CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 19 maggio 2009
178.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Martedì 19 maggio 2009. - Presidenza del presidente Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Alfredo Mantica.

La seduta comincia alle 12.05.

Modifiche allo statuto del Fondo monetario internazionale adottate con le risoluzioni del Consiglio dei Governatori n. 63-2 del 28 aprile e n. 63-3 del 5 maggio 2008, nonché aumento della quota di partecipazione dell'Italia.
C. 2072 Governo.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Stefano STEFANI, presidente e relatore, illustra il disegno di legge in esame sottolineando che esso è diretto a dare esecuzione a due risoluzioni del Consiglio dei Governatori del Fondo Monetario Internazionale (FMI), rispettivamente la risoluzione n. 63-2 del 28 aprile 2008 e la risoluzione n. 63-3 del 5 maggio 2008, che hanno emendato lo statuto del FMI, costituito a Washington nel 1945, contemporaneamente alla Banca Mondiale, in applicazione delle decisioni della conferenza monetaria e finanziaria di Bretton Woods dell'anno precedente. In particolare, la risoluzione n. 63-2 incrementa la quota a carico dei Paesi membri del Fondo ed approva un emendamento volto a rafforzare la rappresentatività e la partecipazione nel FMI. Con l'approvazione degli emendamenti proposti dalla risoluzione n. 63-2 - che, come tutti gli emendamenti, entreranno in vigore con l'approvazione dell'85 per cento del totale delle quote - l'Italia sarà obbligata verso il Fondo per una quota pari a 7.882,8 milioni di Diritti Speciali di Prelievo (DSP), l'unità di conto internazionale che gli Stati membri pos

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sono utilizzare per i pagamenti internazionali.
Ricorda che a partire dal 1999 la quota dell'Italia è pari a 7.055,5 milioni di DSP, corrispondenti al 3,25 per cento del totale dei contributi. Come precisato anche nella relazione tecnica allegata al provvedimento, l'aumento delle quote deve essere versato per il 25 per cento in DSP o in valuta e per il 75 per cento in moneta nazionale. Inoltre, la stessa risoluzione n. 63-2 ha approvato la modifica delle sezioni 3(e) e 5(a) dell'articolo XII dello Statuto del Fondo, nonché del paragrafo 2 dell'Annesso L. La prima modifica ha lo scopo di consentire la nomina di un secondo vice direttore generale: secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, questo emendamento è rivolto in modo specifico a rafforzare la rappresentanza dei Paesi africani, considerando che nel Consiglio del Fondo siedono soltanto due direttori che sono espressione di Stati di quel continente, ciascuno dei quali a sua volta rappresenta venti o più Paesi dello stesso continente. La modifica dell'articolo XII, sezione 5(a) è invece finalizzata ad un consistente aumento dei cosiddetti «voti base» per tutti gli Stati membri del FMI, anche triplicando il numero di 250 voti base assegnati a ciascun Paese membro fin dall'istituzione del Fondo. I voti base, pertanto, hanno un'incidenza rilevante nel determinare il potere di voto dei Paesi membri più piccoli (cioè con una minore quota di partecipazione) e, in particolare, di quelli a basso reddito.
Sottolinea che la revisione dell'articolo XII, sezione 5(a), dello statuto implica anche l'introduzione di un meccanismo di adeguamento automatico, volto ad assicurare che in futuro il peso dei voti base sul potere di voto complessivo rimanga costante, anche in presenza di aumenti delle quote di partecipazione. Nell'evoluzione del FMI, il peso dei voti base si è infatti progressivamente ridotto, passando dall'11 per cento fino all'attuale 2 per cento circa per effetto del progressivo aumento delle quote. Con l'attuazione delle nuove disposizioni, la quota di voti base rispetto al totale dei voti risulterà ancorata a un livello pari al 5,502 per cento.
Rileva che la risoluzione n. 63-3 approva alcuni emendamenti allo Statuto del FMI per estendere la giurisdizione del Fondo in materia di investimenti.
Segnala che il disegno di legge di ratifica, all'articolo 1, autorizza il Presidente della Repubblica ad accettare gli emendamenti contenuti nelle risoluzioni nn. 63-2 e 63-3, adottate dal Consiglio dei Governatori del FMI nel 2008, e dà mandato al Ministro dell'economia e delle finanze di dare esecuzione alla legge e di gestire con l'amministrazione del Fondo i rapporti conseguenti all'entrata in vigore degli emendamenti. L'articolo 2 contiene l'ordine di esecuzione degli emendamenti in oggetto. L'articolo 3 autorizza il Governo a provvedere all'aumento della quota di partecipazione dell'Italia al Fondo. Con l'articolo 4 si autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad avvalersi della Banca d'Italia per effettuare i versamenti relativi all'aumento di quota, con facoltà di concedere ad essa le opportune garanzie per i rischi connessi alle operazioni svolte in nome e per conto dello Stato. L'articolo 5 richiama la convenzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e la Banca d'Italia al fine di regolare i rapporti derivanti dall'attuazione della legge. L'articolo 6, infine, stabilisce l'entrata in vigore della legge per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Considerando il rilievo delle modifiche apportate soprattutto dalla prima risoluzione alla governance del Fondo, subordinatamente all'accordo da parte dei gruppi presenti in Commissione, riterrebbe opportuna un'audizione del Direttore Esecutivo per l'Italia del Fondo stesso, prima di licenziare il provvedimento per l'Assemblea.

Il sottosegretario Alfredo MANTICA sottolinea che le modifiche allo Statuto del Fondo Monetario Internazionale, adottate dal Consiglio dei Governatori lo scorso anno, rappresentano un primo fondamentale

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passo del processo di riforma del Fondo e, più in generale, dell'architettura finanziaria internazionale, che è al centro adesso dell'attenzione e delle deliberazioni del G-20, del G-8 e delle Nazioni Unite. Nel segnalare che i partecipanti al G-20 di Londra del 2 aprile 2009 hanno preso l'impegno di accelerare a livello nazionale la ratifica delle modifiche statutarie del FMI, rileva che la crisi economica e finanziaria sta imprimendo un'accelerazione al processo avviato dal FMI, che passa sotto il nome di «rafforzamento della voce e della rappresentanza dei Paesi in via di Sviluppo» nelle istituzioni finanziarie internazionali: si vuole, da un lato, riflettere negli equilibri di governo interni alle istituzioni i mutamenti intervenuti nel peso economico dei singoli Paesi, prendendo atto della crescita di influenza di molti Paesi emergenti; dall'altro lato, si tratta di salvaguardare gli spazi dei Paesi più poveri, che devono meglio essere in grado di far valere le loro legittime esigenze, indipendentemente dalle quote di capitale da essi detenute nel FMI, oltre che nelle altre istituzioni. L'obiettivo di dare voce ai Paesi più poveri viene perseguito nella modifica dello Statuto del Fondo triplicando i cosiddetti «voti base», cioè quei voti che vengono assegnati in misura uguale a tutti gli Stati membri. Il potere di voto di ciascun membro è determinato dalla somma dei voti base, più un numero di voti proporzionale alla quota di partecipazione al capitale sottoscritta, in ragione di un voto per ogni 100 mila Diritti Speciali di Prelievo. Con questa misura la quota di voti base rispetto al totale dei voti crescerà dal 2 per cento al 5,5 per cento circa. Inoltre, si prevede la facoltà per i direttori esecutivi che compongono il Consiglio di Amministrazione del Fondo («Executive Board») di nominare un maggior numero di vice direttori («alternate») in modo da rafforzare soprattutto il ruolo dei Paesi africani. Il riequilibrio in favore dei Paesi emergenti per riflettere i cambiamenti intervenuti nel panorama economico mondiale viene perseguito attraverso due strumenti: un aumento del capitale del FMI dell'11,5 per cento, inclusivo dell'aumento preliminare del 2 per cento deciso precedentemente a Singapore nel 2006; una nuova formula di attribuzione agli Stati delle quote di capitale da sottoscrivere. I dieci Paesi che vedono maggiormente rafforzate le loro quote, perché maggiormente sottorappresentati, sono: Cina, Corea, India, Brasile, Giappone, Messico, Stati Uniti, Spagna, Singapore e Turchia. I dieci Paesi che vedono maggiormente ridimensionate le loro quote, perché maggiormente sovrarappresentati sono: Regno Unito, Francia, Arabia Saudita, Canada, Russia, Olanda, Belgio, Svizzera, Australia e Venezuela. Come si può constatare, non si è trattato di un trasferimento univoco di quote azionarie e voti verso i Paesi emergenti ed in via di sviluppo. Complessivamente, lo spostamento dai Paesi avanzati a quelli emergenti ed in via di sviluppo è stato del 5,4 per cento. I Paesi avanzati continuano a detenere la maggioranza dei voti con il 57,9 per cento. Va altresì osservato che su 185 Paesi membri del FMI, 135 Paesi vedono crescere i loro diritti di voto; di cui 54 Paesi per la crescita del loro ruolo internazionale ed i rimanenti (cioè i Paesi a basso reddito) per la triplicazione dei basic votes. Nel corso del negoziato i Paesi a basso reddito (soprattutto quelli africani) hanno potuto ottenere che i basic votes venissero triplicati, piuttosto che soltanto raddoppiati, come inizialmente previsto. Le due constituencies dell'Africa sub-sahariana, che hanno un elevato numero di membri, hanno ottenuto di nominare un secondo alternate executive director.
Sottolinea che l'Italia mantiene pressoché immutata la sua posizione in seno al FMI, con una limatura dei diritti di voto dal 3,24 per cento al 3,15 per cento. L'Italia si colloca al sesto posto tra i membri del Fondo, dopo Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito e Cina e prima di Arabia Saudita, Canada e Russia. Si tenga conto che l'Italia (insieme a Stati Uniti, Germania, Giappone, Irlanda e Lussemburgo) ha rinunciato ad una parte dell'aumento di azioni che le sarebbe spettato nell'ambito dell'aumento complessivo di capitale dell'11,5 per cento.

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Inoltre, la riforma non ha riguardato finora la modifica del numero dei seggi nel Consiglio Esecutivo, né la modifica delle constituencies e la riattribuzione dei seggi. L'Italia resta alla guida della constituency che include Grecia, Portogallo, Malta, Albania, San Marino e Timor-Leste.
Esprime infine il pieno appoggio del Governo ad un celere iter di ratifica del provvedimento in titolo.

Franco NARDUCCI (PD) sottolinea il ruolo decisivo svolto dal Fondo Monetario Internazionale per l'economia mondiale soprattutto nell'attuale fase di crisi e condivide la proposta avanzata dal relatore per un approfondimento istruttorio da parte del Direttore Esecutivo per l'Italia del Fondo stesso.

Enrico PIANETTA (PdL) ritiene che l'Italia deve conservare il proprio ruolo all'interno del FMI, quale è stata in grado di consolidare e rafforzare nel tempo a partire dal 1947 e fino all'attuale livello di impegno. Per tale ragione condivide la proposta di audizione del Direttore Esecutivo del Fondo, avanzata dal presidente Stefani.

Stefano STEFANI, presidente e relatore, nel ringraziare i colleghi di maggioranza e di opposizione per le valutazioni espresse, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che è concluso l'esame preliminare del provvedimento che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei prescritti pareri. Come di consueto, in assenza di specifiche segnalazioni da parte dei Gruppi, si intende che si sia rinunziato al termine per la presentazione degli emendamenti. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno dell'Arabia Saudita nel campo della difesa, firmato a Roma il 6 novembre 2007.
C. 2384 Governo.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Mario BARBI (PD), relatore, illustra il provvedimento in esame segnalando che esso si inserisce in un più ampio quadro di accordi di cooperazione in campo militare che l'Italia ha sempre più frequentemente concluso anche al fine di dare impulso allo sviluppo dell'industria della difesa. Al riguardo rileva che i rapporti tra il nostro Paese e l'Arabia Saudita si stanno progressivamente espandendo e rafforzando a tutti i livelli, e non solo sul piano economico e commerciale: l'Italia rappresenta infatti il quinto esportatore mondiale in Arabia Saudita ed il primo partner europeo per valore di interscambio. Osserva che si registra un crescente interesse per reciproci investimenti produttivi - con la creazione di società di servizi a ciò dedicate - mentre si intensificano i contatti politici e quelli a sostegno del dialogo interculturale.
In particolare in campo politico i due paesi condividono la necessità di favorire la pacificazione e la stabilizzazione del Medio Oriente e di procedere verso una maggiore integrazione nel contesto internazionale della penisola arabica e dell'Arabia Saudita in particolare, come si è evidenziato nel convinto sostegno offerto dal Governo italiano alla realizzazione di un accordo di libero commercio tra l'Unione europea ed il Consiglio di Cooperazione del Golfo, all'attuazione di un pacchetto di misure di liberalizzazione e di integrazione derivanti dall'adesione di Riad all'Organizzazione Mondiale del Commercio ed alle iniziative di contrasto del terrorismo internazionale.
Considera inoltre opportuno sottolineare come, all'interno di un quadro istituzionale che permane ancora profondamente autoritario se non assolutistico, l'Arabia Saudita stia vivendo un'interessante stagione politica segnata da tentativi di riforma e da grande aspettative di cambiamento. L'avvento del re Abdullah bin Abdulaziz Al-Saud nel 2005 ha infatti inaugurato una nuova fase caratterizzata da una maggiore apertura dello spazio politico. I tentativi di riforma hanno riguardato l'avvio di un più assiduo confronto politico interno sulle questioni urgenti

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che interessano lo sviluppo del paese all'interno del cosiddetto National Dialogue Project, il conferimento di maggiori libertà alle donne o semplicemente di minori restrizioni e l'indizione di elezioni municipali che hanno testimoniato la volontà di inclusione nei confronti di alcuni segmenti della popolazione tradizionalmente esclusi dalla partecipazione alla vita pubblica, in particolare gli sciiti delle regioni orientali.
Sottolinea che l'Accordo in esame - sottoscritto nel corso della precedente legislatura dal Governo di centrosinistra - si ispira ai princìpi stabiliti dalla Carta delle Nazioni Unite, come si precisa nella relazione illustrativa del disegno di legge e, nel rispetto delle rispettive normative nazionali e degli impegni assunti a livello internazionale, una volta entrato in vigore, sostituirà il precedente accordo tra le due Parti stipulato nel 1993.
In merito ai contenuti dell'Accordo, ricorda che esso si compone, oltre che di un breve preambolo, di 7 articoli: l'articolo 1 delinea le forme nelle quali la cooperazione si concretizzerà, tra le quali l'elaborazione di programmi addestrativi di reciproco interesse; lo scambio di visite e di informazioni nel settore addestrativo e dei materiali; lo scambio di informazioni tecniche per favorire le società produttrici di materiali per la difesa. L'articolo 2 prevede l'istituzione di un Comitato Misto Consultivo - le cui riunioni si svolgeranno alternativamente in Italia e in Arabia Saudita - con il compito di assicurare l'attuazione dell'Accordo. Con l'articolo 3 le Parti si impegnano ad informare gli enti interessati e a fare in modo che essi onorino gli impegni contrattuali assunti, nell'ambito di quanto è oggetto dell'Accordo in esame. È altresì prevista l'assistenza delle Parti ai contraenti dell'altra Parte nelle fasi di negoziazione contrattuale. L'articolo 4 disciplina la protezione dello scambio di informazioni, documenti e materiali classificati rinviando alle rispettive normative interne. L'articolo, inoltre, chiarisce che tali informazioni potranno essere utilizzate solo per le finalità delineate dall'Accordo e non potranno essere fornite a terzi senza l'assenso scritto della Parte cedente. Con l'articolo 5 le Parti si riservano di integrare successivamente l'Accordo stesso attraverso la stipula di annessi su specifici aspetti. Inoltre, programmi di cooperazione di impegno rilevante potranno essere regolati da specifiche intese tecniche che dovranno basarsi sui principi generali dell'Accordo. Le controversie circa l'applicazione o l'interpretazione dell'Accordo saranno risolte dalle Parti nell'ambito del Comitato misto consultivo. Solo in seconda istanza è previsto - eventualmente - il ricorso ai canali ufficiali, ai sensi dell'articolo 6. L'articolo 7 contiene le disposizioni finali relative all'entrata in vigore e alla denuncia dell'Accordo, la cui durata è di cinque anni, rinnovati di volta in volta se nessuna delle due Parti lo denuncia almeno sei mesi prima della scadenza. L'articolo precisa che l'Accordo rinnova, come accennato, il precedente Accordo fra Italia e Arabia saudita del 17 febbraio 1993 che non prevedeva il meccanismo del rinnovo automatico in assenza di esplicita denuncia.
Segnala inoltre che il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica si compone di quattro articoli: i primi due recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione; il quarto fissa invece l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. L'articolo 3 disciplina la copertura degli oneri finanziari derivanti dall'attuazione dell'Accordo - valutati in 20.620 euro ad anni alterni - alla quale si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con parziale utilizzo dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri. Tali oneri, come precisato nella relazione tecnica, sono da ricondursi all'invio di funzionari - ogni due anni - alle riunioni in Arabia saudita del Comitato misto consultivo di cui all'articolo 5 dell'Accordo.

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In conclusione, sottopone all'attenzione del rappresentante del Governo gli eventuali rapporti dell'accordo con le intese intergovernative previste dalla legge 9 luglio 1990 n. 185 recante «Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento». In particolare, chiede chiarimenti in ordine all'applicabilità della procedura semplificata prevista dall'articolo 9 della citata legge. Osserva quindi che, benché nell'accordo in esame - il cui contenuto è ineccepibile - sia esplicitato il richiamo alla legislazione vigente, la concreta attuazione della legge n. 185 del 1990 rischia di essere assolutamente svuotata dall'equiparazione degli accordi internazionali, per loro natura generali ed astratti, ad intese intergovernative che invece dovrebbero avere un contenuto concreto e determinato, così come già più volte segnalato nel corso dell'esame in Commissione di analoghi atti, da ultimo, nella scorsa legislatura, con riferimento all'accordo italo-indiano.

Il sottosegretario Alfredo MANTICA, riservandosi di fornire nel prosieguo dell'esame precisi elementi informativi in merito a quanto segnalato dal relatore, richiama la propria esperienza pluriennale in seno alla Commissione, costituita ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 185 del 1990 e incaricata della tenuta del registro nazionale delle imprese, ritenendo improbabile che l'Accordo in titolo possa configurarsi come intesa intergovernativa.

Paolo CORSINI (PD) esprime vivo apprezzamento per la compiuta relazione esposta dal collega Barbi.

Stefano STEFANI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che è concluso l'esame preliminare del provvedimento che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei prescritti pareri. Come di consueto, in assenza di specifiche segnalazioni da parte dei Gruppi, si intende che si sia rinunziato al termine per la presentazione degli emendamenti. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione del protocollo relativo ai residuati bellici esplosivi (Protocollo V), annesso alla Convenzione di Ginevra del 10 ottobre 1980 sulla proibizione o la limitazione dell'uso di alcune armi convenzionali che possono essere considerate dannose o aventi effetti indiscriminati, fatto a Ginevra il 28 novembre 2003, con allegato.
C. 1076 Sarubbi.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, rinviato nella seduta dell'8 aprile 2009.

Franco NARDUCCI (PD), relatore, ringraziando il presidente Stefani per la ricalendarizzazione del provvedimento, chiede al rappresentante del Governo sviluppi in merito alla preannunciata presentazione da parte dell'esecutivo di un disegno di legge per la ratifica del protocollo in oggetto, ritenendo urgente che il Parlamento possa procedere nel proprio lavoro.

Stefano STEFANI, presidente, fa presente che non risulta ancora presentato il disegno di legge di ratifica, preannunciato dal sottosegretario Craxi nella precedente seduta.

Il sottosegretario Alfredo MANTICA, confermando l'indicazione fornita dal presidente, segnala che è tuttavia in fase di definizione la fase di concertazione interministeriale sul provvedimento in esame, che è attualmente allo studio del Ministero dell'economia e delle finanze per gli aspetti di copertura finanziaria, stimata in circa 15 mila euro a differenza dei 50 mila previsti dalla proposta di legge in titolo.

Stefano STEFANI, presidente, nel sottolineare l'opportunità che il Governo provveda in modo sollecito alla presentazione del disegno di legge di ratifica, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.35.