CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 21 maggio 2009
180.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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INTERROGAZIONI

Giovedì 21 maggio 2009. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 13.

5-01308 Melis: Sull'emergenza criminalità in Ogliastra e la carenza di organico presso la Procura di Lanusei.

Il sottosegretario Giacomo CALIENDO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato).

Guido MELIS (PD), replicando preliminarmente ringrazia il rappresentante del Governo per la esaustiva, documentata ed articolata risposta data all'interrogazione in oggetto. Per quanto attiene alla prima parte della risposta, dichiara di essere concorde sul fatto che in Sardegna non vi sia un radicamento nel territorio di associazioni con le caratteristiche proprie di quelle di stampo mafioso, per quanto possano sussistere situazioni estremamente delicate a causa della criminalità organizzata. Ciò non significa che l'intervista del procuratore Fiordalisi del 2 aprile scorso, per quanto i suoi toni possano in alcuni passi apparire esasperati, non debba essere registrata come un grido di

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allarme per come la criminalità organizzata stia sempre di più cercando di assumere il controllo territoriale della Ogliastra. Per quanto attiene alla seconda parte della risposta, dopo aver sottolineato l'esigenza di potenziare al più presto l'ufficio della Procura della Repubblica di Lanusei, al fine di metterlo in grado di affrontare adeguatamente i gravi compiti che derivano dalla situazione prospettata dal dottor Fiordalisi, esprime forti perplessità sugli strumenti che il Governo ha adottato in questa legislatura al fine di coprire i posti vacanti degli uffici giudiziari. Si riferisce in particolare alla nuova disciplina delle cosiddette sedi disagiate approvata in questa legislatura, ritenendo che le soluzioni ivi previste non siano idonee a risolvere il gravissimo problema della copertura dei posti di uffici giudiziari che operano in situazioni territoriali estremamente delicate.

Giulia BONGIORNO, presidente, dichiara concluso lo svolgimento dell' interrogazione all'ordine del giorno.

La seduta termina alle 13.10.

SEDE REFERENTE

Giovedì 21 maggio 2009. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giacomo Caliendo.

La seduta comincia alle 13.10.

Disposizioni in materia di violenza sessuale.
C. 611 Caparini, C. 666 Lussana, C. 817 Angela Napoli, C. 924 Pollastrini, C. 688 Prestigiacomo, C. 574 De Corato, C. 952 Pelino, C. 1424 Governo, C. 2167 Pelino C. 2142 Saltamartini, C. 2194 Carlucci e C. 2229 Cosenza.

(Rinvio del seguito dell'esame).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 14 maggio 2009.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di cognome dei figli.
C. 36 Brugger, C. 960 Colucci, C. 1053 Santelli, C. 1699 Garavini e C. 1703 Mussolini.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dei provvedimenti.

Giulia BONGIORNO, presidente e relatore, osserva che le proposte di legge in esame muovono tutte dalla stessa esigenza di superare una disparità di trattamento tra uomo e donna presente nel nostro ordinamento, che la Corte Costituzionale con sentenza del 12 febbraio 2006, n. 61, ha segnalato al legislatore. In questa sentenza si legge che «l'attuale sistema di attribuzione del cognome dei figli è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistica, e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'eguaglianza tra uomo e donna».
La Corte costituzionale ha richiamato altresì il vincolo derivante da trattati internazionali, che impegnano gli stati contraenti, tra i quali l'Italia, a eliminare ogni discriminazione basata sul sesso nella scelta del cognome familiare, sottolineando come a tale vincolo si siano già adeguati i maggiori Stati europei. Per raggiungere questo obiettivo vi sono diverse soluzioni.
Le proposte di legge nn. 36 Brugger, 1053 Santelli e 1699 Garavini, con norme identiche, sostituiscono l'articolo 143-bis del codice civile al fine di prevedere che ciascun coniuge conservi il proprio cognome.
In conseguenza di tale disposizione, le proposte di legge n. 36 Brugger e n. 1699 Garavini provvedono all'abrogazione dell'articolo

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156-bis del codice civile e dei commi 2, 3 e 4 dell'articolo 5 della legge n. 898 del 1970.
Tutte le proposte di legge in esame, con l'eccezione della proposta n. 1703 Mussolini, recano disposizioni relative al cognome del figlio legittimo.
La proposta di legge n. 1699 Garavini demanda alla volontà dei genitori la possibilità di attribuire, oltre al cognome di entrambi i genitori nell'ordine concordato, il solo cognome del padre o il solo cognome della madre. Quale criterio suppletivo, per il caso di mancato accordo tra i genitori, la disposizione prevede l'attribuzione dei cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico.
Le altre tre proposte di legge prevedono, invece, l'attribuzione del cognome di entrambi i genitori secondo i seguenti criteri.
La proposta di legge n. 36 Brugger prevede l'attribuzione, nell'ordine, del cognome del padre e di quello della madre (se uno o entrambi i genitori hanno un doppio cognome, si considera soltanto il primo). I coniugi possono stabilire un ordine diverso con dichiarazione concorde resa all'ufficiale dello stato civile all'atto del matrimonio o, in mancanza, all'atto della registrazione della nascita del primo figlio.
La proposta di legge n. 960 Colucci prevede l'attribuzione del cognome di entrambi i genitori, nell'ordine determinato di comune accordo tra i genitori stessi. In caso di mancato accordo, si attribuiscono al figlio di entrambi i cognomi, con precedenza del cognome paterno su quello materno.
La proposta di legge 1053 Santelli, infine, prevede l'attribuzione del cognome di entrambi i genitori (senza specificazione dell'ordine).
Tutte le proposte di legge in esame prevedono che sia attribuito ai figli successivi al primo, dei medesimi genitori, il cognome attribuito al primo.
Le proposte di legge in esame, inoltre, regolano la questione della trasmissione successiva del cognome da parte del soggetto cui è attribuito il doppio cognome. Le proposte di legge n. 36 Brugger e 960 Colucci prevedono la trasmissione solo del primo cognome, mentre le proposte di legge 1053 Santelli e 1699 Garavini prevedono che il figlio che ha avuto il cognome di entrambi i genitori, può trasmetterne al proprio figlio soltanto uno, a sua scelta.
Le proposte di legge n. 36 Brugger e 960 Colucci intervengono sulla disciplina dei fatti costitutivi del possesso di stato, di cui all'articolo 237 del codice civile. Esse intervengono, segnatamente, sul cosiddetto nomen e sul cosiddetto tractatus, che nella loro attuale formulazione fanno riferimento al fatto che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa pretende di avere ed al fatto che il padre abbia trattato la persona come figlio ed abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, alla educazione e al collocamento di essa. Con riferimento al nomen, la proposta di legge n. 36 contiene il riferimento al cognome del padre, della madre o di entrambi; la proposta di legge n. 960, più genericamente, al cognome del genitore; con riferimento al tractatus entrambe le proposte di legge fanno riferimento, anziché al padre, ai genitori.
Tutte le proposte di legge in esame novellano l'articolo 262 del codice civile.
In primo luogo, intervengono sul caso di riconoscimento contemporaneo del figlio naturale da parte di entrambi i genitori, da cui deriva, in base al testo vigente, l'attribuzione del cognome del padre. In tale ipotesi, invece, le proposte di legge 36 Brugger, 960 Colucci, 1053 Santelli e 1699 Garavini rinviano alle modalità di attribuzione del cognome sopra illustrate, previste per il figlio legittimo. La proposta di legge n. 1703 Mussolini prevede invece l'attribuzione del cognome della madre.
Viene poi disciplinato il caso di accertamento o riconoscimento della filiazione successivamente al riconoscimento da parte dell'altro genitore, con diverse soluzioni tecniche, tutte comunque incentrate sulla possibilità che il cognome del secondo genitore si aggiunga al cognome del genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento.

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La proposta di legge Mussolini, invece, disciplina la sola ipotesi di successivo accertamento o riconoscimento della filiazione nei confronti del padre, prevedendo che il figlio possa soltanto aggiungere il cognome del padre a quello della madre (e non anche, come nel testo attuale, sostituire il cognome della madre). La medesima proposta di legge detta anche: una norma di carattere generale che attribuisce al figlio naturale, nell'assumere il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, la possibilità di ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere, anteponendolo o, a sua scelta, aggiungendolo a questo, il cognome precedentemente attribuitogli con atto formalmente legittimo, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno distintivo della sua identità personale; un'ulteriore disposizione prevede che, nel caso di minore età del figlio, demanda al giudice la decisione circa l'assunzione del cognome paterno.
Tutte le proposte di legge in esame, con l'eccezione della proposta di legge n. 1703 Mussolini, novellano l'articolo 299 del codice civile, in materia di adozione di persone maggiori di età, confermando la regola secondo la quale l'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio. Le proposte di legge 36 Brugger e 1699 Garavini precisano che, nel caso di doppio cognome dell'adottato, costui indica medesimo indica quale cognome intende mantenere.
Nel caso di adozione compiuta da coniugi, rispetto alla regola vigente secondo la quale l'adottato assume il cognome del marito, le proposte di legge in esame prevedono: l'attribuzione, nell'ordine, del cognome del padre e di quello della madre adottivi, limitatamente al primo cognome, con possibilità di stabilire un ordine diverso con dichiarazione concorde resa nella domanda di adozione ai sensi dell'articolo 143-bis.1, secondo comma (A.C. 36 Brugger); l'attribuzione del cognome di entrambi i genitori ai sensi dell'articolo 235-bis (A.C. 960 Colucci); l'attribuzione del cognome di entrambi i genitori ai sensi dell'articolo 143-bis.1 (A.C. 1053 Santelli); la possibilità per i coniugi di decidere concordemente se attribuire il cognome di entrambi i genitori nell'ordine concordato, il solo cognome del padre o il solo cognome della madre. In caso di mancato accordo si segue l'ordine alfabetico (A.C. 1699 Garavini)
Le proposte di legge nn. 36 Brugger e 1699 Garavini intervengono anche in materia di adozione di minori. Tali disposizioni novellano l'articolo 27 della legge n. 1834 del 1983, che nel suo testo attuale prevede la trasmissione da parte dell'adottato del cognome degli adottanti, prevedendo un rinvio alle disposizioni relative all'attribuzione del cognome al figlio legittimo.
Solo la proposta di legge n. 36 Brugger novella l'articolo 33 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, in materia di cognome dei figli legittimati. Si segnala, in particolare, come all'attuale disposizione relativa all'assunzione del cognome paterno, la proposta di legge sostituisca il rinvio alle regole di attribuzione del cognome previste per il figlio legittimo; essa inoltre conferma la possibilità di scelta da parte del figlio maggiorenne alla data di legittimazione se mantenere il proprio cognome o aggiungere o anteporre il cognome del legittimante (precisando tuttavia che deve trattarsi del primo cognome).
La proposta di legge n. 36 Brugger, inoltre, detta un'articolata disciplina transitoria prevedendo, in via generale, l'applicazione delle disposizioni relative all'attribuzione del cognome ai figli a tutti i nati dopo la data di entrata in vigore del provvedimento che non hanno fratelli viventi nati dagli stessi genitori. Sono previste poi specifiche norme che disciplinano, tra l'altro, il caso dei minori nati prima della data di entrata in vigore della legge.
Le proposte di legge 960 Colucci e 1053 Santelli prevedono invece che a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, i figli, al compimento del diciottesimo anno di età, nonché tutti i cittadini italiani maggiorenni, hanno la facoltà facoltà di

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scelta se aggiungere al proprio cognome quello della madre o di mantenere il solo cognome paterno.
Segnala che in base all'articolo 6 della proposta di legge 1699, il provvedimento trova applicazione anche rispetto ai figli degli italiani residenti all'estero che devono essere iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, ai sensi della legge 27 ottobre 1988, n. 470.
Le proposte di legge nn. 36 Brugger e 1699 Garavini contengono, inoltre, una disposizione di portata generale, volta a sostituire, nella normativa vigente, le espressioni: «figlio legittimo» e «figlio naturale», con le seguenti: «figlio nato nel matrimonio» e «figlio nato fuori del matrimonio».
La proposta di legge Brugger, infine, esplicita che i figli nati nel matrimonio, nati fuori del matrimonio, riconosciuti e adottati sono titolari degli stessi diritti e dei medesimi doveri. Essa, inoltre, contiene una delega al Governo finalizzata all'adozione di una disciplina organica in materia di cognomi, che provveda all'integrazione delle disposizioni da essa introdotte con le norme dell'ordinamento civile, e in particolare al coordinamento con il decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000 con ogni altra disposizione normativa vigente in materia.

Laura GARAVINI (PD) preliminarmente esprime soddisfazione per la scelta della Commissione giustizia di iscrivere nel calendario dei propri lavori le proposte di legge in materia di cognome dei figli, tra le quali è stata abbinata anche la proposta di legge C. 1699 da lei presentata. Rileva che l'esigenza di modificare le norme in materia di cognome dei figli nasce dalla necessità di dare pari dignità alle donne nell'ambito del rapporto coniugale e familiare nonché di riconoscere il diritto dei minori a poter mantenere anche il cognome della madre. Dichiara che la proposta di legge da lei presentata ha preso spunto da una situazione oramai superata in via amministrativa, anche grazie ad una interrogazione da lei presentata, relativa ai figli minori di italiani residenti all'estero, i quali in ragione della legislazione del paese di residenza avevano un doppio cognome, ma sul passaporto italiano erano costretti ad essere indicati con il solo cognome paterno. Per quanto tale questione sia stata oramai superata, rimane comunque l'esigenza di adeguare la legislazione italiana alle legislazioni dei paesi più avanzati, tra i quali ricorda la Francia, la Germania, l'Inghilterra e la Spagna. In questa direzione vi sono anche diversi pronunciamenti provenienti da fonti internazionali, come ad esempio quelli del Consiglio d'Europa, della Corte europea dei diritti dell'uomo e della Corte di giustizia delle Comunità europee. Osserva, infine, anche facendo riferimento alla sua proposta di legge, che diverse sono le soluzioni tecnico-giuridiche che si possono adottare per portare la legislazione italiana in materia di cognome dei coniugi e dei figli al passo con i tempi. Auspica, pertanto, che la Commissione giustizia approvi in tempi celeri una normativa che raggiunga tale obbiettivo.

Giulia BONGIORNO, presidente e relatore, dopo aver dichiarato di condividere l'intervento dell'onorevole Garavini, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta. Ricorda che alle ore 13.30 sono previste delle audizioni informali, per cui sospende la seduta che riprenderà al termine delle audizioni.

La seduta, sospesa alle 13.30, riprende alle 15.

Disposizioni sulla Corte penale internazionale.
C. 1439 Melchiorre e C. 1782 Di Pietro.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dei provvedimenti.

Roberto RAO (UdC), relatore, osserva che i provvedimenti in esame hanno per oggetto un tema di particolare importanza, quale quello dell'affermazione del diritto

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in ambito internazionale, colmando una lacuna del nostro ordinamento. Prima di esaminare nel merito le proposte all'esame ritiene utile ricordare sia pure brevemente come si è arrivati all'istituzione della Corte penale internazionale, per così meglio inquadrare l'ambito nel quale ci si sta muovendo e la portata dell'intervento normativo al quale sono volte le proposte di legge in esame.
La Corte Penale Internazionale (Corte) è la prima giurisdizione internazionale creata per giudicare crimini gravissimi che vanno dal genocidio ai crimini di guerra a quelli contro l'umanità. In effetti, con l'istituzione della Corte si è concretizzato lo sforzo di imporre anche in ambito sovranazionale la forza del diritto contro il diritto del più forte. L'esigenza di istituire una giurisdizione a livello internazionale si è manifestata fortemente in un congresso internazionale tenuto a Parigi subito dopo il processo di Norimberga, concluso il 1o ottobre 1946. Da quel congresso uscì decisa la volontà di adottare un codice penale internazionale e di istituire una Corte Penale Internazionale. La guerra fredda impedì la realizzazione di questo obiettivo. Ciò che ha poi dato un impulso fortissimo all'istituzione della Corte sono state alcune missioni di pace che hanno avuto tra i protagonisti l'Unione Europea ed, in particolare, quanto accaduto in Bosnia-Erzegovina nel 1992. Finalmente a in una conferenza tenuta a Roma dal 15 giugno al 17 luglio 1998, alla quale hanno partecipato 160 Stati, è stato finalmente adottato lo Statuto con 120 voti a favore. Tra gli Stati che hanno votato contro figurano il Sudan, la Cina, la Nigeria, gli Stati Uniti e Israele. Il primo Stato a ratificare lo Statuto è il Senegal. L'Italia lo ha ratificato il 26 luglio 1999, mentre gli Stati Uniti dopo aver firmato in favore del trattato istitutivo della Corte nel dicembre del 2000, nel maggio del 2002, con una lettera inviata al Segretario Generale delle Nazioni Unite, dichiarano di non voler diventare parte del trattato e di non sentirsi in alcun modo vincolati dalla firma apposta nel 2000.
La Corte è stata quindi istituita a l'Aia. La competenza del Tribunale è limitata ai crimini che riguardano la comunità internazionale nel suo insieme, come il genocidio, i crimini contro l'umanità i crimini di guerra (cosiddetti crimina iuris gentium) e il crimine di aggressione (articolo 5, par. 1). Obiettivo della Corte è l'attuazione del diritto internazionale penale e, in particolare, del diritto internazionale umanitari. La Corte ha una competenza complementare a quella dei singoli Stati, dunque può intervenire solo se e solo quando gli Stati non vogliono o non possono agire per punire crimini internazionali. La giurisdizione della Corte si esercita nel caso di crimini commessi sul territorio di uno Stato parte o di un cittadino di uno Stato parte alla Corte. Ne consegue che quindi anche i crimini commessi sul territorio di uno Stato parte, da parte di un cittadino di uno Stato non parte, rientrano nella giurisdizione della Corte.
La corte ha ricevuto denunce per crimini di sua competenza da 139 diversi paesi. Il Procuratore della Corte ha aperto ufficialmente quattro inchieste, che hanno per oggetto le drammatiche vicende del Nord Uganda, della Repubblica democratica del Congo, della Repubblica centrafricana, e del Darfur-Sudan. Il 4 marzo scorso la I Camera Preliminare della Corte, accogliendo la richiesta del procuratore Luis-Moreno Ocampo, ha emesso un mandato d'arresto a carico del presidente sudanese Omar Al Bashir per crimini internazionali commessi in Darfur.
Le proposte di legge in esame sono dirette ad introdurre nell'ordinamento italiano una serie di norme di procedura penale e di diritto penale necessarie affinché l'Italia possa essere realmente e non solo formante parte della Corte. A tale proposito ricorda che il 20 gennaio il dottor Cuno Tarfusser, Procuratore Capo della Repubblica di Bolzano, è stato eletto dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in un quadro di forte competizione tra i candidati di 21 Stati, giudice della Corte Penale Internazionale.
L'esigenza dell'adeguamento del diritto nazionale al funzionamento della Corte

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rappresenta oramai una priorità alla quale non si può non dare una risposta. Va infatti considerato come la Corte penale internazionale non abbia una propria polizia giudiziaria, né una propria struttura carceraria; sicché la collaborazione degli Stati parte è indispensabile per il suo funzionamento Ricordo che lo scorso 4 febbraio la commissione Giustizia ha approvato una risoluzione in materia (a prima firma Bernardini) con la quale si impegnava il Governo «a predisporre con la massima urgenza un disegno di legge di adeguamento interno delle norme dello Statuto di Roma, al fine di giungere al più presto all'adattamento dell'ordinamento giuridico italiano e sanare così un'inadempienza politicamente e giuridicamente molto rilevante che mette a rischio la credibilità del nostro paese e le aspirazioni dei candidati italiani a far parte della Corte». Con riferimento a tale atto di indirizzo, in una lettera trasmessa alla Camera il 22 aprile scorso da parte del Ministero della giustizia, il Governo condivide l'esigenza di un sollecito adeguamento dell'ordinamento italiano allo Statuto della Corte penale internazionale e informa che il disegno di legge, i cui tempi di predisposizione si sono rivelati più lunghi di quanto previsto auspicato, è stato ultimato e trasmesso per la calendarizzazione al Consiglio dei ministri. Inoltre, la Commissione Affari esteri, nella seduta del 29 aprile scorso, ha approvato una risoluzione, a firma Pianetta, che, nel più generale quadro dell'azione internazionale dell'Italia per la tutela e la promozione dei diritti umani, impegna il Governo a promuovere la presentazione di specifiche iniziative legislative riguardanti, tra l'altro, l'introduzione di una disciplina che perfezioni l'adeguamento del nostro ordinamento allo Statuto della Corte penale internazionale.
Per quanto riguarda il merito dei provvedimenti in esame, osserva che entrambe le proposte di legge (al Capo I) attribuiscono al Ministro della giustizia il ruolo di autorità centrale per la cooperazione con la Corte penale internazionale. Spetta quindi al Ministro ricevere le relative richieste di cooperazione e dar seguito ad esse conformemente alle previsioni dello Statuto e previa intesa con i Ministri interessati (in particolare, con il Ministro della difesa per i reati commessi da militari italiani o in loro danno).
Le competenze giudiziarie sono invece concentrate nella Corte d'appello di Roma (nella Corte d'appello militare di Roma, nel caso di reati commessi da militari italiani in servizio o considerati tali ai sensi del codice penale militare di pace); le richieste formulate dalla Corte penale internazionale sono quindi trasmesse dal Ministro al procuratore generale presso la corte d'appello di Roma.
Entrambe le proposte di legge (Capo I della proposta C. 1439 e Capo III della proposta C. 1782) disciplinano, con norme in parte di contenuto identico, le modalità di esecuzione della cooperazione con la Corte penale internazionale, prevedendo in particolare che la Corte d'appello di Roma dia corso alla richiesta con decreto, delegando un giudice all'attuazione. Vengono disciplinati, tra gli altri, i seguenti profili: l'accompagnamento coattivo di testimoni e periti non comparsi; la trasmissione, con il consenso dello Stato estero interessato, di atti e documenti riservati provenienti dal medesimo Stato; la sospensione della trasmissione di atti giudicati dal Ministro idonei a compromettere la sicurezza nazionale; la possibile trasmissione di atti e documenti relativi a procedimenti penali, coperti dal segreto istruttorio; l'immunità temporanea del testimone o dell'imputato che debba essere presente in Italia, in esecuzione di una richiesta della Corte; l'accesso al gratuito patrocinio da parte della persona nei cui confronti la Corte penale internazionale procede; le modalità delle eventuali richieste dell'autorità giudiziaria italiana alla Corte internazionale.
La proposta C. 1782 reca inoltre ulteriori disposizioni volte in particolare a disciplinare: il contenuto della richiesta di cooperazione che perviene dalla Corte penale internazionale (aspetto peraltro già disciplinato dallo Statuto); la possibile applicazione di misure cautelari reali, a

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seguito di richiesta della Corte internazionale; il trasferimento alla Corte internazionale anche dei beni e documenti sequestrati in Italia a scopo di prova; la possibile devoluzione dei beni sequestrati a scopo di confisca al Fondo di garanzia per le vittime, previsto dallo Statuto della Corte penale internazionale; la possibilità di accordare nel nostro Paese, previa richiesta della Corte, protezione alle vittime, ai testimoni o ai loro congiunti.
Il Capo II di entrambe le proposte di legge disciplina la consegna alla Corte penale internazionale di persone che si trovino sul territorio italiano.
Si prevede, in particolare, a seguito dell'emissione da parte della Corte penale internazionale di un mandato di arresto (ovvero di una sentenza di condanna a pena detentiva), l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere (revocabile nei casi indicati). Ad essa provvede la Corte d'appello, con ordinanza ricorribile in Cassazione; la misura cautelare può essere inoltre disposta provvisoriamente, anche prima della richiesta di consegna, purché la Corte penale abbia fornito elementi idonei a identificare con certezza la persona e abbia annunciato l'intenzione di richiederne la consegna. Per l'esecuzione della consegna è necessario il consenso dell'interessato ovvero una pronuncia favorevole della Corte di appello (contro la cui decisione è esperibile il ricorso per cassazione anche per il merito). Il giudice italiano può negare la consegna nelle seguenti ipotesi: la Corte penale internazionale non ha emesso una sentenza irrevocabile di condanna né un provvedimento restrittivo della libertà personale; non vi è identità fisica tra la persona richiesta e quella oggetto della procedura di consegna; per lo stesso fatto e la stessa persona è stata pronunciata in Italia una sentenza irrevocabile; la proposta C. 1439 aggiunge anche l'ipotesi in cui il fatto in relazione al quale la consegna è richiesta non è compreso nella giurisdizione della Corte penale internazionale, sempre che la consegna non debba far seguito ad una sentenza definitiva della Corte stessa.
Sia nell'ipotesi di consenso dell'interessato, sia in quella di favorevole pronuncia della Corte d'appello di Roma (avverso la cui decisione è esperibile il ricorso per cassazione anche per il merito), spetta al Ministro della giustizia - con proprio decreto - provvedere entro 45 giorni alla consegna, prendendo accordi con la Corte penale internazionale sul tempo, il luogo e le concrete modalità.
La proposta C. 1782 disciplina inoltre l'eventuale sospensione della procedura di consegna (per cause di forza maggiore, ovvero circostanze urgenti ed eccezionali), il rinvio della consegna o la consegna temporanea (se la persona deve essere sottoposta a procedimento penale in Italia o deve espiare una pena in Italia) e il transito sul territorio italiano di persona che un altro Stato consegni alla Corte penale internazionale. La medesima proposta di legge sancisce inoltre il principio di specialità della consegna, da cui deriva che la consegna del soggetto alla Corte è autorizzata esclusivamente in relazione al fatto per cui si procede.
Entrambe le proposte di legge, in apposito Capo (il Capo III della proposta C. 1439 e il Capo V della proposta C. 1782), disciplinano il profilo dell'esecuzione dei provvedimenti della Corte penale internazionale, in primo luogo, individuando il giudice nazionale competente nella Corte d'appello di Roma. Le proposte di legge in particolare disciplinano la procedura applicabile nel caso in cui l'Italia sia individuata dalla Corte internazionale come Stato di espiazione di una pena detentiva; in tal caso, la proposta C. 1782 richiede, oltre che l'accettazione della designazione, anche il riconoscimento della sentenza della Corte penale internazionale e specifica le ipotesi in presenza delle quali la sentenza della Corte non può essere riconosciuta nel nostro Paese.
Le proposte di legge prevedono inoltre che l'esecuzione della pena avvenga in base all'ordinamento penitenziario italiano, oltre che in conformità allo statuto ed al regolamento della Corte penale internazionale, e attribuiscono esplicitamente al Ministro della giustizia, previa

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consultazione della Corte internazionale, il potere di disporre il regime penitenziario speciale di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario. Si prevede che il Ministro della giustizia trasmetta alla Corte penale internazionale ogni richiesta del detenuto di accesso a qualsivoglia beneficio penitenziario o misura alternativa alla detenzione. Inoltre, la detenzione può avere luogo in una sezione speciale di un istituto penitenziario ovvero in un carcere militare.
Entrambe le proposte di legge dispongono anche in ordine all'esecuzione delle pene pecuniarie, stabilendo che, su richiesta del procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma, la medesima Corte possa provvedere all'esecuzione della confisca dei profitti e dei beni disposta dalla Corte internazionale e prevedendo che i beni confiscati vengano messi a disposizione della Corte penale internazionale per il tramite del Ministero della giustizia.
La sola proposta C. 1782 (al Capo IV) disciplina le conseguenze sull'ordinamento interno della giurisdizione penale internazionale, e in particolare su un eventuale procedimento penale pendente in Italia avente ad oggetto gli stessi fatti: Il medesimo Capo ribadisce il principio del ne bis in idem, sancendo esplicitamente che se una persona è stata condannata dalla Corte penale internazionale, non può essere nuovamente sottoposta a procedimento penale in Italia per i medesimi fatti.
La medesima proposta di legge, inoltre, reca (al Capo VI) disposizioni penali, funzionali agli obblighi di cooperazione con la Corte penale internazionale.
Si prevede in particolare l'estensione di numerose fattispecie di reato, ricomprese dal codice penale nell'ambito dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione ai giudici, al procuratore generale, ai procuratori aggiunti, ai funzionari e agli agenti della Corte e della procura della Corte medesima, alle persone comandate dagli Stati parte del Trattato istitutivo della Corte che esercitano funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o degli agenti della Corte stessa, nonché ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base del citato Trattato istitutivo. È prevista l'estensione di ulteriori fattispecie di reato, ricomprese nell'ambito dei delitti dei privati contro la pubblica amministrazione, nell'ipotesi in cui il reato sia commesso nei confronti della Corte e dei soggetti sopra indicati, nonché l'introduzione del delitto di atti di ritorsione nei confronti di una persona che esercita le sue funzioni presso la Corte o per conto di questa e in conseguenza delle funzioni esercitate dalla Corte. Sono introdotte ulteriori fattispecie di reato che riproducono alcuni dei delitti contro l'attività giudiziaria previsti dal codice penale, estendendone l'applicazione al caso in cui essi vengano commessi innanzi alla Corte o al procuratore generale presso la medesima.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.30.

AUDIZIONI INFORMALI

Giovedì 21 maggio 2009.

Audizioni dei rappresentanti delle società Area, Innova, Research Control Systems, Sio s.p.a. e TRS s.p.a, in merito alla situazione creditoria nei confronti del Ministero della Giustizia relativamente alla fornitura di servizi per l'effettuazione delle intercettazioni.

L'audizione informale è stata svolta dalle 13.30 alle 15.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

INTERROGAZIONI

5-01415 Contento: sul ritardo nel pagamento degli emolumenti dovuti ai magistrati onorari.