CAMERA DEI DEPUTATI
Venerdì 11 dicembre 2009
262.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Venerdì 11 dicembre 2009. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 9.10.

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2010).
C. 2936-A Governo, approvato dal Senato, ed emendamenti ad esso riferiti.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Manuela DAL LAGO (LNP), relatore, illustra il testo del disegno di legge finanziaria 2010, come risultante dall'esame svolto in sede referente. Evidenzia che il provvedimento appare, nel complesso, riconducibile in primo luogo alle materie «sistema tributario e contabile dello Stato» e «tutela della concorrenza», demandate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione. Rileva, inoltre, che il provvedimento è altresì riconducibile alla materia «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», che, in base al disposto del terzo comma del medesimo articolo 117, rientra nell'ambito della potestà legislativa concorrente. Ricorda che tale coordinamento, come già precisato dal

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Comitato nei pareri espressi sui disegni di legge finanziaria, a partire da quello per il 2002, e come confermato dalla giurisprudenza costituzionale, non sembra costituire propriamente un ambito materiale quanto piuttosto una finalità assegnata alla legislazione statale, funzionale anche al perseguimento di impegni finanziari assunti in sede europea, ivi inclusi gli obiettivi quantitativi collegati al rispetto del Patto di stabilità e crescita a livello europeo.
Evidenziato inoltre che, per quanto riguarda le singole disposizioni del disegno di legge finanziaria, rilevano altresì ulteriori ambiti materiali rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione. Fa presente che talune disposizioni del disegno di legge finanziaria prevedono finanziamenti o istituiscono fondi in ambiti che interessano la competenza concorrente o residuale delle regioni e ricorda che, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, l'articolo 119 della Costituzione non consente al legislatore statale di prevedere, in materie di competenza legislativa regionale residuale o concorrente, nuovi finanziamenti a destinazione vincolata, anche a favore di soggetti privati, potendo questi divenire strumenti indiretti, ma pervasivi, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle regioni e degli enti locali.
Al contempo, ricorda che la Corte Costituzionale ha, inoltre, precisato - da ultimo, con la sentenza n. 168/2009 - che il titolo di competenza statale che permette l'istituzione di un fondo con vincolo di destinazione non deve necessariamente identificarsi con una delle materie espressamente elencate nel secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione ma può consistere anche nel fatto che detto fondo incida su materie oggetto di «chiamata in sussidiarietà» da parte dello Stato, ai sensi dell'articolo 118, primo comma, della Costituzione, nei casi in cui sia necessario attribuire con legge funzioni amministrative a livello centrale, per esigenze di carattere unitario, e regolare al tempo stesso l'esercizio di tali funzioni - nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza - mediante una disciplina che sia logicamente pertinente e che risulti limitata a quanto strettamente indispensabile a tali fini; ciò comporta, peraltro, la necessità che lo Stato coinvolga le regioni stesse attraverso attività concertative e di coordinamento che devono essere attuate in base al principio di leale collaborazione.
Ritiene quindi opportuno segnalare l'opportunità di valutare, prevedendo forme di coinvolgimento delle regioni, le previsioni di cui all'articolo 2, comma 21, che reca finanziamenti in favore delle attività dei collegi universitari legalmente riconosciuti per lo svolgimento di attività culturale nonché talune voci dell'elenco 1, di cui all'articolo 2, comma 240, con particolare riguardo alle parti in cui si dispone il rifinanziamento delle autorizzazioni di spesa per il sostegno alle scuole non statali ed il finanziamento per la stipula di convenzioni con i comuni interessati per l'attuazione di misure di politiche attive del lavoro per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili previsti.
Appare opportuno inoltre valutare la possibilità di prevedere modalità di coinvolgimento delle regioni con riguardo all'articolo 48-ter, che stabilisce che per le necessità del settore agricolo il CIPE individui i programmi da sostenere, destinando a tal fine una somma pari a 100 milioni di euro.
Ritiene altresì necessario invitare a valutare, tenendo conto delle competenze costituzionalmente attribuite alle regioni, le previsioni recate dai commi da 68 a 88 dell'articolo 2 che stabiliscono, da una parte, la decadenza automatica dei direttori generali, amministrativi e sanitari degli enti del servizio sanitario regionale, nonché dell'assessorato regionale competente e, dall'altra parte, l'obbligo delle regioni di rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e di non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione dei piani di rientro.

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Richiama quindi l'opportunità di valutare il comma 176 dell'articolo 2, nella parte in cui si introducono disposizioni - volte al contenimento della spesa degli enti locali - che, pur essendo riconducibili alla materia «organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane», hanno riflessi sull'organizzazione degli enti locali.
Sottolinea, infine, l'esigenza di prevedere forme di coinvolgimento delle regioni nelle procedure delineate al comma 229 dell'articolo 2, in cui si definiscono le modalità per l'individuazione degli interventi di immediata realizzabilità del piano per la messa in sicurezza delle scuole previsto dall'articolo 7-bis del decreto-legge n. 137 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169.
Presenta, pertanto, una proposta di parere favorevole con osservazioni sul testo del disegno di legge finanziaria con una valutazione di nulla osta sugli emendamenti ed articoli aggiuntivi presentati, ad eccezione degli emendamenti Occhiuto 2.113 (ex 0.2.1877.39) e Fallica 2.116 (ex 2.35), su cui propone di esprimersi in senso contrario (vedi allegato 1), in quanto rispettivamente invasivi dell'autonomia delle regioni e degli enti locali. L'uno prevede infatti l'obbligo per gli enti locali di non alienare o cedere i beni prima che siano trascorsi venti anni durante i quali devono essere destinati a finalità sociali mentre l'altro destina finanziamenti direttamente in favore della legge regionale 20 novembre 2008, n. 15 recante «Misure di contrasto alla criminalità organizzata».

Doris LO MORO (PD) nel tenere conto delle considerazioni espresse dalla collega Dal Lago, rileva che - pur prendendo atto delle valutazioni riguardanti il rispetto delle competenze legislative dello Stato e delle regioni - il suo gruppo si esprime in senso contrario, non condividendo l'impostazione di fondo seguita per l'elaborazione del disegno di legge finanziaria per il 2010.

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012.
Emendamenti C. 2937-A Governo, approvato dal Senato.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Manuela DAL LAGO (LNP), relatore, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

Doris LO MORO (PD) richiama le considerazioni già svolte in merito al disegno di legge finanziaria e preannuncia il voto contrario del suo gruppo.

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 9.20.

SEDE REFERENTE

Venerdì 11 dicembre 2009. - Presidenza del vicepresidente Jole SANTELLI, indi del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 14.35.

Norme in materia di cittadinanza.
C. 103 Angeli, C. 104 Angeli, C. 457 Bressa, C. 566 De Corato, C. 718 Fedi, C. 995 Ricardo Antonio Merlo, C. 1048 Santelli, C. 1592 Cota, C. 2006 Paroli, C. 2035 Sbai, C. 2431 Di Biagio, C. 2670 Sarubbi e C. 2684 Mantini.
(Seguito dell'esame e rinvio - Abbinamento delle proposte di legge C. 2904 e C. 2910 - Adozione del testo base).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato da ultimo, nella seduta del 10 dicembre 2009.

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Jole SANTELLI, presidente, comunica che sono state assegnate alla I Commissione le proposte di legge n. 2904 del deputato Sbai e n. 2910 del deputato Garagnani, recanti «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di acquisto della cittadinanza». Poiché le suddette proposte di legge vertono sulla stessa materia delle proposte di legge già all'ordine del giorno, avverte che ne è stato disposto l'abbinamento, ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del Regolamento.

La Commissione prende atto.

Jole SANTELLI, presidente, ricorda che, in base al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea, la discussione sulle linee generali delle proposte di legge in materia di cittadinanza (C. 457 e abbinate) avrà luogo al termine dell'esame dei disegni di legge finanziaria e di bilancio e del decreto-legge n. 152 del 2009, recante disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia. Ricorda altresì che il provvedimento è stato iscritto nel calendario dei lavori dell'Assemblea nelle quote riservate ai gruppi di opposizione, su richiesta del gruppo del Partito democratico.

Isabella BERTOLINI (PdL), relatore, presenta un testo unificato (vedi allegato 2), del quale auspica l'adozione come testo base, precisando di non aver potuto tenere conto, nell'elaborazione dello stesso, delle due proposte di legge abbinate da ultimo. Sottolinea che si tratta di un testo asciutto, che si incentra sul principio, enucleabile da tutte le proposte di legge in esame, per cui la cittadinanza non deve essere un acquisto automatico a seguito della permanenza sul territorio italiano per un determinato numero di anni, ma deve costituire il riconoscimento di un'effettiva integrazione: una cittadinanza basata dunque non su un fatto quantitativo, bensì su un fatto qualitativo.
Più in dettaglio, chiarisce che l'articolo 1 novella l'articolo 4, comma 2, della legge n. 91 del 1992 precisando che, ai fini dell'acquisto della cittadinanza da parte dello straniero nato in Italia, occorre che la residenza fino al raggiungimento della maggiore età sia «senza interruzioni» e che lo straniero stesso abbia frequentato con profitto le scuole almeno fino all'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione. Si tratta di due condizioni essenziali per l'acquisto di un'identità legata al territorio, oltre che di una manifestazione dell'effettiva volontà di essere italiani. Sottolinea di aver scelto di non intervenire sull'articolo 9, comma 1, lettera a), della legge n. 91, che prevede che la cittadinanza possa essere concessa allo straniero nato in Italia dopo soli tre anni di residenza legale sul territorio.
Rileva che gli articoli 2 e 3 novellano la legge n. 91 precisando che, ai fini dell'acquisto della cittadinanza, non basta la permanenza nel territorio della Repubblica per almeno dieci anni, ma occorre, in primo luogo, che tale permanenza sia stabile. Questo al fine di evitare che possa accedere alla cittadinanza lo straniero che, pur avendone la possibilità, non abbia chiesto il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, ma si sia avvalso invece di permessi di soggiorno temporanei. È infatti evidente che la richiesta di un permesso di soggiorno di lunga durata è un segno della volontà di far parte stabilmente della comunità italiana. I dati forniti dal Ministero dell'interno mostrano infatti che molti stranieri di fatto considerano il soggiorno in Italia come una sosta temporanea in attesa di spostarsi verso altri Paesi. In secondo luogo, occorre la frequentazione di un corso annuale, funzionale alla verifica del percorso di cittadinanza, finalizzato all'approfondimento della storia e della cultura italiana ed europea, dell'educazione civica e dei principi della Costituzione italiana. Non è stato previsto l'esame linguistico in quanto, con le riforme introdotte con il cosiddetto pacchetto sicurezza, è stato

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previsto che lo straniero venga sottoposto ad una verifica della conoscenza della lingua italiana già al momento della richiesta del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, in occasione della sottoscrizione dell'accordo di integrazione; poiché il possesso di tale permesso di soggiorno CE è una condizione per la richiesta della cittadinanza, appariva inutile prevedere un ulteriore esame di lingua. È stato previsto invece, come ulteriore elemento del percorso di cittadinanza, un effettivo grado di integrazione sociale, nonché il rispetto, anche in ambito familiare, delle leggi dello Stato e dei principi fondamentali della Costituzione. Questo in quanto le cronache mostrano che vi sono stranieri che, pur risiedendo in Italia da molti anni, non condividono valori fondanti della comunità italiana, quale quello della parità tra uomo e donna. È pertanto essenziale verificare che chi chiede la cittadinanza abbia assimilato tali valori fondanti. È infine previsto che chi chiede la cittadinanza abbia mantenuto nei cinque anni successivi all'ottenimento del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo gli stessi requisiti di reddito, alloggio e assenza di carichi pendenti necessari per ottenere quel permesso.
Fa presente che, al fine di risolvere il problema da più parti segnalato dell'eccessiva durata dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza è stato poi previsto un meccanismo di anticipazione dell'avvio del procedimento e sono stati stabili alcuni termini. In particolare, si prevede che l'accesso al corso annuale funzionale alla verifica del percorso di cittadinanza possa avvenire già dopo otto anni di permanenza in Italia, e dunque due anni prima della maturazione del requisito dei dieci anni di permanenza. Si prevede inoltre che alla richiesta dello straniero di accedere al corso annuale si debba dare risposta entro 120 giorni e che il procedimento amministrativo relativo al percorso di cittadinanza debba comunque concludersi entro due anni dalla presentazione della richiesta di iscrizione al corso annuale stesso, fermo restando il requisito dei dieci anni di permanenza in Italia per l'ottenimento della cittadinanza. È previsto, ancora, che il Governo attui, con il concorso delle regioni, iniziative ed attività finalizzate a sostenere il percorso di integrazione linguistica, culturale e sociale dello straniero, cui questi è tenuto a partecipare. Si è voluto in questo modo affidare alle amministrazioni pubbliche il compito di curare l'integrazione degli stranieri, prima ancora che di verificarla. È evidente che questa parte della proposta normativa in esame determina un costo per le finanze pubbliche: la copertura finanziaria del provvedimento è mancante soltanto perché è necessaria una preliminare quantificazione dei costi, che la relatrice non è in grado di effettuare senza l'aiuto del Governo. È previsto, infine, un regolamento di attuazione, che stabilisca, tra l'altro, in quali casi lo straniero possa essere esonerato dalla frequentazione del corso annuale in considerazione del fatto che lo stesso può ritenersi superfluo, per esempio perché lo straniero possiede un titolo di studio universitario conseguito in Italia che attesta di per sé la conoscenza delle materie oggetto del corso. All'individuazione di tali casi appare più opportuno che provveda un regolamento.
Fa presente che l'articolo 4, infine, prevede il giuramento, da parte dello straniero, sia nel caso di acquisto della cittadinanza a seguito della maturazione dei presupposti di legge, sia nel caso di concessione della cittadinanza con decreto del Presidente della Repubblica. Nella formula del giuramento è previsto, tra l'altro, un riferimento espresso anche al principio della pari dignità sociale di tutte le persone, che lo straniero che diventa cittadino deve dunque impegnarsi a riconoscere.
Aggiunge che il testo presentato non tocca il delicato tema delle seconde generazioni. Premesso di conoscere bene il problema e di averlo a cuore, fa presente che, sebbene di solito non si dica, lo ius soli è già previsto dalla legge vigente, la quale, come già detto prevede che la

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cittadinanza possa essere concessa allo straniero nato in Italia dopo tre anni di residenza legale sul territorio.

Roberto ZACCARIA (PD) esprime una forte delusione rispetto al testo presentato dalla relatrice, elaborato dopo circa un anno di lavoro della I Commissione. Molte cose, infatti, sono cambiate rispetto a quando è stata approvata la legge n. 91 del 1992 e le successive modifiche: ci si trovava quindi di fronte ad un'opportunità preziosa per rispondere al fatto che nel Paese vi sono circa 4 milioni e mezzo di stranieri regolari.
Ricorda come dai dati più volte pubblicati sia emerso che rispetto a tale presenza circa 40.000 persone arrivano ad acquisire la cittadinanza e di questi due terzi la acquisiscono attraverso il matrimonio con cittadini italiani ed un terzo attraverso la naturalizzazione ed altre modalità.
Occorre quindi individuare modalità chiare ed ordinate per favorire l'acquisito della cittadinanza per chi vive stabilmente nel territorio italiano; quanto previsto nel testo, invece, seppur in parte ingentilito, è a suo avviso da considerarsi come una sostanziale chiusura. Ritiene infatti che prevedendo un eccesso di esami e corsi, come quelli stabiliti nel testo testé presentato, non si impedisce di acquisire la cittadinanza ad un eventuale terrorista quanto piuttosto alla povera gente, seppur integrata nel territorio. A ciò si aggiunga che tali elementi sono collegati a fattori discrezionali sulla valutazione dell'effettiva conoscenza della lingua, della storia e della cultura italiana ed europea.
Ritiene dunque importante definire l'obiettivo che si vuole raggiungere. Si può anche decidere di procedere per gradi ma in questo caso va tenuto presente che si è voluto costruire una grande diga che come tale rischia di crollare: non si può infatti pensare di governare un fenomeno come questo con una legge sicuramente anacronistica nel 2009.
Ritiene che sarebbe stato più comprensibile prevedere una deroga al termine attualmente previsto dei dieci anni per acquistare la cittadinanza in favore di chi svolge un percorso di integrazione. Al contrario, si è deciso di porre nuovi ostacoli nell'ambito del termine dei dieci anni nonché di modificare il comma 2 dell'articolo 4 della legge n. 91 del 1992 che attualmente consente allo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, di diventare cittadino se dichiara di volerlo fare entro un anno da tale data.
Rileva come sulla questione che riguarda i minori sarebbe possibile raggiungere un'intesa se - anche qualora non si volesse accedere all'impostazione seguita nella proposta di legge C. 457 - si addivenisse almeno ad una soluzione che, come in Francia, consenta di acquisire la cittadinanza prima del diciottesimo anno di età.
Prende atto, invece, che vi è stato un arretramento sui due istituti già vigenti mentre sulla nuova problematica riguardante i minori vi è stato solo una accenno verbale nell'intervento svolto dalla relatrice.
Ribadisce, in conclusione, la profonda delusione rispetto ad un testo che vuole dare segnali di chiusura anziché di apertura, riservandosi di presentare emendamenti nel prosieguo dell'esame.

Mario TASSONE (UdC) ringrazia la relatrice per lo sforzo compiuto al fine di realizzare una sintesi delle diverse proposte di legge presentate. Ritiene che sul tema in discussione si risenta del clima politico generale e, come avvenuto per il «pacchetto sicurezza», si creano ambiguità rispetto ad un ragionamento in cui vicende esterne si legano a fattori culturali. Rileva come lo sforzo compiuto per giungere all'elaborazione di un testo condiviso divenga impervio di fronte a visioni culturali che si pongono in termini differenti, con il rischio di risultati tra loro inconciliabili.
Richiama quanto avvenuto in passato negli Stati Uniti - Paese multirazziale e multietnico - in cui tutti i cittadini mostrano

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entusiasmo e passione verso la bandiera nazionale. In Italia si richiamano le questioni connesse ai rischi terroristici, all'incremento della criminalità ed all'inquinamento di vario genere. Richiama l'intervento svolto dal collega Bianconi nella seduta di ieri che, pur essendo serio ed affascinante per alcuni versi, non può essere condivisibile considerato che il concetto di cittadinanza richiamato dalla Costituzione a partire dall'articolo 1 è di certo la conditio sine qua non per diritti e doveri.
Evidenzia come il tema della cittadinanza vada affrontato in particolare con riguardo alle questioni che attengono ai minori, allo ius soli ed allo ius sanguinis. Ritiene che nonostante gli sforzi del relatore, permangano nodi irrisolti. Considerato che il 21 dicembre dovrebbe avere inizio la discussione in Assemblea occorre, a suo avviso, affermare con chiarezza se vi è la disponibilità ad individuare una soluzione di equilibrio o meno e, nel primo caso, è necessario che la Commissione possa eventualmente rappresentare alla Conferenza dei presidenti di gruppo l'esigenza di disporre di più ampi margini di tempo per la discussione qualora ne avvisi l'opportunità. Ritiene infatti che la Commissione non possa svolgere un ruolo meramente esecutivo rispetto alle decisioni assunte dalla Conferenza dei presidenti di gruppo potendo chiedere un rinvio qualora vi fosse una reale disponibilità al dialogo.
In ogni modo, tenendo conto dell'attuale formulazione del testo presentato dal relatore, preannuncia il voto contrario del suo gruppo.

Gaetano PECORELLA (PdL) ritiene che il lavoro svolto dal relatore sia da considerare altamente apprezzabile così come la ratio che accompagna il testo appare pienamente condivisibile.
Rileva come la cittadinanza non possa essere considerata come un fatto formale. Si sta infatti decidendo della vita delle persone: ci si trova dunque di fronte ad un'inevitabile discriminazione nel momento in cui si stabilisce che la cittadinanza possa essere acquisita solo dopo il compimento della maggiore età. Si riferisce al minore nato in Italia che condivide con i coetanei momenti sociali ed impegni scolastici ma che sarà sempre diverso da loro in quanto etichettato come straniero, con conseguenze anche sulla sua volontà di integrarsi. Rileva come, inevitabilmente, la parità enunciata dall'articolo 3 della Costituzione, riferendosi ai soli cittadini, fa intendere che il minore non cittadino possa avere diritti differenti rispetto ad un suo coetaneo.
Richiama, al contempo, altri profili su cui è a suo avviso opportuno uno specifico approfondimento nel prosieguo del dibattito. In primo luogo, occorrerebbe individuare una formulazione che - nel riferimento alla residenza senza interruzione - non costringa la persona a non potersi allontanare mai, neanche per breve tempo, dal territorio nazionale. In secondo luogo appare opportuno chiarire la formulazione dell'articolo 9-bis, comma 1, lettera c), nella parte in cui si richiede il rispetto, anche in ambito familiare, delle leggi dello Stato e dei principi fondamentali della Costituzione. Tale disposizione, infatti, può essere interpretata anche come una forma di responsabilità per fatto altrui nel momento in cui si intendesse negare la cittadinanza ad una persona il cui familiare non fosse rispettoso delle suddette leggi. Infine, ritiene opportuno individuare un effetto connesso al decorso del termine con riguardo, in particolare, alla formulazione del comma 3 dell'articolo 9-bis, ipotizzando una forma di silenzio-assenso o di silenzio-dissenso trascorsi i due anni dalla presentazione della richiesta.

Isabella BERTOLINI (PdL), relatore, con riferimento alla disposizione di cui all'articolo 9-bis, comma 1, lettera c), precisa che la sua intenzione era quella di tenere conto di ipotesi come quelle in cui a formulare la richiesta fosse ad esempio la moglie di un terrorista. Si dichiara in ogni modo pienamente disponibile ad individuare una formulazione che chiarisca ulteriormente tale disposizione.

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Salvatore VASSALLO (PD) esprime una certa insoddisfazione nei confronti di un testo che segue un approccio non condivisibile, che non tiene conto della legislazione adottata da altri Paesi europei che sono stati soprattutto in passato investiti più dell'Italia da vasti fenomeni migratori. Pur ringraziando il relatore per il lavoro svolto, ricorda come da più parti sia stato evidenziato lo squilibrio che caratterizza l'attuale legislazione nazionale che prevede una grande apertura al mantenimento della cittadinanza per chi la acquisisce secondo le previsioni della legge n. 91 del 1992 - che risultava molto facile attraverso il matrimonio con un cittadino italiano prima delle modifiche apportate con la legge sul «pacchetto sicurezza» - ed è invece estremamente più chiusa rispetto agli altri Paesi per quanto attiene ai minori ed ai cittadini residenti da lungo tempo.
Rileva come il testo elaborato dal relatore tenga conto essenzialmente di quanto già previsto dalle proposte di legge C. 1048 Santelli e C. 1592 Cota distinguendosene quasi solo per la previsione che riguarda i termini entro cui il procedimento amministrativo relativo al percorso di cittadinanza deve concludersi, seppure con i limiti rilevanti testé evidenziati dal collega Pecorella.
Sottolinea come il testo elaborato non dà in particolare una risposta ad una questione di fondo di cui è necessario farsi carico, ovvero quella dei minori già integrati socialmente nel territorio italiano. Ritiene infatti che in questo modo si crei una barriera tra i minori nati in Italia o quelli che vi arrivano a cinque o sei anni e gli altri bambini italiani. In tal modo si rischi di rendere tali persone isolate e, su tale punto, esprime una totale insoddisfazione per l'impostazione seguita nel testo. Ricorda come vi siano varie soluzioni possibili, da più parti prospettate, per tenere conto di coloro che si sentono parte della comunità nazionale.
Ritiene al contempo che il testo preveda una serie di elementi che appesantiscono il percorso per l'acquisizione della cittadinanza tra cui l'obbligo di frequenza con profitto delle scuole riconosciute dallo Stato italiano e la previsione di termini amministrativi che non danno alcuna garanzia di completamento dell'iter. Auspica infine che sia rivisto l'impianto del testo, soprattutto con riferimento alle disposizioni che attengono ai minori.

Isabella BERTOLINI (PdL), relatore, rileva, con riferimento alla previsione dell'obbligo di frequentare con profitto le scuole riconosciute dallo Stato italiano, che la sua intenzione è quella di porre i minori stranieri in una posizione di sempre maggiore parità rispetto ai minori che sono già cittadini italiani. Non vede infatti per quali ragioni a questi ultimi si impone l'obbligo di frequentare le scuole mentre la stessa previsione non si vuole applicare ai minori che non sono ancora cittadini italiani.

Jole SANTELLI (PdL) ricorda che la legge n. 91 del 1992 è stata modificata in considerazione dei primi accenni dei fenomeni migratori, adottando la scelta fondamentale di aumentare il termine per la richiesta della cittadinanza italiana da cinque a dieci anni. Oggi si assiste ad un forte incremento dei flussi migratori ed il tema diviene nuovamente oggetto di riflessione e confronto politico, in particolare per quanto riguarda l'opportunità o meno di rivedere l'attuale normativa in materia di cittadinanza. Ricorda come di fronte a tale domanda i partiti politici hanno dato una risposta positiva seppure con motivazioni diverse: i partiti che sono attualmente all'opposizione sottolineano l'esigenza di intervenire affinché la nuova disciplina possa rappresentare uno strumento di effettiva integrazione ed una sorta di pacificazione della società. I partiti che fanno attualmente parte della maggioranza ritengono opportuno intervenire per superare l'automatismo attualmente previsto per l'acquisto della cittadinanza una volta decorso il termine di dieci anni di residenza, ritenendo improprio oltretutto attribuire la cittadinanza a persone che potrebbero non condividere i principi e le norme che sono alla base dello Stato italiano.

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Ritiene che non sia possibile continuare a sovrapporre il concetto di cittadinanza con quello di integrazione, essendo quest'ultimo assicurato dai diritti sociali che in Italia sono pienamente garantiti a chi vive nella legalità e contribuisce al sistema tributario, che sia o meno minore di età. È vero che la Costituzione italiana fa riferimento al concetto di cittadinanza e, come il collega Bianconi, ci si può chiedere se non si stia toccando uno dei pilastri della Carta costituzionale con conseguente necessità di intervenire con legge costituzionale. Rileva in ogni modo come non sia l'acquisizione della cittadinanza a far sentire le persone incluse od escluse in un Paese; il problema è piuttosto quello di essere considerati cittadini di serie A e di serie B, come avviene in altri Paesi.
Ritiene in particolare a suo avviso importante consentire a chi nasce in Italia o che vi arriva all'età di due o tre anni di poter scegliere consapevolmente di acquisire la cittadinanza italiana, evitando che la cittadinanza possa essere considerata come imposta, così come accaduto nella storia del Regno Unito. Ritiene si debba trattare di una scelta consapevole di identità culturale e di appartenenza ad una nazione.

Andrea SARUBBI (PD), volendo affrontare il testo unificato elaborato dalla relatrice in spirito costruttivo, ne rileva innanzitutto alcuni aspetti positivi. In primo luogo non si tratta di un intervento legislativo a costo zero: il Governo e le regioni hanno l'obbligo di porre in essere concrete iniziative per agevolare il percorso di integrazione degli stranieri. In secondo luogo è posto un limite ai ritardi dovuti a lungaggini burocratiche, per effetto delle quali lo straniero che ha maturato i requisiti per l'acquisto della cittadinanza attende a volte ancora anni prima di vedere emanato il relativo decreto. In terzo luogo è consentito l'avvio del percorso di cittadinanza ancor prima della scadenza del termine di dieci anni, appunto al fine di evitare che l'ottenimento della cittadinanza arrivi con grande ritardo rispetto a questo termine a causa dei tempi della burocrazia.
D'altra parte, ritiene una grave mancanza il fatto che il testo non dica nulla sui minori stranieri in Italia, il cui numero è oggi molto elevato. Ricorda che, secondo i dati ISTAT, gli stranieri nati in Italia sono oggi 520 mila, vale a dire tanti da poter formare la settima città più popolosa d'Italia, una città più popolosa di Firenze e di Bologna. Se si considerano anche coloro che sono nati all'estero ma giunti in Italia in tenera età, si arriva a 870 mila bambini: la quinta città più popolosa d'Italia. Sottolinea che per un minore che frequenta le scuole essere cittadino italiano non è indifferente ai fini dell'integrazione effettiva: se non è cittadino, rischia di essere emarginato. Il fatto che la proposta della relatrice non dica nulla sulle seconde generazioni non mancherà di suscitare reazioni critiche nella società civile, nel mondo dell'associazionismo e in quello cattolico. Non si possono ignorare problemi seri come quello che ragazzi nati e cresciuti in Italia non potranno, divenuti adulti, avviare attività commerciali perché rischiano di non poter aprire una partita I.V.A. o partecipare ad un concorso pubblico. In definitiva, ritiene che il testo proposto dalla relatrice sia deludente.

Sesa AMICI (PD) ritiene che, dopo la presentazione del testo da parte del relatore, occorre consapevolezza degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Ringrazia in ogni modo la collega Bertolini per il lavoro non semplice che ha svolto, trovandosi di fronte a proposte di legge caratterizzate da filosofie differenti e da distinzioni di impostazioni anche all'interno della stessa maggioranza. Ritiene che a questo punto serva uno sforzo per modificare con serietà il testo nel corso della fase di esame degli emendamenti.
Ritiene non convincente la discussione che si è svolta nella seduta odierna, ritenendo improprio riferirsi alla volontà di aprire una sorta di mercato per la cittadinanza. Rileva come il dibattito svolto in

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questi anni sia stato legato a dati oggettivi, con specifico riguardo alla presenza continua ed inarrestabile di fenomeni migratori. Ritiene dunque che la normativa in materia vada inserita in un diverso contesto, che consenta di riconoscere la soggettività dell'individuo a cui va il rispetto e la dignità, ponendo in essere tutte le condizioni per l'acquisizione della cittadinanza. Ritiene che il Parlamento debba seguire tale approccio per assicurare tutte le condizioni per chi vuole diventare cittadino italiano.
Nell'essere consapevole delle difficoltà della questione, ritiene che possa essere svolta una riflessione comune sul tema che investe le seconde generazioni, alla luce degli importanti profili che ha evidenziato da ultimo il collega Pecorella che riguardano chi nasce in Italia e fino a diciotto anni rischia di essere considerato straniero dai coetanei. Ritiene si tratti di un elemento di civiltà per un Paese che deve confrontarsi con un processo di globalizzazione in atto.
Ritiene non condivisibili le considerazioni svolte dal collega Bianconi nella seduta di ieri con particolare riguardo ai limiti che deriverebbero sul tema della cittadinanza dal trattato di Maastricht.
Rileva come l'articolo 1 del testo elaborato dal relatore ponga un problema di rilievo, considerato che l'attuale formulazione dell'articolo 4 della legge n. 91 del 1992 dimostra una maggiore apertura. L'inserimento dell'obbligo di frequenza con profitto delle scuole riconosciute dallo Stato italiano almeno sino all'assolvimento del diritto dovere all'istruzione ed alla formazione si configura non come un rafforzamento quanto piuttosto come un elemento restrittivo e non accettabile, tanto più che viene previsto all'articolo 1.
Preannuncia dunque un lavoro serio nella fase di elaborazione delle proposte emendative cui seguiranno le valutazioni in merito all'atteggiamento da assumere. Richiama al contempo un articolo di stampa recentemente pubblicato che affronta la questione della scomparsa della lingua italiana, alla luce degli errori presenti nei testi universitari sia nella loro formulazione sia nelle risposte degli studenti. Ritiene quindi che le previsioni del testo del relatore potrebbero configurarsi come elementi di discriminazione, anche alla luce di tali fattori.
Ribadisce dunque l'esigenza di individuare un percorso laico che si fondi sulla consapevolezza di trattare la cittadinanza come un diritto e della conseguente necessità di darle un valore. Rileva come dalla Costituzione traspaia un'idea di cittadinanza molto forte, così come sviluppata anche dalla dottrina e dalla giurisprudenza. È quindi opportuno che il Parlamento intervenga su tale tema, finora troppo esposto ai riflettori mediatici, dando una risposta concreta ad un problema reale, con le responsabilità conseguenti che ognuno è chiamato ad assumersi.

Raffaele VOLPI (LNP) sottolinea innanzitutto il valore del lavoro svolto dalla Commissione in questi mesi di dibattito, nel corso dei quali è stato possibile condurre un confronto ampio, serio ed approfondito, che certamente ha molto arricchito quanti vi hanno preso parte. Premesso quindi che la posizione del suo gruppo in materia di cittadinanza è nota, rileva che è giusto pensare all'incidenza che le leggi hanno nella vita delle persone, ma osserva che bisogna pensare a tutte le persone, non soltanto ad alcune: per quanto lo riguarda, sente più vicina la persona anziana che è inquietata dalla repentina trasformazione della società causata dall'immigrazione.
Rileva quindi che le scelte legislative presuppongono un determinato inquadramento del fenomeno sul quale si vuole intervenire e degli obiettivi cui si vuole arrivare. La sua parte politica non ritiene che la cittadinanza sia un mezzo per governare il fenomeno dell'immigrazione. I problemi dell'immigrazione devono essere affrontati diversamente. Senza contare che anche nel resto d'Europa si sta diffondendo un atteggiamento più responsabile nei confronti del fenomeno dell'immigrazione, anche nella consapevolezza che oggi

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riconoscere la cittadinanza a uno straniero ha riflessi ampi, in quanto equivale a creare un nuovo cittadino europeo. Né ci si può nascondere il fatto che le cronache mostrano che vi sono stranieri che, pur avendo ottenuto la cittadinanza, si sono dimostrati poi estranei e anzi ostili alla comunità nazionale, fino al punto di porre in essere atti di terrorismo contro di essa. È quindi indispensabile che accanto al criterio quantitativo del numero di anni di permanenza in Italia si preveda un criterio qualitativo consistente nell'effettiva integrazione: la residenza di per sé non significa infatti integrazione. Bisogna tra l'altro considerare che il tempo serve non soltanto alla comunità per verificare se lo straniero si è integrato, ma anche allo straniero per capire se vuole far parte stabilmente della comunità. Per questo è assurdo e aberrante pensare di imporre la cittadinanza ad un minore, ossia a un soggetto che l'ordinamento ritiene incapace di decidere. La cittadinanza comporta doveri e per questo deve essere scelta liberamente da chi è pronto ad assumersi i doveri. È quindi necessario senz'altro lavorare per favorire l'integrazione degli stranieri, e su questo punto la Lega Nord Padania è sempre stata d'accordo, ma non si può fare della cittadinanza un rimedio per difficoltà che vanno risolte in altro modo.

Maurizio BIANCONI (PdL) esprime il timore che coloro che vogliono cambiare la legge n. 91 ritengano la cittadinanza uno strumento di integrazione. La cittadinanza però non è questo. La cittadinanza, come ha già avuto modo di dire ieri, è munus, ossia diritto-dovere: comporta più doveri che diritti perché è attribuita non nell'interesse dell'individuo, ma della comunità. Essere cittadino è un obbligo di chi nasce all'interno della comunità, non un diritto. La cittadinanza non deve aiutare il processo formativo dello straniero, ma esserne il coronamento. Affermare, come fa l'opposizione, che la cittadinanza è un diritto costituisce un totale rivolgimento della nozione di cittadinanza presupposta dalla Costituzione.
Quanto poi alla questione dei minori, riscontra un vizio di supponenza nel punto di vista di quanti sostengono la necessità di riconoscere loro la cittadinanza. Si presume, in modo sciovinistico, che la cittadinanza italiana sia una cosa desiderabile. Perché dovrebbe essere così? È assurdo pensare di imporre una cittadinanza ad un minore, né è una soluzione quella di permettergli di rinunciarvi al compimento della maggiore età: si rischia infatti di farne un apolide. Quel che va curato, in verità, è l'effettivo inserimento e la reale integrazione del minore nella società: è per questo che il minore si sente parte della comunità, non perché gli si attacca l'etichetta posticcia di italiano.

Beatrice LORENZIN (PdL) ringrazia la relatrice per l'ottimo lavoro svolto ed esprime apprezzamento per la qualità ed il livello di approfondimento del dibattito. Fa quindi presente che l'Italia è in ritardo, rispetto al resto dell'Europa, per non parlare degli U.S.A., nella gestione del fenomeno migratorio. In Italia una riforma della legge sulla cittadinanza è stata fatta soltanto nel 1992, senza peraltro tener conto dell'esperienza che nel frattempo era stata maturata all'estero. Questo errore non deve essere ripetuto. Germania, Francia, Regno unito hanno ormai esperienza non solo delle seconde generazioni, ma delle terze e quarte generazioni. Dalla loro esperienza emerge la drammaticità delle crisi di identità e di appartenenza delle comunità di cittadini di origine straniera insediati da più generazioni ma di fatto non integratisi. In quei Paesi è stata adottata a suo tempo una legislazione ispirata all'ideologia del multiculturalismo imperante negli anni '80, della quale oggi si vedono i frutti malati. Quei Paesi stanno oggi tornando indietro. Questo per dire che non si può forzare l'integrazione, non si può dare per scontato che chi nasce in Italia voglia anche essere italiano: l'appartenenza ad una comunità, e quindi la cittadinanza, sono una scelta culturale e di

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identità. Ciò non toglie che si possa mettere mano a riforme che risolvano problemi pratici concreti come quello della lungaggine burocratica per il completamento delle procedure per il riconoscimento della cittadinanza a coloro che ne fanno richiesta.

Giuseppe CALDERISI (PdL) ringrazia la relatrice per il lavoro svolto ed esprime un forte apprezzamento personale per il testo presentato, che offre al dibattito un nucleo fondamentale di norme potenzialmente condivisibili, al quale non era facile arrivare, considerata la notevole divergenza delle posizioni dei diversi gruppi. Nel corso del dibattito si sono infatti contrapposte le posizioni di chi considera la cittadinanza come uno strumento di integrazione e di chi la considera invece il coronamento dell'avvenuta integrazione.

Roberto ZACCARIA (PD) fa osservare che nessuno, della sua parte politica, ha mai sostenuto che la cittadinanza debba essere mezzo di integrazione.

Giuseppe CALDERISI (PdL) rileva che questa concezione della cittadinanza è insita nella proposta di legge del gruppo del Partito democratico. Riprendendo quindi il suo intervento, esprime l'auspicio che il seguito del dibattito sia meno caratterizzato da prese di posizione strumentali, le quali non agevolano il raggiungimento di una posizione condivisa. Fa presente che nel dibattito è stato da tutti ignorato fino a questo momento il fatto che la legge n. 91 prevede già lo ius soli con la sola condizione di una permanenza sul territorio dello Stato per almeno tre anni, senza la frequentazione di scuole o l'accertamento della conoscenza della lingua. Si tratta di una norma che la relatrice ha scelto di non toccare, e che forse avrebbe invece dovuto toccare. In conclusione, osserva che la proposta di testo unificato presentata dalla relatrice appare assai matura e costituisce anzi un importante passo avanti nel processo di maturazione della sua parte politica sul tema della cittadinanza.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire e non essendo stato richiesto dal gruppo del Partito democratico il disabbinamento della proposta di legge C. 457, propone di adottare il testo unificato predisposto dalla relatrice come testo base per il seguito dell'esame.

La Commissione delibera di adottare il testo unificato predisposto dalla relatrice come testo base per il seguito dell'esame.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che il termine per la presentazione di emendamenti al testo base è fissato alle ore 10 di martedì 15 dicembre 2009. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.30.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Venerdì 11 dicembre 2009.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 16.30 alle 16.40.