CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 13 ottobre 2009
231.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 13 ottobre 2009. - Presidenza del vicepresidente Giuseppe Francesco Maria MARINELLO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Alberto Giorgetti.

La seduta comincia alle 12.50.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Moldova per l'assistenza giudiziaria e per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze in materia civile, fatto a Roma il 7 dicembre 2006.
C. 2696 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con condizioni ai sensi dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Claudio D'AMICO (LNP), relatore, illustra il provvedimento, il quale dispone la ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il

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Governo della Repubblica di Moldova per l'assistenza giudiziaria e per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze in materia civile, fatto a Roma il 7 dicembre 2006. Per quanto concerne i profili di interesse della Commissione bilancio, segnala che l'Accordo in oggetto, composto di un breve preambolo e di venticinque articoli, disciplina la cooperazione giudiziaria in campo civile tra i due Paesi, garantendo il riconoscimento reciproco delle decisioni e delle sentenze. In particolare, si dispone che la parte richiesta abbia diritto ad ottenere il rimborso delle spese relative ai periti, agli interpreti e ai testimoni, nonché di quelle sostenute per l'esecuzione di commissioni rogatorie e per le notificazioni con osservanza di forme particolari come previsto all'articolo 13, paragrafo 1, dello stesso. In proposito rileva che la relazione tecnica quantifica un onere - come limite massimo di spesa - per il bilancio dello Stato, di 11.510 euro annui a decorrere dal 2009. Tali spese si riferiscono alle disposizioni di cui all'articolo 11 dell'Accordo, relative, come espressamente rilevato dalla relazione tecnica, alle spese di viaggio e soggiorno, indennità e compensi a testimoni, periti e interpreti. In proposito rileva la correttezza delle quantificazioni riportate dalla relazione tecnica, tenuto conto della natura inderogabile delle ipotesi assunte dalla stessa per il calcolo degli oneri connessi alle forme di collaborazione giudiziaria in materia civile tra Italia e Moldova - di cui all'articolo 11 dell'Accordo. Ritiene comunque utile una conferma che ad ogni ulteriore spesa relativa all'esecuzione di commissioni rogatorie e a quelle relative alle notificazioni con l'osservanza di forme particolari, anch'esse menzionate dall'articolo 11 dell'Accordo, si possa far fronte nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio. Osserva che l'articolo 3 del disegno di legge di ratifica dispone che all'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a euro 11.510 annui a decorrere dall'anno 2009 si provveda mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 1, della legge n. 170 del 1997. Al riguardo, con riferimento all'autorizzazione di spesa della quale è prevista la riduzione, ricorda che le relative risorse sono iscritte in uno specifico piano di gestione del capitolo 2302 dello stato di previsione relativo al Ministero degli affari esteri, recante contributi obbligatori ad organismi internazionali. Da un'interrogazione effettuata alla banca dati della Ragioneria generale dello Stato il piano di gestione relativo alla legge n. 170 del 1997 reca le necessarie disponibilità. Segnala, tuttavia, che il suddetto capitolo è iscritto in bilancio tra quelli aventi natura obbligatoria e per i quali in caso di necessità è possibile prevedere il reintegro del relativo stanziamento mediante prelievo dal Fondo di riserva per le spese obbligatorie e di ordine di cui all'articolo 7 della legge n. 468 del 1978. In considerazione della particolare natura del capitolo, ritiene, quindi, opportuno, che il Governo chiarisca, come già fatto nel corso dell'esame degli Atti Camera n. 2675 e n. 2718, che l'utilizzo delle suddette risorse è compatibile con le esigenze finanziarie già programmate a legislazione vigente. In caso contrario, infatti, l'utilizzo dell'autorizzazione di spesa in esame potrebbe determinare, indirettamente, successivi prelievi dal Fondo di riserva per le spese obbligatorie e di ordine. Ritiene, inoltre, opportuno che il Governo chiarisca, stante la previsione contenuta nella relazione tecnica in base alla quale le ipotesi assunte per il calcolo degli oneri costituiscono riferimenti inderogabili, se l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3 possa essere formulata in termini di limite massimo di spesa, pur in presenza di disposizioni suscettibili di determinare diritti soggettivi non comprimibili nel suddetto limite, quali ad esempio: rimborso spese sostenute per periti, testimoni ed interpreti e gratuito patrocinio. Più in generale rileva che la previsione di una copertura finanziaria anche per l'anno 2009 risulta non necessaria in quanto l'articolo 24 dell'Accordo prevede che l'Accordo entri in vigore il primo giorno del secondo mese successivo a quello dello scambio degli strumenti di ratifica. In proposito ritiene

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che si potrebbe quindi posporre al 2010 la decorrenza dell'onere.

Il sottosegretario Alberto GIORGETTI conferma che l'utilizzo delle risorse iscritte in bilancio ai sensi della legge n. 170 del 1997 è compatibile con le esigenze finanziarie già programmate a legislazione vigente e non darà luogo a successivi prelievi dal Fondo di riserva per le spese obbligatorie e di ordine. Concorda con l'opportunità di modificare l'autorizzazione di spesa esprimendo l'onere in termini di stima e non di limite di spesa, inserendo conseguentemente una clausola di salvaguardia, mediante monitoraggio degli oneri e eventuale ricorso al fondo per le spese obbligatorie e d'ordine. Concorda anche con l'opportunità di modificare la decorrenza dell'onere ponendo la stessa a partire dall'anno 2010.

Claudio D'AMICO (LNP), relatore, formula quindi la seguente proposta di parere:
«La V Commissione,
esaminato il disegno di legge recante Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Moldova per l'assistenza giudiziaria e per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze in materia civile, fatto a Roma il 7 dicembre 2006 (C. 2696);
preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo;
nel presupposto che l'utilizzo delle risorse iscritte in bilancio ai sensi della legge n. 170 del 1997 è compatibile con le esigenze finanziarie già programmate a legislazione vigente e non darà luogo a successivi prelievi dal Fondo di riserva per le spese obbligatorie e di ordine;
considerato che l'Accordo, ai sensi dell'articolo 24 dello stesso, entrerà in vigore il primo giorno del secondo mese successivo a quello dello scambio degli strumenti di ratifica;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
All'articolo 3, comma 1, sostituire le parole: «pari a» con le seguenti: «valutato in»;

Conseguentemente, dopo il comma 1, aggiungere il seguente: «1-bis. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 1, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti adottati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2, della medesima legge n. 468 del 1978»;
All'articolo 3, comma 1, sostituire le parole: «a decorrere dall'anno 2009» con le seguenti: «a decorrere dall'anno 2010».

La Commissione approva la proposta di parere.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, con Allegato, adottata a Parigi il 2 novembre 2001, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
C. 2411-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

(Parere alle Commissioni riunite III e VII).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giuseppe Francesco Maria MARINELLO, presidente, in sostituzione del relatore, illustra il provvedimento, recante la Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, con Allegato, adottata a Parigi il 2 novembre 2001, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno, il quale,

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approvato dalla Camera dei deputati in prima lettura, è stato modificato nel corso dell'esame al Senato della Repubblica. In particolare, le modifiche apportate dal Senato concernono la formulazione della clausola di copertura, prevista dall'articolo 11 del disegno di legge di ratifica, che è stata integrata - a seguito del parere espresso dalla Commissione bilancio del Senato - al fine di rendere esplicito l'utilizzo del fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero degli affari esteri. Nel rilevare che si tratta di una modifica di carattere formale che non reca profili problematici di carattere finanziario, propone quindi di esprimere un parere favorevole sul provvedimento.

Il sottosegretario Alberto GIORGETTI concorda con la proposta di parere.

La Commissione approva la proposta di parere.

Modifica all'articolo 61 del codice penale, concernente l'introduzione della circostanza aggravante relativa all'orientamento o alla discriminazione sessuale.
C. 1658 e 1882-A.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Nulla osta - Parere su emendamenti).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giuseppe Francesco Maria MARINELLO (PdL), presidente e relatore, avverte che l'Assemblea ha trasmesso le proposte emendative riferite al testo unificato delle proposte di legge n. 1658 e n. 1882, recante modifica all'articolo 61 del codice penale, concernente l'introduzione della circostanza aggravante relativa all'orientamento o alla discriminazione sessuale. Segnala che tali proposte di legge, in quanto volte esclusivamente a modificare una disposizione del codice penale, non presentano profili finanziari e non sono state assegnate alla Commissione bilancio in sede consultiva. Rileva che, conseguentemente, ai fini dell'espressione del parere all'Assemblea sul testo unificato, la Commissione può esprimere un nulla osta. Segnala poi che anche le proposte emendative presentate in Assemblea hanno prevalentemente contenuto ordinamentale e, pertanto, appaiono prive di effetti per la finanza pubblica. Rileva, tuttavia, l'esigenza di una valutazione sui possibili effetti finanziari derivanti dagli emendamenti 1.81 e 1.83, i quali prevedono la promozione di campagne di informazione e di sensibilizzazione e di iniziative sul rispetto dei principi di eguaglianza tra gli orientamenti sessuali, rispettivamente da parte delle Autorità pubbliche e del Ministro per le pari opportunità. Analogamente, ritiene necessario che il Governo chiarisca se possano determinarsi effetti finanziari negativi in relazione all'emendamento 1.82, il quale prevede, tra l'altro, che il sistema dell'istruzione si impegni per rimuovere gli ostacoli che impediscono la realizzazione dei valori di uguaglianza senza discriminazioni fondate sul sesso o sull'orientamento sessuale. Infine, rileva che l'articolo aggiuntivo 1.01 dispone l'approvazione, da parte del Governo, di un Piano triennale contro le discriminazioni che, tra le altre cose, deve prevedere risorse per il contrasto e l'assistenza alle vittime di discriminazioni o di atti di violenza connessi anche all'orientamento sessuale della persona offesa, oltre che specifiche campagne di comunicazione sociale e iniziative educative nella scuole e presso l'associazionismo giovanile, sui temi connessi alla sessualità umana. Il Piano, inoltre, deve prevedere la trasformazione dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR) in Agenzia nazionale contro le discriminazioni che, in autonomia dal Governo e con l'assegnazione alla stessa di adeguate risorse, diventi il soggetto che sovrintende all'attuazione del Piano nazionale. Agli oneri del presente articolo aggiuntivo si provvede a valere sul Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, di cui all'articolo 19, comma 3, del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla

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legge n. 248 del 2006. Al riguardo, rileva che la proposta emendativa non reca una quantificazione degli oneri da essa recati. Tale circostanza non consente di valutare la disponibilità delle risorse da utilizzare allo scopo nell'ambito del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. Su tale aspetto chiede di acquisire l'avviso del Governo.

Il sottosegretario di Stato Alberto GIORGETTI conferma che il provvedimento, avendo carattere ordinamentale, non presenta profili finanziari. Con riferimento agli emendamenti richiamati dal relatore, osserva che gli emendamenti 1.81 e 1.83, prevedendo la promozione, da parte di soggetti pubblici, di campagne di informazione e di sensibilizzazione, nonché di iniziative sul rispetto del principio di uguaglianza tra gli orientamenti sessuali, determina oneri non quantificati e privi di copertura ed esprime pertanto parere contrario. Segnala poi che l'emendamento 1.82 prevede che il sistema di istruzione si impegni a rimuovere gli ostacoli che impediscono la realizzazione dei valori di uguaglianza senza discriminazioni fondate sul sesso o sull'orientamento sessuale. In relazione ai chiarimenti richiesti dal relatore, ritiene che la norma non sia suscettibile di determinare effetti finanziari negativi, considerato il suo carattere programmatico. Avverte poi che l'articolo aggiuntivo 1.01 dispone l'adozione, da parte del Governo, di un Piano triennale contro le discriminazioni che, tra l'altro, deve prevedere risorse per il contrasto alle discriminazione e l'assistenza alle vittime di violenza. Inoltre, tale Piano deve prevedere la trasformazione ell'UNAR (ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) in Agenzia nazionale contro le discriminazioni, con l'assegnazione alla medesima di adeguate risorse. All'onere derivante dall'articolo si provvede a valere sul Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità di cui all'articolo 19, comma 3, del decreto-legge n. 223/2006. Esprime parere contrario sulla proposta emendativa, in quanto l'emendamento non reca una quantificazione degli oneri e quindi non consente di valutare la congruità della prevista copertura finanziaria. Inoltre, il Piano non costituisce uno strumento idoneo per la trasformazione di un Ufficio in Agenzia.

Giuseppe Francesco Maria MARINELLO, presidente e relatore, formula quindi la seguente proposta di parere:
«La V Commissione,
esaminato il testo del progetto di legge C. 1658-1882-A, recante disposizioni in materia di reati commessi per finalità di discriminazione o di odio fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere;
preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo;
esprime
sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

NULLA OSTA

sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.81 e 1.83, e sull'articolo aggiuntivo 1.01 in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti».

La Commissione approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 13.15.

ATTI DEL GOVERNO

Martedì 13 ottobre 2009. - Presidenza del vicepresidente Giuseppe Francesco Maria MARINELLO. - Interviene il sottosegretario

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di Stato per l'economia e le finanze Alberto Giorgetti.

La seduta comincia alle 13.15.

Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale per il 2009.
Atto n. 121.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto, rinviato nella seduta del 7 ottobre 2009.

Gioacchino ALFANO (PdL), relatore, ritiene opportuna una proroga del termine per l'espressione del parere, al fine di valutare gli elementi emersi nella precedente seduta ed impostare la necessaria interlocuzione con il Governo.

Giuseppe Francesco Maria MARINELLO, presidente, dichiara di condividere le valutazioni del deputato Alfano.

Il sottosegretario Alberto GIORGETTI, con riferimento alle richieste di chiarimento formulate nel corso dell'esame dello schema, ritiene che debbano essere confermati i criteri utilizzati dal Governo per la ripartizione delle risorse rivenienti dall'otto per mille dell'IRPEF attribuite alla diretta gestione statale per il 2009, osservando altresì che le Camere già dispongono di tutte le informazioni necessarie per valutare le richieste di finanziamento presentate e le scelte operate dallo schema. Per quanto attiene alle valutazioni di carattere politico in ordine a tali scelte, sottolinea come si tratti di un giudizio che rientra nella esclusiva competenza della Commissione, ricordando come in passato si siano più volte evidenziate divergenze, spesso forti, tra Esecutivo e Parlamento in ordine ai criteri e alle priorità da seguire per il finanziamento dei diversi interventi. Nel rimettersi alla valutazione della Commissione in ordine all'opportunità di una proroga del termine per l'espressione del parere, che comunque dovrà intervenire in tempi rapidi, segnala, comunque, che il Governo non può assicurare che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che provvederà alla ripartizione delle risorse terrà conto delle indicazioni contenute nei pareri espressi dalle Commissioni parlamentari.

Massimo VANNUCCI (PD), esprimendo preoccupazione per le considerazioni svolte dal rappresentante del Governo con riferimento al valore del parere parlamentare, giudica opportuno richiedere alla Presidenza della Camera un rinvio del termine per l'espressione del parere. Quanto al contenuto di tale parere, ritiene del tutto inutile l'espressione di un parere contrario sullo schema, in quanto l'esperienza degli anni passati ha dimostrato in modo chiarissimo come il Governo, anche in presenza di una valutazione parlamentare di segno critico, ha comunque proceduto all'adozione del decreto di ripartizione della quota dell'otto per mille secondo i criteri già individuati.
Ribadisce, quindi, l'esigenza, già evidenziata nella passata seduta, di approvare un parere che consenta di superare i difetti dell'istruttoria svolta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, fissando precisi criteri per la ripartizione delle risorse rivenienti dall'otto per mille devoluta alla diretta gestione statale. In questa ottica, sottolinea, in particolare, la necessità di garantire una equilibrata ripartizione delle risorse tra le diverse finalità previste dall'articolo 48 della legge n. 222 del 1985 e di assicurare il pieno rispetto delle scelte operate dai contribuenti in ordine alla destinazione di tali risorse allo Stato. A tale riguardo, nel sottolineare come la quota effettivamente ripartita sia pari a soli 43 milioni di euro, a fronte degli oltre 130 milioni di euro corrispondenti alle scelte espresse in sede di dichiarazione dei redditi, osserva che la scelta di attribuire le risorse dell'otto per mille allo Stato è da considerarsi alternativa

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rispetto all'attribuzione di tali risorse alla Chiesa cattolica, che sulla base delle scelte espresse dai contribuenti già benefica di oltre 900 milioni di euro. Ritiene, pertanto, assolutamente inappropriata la scelta operata dallo schema in esame, che destina una ingente quota delle risorse destinate alla conservazione dei beni culturali ad enti ecclesiastici e parrocchie, finanziando un solo intervento proposto da un ente locale. In ogni caso, anche con riferimento agli interventi destinati ad enti ecclesiastici, rileva la sussistenza di rilevanti carenze istruttorie, segnalando come una parrocchia in provincia di Pesaro e Urbino abbia richiesto il finanziamento di due interventi e sia stata ammessa alla ripartizione delle risorse per il progetto che essa stessa giudica meno urgente.
Alla luce di queste considerazioni, ribadisce l'esigenza di richiedere un rinvio del termine per l'espressione del parere, al fine di fissare precisi criteri per la ripartizione delle risorse disponibili.

Antonio BORGHESI (IdV) rileva che il suo gruppo ritiene indispensabile un diverso equilibrio tra gli interventi ammissibili al finanziamento a valere sulla quota statale dell'otto per mille. Ciò è vero ad esempio per le calamità naturali per le quali è necessario un maggiore equilibrio, non assumendo come unico criterio quello del numero dei morti, ritenendo preferibile, ai fini del presente provvedimento, prendere in considerazione le stime dei danni effettuate. Dichiara poi di condividere le valutazioni del collega Vannucci in ordine alla necessità di una più equa distribuzione per quel che concerne gli interventi in materia di beni culturali, con riferimento alla quale risulta non corretto che oltre il 90 per cento dei finanziamenti vada a diocesi cattoliche, che già peraltro beneficiano di una quota dell'otto per mille. Annuncia pertanto la valutazione contraria del suo gruppo sul provvedimento.

Massimo BITONCI (LNP), concorda con il collega Vannucci sull'opportunità di rivedere i criteri seguiti per la ripartizione delle risorse dell'otto per mille, osservando come si evidenzi una grave disparità di trattamento a danno dei territori del Nord, dal momento che la stragrande maggioranza delle risorse è destinata ad interventi da realizzare nell'Italia meridionale. Condivide, inoltre, il giudizio del collega Vannucci in ordine all'esigenza di non dare sempre e comunque prevalenza a progetti presentati da enti ecclesiastici, tenuto conto del fatto che numerose istanze sono state presentate da amministrazioni comunali, che nelle attuali condizioni di finanza pubblica hanno particolare necessità di risorse finanziarie. Ricordando il proprio precedente intervento, ricorda come fino ad ora per gli interventi necessari a far fronte alle gravi conseguenze del tornado che nel mese di giugno si è abbattuto sulla frazione di Vallà del comune di Riese Pio X siano stati stanziati fondi assolutamente insufficienti. I danni che si sono registrati ammontano, infatti, a circa 34 milioni di euro ed è urgente assicurare risorse per finanziare gli interventi di ricostruzione, che comunque non potranno beneficiare delle risorse di cui allo schema in esame, in quanto la calamità si è verificata dopo il termine per la presentazione delle istanze. Conclusivamente, sottolinea l'opportunità di procedere sin d'ora all'espressione del parere sullo schema in esame.

Gioacchino ALFANO (PdL), relatore, ribadisce l'opportunità di una proroga del termine per l'espressione del parere e invita la Commissione a deliberare in tal senso. Se tale proposta verrà respinta, ritiene, considerato che il termine per l'espressione del parere scade nella giornata di oggi, che la Commissione debba essere nuovamente convocata in data odierna per procedere alla votazione della proposta di parere, che, nelle more della sospensione dei lavori della Commissione, si impegna a predisporre.

Massimo BITONCI (LNP), preso atto dei chiarimenti forniti dal relatore, ritiene sia possibile chiedere una proroga del termine per l'espressione del parere.

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Giuseppe Francesco Maria MARINELLO, presidente, osserva come la situazione sia sostanzialmente definita, in quanto il rappresentante del Governo ed il relatore hanno chiarito quali siano le possibili alternative in ordine al seguito dell'esame dello schema. Ritiene, pertanto, che, ove la Commissione consenta, vi siano le condizioni per richiedere al Presidente della Camera di prorogare di dieci giorni il termine per la deliberazione del parere, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento.

La Commissione, all'unanimità, consente.

La seduta termina alle 13.25.

SEDE REFERENTE

Martedì 13 ottobre 2009. - Presidenza del vicepresidente Giuseppe Francesco Maria MARINELLO, indi del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Giuseppe Vegas.

La seduta comincia alle 13.25.

Legge di contabilità e finanza pubblica.
C. 2555, approvato dal Senato e C. 659.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta dell'8 ottobre 2009.

Gioacchino ALFANO (PdL) rileva preliminarmente l'importanza del provvedimento che, nonostante la forte caratura tecnica, riveste un'evidente rilevanza politica, destinato com'è a ridefinire i rapporti tra Parlamento e Governo, da un lato, e tra Stato, Regioni ed Enti locali, dall'altro, in materia di finanza pubblica. Il tema politicamente cruciale sottostante al disegno di legge è quello del coordinamento della finanza pubblica, oggetto di una puntuale disciplina di livello costituzionale, che riflette l'ispirazione di carattere federalista del titolo V della Carta costituzionale. La riforma dell'attuale disciplina in materia di contabilità e di finanza pubblica deve misurarsi con due fenomeni di carattere istituzionale che negli anni recenti hanno manifestato tutta la loro carica innovatrice: gli sviluppi dell'unione europea e, in particolare, dell'unione monetaria e l'attuazione del federalismo e, in particolare, del federalismo fiscale. Il livello statuale si colloca quindi su un piano intermedio e deve manifestare un'attitudine al coordinamento sia verso l'esterno, l'Unione europea, che verso l'interno, gli enti territoriali. Nell'ambito di tali dinamiche può e deve svolgere un ruolo il Parlamento, quale luogo di sintesi e di mediazione degli interessi in gioco. Se questo è lo scenario nel quale si colloca la riforma al nostro esame, è evidente la necessità di superare l'ordinaria dialettica tra maggioranza e opposizione, come dimostrano del resto le prese di posizione di carattere trasversale emerse nel corso della discussione in Commissione. Anche il Governo, a suo avviso, nel prosieguo dell'esame dovrà fornire un contributo affinché il contenuto definitivo del provvedimento risulti ampiamente condiviso dalle diverse componenti politiche rappresentate in Commissione. Richiamando poi le importanti questioni già emerse nel corso del dibattito, come quella dell'introduzione del bilancio di cassa, potenzialmente idonea a rendere più trasparente la gestione dei conti pubblici e, al contempo, a responsabilizzare la dirigenza consentendo di valutarne i risultati conseguiti in termini di gestione della cosa pubblica, si sofferma su uno specifico aspetto, vale a dire l'esigenza di garantire un corretto coordinamento temporale tra i bilanci dello Stato e quelli degli enti decentrati. Quest'ultima può sembrare un'istanza minimale, ma rappresenta a ben vedere la recondizione per poter realizzare un sistema coerente ed efficiente nel quale tutti i soggetti coinvolti concorrono al perseguimento di obiettivi predefiniti e condivisi. Sul piano operativo ciò significa, in ipotesi,

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che se il bilancio degli enti locali deve essere approvato entro il 31 dicembre, occorre, a livello centrale, che il quadro di finanza pubblica sia già definito il 31 ottobre. Sottolinea a riguardo che la certezza delle risorse a disposizione delle amministrazioni decentrate è più importante del loro quantum. In alternativa, si dovrebbe pensare ad una più netta separazione tra legislazione statale e legislazione degli enti decentrati, e tra le risorse dei diversi livelli di governo, scelta che riterrebbe peraltro rischiosa e controindicata per una molteplicità di ragioni. In proposito, osserva come anche la legge sul federalismo fiscale, dalla quale non è possibile prescindere, non privilegi in realtà la separazione tra finanza dello Stato e finanza degli enti territoriali, bensì un forte coordinamento tra i diversi ambiti istituzionali, con il coinvolgimento tempestivo di tutti i livelli di governo nelle procedure di bilancio. Al contempo, non vi è dubbio che le procedure connesse alla finanza pubblica debbano sfociare, in tempi certi e predeterminati, in decisioni che garantiscano l'integrità dei conti pubblici in coerenza con i vincoli europei. Un ruolo adeguato, come ha accennato, dovrà essere in questo quadro riservato al Parlamento, prevedendo interventi puntuali delle Camere nella fase dell'impostazione, della decisione e della verifica degli effetti della manovra di finanza pubblica.

Amedeo CICCANTI (UdC) osserva, preliminarmente, che una riforma strutturale degli strumenti di programmazione economica e finanziaria e degli strumenti di governo dei conti pubblici si rendeva necessaria, soprattutto dopo che questo tema era stato affrontato senza esito già nella XV legislatura. La legge n. 468 del 1978 non poteva, infatti, più sostenere la gestione dei conti pubblici, alla luce dell'esigenza di tenere conto dell'introduzione della moneta unica europea e della riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione. Si tratta di due eventi epocali, che hanno profondamente trasformato il ruolo dello Stato e del Parlamento, come evidenziato anche nell'intervento della collega Lanzillotta. La devoluzione verso l'alto, in favore dell'Unione europea, e verso il basso, in favore delle regioni e gli enti locali, impone di affinare gli strumenti di controllo della finanza pubblica per tener conto dell'esigenza di rispettare il Patto di stabilità e crescita e di definire in forma condivisa i contenuti del Patto di stabilità interno. In questo contesto, osserva che la riforma, pure se attesa ormai da tanto tempo, interviene al momento giusto, in quanto il legislatore può tenere conto delle disposizioni di attuazione del federalismo fiscale contenute nella legge n. 42 del 2009.
Quanto all'incidenza della riforma sull'assetto della forma di governo, giudica in parte pretestuosa la polemica sul ruolo del Parlamento, che verrebbe ridimensionato rispetto a quello del Governo, in quanto il maggior ruolo riconosciuto all'Esecutivo è da porre in relazione alle nuove esigenze di governo dell'economia e della finanza pubblica in relazione ai tempi di decisione che la globalizzazione impone. Osserva, peraltro, che da ormai cinque anni la sessione di bilancio è preceduta da una manovra «estiva» di adeguamento delle entrate e delle spese in rapporto allo scostamento dei conti pubblici dagli obiettivi finanziari definiti dagli strumenti di programmazione dell'anno precedente. Il decreto-legge n. 112 del 2008 è, a suo avviso, l'esempio più eloquente di questo genere di manovra «estiva», sia per la profondità, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, della manipolazione dei conti, sia per l'ampiezza temporale. Giudica particolarmente significative, al riguardo, le disposizioni di cui all'articolo 60 del decreto-legge in materia di rimodulazioni di spesa e di tagli lineari alle dotazioni di bilancio nell'arco del triennio. Non di meno aveva fatto il Governo Prodi con i due decreti-legge Bersani-Visco del 2006 e 2007, introducendo una timida modifica anticipatrice dell'articolo 60 del decreto-legge n. 112 del 2008. Si riferisce, in particolare, al famoso comma 507 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, che introduceva elementi di flessibilità nella gestione del bilancio, facendosi

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carico di un'esigenza di efficacia nella gestione dei conti pubblici da più parti condivisa. L'esame di tali disposizioni è, a suo avviso, emblematico, in quanto dimostra che due maggioranze di segno opposto abbiano avvertito l'esigenza di un superamento della legge n. 468 del 1978. Giudica, inoltre, che il voto pressoché unanime del Senato sulla proposta di legge oggi in esame possa aiutare questo ramo del Parlamento a meglio puntualizzare alcuni aspetti di singoli istituti, anche alla luce dei quanto evidenziato dalle audizioni svolte nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata dalla Camera.
Su un piano generale, osserva che l'impianto generale della riforma è nel suo complesso condivisibile, così come valuta condivisibile l'auspicio del relatore di completare l'iter del provvedimento entro il corrente anno, al fine di affrontare il ciclo della programmazione economica e finanziaria del 2010 con i nuovi strumenti di controllo e gestione della finanza pubblica.
Prima di soffermarsi su alcuni specifici aspetti della proposta di legge di riforma della contabilità pubblica, dichiara di condividere i due fondamentali pilastri dell'impianto normativo, vale a dire la salvaguardia dell'articolo 81 della Costituzione, che garantisce il «diritto al bilancio» del Parlamento, riconfermandone la centralità nell'impianto repubblicano, ed il rafforzamento dei poteri di indirizzo e controllo del Parlamento nei confronti del Governo, al fine di gestire le grandezze macroeconomiche dei conti pubblici nella fase ascendente verso l'Europa e nella fase discendente verso il sistema delle autonomie.
Per quanto attiene ai principali profili critici della proposta di legge in esame, segnala in primo luogo l'esigenza di intervenire sulla disciplina in materia di armonizzazione della classificazione dei bilanci pubblici e dei principi contabili di rilevazione contenuta nel Titolo I della proposta. A tale riguardo, giudica significativa la preoccupazione espressa dalla Corte dei conti in ordine alla complessità della armonizzazione contabile tra i diversi livelli decisionali, soprattutto nel momento in cui tale raccordo si esplica con l'esercizio di deleghe legislative. In tale ottica sarebbe, a suo avviso, opportuno prevedere norme di raccordo con l'attività di controllo svolta dalla Corte, anche avvalendosi dell'esperienza maturata nell'ambito dell'esame che questa compie sui bilanci sia a livello centrale che su base territoriale.
Esaminando nel dettaglio le procedure di attuazione della delega di cui all'articolo 2, rileva come il comma 4 di tale articolo, diversamente da quanto previsto dalla legge n. 42 del 2009 sul federalismo, si limita a sottoporre gli schemi di decreto legislativi alla Conferenza unificata, al fine del raggiungimento dell'intesa, secondo la procedura di approvazione propria dei provvedimenti d'interesse territoriale. Tale semplificazione dell'iter di esercizio della delega stride con la diversa procedura stabilita dalla legge n. 42 del 2009, che prevede il raccordo tra Corte dei Conti e Commissione paritetica per il federalismo fiscale, che ha il compito di acquisire ed elaborare elementi informativi per la predisposizione dei contenuti dei decreti legislativi previsti da tale provvedimento. Lo stesso Ragioniere generale dello Stato ha osservato che l'articolo 2, comma 2 della legge n. 42 stabilisce un'apposita delega da attuare entro dodici mesi, nella quale si definiscono i principi a cui gli enti territoriali devono ispirarsi nella definizione dei propri sistemi contabili. Alla luce di tali considerazioni, giudica un'esigenza imprescindibile il raccordo tra la delega prevista dalla legge n. 42 e la proposta di legge in esame, rilevando come si renda necessaria una codificazione attuativa uniforme dei sistemi contabili degli enti territoriali. Tale raccordo richiede, a suo avviso, una condivisione con gli enti territoriali, che non possono limitarsi a rendere un parere, e l'elaborazione di principi definiti dal basso, con il coinvolgimento degli enti territoriali e con un presidio tecnico di controllo che può essere dato dalla Corte dei conti.
Per quanto riguarda le disposizioni in materia di monitoraggio dei conti pubblici contenute nell'articolo 14, condivide il suggerimento

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della Banca d'Italia di assicurare una più stretta relazione tra la nuova banca dati e il SIOPE, attraverso una integrazione del successivo articolo 15.
Una diversa valutazione si impone, invece, con riferimento all'articolo 43, comma 1, lettera l), del provvedimento che prevede l'introduzione, in via sperimentale, di un sistema e di schemi di contabilità economico-patrimoniale. Ritiene, infatti, che tale introduzione, in assenza di una contabilità economico-patrimoniale, possa rivelarsi assai aleatoria, in quanto si rischia di ottenere risultati assolutamente non verificabili. In questa ottica, giudica, anche alla luce dell'insoddisfacente esperienza maturata in sede di applicazione del decreto legislativo n. 279 del 1997, che ha introdotto forme di contabilità analitica per centri di costo, ritiene che la riforma debba essere coordinata con le disposizioni in materia di valutazione dei risultati della dirigenza pubblica contenute nella legge n. 15 del 2009 di riforma della pubblica amministrazione. In ogni caso, qualora siano introdotti schemi di contabilità economico-patrimoniale, occorrerebbe seguire le indicazioni dell'ISTAT, che suggerisce una integrazione della norma affinché vi sia un raccordo analitico ed esplicito con la contabilità finanziaria. Non va, inoltre, sottaciuta l'osservazione del professor Brancasi sulla necessità di un glossario di contabilità univoco per tutti i comparti. Vi è, infatti, la necessità di intendere nello stesso modo definizioni tecniche, come quelle di impegno, accertamento, competenza, ad esempio adottando per le regioni e gli enti locali la definizione utilizzata a livello statale. In ogni caso, ritiene che questa problematica possa essere affrontata in sede tecnica mettendo a confronto l'esperienza del piano dei conti dello Stato e quello adottato dalle autonomie territoriali, in particolar modo delle regioni.
Contro l'imposizione di uno schema autoritativo in materia da parte dello Stato per gli enti territoriali, si è espresso anche il professor Manin Carabba, ricordando che tale procedura è preclusa anche dall'articolo 117 della Costituzione, che, al terzo comma, indica la materia dell'armonizzazione dei bilanci pubblici tra quelle attribuite alla competenza concorrente tra lo Stato e le regioni.
In ogni caso, ravvisa l'esigenza di assicurare un adeguato raccordo tra le disposizioni in materia di coordinamento della finanza pubblica tra i livelli di Governo contenute nella proposta in esame e le disposizioni di cui alla legge n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale. In tale contesto, l'attenuazione dell'autonomia degli enti territoriali è ancora più evidente e impone, pertanto, una riflessione sul ruolo degli enti decentrati nel procedimento di formazione delle decisioni di finanza pubblica. L'articolo 10, comma 4, prevede, infatti, un semplice parere sulle linee guida per la ripartizione di quote degli obiettivi di finanza pubblica, che per di più interviene il 15 luglio, quando ancora la Decisione di finanza pubblica non c'è. Tale previsione è ancora più stridente se si confronta la disposizione con l'articolo 5 della legge n. 42, che affida alla costituenda Conferenza permanente per il coordinamento di finanza pubblica, di cui sono parte effettiva anche i rappresentanti delle autonomie, il compito di concorrere alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per il comparto in relazione ai livelli di pressione fiscale e di indebitamento.
In sostanza, per la definizione degli stessi obiettivi di finanza pubblica, nella proposta in esame si prevede un semplice parere, mentre nella legge di attuazione del federalismo fiscale si prevede un concorso attivo all'individuazione degli obiettivi. Vi è, quindi, l'esigenza di fare riferimento al testo più aperto alle autonomie territoriali, e quindi all'articolo 5 della legge n. 42 del 2009. Se è vero - come sostiene il Ragioniere generale dello Stato - che nella proposta di legge di riforma si parla solo di principi e criteri, mentre nella legge n. 42 si prevede la definizione di sistemi contabili, allora il principio di «concorrenza» tra Stato e regioni in materia di coordinamento della finanza pubblica è stato ignorato nella legge n. 42 del 2009, cioè proprio nella legge che dovrebbe

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garantire l'autonomia fiscale degli enti territoriali. Comunque si legga questa vicenda, giudica necessario recuperare uno schema comune tra la proposta di legge di riforma per assorbire anche la legge delega di cui all'articolo 5 della legge n. 42.
Con riferimento alle regole e gli strumenti per il Governo della finanza pubblica, rileva che la proposta di legge di riforma prevede la soppressione dell'attuale obbligo di copertura dei nuovi o maggiori oneri di parte corrente nell'ambito della legge finanziaria. Ritiene, che tale scelta, come sottolineato anche dalla Corte dei conti, non sia condivisibile perché il terzo comma dell'articolo 81 della Costituzione esclude dall'obbligo di copertura la sola legge di bilancio, in quanto con essa non possono essere stabiliti nuovi tributi e nuove spese. Sul punto, inoltre, dichiara di condividere il ragionamento sui «tetti di spesa» fatto dalla collega Lanzillotta, in ragione dell'esigenza di tutelare i diritti soggettivi sottostanti alle norme di spesa, che ne risulterebbero pregiudicati. Sul tema della copertura finanziaria, non va trascurato inoltre il suggerimento di un'interpretazione estensiva e vincolante dell'obbligo di copertura riferito anche al saldo di cassa e dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni, modificando opportunamente l'articolo 18 della proposta.
Per quanto attiene al passaggio alla redazione del bilancio dello Stato secondo il criterio di cassa, osserva che la contabilità di cassa significa l'integrale adozione del sistema europeo dei conti, il cosiddetto SEC 95, rilevando che, in assenza di una contabilità economica, vi sono serie difficoltà gestionali. Tale tipo di contabilità viene prescritto all'articolo 43, comma 2, lettera l), a soli fini conoscitivi, con separata evidenziazione delle risultanze gestionali. Al riguardo, ritiene opportuno valutare attentamente se un anno per l'adozione dei decreti delegati e tre anni di regime transitorio siano sufficienti per una «rivoluzione» dei conti pubblici. Come ha osservato il Ragioniere generale dello Stato, l'adozione del criterio di cassa per i bilanci dovrebbe estendersi anche ai bilanci di tutte le amministrazioni pubbliche. Ciò richiede, a suo giudizio, un periodo di sperimentazione lungo e complicato, per il quale tre anni potrebbero rivelarsi insufficienti La questione, però, non è solo temporale. Come ha rilevato l'ISTAT, la contabilità di cassa privilegia l'aspetto gestionale e dei risultati e ciò può favorire comportamenti opportunistici e momentanei. Potrebbero verificarsi, inoltre, debiti impliciti per effetti indesiderati negli esercizi futuri. Con l'adozione del bilancio per sola cassa si rischia, in sostanza, di compromettere la veridicità dei bilanci quali strumenti di programmazione. Si tratta, quindi, di tenere legati i due schemi contabili della competenza e della cassa, al fine di verificare il momento gestionale e dell'efficacia della spesa rispetto a quello della programmazione. Nonostante l'ISAE abbia espresso perplessità sulla contabilità di cassa, osserva che complessivamente i giudizi delle audizioni sono favorevoli a tale schema contabile, pur richiedendo ogni opportuna cautela e verifica.
Si tratta di seguire alcuni suggerimenti del Consigliere De Ioanna, in un quadro di mitigazione come quello proposto dal professor Brancasi, che suggerisce di adottare per tutti gli enti pubblici la nozione di competenza già prevista dalla legislazione regionale, che «schiaccia» la competenza sulla cassa, assumendo gli elementi virtuosi dei due schemi contabili.
In conclusione, rileva come la riforma della legislazione di contabilità impone una modifica dei regolamenti parlamentari. Sul punto, dichiara di condividere la proposta del presidente Giorgetti che, se ha inteso bene, propone di stralciare da una rivisitazione complessiva degli stessi regolamenti la parte relativa al ciclo della programmazione finanziaria. Si tratta di un secondo tempo della riforma che dovrà essere affrontato quasi contestualmente al primo e, comunque, non oltre il primo trimestre dell'anno 2010.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, non essendoci altre richieste di intervento,

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chiede al relatore e al rappresentante del Governo se intendono replicare.

Antonio LEONE (PdL), relatore, chiede un rinvio al fine di poter valutare gli interventi svolti dai colleghi in sede di esame preliminare ai fini della predisposizione della replica.

Il viceministro Giuseppe VEGAS si riserva di replicare, in coerenza con la prassi, al termine della replica del relatore.

Pier Paolo BARETTA (PD) chiede se il termine per la presentazione degli emendamenti sia confermata per venerdì 16 ottobre alle ore 10.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, rileva che allo stato l'individuazione del termine per la presentazione degli emendamenti nella giornata di venerdì 16 è obbligato al fine di consentire alla Commissione una settimana di votazioni, essendo previsto l'avvio della discussione del provvedimento in Assemblea per lunedì 26 ottobre. Si impegna comunque a verificare con la Presidenza della Camera la praticabilità di un rinvio della discussione in Assemblea. In tal caso, si potrebbe anche accedere alla richiesta di un breve differimento del termine di presentazione degli emendamenti. Rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta che sarà convocata domani per lo svolgimento delle repliche del relatore e del rappresentante del Governo.

La seduta termina alle 14.10.