CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 22 settembre 2009
220.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 22 settembre 2009.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 9.40 alle 9.55.

SEDE REFERENTE

Martedì 22 settembre 2009. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 9.55.

Modifiche alla disciplina in materia di elezioni dei consigli regionali e dei presidenti delle giunte regionali, nonché in materia di elezione dei consigli comunali e provinciali.
C. 2669 Calderisi.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giuseppe CALDERISI (PdL), relatore, introducendo l'esame, ricorda che la proposta di legge C. 2669, d'iniziativa dei deputati Calderisi, Bianconi, Bernini Bovicelli, Bertolini, Gregorio Fontana, Lorenzin, Stracquadanio, reca, in primo luogo, modificazioni alla legge 2 luglio 2004, n. 165, recante «Disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione» e norme transitorie per il rinnovo dei consigli regionali e le elezioni dei presidenti delle giunte regionali da tenersi nell'anno 2010; in secondo luogo, modificazioni al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Nel 2010 dovranno rinnovarsi i consigli regionali e le presidenze della giunte delle regioni a statuto ordinario eletti il 3 e 4 aprile 2005: vale a dire tutti salvo quelli delle regioni Molise e Abruzzo in cui si è votato, rispettivamente, il 5 e 6 novembre 2006, e il 30 novembre ed il 1o dicembre 2008.

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La proposta di legge n. 2669 propone un intervento legislativo su due aspetti: quello della frammentazione e dell'esigenza di una adeguata soglia di sbarramento e quella del sovrannumero dei componenti il consiglio regionale rispetto al numero massimo previsto dagli stessi statuti regionali.
Per quanto riguarda la normativa vigente, nella gran parte delle regioni l'elezione è ancora disciplinata dalla legge statale n. 43 del 1995, che prevede il sistema del cosiddetto «Tatarellum». Nel 2004 è intervenuta le legge n. 165, che ha fissato i principi generali cui deve attenersi la legislazione elettorale delle regioni. Tre di queste (Abruzzo, Calabria e Lazio) hanno successivamente introdotto modifiche che non toccano il sistema di elezione e quattro (Campania, Marche, Puglia e Toscana) hanno modificato alcuni aspetti del sistema di elezione e, in particolar modo, hanno soppresso il cosiddetto «listino».
Prima dell'avvento dei nuovi statuti regionali la legge statale stabiliva anche il numero dei componenti il consiglio regionale. Ora quel numero è determinato dallo statuto, che, ai sensi dell'articolo 123 della Costituzione, disciplina «i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento» della regione. Ad oggi non sono peraltro ancora in vigore i nuovi statuti delle regioni Basilicata, Molise e Veneto.
Sul sistema di elezione con cui si giungerà al voto nel 2010 potranno ancora intervenire nuove leggi regionali, considerando che i consigli in carica potranno svolgere le loro funzioni sino al 46o giorno antecedente la data delle nuove votazioni (dunque fino ai primi di febbraio 2010, se si votasse l'ultima domenica di marzo).
Come è noto, consiglio e presidente della regione sono eletti contestualmente con un sistema ad esito maggioritario, assicurato dalla attribuzione della maggioranza dei seggi del consiglio regionale alle liste collegate al candidato proclamato presidente della giunta regionale. L'ottanta per cento dei seggi del consiglio è assegnato in sede circoscrizionale (il territorio delle province) con criterio proporzionale. Il venti per cento dei seggi costituisce il possibile premio di maggioranza attribuito in sede regionale. L'elettore dispone di due voti: lista circoscrizionale e candidato presidente, anche tra loro non collegati.
È proclamato presidente della giunta regionale il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti. Alle liste collegate è assicurato comunque il 55 o 60 per cento dei seggi del consiglio. Per ottenere questo risultato la legge statale n. 43 del 1995 ha consentito l'assegnazione di seggi in sovrannumero, ossia in aggiunta a quelli che la legge 108 del 1968 assegnava a ciascun consiglio regionale. Il sistema introdotto dalla citata legge assegna la presidenza della giunta regionale e la maggioranza dei seggi del consiglio regionale al candidato che ottiene almeno un voto in più dei concorrenti, indipendentemente dal numero delle liste coalizzate e dai voti che ciascuna di esse ottiene. Il sistema incentiva quindi la moltiplicazione dell'offerta elettorale intesa a catturare tutte le possibili «nicchie» di voto che - se pure inferiori alla soglia minima di accesso ai seggi - contribuiscono, magari solo con pochi voti, alla vittoria del candidato alla presidenza.
A questo incentivo alla frammentazione delle liste si aggiunge una soglia di sbarramento particolarmente bassa, perché quella del 3 per cento (pur formalmente esistente) non si applica alle liste che partecipano a coalizioni che ottengono il 5 per cento in sede regionale. Solo la Calabria l'ha portata al 4 per cento fisso in sede regionale per qualsiasi lista mentre la Toscana l'ha stabilita al minimo dell'1,5 per cento anche per le liste coalizzate.
Per comprendere i numeri di questa frammentazione è utile far riferimento al prospetto delle liste e delle soglie di accesso al seggio nelle elezioni 2005, per il quale rinvia alla tabella pubblicata nella relazione introduttiva alla proposta di legge in esame, dalla quale, in sintesi, emerge un quadro di grande frammentazione.
Per quanto riguarda ora le proposte di intervento, va innanzitutto ricordato che, ai sensi dell'articolo 122, prima comma,

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della Costituzione, «il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica». Pertanto, la legge dello Stato può intervenire sul sistema elettorale regionale solo stabilendo «principi fondamentali». Non può invece imporre una formula di trasformazione dei voti in seggi o uno specifico calcolo elettorale.
La proposta di legge intende introdurre la soglia del 4 per cento dei voti validi alle liste in sede regionale (pari a quella introdotta per le elezioni europee) come soglia di sbarramento che, in ogni caso, escluda dall'assegnazione dei seggi le liste che non raggiungono tale risultato; ed escludere l'attribuzione di seggi in sovrannumero, almeno per le regioni nelle quali lo statuto regionale abbia determinato il numero dei componenti il consiglio regionale.
Per quanto riguarda la soglia di sbarramento, è ragionevole, plausibile e costituzionalmente legittimo che la legge statale imponga una soglia minima di accesso come principio fondamentale del sistema di elezione dei consigli regionali. Quel principio è coerente con quelli già fissati dall'articolo 4 della legge n. 165 del 2004, intesi ad agevolare la formazione di stabili maggioranze nel consiglio regionale. La disposizione indica la percentuale minima di voti validi in sede regionale che una lista deve ottenere per poter partecipare alla assegnazione di seggi. Occorre tener presente e sottolineare che senza l'indicazione specifica del valore di soglia il principio non potrebbe essere posto (articolo 1 della proposta di legge in esame). Il 4 per cento si allinea, tra l'altro, al valore stabilito nelle leggi per l'elezione della Camera e del Parlamento europeo.
Stabilire in questo campo principi fondamentali, come quello della soglia minima di accesso ai seggi, ai quali la legge regionale si deve attenere, è prerogativa che spetta indubitabilmente allo Stato, ai sensi dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione. Certamente lo Stato può stabilire una soglia minore o maggiore del 4 per cento. Si tratta di una scelta di opportunità politica, ma non esiste alcun problema di legittimità costituzionale per quanto riguarda l'introduzione, da parte dello Stato, di un principio fondamentale di questa natura.
Alla enunciazione del principio deve affiancarsi una disposizione transitoria che renda operativa la soglia nelle elezioni 2010, anche se le regioni non interverranno con una propria norma di recepimento (articolo 2 della proposta di legge).
La tesi contraria pone in dubbio che il principio possa essere costituito dalla determinazione di una soglia specifica, il 4 per cento, perché la soglia, così determinata, costituirebbe una disposizione di dettaglio riservata alla legge regionale. Inoltre, sempre secondo la tesi contraria, anche riconoscendo legittimità al principio della soglia minima stabilita al 4 per cento, la legge dello Stato non potrebbe intervenire con una propria norma di dettaglio che ne impone l'operatività alle prossime elezioni, se la regione non vi provvede con propria legge.
Che un principio di grande riforma economico sociale o un principio fondamentale possa essere costituito anche da disposizioni di dettaglio, esse stesse immediatamente applicative, è giurisprudenza antica e costante della Corte costituzionale. Tra le altre, si ricordano le sentenze n. 1033 del 1988, n. 372 del 1989, n. 406 del 1995 oltre a quelle cui la Corte stessa rinvia nel corso delle proprie argomentazioni.
La giurisprudenza successiva al nuovo titolo V della parte II è tornata su questo tema confermando il precedente indirizzo: tra le altre, la sentenza n. 200 del 2009 e, più esplicitamente, la sentenza n. 237 del 2009. Ma, soprattutto, la giurisprudenza costituzionale ha rielaborato il rapporto tra le competenze nelle materie concorrenti sotto il profilo della sussidiarietà alla luce dell'articolo 114 e della «sottrazione» delle competenze amministrative

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e legislative alle regioni. Nel caso di specie, tuttavia, la disposizione che disciplina il principio non trae legittimazione dall'articolo 117 e dalle competenze legislative e amministrative che quello ripartisce, ma dalla norma specifica dell'articolo 122. Non è certo a questo articolo che si può riferire la elaborata giurisprudenza della Corte, successiva alla sentenza n. 303 del 2003, che detta le regole secondo cui gli oggetti della disciplina delle materie «concorrenti» possono essere richiamate in sussidiarietà - legislativa o amministrativa - alla disciplina della legge statale.
Peraltro, anche dopo il 2001 la Corte ribadisce la funzione delle «esigenze di carattere unitario» nella distribuzione delle competenze, anche quando è chiamata a giudicare di funzioni amministrative. La Corte, come si esprime nella sentenza n. 88 del 2007, ha più volte affermato che, «allorché sia ravvisabile un'esigenza di esercizio unitario a livello statale di determinate funzioni amministrative, lo Stato è abilitato a disciplinare siffatto esercizio per legge, e ciò anche se quelle stesse funzioni siano riconducibili a materie di legislazione concorrente o residuale. In tal caso, i principi di sussidiarietà e di adeguatezza, in forza dei quali si verifica l'ascesa della funzione normativa, dal livello regionale a quello statale, convivono con il normale riparto di competenze contenuto nel Titolo V della Costituzione e possono giustificarne una deroga»: una decisione, quella della Corte costituzionale, che ribadisce - persino nei confronti di competenze amministrative spettanti alle regioni - il valore delle stesse «esigenze di carattere unitario» cui si ispira l'articolo 2 della proposta di legge in esame. Questo infatti rende attuabile non una competenza concorrente della regione, ma il principio stesso che appartiene indubitabilmente alla competenza esclusiva della legge statale.
Per quanto riguarda il sovrannumero dei consiglieri regionali, il problema nasce da una questione nota, ma poco considerata: è lecito aumentare il numero dei componenti il Consiglio regionale - assegnando consiglieri in sovrannumero - per raggiungere le maggioranze previste dalla «legge Tatarella» quando è lo statuto regionale (il nuovo statuto regionale) a stabilire il numero dei componenti il Consiglio?
L'articolo 123 della Costituzione impone che sia lo statuto a determinare «i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento della regione». Sebbene non vi sia una indicazione esplicita sul numero dei componenti il consiglio regionale, non dovrebbero esservi dubbi che quel numero debba essere stabilito dallo statuto. È un elemento fondamentale di organizzazione della regione e, come tale, vincolato alla procedura di approvazione e modifica dello statuto. Rimetterlo ad una legge - se pure elettorale - comporterebbe la sostanziale elusione del vincolo statutario posto dall'articolo 123 della Costituzione.
Dunque, il sistema del sovrannumero previsto dall'articolo 15, comma quattordicesimo, numeri 6, 7 e 8, e comma quindicesimo, non dovrebbe essere applicato dalle regioni che hanno approvato uno statuto che determina in misura fissa il numero dei consiglieri, sia che il sovrannumero sia previsto dalla legge regionale di recepimento, sia che - in assenza di una propria legge elettorale - la regione faccia ricorso alla «legge Tatarella».
In questo caso non occorre la disposizione che stabilisca il principio fondamentale. Il rispetto della competenza e della gerarchia delle fonti è infatti un'affermazione immanente nell'ordinamento. Occorre invece intervenire con una disposizione applicativa diretta a far sì che tutte le maggioranze stabilite siano computate a partire del numero dei consiglieri stabiliti dallo statuto, riducendo e adattando, di conseguenza, le altre disposizioni: in tal senso l'articolo 3 della proposta di legge in esame. Si tratta di una disposizione volta a salvaguardia delle stesso ordinamento regionale, cioè volta ad evitare che l'elezione del consiglio regionale avvenga secondo norme che violino lo statuto regionale.

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La sentenza della Corte costituzionale n. 237 del 2009 contiene un passaggio apparentemente in contrasto con questo ragionamento. Vi è infatti scritto che «Da ciò consegue che è escluso dal sistema costituzionale che il legislatore statale, rispetto alle leggi regionali (così come quello regionale rispetto alle leggi statali), utilizzi la potestà legislativa allo scopo di rendere inapplicabile una legge regionale che ritenga costituzionalmente illegittima, se non addirittura solo dannosa o inopportuna, anziché agire in giudizio dinnanzi a questa Corte». Questa obiezione non può però essere mossa nel caso in esame, in quanto in questo caso la legge statale interverrebbe per correggere una stortura provocata da un'altra legge statale, vale a dire appunto la «legge Tatarella». Neanche in questo caso, pertanto, possono sussistere dubbi di costituzionalità.
In merito alla disposizione recata dall'articolo 3, esiste peraltro l'esigenza di precisare meglio le operazioni di calcolo che devono concretamente essere effettuate, il che sarà possibile nel corso dell'esame.
La proposta di legge prevede infine, all'articolo 4, l'innalzamento della soglia di sbarramento al 4 per cento come principio fondamentale anche per i sistemi di elezione del consiglio comunale e del consiglio provinciale.
Attualmente, per l'elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti è posta la soglia del 3 per cento del totale dei voti validi espressi per tutte le liste. Tuttavia, questa soglia di sbarramento non si applica alle liste che facciano parte (al primo turno di votazione) di una coalizione di liste che ottenga complessivamente almeno quel 3 per cento (articolo 73, comma 7, decreto del Presidente della Repubblica n. 267 del 2000).
Del tutto analoga è la soglia del 3 per cento prevista per l'elezione del consiglio provinciale (articolo 75, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 267 del 2000). La soglia è del 3 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione provinciale, salvo che la lista non faccia parte di una coalizione di liste che raggiunga complessivamente tale risultato.
La modifica proposta dal progetto di legge in esame intende, in primo luogo, innalzare le due soglie - quella per i consigli provinciali e per i consigli comunali dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti - al 4 per cento del totale dei voti validi espressi per tutte le liste nella circoscrizione comunale o nella circoscrizione provinciale; e, in secondo luogo, prevedere l'applicazione di questa soglia a tutte le liste, senza riguardo ai voti che complessivamente ottiene la coalizione cui una lista eventualmente partecipi.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.15.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 22 settembre 2009. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 14.25.

Legge comunitaria 2009.
Emendamenti C. 2449-A Governo.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Maria Piera PASTORE (LNP), relatore, rilevato che né gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 3 né l'articolo aggiuntivo 7-quater.0200 della Commissione presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione, propone di esprimere su di essi il parere di nulla osta.
Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 14.30.

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AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili.
Nuovo testo unificato C. 82 Stucchi ed abb..

Disposizioni per la preparazione, il confezionamento e la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma.
Testo unificato C. 975 Brandolini e C. 2513 Rainieri.