CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 11 febbraio 2010
282.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 11 febbraio 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO.

La seduta comincia alle 12.20.

Sui lavori della Commissione.

Giulia BONGIORNO, presidente, rileva con rammarico che, come spesso accade per le sedute del giovedì, si registra una scarsissima presenza di deputati, essendo al momento presenti unicamente due deputati. Un'altrettanto scarsa presenza di deputati si registra frequentemente in occasione delle audizioni svolte dalla Commissione. Il che, oltre a costituire una mancanza di rispetto nei confronti dei soggetti auditi, appare particolarmente inaccettabile quando ad essere assenti sono i relatori dei provvedimenti in ordine ai quali sono state disposte le audizioni o gli stessi commissari che hanno richiesto le audizioni. Avverte pertanto che la questione sarà affrontata nell'ambito del prossimo Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Cinzia CAPANO (PD) precisa che i commissari appartenenti al gruppo del Partito democratico hanno sempre presenziato alle attività della Commissione, partecipando assiduamente anche alle audizioni. Rileva pertanto la necessità di responsabilizzare in tal senso soprattutto i colleghi della maggioranza.

Disposizioni per la promozione del diritto alla formazione e allo sviluppo professionale.
C. 1079 Bobba ed abb.
(Parere alla XI Commissione).
(Esame e conclusione - Nulla osta).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Fulvio FOLLEGOT (LNP), relatore, osserva che il testo unificato in esame reca

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norme volte al riconoscimento ed alla promozione del diritto alla formazione e allo sviluppo professionale. Allo scopo, esso attribuisce una delega al Governo, individuando una serie ampia ed articolata di principi e criteri direttivi.
L'articolo 1 attribuisce una delega al Governo per l'adozione, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di uno o più decreti legislativi recanti, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, norme finalizzate a riconoscere e disciplinare il diritto dei lavoratori all'apprendimento e alla formazione. Sulla base dei principi e criteri direttivi previsti per l'esercizio della delega, i decreti delegati dovranno, in particolare, riordinare, estendere e armonizzare i permessi riconosciuti ai lavoratori per l'esercizio del diritto allo studio; promuovere scambi di esperienze tra istituzioni formative e luoghi di lavoro; coordinare le banche dati esistenti al fine di facilitare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro; dettare norme volte all'ulteriore attuazione ed al monitoraggio degli effetti delle disposizioni, di cui all'articolo 19 del decreto-legge n. 185/2008, concernenti l'obbligo di condizionare l'erogazione dei trattamenti di cassa integrazione straordinaria e di mobilità alla partecipazione a programmi di formazione e di riconversione professionale coerenti con le esigenze dei processi produttivi; facilitare i percorsi formativi e l'occupabilità dei lavoratori; promuovere il reinserimento dei disoccupati di lunga durata e delle donne uscite dal mercato del lavoro; sperimentare iniziative di formazione professionale e di apprendimento a favore dei lavoratori stagionali e intermittenti; istituire un piano triennale di azione nazionale per la formazione professionale continua.
L'articolo 2 definisce la procedura per l'adozione dei decreti legislativi, prevedendo che essi siano deliberati dal Consiglio dei Ministri sentite la Conferenza unificata e le organizzazioni maggiormente rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro, e successivamente sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Non ravvisando particolari problematiche rientranti specificamente negli ambiti di competenza della Commissione Giustizia, propone di esprimere nulla osta all'ulteriore corso dell'esame del provvedimento.

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 12.30.

SEDE REFERENTE

Giovedì 11 febbraio 2010. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO.

La seduta comincia alle 12.30.

Riconoscimento figli naturali.
C. 2519 Mussolini.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 9 febbraio 2010.

Cinzia CAPANO (PD) ritiene che sul provvedimento in esame si possa raggiungere un'ampia convergenza, anche se, a suo parere, esso contiene un approccio solo parziale al problema. La materia in esame, infatti, è molto complessa e caratterizzata da norme che in parte si contraddicono. Rileva infatti come nel codice civile le norme che tutelano l'inserimento del minore nella famiglia a volte siano contraddette da ulteriori norme del codice medesimo. Sottolinea inoltre come l'intervento proposto dall'onorevole Mussolini con la proposta di legge n. 2519 sull'articolo 253 del codice civile sia incompleto se non affiancato da un intervento che riguardi anche l'articolo 263 del codice civile. A suo parere la soluzione ottimale sarebbe l'abrogazione della predetta norma o, quanto meno, l'eliminazione del secondo comma. Ulteriore soluzione potrebbe essere quella di rimodulare l'impugnazione

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del riconoscimento del figlio naturale, limitando la legittimazione attiva a pochi soggetti determinati ed escludendo che la relativa azione sia imprescrittibile.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Accesso dell'adottato alle informazioni sulla propria origine e sull'identità dei genitori biologici.
C. 2919 Paniz.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giulia BONGIORNO, presidente e relatore, osserva che la proposta di legge in esame interviene su un tema estremamente delicato quale quello dell'interesse del figlio adottato ad avere informazioni sulla propria origine nel caso in cui la madre naturale abbia manifestato la volontà di non essere nominata nella dichiarazione di nascita. Si tratta di un tema che vede entrare in conflitto due interessi entrambi meritevoli di tutela. Da un lato vi è un figlio che vuole conoscere le proprie origini naturali, in sostanza vuole sapere chi è veramente; dall'altro, vi è una madre che fatto una scelta dolorosa ma che, molto probabilmente, proprio perché ha dovuto fare questa dolorosa scelta di tagliare ogni legame con il proprio figlio ha deciso di portare a termine la gravidanza, partorendo in strutture ospedaliere e non abbandonando poi (come invece avviene in alcuni casi) il bambino.
Il compito non facile del legislatore è di trovare un contemperamento tra questi due interessi. La normativa vigente disciplina la materia dando prevalenza all'interesse della madre prevedendo alcuni contemperamenti. Nel sistema attuale, infatti, gli adottati, anche se venticinquenni, devono chiedere l'autorizzazione del tribunale per i minorenni per avere informazioni sulla loro origine e gli adottati figli di genitori che hanno dichiarato di non voler essere nominati non possono sapere nulla prima che siano passati cento anni. È anche intervenuta la Corte costituzionale confermando la legittimità della scelta fatta dal legislatore. Con la proposta di legge in esame si intende spostare il bilanciamento degli interessi verso quello del figlio naturale lasciando comunque una serie di garanzie a favore della riservatezza della madre naturale.
Per meglio inquadrare il tema che stiamo affrontando è opportuno fare un breve accenno alla normativa attuale.
La disciplina originaria delle adozioni, contenuta nella legge del 1983, prevedeva il segreto sulle origini del minore adottato, con la ratio di operare lo sradicamento dalla famiglia di origine, al fine di consentire all'adottato di costruire ex novo legami affettivi, senza ingerenze esterne, con la famiglia adottiva. Questa scelta fatta nel 1983 è stata mitigata nel 2001, dopo che nel 1991 l'Italia ha ratificato la Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989. L'articolo 7 di detta Convenzione prevede infatti che «il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i genitori». La possibilità di conoscere le proprie origini diviene quindi espressione della realizzazione di un più ampio diritto della personalità, il diritto all'identità personale.
La legge 28 marzo 2001, n. 149, quindi, modificando l'articolo 28 della legge n. 184 del 1983, ha introdotto nell'ordinamento interno il diritto di conoscere la propria condizione di figlio adottivo e le proprie origini biologiche. È consentito l'accesso dei genitori adottivi alle informazioni relative all'identità dei genitori biologici quando l'adottato è ancora minorenne e previa autorizzazione del tribunale per i minorenni se ricorrono gravi e comprovati motivi. In presenza di alcuni requisiti, l'accesso dell'adottato maggiorenne alle informazioni relative all'identità dei genitori biologici.
In merito, il legislatore ha dettato una disciplina differenziata in funzione dell'età:

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infatti, in base al comma 5, solo con il raggiungimento del venticinquesimo anno si acquista pienamente la possibilità di conoscere le proprie origini. Fino a tale momento, l'adottato maggiorenne può chiedere le informazioni sull'identità dei propri genitori solo «se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla salute psicofisica». In entrambi i casi, l'accesso alle informazioni deve essere autorizzato dal tribunale, nel rispetto dell'iter delineato dal comma 6 (audizione di persone delle quali il tribunale ritiene utile l'ascolto e assunzione di informazioni di carattere sociale e psicologico necessarie ad evitare che l'accesso alle notizie comporti «grave turbamento all'equilibrio psico-fisico del richiedente»). Dunque, allo stato attuale, l'adottato, anche se adulto, non ha un diritto incondizionato a conoscere le proprie origini.
Vi è poi la previsione, che a noi ora interessa particolarmente, che l'accesso alle informazioni è sempre precluso quando la madre naturale abbia manifestato la volontà di non essere nominata nella dichiarazione di nascita (comma 7, come modificato dall'articolo 177 del Codice della privacy (decreto legislativo n. 196 del 2003). La facoltà della madre di non riconoscere il figlio alla nascita è prevista dall'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000 (Regolamento dello stato civile), mentre l'effettività del segreto così disciplinato è garantita da tutta una serie di altre norme poste a suo corollario, come ad esempio l'articolo 93 del Codice della privacy (decreto legislativo n. 196 del 2003) che, nel caso in cui sia stata fatta la dichiarazione di non menzione, impone per il rilascio del certificato di assistenza al parto o della cartella clinica, particolari cautele volte a impedire che la madre possa essere identificata. Lo stesso articolo 93 protegge temporalmente il diritto della madre al segreto sulle proprie generalità fino a cento anni dalla formazione del certificato di assistenza al parto.
L'accesso alle informazioni è sempre consentito al maggiorenne, senza alcun intervento da parte del Tribunale per i minorenni, quando i genitori adottivi sono deceduti o divenuti irreperibili (comma 8).
Come ho ricordato, in questa materia è intervenuta la Corte Costituzionale. Con la sentenza n. 425 del 2005, ha, infatti, dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del sopra richiamato articolo 28, comma 7, che preclude l'accesso alle informazioni quando la madre naturale abbia manifestato la volontà di non essere nominata nella dichiarazione di nascita. Secondo il giudice remittente, in particolare, tale disposizione viola l'articolo 2 della Costituzione, in quanto essa farebbe prevalere in ogni caso l'interesse della madre naturale all'anonimato sul diritto inviolabile del figlio all'identità personale. Si chiedeva quindi una sentenza additiva che dichiarasse la norma costituzionalmente illegittima nella parte in cui, ove la madre naturale abbia manifestato la volontà di non essere nominata, non condiziona il divieto per l'adottato di accedere alle informazioni sulle origini alla previa verifica, da parte del giudice, dell'attuale persistenza di quella volontà.
La Corte ha escluso un contrasto della disposizione con l'articolo 2 della Costituzione, in quanto la normativa vigente sarebbe «espressione di una ragionevole valutazione comparativa dei diritti inviolabili dei soggetti della vicenda». Secondo la Corte, la disposizione ha la duplice finalità di «assicurare che il parto avvenga in condizioni ottimali, sia per la madre che per il figlio» e di «distogliere la donna da decisioni irreparabili, per quest'ultimo ben più gravi». La Corte aggiunge che «la scelta della gestante in difficoltà che la legge vuole favorire - per proteggere tanto lei quanto il nascituro - sarebbe resa oltremodo difficile se la decisione di partorire in una struttura medica adeguata, rimanendo anonima, potesse comportare per la donna, in base alla stessa norma, il rischio di essere, in un imprecisato futuro e su richiesta di un figlio mai conosciuto e già adulto, interpellata dall'autorità giudiziaria per decidere se confermare o revocare quella lontana dichiarazione di volontà».

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La presente proposta di legge, invece, prevede che, nei casi normali, a venticinque anni di età si possano comunque avere notizie sulle proprie origini, senza necessità di procedere giudizialmente e che, in caso di madre che non voglia essere nominata, il figlio, fino al quarantesimo anno di età, possa interpellarla per ottenere il suo consenso e, dopo tale età, possa comunque avere diritto ad avere le informazioni richieste. Nella relazione di accompagnamento si legge che «In tal modo la durata del segreto, che gli adottati vivono come una grave menomazione del loro diritto all'identità personale, viene ridotta da cento a quaranta anni, così da tutelare anche le ragioni della madre che, alla nascita, abbia chiesto di non essere nominata».
La proposta di legge, più in particolare, modifica i commi da 5 a 8 dell'articolo 28 ed aggiunge i commi 8-bis e 8-ter allo stesso. L' adottato che ha compiuto 40 anni ha pieno diritto a ricevere ogni informazione in ordine alla sua origine e all'identità dei suoi genitori biologici (comma 8-ter), senza autorizzazione del giudice.
L'adottato che ha compiuto 25 anni ha un diritto, non pieno, a ricevere ogni informazione in ordine alla sua origine e all'identità dei suoi genitori biologici (comma 5), senza autorizzazione del giudice. Conseguentemente, la proposta prevede che chiunque (ente o istituzione, pubblica o privata) sia in possesso di informazioni, debba, ove richiesto, comunicarle all'interessato. A tale regola è posta un'eccezione (nuovo comma 8) per l'ipotesi in cui l'adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale, ovvero anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di non voler essere nominato. In tali casi l'adottato che ha compiuto i 25 anni deve comunque rivolgersi al tribunale per i minorenni che potrà consentire l'accesso alle sole informazioni di carattere sanitario, se sussistono ragioni legate alla salute psico-fisica del richiedente. Potrà consentire l'accesso a tutte le informazioni sulle origini dell'adottato dopo aver appurato che i genitori biologici sono deceduti, risultano irreperibili, oppure hanno fornito il loro consenso.
Per l'adottato maggiorenne che non ha compiuto 25 anni la proposta non innova rispetto alla normativa vigente in ordine alla previsione secondo cui l'adottato può chiedere al Tribunale per i minorenni l'autorizzazione a conoscere le informazioni sulla sua origine purché queste siano necessarie in relazione a «gravi e comprovati motivi» attinenti alla sua salute psico-fisica (comma 6). La proposta di legge con riferimento all'adottato maggiorenne che non ha raggiunto 25 anni fa venir meno la possibilità prevista dal testo attuale del comma 8 di accedere alle informazioni sulle sue origini nel caso in cui i genitori adottivi siano deceduti o divenuti irreperibili. Inoltre, non disciplina esplicitamente il caso in cui l'adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale, ovvero uno dei genitori biologici abbia dichiarato di non voler essere nominato (il comma 8, infatti, richiamando il comma 5, si riferisce solo all'ipotesi di adottato che abbia compiuto i 25 anni).
Inoltre la procedura presso il tribunale per i minorenni, attualmente delineata dal comma 6, si applica all'ipotesi di richiesta di informazioni per motivi di salute da parte del maggiorenne (nuovo comma 7) e all'ipotesi l'adottato non riconosciuto alla nascita. Il diritto a conoscere le proprie origini non modifica gli effetti dell'adozione, primo fra tutti la cessazione dei «rapporti dell'adottato verso la famiglia d'origine, salvi i divieti matrimoniali», come affermato dall'articolo 27 della legge n. 184 del 1983 (comma 8-bis).
In conclusione, sarà un arduo compito. Occorre verificare quanto sia possibile spostare il bilanciamento degli interessi a favore di quello del figlio adottato senza pregiudicare non solo il diritto all'anonimato della madre naturale che abbia deciso di esercitare tale diritto al momento del parto, ma anche la ratio della norma che riconosce questo diritto. Tale norma da un lato è diretta a riconoscere un diritto alla riservatezza della madre che è

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riconducibile all'articolo 2 della Costituzione, dall'altro ha una finalità di prevenzione rispetto a quello che in alcuni momenti è sembrato divenire un drammatico e tragico fenomeno che con una certa frequenza veniva riportato dai media. Si riferisce all'abbandono di bambini appena nati, che in tanti casi andava a tramutarsi in un vero e proprio infanticidio, quando tale scelta criminale non era a monte risolta prendendo la strada dell'aborto clandestino. Il diritto all'anonimato è una scelta che viene offerta a quelle donne che per le più disparate ragioni personali non possono mantenere alcun legame con il figlio che hanno in grembo. La possibilità di optare per tale dolorosa scelta riduce fortemente il rischio di scelte ancora più drammatiche che possono portare all'abbandono del bambino.

Cinzia CAPANO (PD) evidenzia come la modifica del bilanciamento di interessi che si vuole produrre con il provvedimento in esame non possa limitarsi alla disciplina dell'adozione ma debba coinvolgere anche la disciplina del riconoscimento dei figli naturali. Ritiene altresì necessario tenere presente che l'obiettivo che si pone il provvedimento non potrà essere raggiunto se non facendo uscire dall'anonimato la madre naturale. Il che tuttavia potrebbe disincentivare il ricorso all'adozione, modificare lo stesso approccio psicologico nei confronti dell'adozione e produrre un aumento delle pratiche abortive. Con particolare riferimento alle madri immigrate, sarà necessario evitare che le modifiche alla disciplina possano condurre ad un aumento delle nascite clandestine. Condivide pienamente, pertanto, le osservazioni del relatore che è consapevole del fatto che la ricerca di un nuovo bilanciamento di interessi certamente non sarà semplice.
Sottolinea infine come l'estrema delicatezza della materia renda indispensabile predisporre un ciclo di audizioni. In particolare, ritiene necessario audire i rappresentanti di quelle associazioni che operano quotidianamente nel settore delle adozioni.

Lorenzo RIA (UdC) rileva come nel tempo il rapporto fra adottato e famiglia adottiva sia profondamente cambiato e come si registri una sempre maggiore tendenza a far conoscere al minore le proprie origini biologiche. Correlativamente cresce la volontà dell'adottato di ricercare la propria identità personale. I tempi sembrano quindi maturi per modificare il bilanciamento tra l'interesse del figlio a scoprire la sua origine biologica e l'interesse della madre all'anonimato. Condivide quanto osservato dall'onorevole Capano in ordine alla necessità di disporre un ciclo di audizioni.

Giulia BONGIORNO, presidente, sottolinea come di fronte ad una materia complessa e peculiare come quella in esame, le audizioni appaiano assolutamente necessarie per acquisire le esperienze degli operatori del settore in ordine alle concrete dinamiche tra adottato, famiglia adottiva e famiglia biologica. Invita quindi i commissari a fornire le indicazioni sui soggetti che potrebbero essere auditi nel corso del prossimo Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Misure contro la durata indeterminata dei processi.
C. 3137, approvata dal Senato.

Disposizioni in materia di separazione giudiziale tra i coniugi.
C. 749 Paniz, C. 1556 De Angelis e C. 2325 Amici.