anche esentare dal pagamento dell'accisa i prodotti sottoposti ad accisa venduti nei punti di vendita in esenzione da imposte (qualsiasi esercizio situato in un aeroporto o in un porto, autorizzato a effettuare vendite esenti da imposta ai viaggiatori che lasciano il territorio della Comunità) e trasportati nei bagagli personali dei viaggiatori che si recano in un territorio terzo o in un paese terzo per via aerea o via mare.
Le accise sono esigibili unicamente nello Stato membro in cui i prodotti sono acquistati da un privato. Per determinare se i prodotti sottoposti ad accisa siano destinati all'uso personale di un privato, gli Stati membri tengono segnatamente conto dei seguenti elementi: lo status commerciale del detentore dei prodotti; il luogo in cui si trovano i prodotti; qualsiasi documento relativo ai prodotti; la natura dei prodotti; la quantità dei prodotti.
Se i prodotti sottoposti ad accisa destinati al consumo in uno Stato membro sono detenuti per scopi commerciali in un altro Stato membro, essi sono sottoposti ad accisa e l'accisa diventa esigibile in quest'ultimo Stato membro. Le accise pagate nel primo Stato membro possono essere rimborsate.
In caso di vendita a distanza da uno Stato membro verso un altro Stato membro, il venditore deve pagare l'accisa nello Stato membro di destinazione.
Gli Stati membri possono inoltre prescrivere che i prodotti sottoposti ad accisa siano muniti di contrassegni fiscali o di contrassegni nazionali di riconoscimento.
Al riguardo segnala come la direttiva 92/12/CEE stabilisca che i prodotti soggetti ad accisa i quali circolano in regime sospensivo fra i territori dei vari Stati

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membri, devono essere scortati da un documento di accompagnamento emesso dallo speditore.
L'articolo 21 della direttiva 2008/118/CE, recependo quanto già disposto dalla Decisione n. 1152/2003/CE, specifica che la circolazione in regime sospensivo deve aver luogo sotto la scorta di un documento amministrativo elettronico, conformemente ad una procedura la quale viene di seguito descritta e che prevede la presentazione, da parte dello speditore alle autorità competenti dello Stato membro di spedizione, di una bozza del suddetto documento elettronico, per il tramite del sistema di informatizzazione dei movimenti e dei controlli intracomunitari dei prodotti soggetti ad accisa EMCS, di cui all'articolo 1 della Decisione 1152/2003/CE. Le autorità competenti dello Stato membro di spedizione devono, successivamente, effettuare una verifica elettronica dei dati figuranti nella bozza di documento amministrativo elettronico, informando immediatamente lo speditore se questi non sono validi.
Il suddetto sistema informatizzato deve inoltre permettere alle autorità competenti di seguire i movimenti dei prodotti sottoposti ad accisa e di monitorare la circolazione di questi ultimi quando circolino in sospensione dall'accisa. Infine esso va utilizzato anche al fine di garantire la riscossione dell'imposta secondo le aliquote fissate dagli Stati membri.
Al fine di permettere il graduale adeguamento al sistema di controllo elettronico per la circolazione dei prodotti in sospensione dall'accisa, gli Stati membri beneficeranno tuttavia di un periodo transitorio durante il quale tale circolazione continuerà ad avvenire secondo le formalità previste dalla Direttiva 92/12/CEE.
La direttiva 2008/118/CE abroga inoltre, a decorrere dal 1o aprile 2010, la direttiva 92/12/CE.
Per quanto riguarda il termine di recepimento della direttiva, gli Stati membri devono provvedere ad adottare e pubblicare, entro il 1o gennaio 2010, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva a decorrere dal 1o aprile 2010.
Al riguardo segnala come la direttiva sia già contenuta nell'allegato B alla legge n. 88 del 2009, legge comunitaria 2008, e come, secondo informazioni assunte in via ufficiosa, il relativo schema di decreto legislativo di attuazione della delega sarebbe già stato approvato in via preliminare del Consiglio dei Ministri, e dovrebbe pertanto essere prossimamente trasmesso alle Camere ai fini dell'acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari.
La direttiva 2009/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2009, intende promuovere la convergenza tra gli Stati membri dei sistemi di garanzia dei depositi dei risparmiatori, al fine di ripristinare la fiducia e il corretto funzionamento del settore finanziario. A tal fine la direttiva apporta modifiche alla direttiva 94/19/CE, disponendo un aumento della copertura minima dei depositanti.
L'articolo 1 elenca le modifiche operate alla direttiva 94/19/CE.
In particolare, il punto 1 abbrevia da ventuno a cinque giorni il termine entro il quale le autorità competenti devono valutare come «indisponibile» un deposito.
Il punto 2 prevede che, nei casi previsti dalle disposizioni comunitarie, gli Stati membri assicurino la cooperazione tra i regimi di garanzia dei depositi e che la Commissione europea sottoponga a revisione almeno biennale i meccanismi previsti dalla direttiva 94/19/CE per la tutela dei depositanti delle succursali costituite dagli enti creditizi in altri Stati membri proponendo, se del caso, pertinenti modifiche.
Il punto 3 impone agli Stati membri di prevedere che la copertura del totale dei depositi del medesimo depositante sia di almeno 50.000 euro in caso di indisponibilità dei depositi e che, entro il 31 dicembre 2010 essa sia aumentata a 100.000 euro. Viene fatta salva l'ipotesi in cui la Commissione ritenga inopportuna e non sostenibile sul piano finanziario tale prescrizione, nel qual caso essa presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una

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proposta di modifica. Lo stesso livello di copertura si applica a tutti i depositanti indipendentemente dal fatto che la moneta dello Stato membro sia l'euro. Sono fatte salve le maggiori tutele introdotte prima del 1o gennaio 2008, in particolare per ragioni di carattere sociale, volte alla copertura totale per determinati tipi di depositi, ed è previsto per la Commissione il potere di adeguare gli importi di copertura al tasso di inflazione nell'Unione.
Il punto 4 aggiunge un nuovo articolo 7-bis alla direttiva 94/19/CE, disponendo che la Commissione sia assistita dal comitato bancario europeo.
Il punto 5 reca disposizioni in materia di informazione dei depositanti, tra l'altro imponendo agli Stati membri di provvedere affinché gli enti creditizi mettano a disposizione dei depositanti le informazioni necessarie per individuare il sistema di garanzia dei depositi al quale aderiscono l'ente e le sue succursali all'interno della Comunità o eventuali accordi alternativi.
Il punto 6 abbrevia da tre mesi a venti giorni lavorativi il termine a disposizione dei sistemi di garanzia dei depositi per pagare i crediti debitamente verificati dei depositanti, per quanto riguarda i depositi indisponibili. La proroga del termine - concessa in circostanze eccezionali - non può essere superiore a dieci giorni lavorativi.
L'articolo 2 della direttiva individua nel 30 giugno 2009 il termine di recepimento della direttiva, fatto salvo il diverso termine del 31 dicembre 2010 per l'adeguamento alle disposizioni relative alla modifica del termine per la valutazione della «indisponibilità dei depositi», all'aumento a 100.000 euro della copertura dei depositi, nonché al termine per il pagamento dei crediti da parte dei sistemi di garanzia dei depositi).
Al riguardo ricorda che in Italia il Fondo interbancario di tutela dei depositi (FITD) e il Fondo di garanzia dei depositanti del credito cooperativo (FGDCC) proteggono i depositi fino a euro 103.291,38 per depositante. Il limite si calcola con riferimento alla somma dei depositi e dei fondi che uno stesso cliente detiene presso la banca e non ai singoli conti o rapporti. Il predetto limite massimo di rimborso, nel caso di rapporti congiunti, si applica con riferimento a ciascuno degli intestatari e i conti si presumono ripartiti in eguale proporzione tra i medesimi.
La direttiva 2009/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'18 giugno 2009 reca disposizioni di armonizzazione in materia di riduzione degli oneri amministrativi per le società di piccole e medie dimensioni, in particolare nei settori della contabilità e della revisione contabile, apportando modifiche alla direttiva 78/660/CEE, relativa ai conti annuali di taluni tipi di società, e alla direttiva 83/349/CEE, relativa ai conti consolidati.
L'articolo 1 della direttiva consente alle società di piccole e medie dimensioni di omettere nell'allegato anche gli elementi iscritti nella voce «spese di impianto e di ampliamento» oltre, come già previsto in origine dall'articolo 45, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 78/660/CEE, la ripartizione dell'importo netto del volume d'affari secondo categorie di attività e secondo i mercati geografici.
Ai sensi dell'articolo 27 della direttiva 78/660/CEE, tali prescrizioni riguardano le società che, alla data di chiusura del bilancio, non superano determinati limiti numerici, nella specie i limiti numerici di due dei tre criteri seguenti: totale dello stato patrimoniale non superiore a 4.000.000 Unità di conto europea (UCE) (EUR); importo netto del volume d'affari non superiore a 8.000.000 UCE (EUR); numero dei dipendenti occupati in media durante l'esercizio non superiore a 250.
L'articolo 2 esenta le società-madri disciplinate dal diritto nazionale di uno Stato membro dall'obbligo di redigere conti consolidati ed una relazione consolidata sulla gestione, ove essa abbia solo imprese figlie che presentino, individualmente e nel loro insieme, un interesse irrilevante nei riguardi dell'obiettivo di fornire un quadro fedele della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico dell'insieme delle imprese incluse nel consolidamento.

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Ai sensi dell'articolo 3, il termine di recepimento della direttiva è il 1o gennaio 2011, mentre in base all'articolo 4 la direttiva è entrata in vigore il 16 luglio 2009.
La direttiva 2009/69/CE del Consiglio, del 25 giugno 2009, sostituisce l'articolo 22 e modifica gli articoli 140, lettera b), e 143 della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (IVA) in relazione all'evasione fiscale connessa all'importazione, che è stata recepita dall'Italia con legge n. 34 del 2008, legge comunitaria 2007.
In particolare, integrando l'articolo 143, la direttiva prevede che l'immissione in libera pratica di beni destinati ad essere trasferiti in uno Stato dell'Unione europea diverso da quello di importazione potrà avvenire senza pagamento dell'IVA se ricorrono alcune condizioni.
In sostanza l'IVA potrà non essere corrisposta se l'importatore avrà fornito allo Stato membro tre informazioni: il numero di identificazione IVA che gli è stato attribuito nello Stato membro di importazione oppure quello attribuito al suo rappresentante fiscale debitore d'imposta; il numero d'identificazione IVA dell'acquirente cui i beni sono ceduti, attribuito in un altro Stato membro o il numero di identificazione IVA che gli è stato attribuito nello Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto quando i beni sono soggetti a un trasferimento; la prova che i beni importati siano destinati ad essere spediti o trasportati a partire dallo Stato membro di importazione verso un altro Stato membro.
Tali novità sono finalizzate a rispondere in modo efficace al fenomeno dell'evasione fiscale connessa all'importazione ed alla parziale modifica della precedente direttiva 2006/112/CE, che affidava alla discrezionalità degli Stati membri l'individuazione delle condizioni al ricorrere delle quali veniva concessa l'esenzione dall'IVA delle importazioni di beni, destinati ad essere ceduti o trasferiti ad un soggetto passivo in un altro Stato membro.
Le modifiche agli articoli 22 e 140 della 2006/112/CE sono invece volte ad operare correzioni di coordinamento formale connesse con la modifica recata all'articolo 143.
Le disposizioni della direttiva 2009/69/CE sono entrate in vigore il 24 luglio 2009 e le relative disposizioni di recepimento dovranno essere adottate entro il 1o gennaio 2011.
In merito agli effetti sulla normativa italiana derivanti dall'attuazione della direttiva, rileva come essa comporterà la necessità di apportare modifiche di natura essenzialmente formale all'articolo 67 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, poiché in Italia la prassi dell'Amministrazione finanziaria è già orientata nel senso di riconoscere la facoltà di provvedere all'immissione in libera pratica di beni destinati alla cessione o al trasferimento in un altro Stato dell'Unione, solo previa identificazione o nomina di un rappresentante fiscale.
La direttiva 2009/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, entrata in vigore il 21 ottobre 2009, mira a codificare la normativa contenuta nella direttiva 68/151/CEE, concernente le garanzie che, ai sensi del Trattato, sono richieste alle società, negli Stati membri, per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi alla luce delle notevoli e rilevanti modifiche che quest'ultima ha subito nel corso del tempo.
La direttiva si applica, in Italia, alle società per azioni, nonché a quelle a responsabilità limitata e in accomandita per azioni.
La garanzia fondamentale per la tutela degli interessi dei terzi è individuata dalla direttiva nella pubblicità, che deve consentire ai terzi di conoscere tutti gli atti societari essenziali, nonché le generalità delle persone le quali, in funzione delle cariche rivestire, hanno il potere giuridico di obbligare la società verso i terzi.
In tale contesto, gli Stati membri sono tenuti ad adottare adeguate misure che impongano alle società indicate di pubblicizzare alcuni determinati, fondamentali atti societari ed informazioni ulteriori. La

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pubblicità dovrebbe riguardare almeno: l'atto costitutivo e lo statuto e le loro modifiche; la generalità delle persone che rappresentano la società e, in funzione delle cariche ricoperte, possono obbligare la società verso terzi; le generalità degli amministratori, di chi riveste funzioni di vigilanza e controllo; annualmente, l'entità del capitale sottoscritto; la contabilità di ogni esercizio finanziario (ove obbligatoria); il trasferimento di sede, lo scioglimento della società; le sentenze che dichiarino la nullità della società; i nomi degli eventuali liquidatori e la chiusura della liquidazione e la cancellazione dal registro negli Stati membri in cui quest'ultima produce effetti giuridici.
La direttiva prevede la costituzione di un fascicolo, per ogni società, da tenere presso un registro centrale (registro delle imprese) ove sono contenuti tutti i dati oggetto di pubblicità obbligatoria; di tali atti e informazioni sarà possibile, su richiesta, avere copia su carta o in formato elettronico.
Accanto al registro centrale si prevede la costituzione di un bollettino nazionale, che pubblicizzi l'avvenuto deposito presso il registro delle informazioni societarie obbligatorie; alla pubblicazione sul bollettino consegue l'opponibilità a terzi delle informazioni pubblicate nel bollettino.
Ulteriori disposizioni della direttiva sono dirette a facilitare l'accesso transfrontaliero alle informazioni sulle società; a tal fine gli stati membri sono autorizzati a prevedere, oltre alla pubblicità obbligatoria in una delle lingue consentite negli Stati membri delle società in questione, la registrazione su base volontaria, in altre lingue, degli atti e delle indicazioni richiesti.
Le indicazioni obbligatorie previste dalla direttiva dovrebbero essere menzionate in tutta la corrispondenza e in tutti gli ordinativi utilizzati, in ogni formato, dalle società. Se la società dispone di un sito Internet, sarà possibile su questo pubblicare le indicazioni obbligatorie e, se del caso, l'entità del capitale sottoscritto e versato.
Per le violazioni degli obblighi di pubblicità gli Stati membri devono stabilire un adeguato quadro sanzionatorio.
Si prevede, poi, che la tutela dei terzi sia assicurata mediante disposizioni che limitino, per quanto possibile, le cause di invalidità delle obbligazioni assunte in nome della società; in tal senso, si prevede la responsabilità solidale e illimitata di chi abbia assunto tali obblighi prima della costituzione della società in persona giuridica; l'inopponibilità ai terzi di nomine irregolari delle persone che hanno obbligato la società, ove siano rispettati gli obblighi pubblicitari.
Sempre nell'ottica di garantire i terzi, sono previste precise limitazioni alla disciplina delle nullità delle società. A tal fine, la direttiva prevede la costituzione della società necessariamente per atto pubblico, l'opponibilità ai terzi della nullità (che comporta la liquidazione) solo quando siano stati assolti i richiamati obblighi di pubblicità, un termine di sei mesi per l'opposizione di terzo alla pronuncia di nullità, la quale non pregiudica, comunque, i diritti del terzo per obbligazioni pregresse assunte in suo favore.
La direttiva 2009/101 abroga, quindi, la precedente direttiva 68/151/CEE, come modificata dalle direttive 2003/58/CE e 2006/99/CE.
Dal momento che la direttiva si limita a codificare la precedente normativa, essa non pone un termine di attuazione.
La direttiva 2009/102/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, in materia di diritto delle società, relativamente alle società a responsabilità limitata con un unico socio, procede, per esigenze di chiarezza e coordinamento, ad una codificazione delle disposizioni comunitarie in materia contenute nella direttiva quadro 89/667/CEE (ora abrogata) che, nel tempo, ha subito diverse e sostanziali modificazioni.
La direttiva introduce misure di coordinamento da applicare alle normative degli Stati membri aventi ad oggetto le società a responsabilità limitata; essa è

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applicabile anche alle s.p.a. negli ordinamenti che prevedono che possano avere un unico socio.
La direttiva stabilisce che una società a responsabilità limitata possa avere un socio unico all'atto della sua costituzione o in seguito alla riunione delle quote societarie in capo a un unico soggetto.
Una disciplina speciale o sanzionatoria può essere adottata dalle normative degli Stati membri quando una sola persona fisica sia socio unico di più di una società oppure quando socio unico sia una società unipersonale o altra persona giuridica.
Nel caso citato di riunione di tutte le quote in capo a un unico socio, sono tuttavia necessarie, a garanzia dei terzi, adeguate forme di pubblicità (nella specie, la pubblicazione nel registro delle imprese, di cui all'articolo 3 della direttiva 2009/101/CE o presso analogo registro tenuto dalla società ed accessibile al pubblico), anche per rendere nota l'identità del socio unico.
La direttiva specifica che i poteri del socio unico coincidono con quelli che sarebbero demandati all'assemblea nelle società pluripersonali, rendendo inoltre obbligatorio iscrivere a verbale (o redigere in forma scritta) le decisioni del socio unico nelle materie di propria competenza. Analoga forma è prescritta per i contratti tra il socio unico e la società che egli rappresenta, escluse eventualmente le operazioni correnti ordinarie.
La normativa del singolo Stato membro può anche vietare il socio unico in presenza di una disciplina interna che consenta all'imprenditore individuale di costituire imprese con responsabilità limitata ad un patrimonio destinato a specifico affare, purché detta impresa sia garantita da disciplina analoga a quella della direttiva 2009/102/CE.
Anche la direttiva 2009/102/CE, in quanto avente finalità di consolidamento e di codificazione normativa (in particolare, della direttiva 89/667/CEE, modificata dalla direttiva 2006/99/CE), non reca un termine di attuazione.
La direttiva 2009/111/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, modifica le direttive 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2007/64/CE per quanto riguarda gli enti creditizi collegati a organismi centrali, taluni elementi dei fondi propri, i grandi fidi, i meccanismi di vigilanza e la gestione delle crisi, in conformità alle conclusioni del Consiglio europeo e del Consiglio Ecofin, nonché delle iniziative internazionali - tra cui il G20 di Londra del 2 aprile 2009 - come prima misura di armonizzazione finalizzata ad ovviare alle carenze poste in evidenza dalla crisi finanziaria.
La direttiva è costituita da 5 articoli: i primi tre, rispettivamente, recano le modifiche alle direttive 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2007/64/CE, mentre l'articolo 4 fissa il termine di recepimento al 31 ottobre 2010, con applicazione a partire dal 31 dicembre 2010.
Un primo gruppo di norme della direttiva aggiorna la direttiva 2006/48/CE, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio, in relazione all'allargamento dell'Unione.
In particolare, l'articolo 1, punto 1, mantiene la previsione ai sensi della quale gli Stati membri possono prevedere regimi prudenziali speciali per gli enti creditizi collegati permanentemente a un organismo centrale, ma elimina tuttavia le condizioni e i limiti temporali richiesti in precedenza (ovvero, che tali enti fossero collegati a un organismo centrale alla data del 15 dicembre 1977, e purché detti regimi fossero stati introdotti nel diritto nazionale entro il 15 dicembre 1979).
La modifica si è resa necessaria per consentire agli Stati che hanno aderito all'Unione europea dal 1980 di introdurre o mantenere analoghi regimi prudenziali speciali per collegamenti simili di enti creditizi che sono stati creati nel loro territorio.
Con un secondo gruppo di modifiche sono recate prescrizioni volte a prevedere l'efficace coordinamento tra le autorità nazionali investite del compito di gestire le crisi, anche ai fini di attenuazione del rischio sistemico, le loro azioni con altre autorità competenti e, se necessario, con le banche centrali.

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In particolare l'articolo 1, punto 1, lettera c), aggiunge alle definizioni della direttiva 2006/48/CE quella di «autorità di vigilanza su base consolidata», con la quale si identifica l'autorità competente responsabile dell'esercizio della vigilanza su base consolidata degli enti creditizi imprese madri nell'Unione europea e degli enti creditizi controllati da società di partecipazione finanziarie madri nell'Unione europea.
Con analoghe finalità si prescrive che le autorità competenti di uno Stato membro considerino debitamente l'impatto potenziale delle loro decisioni sulla stabilità del sistema finanziario in tutti gli altri Stati membri interessati, in particolare nelle situazioni di emergenza.
L'articolo 1, punto 4, lettera c), inserisce nella direttiva 2006/48/CE due nuovi articoli 42-bis e 42-ter, con lo scopo di coordinare l'azione delle autorità nazionali competenti, mentre i punti 5 e 6 del medesimo articolo 1 apportano talune novelle volte a garantire un adeguato scambio di informazioni anche con le Banche centrali nazionali e con il Sistema Europeo di Banche Centrali - SEBC.
La direttiva interviene inoltre sulla disciplina dei requisiti di capitale degli enti creditizi, soprattutto per riguarda la composizione qualitativa dei fondi propri di base.
In particolare, l'articolo 1, punti 7 e seguenti, novella in più punti la direttiva 2006/48/CE, soprattutto modificando le regole in tema di composizione e livello minimo dei fondi propri dell'ente creditizio, al fine di includervi gli strumenti che sono considerati dalla legge nazionale come capitale proprio, hanno rango pari alle azioni ordinarie in caso di liquidazione e assorbono pienamente le perdite in situazioni normali al pari delle azioni ordinarie.
La direttiva interviene anche per evitare che l'ente abbia una concentrazione eccessiva di esposizioni verso un unico cliente o un unico gruppo di clienti collegati, in quanto tale situazione potrebbe essere considerata pregiudizievole per la solvibilità di un ente creditizio.
A tal fine l'articolo 1, punti da 13 a 18, introduce rilevanti modifiche alla disciplina delle esposizioni e, in particolare, prescrive più severe condizioni per l'attività delle agenzie esterne di valutazione del merito di credito - ECAI (requisiti di obiettività, indipendenza, revisione continua e trasparenza), al fine di rendere la disciplina coerente con il regolamento (CE) n. 1060/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009, relativo alle agenzie di rating del credito.
La direttiva interviene altresì per armonizzare le norme in materia di vigilanza e di controllo dei grandi fidi degli enti creditizi, allo scopo di ridurre l'onere amministrativo a carico degli enti creditizi e di evitare eccessive esposizioni di rischio verso il medesimo cliente, si dispone la riduzione del numero di opzioni offerte agli Stati membri per quanto riguarda i grandi fidi.
Oltre ad aumentare le operazioni che non costituiscono fidi, si dispone che il comitato delle autorità europee di vigilanza bancaria formuli orientamenti ai fini di una maggiore convergenza delle prassi di vigilanza; si modificano i criteri da utilizzare per la determinazione dell'esistenza di gruppi di clienti collegati e, dunque, di esposizioni che costituiscono un rischio unico: si impone di tenere conto anche dei rischi derivanti da una fonte comune di ingente finanziamento fornito dall'ente creditizio stesso o dall'impresa di investimento stessa, dal suo gruppo finanziario o dalle sue parti collegate.
Sotto il profilo delle cartolarizzazioni, alla luce delle problematiche emerse in sede internazionale riguardo alla crisi finanziaria, la direttiva raccomanda l'eliminazione del disallineamento tra l'interesse delle imprese che «confezionano» i prestiti in titoli scambiabili e altri strumenti finanziari (cedenti o promotori) e quello delle imprese che investono in questi titoli o strumenti (investitori), sottolineando altresì l'importanza che gli interessi dei cedenti o dei promotori siano allineati a quelli degli investitori e che dunque i cedenti o i promotori mantengano l'esposizione al rischio dei prestiti in questione.

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A tal fine è inserito nella direttiva 2006/48/CE un nuovo articolo 122-bis, il quale dispone, tra l'altro, che l'ente creditizio che non agisce in qualità di cedente, promotore o prestatore originario sia esposto al rischio di credito di una posizione inerente a cartolarizzazione inclusa nel suo portafoglio di negoziazione o fuori portafoglio di negoziazione solo se il cedente, il promotore o il prestatore originario ha esplicitamente comunicato all'ente creditizio che manterrà, in modo permanente, un interesse economico netto - come definito e disciplinato dal nuovo articolo - rilevante che, in ogni caso, non è inferiore al 5 per cento.
È prevista una disciplina specifica nel caso di enti creditizi - imprese madri nell'Unione europea o di società di partecipazione finanziaria comunitarie, o società controllate che procedono, in qualità di cedenti o promotori, alla cartolarizzazione di esposizioni di vari enti creditizi, imprese di investimento o altri enti finanziari che rientrino nell'ambito della vigilanza su base consolidata, dalla quale sono peraltro escluse le esposizioni cartolarizzate costituite da crediti o crediti potenziali verso o garantiti integralmente, incondizionatamente o irrevocabilmente da specifici soggetti (tra cui le amministrazioni centrali o le banche centrali, le amministrazioni regionali, autorità locali ed enti del settore pubblico degli Stati membri).
Inoltre gli enti creditizi che non agiscono in qualità di cedenti, promotori o prestatori originari, mettono in atto procedure formali adeguate alle posizioni detenute nel loro portafoglio di negoziazione e fuori di esso e commisurate al profilo di rischio dei loro investimenti in posizioni cartolarizzate, per monitorare su base continuativa e in maniera tempestiva le informazioni relative alla prestazione delle esposizioni sottostanti le loro posizioni inerenti a cartolarizzazione. Sono altresì previsti specifici obblighi di comunicazione in capo alle autorità competenti relativamente alle suddette operazioni di cartolarizzazione.
La direttiva raccomanda in proposito che le autorità competenti a livello nazionale dispongano di personale e risorse sufficienti per adempiere agli obblighi di vigilanza loro incombenti ai sensi della direttiva 2006/48/CE e che i dipendenti impegnati nella vigilanza degli enti creditizi ai sensi di tale direttiva dispongano delle conoscenze e dell'esperienza adeguate ai compiti loro assegnati.
La direttiva 2009/138/CEdel Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, concerne l'accesso alle attività di assicurazione e riassicurazione ed il loro esercizio, fissando le condizioni cui le imprese devono conformarsi per ottenere l'autorizzazione ad operare a livello comunitario, nonché rafforzando le norme in materia di vigilanza.
La direttiva contiene, al Titolo I, disposizioni riguardanti i requisiti di accesso alle attività oggetto della direttiva nel territorio UE; reca, al Titolo II, norme specifiche, di natura sostanziale per l'assicurazione e riassicurazione; rafforza, al Titolo III, la vigilanza nel caso di gruppi assicurativi e riassicurativi; dispone, al Titolo IV, in merito al risanamento e alle liquidazione delle imprese di assicurazione diretta; reca, ai Titoli V e VI, altre disposizioni e norme transitorie e finali.
La normativa europea fissa le condizioni cui le imprese devono conformarsi per ottenere l'autorizzazione ad operare a livello UE, tra cui la soglia minima di fondi propri necessaria a coprire, in prospettiva, il requisito patrimoniale di solvibilità e i requisiti di governance.
Per quanto riguarda l'assicurazione vita, ai sensi dell'articolo 2 la direttiva si applica ai contratti del ramo vita (incluse le assicurazioni per i casi di vita e di morte e miste, le assicurazioni vita con controassicurazione e quelle di nuzialità e di natalità). Si applica inoltre alle assicurazioni di rendita e a quelle complementari, alle operazioni di gestione di fondi collettivi di pensione e a quelle dipendenti dalla durata della vita umana. In ordine all'assicurazione non vita, la direttiva si applica alle attività assicurative relative agli infortuni (compresi gli infortuni sul

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lavoro e le malattie professionali), alla malattia, ai danni subiti da veicoli terrestri, ferroviari, aerei e di navigazione e alla responsabilità civile legata agli stessi, alle merci trasportate (compresi merci, bagagli e ogni altro bene), agli incendi ed altri elementi naturali, alla responsabilità civile generale, al credito (insolvibilità generale, credito all'esportazione, vendita a rate, credito ipotecario e credito agricolo), alle cauzioni, alle perdite pecuniarie di vario genere (rischi relativi all'occupazione o insufficienza di entrate, ad esempio), alla tutela giudiziaria e all'assistenza alle persone in difficoltà.
La normativa europea non trova applicazione - tra l'altro - nei confronti di imprese aventi le seguenti caratteristiche, elencate all'articolo 4: incasso annuo di premi lordi contabilizzati non superiore a 5 milioni di euro; totale delle riserve tecniche, al lordo degli importi recuperabili dai contratti di riassicurazione e dalle società veicolo, non superiore a 25 milioni di euro; totale delle riserve tecniche del gruppo, al lordo degli importi recuperabili dai contratti di riassicurazione e dalle società veicolo, non superiore a 25 milioni di euro; svolgimento di attività che non comprendono operazioni di assicurazione o riassicurazione volte a coprire passività e rischi di credito e cauzione, a meno che non costituiscano rischi accessori; svolgimento di attività che non comprendono operazioni di riassicurazione superiori a 0,5 milioni di euro dell'incasso annuo di premi lordi contabilizzati o 2,5 milioni di euro delle riserve tecniche, al lordo degli importi recuperabili dai contratti di riassicurazione e dalle società veicolo, ovvero superiori al 10 per cento dell'incasso annuo di premi lordi contabilizzati o al 10 per cento delle riserve tecniche al lordo degli importi recuperabili dai contratti di riassicurazione e dalle società veicolo.
Ove uno di tali importi sia superato per tre anni consecutivi, la direttiva si applica a partire dal quarto anno.
Ai sensi dell'articolo 7 la direttiva non riguarda le imprese mutue che svolgono attività di assicurazione non vita e che hanno concluso con altre imprese mutue una convenzione che prevede la riassicurazione integrale dei contratti assicurativi da esse sottoscritti, ovvero la sostituzione dell'impresa cessionaria all'impresa cedente per l'esecuzione degli impegni risultanti da tali contratti. Le norme non si applicano nemmeno, ai sensi dell'articolo 11, all'attività riassicurativa svolta o pienamente garantita dal governo di uno Stato membro che agisca, per motivi di interesse pubblico sostanziale, in qualità di riassicuratore di ultima istanza.
L'accesso all'attività di assicurazione diretta o di riassicurazione è subordinato alla concessione di un'autorizzazione preliminare da richiedere alle autorità di vigilanza dello Stato membro di origine (articolo 14), valida per tutta la Comunità (articolo 15). Tra le condizioni necessarie per ottenere la suddetta autorizzazione, gli articoli 17 e 18 prevedono requisiti di forma e condizioni sostanziali, tra cui: la necessità che le imprese da autorizzare detengano i fondi propri di base ammissibili necessari per coprire il minimo assoluto del requisito patrimoniale minimo; l'obbligo per le imprese di dimostrare che saranno in grado di detenere i fondi propri ammissibili necessari per coprire, in prospettiva, il requisito patrimoniale di solvibilità e il requisito patrimoniale minimo; l'obbligo per le imprese di fornire informazioni sulla struttura del sistema di governance e di presentare un programma di attività.
Ai sensi dell'articolo 24 le autorità di vigilanza dello Stato membro di origine non possono concedere l'autorizzazione a intraprendere l'attività assicurativa o riassicurativa a un'impresa se non hanno prima ottenuto notizia dell'identità degli azionisti o dei soci che vi detengono una partecipazione qualificata, nonché dell'entità di tale partecipazione.
L'articolo 100 della direttiva impone agli Stati membri di prescrivere che le imprese di assicurazione e di riassicurazione detengano fondi propri ammissibili tali da coprire il requisito patrimoniale di solvibilità.
Tale requisito è calcolato, all'inizio, con una formula standard prevista dall'articolo

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103, che è pari alla somma dei seguenti elementi: a) il requisito patrimoniale di solvibilità di base di cui all'articolo 104; b) il requisito patrimoniale per il rischio operativo di cui all'articolo 107; c) l'aggiustamento per la capacità di assorbimento di perdite delle riserve tecniche e delle imposte differite di cui all'articolo 108.
Ai sensi dell'articolo 101 il requisito patrimoniale di solvibilità deve essere calibrato in modo da garantire che siano presi in considerazione tutti i rischi quantificabili cui è esposta un'impresa e deve sia l'attività esistente sia quelle che si prevedono di attivare nell'anno successivo. Ove il livello del requisito scenda al di sotto del livello calcolato, si prescrive un intervento delle autorità di vigilanza, che può portare a una richiesta di maggiorazione del capitale.
Gli Stati membri sono obbligati a esigere che le imprese di assicurazione e di riassicurazione detengano fondi propri di base ammissibili tali da coprire il requisito patrimoniale minimo di cui all'articolo 128, da calcolare in modo chiaro e semplice, al fine di garantire la possibilità di una revisione. Il requisito patrimoniale deve corrispondere, in base all'articolo 129, a un importo di fondi propri di base ammissibili al di sotto del quale i contraenti e i beneficiari sarebbero esposti ad un livello di rischio inaccettabile qualora all'impresa di assicurazione o di riassicurazione fosse consentito.
L'articolo 29 della direttiva reca i principi generali dell'attività di vigilanza: essa è basata su metodo prospettico e orientato al rischio, e includere la verifica continua del corretto esercizio dell'attività di assicurazione o di riassicurazione e dell'osservanza delle disposizioni di vigilanza da parte delle imprese L'attività di vigilanza risulta dalla combinazione di attività cartolari e ispezioni in loco: è fatto obbligo agli Stati membri di garantire che i requisiti stabiliti nella direttiva siano applicati in modo proporzionato alla natura, alla complessità e alla portata dei rischi inerenti all'attività di un'impresa di assicurazione o di riassicurazione.
La vigilanza finanziaria comprende, ai sensi dell'articolo 30, la verifica, per l'insieme delle attività dell'impresa di assicurazione o di riassicurazione, dello stato di solvibilità dell'impresa, della costituzione di riserve tecniche, delle sue attività e dei fondi propri ammissibili, conformemente alle norme o prassi stabilite nello Stato membro di origine a norma delle disposizioni adottate a livello comunitario. Gli Stati membri garantiscono, secondo l'articolo 34, che le autorità di vigilanza abbiano il potere di adottare misure preventive e correttive per assicurare che le imprese di assicurazione e di riassicurazione rispettino le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative.
Nell'interesse del funzionamento corretto del mercato interno, la direttiva pone una regolamentazione anche della vigilanza dei gruppi assicurativi: essa dovrebbe applicarsi in ogni caso a livello dell'impresa partecipante ultima che abbia la propria sede nella Comunità.
La direttiva è entrata in vigore il 6 gennaio 2010, salvo che per le disposizioni recate dall'articolo 311, le quali si applicano a partire dal 1o novembre 2012.
Gli Stati membri attuano le disposizioni elencate in dettaglio dall'articolo 309 entro il 31 ottobre 2012.
Si riserva quindi di formulare una proposta di relazione all'esito del dibattito.

Gianfranco CONTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.10.

AUDIZIONI INFORMALI

Giovedì 11 febbraio 2010.

Audizione del Direttore generale di Confindustria sulle problematiche relative all'applicazione dell'Accordo di Basilea 2.

L'audizione informale è stata svolta dalle 14.10 alle 15.15.

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AUDIZIONI

Giovedì 11 febbraio 2010. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE.

La seduta comincia alle 15.30.

Audizione del Presidente dell'ISVAP sulle problematiche del settore assicurativo, con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno.
(Svolgimento, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, e conclusione).

Gianfranco CONTE, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta, è assicurata, oltre che mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche attraverso l'attivazione della trasmissione televisiva tramite il canale satellitare della Camera dei deputati.
Introduce quindi l'audizione.

Giancarlo GIANNINI, Presidente dell'ISVAP, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

Svolgono considerazioni e pongono quesiti Francesco BARBATO (IdV), Sergio Antonio D'ANTONI (PD), Alessandro PAGANO (PdL), Ivano STRIZZOLO (PD), e Gianfranco CONTE, presidente, ai quali risponde Giancarlo GIANNINI, Presidente dell'ISVAP.

Gianfranco CONTE, presidente, ringrazia il Presidente Giannini e dichiara conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 17.10.

N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.