CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 24 settembre 2009
222.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 24 settembre 2009. - Presidenza del presidente Giuseppe PALUMBO.

La seduta comincia alle 10.25.

Schema di decreto legislativo recante individuazione di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale nonché disposizioni in materia di indennità di residenza per i titolari di farmacie rurali.
Atto n. 107.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 23 settembre 2009.

Giuseppe PALUMBO, presidente, ricorda che nella seduta di ieri la Commissione ha iniziato l'esame dello schema di decreto legislativo e che dopo l'intervento del relatore sono intervenuti alcuni deputati.

Laura MOLTENI (LNP) osserva, riguardo alle modalità di erogazione di nuovi servizi ai cittadini da parte delle farmacie, che il provvedimento appare in qualche modo limitativo in quanto non disciplina, ad esempio, il caso del cittadino che per diverse ragioni si sposta all'interno del territorio regionale e che, a suo avviso, avrebbe comunque diritto ad usufruire dei predetti servizi. Anche su questo punto auspica che la Conferenza Stato-regioni esprima il suo parere.
In secondo luogo, dopo aver richiamato le osservazioni pervenute da parte delle associazioni di categoria alcune delle quali condivisibili, in particolare quelle relative alla opportunità che il provvedimento, nel consentire alle farmacie la preparazione di miscele per la nutrizione artificiale e di medicinali antidolorifici, preveda anche il

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rispetto di certi requisiti, rileva, per quanto riguarda sempre la preparazione dei suddetti medicinali, come non possano essere comparate le situazioni delle piccole farmacie ed in particolare quelle di montagna che confezionano un numero assai limitato di preparati con i grandi laboratori che ne preparano decine di migliaia.
Infine, con riferimento alle farmacie rurali, riterrebbe opportuno che si specifichi che la preparazione, nonché la dispensazione a domicilio dei suddetti medicinali è limitata alle farmacie rurali o comunque alle farmacie con fatturato annuo inferiore ad una determinata soglia e che si inserisca tra i criteri che consentono l'accesso all'indennità di residenza, quello relativo all'ubicazione in aree di montagna; tale precisazione appare particolarmente opportuna poiché le aree montane sono quelle che incontrano maggiori difficoltà operative, sia sotto il profilo delle difficoltà logistiche incontrate nel garantire la continuità e la tempestività del servizio di erogazione dei farmaci, sia sotto il profilo finanziario.

Giuseppe PALUMBO, presidente, per quanto riguarda il primo problema sollevato dall'onorevole Molteni, ritiene che si tratti di una questione organizzativa, sulla quale sarà utile acquisire il parere della Conferenza Stato-regioni. Per quanto riguarda il secondo punto sollevato, ritiene che esso si sostanzi in una particolare attenzione da dedicare alle farmacie rurali.

Donata LENZI (PD) intende rilevare, innanzitutto, come il provvedimento in esame non tenga in debito conto le specificità regionali e le differenze territoriali. Pur condividendo l'esigenza di garantire una sorta di omogeneità sulla qualità e sulla tipologia dei servizi erogati ai cittadini nelle varie realtà territoriali, ritiene che in tal modo si rischia di intervenire in settori, quale quello della erogazione di nuovi servizi da parte delle farmacie, che in alcune regioni già funzionano correttamente e con la massima efficienza. Il vero problema, pertanto, è quello di riuscire a mantenere un livello omogeneo sul territorio nazionale senza invadere l'autonomia regionale.
Per quanto riguarda poi le farmacie rurali, dopo aver osservato che è più facile trovare una farmacista esperto e competente in queste piccole realtà che non piuttosto nelle grandi farmacie cittadine, in cui spesso il farmacista è poco più che un commesso, dichiara di condividere la finalità del provvedimento di valorizzare le farmacie rurali.
Da ultimo, rileva che il provvedimento sembra essere, più che altro, il risultato di un confronto con gli operatori del settore, in particolare con i farmacisti, mentre, a suo avviso, avrebbe dovuto essere maggiormente sottolineato l'aspetto della salute dei cittadini.

Lucio BARANI (PdL) ritiene che i rilievi da ultimo svolti dalla collega Lenzi abbiano scarsa attinenza con la espressione del parere sullo schema di decreto legislativo n. 107. Tra l'altro, occorre tenere presente che le farmacie italiane sono soggette ad un contingentamento, nell'ambito di un mercato soggetto a regole particolari, e che la lobby dei farmacisti è talmente rilevante che può intervenire direttamente sul potere legislativo. Ed anche quando si tratta di farmacie rurali, si parla in realtà di strutture che possono essere altamente remunerative, che sarebbero impossibili laddove fosse assicurata una condizione di competitività. Auspica pertanto che si proceda nella direzione di una autentica liberalizzazione. Analoga situazione sussiste anche con riferimento ai medici, che non possono essere liberamente scelti dai cittadini.
Il tema pertanto si presenta più ampio di quanto non appaia, trattandosi di assicurare al cittadino una maggiore libertà di scelta del medico e della farmacia. Solo in tal modo ritiene si stimolerebbe l'intero settore sanitario ad impegnarsi al massimo grado per assicurare un servizio efficiente, situazione che mal si concilierebbe con il citato contingentamento delle farmacie.

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Il novero di tali considerazioni porta quindi a ritenere necessaria una scelta ancora più liberale, per consentire al cittadino di recarsi ovunque e di scegliere liberamente il medico.
Contesta poi l'opinione secondo la quale per farmacie rurali s'intenderebbero realtà marginali, mentre esse, per il monopolio di posizione posseduto risultano essere particolarmente appetibili. Ritiene dunque necessario che la Commissione affronti con un disegno di legge la problematica più generale. Ritiene infine che la estrema variabilità della qualità dei servizi offerti dalle varie regioni nel settore sanitario, certifichi il fallimento della modifica del titolo V della Costituzione e dell'attuale meccanismo per il riparto di competenze tra lo Stato e le regioni nel settore sanitario.

Laura MOLTENI (LNP) osserva come ciò dipenda dalla capacità delle singole regioni di spendere bene le proprie risorse.

Anna Margherita MIOTTO (PD) ritenendo che il dibattito sul centralismo e sul federalismo esuli dalla discussione in corso, manifesta il proprio dissenso rispetto alle conclusioni del deputato Barani sulle presunte conseguenze dell'applicazione della nuova formulazione del titolo V, peraltro non ancora applicato concretamente.
Ritiene del tutto priva di fondamento, poi, l'affermazione secondo la quale le farmacie rurali possano essere considerate come le più appetibili, dipendendo in realtà il livello di remunerazione delle stesse dalle regioni che hanno stabilito i compensi e le indennità per la ruralità, attraverso autonome competenze regionali. Osserva inoltre come il farmaco, alla pari del francobollo, sia l'unico prodotto il cui prezzo non è determinato dal mercato e dalla dinamica della domanda e dell'offerta, essendo fissato dallo Stato. Ritiene pertanto che una maggiore competitività nel settore non si risolverebbe in alcun vantaggio per il cittadino. Viceversa, la determinazione delle piante organiche delle farmacie consentirebbe a tutti i cittadini di ogni zona d'Italia di poter disporre di un servizio farmaceutico entro tre chilometri. L'alternativa a tale sistema resterebbe viceversa quella per la quale l'esercente di una farmacia potrà collocare la propria attività nei luoghi prossimi alle direttrici del traffico, penalizzando pertanto i cittadini che fossero distanti da tali luoghi.

Giuseppe PALUMBO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.50.

SEDE REFERENTE

Giovedì 24 settembre 2009. - Presidenza del presidente Giuseppe PALUMBO.

La seduta comincia alle 10.50.

Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento.
C. 2350, approvata in un testo unificato dal Senato, C. 625 Binetti, C. 784 Rossa, C. 1280 Farina Coscioni, C. 1597 Binetti, C. 1606 Pollastrini, C. 1764-bis Cota, C. 1840 Della Vedova, C. 1876 Aniello Formisano, C. 1968-bis Saltamartini, C. 2038 Buttiglione, C. 2124 Di Virgilio e C. 2595 Palagiano.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 23 settembre 2009.

Giuseppe PALUMBO, presidente, avverte che è stato richiesto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata anche attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, dispone l'attivazione del circuito.

Mario PEPE (PdL) fa presente che è la prima volta che interviene in questa discussione che ha coinvolto profondamente

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l'opinione pubblica e animato il dibattito in Parlamento e nel Paese. Fa presente, infatti, di aver voluto osservare una specie di ramadan della parola per ascoltare le ragioni dei colleghi e del relatore, onorevole Di Virgilio, che in questi mesi non si è risparmiato. A questo proposito, vorrebbe essere costretto dai ragionamenti dell'onorevole Di Virgilio ad ammettere di avere avuto del tutto o in parte torto. Ma l'onorevole Di Virgilio non lo ha convinto.
Ai colleghi del Popolo della libertà vuole ricordare un'altra stagione politica: la stagione 2001-2006 quando nel corso dell'approvazione di ogni legge ci si poneva il seguente interrogativo: «Questa legge aumenta o riduce la libertà dei cittadini?». Osserva, a questo proposito, che il testo approvato al Senato non solo riduce la libertà dei cittadini ma introduce anche un principio nuovo e terribile: la perdita della coscienza e delle capacità intellettive comporta la perdita dei diritti costituzionali di libertà.
Ha ricordato quella stagione politica perché nella XIV Legislatura il Senato approvò un testo condiviso (Atto Senato nn. 1943, 1947 e 2279) ed equilibrato, che è stato del tutto ignorato e che l'onorevole Della Vedova ha riproposto, a cui egli stesso ha dato la sua adesione convinta.
Senza i voti dei deputati cattolici non sarà possibile cambiare il testo e a loro vuole ricordare le parole di Benedetto Croce che sanciscono che i principi della tradizione cristiana non sono in contrasto con i principi di libertà: «Sii libero per essere te stesso se rinunci alla tua libertà sarai una cosa tra le cose, non un fine ma un mezzo di fini altrui».
Conclude, facendo presente se il testo del Senato non verrà modificato, il suo voto non potrà essere favorevole.

Silvana MURA (IDV) rileva, come è chiaramente emerso dal contenuto del dibattito svolto nelle sedute precedenti, che ci si trova nella fase preliminare dell'esame sulle proposte di legge in materia di dichiarazione anticipata di trattamento.
Come è prassi e come più volte ricordato dal presidente Palumbo, spetterà al relatore proporre alla Commissione se procedere alla costituzione di un Comitato ristretto per elaborare un testo unificato, o se adottare un testo base. All'Ufficio di Presidenza spetterà invece decidere se e quando procedere ad audizioni informali.
Si scusa per questa premessa che a molti potrà apparire pleonastica, ma che a suo avviso non lo è affatto. Infatti già prima della chiusura estiva dei lavori c'era stata una lunga serie di dichiarazioni da parte di esponenti del governo, volte ad affermare l'immodificabilità del testo licenziato dal Senato. In particolare, era stata eclatante la dichiarazione del ministro Sacconi che, il 20 luglio, affermò che la parte relativa alla alimentazione e all'idratazione artificiale non doveva essere modificata. Altre prese di posizione simili da parte di esponenti di Governo e di maggioranza si sono susseguite ulteriormente nel periodo delle ferie estive. Pochi giorni fa ci sono state addirittura innumerevoli critiche nei confronti del Presidente della Camera, reo di aver sostenuto che la Camera avrebbe dovuto procedere ad un esame libero e scevro da condizionamenti.
Si augura dunque davvero che, da parte della maggioranza, l'esame che questa Commissione sta effettuando non sia considerato una semplice proforma dal risultato già stabilito, perché sarebbe un grave errore.
Il Senato il 31 marzo scorso ha già approvato a maggioranza un testo che passa ora all'attenzione della Camera. Pur rispettando le prerogative del Senato, ritiene che se la Camera dei deputati vuole svolgere al meglio il compito di legislatore nessuno si debba sentire vincolato a quel testo. Sostenere, come ha fatto il presidente Palumbo, che sarebbe una scortesia parlamentare non adottare come testo base il disegno di legge cd. Calabrò non ha alcun senso. Se mai il presidente Palumbo è stato scortese con tutti i deputati che sono dovuti intervenire dopo le sue parole.
Su un tema come quello del fine vita esistono legittimamente posizioni molto

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diverse fra loro, ma se si vuole dar vita ad una legge buona e soprattutto utile, l'esame dovrebbe ripartire da zero, considerando il testo approvato dal Senato come uno tra i tanti contributi legislativi che sono all'ordine del giorno della Commissione.
Affrontando questioni come quella dell'alleanza terapeutica, del consenso informato e soprattutto della dichiarazione anticipata di trattamento, ci si appresta a riflettere e a decidere su concetti enormi quali la vita e la morte di una persona, sul valore che lo Stato italiano riconosce alla volontà dell'individuo, stabilendo se spetti ad esso l'ultima definitiva parola sulle cure alle quali si debba sottoporre o meno, ma soprattutto se spetti a lui decidere, anche quando non è più cosciente, la condizione nella quale ritiene dignitoso essere mantenuto in vita.
Sono concetti sui quali la filosofia, la religione e la scienza medica si sono interrogate per secoli fin dalla Grecia antica senza riuscire a fornire una risposta definitiva accettata da tutti.
Proprio per questo sarebbe un grave errore se il Parlamento ritenesse di avere già la soluzione in tasca con un testo preconfezionato che arriva con l'approvazione di una delle due Camere.
Se si vuole effettuare una valutazione serena non si può non considerare un elemento fondamentale: ovvero che il testo del Senato è stato approvato a poco meno di un mese dalla morte di Eluana Englaro. Un evento quello che, proprio durante il suo epilogo, ha segnato e sconvolto profondamente la coscienza del paese. Una morte che, invece di essere lasciata alla solitudine e al privato di un dolore composto di familiari e amici, come è doveroso per un evento tragico come quello della fine di un essere umano, è stata trasformata in evento mediatico fino al suo ultimo secondo.
Ai lati del letto di quella povera ragazza si sono formate sciaguratamente due squadre di ultras scatenati. Una di queste fazioni ha fatto di un corpo ormai vuoto da anni del soffio vitale il feticcio distorto del significato stesso della vita. Dall'altra parte c'era invece una squadra che considerava una vittoria politica la morte di un essere umano.
Questo clima drogato, dal quale tutti siamo stati pervasi e che ha prodotto scontri istituzionali estremamente rilevanti, ha prodotto inevitabilmente le sue conseguenze anche sull'esame che si è svolto al Senato e sul voto che ha dato vita al testo attuale.
Oggi, a molti mesi di distanza, ritiene che tutti abbiano l'occasione, ma anche il dovere, di poter affrontare l'argomento in maniera più serena e certamente più consona ai fini dell'approvazione di una buona legge. Nelle fasi successive dell'esame si avrà certamente occasione di entrare nello specifico dei diversi punti di cui si dovrà comporre la legge.
Ci si confronterà su come dovrà essere tecnicamente redatta la dichiarazione anticipata di trattamento, si stabilirà se essa dovrà essere registrata da un notaio o pure no. Ci si scontrerà anche sulla questione fondamentale del sondino.
Per il momento in questa fase si limita ad affermare solo qualche concetto generale, anche perché non si potrebbe fare altro dal momento che la Commissione non ha ancora individuato un testo sul quale discutere. Ebbene, da parte sua, ritiene che in materia di cure mediche e fine vita, in uno Stato in cui vigono i principi della democrazia liberale, la volontà dell'individuo debba essere considerata assolutamente preminente su ogni altro fattore. E se questo principio è già stato riconosciuto da un documento approvato dal comitato di bioetica nell'ottobre del 2008 per un individuo che è in pieno possesso della sua coscienza e delle sue facoltà, a maggior ragione lo stesso principio deve valere per una persona che non è più in grado di far valere la propria volontà, pur essendosi preoccupato di renderla esplicita in modo anticipato.
È evidente che se si riconosce il diritto al paziente di rifiutare anche cure vitali, come ha fatto il comitato di Bioetica, ciò costituisce un precedente importante che apre la strada anche alla possibilità che lo stesso diritto valga per un paziente in stato

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di incoscienza che ha rilasciato una dichiarazione anticipata di trattamento.
Se così non fosse si verrebbe a creare una disparità inaccettabile nella quale sono tutelati i diritti all'autodeterminazione del soggetto più forte, ovvero il paziente cosciente in grado di far valere la sua volontà, mentre sono disconosciuti quelli del soggetto più debole.
A tal proposito giova ricordare che con la legge 28 marzo 2001, numero 145, il Parlamento italiano ha ratificato la Convenzione Europea sui diritti umani e la biomedicina.
L'articolo 9 di questa Convenzione stabilisce che «per quanto riguarda un intervento medico riguardante un paziente che al momento dell'intervento non è in grado di esprimere il proprio volere, devono essere presi in considerazione i desideri da lui precedentemente espressi».
Ciò significa che si potranno disciplinare alcuni dettagli relativi alle modalità di manifestazione della volontà del paziente. Ma la scelta di principio è stata fatta attraverso la legge di ratifica, e questa scelta non può essere revocata senza violare un impegno internazionale assunto dall'Italia.
Concludendo, auspica, nell'unico interesse di approvare una legge davvero efficace, che dopo un doveroso dibattito sui principi generali si opti per un percorso nel quale siano previste delle audizioni, strumento indispensabile per conoscere a fondo la materia sulla quale il Parlamento è chiamato a legiferare, e successivamente si dia vita ad un comitato ristretto dai cui lavori possa emergere un testo sul quale iniziare l'esame vero e proprio.

Giuseppe PALUMBO, presidente, fa presente di aver parlato di scortesia parlamentare riferendosi al caso ipotetico di mancata applicazione della costante prassi parlamentare di adottare come testo base il testo inviato dall'altro ramo del Parlamento.

Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL) rivolge preliminarmente un ringraziamento al presidente Palumbo per aver voluto sollecitare un intervento di tutti i parlamentari in questa fase del dibattito.
A suo avviso, ritiene che, metodologicamente, parlare di maggioranza e di opposizione, su un tema che interpella innanzitutto la coscienza di ogni parlamentare, non sia coerente con il pieno esercizio del mandato parlamentare, privo di vincolo costituzionale ed altrettanto libero politicamente da qualunque impegno elettorale, esulando il tema dai contenuti propri dei programmi elettorali.
Osserva inoltre come la pubblica discussione su tale tema sia stata fruttuosa, tanto che egli stesso, presentatore di proposte di legge in materia, ha avuto modo di mutare nel tempo la propria opinione e posizione sui temi oggetto del dibattito.
Per quanto riguarda il tema oggetto delle proposte di legge in esame, ritiene utile compiere un passo indietro per interrogarsi sulla presunta indispensabilità di normare con legge la dichiarazione anticipata di trattamento, anche considerando che tale normativa, non per trascuratezza ma per libera scelta, non è stata varata in molti Stati, a volte per evitare lacerazioni nel tessuto sociale.
A tale proposito, però, non condivide l'opinione di chi ha vissuto con disagio la questione della contrapposizione che si è registrata nel corso del dibattito sul caso di manifestazione presuntiva di volontà occorso nella vicenda Englaro, ritenendola una espressione di partecipazione democratica ad un caso di coscienza. Quel caso infatti ha riguardato una vicenda assai diversa rispetto al caso Welby, in cui una persona cosciente aveva deciso di smettere di bere e di mangiare, decisione di fronte alla quale lo Stato poteva intervenire con un trattamento sanitario obbligatorio soltanto se rilevava incapacità di intendere.
Perciò ritiene che il decreto-legge del Governo che prese le mosse dal caso Englaro, successivamente non firmato dal Capo dello Stato, fosse stato in realtà un provvedimento equilibrato, seppure adottato con una formulazione essenziale. Il provvedimento avrebbe avuto anche il merito di non lasciare alla giurisdizione ordinaria

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l'onere di dirimere il caso privando il soggetto direttamente interessato del diritto di appello, essendo le conseguenze della sentenza irreversibili, nonché il merito di evitare impossibili confusioni tra le sentenze del TAR e i giudizi di legittimità costituzionale.
Rammenta, a tale proposito, la famosa sentenza Terry Schiavo, che regolò un caso analogo a quello Englaro, per la quale fu necessaria una sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti, paese peraltro di diversa tradizione giuridica.
È pertanto necessario evitare che sia la magistratura a determinare norme di tale rilevanza evitando pericolose derive.
Per quanto riguarda la dichiarazione anticipata di trattamento, osserva che essa dovrebbe essere avvalorata da una procedura che non si esaurisca in un singolo atto, ma debba prevedere diversi momenti successivi, in forma scritta, in contraddittorio con i medici, al fine di consentire al dichiarante la massima libertà nella manifestazione della volontà, preferendo l'attività del Comitato bioetico della struttura sanitaria, a quella della magistratura, portatrice di una naturale tendenza ad un'etica di Stato.
In conclusione, ritiene che sarebbe molto grave, qualunque tesi prevalesse, che il Parlamento si dividesse su questo tema.
Auspica pertanto che la trasversalità presente in ogni schieramento impedisca di spostare il tema dal terreno delle scelte di coscienza a quello della lotta quotidiana e della rendita di posizione. Teme infatti che attraverso il voto segreto possano essere interpellate non le coscienze, ma le convenienze politiche, danneggiando l'immagine del Parlamento con conseguenze devastanti sulla sua funzione e capacità di rappresentare la discussione reale nel Paese.
Ritiene in ultimo necessario trovare una base minima condivisibile che potrebbe rinvenirsi in quella norma minima contenuta nel decreto-legge non firmato dal Capo dello Stato che fissava un limite minimo, rappresentato da una garanzia per la vita, evitando una surrettizia introduzione dell'eutanasia.

Rocco BUTTIGLIONE (UdC) osserva preliminarmente come la legge si sia resa necessaria a seguito di pronuncia della magistratura che ha costretto conseguentemente il Parlamento a riappropriarsi delle sue prerogative legislative.
Ritiene che la Camera dei deputati non possa che prendere come punto di partenza il testo approvato dal Senato, e che sia errato affermare che tale assunzione comporterebbe la rinuncia alla propria funzione di rappresentanza nazionale. Su questo testo, infatti, i deputati potranno intervenire nell'esercizio nella loro funzione di legislatori, migliorandolo utilmente.
A suo giudizio, persiste in Italia una certa confusione tra ordinamenti di tipo continentale e a common law. In questi ultimi, è la magistratura che produce la norma, anche se, anche in quell'ambito, dopo una certa fase, c'è il ritorno alla certezza del diritto. Inoltre in Italia, una parte della giurisprudenza costituzionale attribuisce alla Costituzione significati che il legislatore costituzionale non intendeva affatto attribuirle, come nel caso dell'articolo 32 della Costituzione, che stabilisce che l'uomo è un individuo libero ma anche membro della comunità e quindi prevede cure mediche obbligatorie con le dovute eccezioni, mentre oggi si discute viceversa di questioni che riguardano in particolare il tema della dignità della persona. Occorre in definitiva rinvenire nuovamente la reale intenzione del legislatore rispetto al dettato costituzionale. E comunque, in ogni caso, la magistratura produce la legge del caso, per cui le sue pronunce valgono nel caso specifico e non possono assurgere a norme in senso generale.
Su alcuni temi vi sarebbe un consenso generale, come, ad esempio, sull'imposizione di trattamenti a chi non li vuole. Un cittadino avrebbe il diritto di rifiutare l'alimentazione artificiale, come avrebbe diritto di rifiutare una trasfusione di sangue. Ma il problema è un altro: il diritto

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di rifiutare cure salvavita è un diritto che può essere trasmesso ad altri? Un soggetto può autorizzare un terzo a rifiutare le cure al suo posto? Ricorda a tal fine la recente sentenza con la quale due genitori che avevano rifiutato una trasfusione di sangue per il proprio figlio sono stati privati della patria potestà per il tempo necessario ad effettuare la trasfusione, sulla scorta del principio secondo il quale il rifiuto di una cura è un atto non delegabile, nemmeno con atto scritto. E, poiché la volontà dell'uomo rimane tale in qualunque momento della vita - laddove per volontà vera s'intende quella corredata da piena conoscenza e assenza di pressioni che la falsino - dichiarazioni anticipate di trattamento devono essere assimilate al criterio della ragionevolezza e della proporzionalità, cioè quanto più tale dichiarazione è ragionevole e proporzionale tanto più essa sarà vincolante. Una filosofia ha fatto del suicidio la espressione massima della vita, altri hanno detto che la gestione del proprio corpo è riservata in maniera assoluta all'individuo che lo possiede, ma entrambe consistono in visioni ideologiche che vanno respinte, a suo parere.
Ritiene utile effettuare, a questo punto, una distinzione tra il concetto di suicidio e quello di eutanasia con sospensione dell'alimentazione artificiale. Nel primo caso, infatti, il soggetto decide di se stesso, ma nell'altro ordina a qualcuno di eseguire una altrui volontà. Il suicidio è infatti un atto al limite dell'ordinamento giuridico, mentre nel caso della rinuncia all'alimentazione artificiale, anche se vi è una dichiarazione anticipata di trattamento, vi è una persona che deve provocare la morte del soggetto richiedente e risponderne alla propria coscienza. È il caso del medico di un pronto soccorso a cui giunge un paziente che si è sparato un colpo alla tempia, tentando un suicidio e quindi manifestando nel modo più chiaro possibile la sua dichiarazione di volontà di non continuare ad esistere. Si pone quindi la domanda se il medico dovrebbe in tal caso curare un tale paziente, ritenendo che una società civile non possa che dare una risposta affermativa a questa domanda.
In conclusione, ritiene che occorra difendere l'impostazione del testo giunto dal Senato pur in una cornice di disponibilità ad ampliarne i contenuti, innanzitutto stabilendo il diritto del paziente alla maggiore protezione possibile contro il dolore. Rileva infatti come molte considerazioni popolari sul tema dell'eutanasia siano una conseguenza del desiderio legittimo di evitare inutili sofferenze alla persona malata. Il problema è dunque quello della cura del dolore, tema che avrebbe potuto trovare una giusta collocazione nella discussione del provvedimento in esame, anche se esso appare centrato sul caso di stato vegetativo prolungato, che riguarda pochissimi casi, mentre la maggior parte riguarda malattie croniche. Auspica quindi che si possa raggiungere un consenso ampio e un punto di accordo che consenta a tutti di ritrovarsi a proprio agio con una legge che risolva la maggior parte delle preoccupazioni sollevate. Si potrebbe altresì precisare meglio il diritto alla rinuncia di cure straordinarie e altre previsioni legislative con una formulazione migliore rispetto a quella contenuta nel testo del Senato. Peraltro, ritiene difficile scrivere bene una legge entrando troppo nel dettaglio, considerando soprattutto i progressi della scienza medica rispetto ai quali tali norme potrebbero rivelarsi controproducenti già nel breve periodo.
L'alimentazione artificiale può essere sospesa per ragioni mediche ma comunque non può essere sospesa con la finalità di far morire il paziente.
In ogni caso va salvaguardata la dimensione umana della professione medica, richiedendo essa un dialogo con il paziente affinché questo sia portatore di una sua coscienza ed etica che gli consenta una corretta valutazione. Ritiene infatti che la dichiarazione anticipata di trattamento possa essere introdotta nel piano di cura dopo averne discusso con il medico.
Sarebbe forse utile anche individuare una definizione dell'eutanasia, ritenendo insufficiente il richiamo al codice penale

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che riguarda la fattispecie dell'omicidio, e rafforzare la figura del fiduciario che dovrebbe essere un fiduciario naturale come il coniuge, il figlio, il padre, rivalutando il ruolo della famiglia che andrebbe consultata anche in presenza di un fiduciario.
Ritiene in conclusione che la base della dichiarazione anticipata di trattamento sia una buona base da integrare utilmente attraverso una specifica previsione sulla protezione contro il dolore, prevedendo in tal modo una legge che aiuti medici, anestesiologi, malati e famiglie in una situazione umanamente difficilissima.

Giuseppe PALUMBO, presidente, dopo aver ringraziato tutti i deputati intervenuti nel dibattito, che è risultato ampio e costruttivo, osserva, rivolto al presidente Buttiglione, di aver particolarmente apprezzamento la parte del suo intervento relativa all'importanza delle terapie del dolore. Si augura quindi che il Senato si impegni, sin da subito, ad esaminare il testo sulle cure palliative e sulle terapie del dolore, licenziato dalla Camera dei deputati la scorsa settimana, con l'auspicio che non venga modificato.

Domenico DI VIRGILIO (PdL), relatore, riservandosi di intervenire in sede di replica, rileva che sono intervenuti nel dibattito più di quaranta deputati anche non appartenenti alla XII Commissione, delle considerazioni dei quali farà tesoro.

Giuseppe PALUMBO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.