CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 27 luglio 2009
210.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Lunedì 27 luglio 2009. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 12.40.

Sull'ordine dei lavori.

Donato BRUNO, presidente, propone di invertire l'ordine dei lavori nel senso di rinviare la riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, al termine della seduta in sede referente.

La Commissione concorda.

Norme in materia di cittadinanza.
C. 103 Angeli, C. 104 Angeli, C. 457 Bressa, C. 566 De Corato, C. 718 Fedi, C. 995 Ricardo Antonio Merlo, C. 1048 Santelli, C. 1592 Cota, C. 2006 Paroli e C. 2035 Sbai.

(Seguito dell'esame e rinvio - Nomina di un comitato ristretto).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 22 luglio 2009.

Manuela DAL LAGO (LNP), dopo aver sottolineato come le proposte di legge in esame siano numerose e in alcuni casi significativamente divergenti, come i gruppi abbiano sulla materia posizioni distanti e come diverse questioni siano state nel frattempo risolte con la legge 15 luglio 2009, n. 94, recentemente approvata dal Parlamento, esprime l'avviso - sul quale il suo gruppo è concorde - che non sussistano, allo stato, le condizioni per portare avanti una riforma condivisa della legge sulla cittadinanza. Tutt'al più, si potrebbe chiedere al Governo di impegnarsi per garantire che i dieci anni di residenza in Italia previsti dalla legge per la naturalizzazione dello straniero siano effettivamente dieci e non diventino invece, a causa di lungaggini burocratiche, dodici o tredici, come avviene oggi, stando ai dati comunicati dal Governo stesso.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL) intende preliminarmente ringraziare la relatrice che ha svolto un eccellente lavoro di sintesi nel relazionare sulle proposte di legge che sono state, nel tempo, presentate sulla materia della cittadinanza.

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Rileva, quindi, come dalle proposte presentate emergano interessanti punti di riflessione su cui è sua intenzione richiamare l'attenzione delle Commissione. Tenendo conto del dibattito finora svolto, che ha portato contributi di grande utilità, è infatti possibile individuare, a suo avviso, gli aspetti di maggiore consonanza presenti nelle proposte di legge presentate, che certamente contengono anche profili di divergenza. Il filo conduttore dei progetti di legge è quello di ottimizzare il contributo che i nuovi cittadini possono dare, rendendo al contempo più stringenti le norme sanzionatorie in materia di revoca della cittadinanza.
Evidenzia come a livello nazionale, così come in ambito internazionale, il fenomeno dell'immigrazione vada affrontato con piglio determinato così da renderlo meglio gestito. Ci si trova, invero, di fronte ad una società che cresce e si globalizza; in tale contesto, si è assistito a sempre maggiori fenomeni migratori verso le zone più industrializzate del mondo. Il denominatore comune di matrice mondiale è costituito dal dato economico, che contiene al tempo stesso profili positivi e negativi. La gestione del fenomeno migratorio ha, infatti, indubbi costi per gli Stati destinatari; al contempo, vi sono evidenti vantaggi economici e finanziari.
Occorre quindi, a suo avviso, cercare di dare a tale flusso una valenza economica quanto più possibile positiva, convogliando l'indotto della forza lavoro sugli Stati di destinazione più che su quelli di provenienza. È noto da tempo il fenomeno del money transfert che tende a portare nei Paesi di origine i proventi del lavoro degli immigrati; si tratta quindi di aspetti che una nuova normativa in materia di cittadinanza non può non affrontare, seppure in coerenza con le altre previsioni legislative in materia.
Richiama, quindi, le indicazioni date dall'Unione europea per definire una disciplina più coordinata ed omogenea del fenomeno migratorio, indicazioni che in gran parte sono confluite nelle proposte di legge presentate. Ricorda come in Italia - come d'altronde anche in tutta Europa - sia prevalente il criterio dello ius sanguinis per l'acquisto della cittadinanza. Rileva come nel corso del dibattito finora svolto vi sia stata la tendenza a comparare, in termini quantitativi, tale criterio con quello dello ius soli: in proposito ricorda che vi sono state aperture in alcuni Stati membri in tale direzione ma non è possibile sostenere che oggi tale criterio sia prevalente rispetto agli altri, anche alla luce della conformazione geografica dell'Europa che non dispone di quella vastità di territori che caratterizza, ad esempio, gli Stati Uniti.
Auspica, quindi, che nell'ambito dei lavori del Comitato ristretto possa raggiungersi una sintesi che consenta di dare enfasi ai tratti di consonanza presenti nelle diverse proposte di legge in discussione.
Esprime, in particolare, condivisione rispetto alla posizione espressa dal suo gruppo in merito al numero di anni necessari per l'acquisto della cittadinanza: ritiene infatti opportuno mantenere l'attuale previsione di dieci anni assicurando però che a questi non si sommino ulteriori periodi connessi a ritardi amministrativi di certo non previsti dalla legge. Rileva, inoltre, come la dissonanza temporale rispetto a quanto previsto in altri Paesi sia in realtà solo apparente in quanto la ratio della norma è quella di avere la certezza della condivisione dello status civitatis di chi farà parte della Repubblica italiana. In tale direzione, la previsione del cosiddetto test di naturalizzazione ovvero di cultura e lingua sarebbe espressione di una base valoriale che deve essere condivisa dai nuovi cittadini.
Ricorda, quindi, come dai dati forniti dal Ministero dell'interno sia emerso come oggi è ancora prevalente il criterio della ius comunicationis rispetto alla naturalizzazione per via residenziale. Evidenzia come tale aspetto nasconda una evidente pericolosità, colta da quasi tutte le proposte di legge, tanto più marcata quanto più si pensi ai fenomeni di acquisizione di cittadinanza attraverso matrimonio che si basano su matrimoni convenzionali che spesso si ripetono anche più volte dando

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luogo ad un trasferimento di cittadinanza per via quasi «virale», estendendosi a più nuclei familiari nel tempo. Le proposte di legge in esame sono quindi volte a sanare tali patologie, nate da un previsione normativa che nel tempo è stata snaturata.
Rileva, in proposito, come la proposta di legge C. 2035 Sbai richiami anche il reato di bigamia al fine di evitare, per il futuro, che la disciplina normativa vigente possa essere utilizzata nel caso in cui un soggetto, con dichiarazioni mendaci, si unisca in matrimonio con una cittadina italiana pur avendo una moglie anche in un altro luogo.
Ritiene, quindi, opportuno un intervento rispetto ad una norma che ha dato luogo a disomogeneità e applicazioni errate, così come evidenziato in più occasioni dal Consiglio di Stato che ha parlato di norma opaca e di difficile interpretazione. Evidenzia, infatti, come gli unici limiti posti dalla norma al rilascio della cittadinanza a seguito di matrimonio - rilascio che in questo caso, per consolidata giurisprudenza, deve avvenire entro il termine perentorio di due anni - consistono nell'aver commesso delitti non colposi o nell'essere un soggetto che costituisce un rischio per la sicurezza nazionale. Rileva, tuttavia, che mentre rappresenta causa sospensiva l'esistenza di un procedimento penale pendente a carico del richiedente la cittadinanza, nell'ipotesi in cui il soggetto in questione costituisca un potenziale pericolo per la sicurezza nazionale - senza che vi sia un procedimento penale pendente - non si può applicare alcuna sospensione della richiesta e la cittadinanza deve essere attribuita entro il termine perentorio di due anni.
Auspica, quindi, che nel corso dell'esame delle proposte di legge in titolo sia possibile individuare una nuova formulazione della norma che consenta di superare tale profilo.
Ricorda poi come uno dei principali aspetti di convergenza delle proposte di legge presentate sia rappresentato dalla volontà di valorizzare la seconda generazione, ferma restando la necessità di prevedere precisi livelli di scolarizzazione. In proposito, nei Paesi membri dell'Unione europea esistono attualmente previsioni variegate; richiama, in particolare, l'attenzione sulla disciplina vigente in Germania dove il minore acquisisce la doppia cittadinanza ma al compiere dei diciotto anni deve optare per una delle due, restando inteso che in mancanza di una sua dichiarazione manterrà solo quella di origine perdendo invece la cittadinanza tedesca.
Sottolinea, in conclusione, come tali tematiche rappresentino la vera sfida del futuro: è evidente come rispetto ai primi anni novanta molte cose sono cambiate, soprattutto nel senso di intendere l'immigrazione integrata come una opportunità da vivere nel rispetto reciproco e non più come fenomeno da temere. Si riserva, quindi, di svolgere ulteriori approfondimenti nel prosieguo dell'iter, anche al fine di individuare le proposte emendative da formulare per il miglior esito dell'esame.

Donato BRUNO, presidente, avverte che, come preannunciato nella precedente seduta, con gli interventi di oggi si conclude la discussione di carattere generale sul provvedimento. Propone quindi di costituire un comitato ristretto per il seguito dell'esame, come suggerito a suo tempo anche dalla relatrice, deputata Bertolini.

La Commissione delibera di costituire un comitato ristretto per il seguito dell'esame delle proposte di legge in titolo.

Donato BRUNO, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, in materia di soppressione delle province.
C. 1694 cost. Nucara, C. 1836 cost. Scandroglio, C. 1989 cost. Casini, C. 1990 cost. Donadi, C. 2010 cost. Versace e C. 2264 cost. Pisicchio.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato da ultimo, nella seduta del 22 luglio 2009.

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Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL), espresso apprezzamento per la relazione introduttiva svolta dal presidente e relatore, ricorda come sull'utilità e sul ruolo delle province si discuta praticamente da quando si è formato il Regno d'Italia. È stato nei decenni da più parti sostenuto che le province siano enti inutili, privi di un ruolo definito e di una collocazione organica e titolari di competenze tendenzialmente residuali. D'altra parte, anche chi ne sostiene l'inutilità si trova poi a dover riconoscere la necessità di un livello di governo intermedio tra i comuni e le regioni. L'OCSE ha del resto segnalato come nei Paesi europei, pur tra ovvie differenze e sotto nomi diversi, il livello di governo corrispondente alle province italiane è diffusamente previsto.
Concorda, peraltro, con quanti hanno ravvisato la necessità di una revisione radicale del sistema delle autonomie, che, contando dalle circoscrizioni comunali allo Stato, si caratterizza per un numero forse troppo elevato di livelli di governo. È inoltre senz'altro necessario rivedere il sistema degli enti funzionali collegati agli enti locali: l'occasione per una riflessione sul punto la fornirà l'esame del disegno di legge governativo recante il codice delle autonomie, che il Governo dovrebbe nei prossimi mesi presentare al Parlamento.
Concorda anche con la deputata Lanzillotta, la quale ha segnalato l'opportunità di una revisione dell'articolo 114 della Costituzione volta a chiarire che provincia e città metropolitana devono considerarsi assetti alternativi, e non coesistenti, anche perché la loro coesistenza sarebbe contraria all'intento di semplificazione che deve ispirare la riforma degli enti locali.
In conclusione, ritiene senz'altro necessario un intervento per la semplificazione del sistema delle autonomie, soprattutto con riguardo alla miriade di enti collegati agli enti locali, i quali sono causa non soltanto di spese rilevanti, ma anche di inefficienza: spesso, infatti, a seguito di elezioni amministrative, accade che comuni e province abbiano una maggioranza di segno politico non più coincidente con quello di coloro che sono alla guida degli enti in questione, con tutto quel che ne consegue in termini di collaborazione e quindi di speditezza del lavoro comune. Quanto però alle province, rileva che i cittadini le percepiscono spesso come più vicine delle regioni, senza contare che l'articolo 5 della Costituzione prevede che la Repubblica «riconosce», e non «istituisce», le autonomie locali, sottintendendo quindi che esse preesistono alla stessa Costituzione repubblicana come un assetto organizzativo ormai consolidato nella tradizione giuridica e nella cultura degli italiani.

Donato BRUNO, presidente, dopo aver ricordato che la discussione di carattere generale sul provvedimento si sarebbe dovuta chiudere nella seduta di oggi, comunica che, su richiesta di alcuni deputati che intenderebbero ancora intervenire ma non hanno potuto essere presenti, nonché in considerazione del fatto che le audizioni previste nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla materia si svolgeranno in ogni caso solo giovedì prossimo, la discussione di carattere generale si protrarrà ancora nelle giornate di domani e dopodomani. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.20.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Lunedì 27 luglio 2009.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.20 alle 13.35.