CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 13 ottobre 2009
231.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 13 ottobre 2009.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 11 alle 11.20.

SEDE REFERENTE

Martedì 13 ottobre 2009. - Presidenza del presidente Donato BRUNO - Intervengono il viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali Ferruccio Fazio e il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Aldo Brancher.

La seduta comincia alle 11.20.

Sull'ordine dei lavori.

Donato BRUNO, presidente, propone di invertire l'ordine dei lavori nel senso di iniziare la seduta in sede referente dal disegno di legge recante istituzione del Ministero della salute e incremento del numero complessivo dei sottosegretari di Stato (C. 2766), di passare quindi alla proposta di legge recante modifiche alla disciplina in materia di elezioni dei consigli regionali e dei presidenti delle giunte regionali, nonché in materia di elezione dei consigli comunali e provinciali (C. 2669) e di proseguire poi i lavori con i restanti punti previsti all'ordine del giorno della seduta.

La Commissione concorda.

Istituzione del Ministero della salute e incremento del numero complessivo dei Sottosegretari di Stato.
C. 2766 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Donato BRUNO, presidente e relatore, ricorda che il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, si compone di un unico articolo articolato in undici commi. Il provvedimento prevede, in particolare, una modifica del numero dei Ministeri e dei componenti il Governo, nonché l'istituzione di due Dicasteri, il «Ministero della salute» ed il «Ministero del lavoro e

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delle politiche sociali», attraverso la separazione delle funzioni attualmente esercitate dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
L'articolo 1, dunque, dispone l'aumento del numero dei Ministeri da dodici a tredici - a seguito del ricordato sdoppiamento dell'attuale Ministero della lavoro, della salute e delle politiche sociali - e prevede che il numero totale dei componenti del Governo a qualsiasi titolo, ivi compresi ministri senza portafoglio, viceministri e sottosegretari di Stato, non possa essere superiore a sessantatré e che la composizione del Governo debba essere coerente con il principio costituzionale delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.
L'aumento di tre unità - da 60 a 63 - del numero dei membri del Governo è riferito, come già nel testo vigente, ai componenti del Governo «a qualsiasi titolo». Considerando la carica di Presidente del Consiglio dei ministri e quella dei titolari dei tredici ministeri, se ne desume che il Governo non potrà contare più di quarantanove membri tra ministri senza portafoglio, viceministri, sottosegretari di Stato ed eventuali vicepresidenti del Consiglio che non siano al contempo titolari di ministero.
L'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 90 del 2008 prevede che, in deroga ad una serie di disposizioni, tra cui il citato articolo 1, comma 376, della legge finanziaria per il 2008, per far fronte alla gravissima situazione in corso, e comunque fino al 31 dicembre 2009, è preposto un sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri alla soluzione dell'emergenza rifiuti nella regione Campania. In virtù di questa deroga, il numero massimo dei membri del Governo è, fino al 31 dicembre 2009, pari a 61 e diverrebbe pari a 64 a seguito dell'approvazione della disposizione in esame.
Il comma 2 dell'articolo 1 prevede poi ulteriori modifiche al decreto legislativo n. 300 del 1999, tra cui l'attribuzione al Ministero dell'economia e delle finanze di talune funzioni in merito al settore della spesa sanitaria ed al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, anche per quanto attiene ai piani di rientro regionali.
Con una modifica introdotta nel corso dell'esame presso il Senato è stato inserita una nuova lettera b-bis), che aggiunge alle funzioni attribuite al Ministero della salute anche quella del monitoraggio della qualità delle attività sanitarie regionali riguardanti i livelli essenziali delle prestazioni erogate, sul quale il Ministro riferisce annualmente al Parlamento.
Il comma 3 statuisce il trasferimento al costituendo Ministero della salute, a decorrere dall'entrata in vigore della legge e senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, delle funzioni e delle strutture indicate dal decreto legislativo n. 300 del 1999 che, ai sensi della disciplina vigente, sono conferite al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
Il comma 4 prevede la sostituzione delle nuove denominazioni dei Ministeri a quella attualmente in vigore in relazione alle funzioni trasferite.
Il comma 5, a sua volta, prevede l'emanazione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze per l'approvazione delle necessarie variazioni per l'adeguamento del bilancio di previsione dello Stato alla nuova struttura di Governo.
Il comma 6 rimette ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'individuazione provvisoria del contingente minimo degli uffici strumentali e di diretta collaborazione dei Ministeri interessati al riordino.
Il comma 7 precisa che fino alla data di entrata in vigore dei nuovi regolamenti di organizzazione si applicano le disposizioni di alcuni regolamenti espressamente indicati.
Il comma 8 prevede che, ai fini della funzionalità delle strutture, per i Ministeri indicati nel disegno di legge, si possa provvedere alla copertura dei posti di funzione di livello dirigenziale e procedere all'assunzione di personale non dirigenziale.
Il comma 9 dispone che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali promuova

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con gli enti previdenziali e assistenziali pubblici vigilati l'integrazione logistica e funzionale delle sedi territoriali.
I commi 10 e 11 recano le norme di copertura finanziaria.
Quanto agli ambiti di intervento del provvedimento in esame, esso è riconducibile alla materia ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali, rientrante nella potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione. Com'è noto, inoltre, l'articolo 95 della Costituzione reca una riserva di legge in materia di ordinamento della Presidenza del Consiglio e determinazione del numero, delle attribuzioni e dell'organizzazione dei Ministeri. Analoga riserva è prevista anche dall'articolo 97 della Costituzione, in base al quale «i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione».
Comunica, poi, che il presidente della Conferenza delle regioni ha trasmesso una lettera contente le valutazioni dell'organo da lui presieduto sul provvedimento in esame e ne dispone la distribuzione ai deputati presenti.
Infine, preso atto che il rappresentante del Governo non intende intervenire in questa fase, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche alla disciplina in materia di elezioni dei consigli regionali e dei presidenti delle giunte regionali, nonché in materia di elezione dei consigli comunali e provinciali.
C. 2669 Calderisi.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta dell'8 ottobre 2009.

Gianclaudio BRESSA (PD) osserva che la proposta di legge in esame pone questioni corrette, ma formula risposte sbagliate. La questione se la legge elettorale regionale debba essere conforme alla legge elettorale nazionale è antica ed è stata dibattuta già dall'Assemblea costituente, nella quale, a seguito dell'approvazione di un emendamento Perassi, fu eliminato l'inciso inizialmente contenuto nel testo per cui il sistema elettorale delle regioni, previsto con legge della Repubblica, avrebbe dovuto essere conforme a quello per la formazione della Camera dei deputati. Fu infatti posta in evidenza l'insensatezza dell'obbligatoria correlazione tra le leggi elettorali dei due organi elettivi, la Camera dei deputati e il consiglio regionale, che sono parimenti importanti ma comunque diversi. Se è giusto porsi il problema dell'eccessiva frammentazione della rappresentanza politica anche per il livello regionale, è però sbagliato, ad avviso del suo gruppo, tentare di risolverlo nel modo indicato dalla proposta di legge in esame.
È innanzitutto sbagliato il momento dell'intervento: non si procede ad una riforma elettorale in prossimità di consultazioni. Se lo si fa è perché le motivazioni sono di lotta politica, con obiettivi trasparenti, ma si tratta di motivazioni che violano l'autonomia regionale come garantita dagli articoli 122 e 123 della Costituzione e dalla loro lettura sistematica.
La Costituzione attribuisce infatti alle regioni la competenza esclusiva per la definizione delle proprie forme di governo, attraverso l'approvazione dello Statuto, il quale deve essere in armonia con la Costituzione, e non con le leggi della Repubblica: come la dottrina sostiene da tempo, e soprattutto la più recente e migliore - richiama al riguardo le pagine fondamentali di Elia - la legge elettorale è parte integrante della forma di governo. Una legge statale che definisca principi non ulteriormente dettagliabili dall'autonomia regionale su un tema quale la forma di Governo, oltre a valicare il limite tra norme di principio e norme di dettaglio, valica anche il limite della competenza esclusiva dello Statuto in tema di forma di governo regionale.
Non è un caso infatti che la materia elettorale regionale pur essendo materia di

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legislazione concorrente non sia stata collocata dal legislatore costituzionale all'articolo 117, terzo comma, ma all'articolo 122. Vale la pena ricordare, a questo proposito, che la legge n. 131 del 2003, altrimenti nota come «legge La Loggia», prevede, all'articolo 1, quarto comma, che il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e incompatibilità siano le uniche materie di competenza concorrente per le quali il legislatore delegato non può individuare, in via ricognitiva, i principi fondamentali. Da Perassi a La Loggia, insomma, il monito che viene, in relazione alla legislazione elettorale delle regioni, è lo stesso: prudenza.
Il principio ispiratore della proposta di legge in esame è l'omogeneizzazione dei sistemi elettorali in vigore negli enti territoriali sub statali: si veda al riguardo la relazione illustrativa, dove si afferma che l'intervento è teso a rendere «coerente la legislazione regionale con quella prevista per il Parlamento nazionale e per quello europeo». L'omogeneizzazione richiederebbe, in particolare, la fissazione di una medesima soglia di sbarramento per tutti gli enti territoriali. A questo fine la proposta di legge interviene non solo sulla legislazione elettorale regionale, ma anche su quella per gli enti locali. Ma, mentre quest'ultimo intervento è sicuramente rientrante nella competenza del legislatore statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione - anche se andrebbe discusso in altra sede, in occasione dell'esame del cosiddetto codice delle autonomie - lo stesso non può dirsi per quanto riguarda l'intervento sul sistema elettorale regionale, sul quale il legislatore statale è tenuto, ai sensi dell'articolo 122 della Costituzione, a stabilire unicamente i principi fondamentali, nei limiti dei quali la disciplina del sistema elettorale spetta poi alla legge regionale.
L'utilizzazione del medesimo strumento - la medesima legge - per modificare la legislazione delle regioni, da un lato, e di province e comuni, dall'altro, rivela, a suo parere, il preconcetto del presentatore della proposta: quello che si possano trattare regioni ed enti locali allo stesso modo, trascurando del tutto il diverso rango costituzionale dell'autonomia delle prime e dei secondi relativamente al loro sistema elettorale e alla loro forma di governo.
Inoltre, ai fini dell'omogeneizzazione dei sistemi elettorali regionali si utilizza come misura e criterio una legislazione elettorale nazionale approvata a suo tempo «a colpi di maggioranza» e sulla cui legittimità costituzionale la Corte costituzionale ha espresso dubbi in occasione dei giudizi di ammissibilità dei referendum abrogativi svoltisi quest'anno: si veda la sentenza n. 17 del 2008.
La proposta di legge in esame, inoltre, come emerge dalla relazione introduttiva, tratta le elezioni regionali del 2010 come «vere elezioni di medio termine» dell'attuale legislatura, operando in tal modo una indebita «nazionalizzazione» delle elezioni regionali, la quale è di per se stessa lesiva del principio di autonomia politica costituzionalmente garantita alle regioni.
L'intervento legislativo statale ai sensi dell'articolo 122 della Costituzione è limitato ai principi. Qual è l'ambito che il legislatore può in tal modo occupare? Al riguardo l'esatta fissazione della nozione di principio fondamentale è tuttora oggetto di valutazione sia da parte della dottrina costituzionalistica, sia da parte della giurisprudenza costituzionale. Tuttavia ciò non significa che non emergano da esse alcune indicazioni. Il principio fondamentale, in particolare, smetterebbe di essere tale qualora non fosse suscettibile di ulteriore specificazione, in quanto, in tal modo, non residuerebbe alla regione alcuna scelta riguardo al dettaglio. Ora, se la legge statale può legittimamente stabilire il principio che le leggi elettorali devono contenere norme contro la frammentazione politica, essa deve però poi lasciare alle regioni la specificazione del contenuto di tali norme: è quindi dubbio che possa essa stessa stabilire nel dettaglio il livello esatto della soglia di sbarramento.
Tuttavia, anche a voler ammettere, in astratto, che il legislatore statale possa stabilire una soglia del 4 per cento o non inferiore al 4 per cento, l'intervento operato

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con la proposta di legge in esame si espone comunque ad un'altra obiezione. Esso, infatti, si configura come novella alla legge n. 165 del 2004, aggiungendo ai due principi ivi previsti in materia di sistema elettorale (quello di rappresentatività e quello di governabilità) un terzo principio, quello tendente ad evitare la frammentazione. Mentre però la legge n. 165 rimette interamente alla legge regionale la specificazione dei principi fondamentali sinora previsti, la proposta di legge n. 2669 dà essa stessa attuazione nel dettaglio al principio che aggiunge. In tal modo, si configura un caso di «irragionevolezza interna» alla legislazione statale sul sistema elettorale regionale: potrebbe forse, infatti, essere in astratto ragionevole - come sostiene la proposta di legge - stabilire uno sbarramento del 4 per cento, ma non lo è all'interno della logica della legge n. 165, che è configurata come legge di larghi principi, che lascia la disciplina del sistema elettorale regionale alle libere opzioni del legislatore regionale.
A nulla varrebbe, a questo proposito, richiamare la seconda parte della lettera b), primo comma, dell'articolo 4, dove si prevedono termini temporali tassativi, non superiori a 90 giorni per l'elezione del Presidente della Giunta e dei suoi membri in caso di opzione da parte dello Statuto per un sistema di elezione del Presidente diverso da quello diretto. Non si è infatti più in campo di materia elettorale, intendendosi per tale il sistema di elezione del Consiglio, che è retto da due principi generalissimi - rappresentatività e governabilità, bensì nell'ambito connesso, ma distinto della forma di Governo. Si potrebbe, in effetti, dubitare anche della costituzionalità di detta norma, in quanto invasiva della competenza statutaria in materia di forma di Governo ed è possibile immaginare che tale norma non sia mai stata fatta oggetto di eccezione di incostituzionalità, se non in dottrina, solo in quanto ipotesi dimostratasi del tutto astratta perché nessuna regione ha scelto un sistema di elezione del presidente diverso dall'elezione diretta.
Particolarmente esposta ad obiezioni di incostituzionalità è la scelta, contenuta nell'articolo 2 della proposta di legge n. 2669, di intervenire direttamente sulla legislazione elettorale in vigore nelle regioni ordinarie, stabilendo l'immediata applicazione della soglia del 4 per cento in tutte le regioni, indipendentemente da una loro recezione del principio. Si possono al riguardo prospettare diverse obiezioni.
In primo luogo, viene in tal modo non solo preclusa alle regioni ogni opzione quanto all'an e al quomodo della recezione del principio, ma viene conculcata la loro stessa autonomia costituzionalmente garantita ai sensi dell'articolo 122 della Costituzione; si esclude, in particolare, la pur possibile opzione di fissare un termine entro cui le regioni possano conformarsi al nuovo principio.
In secondo luogo, la finalità dell'intervento è di operare già in vista delle elezioni del 2010, contravvenendo così al monito della Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa, che, non da oggi, ha invitato il legislatore ad evitare interventi sul sistema elettorale nell'anno anteriore alle elezioni. Anche se non si tratta di un obbligo, sarebbe bene che il costume politico si conformasse a questo monito.
In terzo luogo, viene impedito il potere di ricorso delle regioni alla Corte costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, per la cui proposizione mancherebbero infatti i tempi in quanto la Corte non potrebbe pronunciarsi prima delle elezioni del 2010.
Per quanto attiene alla misura maggiormente controversa - l'articolo 2 della proposta di legge n. 2669 - si devono poi fare le seguenti considerazioni. Con essa si prevede espressamente una norma statale di dettaglio in materia di competenza concorrente. Questa tecnica normativa non è certamente nuova e costituisce anzi una delle prassi più discusse del regionalismo italiano, sin dai primi anni dopo l'entrata in vigore della Carta costituzionale, ai tempi del regionalismo solo speciale. È noto che la Corte costituzionale ha spesso giustificato le norme statali di dettaglio quando, ed in quanto, cedevoli. Al

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riguardo si deve però notare che tale giurisprudenza della Corte si è modificata dopo la riforma del titolo V, a seguito della quale la Corte ha tendenzialmente escluso la legittimità di norme statali di dettaglio, come risulta chiaramente dalla sentenza n. 282 del 2002, che ha inaugurato la giurisprudenza sul nuovo titolo V. La giurisprudenza successiva ha ammesso tale tipologia di norme statali in alcune ipotesi specifiche, come anzitutto quella della «chiamata in sussidiarietà», di cui alla sentenza n. 303 del 2003, che presuppone un interesse nazionale e che evidentemente non può operare nella materia in esame. Ma si può sostenere che proprio il meccanismo della «chiamata in sussidiarietà» trovi la sua origine nell'abbandono della giurisprudenza che ammetteva le norme statali di dettaglio cedevoli.
Va poi detto che la materia di cui all'articolo 122, primo comma, relativa al sistema elettorale regionale, è collocata in una disposizione diversa da quella che elenca le materie di competenza concorrente, ossia l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, ed è stata disciplinata secondo le coordinate attuali da una legge di revisione costituzionale diversa dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, vale a dire dalla legge costituzionale n. 1 del 1999. Tale materia è del resto strettamente connessa - come detto - con la materia «forma di governo», rientrante nella competenza esclusiva dello statuto regionale ai sensi dell'articolo 123 della Costituzione. Queste circostanze autorizzano a concludere che la materia «sistema di elezione del Consiglio regionale» goda in qualche modo di una speciale posizione nel sistema del riparto di competenze fra Stato e regione, che la differenzia dalle altre materie di competenza concorrente. Attenendo tale materia al presupposto dell'autonomia politica regionale - la formazione dei suoi organi di governo attraverso il suffragio universale - è ragionevole ritenere che, in particolare in questa materia, debba essere riservata alla regione una facoltà di scelta autonoma e che la sua autonomia non possa in nessun caso essere messa da parte: è pertanto ragionevole ritenere che siano quindi illegittime le norme statali di dettaglio cedevoli, anche qualora volesse concedersi - come pure non pare si possa - la loro ammissibilità nelle altre materie di competenza concorrente.
A ben vedere, la proposta di legge ricorda la tecnica usata per riformare la legge elettorale regionale nel 1995, sulla base di un accordo bipartisan, incluso nel programma del governo Dini. Con una non marginale differenza, tuttavia: che nel frattempo la materia del sistema elettorale regionale è stata trasferita dalla competenza esclusiva statale a quella concorrente, con quel che ne consegue e di cui si è detto, mentre in questo caso nessun accordo bipartisan è per ora emerso.
In conclusione, il dibattito su questioni istituzionali importanti come quelle poste dalla proposta di legge in esame deve essere, ad avviso del gruppo del Partito democratico, condotto nel quadro di un complessivo intervento di riforma costituzionale su base condivisa, per il quale il punto di partenza dovrebbe essere il progetto di riforma elaborato dalla Commissione affari costituzionali nella passata legislatura e noto come «bozza Violante» (C. 553-A, XV legislatura).

Mario TASSONE (UdC) dà atto al collega Calderisi di aver profuso sapienza e lavoro nell'elaborazione della proposta di legge in esame, rilevando peraltro che le ampie argomentazioni addotte nel corso della relazione illustrativa fanno pensare che lo stesso relatore abbia difficoltà nel trovare una sintonizzazione e cerchi in qualsiasi modo una copertura costituzionale all'intervento che ha inteso proporre.
Fa quindi presente che nel suo intervento svolgerà alcune considerazioni di carattere politico, rinviando a quanto rilevato dai colleghi Mantini e Bressa sugli aspetti di legittimità costituzionale. Intende quindi ricordare, con estrema chiarezza, lo scarso entusiasmo che lo aveva animato - e lo stesso vale per alcuni colleghi - quando il Parlamento ha esaminato e, quindi, approvato la riforma costituzionale che ha portato alla legge

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n. 1 del 1999. L'iter di tale legge fu sicuramente sofferto e si è giunti ad una conclusione dopo un ampio dibattito ed un iter complesso.
In merito alla proposta di legge in esame, ritiene di per sé un limite averne proposto l'approvazione a pochi mesi dalle elezioni regionali del 2010. In ogni modo, se l'intenzione è quella di intervenire sulla disciplina vigente, allora non si può prescindere da una riflessione organica che porti a modificare la legge costituzionale n. 1 del 1999, tenendo conto delle previsioni fortemente differenziate previste, allo stato, da ciascuna regione. Ricorda, infatti, che alcune regioni già prevedono la soglia di sbarramento al 4 per cento, altre - come la Toscana - hanno adottato un'impostazione che rappresenta una vera e propria riforma copernicana mentre altre ancora, come la Calabria, stanno svolgendo una riflessione in proposito proprio in questi giorni.
In merito alla soglia di sbarramento al 4 per cento, ricorda che il tema era stato affrontato con perplessità da parte del suo gruppo già in occasione dell'esame della modifica introdotta per la legislazione elettorale per il Parlamento europeo, ritenendola una forzatura di carattere istituzionale volta a limitare sempre di più i partiti di minore dimensione a discapito del principio di rappresentatività.
Ritiene quindi necessario che l'attenzione della Commissione non si limiti alla questione della soglia di sbarramento ma investa anche le altre questioni riguardanti il sistema elettorale. Richiama in particolare l'asimmetria esistente tra le leggi elettorali per le regioni, per le province e per i comuni in merito all'elezione diretta. Nel momento in cui si tratta di eleggere organi monocratici il suo gruppo ritiene opportuno affrontare il tema della sfiducia costruttiva. Ritiene che l'esigenza, oltre a quella già citata di maggiore stabilità e minore frazionamento, sia soprattutto quella di creare un efficace capacità di governo. Un ulteriore tema che meriterebbe uno specifico approfondimento è poi quello dei limiti temporali del mandato, valutando ad esempio la possibilità di limitare a tre o quattro legislature la carica di presidente di regione.
Rileva che da quanto testè esposto emerge con chiarezza come le problematiche che meriterebbero di essere esaminate da parte della Commissione sono ampie e non vede per quali ragioni limitarsi alla sola questione della soglia di sbarramento. Si tratta di questioni fondamentali su cui tutti dovrebbero soffermarsi e non condivide pertanto l'impostazione dalla proposta di legge in esame, che è volta a rafforzare una logica bipartitica a danno dei principi di democraticità e partecipazione.
Ribadisce, in conclusione, la contrarietà del suo gruppo a procedere limitandosi alle previsioni della proposta di legge C. 2669 Calderisi, ritenendo allora opportuna una riflessione di carattere generale che investa la legge costituzionale n. 1 del 1999. Le modifiche sulla soglia di sbarramento apportate al sistema elettorale per il Parlamento europeo riguardavano un contesto differente; in questo caso la problematica investe tematiche molto più vaste. Il suo gruppo è quindi disponibile ad un ampio confronto che riguardi tutte le questioni relative al sistema elettorale regionale, nel presupposto che solo in tale caso si farebbe un lavoro positivo per il paese essendo altrimenti solo una modifica dettata dall'esigenza del momento, connessa alla prossima scadenza elettorale.

Giuseppe CALDERISI (PdL), relatore, premesso che il deputato Tassone ha già di fatto risposto alla domanda che intende porre, chiede al deputato Bressa di chiarire se, lasciando per il momento da parte la questione di metodo dello strumento con il quale si debba intervenire, la sua parte politica ritenga o non ritenga auspicabile che esista nella legislazione elettorale regionale una soglia di sbarramento per evitare la frammentazione della rappresentanza politica. Se infatti il Partito democratico ritiene auspicabile una soglia di sbarramento per evitare la frammentazione, si potrà poi discutere sulla misura della soglia e sul modo di introdurla;

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diversamente, si dovrà prendere atto che, al di là delle riserve di metodo e di forma, la volontà politica è di mantenere la frammentazione.

Gianclaudio BRESSA (PD) risponde al deputato Calderisi che la posizione del Partito democratico in relazione a questo punto sarà definita nelle sedi appropriate quando e se vi sarà motivo di discuterne in concreto. Per il momento è in discussione soltanto la proposta di legge presentata dallo stesso deputato Calderisi, la quale, per le ragioni che ha illustrato, non può, ad avviso del suo gruppo, essere presa in considerazione.
Aggiunge che la sua parte politica è contraria alla frammentazione della rappresentanza, ma ritiene che delle riforme istituzionali si debba discutere nel quadro delle ipotesi di riforma delineate nella precedente legislatura e contenute nella cosiddetta «bozza Violante» (C. 553-A, XV legislatura), della quale auspica la ripresa come tema di dibattito politico.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

DL 131/09: Ulteriore rinvio delle consultazioni elettorali amministrative nella provincia di L'Aquila.
C. 2775 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Beatrice LORENZIN (PdL), relatore, ricorda che il decreto-legge in esame è finalizzato a rinviare lo svolgimento delle elezioni amministrative della provincia dell'Aquila alla primavera del 2010. Si tratta infatti, del rinvio ulteriore del termine per le elezioni amministrative in provincia dell'Aquila all'ordinario turno del 2010, tenendo conto che il decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, già aveva stabilito che tutte le elezioni amministrative sia nei comuni, che nel territorio della provincia dell'Aquila fossero rinviate ad un giorno, da stabilirsi dal Ministero dell'interno, tra il 1o novembre ed il 15 dicembre di quest'anno.
Il Governo ha peraltro ritenuto opportuno - proprio in considerazione della fase emergenziale e tenuto conto anche dell'ordine del giorno che era stato accolto durante la discussione in Assemblea sul citato decreto-legge n. 39 del 2009 - rinviare le elezioni in questione all'ordinario turno del 2010, considerata la problematicità nella fase attuale di procedere ad un turno elettorale specifico nella Provincia dell'Aquila.
Nel dettaglio del provvedimento, l'articolo 1 reca il rinvio delle elezioni del presidente e del consiglio provinciale della provincia dell'Aquila e quelle dei sindaci e dei consigli comunali nella medesima provincia, già rinviate, a causa del terremoto, all'autunno 2009 con il decreto-legge 39/2009. Le elezioni amministrative, in particolare, sono rinviate al turno ordinario annuale del 2010, ossia a una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge. Conseguentemente, è prorogato il mandato in corso dei relativi organi sino allo svolgimento delle elezioni medesime.
Il Senato, nel corso dell'esame della legge di conversione (S. 1773), ha apportato al decreto-legge una sola modifica, di carattere formale, introducendo la rubrica all'articolo 1 per analogia all'articolo 2, che conteneva una rubrica.
Quanto all'ambito di intervento del provvedimento in esame, esso è riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione.
I presupposti di necessità ed urgenza, illustrati nella relazione di accompagnamento, sono connessi alle difficoltà, in conseguenza del terremoto, che continuano ad impedire sia la necessaria tempestività dell'attivazione del procedimento amministrativo elettorale sia lo svolgimento

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delle consuete attività delle forze politiche in occasione delle consultazioni elettorali.
In ordine all'ambito di intervento del provvedimento, giova ricordare che, seppure l'articolo 15, comma 2, lettera b), della legge 400 n. 1998 stabilisce che il Governo non può - mediante decreto-legge - provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione, tra cui quella elettorale, nel tempo si sono registrati numerosi precedenti di interventi con tale strumento normativo, il cui oggetto ha prevalentemente riguardato aspetti del procedimento elettorale - come il decreto-legge in esame - piuttosto che la disciplina del sistema elettorale in senso sostanziale. Tra i precedenti giova richiamare, a titolo esemplificativo, il decreto legge n. 8 del 2005, il decreto legge n. 1 del 2006, il decreto legge n. 75 del 2006.

Paolo FONTANELLI (PD) dichiara che il suo gruppo condivide i contenuti del provvedimento in esame, che del resto è conforme ad atti di indirizzo presentati dal gruppo stesso.

David FAVIA (IdV) dichiara che il suo gruppo condivide i contenuti del provvedimento in esame, ritenendolo un provvedimento giusto e opportuno.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifica all'articolo 2 del decreto legislativo luogotenenziale 1o marzo 1946, n. 48, concernente la denominazione della provincia di Massa-Carrara.
C. 2230 Bertolini.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta dell'8 ottobre.

Donato BRUNO, presidente, comunica che, nella riunione di questa mattina, l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi ha deciso di procedere all'audizione informale dei sindaci dei comuni di Massa e di Carrara, del presidente della provincia di Massa-Carrara e del presidente della regione Toscana per udire dalla loro viva voce quali siano le ragioni a favore e contro la modifica della denominazione della provincia di Massa-Carrara. Chiarisce che le audizioni avranno luogo una volta acquisita l'autorizzazione del Presidente della Camera.
Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifica all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab.
C. 2422 Sbai e C. 2769 Cota.
(Seguito dell'esame e rinvio - Abbinamento del progetto di legge C. 2769).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta dell'8 ottobre.

Donato BRUNO, presidente, comunica che è stata assegnata alla Commissione la proposta di legge n. 2769 del deputato Cota, recante «Modifica dell'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, in materia di tutela dell'ordine pubblico e di identificabilità delle persone». Poiché la suddetta proposta di legge verte sulla stessa materia della proposta di legge già all'ordine del giorno, ne è stato disposto l'abbinamento a quest'ultima, ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del regolamento.
Avverte quindi che la relatrice, deputata Sbai, impossibilitata a prendere parte ai lavori odierni, integrerà la sua relazione, con riferimento alla proposta di legge abbinata, nella prossima seduta. Rinvia infine il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.25.

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DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Martedì 13 ottobre 2009. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Aldo Brancher.

La seduta comincia alle 12.25.

Schema di decreto legislativo recante riorganizzazione del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione.
Atto n. 114.
(Rilievi alla Commissione parlamentare per la semplificazione).
(Seguito dell'esame e conclusione - Deliberazione di rilievi).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta dell'8 ottobre.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL), premesso che intende rendere la Commissione partecipe di quanto emerso, anche a seguito di audizioni, nel corso dei lavori della Commissione parlamentare per la semplificazione in merito al provvedimento in esame, osserva che la critica secondo cui, in sostanza, il testo trasformerebbe il CNIPA da autorità indipendente in normale ente pubblico non economico è da ritenersi priva di fondamento in quanto il CNIPA non è, allo stato, un'autorità indipendente, non avendo poteri e prerogative propri di un organismo di questo genere: proprio per questo, anzi, lo stesso CNIPA - come chiarito dal suo presidente in sede di audizione - ha auspicato un intervento normativo che chiarisse la natura giuridica dell'ente, eliminando così le ambiguità.
Per quanto riguarda la revisione della pianta organica dell'ente, fa presente che essa, razionalizzando un organico cresciuto in modo improprio, permetterà risparmi di spesa pubblica non disgiunti da miglioramento della qualità del servizio reso dall'ente: si passa infatti dalle attuali 190 unità, delle quali però solo 155 effettivamente in servizio, a 120 unità, con un risparmio di 1.250.000 euro.
Quanto all'incidenza dei contratti di lavoro flessibile, fa presente che, dei 30 che il regolamento consente di stipulare, 10 possono essere stipulati con esperti nelle materie di competenza dell'ente, mentre gli altri 20 sono stipulati nel rispetto di quanto previsto in materia di utilizzo di questo tipo di contratti nella pubblica amministrazione dall'articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Ritiene poi infondata l'accusa secondo cui il provvedimento trasformerebbe il CNIPA in un soggetto economico impegnato sul mercato in concorrenza con gli altri operatori del settore della tecnologia dell'informazione e della comunicazione. Lo schema in esame si limita infatti a prevedere che il DigitPA possa svolgere attività di consulenza alle imprese del settore, il che permette all'ente di ottenere introiti e di recuperare così parte delle spese sostenute per altre attività istituzionali.
Per quanto riguarda poi il sistema di finanziamento dell'ente, riferisce che il presidente del CNIPA, nel corso della già ricordata audizione, ha suggerito che si potrebbe individuare una ulteriore fonte di finanziamento dell'ente in contributi che le imprese potrebbero essere chiamate a pagare per i servizi di consulenza resi dall'ente ai sensi delle disposizioni del provvedimento in esame.
Quanto, infine, all'elevazione della soglia di importo al di sotto della quale non c'è la valutazione del DigitPA sugli schemi di contratto tra pubblica amministrazione e le imprese, fa presente che la nuova soglia è conforme agli indirizzi comunitari in materia e che, in ogni caso, non impedisce l'attività consulenziale del DigitPA anche su schemi di contratto di importo inferiore.

Giuseppe CALDERISI (PdL), relatore, premesso che la deputata Bernini Bovicelli ha già risposto alle critiche formulare dai deputati di opposizione nel corso del dibattito

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e sottolineato, in particolare, che il provvedimento in esame non configura il nuovo DigitPA come un operatore di mercato in concorrenza con gli altri, formula una proposta di deliberazione di rilievi, la quale tiene conto di quanto da lui preannunciato nella relazione introduttiva (vedi allegato 1).

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di rilievi formulati dal relatore.

Sull'ordine dei lavori.

Donato BRUNO, presidente, propone di sospendere i lavori in sede di deliberazione di rilievi su atti del Governo per svolgere la riunione del comitato dei nove per l'esame degli emendamenti presentati in Assemblea alla proposta di legge C. 1990 in materia di soppressione delle province.

La Commissione concorda.

La seduta, sospesa alle 12.30, riprende alle 12.35.

Schema di decreto legislativo recante riorganizzazione del Centro di formazione studi (FORMEZ).
Atto n. 117.

(Rilievi alla Commissione parlamentare per la semplificazione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Enrico LA LOGGIA (PdL), relatore, ricorda che lo schema di decreto legislativo in titolo è stato predisposto dal Governo in attuazione della delega conferita con l'articolo 24 della legge n. 69 del 2009. Com'è noto, sulla base della medesima norma di delega sono stati altresì predisposti i provvedimenti di riorganizzazione della Scuola superiore della pubblica amministrazione (atto n. 113) e del CNIPA (atto n. 114), su cui la I Commissione ha deliberato di esprimere rilievi alla Commissione bicamerale per la semplificazione.
La finalità della delega è quella di realizzare un sistema unitario di interventi nell'ambito della formazione dei pubblici dipendenti, della riqualificazione del lavoro pubblico e dell'aumento della sua produttività, del miglioramento delle prestazioni della pubblica amministrazione e della qualità dei servizi, della misurazione dei risultati e di costi, della digitalizzazione delle pubbliche amministrazione.
Il termine per l'esercizio della delega è di dodici mesi dall'entrata in vigore della legge n. 69 del 2009 (luglio 2010). Il legislatore ha inoltre rinviato alle procedure previste all'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59 per le modalità di attuazione della delega.
Circa i criteri e principi direttivi, in primo luogo si fa rinvio a quelli contenuti in tale articolo; in secondo luogo, il citato articolo 24 prevede specifici criteri tra cui la ridefinizione delle missioni e delle competenze e il riordino degli organi, in base a princìpi di efficienza, efficacia ed economicità, anche al fine di assicurare un sistema coordinato e coerente nel settore della formazione e della reingegnerizzazione dei processi produttivi della pubblica amministrazione centrale e delle amministrazioni locali; raccordo con le altre strutture, anche di natura privatistica, operanti nel settore della formazione e dell'innovazione tecnologica; riallocazione delle risorse umane e finanziarie in relazione alla riorganizzazione e alla razionalizzazione delle competenze.
Finalità del Centro di formazione studi-FORMEZ, istituito negli anni Sessanta nell'ambito degli interventi straordinari per il Mezzogiorno, era quello di affiancare alle opere pubbliche e alla creazione della grande impresa un intervento specializzato nella formazione e nell'aggiornamento dei quadri direttivi delle imprese e delle amministrazioni pubbliche. Successivamente, il FORMEZ venne sottratto - a suo avviso molto opportunamente - dalla sfera di competenza della Cassa del Mezzogiorno, passando a quella del Comitato interministeriale

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per la programmazione economica-CIPE. Il Centro ha acquisito successivamente un più ampio ambito di competenze, esteso al territorio nazionale e a interventi non più di sola formazione, ma anche di fornitura di servizi a pubbliche amministrazioni e imprese. Il riordino realizzato con il decreto legislativo n. 285 del 1999 aveva quindi la finalità di valorizzare il Centro nell'ambito della riforma delle pubbliche amministrazioni e del decentramento amministrativo.
Per quanto riguarda il contenuto dello schema di decreto legislativo in titolo, esso si compone di sei articoli che riprendono in parte le linee della riforma del 1999, di cui l'articolo 6 dispone l'abrogazione.
L'articolo 1 reca la nuova denominazione del Centro, quale «Formez PA - Centro Servizi, Assistenza, Studi e Formazione per l'Ammodernamento della PA» e, innovando rispetto a quanto attualmente previsto, stabilisce che il Formez sia sottoposto al controllo, alla vigilanza e ai poteri ispettivi del Dipartimento per la funzione pubblica, che esprime altresì un parere vincolante sulla pianta organica, sulla programmazione delle assunzioni, sul bilancio, sui regolamenti di contabilità ed organizzazione, sulla nomina del Direttore generale, sulla costituzione di nuove società e su atti di straordinaria amministrazione.
In merito alla composizione del Formez si stabilisce ora che ne possano far parte anche le amministrazioni dello Stato, oltre alle regioni, province, comuni e comunità montane. Sono invece esclusi gli organismi rappresentativi degli enti locali.
L'articolo 2 delinea il campo di operatività del Formez, attribuendogli nuove funzioni che attengono alla formazione - per la valorizzazione dell'apprendimento a mezzo internet e per la formazione continua nelle pubbliche amministrazioni - all'impiego di nuove tecnologie, alla comunicazione pubblica ed all'internazionalizzazione.
Nella relazione illustrativa si evidenzia, in particolare, che le competenze nel settore servizi e assistenza tecnica sono state arricchite tenendo conto, soprattutto, dei nuovi progetti previsti nel Piano industriale della pubblica amministrazione, elaborato dal Ministro Brunetta.
Quanto agli organi sociali, disciplinati dall'articolo 3, viene prevista la sostituzione dell'attuale comitato tecnico-scientifico con il nuovo comitato di indirizzo. Come già avviene attualmente il presidente - per il quale è richiesto il requisito di un'esperienza decennale - è nominato dal Ministro per la pubblica amministrazione.
L'articolo 4, a sua volta, definisce le procedure di approvazione dei piani di attività del Formez stabilendo, in particolare, che il Piano triennale venga presentato dal Presidente al Dipartimento per la funzione pubblica ed approvato entro 60 giorni dal Ministro per l'innovazione . Rispetto alla disciplina vigente non è più prevista la previa delibera del consiglio di amministrazione e la data di presentazione è ora correlata alla elaborazione del bilancio. Annualmente il presidente presenta altresì una relazione sullo stato di attuazione e l'eventuale aggiornamento del piano.
L'articolo 5 fa salva l'autonomia statutaria del Formez, per quanto non espressamente disposto dal provvedimento in esame mentre l'articolo 6 dispone l'integrale abrogazione del decreto legislativo n. 285 del 1999 recante «Riordino del Formez a norma dell'articolo 11 della legge n. 59 del 1997». Sono infine previste talune norme di salvaguardia per il passaggio alla nuova disciplina.
Conclude preannunciando che nella sua proposta di deliberazione di rilievi inserirà l'auspicio che in futuro, anche in attuazione del federalismo fiscale, i tre enti oggetto della delega - CNIPA, FORMEZ e Scuola superiore della pubblica amministrazione - possano essere fusi in un unico organismo e che possa nascere anche in Italia una scuola di alta formazione della dirigenza sul modello della francese École nationale d'administration.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che la possibilità di fusione dei tre enti era prevista anche nella delega. Quindi, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

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Schema di decreto legislativo recante disposizioni legislative statali anteriori al 1o gennaio 1970 di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore.
Atto n. 118.

(Rilievi alla Commissione parlamentare per la semplificazione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL), relatore, ricorda che lo schema di decreto legislativo di cui la Commissione inizia oggi l'esame ai fini della deliberazione di eventuali rilievi alla Commissione parlamentare per la semplificazione, è stato predisposto nell'ambito del programma cosiddetto «taglia-leggi». Ricorda che ha già avuto modo di illustrare nel dettaglio tale programma alla Commissione affari costituzionali nella seduta del 29 luglio, quando ha svolto la relazione introduttiva all'esame della Relazione presentata dal Governo al Parlamento sull'impatto delle abrogazioni previste dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 200 del 2008, convertito dalla legge n. 9 del 2009, con riferimento ai diversi settori di competenza dei singoli Ministeri (Doc. XXVII, n. 10).
Nel rinviare pertanto a quella relazione per la dettagliata descrizione del programma «taglia-leggi», o forse si potrebbe dire «salva-leggi», considerata la finalità dello schema in esame, si limita qui a ricordare che esso consiste nella ricognizione della legislazione effettivamente vigente e nella connessa abrogazione automatica e «cumulativa» della legislazione restante: la cosiddetta ghigliottina.
Ricorda che il meccanismo di base è quello individuato nell'articolo 14 e seguenti della legge n. 246 del 2005, come risultanti dalle modifiche via via introdotte dal legislatore, con la legge n. 15 del 2009, con la legge n. 69 del 2009 e con i decreti-legge n. 112 e n. 200 del 2008. In sostanza, l'articolo 14 della legge n. 246, nel testo attuale, prevede una delega per la ricognizione, mediante decreti legislativi, entro il 16 dicembre 2009, della normativa di rango primario indispensabile, disponendo l'abrogazione complessiva di tutta la normativa non indispensabile.
Lo schema di decreto in esame provvede appunto alla ricognizione della normativa primaria indispensabile. Esso individua, elencandole nell'allegato 1, le disposizioni legislative statali pubblicate dal 17 marzo 1861 (data della legge che proclama il Regno d'Italia) al 31 dicembre 1969 delle quali è indispensabile la permanenza in vigore. Il termine del 31 dicembre 1969 è previsto dalla delega, la quale faceva riferimento alle disposizioni pubblicate anteriormente al 1o gennaio 1970. Lo schema provvede inoltre al salvataggio di alcune delle disposizioni delle quali il decreto-legge n. 200 del 2008 aveva previsto l'abrogazione: tali disposizioni sono elencate nell'allegato 2 dello schema in esame. Per disposizioni legislative statali si intendono tutte quelle comprese negli atti normativi statali con valore di legge elencati negli allegati 1 e 2. Tali atti sono mantenuti in vigore per intero, salvo che negli allegati sia espressamente indicato che si fa riferimento a singole disposizioni. I provvedimenti considerati sono quelli pubblicati nell'arco temporale considerato (1861-1969), compresi quindi quelli pubblicati in tale periodo ma modificati con atto pubblicato successivamente. I testi di cui si prevede la permanenza in vigore non sono naturalmente quelli originali ma quelli comprensivi delle successive modifiche, anche se intervenute con atto pubblicato dopo il 1o gennaio 1970. Infine, è previsto che le disposizioni legislative che costituiscono diretta attuazione degli articoli 7, secondo comma, 8, terzo comma, e 116, primo comma, della Costituzione - che trattano, rispettivamente, delle modifiche ai Patti lateranensi, delle intese con le confessioni religiose diverse dalla cattolica e degli statuti speciali - sono comunque escluse dall'effetto abrogativo previsto dall'articolo 14-ter della legge n. 246 del 2005.
Segnala, infine, i rilievi formulati dal Consiglio di Stato nell'Adunanza del 14 luglio 2009, i quali appaiono condivisibili,

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riguardanti, in primo luogo, la questione della tecnica con cui i decreti legislativi devono individuare le specifiche disposizioni statali da mantenere in vigore.
Richiama quindi le considerazioni svolte dal Consiglio di Stato in merito alla formulazione adottata per la salvaguardia di novelle e di decreti legge e rispettive leggi di conversione, contenuti nell'Allegato 1. Il Consiglio di Stato sollecita, poi, l'integrazione dello schema di decreto legislativo con l'indicazione degli atti normativi o delle singole disposizioni rientranti nei settori che il comma 17 della norma «taglia leggi» esclude dall'abrogazione, da inserire in un apposito allegato. Tale intervento eviterebbe il rischio di incertezze in ordine alla permanenza in vigore di norme riconducibili ai settori esclusi e potrebbe esser resa possibile dalla ricognizione compiuta dai Ministeri. L'eventuale successiva riconsiderazione di un atto che induca a ritenere che esso, pur inserito nell'elenco ai sensi del comma 17 non sia effettivamente da ricondurre a un settore escluso, potrebbe in tal modo non compromettere la salvezza dell'atto stesso, ove si intendesse che il suo inserimento nell'allegato abbia quanto meno il valore di includerlo tra le norme da mantenere in vigore ai sensi del comma 14 e dunque di sottrarle alla c.d. «ghigliottina». A tale fine potrebbe quindi essere opportuno affiancare la redazione di un allegato attuativo del comma 17 con un'integrazione dello schema di decreto in esame che chiarisca tale interpretazione, rendendo certa la funzione di salvataggio dell'inserimento in quell'allegato.
Richiama quindi quanto evidenziato dal Consiglio di Stato in merito all'opportunità di inserire nel comma 1 la salvaguardia anche degli atti di cui all'allegato 2. Il comma 2 dell'articolo unico, infatti, esclude quegli atti solo dall'effetto abrogativo di cui al decreto legge n. 200 del 2008, ma non da quello della «ghigliottina» di cui al comma 14-ter della norma «taglia-leggi»: gli atti sottratti all'effetto di abrogazione espressa del decreto legge n. 200 potrebbero quindi essere ritenuti abrogati in quanto vigenti - poiché eliminati dall'allegato del decreto legge 200 -, pubblicati prima del 1o gennaio 1970 e non inclusi nel decreto legislativo in esame.
Il Consiglio di Stato ha, infine, auspicato una riorganizzazione dell'elenco delle leggi da salvare per settori omogenei, affiancando al criterio ricognitivo una metodologia ricostruttiva del sistema, prodromica e funzionale al riordino della legislazione richiesta dallo stesso articolo 14 della legge n. 246. Tale profilo potrà essere realizzato attraverso la redazione di appositi elenchi per materia, ovvero mediante il ricorso a descrittori utilizzati nell'elenco unico.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.55.

COMITATO DEI NOVE

Martedì 13 ottobre 2009.

Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, in materia di soppressione delle province.
Emendamenti C. 1990-1989-2264-A.

Il Comitato si è riunito dalle 12.30 alle 12.35.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 13 ottobre 2009. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 14.10

Modifica all'articolo 61 del codice penale, concernente l'introduzione della circostanza aggravante relativa all'orientamento o alla discriminazione sessuale.
Emendamenti C. 1658-1882-A.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

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Isabella BERTOLINI (PdL), presidente e relatore, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Emirati Arabi Uniti relativo alla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Dubai il 13 dicembre 2003.
Nuovo testo C. 2552 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Isabella BERTOLINI, presidente, intervenendo in sostituzione della relatrice, ricorda che il Comitato pareri delle la I Commissione ha già esaminato il disegno di legge in questione il 1o ottobre scorso esprimendo parere favorevole. Il testo tuttavia ha subito una modifica all'articolo 2, a seguito di un emendamento presentato dal relatore presso la III Commissione.
Rileva che nella discussione svolta nella Commissione di merito era stato infatti evidenziato come, rispetto al testo approvato dal Senato, si rendeva necessaria la correzione di un errore meramente formale riguardante la formulazione dell'articolo 10 che, limitatamente alla sua versione inglese in possesso della parte italiana, non includeva il comma C, riguardante il diritto di denuncia dell'accordo: tale comma è invece regolarmente incluso nella versione originale in italiano ed in quella in possesso della parte emiratina. Conformemente all'articolo 79, lettera a), della Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati, il Ministero degli affari esteri ha quindi già provveduto alla correzione dell'errore materiale in data 2 settembre 2009, per cui risultava indispensabile un emendamento all'articolato del disegno di legge al fine di sanare la discrasia testuale.
Fa quindi presente che nella seduta della III Commissione del 7 ottobre scorso è stato quindi approvato un emendamento volto a richiamare espressamente, all'articolo 2, comma 1, la «correzione risultante dal processo verbale del 2 settembre 2009».
Considerato, in conclusione, che l'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, riserva la materia «politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea» alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e che anche con riguardo al nuovo testo del disegno di legge C. 2552 non si ravvedono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Moldova per l'assistenza giudiziaria e per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze in materia civile, fatto a Roma il 7 dicembre 2006.
C. 2696 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Alessandro NACCARATO (PD), relatore, considerato che il provvedimento interviene in una materia, quella della «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», che l'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e che, in generale, non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità

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costituzionale, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 3).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sui trasporti aerei tra la Comunità europea e gli Stati membri, da una parte, e gli Stati Uniti d'America, dall'altra, con allegati, fatto a Bruxelles il 25 aprile 2007 e a Washington il 30 aprile 2007.
C. 2721 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Alessandro NACCARATO (PD), relatore, considerato che il provvedimento interviene in una materia, quella della «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», che l'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e che, in generale, non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 4).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, con Allegato, adottata a Parigi il 2 novembre 2001, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
C. 2411-B Governo, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

(Parere alle Commissioni riunite III e VII).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Isabella BERTOLINI, presidente, intervenendo in sostituzione della relatrice, rileva che la modifica approvata dal Senato investe unicamente l'articolo 11, relativamente alla copertura finanziaria che necessitava di un aggiornamento.
Fa presente che l'articolo 11 stabilisce ora che al relativo onere si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
Considerato che l'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, riserva le materie «politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea», «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa», «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» alla competenza legislativa esclusiva dello Stato formula una proposta di parere favorevole sul testo modificato dal Senato (vedi allegato 5).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 14.25.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE REFERENTE

Introduzione dell'articolo 114-bis del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di reati elettorali.
C. 465 Anna Teresa Formisano.