CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 17 dicembre 2009
265.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 17 dicembre 2009. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati.

La seduta comincia alle 10.10

Norme in materia di cittadinanza.
C. 103 Angeli ed abb.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazione).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Maurizio SCELLI (PdL), relatore, prima di illustrare il testo fa una precisazione che ritiene superflua sotto il profilo regolamentare, ma utile quando si esamina in sede consultiva un provvedimento che tocca temi importanti che possono essere anche occasione di forte contrapposizione politica.
In particolare, ricorda che la Commissione Giustizia è chiamata ad esprimersi

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non sulla disciplina della cittadinanza risultante dal testo in esame, ma sulle questioni inerenti alle materia di propria competenza che emergono da tale testo. Nel caso in esame, la competenza della Commissione si incentra sulla lettera e) del comma 1 dell'articolo 9-bis, introdotto nella legge n. 91 del 1992 dall'articolo 3 del testo, nella parte in cui vengono richiamati i carichi penali pendenti. Le parti restanti del provvedimento non sono di competenza di questa commissione. Comunque, per meglio collocare la norma di competenza della Commissione giustizia, ritiene utile l'illustrazione dell'intero testo.
Osserva quindi come l'articolo 1, che sostituisce il comma 2 dell'articolo 4 della legge n. 91 del 1992, consenta l'acquisto della cittadinanza italiana allo straniero nato in Italia che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni sino al raggiungimento della maggiore età e che abbia frequentato con profitto scuole riconosciute dallo Stato italiano, almeno sino all'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, previa dichiarazione in tal senso da presentare entro un anno dal raggiungimento della maggiore età. Rispetto al testo attualmente vigente la nuova formulazione subordina l'acquisto della cittadinanza anche all'assolvimento degli obblighi scolastici.
L'articolo 2 modifica l'articolo 9 della già citata legge n. 91 del 1992, in materia di concessione della cittadinanza italiana con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno.
In particolare, viene sostituita la lettera f) del comma 1 del predetto articolo 9, la quale prevede che la cittadinanza sia concessa allo straniero che risiede legalmente e stabilmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica, subordinando tale concessione allo svolgimento del percorso di cittadinanza indicato dall'articolo 9-bis della stessa legge n. 91, introdotto dall'articolo 3 del provvedimento. La novità è data dalla previsione della stabilità della residenza e dello svolgimento del percorso di cittadinanza.
L'articolo 3 introduce un nuovo articolo 9-bis nella legge n. 91 del 1992, con il quale si delinea il percorso cui è subordinata l'acquisizione della cittadinanza da parte dello straniero residente da almeno dieci anni nel territorio italiano. Nel dettaglio, il comma 1 indica i requisiti cui è condizionata l'acquisizione della cittadinanza.
Il primo requisito è il possesso del permesso di soggiorno della Comunità europea per soggiornanti di lungo periodo. Si ricorda che questo può essere ottenuto dallo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno e che abbia certi requisiti. Occorre inoltre la frequentazione di un corso, della durata di un anno, finalizzato all'approfondimento della conoscenza della storia e della cultura italiana ed europea, dell'educazione civica e dei principi della Costituzione italiana, propedeutico alla verifica del percorso di cittadinanza.
Occorre poi per lo straniero un effettivo grado di integrazione sociale ed al rispetto, anche in ambito familiare, delle leggi dello Stato e dei principi fondamentali della Costituzione. Si prevede che debba aver rispettato gli obblighi fiscali.
La lettera e) del comma 1 stabilisce espressamente che l'acquisizione della cittadinanza è subordinata anche «al mantenimento dei requisiti di reddito, alloggio e assenza di carichi pendenti necessari per ottenere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo». Ricorda che i «carichi pendenti» stanno ad indicare le pendenze penali a carico dell'interessato, cioè i procedimenti nei quali l'interessato ha assunto la qualità di imputato. A tale proposito ritiene necessarie due riflessioni. Una relativa alla formulazione della lettera e), l'altra di merito.
Per quanto attiene alla prima riflessione, la formulazione del testo potrebbe apparire poco chiara, in quanto sembrerebbe far ritenere che l'assenza dei carichi penali sia una condizione per ottenere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. In realtà per ottenere tale permesso non occorre dimostrare l'assenza di carichi pendenti né la sopravvenienza di tali carichi determina una revoca del permesso.

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La seconda riflessione è invece di merito. Appare incongruo, se non addirittura incostituzionale, condizionare la concessione della cittadinanza alla condizione che nei confronti dello straniero richiedente non sussistano carichi penali pendenti, considerato che sarebbe pertanto sufficiente il mero rinvio a giudizio, che di per sé non implica alcuna presunzione di colpevolezza, per non concedere la cittadinanza. Inoltre, il testo non limita tale condizione ai reati più gravi, come ad esempio quelli richiamati dall'articolo 9 del testo unico sull'immigrazione, che si riferisce (in riferimento a sentenze di condanna non definitive) ai reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale nonché, limitatamente ai delitti non colposi, previsti dall'articolo 381 del medesimo codice.
Sarebbe pertanto opportuno riformulare in tal senso la lettera e): «all'assenza di carichi pendenti ed al mantenimento dei requisiti di reddito, alloggio e necessari per ottenere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286».
In tale contesto, il comma 2 specifica che l'accesso al predetto corso è consentito allo straniero che risiede nel territorio della Repubblica da almeno otto anni, su sua richiesta, mentre il comma 3 stabilisce che il procedimento amministrativo relativo al percorso di cittadinanza deve concludersi entro e non oltre due anni dalla presentazione della richiesta di iscrizione al corso stesso, e comunque non prima del compimento del decimo anno di residenza legale nel territorio della Repubblica.
Il comma 4 prevede che il Governo attui con il concorso delle regioni iniziative ed attività finalizzate a sostenere il processo di integrazione linguistica, culturale e sociale dello straniero, cui lo stesso è tenuto a partecipare.
Il comma 5 rinvia ad un regolamento di attuazione la disciplina delle modalità di svolgimento del percorso di cittadinanza, delle modalità di organizzazione ed espletamento del corso, i casi di esonero dalla stesso, nonché gli adempimenti e le procedure idonee a verificare la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1.
L'articolo 4 sostituisce l'articolo 10 della predetta legge n. 91 del 1992, recante la disciplina sul giuramento che deve prestare lo straniero cui è concessa o che ha acquisito la cittadinanza.
In particolare, le novità principali rispetto al testo della disciplina vigente riguardano la definizione, recata dal comma 2, della formula di giuramento, che recita: «Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi, riconoscendo la pari dignità sociale di tutte le persone»; la previsione, contenuta nel comma 1, secondo cui il giuramento avviene nella sede della prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per territorio in base alla residenza dell'istante; la norma, di cui al comma 3, in base alla quale al nuovo cittadino viene consegnata una copia della Costituzione della Repubblica italiana.
L'articolo 5 disciplina l'entrata in vigore della legge, che è stabilita sei mesi dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Propone pertanto di esprimere parere favorevole con una osservazione (vedi allegato 1).

Donatella FERRANTI (PD) presenta una proposta alternativa di parere (vedi allegato 2) e la illustra. Dopo avere sottolineato come anche nel parere del relatore siano evidenziate talune criticità del provvedimento, esprime un giudizio fortemente negativo sul «percorso ad ostacoli» previsto nel provvedimento per ottenere la cittadinanza, che si pone al di fuori del principio di solidarietà sociale e contro il principio di eguaglianza. Ritiene che non sia possibile esprimere un parere favorevole sul provvedimento in esame, poiché esso contiene norme volte a discriminare lo straniero in quanto tale.

Cinzia CAPANO (PD) rileva come la norma che subordina l'acquisto della cittadinanza alla insussistenza di carichi

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pendenti sia in contrasto con il principio di presunzione di innocenza e come, a suo parere, tale considerazione dovrebbe imporre alla Commissione di esprimere un parere contrario. Esprime poi ulteriori perplessità su altri aspetti del provvedimento, con particolare riferimento alla genericità dell'espressione «diritto-dovere di istruzione e di formazione».

Federico PALOMBA (IdV) preannuncia il voto contrario del proprio gruppo sulla proposta di parere del relatore.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, pone in votazione la proposta di parere del relatore, avvertendo che in caso di approvazione di quest'ultima non sarà posta in votazione la proposta alternativa di parere dell'onorevole Ferranti.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 10.20.

SEDE REFERENTE

Giovedì 17 dicembre 2009. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati.

La seduta comincia alle 10.20.

Disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza.
C. 889 Consolo, C. 2964 Biancofiore, C. 2982 La Loggia, C. 3005 Costa, C. 3013 Vietti, C. 3028 Palomba e C. 3029 Paniz.

(Seguito esame e rinvio. - Adozione del testo base)

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta dell'15 dicembre 2009.

Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che il relatore ha presentato una proposta di testo unificato (vedi allegato 3). Della presentazione di tale proposta, che è avvenuta ieri nel tardo pomeriggio, sono stati avvertiti tutti i gruppi.

Donatella FERRANTI (PD) ringrazia preliminarmente il relatore per averle reso nota con ragionevole anticipo la sua proposta di testo unificato. Si tratta di un gesto di collaborazione senz'altro apprezzabile, che tuttavia non consente al gruppo del Partito democratico di cambiare l'opinione, fortemente critica e negativa, sulla disciplina in esame. Nella proposta di testo unificato il relatore sembra avere sostanzialmente abbandonato l'impostazione della sua proposta di legge n. 3005, prendendo invece come punto di riferimento quella n. 3013 dell'onorevole Vietti. Osserva come ne risulti un testo che viola comunque in modo grave la Costituzione, anche se questo aspetto non sembra interessare la maggioranza, in ragione dello scopo contingente e politico che essa vuole raggiungere. Ritiene ancor più inammissibile che il Parlamento approvi una «legge ponte», dal momento che vi è la piena consapevolezza della sua incostituzionalità, come risulta d'altra parte dall'incipit dell'articolo 1 del testo in esame. Inoltre, si tratta di una legge del tutto inutile sotto il profilo concreto, dal momento che non risulta che il tribunale di Milano non abbia sinora riconosciuto ipotesi di legittimo impedimento.
Pur riconoscendo il comportamento leale del relatore e l'ineccepibile gestione dei lavori della Commissione da parte della Presidente Bongiorno, nonché l'utilità delle audizioni svolte, tuttavia rileva come si sia di fronte ad una accelerazione dell'iter parlamentare senza precedenti in questa legislatura. Il tutto per arrivare all'approvazione di una legge che, oltre ad essere incostituzionale, avrà un impatto devastante anche sul codice di procedura penale.
Osserva quindi come, nel merito, la proposta di testo unificato ignori completamente le indicazioni della Corte costituzionale,

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riproducendo in modo amplificato gli errori che viziavano il «Lodo Alfano». L'articolo 1, comma 2, cerca di individuare l'esercizio delle attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri che costituiscono legittimo impedimento tramite richiami normativi, ma poi ne espande irragionevolmente l'ambito di applicazione tramite il riferimento alle «attività preparatorie e consequenziali» nonché all'esercizio di «ogni attività comunque connessa alle funzioni di Governo». Con riferimento ai ministri, il comma 3 appare assolutamente generico e la previsione dell'impedimento continuativo previsto dal comma 5 non fa che aggravare ulteriormente il vulnus ai principi costituzionali. Sottolinea poi come la sospensione del processo pregiudichi anche gli interessi di eventuali coimputati, dei quali, tuttavia, il testo non si cura affatto.
Risulta evidente come il testo in esame sia volto ad introdurre nell'ordinamento, con legge ordinaria, delle prerogative connesse all'esercizio della funzione politica, che conducono ad una sospensione automatica del processo, senza nessuno spazio per una verifica in concreto della sussistenza del legittimo impedimento da parte del giudice. Si tratta inoltre di un testo che nuoce anche all'immagine dell'Italia, che appare come un Paese teso unicamente a risolvere problematiche di carattere secondario, nell'interesse di pochi soggetti se non addirittura di uno solo, per di più con strumenti impropri. Rilevato quindi che il provvedimento appare sotto ogni profilo controproducente, ritiene che evidentemente il Presidente del Consiglio sia stato male consigliato.
Si appella conclusivamente alle coscienze ed al senso di dignità dei giuristi presenti nella Commissione, affinché si rifletta maggiormente e non sia adottato quale testo base un testo che presenta vizi di costituzionalità tanto gravi ed evidenti.

Federico PALOMBA (IdV) ringrazia il relatore per aver fatto pervenire la sua proposta di testo unificato sin dalla giornata di ieri, ma osserva come evidentemente, nella fretta di redigere quel testo, si sia trascurato il profilo della qualità. Sembra infatti che la proposta di testo unificato del relatore sia il risultato di un collage delle parti peggiori dei provvedimenti abbinati, realizzato allo scopo di introdurre nell'ordinamento una vera e propria prerogativa, con l'affermazione dell'assoluto primato della funzione politica sulla funzione giurisdizionale. Come chiaramente affermato dagli illustri giuristi auditi nella seduta di ieri, la linea portante dovrebbe invece essere quella del bilanciamento tra interessi e funzioni di pari rango costituzionale. A suo giudizio, pertanto, non è revocabile in dubbio che il provvedimento sia affetto da un insanabile vizio di incostituzionalità.
Esprime rammarico per il fatto che non si sia tenuto conto della propria proposta di legge n. 3028, che appare l'unica a prevedere una forma equilibrata di bilanciamento di interessi. Comprende peraltro che, seguendo la via della Costituzione, il raggiungimento dell'obiettivo politico della maggioranza sarebbe compromesso.
Esprime inoltre forti perplessità in ordine alla configurazione del diritto del Presidente del Consiglio e dei ministri al «sereno svolgimento delle funzioni», non solo perché la nostra Costituzione non prevede un diritto alla serenità negli stessi termini nei quali esso è riconosciuto dalla Costituzione degli Stati Uniti d'America, ma anche perché, se un simile diritto deve essere riconosciuto, occorre estenderne il riconoscimento anche ad altri soggetti quali, ad esempio, i magistrati. Né si può immaginare che con un provvedimento di tale portata si voglia tutelare il Presidente del Consiglio che si trovi in situazioni di fragilità emotiva, dal momento che una simile predisposizione all'emotività sconsiglierebbe di assumere la cariche di governo.
Conclude ribadendo come il testo in esame sia incostituzionale, ad personam e volto a costituire una prerogativa inaccettabile se non prevista con legge costituzionale. Preannuncia quindi il voto contrario

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del suo gruppo sulla proposta di adottare quale testo base il testo unificato predisposto dal relatore.

Cinzia CAPANO (PD), pur esprimendo solidarietà nei confronti del relatore, che ha dovuto assolvere il difficilissimo compito di redigere un testo unificato su una materia tanto controversa, tuttavia rileva come anche questo testo sconvolga il quadro costituzionale. Nonostante lo sforzo volto all'identificazione dell'esercizio delle attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri, rimane confermato comunque il principale rilievo di incostituzionalità, rappresentato dalla completa soppressione del bilanciamento di interessi e della valutazione in concreto da parte del giudice. Il testo è pertanto incostituzionale e la Corte costituzionale ha chiarito in modo inequivoco che non è possibile intervenire con legge ordinaria su questa materia. Pertanto, quando anche questa legge sarà dichiarata incostituzionale, auspica che la maggioranza si asterrà dall'accusare la Consulta di sabotaggio.

Marilena SAMPERI (PD), preliminarmente evidenzia quanto la proposta di testo unificato in esame sia in contrasto con la giurisprudenza costituzionale in materia di bilanciamento tra l'esigenza di svolgere i processi e, quindi, di una giustizia efficace, e quella propria di alcune cariche pubbliche di svolgere le attività istituzionali senza condizionamenti legati alle vicende giudiziarie nelle quali sono eventualmente coinvolti. Tale giurisprudenza è stata, peraltro, più volte condivisa da Camera e Senato in occasione di conflitti di attribuzione. Ritiene, a tale proposito, che sia non conforme ai predetti principi qualsiasi normativa che consentisse, in astratto e senza verifiche in concreto, a determinate cariche pubbliche di essere legittimate a non comparire in udienze penali, in quanto si tratterebbe di introdurre nell'ordinamento una prerogativa attraverso una legge ordinaria anziché per mezzo di una fonte costituzionale. A tale proposito, rileva che l'istituto del legittimo impedimento delineato dall'articolo 420-ter del codice di rito è finalizzato a garantire il diritto di difesa nel caso concreto in cui l'imputato per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento non possa partecipare ad una determinata udienza. Ritiene che la circostanza che la nuova disposizione sia strutturata come una «norma fonte» di natura transitoria, che quindi troverebbe applicazione in attesa di future riforme costituzionali sia del tutto irrilevante ai fini del giudizio di costituzionalità su di essa, che non può che essere negativo. Conclude sottolineando la propria convinzione sulla consapevolezza della maggioranza di approvare una disciplina del tutto incostituzionale che ha degli obiettivi ben precisi, che a tutti sono noti.

Lanfranco TENAGLIA (PD), intervenendo a titolo personale, ritiene che il dibattito di oggi si basi su un presupposto errato. Evidenzia come si tratti di un errore di fondo considerare ogni prerogativa come un privilegio, ritenendo che ciò sia vero solo quando la prerogativa è a beneficio solo di alcuni soggetti. A tale proposito ritiene che l'applicazione concreta dell'articolo 68 della Costituzione sia stata tale da trasformare l'istituto da uso disciplinato ad un privilegio. A suo parere, la linea di confine tra privilegio e prerogativa è rimessa alla politica, la quale in passato ha reagito in maniera sbagliata per risolvere situazioni di conflittualità con la giurisdizione, fino ad approvare le cosiddette leggi «ad personam». L'errore è anche nel non tenere conto che la questione dei rapporti tra politica e magistratura non riguarda una sola parte politica, ma tutti i partiti politici, come dimostra il fatto che l'ultimo governo Prodi è caduto per questioni giudiziarie riguardanti un suo ministro, che poi si sono dimostrate infondate. È del tutto errata anche l'insofferenza assoluta per ogni controllo di legalità, essendo altra cosa la legittima critica all'attività giurisdizionale. A questo errore si contrappone l'errore di quella magistratura che si crede custode dell'etica pubblica, o che determina l'ipertrofia delle indagini rispetto al processo. Tutto ciò, a

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suo parere, ha portato ad una perdita di fiducia della società rispetto sia alla politica sia alla magistratura. Sottolinea la necessità che la guerra in corso tra politica e magistratura termini senza che, come vorrebbero alcuni, la politica assorba in sé anche il controllo di legalità. Occorre, piuttosto, un bilanciamento di interessi attraverso una riforma costituzionale che riguardi la seconda parte della Costituzione e non certamente, invece, delle leggi «ad personam», come ad esempio il «processo breve», dannosissimo per il sistema. Per quanto attiene ad un intervento normativo in materia di legittimo impedimento che riguardi anche cariche pubbliche, ritiene che in astratto non si debba necessariamente pensare che ci si trovi nel campo dei privilegi. Ciò avviene ove tale intervento sia fatto senza tenere conto dei limiti costituzionali, come avviene nel caso in cui la nuova disciplina si caratterizzi per automatismi che eliminano qualsiasi possibilità di controllo in concreto da parte del giudice, al quale deve essere rimesso il bilanciamento tra l'interesse allo svolgimento del processo e quello allo svolgimento della funzione pubblica. Non è, quindi, contrario a che per via normativa si fissino ipotesi di legittimo impedimento, purché siano previste delle clausole che salvaguardino la ponderazione del giudice in relazione al caso concreto. Nel caso in esame, condivide l'intervento critico dell'onorevole Ferranti, rilevando come la nuova disciplina rischi di introdurre un istituto che troverebbe applicazione automatica ogni volta che l'interessato dichiari sussistere un legittimo impedimento riconducibile alle ipotesi previste dalla legge. Auspica che, anche per restituire credibilità alla politica, la maggioranza non tenga un atteggiamento di chiusura e si apra al confronto con una opposizione che a sua volta si accosti alla questione oggetto del testo in maniera costruttiva, con l'obiettivo di riportarlo nell'alveo costituzionale.

Anna ROSSOMANDO (PD), dopo aver preannunciato il proprio voto contrario alla proposta di testo unificato del relatore, dichiara di riconoscersi pienamente nell'intervento dell'onorevole Ferranti. Richiamando tutti al senso di responsabilità, rileva come la proposta di testo unificato in esame si inserisca in un percorso da tutti, compresa la maggioranza, ritenuto incostituzionale, che porta ad un palese conflitto tra legislatore e Parlamento. Invita, quindi, la maggioranza ad abbandonare una posizione che porterebbe, tra l'altro, alla dissoluzione dello Stato liberale a causa di un obiettivo politico. Ritiene che alla base della posizione della maggioranza ci sia una concezione populista ed illiberale relativa alla legittimazione popolare, che finisce per travolgere il sistema costituzionale di garanzie e il controllo di legalità.

Lorenzo RIA (UdC), interviene per un richiamo al regolamento ritenendo che la Commissione Giustizia avrebbe dovuto sospendere i propri lavori alle ore 11 per consentire ai suoi componenti di partecipare ai lavori dell'Assemblea, convocata per votazioni.

Giulia BONGIORNO, presidente, rileva che la seduta dell'Assemblea è stata sospesa alle ore 11.10 e che riprenderà alle ore 11.30.

Lorenzo RIA (UdC), ritiene che il fatto che al momento la seduta dell'Assemblea risulti sospesa sia del tutto irrilevante, in quanto la violazione del regolamento si è verificata quando non si è sospesa la seduta della Commissione nonostante la concomitanza dei lavori di Aula. La circostanza che successivamente siano stati sospesi tali lavori è stato un fatto del tutto eventuale, del quale non si poteva avere contezza quando erroneamente non è stata sospesa la seduta della Commissione. Ritiene che la Presidenza della Commissione non abbia applicato correttamente il regolamento, non sospendendo la seduta della Commissione, per approvare la proposta di testo unificato nell'ambito di un esame complessivamente affrettato. In questo modo è venuta meno ogni possibilità di approfondire tutte quelle questioni estremamente delicate che tale testo pone.

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Conclude sottolineando la responsabilità del Presidente della Commissione nell'aver accelerato l'esame di un provvedimento in una materia estremamente complessa.

Rita BERNARDINI (PD), si associa alle considerazioni dell'onorevole Ria, ritenendo che la Presidenza della Commissione avrebbe dovuto sospendere i lavori alle ore 11.

Giulia BONGIORNO, presidente, osserva che i rilievi regolamentari dell'onorevole Ria e, quindi, dell'onorevole Bernardini, siano del tutto infondati, non tenendo conto di quella che è la prassi seguita dalle Commissioni in merito alla concomitanza dei lavori di Assemblea. Ricorda che, come ha avuto modo di precisare anche la Giunta per il Regolamento, le Commissioni, salvo casi particolari, non possono lavorare quando sono in corso votazioni in Assemblea. È prassi costante che ove siano previste votazioni in Assemblea, le Commissioni organizzino i propri lavori tenendo conto che, prima di passare a votazioni elettroniche, debbono decorrere i termini di 5 e 20 minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento. Questi termini, nel caso in esame, sono stati dati alle ore 11.10. Precisa, inoltre, che nessun deputato ha chiesto che la Commissione sospendesse i suoi lavori alle ore 11. Ciò significa che la Commissione proseguirà i propri lavori tenendo conto che, comunque, alle ore 11.30 si svolgeranno votazioni immediate in Assemblea e che, quindi, i suoi lavori dovranno essere sospesi in un termine congruo, che consenta ai propri componenti di recarsi in Assemblea per partecipare al voto.
Nessun altro chiedendo di intervenire, pone in votazione la proposta di testo unificato del relatore.

La Commissione adotta come testo base per il prosieguo dell'esame il testo unificato proposto dal relatore (vedi allegato 3).

Giulia BONGIORNO, presidente, fissa il termine per la presentazione di emendamenti al testo unificato alle ore 14 di lunedì 11 gennaio 2010. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.15.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Giovedì 17 dicembre 2009. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati.

La seduta comincia alle 11.15.

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

5-02265 Contento: Sulle dichiarazioni del Procuratore generale Vincenzo Gargano in ordine alle modalità con le quali alcuni pubblici ministeri napoletani amministrano la giustizia.

Manlio CONTENTO (PdL) rinuncia ad illustrare la sua interrogazione.

Il sottosegretario Maria Elisabetta ALBERTI CASELLATI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).

Manlio CONTENTO (PdL), replicando, prende atto della risposta del rappresentante del Governo esprimendo soddisfazione per il fatto che le vicende descritte dall'interrogazione siano all'esame del Ministro. Auspica inoltre che, ove si accerti la sussistenza dei necessari presupposti, il Ministro non esiti a disporre una ispezione.

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5-02266 Ferranti e Motta: Sul decesso di Giuseppe Saladino, detenuto presso il carcere di Parma.

Carmen MOTTA (PD) rinuncia ad illustrare la sua interrogazione.

Il sottosegretario Maria Elisabetta ALBERTI CASELLATI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 5).

Carmen MOTTA (PD) replicando, si dichiara insoddisfatta della risposta fornita dal rappresentante del Governo, ritenendo che sarebbe stato necessario svolgere accertamenti più circostanziati. A suo parere, infatti, risulta difficile credere che Giuseppe Saladino sia morto per cause naturali. Si riserva quindi di presentare, ove necessario, ulteriori atti di sindacato ispettivo per far luce sulla vicenda.

Giulia BONGIORNO, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

La seduta termina alle 11.20.

INTERROGAZIONI

Giovedì 17 dicembre 2009. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati.

La seduta comincia alle 11.20.

5-02191 Vannucci: Sulla carenza di organico del Tribunale di Pesaro.

Il sottosegretario Maria Elisabetta ALBERTI CASELLATI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 6).

Massimo VANNUCCI (PD), replicando, ringrazia il rappresentante del Governo per la risposta fornita e prende atto con soddisfazione dei recenti interventi, successivi alla presentazione dell'interrogazione, volti a potenziare l'organico del tribunale di Pesaro.

Giulia BONGIORNO, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

La seduta termina alle 11.25.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Norme per il contrasto dell'omofobia e transfobia.
C. 2802 Soro e C. 2807 Di Pietro.

Disposizioni in materia di remissione tacita della querela. C. 1640 Contento.

ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo recante norme in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.
Atto n. 150.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI