CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 24 novembre 2009
250.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Difesa (IV)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 24 novembre 2009. - Presidenza del presidente Edmondo CIRIELLI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico.

La seduta comincia alle 12.50.

Variazione nella composizione della Commissione.

Edmondo CIRIELLI, presidente, comunica che il deputato Enrico Letta entra a far parte della Commissione.

Legge finanziaria per l'anno 2010.
C. 2936 Governo, approvato dal Senato.

Bilancio dello Stato per l'anno 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012.
C. 2937 Governo, e relativa nota di variazione C. 2937-bis Governo, approvato dal Senato.

Tabella n. 11: Stato di previsione del Ministero della difesa per l'anno finanziario 2010.
(Relazione alla V Commissione).
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame congiunto dei provvedimenti in oggetto, rinviato nella seduta del 19 novembre 2009.

Rosa Maria VILLECCO CALIPARI (PD) ricorda come la discussione svolta nella precedente seduta abbia confermato sia nelle parole del relatore Cicu, sia in quelle del Governo, per bocca del sottosegretario Crosetto, che la manovra finanziaria - attraverso i due tradizionali strumenti normativi previsti dalla legislazione vigente, ossia il disegno di legge di bilancio e il disegno di legge finanziaria - conferma i tagli lineari sulle spese per l'esercizio; non ripiana i tagli al reclutamento; non mette a disposizione del comparto sicurezza e difesa le risorse per i rinnovi contrattuali, ma solo quelle per l'indennità di vacanza contrattuale e non si fa carico

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di interventi a sostegno dell'area industriale della difesa. Questi, a suo avviso, sono i fatti. E la difesa d'ufficio di questa manovra non ha offerto alla discussione argomenti convincenti. Nella manovra viene dichiarata l'insostenibilità dell'attuale modello, ma non si propone nulla di significativo e le idee sul nuovo modello di difesa restano chiuse nel cassetto della Commissione di alta consulenza e studio istituita presso il Ministero della difesa, benché sia stato già annunciato pubblicamente che la Commissione stessa ha formulato delle proposte che, pur essendo state illustrate al Consiglio supremo di Difesa, restano ancora del tutto sconosciute al Parlamento.
Dopo aver rammentato che il sottosegretario Crosetto ha rassicurato la Commissione sul fatto che i tagli al reclutamento saranno attenuati attraverso risparmi di spesa in altri settori, «che non abbiano un impatto diretto con la formazione l'addestramento, la manutenzione dei mezzi e il supporto logistico e non siano direttamente collegati alle attività operative», sottolinea come risulti difficile immaginare in quali settori si risparmieranno risorse così ingenti.
Nel ricordare come tra le aree di possibile risparmio siano state indicate l'esternalizzazione dei servizi, gli interventi sulle infrastrutture, il trasporto aereo di Stato e il servizio di assistenza al volo per il traffico civile, evidenzia in relazione a ciascuna di esse gravi elementi di criticità che vanno dall'impossibilità di imporre a un esercito di professionisti attività di manovalanza generica, al fatto che le esigenze nel settore delle infrastrutture sono numerosissime e non più rinviabili, all'esigenza di non aggravare i costi del settore dell'aviazione civile già in crisi. Comunque, sottolinea che se le buone intenzioni enunciate dal sottosegretario riusciranno a ridurre il danno, saranno ben accolte.
Evidenzia che, allo stato degli atti, la manovra, così come è stata presentata, registra un taglio di 304 milioni di euro che si trasformerà in minori assunzioni di personale militare e nel congedamento di quelli in servizio. La mancanza di fondi destinati a scongiurare questo disastro non solo è inaccettabile, ma viene meno ad un impegno assunto durante l'approvazione del DPEF. Infatti, la mozione Cicchitto 6/00028, votata in Aula, impegnava il Governo «ad individuare adeguate misure, anche di carattere finanziario, a favore dei giovani che, avendo completato il periodo di ferma volontaria nelle Forze armate, siano alla ricerca di nuova occupazione, privilegiando, in particolare, le iniziative volte a favorire il loro transito nel servizio permanente nelle Forze armate, nelle Forze di polizia e, più in generale, il loro stabile inserimento nella pubblica amministrazione». Sulle altre tre questioni, spese per l'esercizio, rinnovi contrattuali e l'abbandono dell'area industriale della difesa, non è stata neanche tentata una difesa d'ufficio. Il fondo missioni internazionali non è stato rifinanziato e questo non è solo un problema finanziario, ma diventa un problema politico di credibilità nelle sedi internazionali in cui si discutono e si pianificano le stesse missioni. Tutte queste cose avrebbero dovuto trovare posto nella manovra economica, nella legge di bilancio o nella legge finanziaria. Invece, nella legge di bilancio c'è una sorpresa racchiusa nei commi da 23 a 32 dell'articolo 2: la costituzione della società «Difesa Servizi Spa».
Ricorda che nel recente passato la maggioranza aveva tentato senza successo di introdurre un'analoga disciplina con appositi emendamenti nel corso dell'esame di due provvedimenti d'urgenza. In conseguenza di ciò, era pertanto stato avviato al Senato l'esame di un apposito provvedimento di iniziativa governativa, a cui era stato abbinato un progetto di legge d'iniziativa di senatori del Partito democratico. Sottolinea come durante l'esame dei citati provvedimenti sia stato compiuto un grande lavoro di approfondimento che viene però ora completamente vanificato dalle disposizioni in esame che appaiono, per altro, del tutto estranee al contenuto proprio del disegno di legge finanziaria.
Ciò premesso, evidenzia come tale società sia stata presentata dal Governo come uno strumento necessario per con

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sentire il reperimento di risorse aggiuntive da destinare alla Difesa. Al riguardo ritiene che sussistano forti dubbi che questo sia lo strumento più adatto per realizzare tale obiettivo.
Ricorda, inoltre, come il gruppo del Partito democratico non abbia mai negato la disponibilità a discutere dei limiti funzionali dell'attuale organizzazione del Ministero della difesa ed a introdurre correttivi per migliorare la qualità della spesa militare e recuperare risorse aggiuntive attraverso la valorizzazione di capacità produttive dell'organizzazione militare o di beni non più utili alla Difesa. Tutte queste proposte sono state tradotte in un disegno di legge presentato presso la Commissione Difesa del Senato e che, come detto, è stato abbinato a quello presentato dal Governo. In tale proposta, in particolare, si prevede di costituire un'Agenzia all'interno dell'organizzazione della Difesa. Quindi si tratterebbe non di una privatizzazione, ma della possibilità di muoversi sul mercato attraverso un soggetto pubblico messo in condizioni di farlo. Su queste due proposte sarebbe stato utile e giusto poter continuare il confronto parlamentare già avviato da mesi in Commissione. Ritiene, quindi, che l'emendamento presentato alla finanziaria, oltre ad essere inammissibile, impedisca il confronto di merito nella Commissione Difesa a cui è stata letteralmente «scippata» la materia senza alcun rispetto per le prerogative parlamentari.

Augusto DI STANISLAO (IdV), nell'illustrare il proprio intervento premette che lo scorso anno il Ministro dell'economia e delle finanze ha cercato di anticipare la manovra economica - normalmente affidata alla legge finanziaria - elaborando una serie di norme, contenute nel decreto-legge n. 112 del 2008, che, per almeno tre anni, avrebbero dovuto metterlo al riparo dai soliti «assalti alla diligenza» che si verificano durante il percorso parlamentare delle leggi finanziarie.
La legge finanziaria 2010 risulta, quindi, costituita da pochissimi articoli e interventi essenzialmente volti alla proroga di norme esistenti. Tuttavia, la previsione governativa che non ci sarebbero più state leggi finanziarie omnibus, analogamente a quanto successo in passato, è stata smentita dai duri attacchi alla legge finanziaria 2010 da parte dei senatori della stessa maggioranza. Infatti, un gruppo di senatori del Popolo della libertà si è spinto a ideare e redigere una vera e propria proposta di contro finanziaria. In attesa di conoscere l'entità del gettito del cosiddetto «scudo fiscale», le molte questioni di rilievo che rimangono ad oggi sospese sono le seguenti: la banca per il mezzogiorno; il taglio dell'Irap; lo sblocco dei fondi per i ricercatori universitari; il recupero dei finanziamenti (800 milioni) per la banda larga; la cedolare secca sugli affitti; il risanamento del territorio dal punto di vista idro-geologico, problema diventato ancora più acuto dopo le frane di Messina ed Ischia; la detrazione fiscale per il risparmio energetico degli edifici (il 55 per cento); il 5 per mille; le misure anche fiscali a favore del lavoro; le risorse per la sicurezza e la giustizia.
Dunque, al netto di alcuni provvedimenti dovuti e di altri fin troppo preannunciati, resterà ben poco da spendere del gettito dello scudo fiscale.
Nel frattempo è ben evidente che il peggio della crisi, almeno dal punto di vista occupazionale, deve ancora arrivare. Il Governo non è in grado di proporre una politica economica anticiclica convincente tale da aggredire la crisi. Si sta discutendo su una legge finanziaria inesistente, su un provvedimento del tutto inadeguato e insufficiente, che fa semplicemente da ponte tra ciò che non si è voluto fare prima e ciò che non si sa o non si vuole fare dopo. Il quadro dei conti pubblici è decisamente oscuro. La spesa corrente, al netto degli interessi, raggiunge il 43,1 per cento del PIL, con un aumento di ben 2,7 punti rispetto al 2008 e - ciò che è più grave - è programmata ben al di sopra del livello raggiunto nel 2008 fino a tutto il 2013.
La pressione fiscale cresce, nel 2009, fino al 43 per cento del PIL, e si mantiene vicina a questa percentuale per tutto il periodo 2010-2013 preso in considerazione

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dal DPEF, ossia per l'intera legislatura. Il livello di indebitamento raggiunge il 5,3 per cento del PIL nel 2009 e si mantiene ben al di sopra del 3 per cento fino a tutto il 2011, mentre lo stock del debito programmato nel 2009, pari al 115,1 per cento del PIL, risulta in aumento di ben 9,4 punti rispetto al 2008, e aumenta fino al 117,3 per cento nel 2010, restando attorno al 115 per cento in tutto il periodo considerato dal DPEF.
La manovra triennale avviata dal Governo nell'estate 2008, all'insegna della stabilizzazione dei conti pubblici, ha condotto comunque a una nuova procedura d'infrazione per disavanzo eccessivo.
Ritiene che occorra avere l'onestà di riconoscere che la crisi ne è una causa, ma fino ad un certo punto, e che il Paese, nonostante l'assenza colposa di necessari interventi anticiclici, si sta avviando verso un nuovo ciclo di aumento incontrollato della spesa primaria, simile a quanto già visto dagli italiani nei precedenti Governi Berlusconi tra il 2001 e il 2006.
I numeri di oggi evidenziano che la scelta messa in campo del decreto-legge n. 112 del 2008, basata su una logica prevalentemente di tagli lineari, non solo non ha prodotto i risultati attesi, ma, contrariamente alle previsioni, ha prodotto una crescita dell'indebitamento e del fabbisogno, mentre la stima delle spese al netto degli interessi sale a circa 25 miliardi di euro di cui solo una minima parte è stata spesa per interventi anticrisi.
Se l'Italia dovesse uscire dalla recessione, senza interventi correttivi da parte del Governo, con un ritmo di crescita pari a quello dei dieci anni che hanno preceduto la crisi, ci vorrebbero ben 15 anni per recuperare il terreno perduto, e ciò significherebbe persone senza lavoro, famiglie in povertà e disuguaglianze sociali.
Gli interventi attuati finora per attenuare i costi sociali della recessione hanno soprattutto utilizzato risorse già stanziate per altri impieghi. Sotto il profilo quantitativo, secondo l'OCSE, il Governo italiano ha stanziato in funzione anticrisi risorse nette praticamente pari a zero nel triennio 2008-2010, contro una media ponderata dei paesi OCSE pari al 3,9 per cento del PIL (4,2 per cento per i soli Paesi che hanno adottato una politica fiscale espansiva).
Ritiene che se la crisi «è alle spalle» - come sostiene il Governo - essa sia, forse, alle spalle di qualche istituto finanziario. Ma Confindustria e Confcommercio sono preoccupate e le organizzazioni sindacali mobilitano i loro iscritti; la disoccupazione aumenta così come i livelli di povertà, le sperequazioni dei redditi e le prospettive sono per ulteriori chiusure di fabbriche e di perdita di posti di lavoro. La crisi, che sta allentando la presa dal PIL, pesa ora soprattutto sul mondo del lavoro. Nel nostro Paese il tasso di disoccupazione da gennaio a settembre 2009 è aumentato dal 6,8 per cento al 7,4 per cento e continuerà ad aumentare nei prossimi mesi perché il mercato del lavoro si muove con ritardo rispetto al ciclo economico. Poco o niente la legge finanziaria 2010 prevede per lo sviluppo economico, se non qualche timido accenno ad una riduzione dell'Irap, pur necessaria, e insiste su una politica solo dal lato dell'offerta, che riduce i costi di produzione, quando ormai si è in presenza ovunque di un crollo dei consumi del settore privato. La competizione sui costi per tentare di attrarre o di mantenere una parte della domanda su scala internazionale attualmente depressa è una politica illusoria poiché le produzioni labour intensive sono ormai trasferite in altre parti del mondo. La ripresa internazionale, quando verrà, non rimetterà in moto il meccanismo espansivo precedente basato sul traino dei consumi delle famiglie statunitensi. Il dopo crisi non lascerà le cose come erano. Nessuno sa in questo momento chi nel mondo sostituirà le famiglie americane come consumatori globali. Non si potrà contare, dunque, per il rilancio della nostra economia, soltanto sulle esportazioni. Si dovranno invece implementare politiche industriali e commerciali per aumentare la capacità di aggredire anche mercati in via di espansione come quelli asiatici.
L'Italia soffre, per altro, di una doppia concorrenza, essendo esposta sia a quella

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dei Paesi emergenti a basso costo del lavoro, sia a quella dei Paesi più innovatori per quanto concerne la qualità dei prodotti. Per il nuovo modello di sviluppo che si dovrà costruire dopo la crisi ci vorrà più domanda interna; più domanda non soltanto a livello nazionale, ma anche a livello europeo. Il Governo italiano deve insistere in tutte le sedi affinché la politica economica europea manifesti un impulso estensivo ed espansivo tramite gli eurobond e tramite un maggior coordinamento della vigilanza bancaria e finanziaria per avere istituti di credito più capaci di dare credito. Il nostro Paese ha bisogno di interventi che correggano la politica economica e la politica fiscale dell'attuale Governo, stimolando di più la domanda interna e prevedendo nell'immediato una vera manovra di almeno un punto di PIL che vada a sostegno dei redditi, della domanda e delle piccole imprese.
Premesso dunque che, per quanto concerne in particolare gli aspetti all'attenzione della Commissione, gli effetti della politica di bilancio del Governo, come esplicitato persino dalla nota preliminare che accompagna il provvedimento in esame, vanno molto al di là di un contenimento sostenibile - posto che i tagli di bilancio delle spese per l'esercizio, oltre a compromettere la capacità operativa del nostro strumento militare, hanno gravi conseguenze anche sulla stessa sicurezza del personale - il Governo continua a non tenere conto che nel bilancio della Difesa i consumi intermedi riguardano la manutenzione dei sistemi d'arma e l'addestramento, che invece dovrebbero essere considerati investimenti. La stessa politica per gli investimenti poggia di fatto sull'indebitamento e l'intero comparto rischia ormai l'ingovernabilità e un collasso dalle conseguenze imprevedibili senza che lo stesso Ministro della difesa sia riuscito ad assumere decisioni significative o a presentare al Parlamento, nonostante gli impegni assunti, la proposta di un nuovo modello di difesa per la cui elaborazione è stata insediata un'apposita Commissione di alta consulenza e studio. Inoltre, non viene ripianato il taglio di 304 milioni di euro sui fondi per il reclutamento per il 2010 e, rispetto al 2009, vengono ulteriormente decurtati del 6,8 per cento i fondi per l'esercizio, già largamente insufficienti. Nel sottolineare come non siano altresì previsti investimenti per l'area industriale della Difesa né per le infrastrutture, né per il ripianamento delle carenze organiche nei settori tecnici, condannando così all'estinzione un patrimonio di competenze dalle rilevanti capacità produttive, evidenzia, inoltre, l'assoluta inadeguatezza delle risorse per i rinnovi contrattuali che permettono l'erogazione della sola indennità di vacanza contrattuale.
Infine, ricorda che i commi 23, 28, 29, 30, 31 e 32 dell'articolo 2, introdotti durante l'esame presso la Commissione Bilancio del Senato, recano la costituzione di una società per azioni denominata «Difesa Servizi Spa», la cui attività consisterà, da un lato, nello svolgimento dell'attività negoziale diretta all'acquisizione di beni mobili, servizi e connesse prestazioni strettamente correlate allo svolgimento dei compiti istituzionali dell'Amministrazione della Difesa, dall'altro nella concessione in uso temporaneo, a titolo oneroso, previa autorizzazione del Ministro della difesa, dei mezzi e materiali prodotti dall'industria nazionale e acquisiti dalle Forze armate, per effettuare prove dimostrative, anche all'estero; la nuova società avrà un potere enorme, che potrà gestire in regime privatistico, senza i consueti controlli normalmente previsti dalle strutture statali.
In conclusione, ritiene che la manovra finanziaria e di bilancio avrebbe dovuto, in primo luogo, perseguire l'esigenza di una migliore qualità e di una razionalizzazione della spesa militare, accentuando la dimensione interforze dello strumento militare a livello nazionale e realizzando le migliori sinergie nel settore industriale e negli asset operativi a livello europeo. In secondo luogo, avrebbe dovuto superare alcune rigidità delle norme di contabilità pubblica affidando la capacità di operare scelte strategiche a coloro i quali, all'interno delle Forze armate, assumono incarichi istituzionali con l'attribuzione ad essi della funzione di Centro di responsabilità

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amministrativa. In terzo luogo, avrebbe dovuto recuperare una significativa capacità di produzione di beni e servizi in economia senza continuare a disattendere la necessità di corrispondere in tempi brevi alle piccole e medie imprese che forniscono beni e servizi essenziali alla Difesa quanto loro dovuto a fronte delle prestazioni rese. Infine, avrebbe dovuto adottare misure finanziarie adeguate, anziché prospettare un ridimensionamento drastico degli organici senza tener conto delle conseguenze operative.
Pertanto, considerato che, a suo avviso, rispetto a tali obiettivi il Governo dimostra di rimanere lontano da qualsiasi iniziativa concreta, esprime una valutazione negativa sui provvedimenti in titolo.

Edmondo CIRIELLI, presidente, nel concordare con le preoccupazioni espresse dal relatore e dall'opposizione, sottolinea innanzitutto come, nonostante la risoluzione n. 6-00028 di approvazione del DPEF 2010-2013, abbia previsto un preciso impegno per il Governo ad adottare «adeguate misure, anche di carattere finanziario, a favore dei giovani che, avendo completato il periodo di ferma volontaria nelle Forze armate, siano alla ricerca di nuova occupazione, privilegiando, in particolare, le iniziative volte a favorire il loro transito nel servizio permanente nelle Forze armate, nelle Forze di polizia e, più in generale, il loro stabile inserimento nella pubblica amministrazione», nel disegno di legge finanziaria, come già osservato dalla deputata Villecco Calipari, non vi sia traccia di tali misure. Rileva inoltre con stupore che le stesse preoccupazioni manifestate dal relatore siano state espresse nel corso della precedente seduta anche dal rappresentante del Governo che ha evidenziato numerosi elementi di criticità quali il mancato rifinanziamento del Fondo missioni internazionali, il ridotto finanziamento delle spese afferenti alla formazione ed addestramento, alla manutenzione, all'efficienza dei mezzi e alla sicurezza del personale, le continue riduzioni operate ai programmi di ammodernamento e rinnovamento che determinano la necessità di un prolungamento della vita tecnico-operativa dei mezzi esistenti, con connessi maggiori oneri, cui si aggiunge l'impatto diretto sulla sicurezza del personale e sull'operatività dello stesso strumento militare. Auspica, quindi, che nel corso dell'esame parlamentare possa porsi rimedio a tali profili di criticità attraverso l'approvazione di appositi emendamenti a cominciare dalle misure a favore del personale.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.40.

ELEZIONE DI UN VICEPRESIDENTE

Martedì 24 novembre 2009. - Presidenza del presidente Edmondo CIRIELLI.

La seduta comincia alle 14.10.

Edmondo CIRIELLI, presidente, ricorda che la Commissione è convocata per procedere all'elezione di un Vicepresidente. Avverte che risulterà eletto Vicepresidente il deputato che avrà ottenuto il maggior numero di voti.
Indìce quindi la votazione per l'elezione di un Vicepresidente.
Comunica il risultato della votazione:

Presenti e votanti 23

Ha riportato voti:
Giovanni Fava 19
Schede bianche 4

Proclama eletto Vicepresidente il deputato Giovanni Fava.

Hanno preso parte alla votazione per l'elezione di un Vicepresidente i deputati:
Ascierto, Barba, Cirielli, De Angelis, Di Stanislao, Fallica, Fava, Gregorio Fontana, Garofani, Gidoni, Holzmann, Giulio Marini, Mazzoni, Mogherini Rebesani, Moles, Paglia, Petrenga, Recchia, Luciano Rossi, Sammarco, Scandroglio, Speciale e Villecco Calipari.

La seduta termina alle 14.30.