CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 16 giugno 2009
188.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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INTERROGAZIONI

Martedì 16 giugno 2009. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 12.30.

5-01491 Bernardini: Problematiche relative al pagamento degli onorari per l'attività di patrocinio a spese dello Stato.

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

Rita BERNARDINI (PD), ringrazia il rappresentante del Governo per la risposta fornita, riservandosi di esaminare attentamente i dati in essa contenuti, anche per meglio comprendere quali iniziative siano da mettere in atto. Ritiene che l'attribuzione «indistinta» di risorse da destinare a tutte le spese di giustizia sia sostanzialmente iniqua e che l'effettività del diritto di difesa, attuata anche tramite l'istituto del patrocinio a spese dello Stato, dovrebbe avere la prevalenza. Ritiene, inoltre, che sarebbe opportuno disporre di una analisi dettagliata della ripartizione delle risorse per ciascun ufficio giudiziario. Ricorda, quindi, come i radicali si siano opposti all'approvazione della norma

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che consente alle vittime dei reati sessuali di accedere al gratuito patrocinio, indipendentemente dalle condizioni di reddito, trattandosi di una norma-manifesto particolarmente ingiusta, soprattutto in considerazione delle difficoltà di funzionamento dell'istituto in questione nei confronti dei soggetti non abbienti.

5-01178 Molteni: Questioni concernenti il circondario del Tribunale di Como.

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

Nicola MOLTENI (LNP), replicando, si dichiara soddisfatto della risposta fornita dal sottosegretario. Auspica quindi che l'intendimento del Governo, nel senso di non modificare la geografia giudiziaria del circondario in questione, rimanga fermo nonostante le recenti dichiarazioni in senso contrario del nuovo presidente del Tribunale di Como. Una eventuale soppressione o modifica delle relative sedi distaccate, infatti, risulterebbe allo stato del tutto inopportuna, oltre che dannosa in termini di efficienza del servizio giustizia nell'area considerata.

Giulia BONGIORNO, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

La seduta termina alle 12.50.

SEDE REFERENTE

Martedì 16 giugno 2009. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 12.50.

Disposizioni in materia di violenza sessuale.
C. 611 Caparini, C. 666 Lussana, C. 817 Angela Napoli, C. 924 Pollastrini, C. 688 Prestigiacomo, C. 574 De Corato, C. 952 Pelino, C. 1424 Governo, C. 2167 Pelino, C. 2142 Saltamartini, C. 2194 Carlucci e C. 2229 Cosenza.

(Seguito esame e rinvio)

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 26 maggio 2009.

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che sono stati presentati emendamenti al testo unificato adottato dalla Commissione Giustizia l'11 febbraio scorso.
Ricorda, peraltro, che a seguito della conversione in legge del cosiddetto «decreto sicurezza», alcuni aspetti della disciplina sui quali la Commissione aveva intenzione di intervenire, sono oramai diventati norme di legge.
Invita, pertanto, i rappresentanti dei gruppi a valutare l'opportunità di esaminare gli emendamenti presentati ovvero di riaprire il termine per la presentazione degli emendamenti al fine di poter intervenire anche su altre questioni relative ai reati di violenza sessuale rispetto a quelle affrontate dagli emendamenti presentati.
Ricorda in ogni caso che i provvedimenti in materia di violenza sessuale sono stati iscritti nel calendario dell'Assemblea a partire da lunedì 22 giugno. Ritiene evidente che tale termine non possa essere rispettato, per cui sarà necessario chiedere un rinvio dell'inizio dell'esame da parte dell'Assemblea. Si pone quindi la questione dell'estensione del termine del rinvio che verrà richiesto. Tale questione è strettamente connessa a quella precedentemente posta in ordine all'eventualità di fissare un nuovo termine per la presentazione degli emendamenti.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

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Disposizioni in materia di cognome dei figli.
C. 36 Brugger, C. 960 Colucci, C. 1053 Santelli, C. 1699 Garavini e C. 1703 Mussolini.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato nella seduta del 9 giugno 2009.

Giulia BONGIORNO, presidente e relatore, ricorda di avere presentato, nella precedente seduta, una proposta di testo unificato che sarà posta in votazione entro questa settimana.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento.
C. 2364, approvata dal Senato, e petizione n. 638.

(Rinvio del seguito dell'esame).

La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato nella seduta del 9 giugno 2009.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13 alle 13.10.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 16 giugno 2009. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 13.10.

Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.
C. 1441-ter-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

(Parere alla X Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Antonino LO PRESTI (PdL), relatore, rileva come il testo contenga più di una disposizione rientrante nella competenza della Commissione Giustizia. Anziché illustrarle secondo l'ordine degli articoli procede partendo da quella che ritiene rappresentare la disposizione di maggior interesse per la Commissione Giustizia. Si riferisce all'articolo 49, avente ad oggetto l'azione risarcitoria collettiva, la cosiddetta class action. In particolare, l'articolo 49, introdotto nel corso dell'esame al Senato, riforma l'istituto, non ancora in vigore, della class action, procedendo alla sostituzione integrale dell'articolo 140-bis del Codice del consumo. Ricorda che il 2 ottobre scorso la Commissione Giustizia ha avviato l'esame di alcune proposte di legge d'iniziativa parlamentare proprio in materia di azione risarcitoria collettiva, delle quali è stato nominato relatore.
Pertanto, prima di passare all'esame di tale nuova disciplina, non può che disapprovare la scelta del Governo di presentare al Senato un emendamento avente ad oggetto una materia che si trova nello stesso momento all'esame di una Commissione presso l'altro ramo del Parlamento. A ciò si aggiunga che per scongiurare il pericolo di vedere scavalcata la Commissione si era approvata una risoluzione nello scorso dicembre proprio volta a impegnare il Governo a presentare le proprie iniziative legislative in materia presso la Commissione Giustizia, considerato che la stessa aveva già avviato l'esame dei provvedimenti sulla medesima materia. Inoltre, sottolinea con rammarico che il testo del Governo si ispira ad una filosofia diversa del testo unificato adottato dalla Commissione Giustizia il 28 gennaio scorso.

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Osserva inoltre che l'articolo 49, nel dettare una ulteriore disciplina della class action, ne consente la proponibilità anche nei confronti di gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, circostanza già oggetto di disciplina ai sensi dell'articolo 4 della recente legge n. 15 del 2009 che - in materia di mezzi di tutela giurisdizionale degli interessati nei confronti delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici che violano gli standard qualitativi ed economici fissati o gli obblighi contenuti nelle Carte dei servizi o le norme preposte al loro operato - reca una delega, da esercitarsi nel termine di nove mesi dalla data di entrata in vigore delle citata legge, in parte ispirata a principi divergenti, in particolare per quanto riguarda il criterio del giudice competente. Non si comprende come sia possibile introdurre nell'ordinamento una norma configgente con altra introdotta recentemente senza prevedere il raccordo.
Per quanto attiene al merito della nuova disciplina contenuta dall'articolo 49, rileva in primo luogo che non si può non sottolineare che questa non risponde all'esigenza primaria di definire con assoluta precisione in tutti i suoi elementi il procedimento risarcitorio, lasciando dubbi interpretativi che si possono tradurre in disparità di trattamento a causa di interpretazioni disomogenee tra i diversi tribunali. Rispetto al testo approvato dal Senato occorrerebbe una più puntuale definizione delle posizioni soggettive tutelabili e della legittimazione ad agire in giudizio, nonché dei criteri che presiedono alla valutazione del giudice in ordine alla capacità del proponente dell'azione giudiziaria di «di curare adeguatamente l'interesse della classe».
Rileva, inoltre, che il testo unificato adottato dalla Commissione Giustizia risponde alla logica delle azioni collettive rimesse all'iniziativa di un ente esponenziale, così come nella tradizione europea, superando però, nel contempo, i rischi che l'azione sia esclusivo monopolio delle associazioni iscritte negli elenchi, e consentendo così la promozione della tutela degli interessi collettivi di azione affidandola a comitati qualificati. Il testo in esame, invece, sembra ispirato al sistema statunitense (e quindi dovrebbe garantire l'accesso a tutti i consumatori, con immaginabile caos e possibili effetti distorsivi dell'azione), salvo poi prevedere un sistema di adesione molto più rigoroso e dei limiti stringenti quanto alle posizioni giuridiche tutelate. Si tratta di una incongruenza che potrebbe creare delle confusioni applicative, in quanto rende difficilmente comprensibile la ratio dell'istituto. Non vi è, tra l'altro, alcun limite numerico per l'ammissione all'azione, rimettendo così alla discrezionalità del giudice l'accesso a tale forma eccezionale di tutela. A ben vedere dovrebbe inoltre chiarirsi quale sia la legittimazione processuale, dal momento che nel testo non si specifica quale sia il soggetto legittimato a stare in giudizio, ma solo che «consumatori e utenti che intendono avvalersi della tutela di cui al presente articolo aderiscono all'azione di classe, senza ministero di difensore».
Occorre notare anche che, per quanto riguarda l'adesione, si prevede che questa sia depositata in cancelleria in un termine circoscritto (non superiore a 120 giorni dalla pubblicazione del provvedimento di ammissione dell'azione), restringendo così la possibilità per i singoli di aderire all'azione. Il termine è tanto più esiguo se rapportato ai lunghi tempi dei giudizi ordinari avanti ai Tribunali. In altri termini, si rischia di precludere le adesioni molto tempo prima della prima udienza di comparizione, il che limita fortemente l'efficacia della tutela.
Un punto che sicuramente merita una riflessione è quello relativo alle posizioni giuridiche tutelate. Nel testo si legge che l'azione fa riferimento alla tutela dei «diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti». Si tratta di una specificazione che, con tale nuova qualificazione, rischia di impedire assolutamente qualsiasi legame tra l'azione risarcitoria (posta a tutela dei diritti individuali omogenei) e l'azione inibitoria (posta a tutela degli interessi collettivi). Al contrario le due forme di tutela dovrebbero essere maggiormente

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coordinate, anche in considerazione del fatto che, la maggior parte delle azioni inibitorie già promosse richiedevano proprio una successiva fase «risarcitoria», preclusa in mancanza di uno strumento apposito. Al contrario, puntualizzare il carattere «diritti individuali omogenei», così come il riferimento ai diritti «identici» dei consumatori, rischia di rappresentare una restrizione eccessiva ed escludere dalla tutela quelle ipotesi di lesioni che presuppongono comunque la commissione di uno stesso illecito da parte dell'imprenditore. In realtà il testo in esame su questo punto appare poco chiaro, in quanto, al comma 2, la lettera a), richiama i «diritti contrattuali di un pluralità di consumatori ed utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione identica», e le lettere b) e c) utilizzano invece l'espressione «diritti identici», che appare collegata con quanto statuito al comma 6 in merito alla ammissibilità della domanda. Sarebbe più corretto far riferimento, così come contenuto nel testo unificato della Commissione Giustizia, agli «illeciti» posti nell'ambito dei rapporti giuridici contrattuali, extracontrattuali, pratiche commerciali comportamenti contrari alla libera concorrenza, piuttosto che ai «diritti». Si eviterebbero, infatti, infruttuosi dibattiti circa l'esistenza o meno di «diritti» in ciascuna delle ipotesi di illecito considerate.
Si prevede, diversamente dall'attuale articolo 140-bis, che dopo la scadenza del termine fissato per l'adesione all'azione collettiva, non sono più proponibili azioni collettive ulteriori contro la stessa impresa per gli stessi fatti; se proposte entro il termine davanti allo stesso tribunale, le azioni sono riunite d'ufficio, se proposte oltre il termine, sono cancellate dal ruolo ed eventualmente riassunte davanti al primo giudice.
Come per la disciplina attuale, si delinea un procedimento in due fasi: la prima fase (commi 6 e seguenti) è volta alla pronuncia sull'ammissibilità dell'azione di classe e, in caso di esito positivo (ordinanza di ammissione), comporta che all'azione debba essere data adeguata pubblicità affinché tutti gli interessati possano aderirvi (il nuovo comma 9 individua l'esecuzione della pubblicità come condizione di procedibilità della domanda). Motivo di inammissibilità - oltre alla manifesta infondatezza, alla presenza di un conflitto di interessi e la mancata identità del diritti da tutelare (attualmente il motivo è la ravvisata inesistenza di un interesse collettivo tutelabile) - anche il fatto, ora non previsto, che il proponente non appaia al tribunale in grado di curare adeguatamente l'interesse della classe (comma 6); viene disciplinato il contenuto dell'ordinanza di ammissione (da trasmettere al Ministero dello sviluppo economico) e individuato un termine di 120 giorni per il deposito degli atti di adesione all'azione collettiva (comma 9). La seconda fase (commi 12 e seguenti) è finalizzata invece alla decisione nel merito e, in caso di accoglimento della domanda, si conclude con la sentenza di condanna alla liquidazione, in via equitativa, delle somme dovute a coloro che hanno aderito all'azione ovvero con la definizione di un criterio omogeneo di calcolo per la suddetta liquidazione; una nuova disposizione prevede, in caso di successo dell'azione proposta nei confronti di gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, che il tribunale debba tener conto, ai fini liquidatori, di quanto previsto nelle eventuali carte dei servizi. La sentenza diviene esecutiva decorsi 180 giorni dalla pubblicazione. Davvero incomprensibile è la previsione di questo termine. Si tratta di una previsione decisamente distante dal sistema processuale italiano e rischia di essere un escamotage per l'imprenditore soccombente attraverso cui potersi sottrarre, nelle more, all'esecuzione della sentenza. Si ricorda che nell'attuale articolo 140-bis, il giudice non liquida direttamente la somma da corrispondere, ma determina i criteri in base ai quali tale somma deve essere liquidata, limitandosi eventualmente a definire la somma minima da corrispondere a ciascun consumatore o utente. La compiuta determinazione di tale somma viene demandata o all'accordo tra impresa e singolo

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consumatore o all'esito della fase conciliativa . Si evidenzia che nel caso di determinazione da parte del giudice del solo criterio di calcolo della liquidazione della somma da corrispondere ai singoli consumatori, non sono chiari i successivi passaggi procedurali volti alla compiuta definizione dell'entità di tale somma e alla formazione del titolo esecutivo.
Si prevede la possibile esecuzione provvisoria in appello ex articolo 283 del codice di procedura civile. La corte d'appello, se richiesta in tal senso, tiene conto dell'entità complessiva della somma a carico dell'impresa debitrice, del numero dei creditori e delle previste difficoltà di ripetere la somma in caso di accoglimento dell'appello. È data, comunque, facoltà al giudice del gravame di far vincolare e depositare dall'impresa gli importi dovuti fino al passaggio in giudicato della sentenza.
È esclusa la retroattività della disciplina, disponendo che l'esercizio dell'azione sia ammesso solo per gli illeciti compiuti dopo la data di entrata in vigore del provvedimento in esame (articolo 49, comma 2). Ciò è incomprensibile. L'azione di classe, o collettiva risarcitoria, infatti, essendo una disciplina di natura processuale, dovrebbe operare dal momento della sua entrata in vigore, a prescindere dal momento della commissione dell'illecito, stante il principio tempus regit actum.
Vi è poi una considerazione da fare sulla entrata in vigore della nuova disciplina, qualsiasi essa sia. Ricorda che l'attuale puntuale disciplina della class action, dopo alcuni rinvii, dovrebbe avvenire il prossimo 30 giugno. Anche su questo punto occorre riflettere, dato che l'iter del provvedimento in esame potrebbe arrivare a compimento successivamente al suddetto termine, con conseguenze pregiudizievoli sulle esigenze di certezza del diritto. A fronte di ciò, occorrerebbe riflettere sull'opportunità di un nuovo rinvio.
Passa quindi all'esame delle altre disposizioni d'interesse della Commissione giustizia.
L'articolo 15 novella alcune disposizioni del codice penale poste a tutela dei diritti di proprietà industriale, inserisce nuove fattispecie di reato e apporta modifiche conseguenti in materia di confisca e di competenza delle procure della Repubblica; interviene infine sulla disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per prevedere sanzioni pecuniarie e interdittive a carico dell'ente in relazione alla commissione di delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio e per violazioni del diritto d'autore.
Il comma 1, lettera a), ampiamente emendata nel corso dell'esame in Senato, riformula l'articolo 473 del codice penale, che prevede attualmente il delitto di contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali. La disposizione modifica la fattispecie penale nei seguenti termini: sopprime il riferimento alle opere dell'ingegno e modifica conseguentemente la rubrica dell'articolo; inasprisce la sanzione penale per la contraffazione e l'alterazione di marchi e segni distintivi di prodotti industriali, ovvero per l'uso di marchi e segni contraffatti (individuando il termine minimo di sei mesi di reclusione e aumentando la multa); sanziona più severamente - con la reclusione da 1 a 4 anni e la multa da 3.500 a 35.000 euro - la contraffazione e l'alterazione di brevetti, disegni e modelli industriali, ovvero il loro uso.
Evidenzia, inoltre, che nel corso dell'esame del disegno di legge in Senato è stato inserito nel primo comma del nuovo articolo 473 l'inciso «potendo conoscere dell'esistenza del titolo di proprietà industriale». Ciò comporta che la condotta di colui che altera o contraffà un marchio o un segno distintivo di prodotto industriale potrà essere penalmente sanzionata solo se l'accusa potrà provare che l'indagato aveva elementi per conoscere che il marchio o il segno distintivo hanno un legittimo proprietario.
La lettera b) riformula l'articolo 474 del codice penale, che già attualmente prevede

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il reato di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi.
In particolare, il nuovo articolo 474 del codice penale differenzia le fattispecie di illecito, che attualmente prevedono la medesima pena. Il primo comma disciplina l'ipotesi dell'introduzione in Italia, al fine di trarne profitto, di prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi contraffatti o alterati, e prevede la sanzione della reclusione da 1 a 4 anni e della multa da 3.500 a 35.000 euro. Il secondo comma disciplina invece la fattispecie della detenzione per la vendita, della messa in vendita o della messa in circolazione dei suddetti prodotti, che è punita con la reclusione fino a 2 anni e con la multa fino a 20.000 euro.
La lettera c) inserisce nel codice penale tre ulteriori disposizioni attraverso le quali disciplina la confisca dei beni inerenti ai reati di cui agli articoli 473 e 474 e le aggravanti e attenuanti speciali.
In particolare, il nuovo articolo 474-bis del codice penale introduce una specifica ipotesi di confisca obbligatoria: delle cose, a chiunque appartenenti, che servirono o furono destinate a commettere i reati di cui agli articoli 473 e 474; delle cose, che ne sono l'oggetto, il prodotto, il prezzo o il profitto (primo comma). In base al secondo comma, se non è possibile eseguire il suddetto provvedimento, il giudice può disporre la confisca per equivalente, nelle forme dell'articolo 322-ter del codice penale.
Il nuovo articolo 474-ter del codice penale introduce due circostanze aggravanti per l'ipotesi di commissione dei delitti in modo sistematico o con l'allestimento di mezzi e attività organizzate (sempre che gli stessi non rappresentino il fine di un'associazione a delinquere ai sensi dell'articolo 416). In particolare, la pena è della reclusione da 2 a 6 anni e della multa da 5.000 a 50.000 euro per i delitti di cui agli articoli 473 e 474 primo comma; la pena è della reclusione fino a 3 anni e della multa fino a 30.000 euro per i delitti di cui all'articolo 474, secondo comma.
L'articolo 474-quater individua infine un'attenuante per il colpevole che aiuta le autorità: nell'azione di contrasto ai delitti di cui agli articoli 473 e 474; nella raccolta di elementi utili alla ricostruzione dei fatti o alla cattura di concorrenti; nell'individuazione degli strumenti occorrenti alla commissione dei delitti; nell'individuazione dei profitti derivanti dai delitti.
La lettera e) interviene sul titolo VIII del codice penale (relativo ai delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio) per inserire nel capo relativo ai delitti contro l'industria e il commercio tre ulteriori articoli.
L'articolo 517-quater, rubricato contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, punisce con la reclusione fino a 2 anni e la multa fino a 20.000 euro chi contraffà o altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari (primo comma) ovvero introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita o pone in vendita tali prodotti al fine di trarne profitto (secondo comma).
L'articolo 517-quinquies introduce invece una circostanza attenuante dei delitti di cui agli articoli 517-ter e 517-quater, prevedendo la diminuzione della pena dalla metà a due terzi per colui che aiuta le autorità nell'azione di contrasto ai delitti di cui ai predetti articoli; nella raccolta di elementi utili alla ricostruzione dei fatti o alla cattura di concorrenti; nell'individuazione degli strumenti occorrenti alla commissione dei delitti; nell'individuazione dei profitti derivanti dai delitti.
Il comma 3, aggiunge ipotesi particolari di confisca obbligatoria a quelle previste dall'articolo 12-sexies, comma 1, del decreto-legge n. 306 del 1992 («Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa»).
Il comma 4 opera un'analoga integrazione all'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale, attribuendo la competenza a svolgere le indagini per i

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reati di cui agli articoli 473 e 474 del codice penale, quando tali delitti rappresentino lo scopo di un'associazione a delinquere, al pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d'appello. Il successivo comma 5 specifica che tale disposizione si applica solo ai procedimenti iniziati dopo l'entrata in vigore della legge.
Il comma 6 interviene sull'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) novellando l'articolo 4-bis, volto a limitare l'accesso ai benefici penitenziari a determinate categorie di detenuti. In particolare, il comma 1-ter prevede che i benefici penitenziari possano essere concessi ai detenuti o internati per una serie di delitti purché non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. La disposizione in commento aggiunge all'elencazione dell'articolo 4-bis, comma 1-ter, il delitto di associazione a delinquere finalizzato alla commissione dei delitti di cui agli articoli 473 e 474 del codice penale.
Infine, il comma 7 - introdotto nel corso dell'esame in Senato, interviene sul decreto legislativo n. 231 del 2001 in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche
In particolare, la lettera a) novella l'articolo 25-bis del decreto legislativo per inserirvi sanzioni pecuniarie a carico della persona giuridica anche in caso dei delitti di cui agli articoli 473 e 474 del codice penale, nonché le sanzioni interdittive per una durata non superiore ad un anno. La lettera b) inserisce un'ulteriore articolo nel decreto legislativo, per sanzionare l'ente responsabile in caso di delitti contro l'industria e il commercio commessi in suo favore o a suo vantaggio. Infine, la lettera c) inserisce nel decreto legislativo n. 231 del 2001 l'articolo 25-novies, relativo alla responsabilità della persona giuridica per delitti in materia di violazione del diritto d'autore.
L'articolo 16, introdotto dal Senato, prevede che i beni mobili registrati, sequestrati nel corso dei procedimenti per la repressione dei reati in esso indicati, siano affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia ovvero ad altri organi dello Stato o enti pubblici non economici per finalità di giustizia, protezione civile o tutela ambientale; gli stessi beni possono essere assegnati ai medesimi soggetti a seguito di provvedimento definitivo di confisca. Il medesimo articolo dispone anche in ordine alla procedura applicabile ai fini della distruzione dei medesimi beni, nel caso in cui non vi siano istanze di affidamento in custodia giudiziale o richieste di assegnazione.
L'articolo 17 reca misure volte al contrasto della contraffazione. In particolare, esso estende anche alle indagini per i delitti di contraffazione (articoli 473 e 474 del codice penale) la disciplina delle c.d. indagini sottocopertura, prevede la confisca amministrativa dei locali ove vengono prodotti, depositati, detenuti per la vendita o venduti i materiali contraffatti e novella le disposizioni sull'incauto acquisto di prodotti contraffatti e sulla tutela amministrativa del made in Italy.
I commi 3 e 4 sono stati introdotti dal Senato. In particolare, il comma 3 pur sostituendo integralmente il comma 1 dell'articolo 122 del Codice della proprietà industriale, si limita in realtà a correggere un errore materiale. Il comma 4 stabilisce che la novella si applichi anche ai procedimenti già in corso all'entrata in vigore della legge.
Il comma 7, modificato dal Senato, novella l'articolo 245 del predetto Codice, che reca disposizioni transitorie. Le novelle apportate all'articolo 245 sono volte a confermare la competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale tanto per le controversie in grado d'appello, iniziate dopo la data di entrata in vigore del Codice (anche se il giudizio di primo grado o il giudizio arbitrale sono iniziati o si sono svolti secondo le norme precedentemente in vigore), quanto per le procedure di reclamo e le cause di merito di cui all'articolo 134. Nel primo caso la disposizione

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si applica a meno che non sia già intervenuta una pronuncia sulla competenza.
I commi da 10 a 13 dell'articolo in esame concernono l'istituzione del Consiglio nazionale anticontraffazione.
Il comma 15 delega il Governo ad adottare, entro il 31 dicembre 2009, disposizioni correttive o integrative, anche con riferimento all'aspetto processuale (specificazione introdotta dal Senato), del Codice della proprietà industriale, secondo le modalità e i princìpi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e previo parere delle competenti.
L'articolo 39, composto da sette commi, reca disposizioni in materia di valorizzazione ambientale degli immobili militari e penitenziari.
Il comma 1 prevede la possibilità per il Ministero della Difesa di utilizzare le infrastrutture militari ed i beni demaniali militari o in uso alle Forze armate, compresa l'Arma dei Carabinieri, per l'installazione di impianti energetici. Per quanto di competenza di questa Commissione, si segnala il comma 2, introdotto al Senato, che attribuisce al Ministero della giustizia la facoltà di utilizzare direttamente gli istituti penitenziari per le medesime finalità di cui al comma 1 (soddisfazione delle proprie esigenze energetiche e contenimento degli oneri e delle spese di gestione delle aree interessate).
L'articolo 41, modificato presso l'altro ramo del Parlamento, devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e alla competenza del TAR del Lazio, sede di Roma, le controversie (comprese quelle di natura cautelare e risarcitoria) concernenti le procedure e i provvedimenti della pubblica amministrazione e dei soggetti alla medesima equiparati in materia di infrastrutture energetiche.
Le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del TAR Lazio sono individuate dal comma 1 in quelle relative: alla produzione di energia elettrica da fonte nucleare; ai rigassificatori; ai gasdotti di importazione; alle centrali termoelettriche di potenza termica superiore a 400 MW; alle infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti.
Il comma 2, introdotto dal Senato, specifica che alle suddette controversie si applica il rito speciale e accelerato delineato dall'articolo 23-bis della legge n. 1034 del 1971, istitutiva dei TAR.
Il comma 5 definisce la disciplina transitoria, precisando che le norme sulla devoluzione di competenza al TAR del Lazio si applicano anche ai processi in corso. Particolare disciplina è inoltre dettata per le misure cautelari adottate da un'autorità giudiziaria diversa dal TAR del Lazio, la cui efficacia permane (il testo precedentemente approvato dalla Camera dei deputati ne stabiliva invece la sospensione) fino alla loro modifica o revoca da parte del TAR Lazio. In merito, la parte interessata ha l'onere, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge, di riassumere il ricorso o di riassumere l'istanza cautelare.
Il comma 6, introdotto dal Senato, precisa che in caso di riassunzione del ricorso, non è dovuto l'ulteriore pagamento del contributo unificato.

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO intervenendo con riferimento alla nuova disciplina della class action, precisa che, se l'azione può essere esperita anche da un singolo individuo, non si può non attribuire al giudice maggiori poteri in ordine alla valutazione di ammissibilità dell'azione stessa. Per quanto riguarda il consumatore che interviene nell'ambito di un'azione intentata da altro soggetto, ritiene che in tal caso si tratti di un mero atto di adesione, al quale debba seguire comunicazione a colui che ha esperito l'azione, con la sola possibilità di depositare la documentazione comprovante la pretesa nei confronti del soggetto passivo. Si riserva comunque di intervenire sugli altri aspetti concernenti la disciplina in esame.

Antonino LO PRESTI (PdL), relatore sottolinea l'esigenza che il testo in questione sia chiaro di per sé e non necessiti

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di interventi volti a precisarne l'interpretazione, come quello, pur pregevole, testè svolto dal sottosegretario Caliendo. Sottolinea quindi come molti aspetti della disciplina di cui all'articolo 49 debbano essere approfonditi e ricorda come nella giornata odierna anche il Presidente dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato abbia espresso forti perplessità sulla disciplina medesima.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta

La seduta termina alle 13.45.